Conoscenze d’architettura Storie di spazi e di costruzioni 7

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Conoscenze d’architettura

Storie di spazi e di costruzioni

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Conoscenze d’architetturaStorie di spazi e di costruzioni

La collana vuole realizzare un corpus di conoscenze sull’architettura del passato – antica e più recente fino a quella contemporanea – raccolte con un metodo storiografico applicato a casi concreti di edifici singoli, loro insiemi e brani di paesaggi antropizzati. L’idea è di fornire uno strumento di lavoro per i tecnici dell’architettura che sia destinato soprattutto a quanti trattano il tema delle costruzioni esistenti, del loro rapporto con il territorio al contorno e delle diverse culture di cui sono espressione.Perché le architetture, le vecchie e le nuove, devono essere intese come insiemi di spazi frutto di riflessioni tanto sulle loro forme quanto sui relativi organismi strutturali e non sono mai esistite e non potranno mai prescindere dalla natura dei luoghi dove sorgono e dalla vita di quanti le hanno innalzate.

Direttore

Piero Cimbolli SpagnesiSapienza - Università di Roma

Comitato scientificoMaria Antonietta Crippagià Politecnico di Milano

Tiziana D’AcchilleAccademia di Belle Arti di Roma

Cettina LenzaUniversità degli Studi della Campania - Luigi Vanvitelli

Giorgio RoccoPolitecnico di Bari

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PIERRE VAGO E LA CULTURA ARCHITETTONICA DEL NOVECENTO

a cura diMaria Grazia Turco

Un dibattito tra Francia e Italia

Edizioni Quasar

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Il presente volume è stato realizzato grazie al finanziamento della Ricerca Scientifica di Ateneo, anno 2017, Sapienza Università di Roma, dal titolo: Pierre Vago e la cultura architettonica del Novecento. Un dibattito tra Francia e Italia.

Responsabile scientifico: Maria Grazia TurcoGruppo di Ricerca: Clementina Barucci, Flavia Benfante, Cesira Paolini, Marina Pugnaletto, Andrea Ragusa.Il finanziamento di Ateneo ha permesso lo svolgimento delle attività di ricerca, l’organizzazione del convegno Pierre Vago e la cultura architettonica del Novecento. Un dibattito tra Francia e Italia (Sapienza Università di Roma, 28-29 marzo 2018) e la presente pubblicazione.

RingraziamentiSi ringraziano i relatori che hanno partecipato al convegno e gli autori del volume, tutti cari colleghi e appassionati studiosi.Un ringraziamento speciale è rivolto ad Andrea Ragusa che è venuto improvvisamente a mancare di recente; vorrei ricordarlo come affabile amico dal sorriso gentile e come ricercatore serio e impegnato, con il quale ho condiviso molti in-teressi: tra questi la ricerca sui beni culturali, argomento su cui più volte abbiamo meditato di scrivere qualcosa insieme.Sono, inoltre, riconoscente a Daniela Esposito per avere presentato questo volume con note critiche e pertinenti osserva-zioni e a Piero Cimbolli Spagnesi per avere accolto questo volume all’interno della Collana Conoscenze d’architettura Storie di spazi e di costruzioni da lui diretta.

Laddove non diversamente specificato le foto e le elaborazioni grafiche sono state realizzate dagli Autori dei saggi.

Le autorizzazioni alla pubblicazione di foto e disegni, conservati presso Archivi e Biblioteche, pubbliche o private, sono state concesse ai singoli Autori per il presente volume.

In copertina: Progetti di Pierre Vago per il centro interreligioso sul Sinai; Lourdes, basilica di S. Pio X, le proposte per la copertura della grande sala di culto; Arles, primo progetto per la ricostru zione del quartiere di Trinquetaille (SIAF/Cité de l’Architecture et du Patrimoine/Archives d’Architecture du XXe siecle, Fonds Vago, Pierre.

© Roma 2020, Edizioni Quasar di Severino Tognon s.r.l.

ISBN 978-88-5491-051-5

Finito di stampare nel mese di settembre 2020Global Print srl - Gorgonzola (MI)

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Ringraziamenti

Daniela EspositoPierre Vago: un percorso (un architetto) europeo tra professione e ricerca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

Maria Grazia TurcoLe ragioni per un convegno. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

Capitolo IPierre Vago, architetto cittadino del mondo

Andrea RagusaIl Novecento: riflessioni su un secolo complesso. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

Clementina BarucciPierre Vago e la cultura architettonica a Parigi tra le due guerre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

Zsuzsanna OrdasiPierre Vago (1910-2002). Le origini e i rapporti con gli architetti ungheresi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

Capitolo IIPierre Vago e l’attività professionale

Maria Grazia TurcoPierre Vago, architetto e urbanista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41

