CONCEZIONI DELL’EGUAGLIANZA NEL SOCIALISMO FRANCESE BABEUF, SAINT-SIMON, FOURIER

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 UNIVERSITÀ’ DEGLI STUDI DI PARMA FACOLTÀ’ DI ECONOMIA CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA E COMMERCIO CONCEZIONI DELL’EGUAGLIANZA NEL SOCIALISMO FRANCESE: BABEUF, SAINT-SIMON, FOURIER Relatore: Chiar.mo Prof. MARCO BIANCHINI Correlatore: Dott. TERENZIO MACCABELLI Laureando: FILIPPO BIANCHI ANNO ACCADEMICO 1996/97

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UNIVERSITÀ’ DEGLI STUDI DI PARMA

FACOLTÀ’ DI ECONOMIA

CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA E COMMERCIO

CONCEZIONI DELL’EGUAGLIANZA

NEL SOCIALISMO FRANCESE:

BABEUF, SAINT-SIMON, FOURIER 

Relatore:

Chiar.mo Prof. MARCO BIANCHINI

Correlatore:

Dott. TERENZIO MACCABELLI

Laureando:

FILIPPO BIANCHI

ANNO ACCADEMICO 1996/97

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Indice

 Introduzione p. 3

 I. François-Noël Babeuf 13

Introduzione - Cenni biografici - Presupposti teorici - Eguaglianzareale - Organizzazione economica - Distribuzione delle risorse -Sovranità popolare - Educazione - Misure economiche transitorie -Lo schema finale.

 II. Claude-Henri de Saint-Simon 75

Introduzione - Cenni biografici - Il sistema industriale - Il mondocapovolto - Misure pratiche - Eguaglianza e organicismo - Laquestione distributiva - Il nuovo cristianesimo.

 III. Charles Fourier 128

Introduzione - Cenni biografici - L’attrazione passionata - Contro laciviltà - La teoria dei destini - L’armonia e il falansterio -L’obiettivo del falansterio - Il falansterio: differenze e eguaglianza

- Eguaglianza e fraternità.

Conclusione 188

 Bibliografia 205

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Introduzione

Dell’eguaglianza si parla in vari e differenti modi. L’idea che tale concetto

richiama è complessa e ricca di sfumature. Secondo Norberto Bobbio

l’eguaglianza, a differenza della libertà, è “puramente e semplicemente un tipo

di relazione formale, che può essere riempita dei più diversi contenuti”1

.

D’altra parte, Sen afferma che la questione fondamentale non è tanto

chiedersi “perché l’eguaglianza?”, quanto domandarsi “eguaglianza di che

cosa?”. In tale contesto, infatti, la naturale diversità e complessità degli esseri

umani rende problematica la definizione di un unico  spazio in cui l’eguaglianza

debba esplicarsi2

. Inoltre, per lo stesso motivo, accade spesso che l’eguaglianza

in uno spazio si accompagni a sostanziali diseguaglianze in un altro, cosicché,

sostiene Sen, tutte le principali teorie dell’organizzazione sociale, anche quelle,

apparentemente, del tutto inegualitarie, “tendono a richiedere l’eguaglianza in

qualche spazio - uno spazio che riveste un’importanza di base in quelle teorie” 3. 

Il principale problema da affrontare è, dunque, stabilire in che cosa si deve

ricercare l’eguaglianza.

In ogni caso, semplificando, si può affermare che la questione

dell’eguaglianza nell’organizzazione sociale tradizionalmente ha investito tre

1 La citazione di N. Bobbio è tratta dalla voce Eguaglianza in AA. VV., Enciclopedia del 

 Novecento, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma, 1977.2 A. K. Sen, La diseguaglianza, Il Mulino, Bologna, 1994, p. 181.

3 Ibidem., p. 183.

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diverse sfere nel rapporto tra uomo e società e tra gli uomini all’interno della

società: l’eguaglianza dei diritti, idea centrale della tradizione liberale;

l’eguaglianza delle opportunità; l’eguaglianza nelle condizioni socio-

economiche, su cui ha posto l’accento la tradizione socialista4. Marshall, del

resto, vede l’eguaglianza composta da tre diversi elementi5: l’elemento civile, al

quale corrisponde la parità dei cittadini di fronte alla legge e a tutti gli atti del

 potere legislativo, esecutivo e giudiziario; l’elemento  politico, connesso agli

eguali diritti di partecipare alla vita politica attiva e passiva; infine l’elemento

 sociale, legato alle effettive condizioni socio-economiche.

Il legame tra questi tre diversi aspetti dell’eguaglianza è complesso e spesso

contraddittorio. Se in alcuni casi, infatti, essi possono rafforzarsi reciprocamente

(si pensi al fatto che un’effettiva eguaglianza di fronte alla legge non può essere

 pienamente realizzata senza la presenza di condizioni economiche simili), in

altri ci possono essere forti contrasti, nel senso che la richiesta di eguaglianza in

un aspetto può richiederne la diseguaglianza in un altro6. A tal riguardo,

l’attuazione di misure di attenuazione della diseguaglianza può richiedere una

riduzione della sfera della libertà, ad esempio attraverso interventi che ledono idiritti patrimoniali dei cittadini più facoltosi. Ci sono autori, poi, come Hayek,

che arrivano anche a sostenere che l’imposizione fiscale progressiva - come

4 S. Veca, Libertà e eguaglianza. Una prospettiva filosofica, in A. Martinelli, M. Salvati, S. Veca, Progetto 89. Tre saggi su libertà, eguaglianza e fraternità, Il Saggiatore, Milano, 1989, p. 27.

5 T. H. Marshall, Cittadinanza e classe sociale, Torino. UTET, 1976, p. 9, cit. in S. Veca,  Libertà eeguaglianza. Una prospettiva filosofica, in A. Martinelli, M. Salvati, S. Veca, Progetto 89. Tre saggi

 su libertà, eguaglianza e fraternità cit., p. 31.6 Riguardo ai contrasti tra spazi diversi in cui si richiede la diseguaglianza, cfr. Sen, La

diseguaglianza, cit., pp. 182 e segg.

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mezzo per conseguire una redistribuzione del reddito - sia incompatibile con

l’eguaglianza dinanzi alla legge7.

 Nella storia dell’affermazione del principio egualitario, e di tutte le

 problematiche ad esso connesse, un punto cruciale è rappresentato naturalmente

dalla Rivoluzione francese8. Essa, infatti, pur non esprimendo principi ed

aspirazioni radicalmente nuove, riprendendo concetti e idee già espresse - in

 particolare una vasto dibattito su questi temi si sviluppò a partire dagli inizi del

XVIII° secolo - fece improvvisamente diventare possibile l’applicazione di quei

 principi. Da quel momento, l’egalité, unitamente alla liberté e  fraternitè, ha

acquistato un significato universale, divenendo parte essenziale di qualsiasi

 progetto di società desiderabile9. Ma, al di là di affermazioni di principio, nelle

diverse vicende che vanno sotto il nome della Rivoluzione, e nei numerosi

documenti redatti in quel periodo, non si ha una definizione univoca di

eguaglianza. Nella  Dichiarazione dei diritti dell’uomo che precede la

Costituzione del 1793 si afferma che gli uomini sono per natura uguali,

spingendo l’eguaglianza, al di là della semplice eguaglianza di diritto, statuita

dalla Carta dell’89, in una direzione non ben definita

10

e dalla quale nondiscendono conseguenze precise11.

7 F. A. Hayek, Nuovi studi di filosofia, politica, economia e storia delle idee, , Armando, Roma,1988, p. 158, cit. in D. Losurdo, L’egalité e i suoi problemi, in A. Burgio, D. Losurdo, J. Textier (acura di), Egalite/Inegalite, Quattroventi, Napoli, 1990, p. 141.

8 Chevallier J. J., Storia del pensiero politico, volume III, Un’epoca di transizione: 1789-1848, IlMulino, Bologna, 1986, p. 311.

9 A. Martinelli, I principi della Rivoluzione francese e la società moderna, in A. Martinelli, M.Salvati, S. Veca, Progetto 89. Tre saggi su libertà, eguaglianza e fraternità, cit., p. 57.

10 Ibid., p. 66.

11 Ibid., p. 71.

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Figli più o meno diretti della Rivoluzione e dei principi che con essa si sono

affermati sono tutti quei riformatori, rivoluzionari, teorici, utopisti che vengono

inclusi nel gruppo, del resto dai contorni un po’ indefiniti, che va sotto il nome

di socialisti pre-marxiani. Fra questi, ve ne sono tre, Babeuf, Saint-Simon e

Fourier, che, principalmente per ragioni di tempo e di spazio12, sono ancora più

stretti discendenti delle idee di quegli anni.

Il tentativo di ricostruire le diverse concezioni che questi tre autori hanno

dell’eguaglianza, di metterne in luce differenze e analogie, è l’obiettivo del

lavoro svolto.

Esso è stato organizzato in tre capitoli, ognuno dei quali corrisponde ad un

autore. L’ordine dei capitoli è stato scelto seguendo un criterio cronologico,

legato alla “apparizione sulla scena” di ognuno dei tre autori. Viene così prima

esposto Babeuf, successivamente Saint-Simon ed, infine, Fourier. Ogni capitolo

si apre con una breve introduzione bio-bibliografica, interessante soprattutto per 

cercare qualche legame tra le condizioni socio-economiche dell’autore e lo

sviluppo del suo pensiero13. Successivamente, attraverso la sintetica esposizione

delle loro dottrine, si è cercato di mettere in luce le loro idee riguardo allaquestione dell’eguaglianza, con particolare attenzione all’eguaglianza

12 Tutti e tre gli autori vissero in maniera diretta, seppur in modi decisamente diversi anche acausa delle loro fortemente dissimili condizioni socio-economiche, il periodo rivoluzionario. Del restotutti e tre, durante quegli anni, trascorsero un certo periodo in carcere; gli esiti di quella esperienza,senza conseguenza per Fourier e Saint-Simon, saranno ben diversi per Babeuf.

13 Semplificando al limite dell’errore: Babeuf, uomo del popolo, lotta per l’affermazione di ciòche è stato definito “comunismo dei bisogni”, in cui si realizza un’eguaglianza reale ed assoluta;Saint-Simon ex-nobile propone un socialismo gerarchico; Fourier, infine, commerciante e piccolo

 borghese immagina un mondo in cui le passioni di ognuno siano liberate da ogni falsa morale e

soddisfatte pienamente.

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economica e ai criteri secondo i quali essi pensavano di organizzare la

distribuzione delle ricchezze nelle loro costruzioni sociali.

I tre autori, pur avendo concezioni dell’eguaglianza assai diverse, hanno

numerosi e significativi punti in comune, come si è tentato di sottolineare nel

capitolo conclusivo.

Babeuf, Saint-Simon e Fourier pur partendo, inevitabilmente, dalle stesse

 premesse e principi sviluppatesi tra la fine del XVIII° e l’inizio del XIX° secolo

intraprendono tre strade diverse e parallele14 che, nascendo dallo stesso punto e

sfiorandosi ripetutamente, arrivano a risultati, almeno apparentemente, assai

distanti per ciò che riguarda il problema della distribuzione delle ricchezze15.

In ogni caso, è opportuno anticipare che, a parte Babeuf, per il quale

“un’eguaglianza senza macchia e senza riserve”16 è, al tempo stesso,

 presupposto e obiettivo della società, la questione dell’eguaglianza e dei criteri

distributivi non è il tema portante né del pensiero di Saint-Simon né di quello di

Fourier. Obiettivo principale di entrambi, a cui la società ideale deve

necessariamente tendere, è il benessere17, inteso non semplicemente come

14 E’ assai significativo il fatto che nelle opere dei tre autori, benché contemporanei(l’affermazione è, in un certo senso, inesatta nel caso di Babeuf, il quale benché nato lo stesso anno diSaint-Simon morì ghigliottinato nel 1797, quando gli altri due non avevano ancora pubblicato le loro

 principali opere), non ci siano riferimenti reciproci agli altri, se si esclude la feroce critica di Fourier contenuta nell’opuscolo Imposture e ciarlatanerie delle due sette di Saint-Simon.

15 Babeuf, Saint-Simon e Fourier sono tra loro più vicini come pensiero per quel che riguardal’eguaglianza civile e politica. Tutti e tre, infatti, seppur con motivazione e soprattutto modalitàdiverse, sostengono, sostanzialmente, una assoluta eguaglianza civile e politica tra gli uomini.

16 F. N. Babeuf, Tribun de peuple, n. 35, 9 frimaio ann IV (30 novembre 1795), trad. it. in Id.,  Il tribuno del popolo, a cura di B. Maffi, Muggiani, Milano, 1945, p. 64.

17 Naturalmente anche per Babeuf il fine della società è la felicità. In lui, però, è fondamentalel’idea che tra benessere e eguaglianza ci sia un legame inscindibile: non può esistere vera felicitàsenza eguaglianza perché la felicità è nell’eguaglianza. I due termini tendono, dunque, a coincidere,

rappresentando due aspetti della stessa realtà.

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abbondanza di beni materiali; il problema distributivo, pur essendo una presenza

inevitabilmente costante nelle loro opere, non è quasi mai affrontato in maniera

dettagliata e approfondita, rimanendo un argomento accessorio al tema

 principale della felicità.

Inoltre, nel pensiero di Saint-Simon e Babeuf - per Fourier il discorso è più

complesso - la società non è semplicemente considerata come un insieme

eterogeneo di individui, ma come un’unità inscindibile. La conseguenza è che,

venendo meno la distinzione tra benessere individuale e collettivo, in loro

diventa meno pressante il problema distributivo, anche perché la  solidarietà18 

fra gli uomini diventa carattere naturale delle loro costruzioni sociali.

