#CONDIVIDERETV · 2020. 4. 7. · 6 aprile 2020 5 Sembrerà un titolo poco felice, ma a me sembra...

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DIOCESI DI MAZARA DEL VALLO Mensile della Diocesi di Mazara del Vallo - n. 04 del 6 aprile 2020 @CONDIVIDEREWEB #CONDIVIDERETV NUMERO SPECIALE/La Pasqua in tempo di coronavirus con i contributi di: Nicoletta Borgia, Ignazio Buttitta, Biagio Grimaldi, suor Elena Massimi, Chiara Putaggio, don Giacomo Putaggio, Giuseppe Romano, Antonio Tavormina, don Paolo Tomatis Sono Risorto @DIOCESIMAZARA Nella foto: Gerusalemme, Edicola del Santo Sepolcro.

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DIOCESI DI MAZARA DEL VALLO

Mensile della Diocesi di Mazara del Vallo - n. 04 del 6 aprile 2020

@CONDIVIDEREWEB

#CONDIVIDERETV

NUMERO SPECIALE/La Pasquain tempo di coronavirus

con i contributi di: Nicoletta Borgia, Ignazio Buttitta,Biagio Grimaldi, suor Elena Massimi, Chiara Putaggio,

don Giacomo Putaggio, Giuseppe Romano, Antonio Tavormina, don Paolo Tomatis

Sono Risorto

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«Amezzogiorno si fece“buio” su tutta laterra, fino alle tre del

pomeriggio» (Mt 27,45 e anche Mc15,33 e Lc 23,44). «Il primo giornodella settimana, Maria di Màgdala sirecò al sepolcro di mattino, quandoera ancora “buio”, e vide che la pietraera stata tolta dal sepolcro (Gv 20,1).Il momento della morte del SignoreGesù e quello della sua risurrezionesono avvolti dal “buio”, come testi-moniano i due passi citati. E non mipare una coincidenza redazionale,visto che sono testi di due diversievangelisti che narrano due situa-zioni differenti e lontane nel tempo.Oso, perciò, pensarli come i dueestremi di un improbabile processodi inclusione. Infatti, anche se nellarealtà non fu così, da quel mezzo-giorno a quell’alba una spessa coltredi buio tenebroso coprì Gerusa-lemme e idealmente l’universo in-tero. Un buio oscuro che aveva avutoun’anticipazione durante la cena pa-squale, all’uscita di Giuda dal Cena-colo, quando fuori «era notte» (Gv13,30). Di quel lasso di tempo nonsappiamo nulla dai Vangeli; tut-tavia, non è azzardato pensare chesiano state ore di angoscia profonda,di grande turbamento, di tremendaindecisione sul da farsi, di ricerca af-fannosa verso rifugi sicuri per sfug-gire alla possibile caccia all’uomoverso i seguaci del Nazareno croci-fisso. L’unico a fronteggiare a testaalta gli eventi e senza cedimenti èstato Giovanni (il discepolo cheGesù amava, riamato), che non hamai lasciato il Maestro, dall’arrestoalla crocifissione, prendendosi cura

della Madre di lui, affidatagli sottola croce. Il tutto comunque era so-vrastato da un silenzio surreale,in una città divisa in due: i nemici delSignore, gongolanti apertamenteper averla avuta vinta finalmente, e isimpatizzanti del Crocifisso, pavida-mente sotto traccia e ben protetti,per evitare guai. Questo detta-gliato preambolo mi fa pensareal contesto in cui stiamo vivendoi misteri della passione, morte e

risurrezione di Gesù in questaSettimana Santa dai toni così ap-pannati e al di fuori di ogni plau-sibile previsione. E il clima che sirespira sembra contagiare tutti,anche chi fin qui ha guardato dal-l’esterno con sufficienza, o incredu-lità agli eventi sacri di cui facciamomemoria. Sta di fatto che mai comequest’anno ci viene chiesto di speri-mentare tutto l’amaro della pas-sione, ciascuno nella propria carne.Il forzato digiuno eucaristico, la pri-vazione di una commossa partecipa-zione alle liturgie, l’impossibilità dicondividere la comunione ecclesiale

come soggetti del popolo di Dio, lapresa d’atto degli effetti devastanti diuna pandemia che semina morte eangoscia fanno parte di un disegnodi passione e di morte che attanagliail cuore e toglie il respiro. Comeadesso forse mai abbiamo avutol’opportunità e la grazia di immede-simarci nello strazio di Gesù, condi-videndo le trafitture indicibili di undolore che non ha avuto eguali (cfrLam 1,12). Questa empatia con ilMaestro richiede, tuttavia, anchel’assunzione dei suoi stessi sen-timenti (cfr Fil 2,5ss) che si puòtradurre nella rimozione di ogni in-sofferenza e nell’accettazione pa-ziente e silente di questa strana einedita condizione spirituale. Comeil Signore non pensò di scrollarsi didosso la croce, così anche a noi oggiè richiesta l’accettazione, senzafughe in avanti, di stati d’animo pe-santi perché non dipendenti da unanostra libera scelta. Diamo a questigiorni il clima sospeso che caratte-rizzò lo spazio tra la morte e sepol-tura di Gesù e la sua risurrezione.L’alba della Pasqua sorgerà

anche per noi e allora, rotolata lapietra del buio e del silenzio, il se-polcro vuoto, custode della nostraincredulità e del nostro peccato,ci rivelerà che siamo risorti, dive-nuti nuova creatura (cfr 2Cor 5,17)per la partecipazione esistenziale,piena e verace alla passione,morte e risurrezione di Gesù. Ildigiuno eucaristico, il silenzio ri-generante dell’attesa, il guardaree il non partecipare siano la pri-mizia di una rinascita in Cristo dagustare nell’esultanza del ritornoall’Eucaristia, nostra vera e realePasqua.