Silvia Crialesi, Barbara TettiPierre Vago e gli esordi di «L’Architecture d’Aujourd’hui». Temi e protagonisti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

Cesira Paolini, Marina PugnalettoLa basilica di S. Pio X a Lourdes: struttura e architettura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71

Saverio CarilloLourdes, Roma, Parigi. Pierre Vago e il progetto di spazio sacro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81

Sonia GallicoPierre Vago: il grande tempio interreligioso del Sinai . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89

Flavia BenfanteIl Théâtre du mouvement total di Pierre Vago. Una nuova concezione per la rappresentazione . . . . . . . . . . . . . 97

Flavia MarinosPierre Vago e la formazione dell’architetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107

Sommario

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sommario

Capitolo IIILa cultura architettonica del Novecento. Un dibattito tra Francia e Italia

Maria Rosaria VitaleI modelli della ricostruzione e il destino delle città storiche in Francia dopo la Seconda Guerra Mondiale . . . . . . . . . 117

Maria VitielloLa tutela dell’ambiente attraverso le ‘Carte’. Documenti programmatici e problemi di ricostruzione nel secondo dopoguerra: esperienze a confronto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127

Maria Carolina CamponeDalla Francia al mondo: l’architettura benedettina di Paul Bellot (1876-1944) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137

ApparatiRiferimenti bibliograficia cura di Maria Grazia Turco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147

Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165

Indice dei luoghi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171

Curricula degli autori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177

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La basilica di S. Pio X a Lourdes: struttura e architetturaCesira Paolini, Marina Pugnaletto

Con l’avvicinarsi del centenario delle apparizioni mariane di Lourdes, lo sbalorditivo incremento dei pellegrini che si recavano sul luogo da ogni parte del mondo iniziava a porre notevoli problematiche. In quegli anni esistevano due basiliche destinate ad accogliere i fedeli, la basilica Superiore, inaugurata nel 1871, che poteva contenere un migliaio di persone, e, dal 1889, la basilica del Rosario, in grado di ospitarne circa tremila.

Negli anni il numero di pellegrini era aumentato notevolmente passando dalle poche migliaia dei primi tempi a tre milioni nel 1954, fino ad arrivare, nel 1958, a cinque milioni; inoltre i gruppi non riunivano più poche centinaia, ma migliaia di persone. Lo slargo situato davanti alla Grotta di Massabielle era di piccole di-mensioni, pertanto i grandi eventi venivano organizzati nella grande spianata del Rosario all’aperto, lasciando la folla esposta alle variazioni atmosferiche di un clima relativamente piovoso per molti mesi dell’anno.

Già anni prima l’allora vescovo di Tarbes e Lourdes, monsignor Théas, perfettamente consapevole del problema, aveva intrapreso il lungo e difficile percorso che avrebbe portato alla costruzione della basilica di S. Pio X1. Nel 1951 il prelato aveva istituito una commissione di tecnici, ecclesiastici e laici con lo scopo di redi-gere uno studio relativo alla possibilità di migliorare le condizioni dei fedeli che si recavano in pellegrinaggio, nel 1953 aveva nominato l’architetto franco-ungherese Pierre Vago2, capo architetto dell’Oeuvre de la Grotte e, nel 1954, aveva affidato, ad un Comitato Internazionale di Consultazione la gestione dell’ampliamento dell’apparato destinato ad accogliere la folla di pellegrini3.

La volontà era da subito quella di creare un’opera la cui architettura rispecchiasse l’“esigenza di sempli-cità, di pudicizia, di modestia, di verità e di purezza”4 per armonizzarsi allo spirito del luogo. La soluzione si orientò verso la realizzazione di un grande spazio coperto, un grande riparo, un Grand Abrì, che era destinato ad accogliere un’assemblea quattro o cinque volte maggiore di quelle usuali e che, pertanto, doveva avere uno stile nuovo, diverso da quello tradizionale, che per alcuni versi mutuasse le soluzioni stilistiche e di linguaggio dalle grandi opere civili.

Nel 1955 Vago creò un gruppo di lavoro5, con il compito di approfondire lo studio dei molteplici aspetti relativi al progetto d’insieme, nell’ambito del quale vennero incaricati della progettazione del Grand Abrì gli architetti André Le Donné e Pierre Pinsard6.