Ritornando al problema generale dell’eguaglianza economica e concentrando

l’attenzione esclusivamente sulla questione distributiva, trascurando, quindi, i

complessi rapporti che la collegano agli altri due principali aspetti

dell’eguaglianza in un’organizzazione sociale, ossia l’eguaglianza civile e

quella politica, non è possibile darne una definizione univoca e definitiva. Il

 problema si riconnette alla difficoltà di trovare un criterio materiale in base al

quale distribuire le risorse in senso egualitario

19

. In ogni caso, tra gliinnumerevoli criteri20 proposti è possibile fare una netta distinzione tra due

categorie di principi.

18 In tale contesto, la solidarietà assume un significato ampio e dai contorni sfumati. Si ricollegadirettamente al principio rivoluzionario della fraternitè.

19 Cfr., AA. VV., Enciclopedia Garzanti di Filosofia, Garzanti, Milano, 1993, p. 1173.20 Per un sintetica panoramica dei principali criteri distributivi, cfr. N. Bobbio e N. Matteucci,

 Dizionario di politica, UTET, Torino, 1976, pp. 1066- 1067.

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La prima possibilità, che segue quello che si considera normalmente il vero

 principio egualitario, consiste in una distribuzione dei beni assolutamente

identica per ogni individuo. Questa è la posizione assunta da Babeuf, il quale

richiede e sostiene l’eguaglianza reale, l’unica che permetta a tutti, allo stesso

modo, la soddisfazione dei bisogni. La principale critica concettuale mossa a

questo criterio è che procedendo ad una distribuzione eguale, si arriverebbe, a

causa della naturale diversità degli individui, ad un  soddisfacimento diseguale

dei bisogni21. La risposta a questa critica solitamente fa riferimento, è questo il

caso di Babeuf, alla convinzione che non solo i bisogni fondamentali delle

 persone siano pressoché uguali, ma anche all’idea che un trattamento

assolutamente egualitario, non solo nella distribuzione dei beni ma anche

nell’educazione, tenderebbe a livellare le maggiori differenze tra gli uomini.

La seconda categoria di criteri si rifanno al principio di distribuzione

 proporzionale. La questione fondamentale diventa allora trovare la caratteristica

rilevante in base alla quale vanno distribuite le risorse. In tale contesto, il più

delle volte si fa riferimento ai meriti o alle capacità, concetti generici che

vengono specificati e definiti in modi diversi. Fourier, ad esempio, ricollega ladistribuzione delle risorse a ciò che chiama i tre fattori industriali: lavoro,

talento, capitale. Saint-Simon, invece, parla di distribuzione proporzionale alle

capacità senza spiegare in dettaglio che cosa intenda precisamente, anche se,

soprattutto alla luce degli ultimi sviluppi del suo pensiero, sembra rifarsi a

21 Cfr. D. Losurdo, L’egalitè e i suoi problemi, in A. Burgio, D. Losurdo, J. Textier (a cura di),

 Egalite/Inegalite, cit., p. 139.

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concetti già espressi da Rousseau secondo il quale la distribuzione delle risorse

e delle posizione sociali devono essere regolate non tanto sul merito individuale,

quanto sui servizi resi da ognuno alla società e dunque al benessere collettivo22.

La richiesta di una distribuzione delle ricchezze proporzionale al merito o

alle capacità, d’altra parte, si accompagna spesso all’istanza di altre misure, atte

ad assicurare una maggiore giustizia; è questo il caso di Fourier e Saint-Simon.

Entrambi, infatti, seppur con notevoli differenze, ipotizzano dei sistemi sociali

che, da una parte, assicurino a tutti il soddisfacimento dei bisogni primari e,

dall’altra offrano, eliminando qualsiasi tipo di privilegio, reali pari

opportunità23, in modo che ognuno abbia l’effettiva possibilità di ottenere ciò

che merita.

Al di là di qualsiasi criterio distributivo, quando si tratta delle possibili

concezioni dell’eguaglianza economica è necessario considerare un altro aspetto

fondamentale: il rapporto inscindibile che lega la distribuzione delle risorse con

l’efficienza economica24 e, dunque, con la capacità di produrre ricchezza di ogni

organizzazione sociale. L’abbondanza, infatti, per certi versi, permette di

superare le contraddizioni insite nel concetto di eguaglianza, perché, mentre le

22 A. Burgio, L’ineguaglianza legittima, in A. Burgio, D. Losurdo, J. Textier (a cura di), Egalite/Inegalite, cit., p. 87.

23 E’ interessante la distinzione che Thomas Nagel fa tra eguaglianza negativa e positiva delle

opportunità. La prima concerne l’eliminazione della discriminazione intenzionale: razziale, sessuale,religiosa ed etnica. La seconda è connessa al “vantaggio ereditario consistente nel possesso di risorse enell’accesso ai mezzi per ottenere qualificazioni in vista di posizioni competitive aperte” (T. Nagel, I  paradossi dell’uguaglianza, Il Saggiatore, Milano, 1993, pp. 130-131).

24 Per interessanti considerazioni sul rapporto tra eguaglianza e creazione dell’abbondanza, cfr. A.M. Iacono, Congetture illuministiche sulla storia della civiltà, in A. Burgio, D. Losurdo, J. Textier (a

cura di), Egalite/Inegalite, pp. 108-109.

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scarsità rende inevitabile l’ineguaglianza, l’abbondanza la rende priva di rilievo

 pratico25. In tal modo, per Talmon, il problema economico fondamentale nella

costruzione di nuove organizzazioni sociali si apre a due decisive possibilità. Da

una parte, infatti, nell’ideare la società perfetta si può partire dalla necessità

 primaria di assicurare a tutti la soddisfazione dei bisogni, con il rischio,

ipotizzando che l’uomo sia per natura egoista, che, eliminando l’impulso al

guadagno, verrebbe meno lo stimolo a produrre, facendo cadere la società nella

scarsità. L’altra possibilità è lasciare agli individui la libertà di fare con la seria

 possibilità di aprire la strada al disordine, allo sfruttamento e alla diseguaglianza

sociale26.

Il problema, connesso alla questione fondamentale se l’uomo sia

naturalmente spinto all’egoismo e alla ricchezza o possa essere rieducato, è

affrontato e risolto da Babeuf, Saint-Simon e Fourier, ognuno a suo modo, in

maniera originale attraverso la costruzione di tre possibili società, tra le quali, le

evidenti differenze si accompagnano ad inaspettate analogie.

25 D. Losurdo, L’egalitè e i suoi problemi, in A. Burgio, D. Losurdo, J. Textier (a cura di), Egalite/Inegalite, cit., p. 139.

26 J. L. Talmon, Le origini della democrazia totalitaria, Il Mulino, Bologna, 1967, p. 207.

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Capitolo primo

François-Noël Babeuf 

 Introduzione

François-Noël Babeuf non ha mai esposto le sue idee in una dottrina

completa. Per questo, il suo pensiero è, a volte, oscuro nei particolari: non è

 possibile essere troppo precisi e sistematici, bisogna accontentarsi di schemi

generali27. Egli fu principalmente uomo d’azione e la sua ideologia deve essere

ricostruita attraverso le lettere della sua numerosa corrispondenza e, soprattutto,

attraverso gli articoli dei suoi giornali, in particolare il Tribun du peuple.

Babeuf, in ogni caso, non fu un pensatore isolato e il suo nome è legato

indissolubilmente a quello della Congiura degli Uguali e con i membri di essa.

 Non è possibile distinguere il suo pensiero dall’ideologia degli Uguali: il

 babouvismo è opera collettiva. Per questo, nel ricostruire il pensiero di Babeuf è

opportuno rifarsi anche agli scritti di altri membri della congiura:  Analisi della

dottrina di Babeuf, Progetto di decreto economico e, soprattutto, Cospirazione

 per l’eguaglianza, tutti di Filippo Buonarroti e, in parte,  Il Manifesto degli

Uguali di Sylvain Maréchal28.

27 C. Mazauric, “introduzione” a F. N. Babeuf,  Il Tribuno del Popolo, Editori Riuniti, Roma,1969, p. 45.

28 Ibid., p. 46.

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Del resto, pur non essendo agevole individuare quale fu la parte dei vari

membri nella congiura e nell’ideologia degli Uguali29, il ruolo di Babeuf fu,

senza dubbio, di preminenza: fu il capo, l’elemento attivo, propulsore,

animatore30. Lo stesso Buonarroti, descrivendo il processo contro gli Uguali,

scrive:

 Nessuno degli accusati era più impacciato di Babeuf nella difesa dalla risoluzione, presa

in comune, di negare la cospirazione. Su circa cinquecento documenti probatori, sequestrati

quasi tutti presso di lui, e contenenti, in tutte lettere, l’organizzazione, il piano, gli atti e la

corrispondenza del comitato insurrezionale, ce n’erano più di cento scritti di sua mano. La

denuncia era tutta contro di lui...31

Il pensiero di Babeuf parte dalla ricerca di felicità e di benessere per tutti i

membri della società e dalla convinzione che questa può essere raggiunta solo

attraverso un eguaglianza reale e assoluta che deve ristabilire l’eguaglianza

naturale goduta dagli uomini prima dell’avvento della proprietà. In queste idee,

il rivoluzionario non è originale ed è assai vicino ai pensatori illuministi, in

 particolare Rousseau, Mably e, soprattutto, Morelly32. La sua originalità è

altrove; l’esperienza della rivoluzione e il contatto con le disperate situazioni dei

sanculotti a Parigi, danno al suo pensiero spunti del tutto nuovi, facendogli

29 G. M. Bravo (a cura di), Scritti di socialisti, Rossi, Napoli, 1972, p. 22.30 A. Galante Garrone, Buonarroti e Babeuf, De Silva, Torino, 1948, p. 92.31 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, Libraire Romantique, Bruxelles,

1828, trad. it. in Id., Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, Einaudi,1971, Torino, p. 250.

32 M. Dommanget, Babeuf e la Congiura degli Uguali, Feltrinelli, Milano, 1976, p. 46.

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superare lo stadio dell’utopismo puro33.

Babeuf immagina una società, in cui non esiste proprietà, dove ogni membro,

svolgendo le attività che è in grado di eseguire, ottiene tutto ciò di cui necessita.

Si accenna ad una pianificazione del lavoro; la legge e l’amministrazione

regolano la produzione e la distribuzione, tenendo conto delle reali necessità

della comunità.

Lo sforzo di Babeuf, in ogni caso, non è stato quello di ideare semplicemente

una società che realizzasse gli ideali di eguaglianza e giustizia. Egli,

consapevole della difficoltà della realizzazione del progetto, dedicò la propria

vita ad elaborare misure pratiche ed efficaci per sovvertire l’ordine sociale

esistente.

La Congiura è nata con questo obiettivo reale; essa divenne il nucleo di un

 partito che conduceva una lotta politica, abbandonando l’idea della

sperimentazione dell’utopia su una piccola popolazione34.

33 A. Galante Garrone, Buonarroti e Babeuf, cit., p.80.34 G. Manacorda, “introduzione” a F. Buonarroti, Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf,

cit., p. XXXVI.

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Cenni biografici

François-Noël Babeuf 35 nasce nel 1760 a Saint-Quentin in una famiglia

numerosa e poco agiata. Nonostante questo, e grazie al padre autodidatta, riceve

un’educazione intellettuale che gli permette di emergere dagli strati più

oppressi dell’ancient régime. Nel 1777 diventa apprendista feudista e due anni

 più tardi, a Flixecort, è impiegato presso un cancelliere di comunità. Qui, dopo

aver conosciuto la miseria sua e della sua famiglia, grazie al suo lavoro36, viene

a contatto con le disperate condizioni dei contadini Piccardi.

A partire dal 1785, Babeuf inizia una lunga corrispondenza con l’Accademia

di Arras, la quale spediva ai suoi corrispondenti ritagli di stampa, prospetti,

opuscoli su qualsiasi argomento di interesse. Tale corrispondenza, che durerà

fino al 1788, permette a Babeuf di ampliare la sua cultura di autodidatta. Già in

queste lettere spedite all’Accademia, cominciano a trapelare le sue

 preoccupazioni di ordine sociale: il suo pensiero non è perfettamente chiaro,

anche se comincia a prendere corpo l’idea della comunione dei beni.

 Nel 1789, si trasferisce a Parigi e diventa corrispondente del giornale  Le

Courrier de l’Europe. Nello stesso anno pubblica il suo Cadastre perpétuel,

un’opera di riforma fiscale, in cui Babeuf lascia intendere che quella non è che

il primo passo verso la felicità generale.

35 Le notizie riguardanti la vita di Babeuf sono tratte da: F. N. Babeuf,  Il Tribuno del Popolo, acura di C. Mazauric, cit.; M. Dommanget, Babeuf e la Congiura degli Uguali, cit.

36 La professione di Babeuf consisteva nel ricostruire e determinare i diritti signorili gravanti sulle

terre, a profitto dell’aristocrazia terriera.

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 Nel 1790, tornato in Piccardia, redige una petizione contro le imposte

indirette e le gabelle: questo lo porta in prigione; l’aiuto di Marat riesce a

liberarlo.

A partire da questo momento, Babeuf si consacra interamente alla

 propaganda democratica e, nel 1792, viene eletto amministratore del

dipartimento della Somme.

 Nel 1793, Babeuf è di nuovo a Parigi dove, deluso dalle incertezze della

rivoluzione democratica, diventa un vero sanculotto e si schiera a favore

dell’abolizione della proprietà privata. Scrive numerose lettere, in cui espone le

sue idee sociali. Nel frattempo, continuamente sotto l’incubo di un decreto di

arresto, occupa un posto nell’amministrazione rivoluzionaria.

 Nel 1794 Babeuf, dopo un breve periodo in carcere, redige l’opuscolo

antigiacobino  Le systeme de dépupolation, ou les crimes de Carrier e si dedica

completamente ai suoi giornali: dal 3 settembre al 1° ottobre esce il  Journal de

la libertè de la presse e dal 5 ottobre al 24 aprile 1796 il Tribun du peuple ou le

defenseur des droits de l’homme. In esso viene esposta la sua dottrina e diventa

 ben presto il giornale della congiura. Nel 1795, durante le insurrezioni di germinale e di pratile, Babeuf è, ancora

una volta, in prigione. Dopo la scarcerazione la vita di Babeuf, costretto alla

clandestinità per sottrarsi alle azioni giudiziarie intentate contro di lui, si

confonde con la storia della Congiura degli Uguali37, il cui obiettivo immediato

37 Per la storia della congiura si veda direttamente F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite

de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda,

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era porre in vigore la costituzione del 1793 mentre l’obiettivo finale era il

trionfo del comunismo.

