Conferenza tenuta Dornach il 1rJtlrZO

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Rudolf Stein SIGNIFICATO DELLA PASA Confenza tenu a Dch il ; ZO 1921 (*) Fra pensiero natalìo e pensiero pasquale regna un con- siderevole conasto. E chi sia in grado di stabire un raf- fronto fra ques due pensie e di ustamente collegarli, arrando per tal modo con interiore vivezza la concomi- tanza del loro operare, viene guidato ad esperienze interiori che abbracciano·con larghezza d'orizzonte gli enigmi umani.. pensiero natalizio indirizza nostra attenzione sulla . nascita. Sappiamo che, attraverso nascita, l'essenza eterna. de'uomo penetra nel mondo da cui proviene l'entità sen- soriale visibe di lui. E se con questa veduta ci avviciniam al pensiero natalizio, . so si presenta come quello che' ci congiunge con il ·mondo soprasensibile. Ed allora, vicino a tutte le altre cose che quel pensiero ci accosta, vediamo che come esso additi uno dei poli della nostra esistenza, quello dove noi qui esseri fisico-sensibili ci congiungiamo col mon- do spirituale soprasensibile. Per questa ragione, la nascita ddl'uomo, nella tolità dei suoi aspetti, non potrà mai risultare spiegabile s la base di una scienza che attinga le proprie premesse dalla sola os-· servazione dell'esistenza sensoriale. l'altro polo dello sperimentare umano si presenta pen- siero che sta alla base ddla festività pasquale, e che nel corso- dell'evoluzione occidentale s'è sempre più ridotto ad pen- siero preparatore del modo di rappr e sentare materialistico dei pae d 'Occidente. Il pensiero pasquale può, dapprima in maniera ancora asaa, venire affeato se abbiamo chiarche l'essere spirituale soprasensibile discende da mondi spi- rituali e si riveste del corpo umano fisico. F d principi ()) Da uno stenogramma non riveduto dal confenzie.

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Rudolf Steiner

SIGNIFICATO DELLA PASQUA

Conferenza tenuta a Dornach il 27 1rJtlrZO 1921 (*)

Fra pensiero natalìzio e pensiero pasquale regna un con­siderevole contrasto. E chi sia in grado di stabilire un raf­fronto fra questi due pensieri e di giustamente collegarli, afferrando per tal modo con interiore vivezza la concomi­tanza del loro operare, viene guidato ad esperienze interiori che abbracciano·con larghezza d'orizzonte gli enigmi umani..

Il pensiero natalizio indirizza la nostra attenzione sulla. nascita. Sappiamo che, attraverso la nascita, l'essenza eterna. dell'uomo penetra nel mondo da cui proviene l'entità sen­soriale visibile di lui. E se con questa veduta ci avviciniamo­al pensiero natalizio,. esso si presenta come quello che' ci congiunge con il ·mondo soprasensibile. Ed allora, vicino a

tutte le altre cose che quel pensiero ci accosta, vediamo anche come esso additi uno dei poli della nostra esistenza, quello dove noi quali esseri fisico-sensibili ci congiungiamo col mon­do spirituale soprasensibile.

Per questa ragione, la nascita ddl'uomo, nella totalità dei suoi aspetti, non potrà mai risultare spiegabile sulla base di una scienza che attinga le proprie premesse dalla sola os-· servazione dell'esistenza sensoriale.

All'altro polo dello sperimentare umano si presenta il pen­siero che sta alla base ddla festività pasquale, e che nel corso­dell'evoluzione occidentale s'è sempre più ridotto ad un pen­siero preparatore del modo di rappresentare materialistico dei paesi d 'Occidente. Il pensiero pasquale può, dapprima in maniera ancora astratta, venire afferrato se abbiamo chiaro· che l'essere spirituale soprasensibile discende da mondi spi­rituali e si riveste del corpo umano fisico. Fin dal principiO>

(41) Da uno stenogramma non riveduto dal conferenziere.

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dell'esistenza fisica (ne trattai davanti a voi dai più svariati punti di vista) questo agire dello spirito entro il corpo fisico è in realtà un condurre questo corpo verso la morte. Col pen­siero della nascita ci è quindi anche dato quello della morte.