La creazione di uno spazio di dimensioni tali da accogliere un numero così grande di pellegrini pose, sin dall’inizio, una serie di problematiche complesse7. Realizzare un’opera che fosse lontana dal sito originario avrebbe, senza dubbio, semplificato l’impresa, ma non avrebbe risposto al desiderio dei fedeli di raccogliersi in preghiera nel luogo delle apparizioni e venne, pertanto, subito scartata. Restavano quindi due possibilità: realizzare il nuovo edificio nello spazio antistante la grotta o porre la nuova costruzione nella zona verde situata tra il viale che conduce da Porta Saint Michel alle basiliche esistenti e alla grotta e il boulevard de la Grotte che costeggia il complesso. La prima ipotesi venne scartata da Vago, appoggiato nella sua decisione dalla mag-gioranza dei componenti il gruppo di lavoro, in quanto quel luogo trasmetteva un senso di pace e di serenità e conservava ancora le caratteristiche che aveva al tempo delle apparizioni, anche la seconda opzione però

1 Basilica of St. Pius 1959.2 Miotto 2002; Pierre Vago 2002.3 Del Comitato facevano parte Laprade di Parigi; Ponti di Milano; Metzger di Zurigo; De Ridder di Bruxelles; Velarde di Liverpool.4 Persitz, Valeix 1958-1959.5 Ragot 2000. 6 Lourdes 1958.7 Vago 1957 (a).

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presentava delle difficoltà, poiché l’inserimento di un così grande volume avrebbe alterato la percezione delle architetture esistenti. Fu Vago a suggerire la soluzione proponendo di interrare la nuova costruzione in modo tale da lasciare quasi inalterata la spianata e conservando, così, la visibilità degli edifici preesistenti (fig. 1).

Per poter inserire la basilica sotterranea nel grande spazio individuato era, però, necessario distruggere il monumento eretto nel 1920 in memoria dei caduti in guerra di tutte le nazioni, che era posto proprio sul sito scelto per la costruzione della nuova basilica8. La proposta venne accettata dal vescovo; la realizzazione della nuova chiesa si sarebbe basata sul progetto preliminare di Vago, Pinsard e Le Donné che prevedeva una grande struttura ovale dal forte significato simbolico, che ricordava infatti, nella forma particolare, l’Ichthys (Iēsous Christos Theou Yios Sōtēr) dei primi cristiani, interrata e coperta per ricostituire il verde del prato precedente-mente esistente9.

La copertura doveva avere, quindi, una forma ellittica, con luce libera massima di circa 70 m e lunghezza massima di circa 210 m, e lo spazio doveva essere delimitato da un sistema di enormi volte ribassate utilizzando il minor numero di sostegni; questa particolare esigenza portò a coinvolgere nella progettazione due tra i mag-giori esperti della costruzione in conglomerato cementizio armato: Pier Luigi Nervi10 ed Eugène Freyssinet, ciascuno dei quali mise a punto una personale soluzione strutturale (fig. 2).

Il progetto di Nervi prevedeva una conformazione ad arco fortemente ribassato, che l’ingegnere italiano aveva già sperimentato alla fine degli anni Quaranta durante la realizzazione del centro per lo sport nautico del conte Trossi a San Michele di Pagana11. In quel caso la struttura del fabbricato era risolta con l’introduzione al piano terreno di una sequenza di quattro arconi ribassati e sagomati all’imposta in maniera analoga alla sezione a sbalzo della pensilina dello stadio Giovanni Berta di Firenze. I quattro elementi realizzati in opera, posti a un interasse di 10 m, reggevano un solaio costituito da elementi ondulati prefabbricati in ferrocemento le cui onde avevano uno sviluppo di 10 m ed erano irrigidite da setti trasversali.

Nel progetto per la copertura della nuova basilica, Nervi propone una versione analoga a quella adottata nel centro sportivo, ma più raffinata. Anche in questo caso una serie di archi ribassati, posti a dieci metri di interasse lungo la pianta ellittica, sostiene il solaio di copertura ma nel progetto per Lourdes la sezione assu-me quell’andamento variabile che contraddistingue, dagli anni Cinquanta, le opere di Nervi12. Tra gli arconi contrapposti, indipendenti tra loro dal punto di vista statico, era inserito un lucernaio che sottolineava l’asse maggiore dell’ellissi, creando un taglio di luce altamente suggestivo; mentre un secondo lucernario era disposto perimetralmente.

La successione degli archi composti da tre bracci inclinati a sezione variabile in calcestruzzo di cemento armato portava, però, ad avere lungo il bordo dell’ellissi una altezza molto ridotta, che impediva la fruizione dello spazio perimetrale della sala13.

8 Chaudesaigues 1959.9 Vago 1957 (b).10 Durante la riunione del comitato del 12-13 novembre del 1955 si stabilisce la necessità di coinvolgere nella progettazione un eminente ingegnere e Gio Ponti suggerisce il nome di Pier Luigi Nervi. 11 Il progetto fu redatto in collaborazione con l’architetto Luigi Carlo Daneri.12 Persitz, Valeix 1958-1959.13 Marx, Schacht 2010.