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L’EDITORIALE

Dal “buio” del Calvarioalla lucedel Sepolcro vuoto

Diamo a questi giorni il clima sospesoche caratterizzò lo spazio tra la mortee sepolturadi Gesùe la sua risurrezione

DIDOMENICOMOGAVERO

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Èuna Pasqua del tutto anomalae sottotono, quella che si andràa celebrare il 12 aprile al tempo

del coronavirus. E a maggior ragione inzona rossa qual è Salemi, la mia città.Mai avrei potuto immaginare di tro-varmi in una situazione del genere. Iltempo è diventato tutto uguale, scan-dito da una dolorosa quotidianità, in-trappolati nei nostri reparti, nellenostre case, che prima amavamo tantoe ora ci sembrano prigioni. La paura,reale, del contagio ci impedisce di an-dare a passeggio e goderci la primaveracoi suoi colori e i suoi profumi; ci im-pedisce di andare liberamente a fareuna passeggiata soli o con la famiglia,al supermercato, in chiesa, a una seratacon gli amici. Ci impedisce anche, equesto per un medico è dolorosissimo,di poter visitare e curare i propri pa-zienti negli ambulatori o nelle corsiedove sono ospitati solo i casi non di-missibili. Tutto chiuso se non per le ur-genze indifferibili. Dobbiamoringraziare, a tal proposito, i mo-derni mezzi di comunicazione checi permettono di ascoltare i bisognidella gente; di curare a distanza ipiccoli problemi di salute quoti-diani, come nel famoso film “Il Me-dico della mutua” di Sordi; di poterdare sollievo anche con una sempliceparola di conforto. Una cosa però ab-biamo riscoperto, la forza della pre-ghiera come un fattore interiore cheporta, chi è credente ma anche chi nonlo è più, a rivolgerci personalmente a

Dio. D’altronde è scritto nel Vangelo:«quando preghi, entra nella tua ca-mera e, chiusa la porta, prega il Padretuo nel segreto». Spesso mi chiedocome siamo arrivati a questo punto. Enon posso non pensare che in questiultimi decenni la sanità è stata sman-tellata. Quelli che una volta eranoospedali sono diventate aziende. Unaqualsivoglia azienda mira solo al pro-fitto e nella sanità pubblica ciò è unabestemmia. A che serve ora mettere itricolori sul balcone e chiamare eroimedici e infermieri? Siamo professio-nisti con una deontologia e un codiceetico ben precisi. Vogliamo solo lavo-rare in maniera sicura come dovrebbeessere in un paese civile, dove ci sonointeri trattati che tutelano la salute deilavoratori; dove ogni anno si organiz-zano lucrosi e obbligatori corsi di for-mazione sulla prevenzione tranne poia farli rimanere parole vuote. Quindibasta con questa retorica patriotticache sa tanto d’ipocrisia. Cosa bisognafare allora in questi casi, perchésono convinto che nel tempo si ri-peteranno? Agire prontamente percontenere il contagio con leggi chiaredi quarantena. E subito dopo porre inessere robuste e coraggiose forme disostegno statale all’economia. Sonoconvinto, comunque, che questa crisiporterà dei cambiamenti positivi, ri-collocando al centro di tutto comepriorità la vita umana, la salute e il ri-spetto del nostro pianeta.

PASQUA INTEMPODICORONAVIRUS/I MEDICI

Lontanidai nostri pazientiI mezzi di comunicazionepermettono ai medici di poterascoltare i bisogni della gentee di curare a distanza i piccoliproblemi di salute

DIBIAGIOGRIMALDI

L’autore di questatestimonianza è medicospecialista in chirurgiaed endoscopia digestiva

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Si può fare Pasqua senza lepalme e la lavanda dei piedi,senza la visita agli altari della re-