Ho richiamato altra volta al fatto che l'organizzazione del capo umano è unicamente comprensibile quando si sappia che in esso s'esplica un· perpetuo proresso apportatore di morte, un processo che non prevale, unicamente perché vie­ne combattuto dalle forze vitali del restante organismo. Ma nell'istante in cui le forze mortifere sempre esistenti nel capo e che determinano la natura pensante prevalgono, soprav .. viene la vera morte. Di modo che, direi, il pensiero della morte è in realtà solo come l'altro lato del pensiero della na­scita. Per questa ragione, nel pensiero. pasquale non può venir inserito il pensiero della morte. Vediamo infatti come, un teinpo, quando nel cristianesimo paolina il cristianesimo traeva ancora la sua prima configurazione da una concezione orientale, esso non indirizzava essenzialmente il sentire uma­no alla rappresentazione della morte del Cristo Gesù bensì alla sua risurrezione. Indirizzava alla risurrezione con parole energiche come quelle per l'appunto di Paolo: «E se Cristo non è risorto, la vostra fede è morta ». La risurrezione, il trionfo sulla morte, la vittoria sulla morte, è quello che come pensiero pasquale prevalse sopra ogni altro nella prima for­ma del cristianesimo ancora determinata da saggezza orien­tale. Risalgono anche a quel tempo certe immagini pasquali in cui· il Cristo Gesù veniva raffigurato come il buon pastore vegliante sugli interessi eterni dell'uomo sopito nell'esisten­za temporale. Ovunque vediamo come la cristianità primi­tiva puntasse, in realtà, sulle parole del Vangelo: cc Colui che cercate non è piÙJ qui ». Dovete, possiamo aggiungere· a com­pletamento, dovete cercarlo in mondi spirituali, non più nel­la sfera fisico-sensibile. Se lo cercate nella sfera fisico-sensibile, vi si può soltanto dire : (< Colui che cercate .quale essere fisico­sensibile, nel 1nondo fisico-sensibile non è più ».

La grande, vasta saggezza che nei primi secoli del cri­stianesimo cercò ancora di comprendere il mistero del Gol­gota con tutto quanto ad esso si connette, si sommerse ben

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presto nel materialismo dell'Occidente. Nei primi secoli que­sto materialismo non era ancora completamente affiorato. An­dava lentamente preparandosi. Si potrebbe dire che i primi, ancora debolissimi, a mala pena osservabili impulsi materiali­stici dei primi secoli, si trasformarono solo assai più tardi in dò che sempre più divenne vero e proprio materialismo, e sempre più permeò la civiltà occidentale. n pensiero religioso dell'Oriente andò' difatti sempre più congiungendosi col pen­siero statale che sorgeva in Occidente. Nel secolo IV il cri­�tianesimo divenne religione di stato, nel cristianesimo pene­trò cioè un elemento che non può più essere réligione.

E Giuliano l'Apostata, che non fu un cristiano ma fu un uomo religioso, non poteva soprattutto aderire a quello che il cristianesimo era divenuto sotto il costaninismo. E cosf vediamo come, dapprima assai debolmente, ma poi in modo già alquanto palese, nella mescolanza del cristianesimo col declinante romanesimo, il materialismo occidentale mandi i suoi primi raggi. E sotto il suo influsso nacque anche quel­l'immagine del Cristo Gesù che al principio non esisteva af­fatto, che non appartiene affatto alle origini del cristianesi­mo, l'immagine del Cristo Gesù crocifisso, dd doloroso, del martoriato, dell'uomo che spira nel dolore, nella sensazione degli indicibili parimenti che gli sono inflitti.

Quell'immagine rappresentò una frattura in tutta la con­cezione del mondo cristiano. Infatti l 'immagine, che traversò poi i secoli, del Cristo· appeso alla croce, colmo di dolore, non presenta più un Cristo che possa venire inteso nella propria entità spirituale, bensi unicamente in quella corporea. E, quanto più i segni del dolore vennero impressi nel corpo umano, quanto più, ndle diverse epoche, all'arte riusd di imprimere i segni del patimento sul corpo del Salvatore ap­peso alla croce, tanto più vennero posti i germi del sentire materialistico cristiano.