Fig. 1 - Lourdes, planimetria del sito del santuario e vista del Grand Abrì in fase di ultimazione (da Persitz, Valeix 1958-1959).

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Anche la proposta di Freyssinet prendeva spunto da esperienze legate a precedenti progetti, in particolare la soluzione sembrava ispirarsi ai ponti sul Marne realizzati, in cemento armato precompresso mediante post tensione, negli anni Quaranta a Luzency e a Esbly.

Nei ponti costruiti in quegli anni Freyssinet aveva adottato il criterio di scindere la struttura portante delle spalle in due elementi, uno resistente ai carichi verticali e l’altro a quelli orizzontali; i pali di fondazione resistenti ai carichi erano disposti in verticale mentre la spinta era assorbita da due piastre, poste a una distanza conveniente dalle spalle, che, mediante martinetti, venivano messe in tensione prima del disarmo, in modo da annullare gli effetti del rilassamento del terreno14.

L’impostazione strutturale pensata dall’ingegnere francese per la basilica sotterranea di Lourdes riduceva l’altezza in chiave a 10 m rispetto ai 13 m previsti da Nervi e si sviluppava longitudinalmente per 185 m; anche in questo caso il sistema si basava su di una serie di archi disposti sul perimetro, ma posizionati ad un interasse minore rispetto a quelli del progetto Nervi e collegati da una trave che correva lungo l’asse maggiore dell’ellisse.

Le due soluzioni strutturali proposte erano entrambe interessanti, tuttavia fu deciso di adottare, proba-bilmente anche per la maggiore economia, quella ideata da Freyssinet.

Già nel 1944 l’ingegnere francese aveva fondato, per facilitare lo sfruttamento dei suoi brevetti relativi al precompresso da parte di altre società, una filiale della società di costruzioni Campenon-Bernard sotto forma

14 Cestelli Guidi 1975.

Fig. 2 - Lourdes, basilica di S. Pio X, le proposte per la grande copertura: in alto il progetto di P. L. Nervi con la disposizione in pianta e in sezione degli arconi, la soluzione costruttiva di un semi-arco (da Nervi 1963, pp. 22-23) e il plastico di studio (da Basilica of St. Pius, Lourdes, France 1959); in basso il progetto di E. Freyssinet con la prima ipotesi di disposizione in pianta e in sezione degli arconi (da Chaudesaigues 1959) e il raffronto con la soluzione adottata nel ponte di Esbly, in particolare per la spalla (da Marx, Schacht 2010).

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di società di consulenza da lui stesso diretta: la STUP, Société technique pour l’utilisation de la précontrainte; fu proprio questa società che unitamente alla Campenon-Bernard mise a punto il progetto definitivo per la basilica sotterranea di Lourdes. Lo studio venne condotto dall’ingegnere Jean Chaudesaigues, che sin dal 1946 era entrato a far parte della STUP e dal 1949 era nell’Enterprise Campenon Bernard, e che aveva lavorato a lungo al fianco di Freyssinet nella realizzazione dei ponti sul Marne, contribuendo alla ricerca relativa alle applicazioni del cemento armato precompresso post-teso.

Nei primi mesi del 1956, il progetto fu approvato dalle autorità ecclesiastiche e dal Comitato internazio-nale, contestualmente furono avviate le procedure per l’affidamento dei lavori e si stabilì che la nuova basilica sarebbe stata inaugurata il 25 marzo del 1958, in occasione della festa dell’Annunciazione e che pertanto i lavori si sarebbero dovuti concludere nei primi giorni dello stesso mese.

L’Enterprise Campenon Bernard di Parigi aveva il compito di coordinare gli studi sotto la guida di Freyssinet, Le Donné e Pinsard e di dirigere i lavori, ma nella realizzazione dell’opera furono coinvolte anche le imprese Béguèr di Lourdes e Solètanche, anch’essa di Parigi, incaricata di effettuare i sondaggi finalizzati a stabilire la stratigrafia e la permeabilità dei terreni sui quali sarebbe dovuta sorgere la nuova basilica. Infatti, il primo grosso ostacolo che si manifestò nella fase di costruzione fu la presenza di acque sotterranee dovute all’e-strema vicinanza del sito al fiume Gave, che attraversa Lourdes; per stabilire la profondità della platea di base rispetto al terreno naturale si dovette, pertanto, tenere in considerazione, oltre alla volontà di ottenere dopo la realizzazione della basilica un aspetto della spianata simile a quello precedente, anche questa problematica. Si decise, infine, di posizionare la platea ad una profondità di sei metri, in modo tale che la copertura della strut-tura interrata potesse raggiungere cinque metri di altezza e presentasse la forma di una cupola molto ribassata.