posizione e la Via Crucis per le stradedel paese, senza l’incanto della Vegliapasquale con il fuoco acceso e il ceroche brilla nella notte, e soprattuttosenza la comunità radunata per le cele-brazioni del Triduo che ci portano alcuore della vita cristiana? La risposta aquesta domanda è doppia: da una parteno, non si può fare la Pasqua senza ce-lebrarla in qualche modo. Sarebbecome festeggiare un compleanno senzafarsi gli auguri. Dall’altra parte, la rispo-sta è positiva: si può e si deve celebrareil mistero della Pasqua, anche in questasituazione dolorosa di emergenza sani-taria nella quale non possiamo radu-narci per le celebrazioni. I Vescoviitaliani, insieme alla Santa Sede, cihanno dato le coordinate di comequesto possa avvenire: unendoci spi-ritualmente, anche con l’aiuto delle tra-smissioni video, alle celebrazioni delTriduo che saranno eccezionalmentecelebrate “senza concorso di popolo”; epoi ancora vivendo personalmente e - làdove è possibile – come famiglia i giornidel Triduo, anche con l’aiuto di sussidiappositamente preparati. A questoproposito, merita ricordare come laliturgia abbia organizzato la strut-tura del Triduo di morte, sepolturae risurrezione come se si trattasse diun’unica grande ufficiatura estesa intre giorni (venerdì, sabato, dome-nica), nei quali i grandi segni delle ce-lebrazioni si intrecciano con i piccolisegni della ritualità popolare, personalee familiare. Se questo vale per i giorninormali, vale ancora di più per questasituazione eccezionale in cui siamochiamati a celebrare la Pasqua nel no-stro cuore e nelle nostre case. I segni delTriduo da valorizzare non mancano. AlGiovedì Santo, il grande segno è quellodi un pane spezzato alla tavola del-l’amore che dà la vita; un amore che sichina, nel segno della lavanda dei piedi.Un pane spezzato prima di cena ricor-derà l’ultima cena di Gesù e in essa ilsenso della sua e della nostra vita. Al Ve-nerdì Santo, il grande segno è la Crocecon il Crocifisso dalle braccia aperte:occorre staccarlo dal muro e tenerlo vi-cino a noi, in un luogo prezioso della

casa, perché ci apra a una preghiera uni-versale. La sera della Veglia, aspette-remo il buio per accendere una luce, eleggere la Parola di Dio che fa uscire ilmondo dal caos (Creazione), dallaschiavitù (Esodo), dall’esilio (Isaia) edalla morte (Vangelo). Il segno dell’ac-qua, che è memoria della nostra ri-surrezione iniziata nel battesimo,può recuperare una antica tradi-

zione popolare: quella di bagnarsi gliocchi per ricevere la grazia di unosguardo nuovo. Infine la domenicadella festa: l’Alleluia deve esplodere, senon sui balconi, almeno in casa, e tuttele tradizioni culinarie si daranno l’ap-puntamento per festeggiare la pienezzadella vita che vince ogni morte, anchequella contro cui stiamo combattendoin queste settimane.

L’autore di questoservizio è docente di Liturgiapresso la Facoltà Teologicadell'Italia Settentrionale

PASQUA INTEMPODICORONAVIRUS/IL TEMPOLITURGICO

I segnidel misterodella PasquaSi può celebrare la Settimana Santasenza palme, lavanda dei piedi,Via Crucis, Veglia pasquale?Sì, si deve celebrare,anche in questa situazione dolorosa

DI DONPAOLOTOMATIS

Nella foto: Betlemme, tela della Chiesa ortodossa siriana di Santa Maria.

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Sembrerà un titolo poco felice, maa me sembra davvero azzeccato. “Ilprete ai tempi del coronavirus”, si rifà

al celebre romanzo di Garcia MarquezL’amore ai tempi del colera. Il colera è statosconfitto e dobbiamo sconfiggere anche ilcoronavirus. Mi viene da pensare che inomi delle epidemie si somigliano tutti!«Come fare il prete ai tempi del coronavi-rus? Cosa ne è della mia parrocchia?».Sono convinto nel dire che non mi sonomai sentito più sacerdote di adesso…adesso che paradossalmente predico adelle panche vuote e che le celebrazioni li-turgiche hanno il peso di giorni e giorni disilenzio. Quanto è vero che il silenzio farumore! Io in queste settimane ne hosentito parecchio dentro il mio cuore.Il rumore dei miei operosi operatori pasto-rali che vivono la parrocchia come una se-conda casa, il rumore dei bimbi, daipiccolissimi a quelli del catechismo che ur-lano, corrono, animano e riempiono lemura di questo edificio facendolo vibraredi vita. La mia parrocchia è vuota e io miaggiro in essa con senso di impotenza,sconvolto dalla situazione che col passaredelle settimane rimane ancora critica e in-certa. Ma dentro questo silenzio ci sonotutti i miei parrocchiani, ogni giorno, ogniora; in tutte le mie preghiere loro sono là.Mai come ora sono stato sacerdote, maicome in queste settimane ho sentitol’amore dei miei parrocchiani, mai comeora ho amato loro, uno per uno. E parlocon loro attraverso la Parola di Dio, cer-cando di vivere sempre la comunione ec-clesiale, utilizzando i social, con le direttestreaming delle celebrazioni. E mi sembraun miracolo nel miracolo, loro a casa, io inchiesa, ma uniti nella preghiera. Sono sa-cerdote da 10 anni, ma solo ora ne capiscoil senso più profondo. Ora, che la soffe-renza ci accomuna ed è estremamente am-plificata, più che mai sto toccando con

mano la sofferenzadella gente, maanche la solida-rietà. Le innume-revoli telefonate,le continue ri-chieste di genteche non può farela spesa e dall’al-tro lato la grandegenerosità di chiporta in parroc-chia la spesa peri fratelli che sitrovano in diffi-coltà; di chi re-gala computer a bambini che altrimentinon potrebbero partecipare alle lezioni dididattica a distanza, di chi fa recapitarelettere anonime, contenenti aiuti econo-mici, ai quali non puoi dare un nome: tuttoquesto sta succedendo nella mia comunità;io la chiamo Provvidenza e questo sta ren-dendo la mia fede ancora più forte. È pro-prio vero, il bene è un boomerang, tornaindietro. Fare il prete ai tempi del corona-virus è stancante: smisto spesa per ore eore, è triste; sono solo tra queste mura; èpreoccupante pensare come faremo a ri-partire con innumerevoli problemi; ma èanche straordinariamente un momento dipura grazia nella disgrazia. Pura grazia peril bene immenso che si è messo in moto;per il bene immenso che provo per i par-rocchiani, di cui sento la mancanza, per-chè percepiti dal mio cuore come figlilontani. Davvero non vedo l’ora di riab-bracciarli; davvero non vedo l’ora di fare,e stancarmi di fare, ma insieme a tutti loro.Perché siamo una comunità parrocchiale equesto vuol dire che siamo una famiglia. Iltempo del coronavirus finirà e ci avrà la-sciato tanta sofferenza. Ma una cosa buonaquesto virus l’avrà fatto: ci ha fatto risco-prire l’amore.