Il 10 maggio 1796, in seguito alla denuncia di un traditore, i principali capi

 babouvisti furono arrestati e dopo lunghi dibattimenti condannati: Babeuf e

Darthé a morte, Buonarroti e altri alla deportazione. E’ noto che, all’atto della

 pronuncia della loro condanna, Babeuf e Darthé si colpirono con uno stiletto e

furono ghigliottinati, moribondi, l’8 pratile anno V (28 maggio 1797).

 Presupposti teorici

L’ideologia di Babeuf è permeata delle idee degli ideologues. Parte da

 presupposti e analisi tipicamente illuministe, ma compie un grande balzo in

avanti superando lo stadio dell’utopismo puro38.

Il suo egualitarismo si basa su principi etici, rifacendosi al concetto di

eguaglianza naturale. Ogni aspetto della dottrina, dal rifiuto della proprietà

 privata e della diversità dei talenti e delle retribuzioni all’idea dell’eguaglianzareale, intesa come distribuzione egualitaria assoluta dei beni e del lavori, dal

 principio dell’eguaglianza come forza rigeneratrice dell’uomo, alla funzione

dell’educazione, ha la sua origine e giustificazione filosofica nelle idee dei

 pensatori del XVIII secolo, ma, al tempo stesso, questi medesimi principi

cit.

38 G. M. Bravo (a cura di), Scritti di socialisti, cit., p. 22.

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vengono rivitalizzati dall’esperienza rivoluzionaria e dalle aspirazioni sociali dei

sanculotti39.

Il suo innato realismo, lo stretto contatto con le gravi ristrettezze

economiche, nelle quali viveva il popolo e l’esperienza della rivoluzione

 portano Babeuf oltre le idee riguardanti l’eguaglianza naturale. Egli parla

continuamente di eguaglianza reale, intesa da una parte come eguaglianza

effettiva, non solo nei diritti civili, ma anche in quelli politici e, soprattutto,

nella distribuzione delle ricchezze e dall’altra, esplicitamente, come un obiettivo

reale, non chimerico, raggiungibile attraverso un’insurrezione armata.

La grandezza degli Eguali è stata quella di essere stato il primo partito

rivoluzionario comunista della storia, organizzato nei minimi dettagli, con

grande senso della realtà, per sovvertire l’ordine sociale esistente con quello

 basato sull’eguaglianza, attraverso la rivolta popolare e la sua forza

dirompente40. Chiaramente è ancora presto, l’industrializzazione era agli albori,

 per poter sentir parlare di rivolta del proletariato, ma Babeuf era consapevole

dell’immensa forza del popolo, la quale, se ben guidata, avrebbe potuto

cambiare radicalmente la società.I babouvisti, inoltre, hanno afferrato, con piena consapevolezza, la necessità

di un periodo di transizione, di una dittatura temporanea, successiva

all’insurrezione vittoriosa, guidata da pochi illuminati, per preparare gli uomini

39 A. Galante Garrone, Buonarroti e Babeuf, cit., p. 120.40 Cfr. G. Manacorda, “introduzione” a F. Buonarroti, Cospirazione per l’eguaglianza detta di

 Babeuf, cit., pp. XLIII-XLVIII.

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al nuovo ordine di cose41.

Il sistema di Babeuf è egualitario e, come conclusione logica del suo

 pensiero, comunista42: per gli Eguali, la comunità dei beni è l’unico sistema in

grado di assicurare a tutti gli uomini il soddisfacimento dei propri bisogni. In

questo, il rivoluzionario non si discosta da Morelly43, ma il progetto, i cui

 presupposti affondano le radici nell’utopismo, diventa soluzione della crisi

sociale44.

Lo scopo di ogni ordinamento sociale è la felicità degli uomini; questo è

necessariamente un punto di convergenza per tutti coloro che si dedicano alla

costruzione di nuove società. Le strade cominciano a dividersi, quando si

osserva come viene intesa la felicità sociale. Per Babeuf, illuminista fino in

fondo, la felicità sociale non è semplicemente la felicità del maggior numero o,

ancora meglio, di tutti i consociati, ma la felicità di tutta la comunità, intesa

come unità inscindibile45. La felicità deve esplicarsi nella socialità: la felicità

sociale è il fondamento della società e obiettivo primario.

Essa può essere raggiunta, solamente, in una società fondata sul principio

41 M. Dommanget, Babeuf e la Congiura degli Uguali, cit., p. 148.42 A. Galante Garrone, Buonarroti e Babeuf, cit., p. 90.43 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per 

l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p. 12, nota 2..44 C. Mazauric, “introduzione” a F. N. Babeuf, Il Tribuno del Popolo, cit., p. 46.45 “ Il fine della Società è il bene comune” (F. N. Babeuf, Tribun du peuple, n. 34, 15 brumaio anno

IV, trad. it. in Id.,  Il tribuno del popolo, a cura di B. Maffi, Muggiani, Milano, 1945, p. 52). Babeuf considera il benessere collettivo fonte della felicità del singolo. Nella repubblica degli Eguali, gliuomini non saranno egoisti o ambiziosi; in essi, si svilupperanno sentimenti legati alla comunità, qualila fratellanza, l’amore per la patria: il benessere della comunità diventerà la fonte della loro felicità.“La ricerca del bene comune è il fine ultimo di Babeuf... La comunione dei beni non era in fin deiconti altro che il mezzo per conseguire tale bene o felicità comune precedentemente definiti secondocanoni metafisici come la felicità sociale: Babeuf è, dal principio alla fine della sua vita, un filosofo

del XVIII secolo” ( C. Mazauric, nota 3 a F. N. Babeuf, Il tribuno del popolo, cit., p. 82).

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dell’eguaglianza reale e su quello della sovranità popolare, necessaria

conseguenza della prima e sua garanzia di conservazione.

Babeuf arriva al concetto di eguaglianza reale, radicalizzando il principio

dell’eguaglianza naturale dei bisogni: dalla constatazione che gli uomini hanno

le stesse necessità fondamentali46 consegue l’eguaglianza su tutti gli altri aspetti

ed, in particolare, per quel che riguarda la distribuzione delle risorse.

L’eguaglianza distributiva, la quale assicura a tutti un benessere minimo, è solo

uno dei primi passi per arrivare alla vera eguaglianza; l’uguale distribuzione

delle risorse, oltre ad assicurare il diritto dell’uomo di “ provvedere alla

conservazione dell’esistenza”47 , crea le premesse per superare l’individualismo,

 per fare in modo che l’interesse personale venga abbandonato, o meglio venga a

coincidere con quello dell’intera collettività, attraverso “il disinteresse simpatico

manifestato dalla solenne pratica della fraternità umana”48. In questo, si vede

l’ottimistica fiducia di Babeuf nella forza rigeneratrice dell’eguaglianza, nella

sua capacità di elevare gli uomini, oltre al puro interesse personale, di renderli

giusti e saggi49.

46 “... Allora, si è logicamente portati a riflettere sui diritti primordiali dell’uomo: li si discute, siesamina quali sono allo stato di natura e quali diventano col passaggio allo stato sociale: si riconosceche la natura ha fatto nascere gli uomini eguali in diritti e bisogni, e che la sorte di ogni individuo nondev’essere alterata dal passaggio alla vita sociale; che gli istituti civili, lungi dal turbare la felicitàcomune - frutto della conservazione di quest’eguaglianza - non hanno se non il compito d’impedirnela violazione” (F. N. Babeuf, Tribun du peuple, n. 34, cit., trad. it. in Id.,  Il tribuno del popolo, a curadi B. Maffi, cit., p. 57).

47 M. Robespierre,  Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, art. 2, in F. Buonarroti ,Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit, p. 271.

48 F. N. Babeuf, Lettera a Charles Germain, 10 termidoro anno III (28 luglio 1795), trad. it. in Id., Il tribuno del popolo, a cura di B. Maffi, cit., p. 131.

49 A. Galante Garrone, Buonarroti e Babeuf, cit., p. 134.

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La giustificazione ideologica dell’egualitarismo si rifà al concetto di

eguaglianza naturale. Babeuf afferma che le differenze naturali sono minime, e,

conseguentemente, se gli uomini fossero posti nella medesima situazione e con

le stesse opportunità di partenza50 svilupperebbero capacità non molto dissimili

tra loro. In ogni caso, anche se così non fosse, l’unica cosa certa e significativa,

 per Babeuf, è l’eguaglianza dei bisogni; essa è più importante di qualsiasi altra

 possibile differenza, e da questa deve conseguire la parità reale fra gli uomini, e,

in particolare, l’eguaglianza economica assoluta.

Questi concetti sono esposti da Buonarroti in maniera assai chiara:

...la natura ha fatto gli uomini eguali: ma come e in che cosa? E’ quel che importa

conoscere a fondo.

Coloro che approvano le ineguaglianze sociali, pretendono che esse siano inevitabili,

 perché, secondo loro, traggono la loro origine da quelle che la natura ha posto tra gli

individui della specie umana.

Poiché gli uomini, essi dicono, differiscono naturalmente nel sesso, nella stature, nel

colore, nei tratti del volto, nell’età e nel vigore delle membra, non possono essere uguali né

in potenza né in ricchezza; l’eguaglianza, sia naturale, sia sociale, è dunque una vera e

 propria astrazione.

(...)

C’è fra gli uomini, dicono i partigiani dell’ineguaglianza, un’altra differenza naturale che

si riflette necessariamente nella loro cultura e nella loro posizione sociale: quella

dell’intelligenza...

50 L’ideologia babouvista da enorme importanza all’educazione come strumento per assicurarel’eguaglianza e l’emancipazione dei poveri. Le differenze di istruzione diventano infatti un arma inmano ai potenti per assicurare le loro posizioni di predominio. L’educazione deve di conseguenza,

come un qualsiasi bene reale, essere assicurata a tutti.

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Tuttavia un sentimento segreto sembra avvertirci che le cose non sono state ordinate così

dall’autore della natura, e che, se gli uomini comunemente ben costituiti non hanno tutti la

stessa capacità di intendere, la differenza che esiste fra di loro a tal riguardo, è determinata

molto meno dalla diversità di conformazione, che da quella delle circostanze in cui si sono

trovati. Chi può dubitare che molti uomini ignoranti non sarebbero stati tali, se avessero

avuto la possibilità di istruirsi?...

D’altronde, fosse pure naturale, come si pretende, l’ineguaglianza di intelligenza, sarebbe

impossibile vedervi la fonte delle differenze di ricchezza e di potenza che esistono nella

società, perché non è affatto vero che i beni e l’autorità siano comunemente il retaggio del

sapere e della saggezza.

Ma si tratta veramente delle qualità di cui parliamo? Niente affatto. L’eguaglianza

naturale a cui si mira è l’uniformità dei bisogni...

Il bisogno di nutrirsi e quello di riprodursi, l’amore di sé , la pietà, l’attitudine a sentire, a

 pensare, a volere, a comunicare le proprie idee e a comprendere quelle dei propri simili, a

conformare le proprie azioni alla norma, l’odio della costrizione e l’amore della libertà

esistono press’a poco nello stesso grado in tutti gli uomini sani e ben costituiti. Tale è la

legge di natura da cui emanano, per tutti gli uomini, gli stessi diritti naturali.

(...)

 Non v’è dubbio che la disparità delle forze fisiche possa turbare, almeno

momentaneamente, il godimento della eguaglianza naturale: probabilmente proprio per 

ovviare a questo male si fece ricorso ai patti e fu costituita la società civile...51

Da questi principi generali, che si rifanno alle idee di Rousseau, Mably,

Morelly, Babeuf trae conclusioni radicali.

L’eguaglianza, nella società civile, deve essere reale e assoluta, superiore

51 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit. trad it. in Id, Cospirazione per 

l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., pp. 12-13, nota 4.

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all’eguaglianza naturale: essa deve esplicarsi non solo sul piano dei diritti o

delle pari opportunità, ma di una distribuzione delle ricchezze assolutamente

identica per tutti. Babeuf rifiuta il principio della giustizia distributiva; dal

 presupposto dell’assoluta eguaglianza degli uomini nei bisogni discende il loro

diritto ad avere gli stessi mezzi per soddisfarli e questo diritto deve essere più

forte di qualsiasi considerazione legata alle diverse capacità degli uomini.

Babeuf è contrario ad una distribuzione delle ricchezze proporzionale ai talenti

o alle capacità.

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 Nel Manifesto dei Plebei, si legge:

Proveremo che, per un membro del corpo sociale, tutto quanto è al disotto della

soddisfazione dei suoi bisogni d’ogni genere e di tutti i giorni, è il frutto di una spoliazione

della sua proprietà naturale individuale, operata dagli accaparratori dei beni comuni.

Che, per ciò stesso, tutto ciò che un membro del corpo sociale ha al disopra della

soddisfazione dei suoi bisogni d’ogni genere e di tutti i giorni è il frutto di un furto, compiuto

ai danni degli altri associati, il quale priva necessariamente della sua parte di beni comuni un

numero più o meno grande di uomini.52

Babeuf non si limita a questi principi per dimostrare la necessità dell’uguale

distribuzione delle ricchezze: egli, infatti, considera tutti i lavori svolti

all’interno della società identicamente utili alla comunità, per cui essi non

devono dare luogo a differenze retributive. Inoltre, ritiene che le opinioni

riguardanti le presunte differenze di utilità delle varie attività umane, così come

le idee sulle diverse capacità degli uomini siano sbagliate e frutto di cattivi

 pregiudizi.

Sempre nel Manifesto dei Plebei afferma

Che la superiorità d’ingegno e d’industria è una chimera, un inganno specioso che ha

sempre e indebitamente servito ai complotti dei cospiratori contro l’eguaglianza.