Così facendo la quota delle fondazioni venne a trovarsi a circa tre metri sotto il livello dell’acqua, situa-zione che condizionò inevitabilmente la realizzazione del muro perimetrale e della platea determinando la mo-dalità di esecuzione dello sbancamento. Per effettuare lo scavo il sito venne circondato da una parete continua costituita da palancole in lamiera infisse nel terreno fino ad una profondità di 15 m per impedire infiltrazioni d’acqua e mantenere il fronte dello scavo (fig. 3); i lavori vennero affidati all’impresa specializzata H. Courbot. Terminati i sondaggi da parte della Solètanche ci si rese conto che anche a questa quota il terreno risultava ancora permeabile e pertanto si dovettero effettuare, al di sotto della palancolata, iniezioni cementizie, più o meno profonde, per raggiungere gli strati impermeabili. Successivamente si procedette ad iniettare sotto pres-sione, al fondo dello scavo, una miscela di acqua, argilla e cemento in modo da ostacolare le infiltrazioni d’ac-qua provenienti dal basso; questa barriera risultò molto efficace, tant’è che il flusso dell’acqua venne ridotto a poche decine di metri cubi all’ora rispetto ai diecimila che si sarebbero infiltrati in mancanza di protezione. Le acque residue vennero raccolte da una rete di drenaggi, disposta a circa due metri sotto il livello della platea e ad una quota di circa tre-quattro metri inferiore a quella del Gave, e diretta ad un sifone generale da dove, attraverso un sistema di pompe, veniva immessa nel fiume.

Le imprese furono costrette ad operare in tempi brevissimi, data l’improrogabilità della data di inaugura-zione della basilica, pertanto tutti i lavori furono eseguiti uno di seguito all’altro in modo che lo scavo potesse essere rapidamente completato ed essiccato. Il 18 febbraio del 1957 le pompe vennero messe in moto e in ven-tiquattro ore il terreno, all’interno della cortina di palancole che delimitava l’opera, venne prosciugato. Contro la palancolata fu poi costruito un setto di cemento armato a contrafforti, a sezione trapezoidale e distanti 1,4 m l’uno dall’altro, che, ancorato al suolo tramite tiranti precompressi, al contempo realizzava il confinamento della sala e resisteva alle spinte del terreno; sulla superficie di fondo, precedentemente consolidata, venne get-tata una lastra in cemento debolmente armato che costituiva il pavimento della sala (fig. 4).

La copertura, che doveva superare una grande luce e garantire almeno nella parte centrale una altezza significativa in corrispondenza dell’altare maggiore, era sorretta da una serie di appoggi disposti secondo una ellissi concentrica al perimetro esterno e distante da questo dieci metri in modo tale da creare un vasto ambu-lacro periferico dove localizzare le rampe per l’accesso dei malati trasportati su carrozzine o lettighe e svolgere le processioni.

L’intera area centrale, con una lunghezza di 180 m, una larghezza di 60 m e una superficie di circa 8.000 m2, restava completamente vuota. La struttura di appoggio era composta da 29 archi, disposti simmetricamen-te rispetto all’asse minore della basilica secondo piani radiali, ciascuno dei quali era composto da un elemento orizzontale con estradosso ed intradosso curvo (con due curvature concordi), solidale a due stampelle inclinate che formano un triangolo cavo con un tirante sub-verticale; il sistema a triangolo era collegato alla fondazione nel suo vertice inferiore attraverso un giunto di tipo Freyssinet, per consentire leggere deformazioni. La parte superiore degli arconi si estendeva fino al muro circostante in modo da coprire elegantemente anche lo spazio perimetrale dell’ambulacro.

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Il sistema degli appoggi era poi controventato da un grande arco ribassato, posto lungo l’asse longitudi-nale della basilica, e da due travi di bordo anulari, la prima disposta sopra il muro di recinzione e la seconda alla connessione tra il tirante sub-verticale e l’arcone (fig. 5).

Ogni elemento d’appoggio, tranne quello centrale, era disposto in due diversi piani che si intersecavano sull’asse centrale dove correva l’arco rompitratta; i cavi di precompressione passanti nella sezione centrale dei singoli arconi, una volta messi in tensione, scaricavano sull’arco rompitratta una sollecitazione di compressio-ne che si contrapponeva alle sollecitazioni dovute al peso proprio. Gli ultimi arconi dell’ellissi erano composti solo dai due sistemi triangolari, uniti tra loro, sui quali scaricava la spinta l’elemento longitudinale.

L’appoggio dei cavalletti fu lasciato volontariamente fuori terra per evidenziare l’aspetto costruttivo della copertura; la connessione appare come una vera e propria articolazione e ricorda, anche nella immagine, la soluzione, cara a Freyssinet, utilizzata nei ponti realizzati negli anni Quaranta.