PASQUA INTEMPODICORONAVIRUS/ILPARROCO

Mensiledella Diocesidi Mazara del Vallo

Registrazione Tribunaledi Marsala n. 140/7-2003

EditoreAssociazione “Orizzonti Mediterranei”Piazza della Repubblica, 691026 - Mazara del Vallo

Direttore editorialemons. Domenico Mogavero

Direttore responsabileMax Firreri

RedazionePiazza della Repubblica, 691026 - Mazara del Vallotel. [email protected]

Hanno collaboratoNicoletta Borgia, Ignazio Buttitta,Biagio Grimaldi, suor Elena Mas-simi, Chiara Putaggio, don Gia-como Putaggio, Giuseppe Romano,Antonio Tavormina, don Paolo To-matis.

Questo numero è stato chiuso in re-dazione il 6 aprile 2020. È vietata lariproduzione integrale o parziale.

Periodico associato alla:

Anno XVIII, n. 04del 6 aprile 2020

Le celebrazioninelle chiese vuotee il peso del silenzioIl rapporto coi parrocchianiattraverso la Parola di Dioin comunione tramite i social

DI DONGIACOMOPUTAGGIO

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Lunghe ufficiature liturgiche cari-che di “movimenti” spazio-tem-porali negli edifici ecclesiali,

dove profumi di incenso si elevano alcielo, dove la voce e il suono della pre-ghiera, dei canti e delle litanie si percepi-scono con la carica di una gestualitàsimbolica che è attesa, attesa della Lucedella Pasqua di Risurrezione. In questo“tempo diverso” di pandemia le liturgieorientali vivono la sofferenza di quel lin-guaggio simbolico, di quell’emotività che èparte attiva nella fisicità della preghiera peri fedeli di quei riti. Un graduale percorsoascensionale che dal principio del tempodella Quaresima è come un pellegrinaggiospirituale con le mani protese in attesa diessere prese per rinascere/risorgere. Maquest’anno da Oriente a Occidente è suc-cesso qualcosa di inaspettato e, seppur im-preparati dinanzi all’emergenza, ci si èinterrogati sull’opportunità di stare ac-canto, di stare “con”, senza attendere rispo-ste, ma reagendo alla chiamata di essere

Chiesa universale in una immediata rein-terpretazione dell’iconografica Unità.Come essere quel ponte non più nella di-versità, ma nell’unità metodologica di tra-smissione necessaria per celebrare leufficiature liturgiche? Iconostasi, icone,testi liturgici, canti, paramenti liturgici checompongono un movimento armoniosonella Liturgia. Percorsi che sarebbero di-ventati processioni che, dal venerdì diLazzaro, dalla Domenica delle Palmealla Domenica di Pasqua avrebbero te-stimoniato la rinnovata rappresenta-zione della Salvezza; ma quest’anno nonsarà possibile viverli fisicamente. Attra-verso la “scrittura” delle icone orientali as-sistiamo alla storia della Salvezza, dove coni testi liturgici che ne celebrano e ne can-tano il percorso, sono oggi un altro voltodella testimonianza di questo tempo “di-verso”. La loro ricchezza, di una bellezzaesclusiva di quell’attesa, quest’anno si è tra-sformata in un’opportunità diversa: la con-divisione attraverso strumenti ditecnologia che forse mai si sarebbe pensatodi usare, ricordando quando anche solo unmicrofono sugli altari avrebbe generato

contraddizione. Il mondo connesso diquesti giorni ha consentito una nuova op-portunità in “digitale” di essere presenti alcammino, al pellegrinaggio verso Gerusa-lemme in attesa della Luce. Forse si è risco-perta quella fisicità delle mani a cui non sibadava più, a quelle mani di Gesù che dallaspaccatura dell’ade, calpestando la mortecon la morte, risorge e fa risorgere pren-dendoci per mano dal basso verso l’alto. LeChiese orientali, dal Medio Oriente, datutti quei territori che sono ancor piùprovati dalle guerre, dalla distruzione,testimoniano anch’esse con le dirette videola comunione della preghiera condivisa;fino alle diaspore lontane, le quali sono in-dotte a riflettere che non rimanga un’occa-sione perduta: l’opportunità di esserecomunità globale attraverso il 3D che haobbligato a tornare a quella estensionedelle due dimensioni. E se i bambini e glianziani si prendono per mano, guardiamoalle loro mani che acclamano l’ingresso diGesù a Gerusalemme; alle sue mani chespezzano il pane con i discepoli; che lavanoi loro piedi; che toccheranno per guarire,per benedire, per risorgere. E noi, con lenostre mani che attendono, tese verso laLuce della Redenzione.