Che la differenza di valore e di merito nel prodotto del lavoro umano riposa unicamente

sull’opinione che taluni se ne sono fatta, e che hanno saputo imporre.

52 F. N. Babeuf, Tribun du peuple, n. 35, 9 frimaio, anno IV (30 novembre 1795), trad. it. in Id.,  Il 

tribuno del popolo, a cura di B. Maffi, cit., p. 77.

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Che a torto, in base a questa opinione, si è stimata la giornata di lavoro di chi fabbrica un

orologio venti volte più della giornata di chi traccia un solco.

Che, proprio in grazia di questa falsa valutazione, il guadagno dell’operaio orologiaio ha

messo quest’ultimo in grado di ottenere il patrimonio di cento operai contadini, da lui in tal

modo espropriati.

Che tutti i proletari sono divenuti tali solo grazie ad analoghe combinazioni in tutti gli

altri rapporti di proprietà: combinazione fondate sulla stessa base della differenza di valore

venutasi a stabilire fra le cose per la sola autorità dell’opinione.

(...)

Che, allo stesso modo, il valore dell’intelligenza è questione di opinione, e che resta

ancora da decidere se il valore della forza puramente naturale e fisica non gli stia alla pari.

Che chi ha dato un prezzo tanto alto alle concezioni del cervello sono stati proprio gli

intelligenti e che, se fossero stati i forti a sistemare le cose, avrebbero senza dubbio alcuno

stabilito che il merito delle braccia vale quello della testa e che la fatica di tutto il corpo può

 ben equilibrare quella della sola parte ruminante. 53

Qui Babeuf si lancia in un appassionata difesa della pari dignità del lavoro

umano.

In ogni caso, il rivoluzionario francese è convinto che le uniche eventuali

differenze siano frutto della diversa educazione54 ad afferma “ch’è verità

53 Ibid., pp. 77-78. Cfr. M. Dommanget, Babeuf e la Congiura degli Uguali, cit., p. 112.54 Come vedremo meglio inseguito, l’educazione gioca un ruolo decisivo per instaurare e

mantenere il sistema d’eguaglianza. Essa, da una parte, essendo uguale e comune, attenuerà ledifferenze fra gli uomini eliminando i contrasti, che da esse possono derivare, dall’altra, insegnando igiusti principi della fraternità e dell’eguaglianza, migliorerà gli individui, liberandoli dai vizi morali.Al contrario, l’educazione può diventare un potente strumento di asservimento, quando è nelle mani di

 pochi. “L’educazione è una mostruosità quando è ineguale, quando è patrimonio esclusivo di una parte sola della società, poiché, in tal caso, diventa, nelle mani di questa minoranza, un arsenale dimacchine e d’armi d’ogni specie, mediante la quale essa combatte l’altra parte ch’è inerme, riuscendofacilmente a jugularla, a ingannarla a depredarla, ad asservirla sotto le più vergogose catene” (F. N.Babeuf, Tribun du peuple, n. 35, cit., trad. it. in Id.,  Il tribuno del popolo, a cura di B. Maffi, cit., p.

80).

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assoluta - a torto contestata dalla malafede dal pregiudizio o dall’irriflessione -

che [una] ripartizione uniforme delle cognizioni renderebbe gli uomini

 pressoché uguali in ingegno”55.

Infine, ai motivi della pari dignità di ogni attività dell’uomo e, soprattutto,

dell’eguaglianza dei bisogni, l’autore esprime anche una motivazione di ordine

sociale alla necessità di retribuire in maniera assolutamente identica lavori

diversi: l’eguaglianza è il bene più prezioso, per esso, se necessario, si devono

eliminare tutte le cause che, anche se in sé positive, ne potrebbero minare la

stabilità.

Babeuf afferma

Che anche se si potesse dimostrare che il tale, in virtù delle sue sole forze naturali, è in

grado di lavorare per quattro, ed egli esigesse perciò la retribuzione di quattro lavoratori,

quest’individuo sarebbe pur sempre un cospiratore contro la società, in quanto ne turberebbe

l’equilibrio, e distruggerebbe quel prezioso bene ch’è l’eguaglianza.

Che la saggezza impone a tutti i co-associati di punire quest’uomo come un flagello

sociale, di ridurlo a non poter fare che il lavoro di uno solo, per non poter esigere che il

compenso di uno solo.56

Questo ci mostra fino a che punto Babeuf si spinga. L’eguaglianza reale è un

 principio assoluto e per raggiungerlo e mantenerlo, l’autore è disposto a tutto;

 per essa, se necessario, si deve eliminare qualsiasi fattore che possa minare

55 F. N. Babeuf, Tribun du peuple, n. 35, cit.,trad. it. in Id.,  Il tribuno del popolo, a cura di B.Maffi, cit., p. 80.

56 Ibid., pp. 79-80.

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l’unità della comunità57. Babeuf teme che anche le più piccole differenze

all’interno del corpo sociale possano provocare fratture e divisioni, che

riporterebbero la società al vecchio ordine di cose. Egli afferma “che nessuna

verità può eguagliare in importanza quella che già abbiamo citata, e che un

filosofo ha espresso nei seguenti termini: Discutete fin che volete della miglior 

 forma di governo: non avrete fatto nulla finché non avrete distrutto i germi

della cupidigia e dell’ambizione”58.

Babeuf crede nel potere rigeneratore dell’eguaglianza. Attraverso essa gli

uomini potranno diventare migliori, abbandonando l’interesse individuale in

favore del bene comune. Una volta avvenuto questo non saranno più necessarie

misure così drastiche, perché l’emancipazione dell’uomo sarà completa.

Fino a quel momento, e per raggiungere quel momento, è, però, necessario

che le istituzioni tolgano “ad ogni individuo la speranza di diventare più ricco,

 più potente, più onorato per cultura, di qualunque suo simile”59.

Il passo seguente sintetizza, in maniera perfetta, ciò che Babeuf intende:

...occorre riuscire a incatenare la sorte, a rendere quella di ogni associato indipendente

dalle circostanze fortunate o sfortunate della vita, ad assicurare a ciascuno e alla sua

57 Manacorda, comunque, ricorda, giustamente, che se il pensiero Babeuf nel Manifesto dei Plebei, come vediamo nei passi citati, si accosta a quanto afferma Maréchal, nel suo  Manifesto degli

 Eguali (“Periscano, se necessario, tutte le arti, purché ci resti l’eguaglianza reale !” ), in un altro testoimportante come la lettera privata a Germain ha idee meno radicali, riconoscendo l’importanza dellosviluppo delle arti e delle scienze (G. Manacorda, “introduzione” a F. Buonarroti, Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, cit. p. XXII.

58 F. N. Babeuf, Tribun du peuple, n. 35, cit., trad. it. in Id.,  Il tribuno del popolo, a cura di B.Maffi, cit., pp. 80-81.

59 Ibid., p. 81

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discendenza, per numerosa che sia, la piena soddisfazione dei suoi bisogni, e nient’altro che

questa, e a precludere a tutti ogni possibile via di ottenere più della propria quota individuale

dei prodotti della natura e del lavoro.60

Babeuf vuole “un’eguaglianza senza macchia e senza riserve”61, perché, solo

in questo modo, è possibile “garantire il bene comune, il benessere uguale di

tutti i consociati”62; tutti hanno il diritto alla felicità e, di conseguenza, tutti

hanno il diritto di soddisfare i propri bisogni.

 Eguaglianza reale

Scopo della società è assicurare, realmente, l’eguaglianza degli uomini, di

fronte ai bisogni. Dal presupposto che tutti gli uomini, al di là di qualunque altro

tipo di differenza, sono assolutamente identici nei bisogni fondamentali

(nutrirsi, vestirsi, riprodursi) discende la necessità di una distribuzione delle

risorse assolutamente egualitaria: ciò che Babeuf chiama eguaglianza reale.

Secondo gli Eguali, l’unico modo per assicurare l’eguaglianza reale è abolire

la proprietà privata e instaurare la comunione dei beni.

Babeuf non arrivò immediatamente a questa soluzione. All’inizio, si era

60 Ibid.61 Ibid., p. 64.62 Ibid., p. 70. Cfr. G. Manacorda , “introduzione” a F. Buonarroti, Cospirazione per 

l’eguaglianza detta di Babeuf, cit., p. XX.

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 battuto in favore di una redistribuzione egualitaria dei terreni e di un

limitazione del diritto di proprietà connesso con la soppressione del diritto di

alienabilità della terra e del diritto di eredità63. In una lettera del 1791, Babeuf 

scrive a favore della legge agraria: “...la terra non deve essere alienabile...

ognuno nascendo ha diritto di avere la sua parte sufficiente, come avviene per 

l’acqua e per l’aria... morendo deve lasciarne eredi non quelli che gli sono più

vicini nella società ma la società intera”64. La diseguaglianza si è originata a

causa degli inganni di pochi che sono riusciti ad appropriarsi dei beni della

maggioranza e sono riusciti ad imporre la falsa convinzione che alcune attività

siano più utili di altre e danno, quindi, diritto a compensi maggiori: “stando così

le cose una nuova divisione non farebbe che rimettere le cose a posto...”65.

Successivamente, Babeuf arriva alla consapevolezza che una semplice

redistribuzione egualitaria dei beni, sia attraverso una legge agraria che porti

all’espropriazione, divisione e distribuzione dei grandi poderi sia attraverso

l’imposizione fiscale progressiva66, sia insufficiente alla creazione della vera

eguaglianza.

63 Nel pensiero di Babeuf si distinguono tre fasi, riguardo alla questione della proprietà. Dapprimaegli parla di una distribuzione delle affittanze, successivamente è a favore della legge agraria, intesacome redistribuzione egualitaria delle terre e abolizione del diritto di alienabilità, infine egli consideral’insataurazione della comunione dei beni l’unico sistema in grado di assicurare l’eguaglianza reale.Cfr. M. Dommanget, Babeuf e la Congiura degli Uguali, cit., pp. 95-99 e C. Mazauric, “introduzione”a F. N. Babeuf, Il Tribuno del Popolo, cit., pp. 27-31.

64 F. N. Babeuf, Seconda lettera di F. N. Cam. Babeuf, cittadino, a J. M. Coupé, legislatore, 10settembre 1791, trad. it. in Id.,  Il tribuno del popolo, a cura di C. Mazauric, cit., p. 162; (François-NoëlCamille Babeuf; Camille è il soprannome che Babeuf si è dato).

65 Ibid.66 “Tassate fin che volete il ricco; detenendo tutti gli oggetti di consumo, egli troverà sempre il

modo di vendicarsi sul povero, a meno che non abbiate avuto la precauzione di fissare i limiti che lasua cupidigia non potrà varcare” (F. N. Babeuf, Tribun du peuple, n. 39, 1796, trad. it. in Id.,  Il 

tribumo del popolo, a cura di B. Maffi, cit., p. 95).

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 Nel Manifesto dei Plebei, Babeuf  scrive:

Ma insomma, quello che volete è la legge agraria?, grideranno a mille e mille certi

uomini onesti. No: vogliamo qualcosa di più. Sappiamo l’argomento imbattibile che ci

verrebbe opposto: si direbbe con ragione che la legge agraria può durare al massimo un

giorno, e l’indomani della sua applicazione, l’ineguaglianza si ripresenterebbe.67

Diventa, dunque, necessario cambiare radicalmente la struttura della società,

 perché “il sistema dell’eguaglianza esclude ogni tipo di distribuzione”68

.

L’unica soluzione è “la proscrizione della proprietà individuale, e...

l’instaturazione della comunione dei beni e del lavoro, unico mezzo capace di

 prosciugare per sempre la fonte di ogni ineguaglianza, e di estirpare tutti i

 pregiudizi e i mali che ne derivano”69.

La giustificazione ideologica dell’abolizione del diritto di proprietà riprende

le idee di Mably70: esso non è un diritto naturale, è una “deplorevole creazione

67 F.N. Babeuf,  Le Tribun du Peuple, n. 35, cit., trad. it. in Id.,  Il tribuno del popolo, a cura di B.Maffi, cit., pp. 73-74. Nei motivi che sconsigliano la legge agraria e suggeriscono la comunità dei

 beni, Babeuf è illuminista fino in fondo. In particolare, si fa riferimento a Mably, il quale nei Droits et 

devoirs du cytoien scrive: “ Qualunque sia l’eguaglianza con cui si spartiscono inizialmente i beni diuna repubblica, state pur certi che alla terza generazione l’equaglianza non regnerà più fra i cittadini”;e questo per la diversità dei talenti, della laboriosità, del numero dei figli (A. Galante Garrone, Buonarroti e Babeuf, cit., p. 131).

68 F. Buonarroti,  Résponse à une lettre signée M. V., 28 germinale, anno IV (17 aprile 1796), in

Id., Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per l’eguaglianzadetta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p. 352.69 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per 

l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p. 148.70 Lo stesso Buonarroti, nella Cospirazione, richiama direttamente i principi del filosofo francese.

 Nell’ Analisi della dottrina di Babeuf , spiega in che modo la nascita del diritto di proprietà sia statafonte di sventura e miseria per il genere umano: “Dal momento in cui le terre furono divise, nacque ildiritto esclusivo di proprietà. Allora ciscuno fu il padrone assoluto di tutto ciò che poteva trarre daicampi che gli erano toccati in sorte e dall’industria che poteva esercitare. E’ probabile che gli uominidediti alle arti di prima necessità siano stati esclusi, in quello stesso tempo, da ogni possesso terrieroche non avevano il tempo di sfruttare. Gli uni restarono così i padroni delle cose necessarieall’esistenza, mentre gli altri ebbero diritto soltanto ai salari che si volevano pagare loro. Ciònonostante, questo cambiamento non ne portò uno sensibile nella distribuzione dei godimenti, finchè

il numero dei salariati non eccedette quello dei possessori di terre. Ma, non appena gli accidenti

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della nostra fantasia, dei nostri errori: è nato da un vizio orribile, l’avidità, e, a

sua volta, genera tutti gli altri vizi, tutte le passioni, tutti i delitti, tutti i dolori

della vita, tutti i generi di mali e di calamità”71. La proprietà privata non può che

essere fonte di egoismo. I sistemi basati su di essa, generano negli uomini una

 brama di ricchezza che li mette uno contro l’altro. La minoranza, che riesce ad

accumulare nelle proprie mani gran parte delle ricchezze, mantiene la

maggioranza in uno stato di miseria ed ignoranza.