JJ �roc_ifìs�o_ � l'espr�ssione d.el passaggio al materia��sm�-­_cristian.�·. Fra questa affermazione e il fatto df-riconoscere m-tutta la sua profondità e importanza quanto �ei patimenti del Salvatore l'arte seppe incarnare in maniera così grande e possente, non esiste contraddizione. Rimane tuttavia vero

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che con l'immagine del Salvatore spirante fra dolori sulla ·\\ croce si prese congedo dalla concezione propriamente spiri- 1:

tuale del cristianesimo. ',. A questa interpretazione del Cristo doloroso si con­

giunse poi quella del Cristo giudice universale, quale con tanta grandiosità ci appare nell'affresco di Michelangelo a Roma, nella Cappella Sistina. Ma gy__dtaflr_�s�cg_ è i� realtà: �?.lo ���-��___rJlffiW�ion_�--�L.le.h��, . e precisamente-­d'un Jahve o Jehova sotto aspetto giuridico. Il medesimo spi­rito che dalla rappresentazione del sepolcro da cui il Salva­tore si leva, da cui il Salvatore trionfa, fece scomparire lo spirito trionfante, vittorioso sulla morte, il medesimo spi­rito, nell'ottavo Concilio Ecumenico che ebbe luogo a Costan­tinopoli nell'anno 869, dichiarò che, in rapporto all'uomo, non si deve credere allo spirito, che l 'uomo va rappresentato come costituito di corpo ed anima soltanto, mentre in lui lo spirito consiste di alcune qualità possedute dall'anima stes­sa. Come vediamo l'elemento spirituale soffiato via dal croci­fisso, come nella figura fisica che sola viene esteriormente rap­presentata sentiamo l'anima colma di dolore e non lo spirito trionfante, non lo spirito che sostiene l'umanità e nel con­tempo amorevolmente vigila su di essa, così, ��lla_�ri�C?luzio:_ -��-�-un ço!lcil_!()_ Ecu���_co ���iamo 19 spirito sottratto _al�. _l'entità-umana; e per conseguenza lei festività del Venerdì Santo venne collegata con quella della Risurrezione. In tem­pi in cui gli uomini non erano ancora divenuti cosi aridi, astratti e vuoti di pensiero, attraverso la solennità del Venerdì Santo il pensiero pasquale era stato trasformato in maniera del tutto egoistica. Razzolare nel dolore, immergere volut­tuosamente l'anima nel dolore, bearsi di dolore, questo fu poi attraverso i tempi il contenuto del pensiero del Venerdì Santo, il quale doveva in certo modo solo fornire lo sfondo al pensiero della Pasqua che gli uomini erano sempre meno in grado di capire nella sua realtà. Perché la stessa umanità che fece erigere ad articolo di fede il principio secondo il quale l'uomo consiste• unicamente di corpo ed anima, la stessa umanità richiese, per il proprio sentimento, il Salva­tore morente, richiese la controimmagine delle proprie soffe-

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renze fisiche, onde avere· uno sfondo per sentire (per sentire tuttavia solo come un trapasso esteriore) quello che origina­riamente dovette venire sentito con forza elementare, e cioè che lo spirito vivente deve perennemente trionfare sopra tut­to quanto può verificarsi entro la corporeità fisica. S'ebbe bi­sogno dell'immagine della morte per martirio, per sentire poi come contrasto il vero e proprio pensiero pasquale.

Occorrerà che sì senta sempre più profondamente come la vera concezione ed il vero sentimento dello spirito siano per tal modo gradualmente scomparsi dalla cultura occiden­tale e, con ammirazione beninteso, ma anche col senso di una certa tragicità, si guarderà· allora a tutti i tentativi di rap­presentare artisticamente l'uomo oppresso di dolore appeso alla croce.

A quanto è necessario al nostro tempo non basta sollevarsi, miei cari amici, con qualche pensiero abbozzato alla meglio e con qualche superficiale sentimento. Bisogna fino in fondo comprendere tutto ciò che in rapporto allo spirito, nell'ambi­to della cultura occidentale, già da gran tempo si muove per una china discendente. Oggi è necessario che anche quanto in un dato campo è grandissimo, venga al contempo sentito come qualche cosa che l'odierna umanità deve superare. Tut­ta la nostra cultura occidentale abbisogna del pensiero pa­squale. Con altre parole: è necessario che la cultura ocCiden­tale torni a sollevarsi alla spiritualità. ·

In seno alla cultura occidentale che s'andava sviluppan­do, quello che un tempo sorse con grandiosità come sacro mistero della nascita, e cioè il mistero del Natale, s'immerse gradualmente in quelle sentimentalità che non sono in fondo se non l'altro polo dell'evoluzione materialistica, in quelle· sentimentalità che guazzarono in ogni sorta di canti intorno al << bambino » Gesù. Era un voluttuoso diguazzare nel sen­timento del <<bambino». Invece di sentire nel mistero del Natale il grande poderoso mistero della penetrazione di uno spirito soprasensibile nel mondo sensibile, avvenne che a poco a poco i prosaici canti dei filistei jntorno al « bambino » prevalsero, e divennero l'elemento essenziale.