La sofferenza dellinguaggio simbolicoNelle liturgie orientali l’assenza di lungheufficiaturecariche di “movimenti”

DINICOLETTABORGIA

PASQUA INTEMPODICORONAVIRUS/LECHIESEORIENTALI

L’autrice è responsabile alle pubbliche relazioni del Pontificio Istituto Orientale di Roma

Si chiamaEmergenza#coronavirusla sezionedel sito diocesano www.diocesimazara.it de-dicata alle iniziative di carità promosse in Dio-

cesi. C’è un contatore con la cifra delle donazioniche ogni giorno viene aggiornato, mentre, in pillole,vengono raccontate le storie e le testimonianze dicarità.

DIOCESIMAZARA.ITUna sezione dedicataalle iniziative di carità

CHIESASULWEB

Nella sezione “Video” del sito diocesano, sipotrà vedere “Sotto la stessa Croce”, la ViaCrucis realizzata in video da dieci giovani

della Diocesi, da una suora e da tre educatori, alter-nati con 14 presbiteri: i sacerdoti hanno proclamatola Parola di Dio e i giovani hanno formulato delleintenzioni di preghiera. L’iniziativa è stata del Ser-vizio diocesano di Pastorale giovanile.

VIDEO“Sotto la stessa Croce”,la Via Crucis coi giovani

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«Esulti il coro degli angeli,esulti l'assemblea celeste:un inno di gloria saluti il

trionfo del Signore risorto. Gioisca laterra inondata da così grande splendore; laluce del Re eterno ha vinto le tenebre delmondo»(Exsultet, annuncio della Pasqua).Quest'anno il diacono non annuncerà ai fe-deli la Resurrezione del Signore, non cante-remo insieme l'Alleluia pasquale enemmeno potremo partecipare alla cosìsuggestiva liturgia della luce. Quest'anno laPasqua avrà un “colore” molto particolare.La Congregazione per Culto Divino e la Di-sciplina dei Sacramenti invita i fedeli a unirsiin preghiera alla celebrazione del Triduo delproprio Vescovo o del parroco; riconosce dauna parte l'aiuto che possono offrire le di-rette streaming, dall’altra raccomanda di de-

dicare «un congruo tempo alla preghierapersonale, valorizzando soprattutto la Litur-gia Horarum», e chiede alle Conferenze Epi-scopali la preparazione di sussidi per lapreghiera familiare e personale. In questaPasqua ci viene, quindi, offerta l'occasioneper riscoprirci “chiese domestiche” che cele-brano radunate attorno alla Parola. Parados-salmente in questo tempo di “digiuno”dall’Eucarestia domenicale abbiamo la pos-sibilità di vivere quanto afferma il Concilioin SC 7: Cristo «è presente nella sua parola,giacché è lui che parla quando nella Chiesasi legge la sacra Scrittura. È presente infinequando la Chiesa prega e loda, lui che hapromesso: “Dove sono due o tre riuniti nelmio nome, là sono io, in mezzo a loro” (Mt18,20)». Nei giorni del Triduo, quindi, lafamiglia potrebbe ritrovarsi attorno al-

l'ascolto della Parola e dedicare untempo alla preghiera dei Salmi. La pre-ghiera e l'ascolto della Parola potrebbero es-sere accompagnati da alcuni segni: ilGiovedì Santo da una Bibbia e un lume, ilVenerdì Santo si potrebbe aggiungere uncrocifisso, e la Domenica di Pasqua un reci-piente con un po’ d’acqua (in ricordo del no-stro battesimo e della vita nuova in Cristo),e i fiori (segno di vita e di festa). In questotempo, nel quale dobbiamo rimanere nellenostre abitazioni, anche la preghiera di be-nedizione ai pasti, che ricorda come il Si-gnore Gesù ha voluto unire il sacramentodell’Eucarestia con il rito della cena, po-trebbe rappresentare una occasione per ri-scoprire il senso profondo della mensa: il suoessere luogo della condivisione, della comu-nione e della festa.

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PASQUA INTEMPODICORONAVIRUS/COMEVIVERLO INFAMIGLIA

Il Triduo pasquale?Ecco come si puòcelebrare in casaDI SUORELENAMASSIMI

L’autrice è docentepresso la Pontificia Facoltàdi Scienze dell’educazione“Auxilium” di Roma

La preghierae l’ascoltodella Parola a casa possonoessere accompagnatida alcuni segni

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La pluralità dei simboli e delleazioni rituali che caratteriz-zano le manifestazioni della

pietà popolare della SettimanaSanta in Sicilia è irriducibile a unalettura univoca. Non c’è celebrazionelocale che possa considerarsi riassun-tiva e rappresentativa della moltepli-cità e della ricchezza delle storie edelle tradizioni culturali e cultuali,delle espressioni artistiche e perfor-mative che sostanziano le cerimoniedei diversi centri dell’Isola. Questepresentano, infatti, da luogo a luogo,caratteri che lasciano trasparire speci-fici retroterra storico-culturali e reli-giosi. In taluni casi, nelle città e neipaesi più grandi, particolarmente,dove più spesso sono enfatizzate leprocessioni del Giovedì e del Venerdì,si osservano momenti che perpetuanotradizioni medievali e barocche, qualii riti penitenziali, le solenni e compo-ste processioni di confraternite e mae-stranze, i grandi fercoli con gruppistatuari rappresentanti momenti dellaPassione, ovvero la messa in scena,processionale o su palco, di episodi sa-lienti della Storia sacra. In altri casi,soprattutto nei centri di tradizionerurale, dove più spesso sono valoriz-zati i riti della Domenica, certe lorosezioni sembrano più evidentementesostenute da una visione del mondo eda istanze proprie delle culture agro-pastorali, esponendo simbolismi(fronde vegetali, orgiasmi alimentari,falò, mascheramenti, corse e danze di