Su questo sistema poggiava la copertura costituita da una sottile volta di cemento armato precompresso, sulla quale era riportato un tetto giardino, di circa 20 cm di spessore; il peso totale, compreso il carico della terra sovrastante, era di circa 18.000 t, che venivano trasmesse alle fondazioni dagli appoggi Freyssinet dei 29 arconi, la cui superficie totale era pari a circa 9 m2 (ogni appoggio è di 40 x 40 cm2). La copertura, che era la parte più impegnativa e delicata dell’opera, fu costruita in circa sette mesi grazie all’adozione di un programma dettagliato, in base al quale i portali venivano costruiti a due a due alternativamente nella parte ovest ed est partendo dall’asse minore. Per l’esecuzione degli arconi furono utilizzati ponteggi tubolari mobili, mentre il rompitratta centrale fu appoggiato, fino al completamento della trave perimetrale, su ponteggi fissi per garan-tire la corrispondenza delle deformazioni in chiave dei diversi portali (fig. 6).

L’iniziale idea di Freyssinet di disporre lungo tutto il perimetro gli ingressi, che avrebbero condotto a delle rampe interne tutte disposte nella stessa direzione, fu abbandonata per carenza di spazio e pertanto nella

Fig. 3 - Lourdes, basilica di S. Pio X, il sito scelto per la costruzione si trova al disotto della quota del Gave e si presentava sommerso al momento dell’inizio dei lavori (in alto a sin.), da qui la necessità di realizzare un sistema di drenaggi che permettessero di asciugare l’acqua e pomparla nel fiume (in basso a sin.); i drenaggi, con due sezioni diverse, furono realizzati preliminarmente (in basso a dx) alla costruzione della palancolata di sostegno del terreno necessaria per effettuare lo scavo (al centro e in alto a dx), ma che a opera completata costituirà il muro perimetrale della basilica (da Chaudesaigues 1959).

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soluzione finale adottata si poteva accedere alla grande sala attraverso sei accessi; due, disposti sulla parete nord, conducevano i fedeli dal livello della spianata esterna a quello del piano interno, mentre altri quattro, disposti a coppie alle estremità dell’asse maggiore, si trovavano ad un livello intermedio tra quello del terreno e quello della platea. A questa quota (368,25 m) erano posti i pianerottoli, al disotto dei quali erano posizionate le sagrestie e vari locali accessori, da cui partivano le rampe interne15, leggermente in pendenza, che conducevano al livello inferiore.

Una grande uscita di sicurezza, che conduceva al giardino del museo passando sotto la strada nazionale, era prevista nella parete a sud della basilica; tale apertura aveva una larghezza totale di 64 m e consentiva l’eva-cuazione di 20.000 persone in meno di un quarto d’ora.

All’interno il grande spazio era stato studiato in modo tale da concentrare l’attenzione verso il centro dove, in ossequio allo spirito di rinnovamento liturgico di quegli anni, era stato posto l’altare maggiore. L’in-tera pavimentazione era stata pensata modellata a bacino in modo da consentire la visibilità a tutta l’assemblea e indirizzare l’attenzione sull’altare di forma cubica posto su di un podio rialzato da dieci gradini. Il settimo gradino, molto più ampio degli altri, fu pensato come un luogo di sosta prima degli ultimi tre scalini rituali; senza questa pausa nel ritmo ascensionale, il podio avrebbe assunto un aspetto piramidale e avrebbe provocato un effetto ottico di restringimento. Tali accorgimenti fecero sì che l’altare, in cui convergono gli assi principali

15 Probabilmente la soluzione adottata di suddividere le rampe d’accesso in una parte esterna e in una interna alla basilica, fu suggerita da Pier Luigi Nervi.

Fig. 4 - Lourdes, basilica di S. Pio X, pianta della basilica alla quota d’imposta degli arconi e di copertura con la numerazione degli arconi (in alto); sezioni sulla rampa di accesso, sui semi-arconi 15 e 5 e sull’arcone rompitratta longitudinale (in basso a sin.); particolare costruttivo dei tiranti di collegamento (in basso a dx) della palancolata al terreno perimetrale (da Chaudesaigues 1959).

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della sala, divenisse effettivamente il centro di tutto l’immenso suggestivo spazio dell’aula. Nel 1957 venne realizzato un modello dell’altare in modo tale da poter verificare la possibilità di svolgere le diverse celebrazioni liturgiche, a tal fine erano state simulate le cerimonie che si sarebbero potute svolgere. Le varie azioni che abi-tualmente si svolgono ai piedi dell’altare venne previsto si sviluppassero al livello intermedio tra le due serie di gradini e da qui si sarebbe anche data lettura della Parola.