In rapporto all'evoluzione del cristianesimo, che prote-

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dette unicamente sulle vie dell'intelletto, e che in alcuni suoi·

rappresentanti arrivò a dire che il Figlio non dovrebbe tro­·var posto nel Vangelo, bensì il Padre soltanto, è caratteristi� co che ess� abbia tuttavia conservato il pensiero della risur­rezione sempre congiunto però a quello della morte. Ma è sintomatico in rapporto all'evoluzione moderna, che il pen� ·siero del Venerdì Santo sia sempre maggiormente avanzato sul proscenio, ed il pensiero della Pasqua di risurrezione, il vero pensiero pasquale sia sempre più retrocesso. Un'epoca che ha per compito di mostrare come l'uomo debba sperimen� tare la risurrezione del proprio essere ad opera dello spirito, una tale epoca deve particolarmente accentuare il pensiero pasquale. Per il suo conseguimento è tuttavia necessario che .ci rendiamo conto di come l'immagine del doloroso simbo­leggi tanto la discesa dell'evoluzione occidentale nel mate­rialismo quanto, da un altro lato, quella del giudt"ce universale giudicante su base giuridica.

Abbisogniamo del Cristo quale entità soprasensibile, qua­le entità di natura non terrena che tuttavia penetrò nell'evo .. luzione della terra. Dobbiamo farci strada a questo pensiero -che sta come il sole frammezzo a tutto il restante pensare umano.

Come dobbiamo comprendere che il pensiero del Natale s'è trasformato così da trascinare il massimo dei misteri nel' dominio volgare della sen

.timentalità, cosi dobbiamo com­

prendere che in rapporto al pensiero pasq}lale è necessario rilevare che esso introduce nell'evoluzione umana un ele­mento che, sulla base di premesse terrene è incomprensibile, ma che sulla base del sapere spirituale, della conoscenza spi­rituale, si può comprendere.

. Nel pensiero della risurrezione, una conoscenza spiri­tuale deve trovare il suo primo grande a_EPoggio; attraverso ad esso deve cioè riconoscere che anche nell'uomo l'essenza -spirituale eterna non viene intaccata dalla natura fisico-cor­porea e, nella parola di Paolo: <( Se il Cristo non· è risorto la nostra fede è morta )) deve vedere una conferma di quello .che in fondo costituisce il vero essere del Cristo.

In questa maniera dobbiamo oggi tornare al pensiero

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pasquale. E il tempo in cui torniamo a ricordarci del pen­siero pasquale deve per tal modo diventare in noi un tempo· di festività interiore, d'una festività di cui celebriamo in rap­porto a noi stessi la vittoria dello spirito sulla corporeità. S ic· come non è lecito esulare dai fatti storici, dobbiam� certo· avere davanti agli occhi il Gesù pieno di parimenti, appeso· alla croce, il doloroso; ma al di sopra della croce, deve appa­rirci il trionfatore, su cui nascita e morte non hanno presa e che solo può dirigere il nostro sguardo verso le eterne sfere della vita spirituale.

S olo così torneremo ad avvicinarci al vero essere del Cri­sto. L'umanità occidentale ha abbassato il Cristo fino a sè, lo ha abbassato a << bambino », lo ha ridotto ad essere quegli che viene principalmente sentito come morente, come permeato di dolore. Ho spesso fatto notare che il momento in cui dalla bocca del Budda risuonarono le parole cc la morte è il massi­mo dei mali», precede il mistero del Golgota di tanto quanto lo segue l'apparire dell'immagine del crocifisso, quando gli uomini guardarono alla morte e non la sentirono più come un male, bensl come qualche cosa che ha vera· realtà. Ma questo sentimento che attingeva ancora ad una saggezza orientale più antica del buddismo, .questo sentimento fu vinto dall'altro che rimase attaccato all'immagine del doloroso. ·

Non solo con i nostri pensieri (poiché questi sono per lo più di scarsa portata), bensì con tutta l'ampiezza dci nostri sentimenti, dobbiamo contemplare quale sia stato nel corso dei secoli il destino delle rappresentazioni umane in rappor­to al mistero· dd Golgota.