Solo in una società rigenerata, senza diritto di proprietà, sarà possibile

assicurare il benessere di ogni individuo, senza che questo sia in contrasto con

quello degli altri.

“In una simile ordinamento l’eliminazione della cupidigia farebbe cessare le

gelosie, gli inganni e le diffidenze, e gli uomini sarebbero realmente fratelli,

strettamente interessati alla conservazione di uno stato di cose che assicura il

 benessere a tutti”72. “In questa forma sociale spariscono le ricchezze individuali

e il diritto di proprietà è sostituito dal diritto di ogni individuo ad un’esistenza

naturali, l’economia o l’astuzia degli uni, la prodigalità e l’incapacità degli altri, ebbero raccolto in un piccolo numero di famiglie le proprietà terriere, i salariati furono molto più numerosi dei salarianti,

che li ebbero in loro balia, e, fieri della propria opulenza, li ridussero in condizioni di vita veramentefrugali... Poi si è veduto l’ozioso vivere con rivoltante ingiustizia dei sudori dell’uomo laborioso,schiacciato sotto il fardello delle fatiche e delle privazioni; si è veduto il ricco impadronirsi dello statoe dettar da padrone leggi tiranniche al povero, violentato dal bisogno, avvilito dall’ignoranza eingannato dalla religione. Le sventure e le schiavitù derivano dall’ineguaglianza, e quest’ultima dalla

 proprietà. La proprietà è dunque il più grande flagello della società” (F. Buonarroti,  Analyse de ladoctrine de Babeuf proscrit par le directoire exécutif pour avoir dit la vérité, 20 germinale anno IV (9aprile 1796), in Id., Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p. 319).

71 F. N. Babeuf, Tribun du peuple, n. 37, 30 frimaio anno IV, trad. it. in Id.,  Il Tribuno del Popolo,

a cura di B. Maffi, cit., p. 91.72 F. Buonarroti,  Résponse à une lettre signée M. V.,cit., trad. it. in Id., Conspiration pour l’égalité

dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G.

Manacorda, cit., p. 356.

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felice quanto quella di tutti gli altri membri del corpo sociale”73: viene assicurata

l’eguaglianza reale.

Lo stesso Buonarroti ci spiega cosa essa significhi e come si realizzi:

Vediamo ora cosa si intende per eguaglianza reale. Essa ha per base due condizioni

essenziali: lavori comuni, godimenti comuni.

Anzitutto, essendo il lavoro una condizione necessaria senza la quale l’associazione

 perirebbe, nessuno ha potuto sottrarvisi senza ingiustizia: chi lo ha fatto ha diminuito la

ricchezza pubblica, o ha rigettato il proprio compito sul vicino.

Due potenti considerazioni vengono in appoggio a questo sistema: 1) questo lavoro

comune aumenterebbe le ricchezze della società che, nello stato attuale, può contare solo sul

lavoro utile di una piccola parte dei suoi membri; 2) il lavoro, ripartito su tutti i membri

validi della società, libererebbe di un fardello insopportabile quelli che noi abbiamo

esclusivamente condannati alla fatica e ne trasporterebbe agli altri solo una piccolissima

 porzione, che presto diverrebbe per tutti una fonte di piacere e di svago.

(...)

Che ciascuno lavori per la grande famiglia sociale e che ciascuno ne riceva l’esistenza, i

 piaceri e la felicità: ecco la voce della natura, ecco lo stato in cui l’eguaglianza non è una

chimera e in cui è saldamente assicurata la libertà di ciascuno.74

Il comunismo di Babeuf è definito comunismo dei bisogni, in quanto dal

 principio fondamentale dell’eguaglianza dei bisogni discende l’organizzazione

della società, che deve assicurare una distribuzione delle ricchezze

assolutamente identica per tutti.

73 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p. 149.

74 F. Buonarroti, Résponse à une lettre signée M. V., cit., in Id., Conspiration pour l’égalité dite de

 Babeuf, cit., trad. it. in Id.,Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda,

cit., p. 354.

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Buonarroti, nell’ Analisi alla dottrina di Babeuf dice: “I lavori e i godimenti

devono essere comuni a tutti, cioè tutti devono sopportare un’egual parte di

lavoro e trarne un’uguale quantità di godimenti”75: dal fatto che gli uomini

hanno uguali le medesime necessità, discende che debbano avere i medesimi

godimenti76 e da questo consegue che tutti debbano partecipare in eguale misura

ai lavori, indispensabili per produrre i beni necessari all’uomo. Buonarroti

aggiunge:

Quest’obbligo [di lavorare] non ha potuto essere diminuito dalla società, né per tutti né per 

ciascuno dei suoi membri:

a) perché ne dipende la sua conservazione

AA. perché la pena di ciascuno è la minore possibile solo quando tutti vi partecipino.77

Una divisione equa del lavoro, non solo lo renderebbe meno duro, ma, se

esso fosse “saggiamente ed universalmente distribuito diverrebbe...

un’occupazione dolce e divertente, alla quale nessuno avrebbe voglia o interesse

a sottrarvisi”78.

75 F. Buonarroti, Analyse de la doctrine de Babeuf, cit., Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf,cit., trad. it. in Id., Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p.318.

76 “Sarebbe veramente un orrore inaudito, signor M. V., che il vostro pane, la vostra carne, ilvostro vino e i vostri abiti uscissero dallo stesso magazzino ed avessero lo stesso sapore di quelli di unciabattino! Ma pure, perché la natura ha voluto dare a questo immondo animale uno stomaco e deisensi come i vostri? Disgraziato! Quando navigate nell’abbondanza, vi ci vuole anche lo spettacolodei dolori altrui per completare la vostra felicità” (F. Buonarroti,  Résponse à une lettre signée M. V.,cit., in Id., Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per 

l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p 355).77 F. Buonarroti,  Analyse de la doctrine de Babeuf, cit.,in Id., Conspiration pour l’égalité dite de

 Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda,cit., p. 318.

78 F. Buonarroti, Résponse à une lettre signée M. V., cit., in Id., Conspiration pour l’égalité dite de

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In ogni caso, Babeuf precisa:

 Non esisteranno sfaticati, nella Repubblica. Non sarà difficile stabilire un controllo che

impedisca di contrarre l’abitudine alla pigrizia e, tutto considerato, non vedo che nel nostro

sistema il codice penale debba prevedere altro caso che l’attentato all’eguaglianza da parte

del non-lavoro, né che i tribunali non abbiano da punire altri delitti, che questo.79

Organizzazione economica

Il sistema economico delineato dall’ideologia babouvista, come abbiamo

accennato, non è elaborato accuratamente, non entra nei dettagli. Nei principi

generali non è originale, riprendendo idee già esposte da Montesquieu, da

Rousseau, e soprattutto da Morelly80

.

Tali principi, però, assumono un valore e una concretezza del tutto nuovi, a

causa dell’influenza su Babeuf e compagni dell’esperienza rivoluzionaria, in

 particolare quella dell’anno II, con i suoi magazzini generali, le requisizioni

forzate, i censimenti, il maximum, l’accentramento economico81.

Inoltre, Babeuf , sempre molto realista, ebbe ben presente che il popolo

 Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda,cit., p. 357. Questa affermazione, riguardo alla perdita da parte del lavoro dei suoi connotati negativi,nel nuovo sistema, richiama alla mente le concezioni di Fourier sul lavoro attraente. Cfr. A. GalanteGarrone, Buonarroti e Babeuf, cit. p. 139.

79 F. N. Babuef, Lettera a Charles Germain, cit., trad. it. in Id,. Il Tribuno del Popolo, cit., pp. 128-129.

80 Cfr. A. Galante Garrone, Buonarroti e Babeuf, cit., pp. 150-151.81 Cfr. D. Guérin, La lutte de classe sous la premiére République - Bourgeois et “bras nus”, (1793-

1797), Gallimard, Paris, 1946, vol. I, pp. 154-173; vol. II, p. 343, in A. Galante Garrone, Buonarroti e

 Babeuf, cit., p. 226.

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francese non inseguiva sogni chimerici, legati ad un abbondanza generalizzata e

senza limite, ma semplicemente voleva non morire di fame: quello che chiedeva

era la sussistenza82. L’organizzazione del sistema economico degli Eguali nasce

 principalmente come soluzione immediata alla crisi sociale e, pur fondandosi su

idee diffuse nel XVIII secolo, non mancano spunti e soluzioni originali.

Il principio fondamentale, su cui costruire la società è, come sappiamo,

l’eguaglianza degli uomini nei bisogni. Di fronte a questo principio universale

di giustizia, le diversità di talento, capacità, intelligenza diventano irrilevanti.

In ogni caso, Babeuf è convinto della pressoché eguaglianza naturale degli

uomini: le differenze di capacità derivano, principalmente, della diversa

istruzione.

Da queste affermazioni discendono due caratteristiche fondamentali del

sistema degli Eguali: da una parte l’affermazione che tutti i lavori sono uguali

che, quindi, non danno diritto a diversi compensi, dall’altra l’elaborazione di un

sistema di educazione e istruzione uguale e comunitario.

Partendo dall’eguaglianza dei lavori e dei godimenti, Babeuf elabora un

sistema, che si rifà a quello dei granai collettivi e alla pratica legale dellarequisizione dell’anno II della Rivoluzione. In esso, viene eliminato il compenso

individuale legato al lavoro ed ognuno ottiene direttamente ciò di cui necessita.

Viene eliminata la possibilità di arricchirsi perché non solo non esistono più i

salari, ma viene anche eliminata la moneta: vengono distribuiti beni reali. In tal

82 “Posso mai politicare quando da 48 ore non mangio?” (F. N. Babeuf, Tribun du peuple, n. 35,

cit., trad. it. in Id., Il tribuno del popolo, a cura di B. Maffi, cit., p. 67).

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modo, secondo Babeuf, si sarebbe estirpato l’egoismo e gli altri vizi legati alla

 proprietà privata e alle ricchezze e ognuno avrebbe svolto la propria attività

senza più pensare al denaro, ma avendo come obiettivo il benessere comune.

 Nella lettera a Charles Germain, Babeuf scrive:

 Nella società rigenerata tutto deve essere equilibrio e compensazione, nulla deve offrire il

destro a farsi avanti e a dominare. Non deve esistervi né alto né basso, né primo né ultimo e

gli sforzi, così come le intenzioni di tutti i consociati (non altro sono gli individui di cui la

società si compone) devono costantemente convergere verso la grande meta fraterna, la

 prosperità comune, inesauribile, eterna miniera di benessere individuale...

Che ciascuno abbia la sua funzione ch’egli eserciti coscienziosamente e che gli permetta

di vivere felice e non più, giacché occorre felicità per tutti, distribuita egualmente fra tutti.83

I prodotti del lavoro di ogni individuo vengono requisiti dall’amministrazione

centrale, che si occupa della redistribuzione egualitaria dei beni:

...tutti gli agenti di produzione e di fabbricazione lavoreranno per il magazzino comune, e

ognuno di loro vi consegnerà il prodotto in natura della sua funzione individuale, e agenti di

distribuzione non più operanti per proprio conto ma per conto della grande famiglia faranno

rifluire verso ogni cittadino la sua parte uguale eppure diversa dell’intera massa di prodotti di

tutta l’associazione, in cambio di ciò che avrà potuto fare sia per aumentarli sia per 

migliorarli...84

Babeuf spiega che, in questo modo, scomparirà la falsa e funesta

83 F. N. Babeuf, Lettera a Charles Germain, 10 termidoro anno III (28 luglio 1795), trad. it. in Id., Il tribuno del popolo, a cura di B. Maffi, cit., p. 123

84 Ibid.

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convinzione, che esistano lavori di differente importanza; diventerà chiaro che

ogni tipo di lavoro è utile alla società e tutti coloro che ne hanno la possibilità

devono svolgere la propria parte nella vita economica della comunità:

...quali che siano le nostre funzioni individuali, se non siamo né fanciulli né vecchi né

infermi, saremo tutti quanti agenti di quel commercio, nel quale ogni distinzione è annullata,

e tutti sono su un piede di perfetta eguaglianza, i produttori che sono agricoltori e operai,

artigiani, artisti e intellettuali, magazzinieri, distributori incaricati di avviare al consumo i

 prodotti finiti. Scompare così qualsiasi distinzione tra l’industria e il commercio, e avviene la

fusione tra tutte le professioni elevate ad un medesimo livello di onore.85

Oltre a queste considerazioni generali, Babeuf, pur non entrando nei dettagli,

accenna ad una pianificazione del lavoro, il quale verrà organizzato

razionalmente dallo stato in funzione dei bisogni reali della comunità:

Tutto ciò che viene fatto attualmente continuerà ad essere fatto dalle stesse persone.

L’agricoltore rimarrà agricoltore, il fabbro fabbro, il tessitore tessitore, e la stessa cosa sarà di

tutte le specie di lavoratori. Con la differenza che tutte le persone attive saranno classificate

secondo il tipo del lavoro; l’associazione sarà perennemente al corrente di tutto ciò che

ognuno fa, affinché non siano prodotti né troppi né troppo pochi oggetti dello stesso tipo;

questo fatto determinerà per ogni specialità il numero dei cittadini che dovranno esservi

impiegati e dei giovani che vi si avvieranno. Tutto sarà proporzionato ai bisogni presenti e ai

 bisogni previsti secondo l’aumento probabile e facilmente prevedibile della comunità. Tutti i

 bisogni reali saranno esattamente studiati e pienamente soddisfatti, attraverso un rapido

trasferimento in tutte le località e in tutte le distanze.86

85 Ibid., p. 124.

86 Ibid., p. 125.

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Buonarroti aggiunge che la pianificazione delle attività partirà già attraverso

l’educazione data ai giovani. La distribuzione dei lavori “ha origine nelle case di

educazione pubblica... i magistrati incaricati della loro direzione vi fanno

 praticare tutti i generi di lavoro ordinati dalle leggi, facendo applicare a

ciascuno di essi un numero di allievi proporzionato ai bisogni, tenuto conto

delle loro forze e delle loro inclinazioni”87.