fercoli e di fantocci rappresentanti gliapostoli) che richiamano l’esigenza dipromuovere la renovatio temporis e ri-velano il legame istituito a livello fol-klorico tra la rinascita primaveriledella natura e la vicenda esemplare dimorte e resurrezione dell’Uomo-Dio.In numerose altre circostanze, si os-servano invece convivere, compene-trati in un discorso unitario ecoerente, simboli e azioni rituali per-tinenti i due differenti orizzonti. Al dilà però di ogni diversità morfolo-gica e funzionale, sempre e comun-que le cerimonie della SettimanaSanta costituiscono il momentocentrale e fondante del calendariocerimoniale che scandisce i tempidel lavoro e della vita in comune e per-ciò si presentano come “fatto socialetotale”, come esemplare esposizionedella vita laica e religiosa della comu-nità. I riti della Settimana Santa sono,d'altronde, occasioni elettive di ricom-posizione dei conf litti individuali ecollettivi, quindi, di rappresentazionee riaffermazione di un ideale ordinesociale e del correlato sistema di valorie, insieme, momento di esaltazionedel patrimonio, della tradizione edella memoria: per questo costitui-scono potente volano del senso di ap-partenenza collettiva. Nellapreparazione e nell’esecuzione dei ritiche si dispiegano dalla Domenicadelle Palme alla Pasqua si trovano, in-fatti, riunite e coinvolte, sia pur ingrado e modi diversi, in ricercata e esi-bita solidarietà, tutte le istituzioni etutte le componenti della società cit-

tadina, anche quella parte degli abi-tanti trasferitasi all’estero, in altre re-gioni italiane o nelle città dell’Isola,per ragioni di lavoro. Tutti desideranopartecipare alle cerimonie della Setti-mana Santa, ritrovarsi a fare comu-nità, siano essi animati o meno da fedesincera. La festa di Pasqua è, d'al-tronde, la festa delle feste, la festache rifonda l’ordine naturale e so-ciale e riempie di senso i cicli dellavita individuale e collettiva. Il Cri-sto è investito, infatti, in ambito fol-klorico, di una valenza segnica chetrascende il significato liturgico, ve-nendo a rappresentare con la sua vi-cenda di morte e rinascita, lo scontrovittorioso delle forze del cosmos con-tro quelle del caos, l’affermazione delBene sul Male. È per tali ragioni, perle funzioni e i sensi cioè che la Pasquadetiene sia a livello liturgico sia a li-vello folklorico, che la mancata cele-brazione dei riti popolari dellaSettimana Santa, necessitata dall’ur-genza di contenere la diffusione diuna pandemia che aff ligge l’interaumanità, rappresenta un drammaticovulnus dalle inevitabili ricadute indi-viduali e collettive, psicologiche e so-ciali, che nessuna loro riproposizionevirtuale potrà autenticamente lenire.Mai come oggi, piuttosto, è necessarioche il popolo dei credenti si riuniscaidealmente intorno ai suoi Pastori,rinnovando con loro, nell’intimità do-mestica e familiare, la preghiera al Si-gnore «che risorgendo ci liberi dalmale».

PASQUA INTEMPODICORONAVIRUS/LECOMUNITÀE IRITI

La festa di Pasqua,festa delle festeMai come oggi il popolo dei credentideve riunirsi attorno ai suoi Pastori

DI IGNAZIOBUTTITTA

L’autore di questo servizioè professore ordinario

presso l’Università degli Studidi Palermo

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6aprile2020

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Un tempo senza notizie,la fede unica voce intoccabileLa riflessione della giornalistachenegli anni ha seguito i riti religiosia Marsala

DICHIARAPUTAGGIO

PASQUA INTEMPODICORONAVIRUS/ILMONDODELL’INFORMAZIONE

Una Pasqua silenziosa, senzastrade colme di cittadini e tu-risti per le sacre rappresenta-

zioni e processioni, eppure,probabilmente, mai come quest’annosarà densa di fede e di speranza di resur-rezione. Per la prima volta dopo circaquattro secoli a Marsala non si terrà lasacra rappresentazione del GiovedìSanto. L’attesa tradizione che risale alladominazione borbonica e che rappre-senta, in quadri animati, le scene più sa-lienti della passione di Cristo nonanimerà le vie del centro cittadino. Eneppure la mesta processione che ac-compagna il simulacro – ritenuto mira-coloso – della Madonna Addoloratacamminerà lentamente accesa solo dacandele perpetue e costellato, qua e là,da donne scalze che si accompagnano aMaria Madre di Gesù, il Venerdì Santo,giorno della morte del Figlio. Il giornopiù buio dell’anno, a cui fa seguito il Sa-bato Santo. I due giorni in cui i taberna-coli sono vuoti. Questo vuoto, visibile,muto, buio dipingerà le nostre cittàanche durante la Settimana Santa. Unoscenario che impietrisce e commuove altempo stesso. Il male ha camminato nelmondo al punto da invaderlo e spingercinelle nostre case, per salvarci la vita, perrispettare la legge dello Stato, per cre-dere che presto si potrà tornare alla vita.Tutte le nostre piazze faranno ecoalla piazza San Pietro dalla qualepochi giorni fa Papa Francesco, con una