Dobbiamo renderei conto della necessità di tornare ad . una schietta, autentica comprensione del mistero del Golgota. Dobbiamo considerare che nella stessa antichità ebraica Jahve non era concepito in senso giuridico. La più grandiosa espres­sione drammatica del sentire religioso dell'antichità ebraica, il libro che ci ·presenta il martoriato Giobbe, esclude in fondo il senso di giustizia esteriore. Giobbe è l'uomo tormentato che considera quanto lo colpisce come destino. S olo gradualmen­te il concetto giuridico di sanzione penetrò nell'ordinamento del mondo. Quello che ci sta dinanzi nell'affresco· di Miche-

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]angelo della Cappella Sistina è tuttavia come un riaffacciarsi del principio jahvetico.

A noi però necessita un Cristo che possiamo cercare in noi stessi, perché, se lo cerchiamo, egli tosto compare. A noi necessita un Cristo che penetri nella volontà, che riscaldi e accenda la volontà affìnchè la volontà consegua la forza capa­ce di quelle azioni che ci sono richieste per il progresso .dell'evoluzione umana. Abbisogniamo di quel Cristo che non viene contemplato come doloroso, ma che sta librato sopra la croce e guarda giù a quello che, privo di reale sostanza, sulla croce finisce.

Abbisogniamo della forte consapevolezza dell'eternità dello spt"rùo. Non conseguiamo tale vigorosa consapevolezza dell'eternità dello spirito se ci perdiamo nella contemplazio­ne della sola immagine del crocifisso. E, quando vediamo come l'immagine del crocifisso s'è gradualmente sempre piu trasformata in quella dell'uomo sopraffatto da patimento e dolore, constatiamo quanto sia divenuto forte quell'indirizzo del sentire umano. Lo sguardo umano s'è allontanato da quan­to è propriamente spirituale per volgersi alla sola realtà ter­reno-fisica. Questa fu talvolta raffigurata con grandiosità; ma a quelli che, come per esempio Goethe, già avvertirono al­cunché della necessità di un ritorno della nostra civiltà allo spirito, quelle raffigurazioni apparvero sempre come qualche cosa con cui essi non potevano ben concordare. E GOethe e­·spresse effettivamente abbastanza spesso il concettol che il Salvatore crodfisso non esprimeva in fondo ciò ch'egli sen­tiva nei confronti· del cristianesimo: l'evoluzione dell'umani­tà allo spirito.

È necessario che, tanto il sentimento oggi collegato al Venerdì Santo, quanto quello collegato alla Pasqua, cambino; che il sentimento del V enerdl Santo si plasmi cosi da guar­dare verso il Gesù morente sentendo che questo è s9lo un altro aspetto della nascita; e, che chi nella nascita non vede al contempo il morire, non la vede nella sua totalità.

Chi sia in grado di sentire che ·nel sentimento della mor­te del Venerdì Santo s'esprime solo uno degli aspetti della .realtà umana e cioè l 'altro polo della comparsa del bambino

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attraverso la nascita, quegli si prepara giustamente al vero sentimento della Pasqua, a quel sentimento che può solo con­sistere nella consapevolezza di questo fatto : qualunque sia il mio involucro umano, quello che nasce, ruomo vero e proprio, non è soggetto a nascita come non è soggetto a morte. L'uomo vero e proprio deve congiungersi con l'entità venu­ta nel mondo come Cristo, con l'entità che non può morire, la quale china lo sguardo su un altro e non su se stessa, quando contempla il doloroso appeso alla croce. j Occorre che gli uomini sentano che cosa comporta pro­priamente il fatto che, a partire dalla fine del primo secolo,

1 la concezione dello spirito è gradualmente andata perduta ) per la civiltà d'Occidente. E avremo un pensiero pasquale · universale quando un numero bastante di persone sentirà che

in seno alla civiltà moderna lo spirito deve ri�orgere. Este­riormente questo dovrà venire espresso dicendo che l'uomo non vorrà più unicamente investigare ciò a cui deve sottostare per destino, che non indagherà più unicamente le leggi na­turali e le leggi storiche affini a qudle naturali, ma aspirerà a conoscere la sua propria volontà, a conoscere la propria li,_. bertà, che bramerà di sentire quale sia la vera natura dd vo­lere che porta I 'uomo oltre le soglie della morte, e che, per essere veduto nella sua realtà, deve venir contemplato spiri­tualmente.