Babeuf rifiuta, dunque, il sistema di mercato in favore di un’organizzazione

della produzione e della distribuzione regolata da un’amministrazione centrale.

Essa, oltre ad essere l’unico sistema in grado di assicurare l’eguaglianza reale

dei godimenti, permette di evitare gli sprechi e l’irrazionalità del sistema

concorrenziale.

Babeuf scrive:

La concorrenza che, lungi dal mirare alla perfezione, sommerge i prodotti fatti

coscienziosamente sotto montagne di prodotti deteriori, immaginati per far colpo sul

 pubblico, che ottiene il prezzo basso alla sola condizione di costringere l’operaio a perdere la

mano in lavori abborracciati, sfibrandolo, affamandolo, uccidendone la moralità con

l’esempio della mancanza di scrupoli; la concorrenza che da la palma della vittoria solo a chi

ha più denaro; che, dopo la lotta, si conclude in un monopolio nelle mani del vincitore e nella

sparizione del prodotto a buon mercato; la concorrenza che fabbrica non importa come, a

torto e a traverso, a rischio di non trovare compratori e di distruggere una gran quantità di

87 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per 

l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p. 150.

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materia prima che avrebbe potuto trovare un utile impiego, ma che non servirà più a nulla...88 

 Nel repubblica degli Eguali, invece, l’organizzazione economica è regolata

dalla legge, che avrà come obiettivo la produzione di beni realmente utili e farà

in modo che “ tutti si trovino sottoposti a doveri egualmente proporzionati alle

loro forze e alla durezza del lavoro di cui saranno incaricati”89.

Riguardo alla distribuzione dei lavori, Buonarroti precisa ulteriormente:

Forse sarebbe stato conveniente distinguere i lavori di stretta necessità in facili e penosi, e

obbligare ogni cittadino ad esercitarne uno di una categoria e uno di un’altra.

Forse anche sarebbe stato giusto stabilire un’altra divisione dei cittadini secondo l’età, per 

 proporzionare il peso del lavoro all’accrescimento e alla diminuzione delle forze...90

Egli conclude, infine, dicendo che “l’eguaglianza deve misurarsi non tanto

dall’intensità della fatica, quanto dalla capacità del lavoratore”91 e “ colui che,

dotato di un certo grado di forza, solleva un peso di dieci libbre, lavora tanto

quanto colui che, dotato di una forza quintupla, ne sposta uno di cinquanta”92.

Al di là dei principi generali, legati alla distribuzione egualitaria del lavoro,rimane aperta la questione della effettiva organizzazione della produzione. In

 particolare, la questione fondamentale è questa: oltre che di proprietà comune, si

88 F. N. Babeuf, Lettera a Charles Germain, cit., trad. it. in Id., Il tribuno del popolo, a cura di B.Maffi, cit., p. 126.

89 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p. 151.

90 Ibid.91 Ibid.

92 Ibid., p. 213.

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 può parlare di sfruttamento collettivo delle terre e dei mezzi di produzione?

Innanzitutto, è necessario premettere che il tema dell’organizzazione della

 produzione è poco sviluppato nell’ideologia babouvista; essa si occupa,

 principalmente, della questione distributiva; si è, infatti, soliti parlare di

comunismo distributivo93. Le ragioni che possono spiegare questo sono

molteplici. In primo luogo, il principio base del sistema rimane, sempre,

l’eguaglianza nei godimenti; i babouvisti, per questo motivo, si preoccupano

 principalmente della distribuzione: il loro primo obiettivo è assicurare a tutti il

soddisfacimento del bisogni naturali. In secondo luogo, gli Eguali sono portatori

e difensori delle istanze dei sanculotti e, più in generale, del popolo. Esso, in

 particolare nell’anno IV della Rivoluzione, si trovava in condizione disperate e

quello che chiedeva, non erano sogni chimerici legati ad un abbondanza

generalizzata, ma la possibilità di ottenere il necessario per sopravvivere. Per 

Babeuf , elaborare e ricercare un sistema produttivo che assicurasse

l’abbondanza non era un’istanza primaria. Infine, naturalmente, la questione più

immediata rimaneva l’organizzazione della congiura e dell’insurrezione delle

masse.In definitiva, problemi più urgenti e questioni di opportunità politica possono

spiegare lo scarso interesse ad approfondire un tema importante come quello

della produzione delle ricchezze.

 Nei passi precedentemente citati abbiamo visto come Babeuf affermi che il

93 J. L. Talmon, Le origini della democrazia totalitaria, Il Mulino, Bologna, 1967, p. 264.

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sistema di produzione non cambierà rispetto alla società nemica

dell’eguaglianza, se non per il fatto che i salari scompariranno e i beni prodotti

saranno consegnati dai produttori ai magazzini generali. L’unico accenno alla

questione produttiva, riguarda l’organizzazione del lavoro, che da una parte sarà

distribuito, in maniera egualitaria, dall’altra sarà controllato dallo stato. Per quel

che riguarda strettamente l’organizzazione e lo sfruttamento dei mezzi

 produttivi, si lascia intendere che tutto sia mantenuto al livello di cellula

familiare e bottega artigiana.

Buonarroti parla di diritto di usufrutto94 sui beni, facendo anch’egli intuire

che i metodi di produzione rimarranno invariati; non si accenna a una gestione

collettiva delle risorse. Sembra che Babeuf e compagni ignorassero le positive

conseguenze della concentrazione e dell’industria allora nascente. Secondo

Manacorda, ”gli Eguali non superarono la concezione arcaica della produzione

 basata sulla piccola azienda artigiana o contadina, perché non riconobbero la

concentrazione economica e il progresso tecnico come fattori di quell’aumento

della produttività del lavoro che solo avrebbe potuto portare all’abbondanza dei

 beni, da essi pur vagheggiata come condizione necessaria alla communauté”

95

. Non dello stesso parere è, invece, Galante Garrone, il quale “ ravvisa nel

Babeuf e nel Buonarroti una consapevolezza dell’importanza dell’industria assai

94 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per 

l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p. 155.95 G. Manacorda, “introduzione” a F. Buonarroti, Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf,

cit., pp. XXIX.

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maggiore che negli scrittori del settecento...” 96.

La questione da affrontare è, quindi, capire se Babeuf si fosse realmente reso

conto dell’importanza, a livello produttivo, della meccanizzazione e della

concentrazione economica e come considerasse queste in relazione

all’eguaglianza reale che propugnava.

 Non è possibile affermare che Babeuf non fosse sensibile al problema

dell’efficienza produttiva o la ritenesse di scarsa importanza. In alcune lettere

della sua corrispondenza con Dubois de Fosseux, nel 1786, riguardo alla

questione della distribuzione delle terre97, aveva fatto alcune considerazioni

sulle relazioni intercorrenti tra la produttività del terreno e la sua dimensione. Le

sue aspirazioni egualitarie, che lo fanno propendere per la divisione delle terre,

non gli impediscono di riconoscere la maggior efficienza dei poderi di grandi

dimensioni98.

 Non ci si sorprende, quindi, che, tenendo conto della maggior produttività

delle  grandes fermes, Babeuf, successivamente, si pronunci a favore di uno

sfruttamento collettivo delle terre da parte di associazioni di agricoltori.99. In un

manoscritto del 1786, come ha rilevato Dalin

100

, Babeuf, rendendosi conto dellasuperiorità economica dell’azienda di grandi dimensioni, aveva abbozzato il

96 A. Galante Garrone, Buonarroti e Babeuf, cit., p. 139.97 Il problema della redistribuzione delle terre era un argomento molto sentito e discusso

dall’opinione pubblica, soprattutto, negli anni precedenti al scoppio della Rivoluzione. Cfr. M.Dommanget, Babeuf e la Congiura degli Uguali, cit., pp. 78-80.

98 M. Dommanget, Babeuf e la Congiura degli Uguali, cit., p. 87.99 C. Mazauric, “introduzione” a F. N. Babeuf, Il Tribuno del popolo, cit., p. 16.100 Cfr. V. M. Dalin,  Les idées sociales de Babeuf à la veille de la révolution, in  Babeuf et les

 problémes du babuvisme. Colloque international de Stockolm (21 Août 1960), Editions Sociales, Paris

1963, pp. 55-72.

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 progetto di mantenere le grandi aziende dandole in gestione collettiva, ossia

aveva pensato alla costituzione di fermes collectives101, nelle quali ”50, 40, 30 o

20 persone vengano a vivere in associazione su questo podere, intorno al quale,

da isolati com’erano prima, vegetando appena nella miseria, passerebbero

rapidamente al benessere”102.

Del resto, non si può dimostrare che tali idee siano mantenute negli anni

seguenti103. Senza dubbio, negli scritti successivi ed in particolare in quelli legati

alla congiura non si accenna più a questo, ed anzi in molti scritti, dopo il 1786,

Babeuf si pronuncia nuovamente a favore della legge agraria, ossia della

distribuzione delle terre, idea che sarà abbandonata solo al tempo della

congiura104.

In ogni caso, il comunismo babouvista del 1795-1796, pur essendo a favore

della comunità dei beni, non riprende con chiarezza le linee del progetto delle

 fermes collectives, che avrebbero conciliato l’eguaglianza con l’efficienza

economica105. L’associazione dei produttori agricoli (e non agricoli), delineata

dagli Eguali sembra destinata, soprattutto, alla vigilanza sull’equa distribuzione

dei lavori e dei prodotti più che all’organizzazione della produzione

106

.101 G. Manacorda, “introduzione” a F. Buonarroti, Cospirazione dell’eguaglianza detta di Babeuf,

cit., p. XXVI.102 Brano estratto da A. Soboul, Précis d’histoire de la Révolution française, Editions Sociales,

Paris, 1962, p. 412, in M. Dommanget, Babeuf e la Congiura degli Uguali, cit., p. 96.103 Mazauric, comunque, ricorda che talvolta si parla di lavoro collettivo e in tal caso i lavoratori

sarebbero stati raggruppati in brigate, di tipo corporativo: questo è il solo punto in cui il comunismodistributivo preannuncia la socializzazione delle produzione; C. Mazauric, “introduzione” a F. N.Babeuf, Il tribuno del popolo, cit., p. 49.

104 Ibidem.105 C. Mazauric, “introduzione” a F. N. Babeuf, Il Tribuno del popolo, cit., p. 16.106 G. Manacorda, “introduzione” a F. Buonarroti, Cospirazione dell’eguaglianza detta di Babeuf,

cit., p. XXVIII.

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La  ferme collective sembra essere rimasta, quindi, un’intuizione geniale e

isolata di Babeuf 107. Non è possibile dire con certezza se il progetto fosse stato

definitivamente abbandonato, perché ritenuto irrealizzabile108, o fosse stato

semplicemente accantonato, in attesa di essere successivamente ripreso, per 

motivi di opportunità politica o per la necessità di occuparsi di questioni, in quel

momento, più urgenti.

Anche per quel che riguarda il progresso tecnico e la meccanizzazione, non si

 può negare che Babeuf fosse consapevole dell’industria allora nascente. Egli

riconobbe le nefaste conseguenze che essa portò sugli operai sfruttati, ma la

considerò positiva e utile se inserita nel contesto della repubblica degli Eguali.

Sua convinzione fu che non solo l’egualitarismo e la comunione dei beni non

avrebbero portato alla distruzione dell’industria, ma, al contrario, ritenne che

essa ne avrebbe beneficiato 109.

 Né le arti, né le scienze, né l’industria andrebbero in rovina: tutt’altro. Esse riceverebbero

nuovo slancio nel senso dell’utilità generale, e si trasformerebbero nelle loro applicazioni in

modo da accrescere la somma dei godimenti di tutti. Arti, scienza, industria si

svilupperebbero e si purificherebbero cercando nuove vie; riceverebbero una sublime

impronta, conforme ai grandi sentimenti che un’immensa società di uomini felici farebbe

necessariamente sorgere. Cesserebbero d’essere schiave e, non essendo più condannate a

107 Ibid., p. XXIX.108 “Non v’è dubbio che sarebbe preferibile conseguire la massima felicità sociale. Ma se è

ammesso, dimostrato che vi si può arrivare con certezza solo attraverso uno stadio intermedio, èsenz’altro meglio aggiornare il nec plus ultra della felicità umana anziché correre il rischio di nontoccarlo mai” (F. N. Babeuf, Eclaireur du peuple ou le défenseur de vingtquatre millions d’opprimés, n.5, 1796, trad. it. in Id., Il tribuno del popolo, a cura di C. Mazauric, cit., p. 51).

109Cfr. A. Galante Garrone, Buonarroti e Babeuf, cit., pp.140-141.