serietà sacrale mai vista prima d’ora, haimpartito la benedizione apostolica Urbiet Orbi, da Roma al mondo intero. I cro-cifissi nelle nostre chiese vuote, chiuse,disabitate, almeno in apparenza, sa-ranno tali e quali al Cristo ligneo di SanMarcellino, piangente di lacrime delcielo, durante la preghiera del Pontefice.E se il Covid-19 è una lama invisibile chefalcia le vite da Nord a Sud del Paese eben oltre, la fede invece si è fatta estre-

mamente visibile. A renderla tale sono inumeri delle dirette Facebook attivateda moltissimi sacerdoti della Diocesi. Aseguire la celebrazione eucaristica po-meridiana, ad esempio, del Santuariodella Madonna di Fatima di Birgi sonoin media mille fedeli. Più di quattromilaassistono, dalle loro case, ai momenti dipreghiera del Santuario della Madonnadella Cava. Ma non si tratta di casi iso-lati, ogni giorno sono davvero migliaiale persone che si connettono con le pa-gine social della propria parrocchia perstringersi attorno all’altare e rimanere,seppur virtualmente, parte di una co-munità orante. Negli anni passati facevanotizia il fatto che erano stati realizzatinuovi costumi per la Sacra rappresenta-zione del Giovedì Santo; scatenava vio-lente polemiche la soppressione dellarecita del Padre Nostro (perché crono-logicamente molto antecedente altempo della Passione), oppure apriva acori di sdegno il fatto che la “proces-sione” (così viene erroneamente chia-mata) veniva sospesa per via delle pioggebattenti. L’emergenza mondiale haspento ogni maldicenza e la fede è di-ventata l’unica voce intoccabile, imper-sonata da Papa Francesco che haanticipato la benedizione solitamentepasquale. La pandemia cambieràmolte cose. La speranza è che, finital’emergenza, risorga davvero, lo spiritoumano. A giudicare dai numeri di chiprega, le premesse ci sono.

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A un passo dal baratro,ora sono tornato a vivereIl medicoè risultato positivo al tampone Covid-19,le difficoltà nel respirare, il ricovero a Palermo, la terapia

DIANTONIO TAVORMINA

PASQUA INTEMPODICORONAVIRUS/LASTORIA

Il medico Antonio Tavormina, in organicopresso il reparto di Chirurgia dell’Ospedale“Vittorio Emanuele II” di Castelvetrano, èstato il primo medico del nosocomio del Be-lìce ad aver contratto il Covid-19. Da alcunesettimane si trova ricoverato presso il re-parto di Pneumologia dell’Ospedale Cer-vello di Palermo. Ecco la suatestimonianza.

Trascorrono i giorni e ripenso aimomenti difficili. Quella cheho vissuto è stata un’esperienza

dura, la più pesante della mia vita dauomo e da medico. Un’esperienza che,sicuramente, mi ha segnato e che mi la-scerà indelebile la sensazione di caducitàdella vita. Da medico più volte ho affron-tato la sofferenza altrui, ma viverla daquesto lato, da paziente, è un’altra cosa.Ognuno di noi in famiglia, nella nostrastoria, ha avuto momenti in cui siamostati pazienti, familiari di pazienti, ma si-curamente vivere in prima persona unmomento di annullamento completo fi-sico e mentale, con la consapevolezzaprecisa degli avvenimenti che si stannoverificando dentro di te, è un’altra cosa.Avere avuto la percezione di esserestato a un attimo dall’essere intubato,ha chiaramente lasciato per sempreun segno nella mia vita. Ed è un segnoche, sicuramente, mi porterà a rivederele priorità e le cose importanti dell’esi-stenza. Ma non solo. Perché, altrettantocertamente, mi porterà ad affrontare lamia professione in maniera più determi-nata e seria. Il medico deve comprenderequelle che sono le necessità del pazientee, certe volte, essere dalla sua parte, comelui, ti aiuta sicuramente e cambia l’ap-proccio con il malato. La disciplina, lacorrettezza di comportamento e la pro-fessionalità, ma anche il distacco chemetti nella tua professione, sono garan-zia di valutazioni e di modi di affrontarele necessità di chi hai di fronte nell’inte-resse del paziente stesso. Sia noi medici

che i pazienti siamo uomini. Personefatte di carne e ossa, di sentimenti, diemozioni e anche di debolezze. Essere unbuon medico significa, a mio modo di ve-dere, riuscire a offrire al paziente la mi-gliore delle soluzioni nell’ambito anchedi una vicinanza psicologica che lo possa