Come può l'uomo trovar la for�a di assurgere al pensiero della Pentecoste, della effusione dello spirito, dopo che nel­l'ottavo Concilio Ecumenico di Costantinopoli il pensiero del­]a Pentecoste· venne dogmaticamente dichiarato mera frase?

·Come può l'uomo trovare la forza di assurgere al pensiero della Pentecoste se non è in grado di percorrete la via che conduce al pensiero della Pasqua, al vero pensiero della Pa­squa, al pensiero della risurrezione dello spirito? Bisogna che l'uomo non ·venga intorpidito dall'immagine del Salvatore morente nei parimenti. L'uomo deve imparare che il dolore appartiene al congiungimento con l'esistenza materiale ..

Questo era un principio fondamentale dell'antica sag­gezza ancora scaturita da sostrati istintivi del sapere umano. Dobbiamo ora riconquistarci quel sapere mercé la conoscen- ·

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za cosciente. Ma che l'origine del dolore risiede nell'unione con la materia, che il soffrire trae origine dall'unione del­l 'uomo con la materia, questo era un principio fondamentale dell'antita saggezza. Sarebbe indubbiamente assurdo credere che, per essere passato attraverso la morte guale essere divino­spirituale, il Cristo non abbia patito dolore; dipenderebbe da un pensare irreale sostenere che il dolore sofferto attraverso il mistero del Golgota sia solo stato apparente. In tutta la sua portata quel dolore va pensato come reale. Ma non deve venir pensato come l'opposto di quello che· è. Dobbiamo riconqui­starci alcunché di quello che sta davanti a noi quando con­templiamo il mistero del Golgota nel quadro dell'intera evo­luzione umana.

Miei cari amici, quando agli antichi iniziandi doveva venire presentato in immagine l'uomo libero per eccellenza,

· e questo accadeva dopo che essi avevano superato i diversi gradi preparatori, dopo che erano passati per tutti gli esercizi attraverso i quali era possibile conseguire determinate cogni­zioni, esercizi che venivano loro presentati tramite immagini drammatiche, in ultimo essi venivano condotti davanti alla figura dell'uomo colmo di dolore nel proprio corpo fisico, rivestito di un manto di porpora e coronato di spine, davanti alla figura del Chrest6s. E, mercé la visione di questo Chre-­st6s, dalla loro anima doveva scaturire la forza che fa del .. l'uomo un vero uomo. E le gocce di sangue che all�iniziando apparivano in determinati significativi punti del corpo di quell'antico Chrestos, dovevano valere a rimuovere la debo­lezza e l'impotenza umana, ed a sollevare dall'umana inte­riorità lo spirito trionfante. La contemplazione del dolore aveva per meta la risurrezione dello spirito.

Nel senso più profondo quell'immagine doveva mostrare all'uomo ciò che può venire espresso con queste parole: << Al­la: gioia vissuta puoi andare debitore di molte cose nella vita; se però ti sei conquistato conoscenza, se ti sei conqui­stato comprensione dei nessi spirituali, ciò tu lo devi alla sof­ferenza, al dolore. Lo devi cioè al fatto di non essere affon­dato nella pena e nel dolore, ma d'avere avuto la forza di risollevarti da essi». Perciò, negli antichi misteri all'imma-

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gin e del ·C hrest6s pieno di dolore seguiva quella del Cristo trionfante, il quale china lo sguardo sul doloroso, come su quello di cui ha trionfato. Bisogna per tal modo che ritrovia­mo la possibilità di avere il trionfante Cristo spirituale da­vanti all'anima e nell'anima, e principalmente nella volontà. Questo è ciò che dobbiamo prefiggerei in rapporto al presente, e soprattutto in rapporto a quello che nel presente vogliamo fare in vista di un salutifero avvenire.

Ma non potremo mai comprendere il pensiero della Pa­squa, il vero pensiero della Pasqua, se non saremo anche in grado di comprendere che, volendo parlare del Cristo, occor­re sollevare lo sguardo dal campo puramente terreno a quel­lo cosmico.

Il pensiero moderno ha ridotto il cosmo a un cadavere. Oggi contempliamo le stelle ed i movimenti stellari, e calco­liamo tutto quanto; attraverso i calcoli deduciamo cioè .qual­che cosa dall'esame del cadavere del mondo, e non vediamo che nelle stelle vive la vita, e nel corso delle stelle s'esplicano gli intenti dello spirito cosmico.