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rimpicciolirsi ad arbitrio dei loro mecenati, si innalzerebbero alle concessioni grandiose, le

sole degne di una civiltà vera, quella che implica il bene comune, le sole che la

caratterizzano.110

Babeuf vuole dimostrare che in un regime egualitario non ci sarà un regresso

dell’industria, delle arti e della cultura, perché allo stimolo del guadagno si

sostituirà l’amore per la gloria e la solidarietà sociale111. Inoltre, in tale sistema il

frutto delle invenzioni sarà benefico per tutti, e non accadrà, come avviene nella

società basata sulla proprietà privata, che le conseguenze di una nuovo scoperta

siano positive solo per pochi e funeste per la moltitudine:

Se ho inventato una macchina, un procedimento che semplifica o abbrevia il lavoro del

mio mestiere, se possiedo un segreto per far meglio e più presto una qualsiasi cosa, non ho paura che mi venga sottratto; al contrario, mi affretterò a comunicarlo all’associazione e a

deporlo nei suoi archivi perché non si abbia mai a deplorare di averlo perduto. Di questo

segreto mi sarà tenuto conto: esso allevierà le fatiche mie e di tutti nella categoria dei lavori

che la sua applicazione faciliterà, e questo alleviamento della fatica non rappresenterà più

funesta causa di disoccupazione, ma un piacevole svago.112

110 F. N. Babeuf, Lettera a Charles Germain, cit., trad. it. in Id., Il tribuno del popolo, a cura di B.Maffi, cit., pp. 131-132.111 A. Galante Garrone,  Buonarroti e Babeuf, cit., p.143. All’accusa mossa al comunismo di

Babeuf secondo la quale “se ogni specie di lavoro riceve la stessa ricompensa, non esiste più motivodi dedicarsi alle ricerche scientifiche che conducono a scoperte utili alla società”, Buonarroti risponde:“Credo sia abbastanza dimostrato che il progresso delle scienze dipende più dall’amore della gloriache dall’avidità dei beni; e in questo caso, la nostra società, veramente filosofica, avendo a suadisposizione tutti i mezzi di onorare con serietà e giustizia i suoi benefattori, avrebbe diritto di contaresu di loro più delle nostre corrotte associazioni, nelle quali il genio e la virtù, disprezzati e votatiall’indigenza, vedono quasi sempre la stupidità e il delitto colmati d’ogni bene” (F. Buonarroti, Résponse à une lettre signée M. V., cit., in Id., Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it.in Id.,Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., pp. 357-358.

112 F. N. Babeuf, Lettera a Charles Germain, cit., trad. it. in Id., Il tribuno del popolo, a cura di B.

Maffi, cit., p. 126

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Il comunismo di Babeuf non è, quindi, solo agrario. Egli considera lo

sviluppo industriale come un processo irreversibile e non propone di arrestare

tutto questo per ritornare a forme produttive più semplici. Babeuf vuole creare

un nuovo sistema sociale, in cui l’eguaglianza reale e la sempre più vasta

applicazione delle macchine sia fonte di benessere per gli uomini113:

Dovrò allarmarmi all’annuncio di una macchina che sopprime nella mia professione

l’impiego di gran numero di braccia? No, mille volte no, perché so che l’introduzione di

questa macchina non deve portare a nulla di deprecabile; sarà per l’associazione, nel modo

 più naturale che si possa immaginare, una somma di tempo guadagnato, e perciò un

risparmio di fatica.114

Babeuf vede l’effetto positivo della diffusione delle macchine non tanto in un

aumento della produzione e nell’abbondanza, quanto in una diminuzione della

fatica e del lavoro115.

Babeuf non considera l’abbondanza di beni fonte di felicità. Elogia la

moderazione, perché le ricchezza “riporterebbero in mezzo a noi il gusto della

mollezza e del lusso e noi saremmo ancora una volta perduti”116.

Il principio da assicurare, quindi, rimane, sempre, l’eguaglianza assoluta

113 A. Galante Garrone, Buonarroti e Babeuf, cit., p. 244.114 F. N. Babeuf, Lettera a Charles Germain, cit., trad. it. in Id., Il tribuno del popolo, a cura di B.

Maffi, cit., p. 127.115 C. Mazauric, nota 1, a F. N. Babeuf, Il tribuno del poplo, cit., p. 87.116 F. N. Babeuf, Lettera a Charles Germain, cit., trad. it. in Id., Il tribuno del popolo, a cura di B.

Maffi, cit., p. 130.

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nella distribuzione; bisogna “procurare con sovrabbondanza le cose necessarie a

tutti e fornire gli svaghi non riprovati dai pubblici costumi. Ciò che non è

comunicabile deve essere eliminato”117.

 Nonostante, quindi, sia evidente la consapevolezza di Babeuf riguardo ai

 problemi economici, legati all’industrializzazione e all’efficienza produttiva,

non è possibile rispondere con certezza alla seconda questione posta, ossia se il

rivoluzionario francese considerasse l’eguaglianza reale conciliabile con lo

sviluppo e il progresso. Ciò che si può dire è che, per gli Uguali, l’obiettivo non

è l’abbondanza di beni materiali, ma la creazione di un società in cui ogni uomo

sia libero dalle preoccupazioni legate alla sopravvivenza, in cui si sviluppi un

forte legame tra gli uomini e la comunità.

 Distribuzione delle risorse

Abbiamo visto che, nella repubblica degli Uguali , ogni lavoratore consegna i

 propri prodotti al magazzino comune; successivamente “un’amministrazionedelle sussistenze, tenendo un registro accurato degli individui e delle cose,

[ripartisce] queste ultime nella più scrupolosa eguaglianza e le [consegna] al

domicilio dell’interessato”118.

117 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per 

l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p. 150.118 F. N. Babeuf, Tribun du peuple, n. 35, cit., trad. it. in Id.,  Il tribuno del popolo, a cura di B.

Maffi, cit., p. 81.

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In questo modo, la sussistenza è assicurata a tutti perché tutti ottengono

direttamente, senza la mediazione del denaro, tutto ciò di cui hanno bisogno.

Scrive Babeuf:

Invece di esser costretto come per il passato a scambiare il lavoro delle mie mani contro

segni monetari, che sono ora appena al livello dei bisogni quotidiani, ora molto al di sotto 119,

scambierò questo lavoro contro tutti gli oggetti reali che mi sono necessari, e sarò certo che

mi procurerà costantemente tutto ciò di cui avrò bisogno, anche quando mi fosse impossibile

continuare ad eseguirlo, cioè quando fossi malato o curvo sotto il peso degli anni.120

Il principio fondamentale dell’ideologia babouvista è l’assoluta eguaglianza

dei godimenti: “poiché tutti contribuiscono egualmente a fecondare la terra e a

 prepararne i prodotti, è evidente giustizia che tutti partecipino egualmente ai

godimenti che se ne ricavano e dai quali dipende per legge di natura la

conservazione e la felicità della specie”121. E “poiché il popolo non può

desiderare di trattare gli uni più favorevolmente di altri, quando esercita

completamente i suoi diritti, intende necessariamente che la produzione ineguale

di lavori eguali sia compensata mediante un’imparziale distribuzione”122.

A questo, si collega la necessità di assicurare un identico benessere anche a

119 Babeuf fa qui riferimento alle vicende economiche della rivoluzione e, in particolare allecontinue svalutazioni degli assegnati, fino alla loro totale perdita di potere d’acquisto all’iniziodell’anno IV.

120 F. N. Babeuf, Lettera a Charles Germain, cit., trad. it. in Id., Il tribuno del popolo, a cura di B.Maffi, cit., p. 127.

121 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per 

l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p. 152.

122 Ibid., p. 183, nota 1.

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chi non può lavorare,

 poiché la società, avendo tutto l’interesse ad essere giusta, si è impegnata a prendere cura

allo stesso modo dei bambini, degli infermi, dei vecchi. E’ un anticipo che fa ai primi perché

 possano servirla nell’età della forza. Verso gli altri, se l’hanno servita, soddisfa un debito; se

sono stati incapaci di rendersi utili, paga il debito dell’umanità.123

 Nella Cospirazione, si legge:

All’obbligo di lavorare imposto agli uomini validi corrisponde il diritto ad un’esistenza

felice, e quello di essere esente dal lavoro e di essere meglio curato, quando le infermità o

l’indebolimento degli organi rendono il lavoro penoso o impossibile, il provvedere al riposo e

alla cura dei vecchi e degli infermi è fra i principali doveri della società.124

Buonarroti, riguardo a cosa effettivamente si debba intendere per eguaglianza

dei godimenti, si preoccupa di precisare:

Qui, l’eguaglianza deve misurarsi... dai bisogni del consumatore, e non dalla... quantità

degli oggetti consumati...

L’uomo che, per calmare una sete ardente beve una bottiglia d’acqua, non si procura un

godimento maggiore di quello del suo simile che, leggermente assetato, ne inghiotte un sorso.

Lo scopo della comunità di cui si tratta è l’eguaglianza dei godimenti e delle fatiche, e non

123 F. N. Babeuf, Lettera a Charles Germain, cit., trad. it. in Id., Il tribuno del popolo, a cura di B.Maffi, cit., p. 127.

124 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per 

l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p. 156.

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quella delle cose da consumare o dei compiti del lavoratore.125

Gli Eguali, propugnando l’eguaglianza dei bisogni, hanno cercato di definire,

quali siano le reali necessità degli uomini: “un alloggio sano...; abiti da lavoro e

da riposo...; la quantità sufficiente di alimenti... costituenti nel loro complesso

un mediocre e frugale trattamento; i soccorsi dell’arte medica”126.

Babeuf assicura, dunque, all’umanità la sufficienza per vivere, non oltre127.

La felicità, come detto, non si trova nell’abbondanza delle ricchezze, ma

nell’espandersi di sentimenti positivi e collettivi, quali la fraternità e l’amore per 

la patria: la felicità individuale deriva dalla contentezza sociale.

Solo riducendo la ricchezza diventa possibile estirpare la cupidigia e

sostituire ad essa sentimenti positivi.

Il contrasto eguaglianza-ricchezza, in Babeuf, sembra più nel senso che la

seconda rende impossibile la prima, che viceversa. Nel senso che se da una

 parte non ci sono prove per affermare, con sicurezza, che Babeuf ritenga

impossibile, in un sistema del tutto egualitario, lo sviluppo della produzione e,

quindi, dell’abbondanza, dall’altra sappiamo che egli considera strettamente

collegati la ricchezza, il gusto del lusso e quindi l’avidità e l’egoismo:

 probabilmente la ricchezza impedirebbe nell’uomo la nascita e l’espandersi dei

125 Ibid., p. 213.126 F. Buonarroti,  Frammento di un progetto di decreto economico, in Id., Conspiration pour 

l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura diG. Manacorda, cit., p. 411.

127 Si è parlato, al riguardo, di  socialismo delle frugalità; cfr. J. Dautry,  Le pessimisme

économique de Babeuf et L’histoire des utopies, in AHRF, 1961, pp. 214 e segg.

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sentimenti legati alla collettività, gli unici, per Babeuf, che conducono alla vera

felicità128.

Sovranità popolare

La sovranità popolare, dopo l’eguaglianza reale, è l’altro fondamentale

 principio su cui si basa la repubblica degli Uguali.

In Babeuf, rivoluzione politica e rivoluzione sociale sono strettamente

connesse: la seconda é necessaria per arrivare alla prima129 e questa,

successivamente, ne sarebbe stata la principale difesa; avrebbe reso il sistema

egualitario irrevocabile: eguaglianza reale e sovranità popolare sono condizioni

l’una dell’altra130.

Quando Babeuf parla di sovranità popolare, egli intende dire che il popolo

deve potere esercitare realmente il proprio potere, non semplicemente attraverso

dei rappresentanti.

Buonarroti, nella Cospirazione, scrive:

128 In questo, ancora una volta, Babeuf è illuminista fino in fondo; come Rousseau egli considerala naturale bontà degli uomini corrotta dalla proprietà privata e dalla ricchezza.

129 “Dopo aver posto le basi dell’economia sociale atta a mantenere l’eguaglianza, il comitatoinsurrezionale pensò di disporre le cose in modo che non fosse mai violato il principio della sovranità

 poplare, cioè che nessuna obbligazione potesse essere imposta al popolo senza il suo effettivoconsenso, che esso potesse facilmente manifestare la sua volontà, e che portasse tutta la maturitàdesiderabile nelle sue deliberazioni” (F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit.,trad. it. in Id., Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p. 185)

130 Per Babeuf, l’eguaglianza dei diritti civili e politici non può sussistere senza l’eguaglianzasociale, e quest’ultima non può mantenersi senza eguaglianza politica. Cfr. G. Manacorda,

“introduzione” a F. Buonarroti, Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, cit., p. XXXIV.

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Il popolo, diceva il comitato, è la totalità degli uomini viventi come fratelli sotto la stessa

legge politica, e poiché la natura fa dipendere la felicità degli individui e la durevole

tranquillità della società dall’eguaglianza dei diritti, non ci potrebbe essere in seno alla

nazione un solo individuo avente diritti che gli altri non hanno o privo dei diritti che hanno

gli altri, senza che ci sia subito un seme di disordine e di dissoluzione. Di conseguenza, tutti

gli abitanti che, giunti all’età in cui si sviluppano le facoltà intellettuali, consentano a vivere

nel paese e a sottomettersi ai decreti del popolo sovrano, sono cittadini e membri del potere

legislativo.

131

Gli Uguali rifiutano il parlamentarismo di tipo inglese; sono decisamente

contrari a che il potere politico sia lasciato in mano a pochi uomini, anche se

nominati dal popolo; essi, infatti, troverebbero

 ben presto nella [loro] superiorità di cultura e soprattutto nell’ignoranza dei [loro]

compatrioti, il segreto per creare distinzioni e privilegi a [loro] favore; esagerando

l’importanza dei [loro] servigi [giungerebbero] facilmente a farsi considerare [i necessari

 protettori] della patria, e, colorando le [loro] audaci imprese col pretesto del bene pubblico,

[parlerebbero] ancora di libertà e di eguaglianza ai [loro] poco chiaroveggenti concittadini,

già sottomessi a una servitù tanto più dura, in quanto parrebbe legale e volontaria.132

131 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p. 186. E’ opportuno ricordare che Babeuf,a differenza di molti suoi compagni, rivendica alle donne l’eguaglianza dei diritti politici. Scriveva il 2novembre 1794: “Non imponete più il silenzio a questo sesso che non merita d’essere disprezzato.Rilevate al contrario la dignità della parte migliore di voi stessi. Lasciate che le vostre mogli prendano

 parte all’interesse della patria; esse possono più di quanto non si pensi per la sua prosperità. Comevolete che allevino degli uomini per farne degli eroi, se voi le annientate?... Provate a non tenere innessun conto, nella vostra repubblica, le donne ne farete delle civette della monarchia, e la loroinfluenza sarà tale che essa la ristabiliranno” (brano citato da G. Lecoq, Un manifeste de Gracchus Babeuf, p. 40, in F. N. Babeuf, Il tribuno del popolo, cit., a cura di C. Mazauric, p. 191, nota1. Inoltre,Cfr. .M. Dommanget, Babeuf e la Congiura degli Uguali, cit., p. 168).