rassicurare. Il rapporto medico-pa-ziente deve essere un rapporto reci-proco di rispetto e il medico deve averlodell’essere umano che soffre, perché lasofferenza umana è il massimo della de-bolezza a cui si può andare incontro nellavita. Questa va tenuta in debita conside-razione nelle paure e nelle incertezze dichi, fino al giorno prima si sentiva invin-cibile e il giorno dopo si sente sul baratro.Ecco, questa è stata la mia sensazione inquest’esperienza vissuta a rapporto colCovid-19, dalla quale ora sto uscendo pertornare a vivere. Nessun medico la mat-tina si reca al lavoro per danneggiare unpaziente. Ma il corpo umano, la medi-cina, non sono una scienza esatta. Le va-riabili sono così tante e richiedonovalutazioni opportune. In questa espe-rienza che sto vivendo in un lettodell’Ospedale “Cervello” di Palermo,ho potuto apprezzare veramente lospirito di un gruppo di persone chelavorano col sorriso sulle labbra, 12ore al giorno, sempre vestite con una tutaprotettiva, senza potere bere, mangiare,telefonare a casa. Operatori sanitari che,quando tornano a casa, non possonoriabbracciare i propri cari, perché nonsanno se li mettono a rischio, e così sonocostretti a stare in una stanza isolati, neltimore di poter danneggiare i propri af-fetti. Questa esperienza mi ha segnatoprofondamente ed è sicuramente unachiave di volta della mia vita umana eprofessionale. Sarà il giro di boa per unapproccio più sensibile alle persone chemi trovo davanti, ma sicuramente più de-terminato, serio e intransigente negli er-rori, nella superficialità e nella pochezzadi miei colleghi che potrò, forse, incon-trare in futuro. Perché il bene supremodella vita va tutelato; e va tutelato almassimo delle nostre possibilità e ca-pacità. Quando ci poniamo di fronte allepersone, ricordiamoci che sono creatureumane. E per loro non possiamo che,umilmente, avere rispetto.

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PASQUA INTEMPODICORONAVIRUS/ILRACCONTO

Dietro le sbarre“vivere” la Pasquasenza riti liturgici

La testimonianza del Comandante dellaPolizia penitenziaria del carcere di Trapani

Èla Settimana Santa e c’è un’at-mosfera strana e surreale al-l’interno del carcere di Trapani,

un tempo quasi di rassegnazione tra i de-tenuti che appena il 10 marzo scorsohanno messo a ferro e fuoco il reparto“Mediterraneo”, quello riservato ai re-clusi “comuni”. Cancelli divelti, vetrispaccati, impianti elettrici, suppellettili,sanitari distrutti da una furia devasta-trice la cui molla è da ricercarsi nellapaura del contagio da coronavirus, maprobabilmente anche da una collera maisopita verso il sistema carcere. Certo,non tutti i detenuti hanno partecipatoalla devastazione, alcuni forse sono staticostretti a partecipare, vittime del-l’omertà e di quelle leggi non scritte chevigono nelle carceri tra la popolazionedetenuta. Quello che dovrebbe essere unmomento di riflessione sui propri errori,di comunione, di penitenza, ma anche digioia per la resurrezione di Cristo, tra-sformato a causa della insensata rivolta

in giorni di tensione, di contestazioni, didenunce, di procedimenti disciplinari edi isolamento. Ed è proprio la parolaisolamento il refraindi questi lunghigiorni; non bastava, infatti, l’isolamentodalla società civile, l’isolamento per i de-tenuti nuovi giunti che devono sotto-porsi a una quarantena obbligatoria,l’isolamento per i detenuti che devonoscontare una punizione, l’isolamentospirituale causato dalla momentanea as-senza del Cappellano. A questi si è ag-giunto l’isolamento più grave: quello daipropri cari, ovvero l’impossibilità di farecolloqui, di baciarsi e abbracciarsi, disentire le parole di conforto della propriamoglie, di fare delle carezze ai proprifigli; il tutto è stato sostituito dalla pos-sibilità di effettuare video chiamateSkype o Whatsapp, grazie al personale diPolizia penitenziaria, provato dalle ten-sione di questi drammatici giorni, mache ha triplicato i propri sforzi per ve-nire incontro alle esigenze di questi“utenti” (così ormai si chiamano buro-craticamente) che restano pur semprepersone che hanno sbagliato, ma co-

munque esseri umani come noi. In que-sti giorni convulsi ci manca la parola delSignore, ci manca la frenetica attività delCappellano, ci manca il precetto pa-squale del nostro Vescovo monsignorPietro Maria Fragnelli sempre così affet-tuoso e vicino alle esigenze dei detenutie del personale, con le giuste parole disperanza tratte dalle Scritture. Ci mancala “lavanda dei piedi” appuntamento inCattedrale che vedeva tra i protagonisti,ormai da alcuni anni, dei detenuti meri-tevoli, scelti dagli educatori e da mestesso, a cui il magistrato di sorveglianzaconcedeva il permesso per parteciparealla celebrazione liturgica. Anche laChiesa trapanese non ha fatto man-care mai il sostegno economico tesoa lenire la sofferenza dei detenuti piùindigenti. A noi tutti, detenuti e perso-nale di Polizia penitenziaria manca laparte spirituale della Pasqua di NostroSignore: la Santa Messa che non verrà ce-lebrata a causa di questa maledetta pan-demia, le confessioni, la comunione, ilconforto che la Parola di Dio può dare inquesto luogo di sofferenze.

DIGIUSEPPEROMANO

AVVISO SACRO

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Il concorso è organizzato dal Servizio C.E.I. per la Promozione del Sostegno Economico alla Chiesa cattolica.

*PRIMO PREMIO

15.000 €

2020CONCORSO

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