Anche l’illuminazione artificiale, elemento fondamentale in un’architettura ipogea, risultava pensata per fare dell’altare maggiore il punto nodale dello spazio, una intensa luce concentrata ne enfatizzava, infatti, la presenza, mentre altre fonti distribuite lungo il perimetro, alla connessione dei tiranti con gli archi, sottoline-avano la forma ellittica della pianta, illuminando il muro d’ambito.

In uno spazio così ampio pensato totalmente libero da sostegni per favorire l’unitarietà dell’assemblea, la collocazione della cappella del Santissimo Sacramento costituì un delicato problema. Era imprescindibile, infatti, prevedere un luogo per la Riserva Eucaristica e per l’adorazione del Santissimo, ma era difficile far sì che questo spazio avesse le caratteristiche di sacralità, di silenzio e di pace necessarie a favorire il raccoglimento e la preghiera dei fedeli. La soluzione individuata sembra invece ottemperare magistralmente a questa esigen-

Fig. 5 - Lourdes, basilica di S. Pio X, particolare costruttivo dell’arcone 15 (in alto) e foto della fase di realizzazione degli arconi, degli appoggi e dell’arcone longitudinale rompitratta (in basso) con sovrastante condotto di ventilazione (da Chaudesaigues 1959; [prima foto in alto] Persitz, Valeix 1958-1959).

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za: la cappella, infatti, fa parte della basilica con la quale è in diretta comunicazione, ma al contempo ne è distinta e isolata; il Santissimo Sacramento è posto in uno spazio filtrato da una serie di elementi in cemento armato e la ricchezza della decorazione dell’enorme Tabernacolo d’oro è capace di catturare immediatamente l’attenzione16.

L’impostazione ipogea della grande basilica, priva di aperture verso l’esterno, poneva inevitabilmente il problema dell’areazione della sala. Il volume d’aria all’interno era pari a circa 100.000 m3 e i consulenti, esperti di climatizzazione, fissarono a 12 m3/h per persona quello necessario a garantire condizioni fisiologiche accettabili e a mantenere nei limiti ammissibili l’aumento di temperatura per un periodo non superiore a due ore, durata prevista per le cerimonie più lunghe. Inoltre, durante l’estate, periodo più intenso di pellegrinaggi, sarebbe stato necessario raffrescare la massa dell’aria immessa. Si decise, anche per motivi temporali che non permettevano uno studio approfondito teso all’integrazione del sistema di ventilazione all’interno, di utilizzare un condotto posto al di sopra, quasi come una dorsale dell’Ichthus, della basilica.

16 Turco 2004-2007.

Fig. 6 - Lourdes, basilica di S. Pio X, particolare del sistema di copertura: carpenteria della soletta in calcestruzzo sovrastante gli arconi (in alto), particolare delle casseforme e delle centine di sostegno per il getto in opera degli arconi (al centro) e viste delle fasi di completamento della soletta di copertura (in basso) (da Chaudesaigues 1959).

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La basilica di S. Pio X a Lourdes: struttura e architettura

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Il condotto, di sezione di circa 6 m2, distribuiva l’aria all’interno attraverso dei fori nella copertura, di-sposti tra gli archi. L’aria era fornita da due unità di ventilazione situate alle estremità della basilica, ciascuna dotata di due ventole da 60.000 m3/h; per ottenere il raffrescamento, due scambiatori furono installati nella centrale di ventilazione.

La nuova basilica sotterranea di Lourdes fu consacrata, come stabilito, il 25 marzo 1958 per il centenario della sedicesima apparizione della Vergine, dall’allora cardinale Angelo Roncalli che in passato era stato nunzio apostolico in Francia e che di lì a poco sarebbe divenuto pontefice, e fu intitolata a S. Pio X (fig. 7).

Durante la solenne celebrazione si poté constatare come anche l’aspetto acustico della sala fosse stato particolarmente studiato, quando i fedeli furono autorizzati ad entrare intonando il canto trionfale “Christus vincit” senza alcun disturbo sonoro. All’interno, inoltre, nonostante la vastità delle dimensioni, durante le celebrazioni, anche nel caso di grande affollamento, si può apprezzare un singolare silenzio che aiuta la medi-tazione.

Difficilmente riconducibile alle forme tradizionali del tempio cristiano, la nuova basilica è la risposta in chiave moderna all’esigenza di accogliere un gran numero di pellegrini. È un Grand Abrì, caratterizzato da un

Fig. 7 - Lourdes, basilica di S. Pio X, immagine della sala nel giorno della consacrazione gremita di fedeli (in alto) e viste particolari della rampa di accesso (in basso a sin.) e dell’ambulacro (in basso a dx) (da Persitz, Valeix 1958-1959).

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imponente spazio interno racchiuso dal semplice perimetro ellittico e libero da ogni tipo di sostegno, dove tutto è funzionale alla capacità di contenere migliaia di pellegrini: la grande navata ovale, le rampe di accesso, gli ingressi multipli, l’ampio ambulacro.