Il Cristo è disceso nell'umanità per congiungere le anime umane con lo spirito cosmico. Ed è vero annunciatore del vangelo di Cristo solo chi attesta che quanto del sole appare in aspetto fisico-sensibile, è l'espressione esteriore dello spi­rito 'dell'universo, del risorto spirito dell'universo.

Realtà viva deve diventare in noi l'identità fra lo spirito dell'universo e il sole; deve ridiventare in noi esperienza vi­vente il fatto che la festa di Pasqua è regolata dai rapporti fra Sole e Luna in primavera. Dobbiamo poterei riallacciare alle condizioni che, dal cosmo stesso, stabilirono la festa della Pasqua per l'evoluzione terrena. Dobbiamo sapere che furono i più desti fra gli spiriti protettori del cosmo quelli che, at­·rraverso quell'orologio cosmico le cui lancette in rapporto all'esistenza terrena sono Sole e Luna, mostrarono quale fos­se entro l'evoluzione universale e umana la grande importante ora in cui va situata la risurrezione. Partendo dallo spirito dobbiamo imparare e sentire il movimento di queste due lancette, Sole e Luna, come per le nostre faccende fisiche ab­biamo imparato a capire quello delle lancette dell'or9logio.

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Dobbiamo collegare le cose fisiche terrene con quelle che stanno al di sopra delle fisiche, con quelle sopraterrene. Il pensiero della Pasqua ammette solo un'interpretazione che parte dal· soprasensibile perché, in quanto mistero della ri­surrezione, in esso si . verificò qualche cosa che si distingue da ogni altro fatto umano. Le altre vicende umane si svol­gono sulla terra in tutt'altra maniera da come si svolse il mistero del Golgota. La terra accolse un tempo le forze co­smiche e da ciò che essa stessa per tal modo divenne, scatu­rirono nell'organizzazione del ricambio umano le forze del-l'umana volontà.

·

Ma, quando si verificò il mistero del Golgota, entro gli eventi terrestri penetrò un nuovo afflusso di volontà, sulla terra si verificò un fatto cosmz'co} qualche cosa in rapporto a cui la terra è solo il teatro del suo svolgimento. L 'uomo venne ricongiunto al cosmo.

Questo è ciò che si deve comprendere e la cui compren­sione soltanto dà modo di accogliere il pensiero pasquale in tutta la sua estensione. E perciò davanti alla nostra anima non deve solo stare l'immagine del crocifisso, pure se in quel­l'immagine l'arte avesse prodotto quanto di più grande, dii più bello, di più rilevante, di più elevato esista. In noi deve sorgere il pensiero: << Colui che voi cercate non è qui». So­pra la croce, deve apparire all'anima colui che si trova lì e che dallo spirito parla in maniera risvegliatrice di spiritua .. lità.

Questo è ciò che deve p_enetrare nell'evoluzione umana quale pensiero della Pasqua, è ciò a. cui il cuore umano e la mente umana devono innalzarsi. A noi, in questo nostro tem­po non è solo richiesto di immergerci e di approfondirci in quanto già è stato fatto. Dobbiamo diventare creatori di cose nuove. E, pur se si tratti della croce con tutto ciò di cui gli artisti l'hanno adornata, ad essa non dobbiamo fermarci; dob­biamo prestare ascolto alle parole degli esseri spirituali che, se cerchiamo nell'ambito del patimento e del dolore, ci di­cono: «Colui elle cercate non è qui».

Dobbiamo pertanto cercare colui che è qui. A Pasqua

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dobbiamo saper volgerei allo spirito che può unicamente ve­nire· presentato nell'immagine della risurrezione.

Allora saremo in grado di avanzare giustamente dal sen­timento del Venerd1 Santo allo spirituale sentimento della Pasqua. Ed in questo sentimento della Pasqua potremo anche trovare ciò che la nostra volontà deve accogliere affinché, di fronte agli impulsi di discesa, operiamo nel senso delle forze di ascesa dell'umanità. Di tali forze atte a cooperare all'ascesa abbiamo bisogno e, nel momento in cui comprendiamo, giu­stamente comprendiamo il pensiero pasquale della risurrezio­ne, questo pensiero che ci compenetra di calore e di luce, -esso accenderà in noi le forze di cui abbiamo bisogno per il futuro dell'umanità.