L’imponenza del volume è caratterizzata dalla semplicità delle forme, dalla sincerità del materiale lasciato a vista, dalla composizione degli elementi chiaramente leggibili; la convergenza verso il centro, dove è posto l’altare, consente all’assemblea di raccogliersi in preghiera, vedere, ascoltare e divenire parte integrante della celebrazione liturgica.

Visto esclusivamente dal punto di vista tecnico, il progetto poteva ridursi alla sfida relativa alla realizza-zione della copertura di uno spazio ellittico di circa dodicimila metri quadrati senza sostegni intermedi, una enorme struttura interrata, ma la vera intuizione architettonica risiedeva nella scelta della particolare forma della sala che avrebbe consentito numerose prospettive generate dall’allineamento degli elementi di imposta degli archi in calcestruzzo di cemento armato precompresso disposti, evitando la monotonia di una ripetitività in linea, a raggiera a partire dall’asse mediano e conformati in modo da avvicinarsi in ogni campata fino ad incontrarsi nelle estremità così da creare un edificio a pianta centrale, definito, chiuso e circoscritto.

La forma degli arconi, le stampelle triangolari e gli appoggi lasciati a vista sembrano quasi far leggere gli equilibri delle forze, la loro disposizione su di una linea curvilinea e la mancanza di complanarità dei diversi elementi moltiplicano le prospettive complessificando le visuali. Se la soluzione strutturale è determinante per la realizzazione della basilica, la percezione finale è quella di una tecnica che si fa strumento per la creazione di uno spazio architettonico altamente suggestivo.

Lo stesso Le Donné dichiarò a proposito della basilica S. Pio X che “occorre rendere omaggio alla tecnica che si è dimostrata così flessibile e sensibile in questa opera, ha saputo piegare un sistema di arcate rigide alla forma ovale; come si piega un ramo, così si piega un arco per costruire una forma architettonica che modella lo spazio”. Ed in effetti quest’opera, estremamente moderna ed innovativa nelle tecniche costruttive, nei materiali e nell’impostazione strutturale, sembra essere la dimostrazione di quanto asseriva Auguste Perret: “La tecnica, narrata da un poeta, conduce all’architettura”.

Riferimenti bibliograficiBasilica of St. Pius, Lourdes, France, in «Architectural Design», June 1959.Cestelli Guidi Carlo, Geotecnica e tecnica delle fondazioni, Hoepli editore, Milano 1975.Chaudesaigues Jean, La Basilique souterraine de Lourdes, in «Annales de l’Institut Technique du batiment et des Travaux Pu-

blics», Juillet-Aout 1959.«L’Architecture d’Aujourd’hui», 268/1990; 275/1991; 289/1993.Lourdes, Basilique Saint-Pie X, Pierre Vago, André Le Donné et Pierre Pinsard, architectes, Eugène Freyssinet ingénieur conseil, in

«Techniques et architecture», Septembre 1958, pp. 109-113.Marx Steffen, Schacht Gregor, Concrete hinges - Historical development and Contemporary use, 3rd International fib Congress,

Washington D.C., May 2010.Miotto Luciana, Pierre Vago, in «L’Architettura. Cronache e storia», XLVIII, 557, marzo 2002, p. 138.Nervi Pier Luigi, Nuove strutture, Edizioni di Comunità, Milano 1963.Persitz Alexandre, Valeix Danielle, Architecture Contemporaine dans le Monde - Lourdes 1959, in «L’Architecture d’Aujour-

d’hui», 81, Décembre 1958-Janvier 1959.Pierre Vago, 1910-2002, in «L’Architecture d’Aujourd’hui», 339, Avril 2002, p. 16. Ragot Gilles, Vágó, Pierre, in Dizionario dell’Architettura del XX secolo, a cura di Olmo C., Umberto Allemandi & C., Torino

2000, vol. 6, pp. 362-363.Turco Maria Grazia, Pierre Vago, un architetto cittadino nel mondo, in Saggi in onore di Gaetano Miarelli Mariani, «Quaderni

dell’Istituto di Storia dell’Architettura», Dipartimento di Storia dell’Architettura, Restauro e Conservazione dei Beni Archi-tettonici, a cura di Sette M. P., Caperna M., Docci M., Turco M. G., N. S., 44-50, (2004-2007), pp. 319-330.

Vago Pierre (a), De Lourdes à Syracuse, in «L’Architecture d’Aujourd’hui», 71, Avril 1957, p. 8.Vago Pierre (b), Les nouveaux aménagements de Lourdes. Pierre Vago, architecte en chef, in «L’Architecture d’Aujourd’hui», 71,

Avril 1957, pp. 6-7.