132 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per 

l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p. 164.

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I progetti di Babeuf tendevano “ad assicurare l’esecuzione del dogma

fondamentale: il popolo delibera sulle leggi, consacrato dalla costituzione del

1793, della quale costituisce il carattere distintivo”133.

Il popolo esercita il proprio effettivo potere da una parte con la formazione

delle leggi e dall’altra con l’amministrazione della comunità, ed in particolare

con “la direzione suprema dell’agricoltura e delle arti”134. Buonarroti, infatti,

scrive: “...l’eguaglianza e la libertà non si possono realizzare nella società, se

non in quanto tutti i cittadini partecipino alla formazione delle leggi, possano

essere incaricati dell’amministrazione pubblica...”135.

In particolare, riguardo al potere legislativo, sempre Buonarroti dice che “fra

tutti i diritti sociali, nessuno è più importante di quelli che si riferiscono alla

formazione delle leggi, poiché in forza di esse la società vive ed agisce”136.

Inoltre,

le leggi fondamentali non bastano a uno stato; esse non possono né tutto prevedere, né

133 Ibid., p. 186. Gli Uguali consideravano la Costituzione del 1793 un primo passo versol’eguaglianza reale. Il loro favore era dovuto proprio al fatto che essa consacrava il pricipio dellasovranità popolare. La Costituzione del 1793, infatti, da una parte era stata adottata mediante unaquasi unanime decisione popolare, dall’altra sanciva il diritto del popolo a deliberare sulle leggi e lasottomossione dei rappresentanti del popolo ai suoi ordini. Tuttavia, l’adesione dei congiurati a quellacostituzione non era senza riserve. Essi criticavano, non solo il principio del diritto di proprietà in essasancito, ma, dal punto di vista politico, proprio il fatto che essa non garantisse completamente lasovranità popolare, non potendo il popolo controllare adeguatamente i propri rappresentanti. Per unanalisi dettagliata del rapporto tra gli Uguali e la costituzione del 1793 si veda M. Dommanget, Babeuf e la Congiura degli Uguali, cit., pp. 154-177.

134 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per 

l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p. 164.135 Ibid.

136 Ibid., p. 166.

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adattarsi a tutti i tempi, spesso ne occorrono di nuove per mantenere lo spirito delle

istituzioni e provvedere ai casi imprevisti.

(...)

Se lo stato ha bisogno di un potere legislativo permanente, se, come vedremo subito, tale

 potere non può risiedere che nel popolo intero, uno dei più importanti doveri del fondatore di

una repubblica è dunque di mettere tutti i cittadini in condizione di esercitarlo, cioè di dare al

 popolo la possibilità di essere realmente sovrano. Le decisioni illuminate del popolo per 

oggetti d’interesse generale non potrebbero essere contrarie all’eguaglianza, né alla felicità

sociale, ma non possono essere tali se non in quanto l’eguaglianza esista in tutto il vigore del

termine.

Da questo dovere fondamentale emanano per tutti i cittadini tre specie di occupazioni,

che, per l’importanza del loro oggetto, per l’attenzione che esigono e per l’elevazione che

dànno agli spiriti, renderebbero affascinante gran parte della vita; queste occupazioni

consistono nel conservare e nel diffondere i principi dell’istituzione sociale e delle leggi,

nell’apprenderli e nell’esercitarli.137

Il popolo esercita la propria sovranità attraverso numerose assemblee. In esse,

i cittadini nominano i propri delegati, “con il duplice mandato di proporre le

leggi e di emanare i decreti per assicurarne l’esecuzione”138.

Tali delegati, che compongono il corpo dei legislatori e quello dei magistrati,

che svolgono la funzione di amministrare la comunità, sono responsabili degli

atti da loro compiuti e possono, in qualsiasi istante, essere destituiti139.

Per Babeuf, “il veto [è il] vero attributo della sovranità”140. Il potere di veto

137 Ibid., p. 165.138 Ibid., p. 188.139 A. Galante Garrone, Buonarroti e Babeuf, cit., p. 152.140 F. N. Babeuf, Seconda lettera di F. N. Cam. Babeuf, cittadino, a J. M. Coupé, legislatore, cit.,

trad. it. in Id, Il tribuno del popolo, a cura di C. Mazauric, cit., p. 163.

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deve assicurare al popolo da una parte la possibilità di togliere, in ogni

momento, la fiducia ai propri mandatari e, dall’altra, di bloccare qualsiasi atto

che sia contrario alla volontà popolare141.

Babeuf scrive, infatti:

 bisogna smettere di attribuire al carattere di mandatario del popolo quel prestigio idolatra,

quel fanatismo schiavo, quella falsa idea di infallibilità o almeno di capacità superiore a

quella degli altri cittadini. No, il mio delegato non ha il potere di fare più miracoli di me; io

non ho avuto il potere, quando lo ho insignito della sua carica, di infondergli una sapienza

senza limiti: egli rimane uomo, come lo era prima; sbaglierà come tutti gli altri e forse

ancora di più, perché il fulgore del potere di cui l’ho inopinatamente investito lo

abbaglierà.142 

Da qui, la necessità di una partecipazione popolare diretta e costante

all’esercizio del potere legislativo.

 Nella repubblica degli Uguali,

il cittadino sarebbe stato costantemente chiamato a partecipare alle assemblee ove il

 popolo doveva esercitare la sovranità.

(...)

...queste assemblee si sarebbero riunite:

 per discutere, adottare o respingere le leggi proposte al popolo dai suoi mandatari;

 per deliberare sulle leggi richieste da un certo numero di cittadini o da altre sezioni del

141 Cfr M. Dommanget, Babeuf e la Congiura degli Uguali, cit., p. 166.142 F. N. Babeuf,  Le systéme de depupolation, (ottobre 1794), in M. Dommanget,  Babeuf e la

Congiura degli Uguali, cit. p. 151.

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 popolo sovrano;

 per conoscere e pubblicare le leggi approvate dal popolo intero.143

Le assemblee devono essere frequenti per permettere al popolo di esercitare

realmente la propria sovranità e per prevenire qualsiasi attentato alle istituzioni

da parte dei propri delegati144.

Gli Uguali, inoltre, pensarono, per aiutare il popolo ad esercitare la propria

sovranità, di istituire un corpo di senatori, incaricati di difendere e conservare

l’eguaglianza e i principi democratici, illuminando, con i propri consigli, sia il

corpo dei legislatori sia le assemblee popolari145.

Tale organizzazione del sistema politico, estremamente semplice e diretto,

avrebbe dovuto assicurare l’effettiva eguaglianza nell’esercizio dei diritti civili e

 politici e avrebbe evitato qualsiasi abuso di potere, difendendo l’eguaglianza

reale e conservando definitivamente la repubblica degli Uguali.

Buonarroti, infine, si cura di precisare che

 per apprezzare i vantaggi che offrirebbe un potere legislativo così ordinato, bisogna

ricordare anzitutto che un popolo, senza proprietà e senza i vizi e i delitti che essa genera,

senza commercio, senza moneta, senza imposte, senza finanze, senza processi civili e senza

miseria, non avrebbe bisogno del gran numero di leggi sotto le quali gemono le società civili

143 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p. 168.

144 A. Galante Garrone, Buonarroti e Babeuf, cit., p. 152.145 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per 

l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., pp. 191-192.

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d’Europa.146

 Educazione

 Non è possibile parlare compiutamente dell’ideologia babouvista

 prescindendo dalla questione dell’educazione. Essa è un punto essenziale del

sistema, in quanto gli Uguali sono convinti che non sia possibile effettuare alcun

mutamento radicale della società se prima non avviene un mutamento,

attraverso misure transitorie concernenti sia l’educazione che le istituzioni, nelle

coscienze e nei pensieri degli uomini.

L’educazione, in Babeuf, è considerata in senso lato e ha molteplici funzioni.

In primo luogo, essa è intesa come istruzione, ossia come insieme di conoscenze

utili all’uomo nello svolgimento delle proprie attività. Come già abbiamo visto,

Babeuf ritiene che le differenze di talento e capacità tra gli uomini siano dovute

 principalmente a differenze nell’educazione. Un’educazione egualitaria

 permetterebbe a tutti di sviluppare le proprie capacità, eliminando quelle

diversità di talento che sono spesso fonte di usurpazione e sfruttamento, perché

“se non viene data a tutti l’educazione [diviene fattore di ineguaglianza

sociale]”147.

Attraverso l’educazione si formano le coscienze degli uomini e un’adeguata

146 Ibid., p. 193.147 F, N. Babeuf, Cadastre perpétuel, 1789, trad. it. in. Id.,  Il tribuno del popolo, a cura di C.

Mazauric, cit., p. 109. Il Cadastre è il solo grande libro di Babeuf.; il progetto risale al 1787.

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istruzione permetterebbe l’emancipazione della maggioranza della popolazione;

“il recupero dei lumi potrà da solo riabilitare l’uomo nello stato onorevole che

gli è proprio”148. Per Babeuf l’ignoranza e l’ineducazione spiegano la passiva

accettazione, da parte del popolo, di un sistema ingiusto, in cui viene sfruttato e

costretto a vivere in miseria. Esso, infatti, è continuamente ingannato dai pochi

che hanno tutto: le ricchezze e le conoscenze.

Per questi motivi, “è dunque dimostrato che, in una società di uomini,

occorrerebbe necessariamente o che non s’avesse affatto educazione o che tutti

gli individui potessero egualmente averne. Fin tanto che sarà altrimenti, i più

sottili inganneranno sempre quelli che lo saranno meno”149.

E’ necessario, quindi, che nella società “il popolo trovi al contempo il pane

spirituale e il pane materiale”150, che l’educazione, come qualsiasi altro bene, sia

distribuita in eguale misura fra tutti.

In tal modo, non solo si eliminerebbero quelle differenze di capacità che

 potrebbero essere un attentato al sistema ugualitario, ma anche e ,soprattutto, si

emanciperebbero le masse.

L’art. 9 dell’Analisi della dottrina di Babeuf afferma:

 Nessuno può, mediante il cumulo di tutti i mezzi, privare un altro dell’istruzione

necessaria alla sua felicità: l’istruzione deve essere comune.

148 Ibid.149 Ibid.150 F. N. Babeuf,  Lettera a Coupé, 20 agosto 1791, trad. it. in Id.,  Il tribuno del popolo, a cura di

C. Mazauric, cit., p. 154.

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Prove.

1. Questo cumulo toglie agli uomini che faticano perfino la possibilità per acquistare le

conoscenze necessarie ad ogni buon cittadino.

2. Sebbene al popolo non occorra una vasta istruzione, gliene occorre un certo grado, per 

non essere preda degli astuti e dei pretesi sapienti. Gli bisogna di riconoscere i suoi diritti e i

suoi doveri.151

In queste motivazioni e idee, Babeuf è assai vicino agli enciclopedisti, ad

Helvetius, a Montesquieu152.

D’altra parte, e in questo gli Uguali sono originali staccandosi dalle teorie

settecentesche, l’educazione diventa mezzo per attuare e mantenere, una volta

sorto, il nuovo sistema sociale.

Da questo idea, che fa dell’educazione uno strumento politico, nasce la

necessità che le scuole siano, oltre ad essere luoghi deputati all’istruzione,

destinate a formare coscienze politiche, ad insegnare i principi della giustizia e

dell’eguaglianza153, ad indicare i diritti dell’uomo, a risvegliare l’amore per la

virtù e per la patria154.

Queste idee sono esposte da Buonarroti, nella Cospirazione:

Tra i mezzi che si possono immaginare per combattere l’ambizione e l’avarizia, inspirare

nuovi costumi e dare alla bontà naturale del popolo tutto lo slancio di cui è suscettibile, ce

151 F. Buonarroti, Conspiration puor l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, cit., a cura di G. Manacorda, p. 320.

152 A. Galante Garrone, Buonarroti e Babeuf, cit., p. 165.153 Ibid., p. 167.

154 M. Dommanget, Babeuf e la Congiura degli Uguali, cit., p. 115.

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n’è uno che, per quanto lento nei suoi effetti, è infallibile se i riformatori dello stato sanno

impiegarlo in tutta la sua estensione: è l’educazione.

L’educazione rimessa nelle mani dei riformatori, avrebbe completamente cambiato il

volto della nazione, rendendo sacri l’amore della patria e i principi della libertà e

dell’eguaglianza. Una volta elevato il grande edificio, spettava ancora all’educazione di

migliorarlo, fortificarlo, e renderlo immortale.155 

Per gli Uguali, l’educazione deve essere “nazionale, comune eguale”156. Essa,

quindi, è “regolata dalle leggi e vigilata dai magistrati”157, perché “il principale

scopo dell’educazione deve essere quello di scolpire profondamente in tutti i

cuori i sentimenti di fraternità generale, avversata e respinta dal regime

esclusivo ed egoista della famiglia”158. Essa è impartita in comune a tutti i

fanciulli nelle case d’educazione, perché “è essenziale che i giovani si abituino

 per tempo a vedere dei fratelli in tutti i loro concittadini, a confondere i loro

 piaceri e i loro sentimenti con quelli degli altri, a trovare la propria felicità

soltanto in quella dei loro simili”159. Essa, infine, deve essere eguale, perché

“dall’eguaglianza d’educazione deve derivare la più grande eguaglianza

 politica”160.

155 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p. 200.

156 Ibid., p. 201.157 Ibid.158 Ibid.159 Ibid., p. 202.160 Ibid. D’altronde Buonarroti afferma che “dalla naturale divisione della specie nascono due

rami di educazione: uno per i maschi, l’altro per le fanciulle. Lo scopo che la società deve proporsi èlo stesso, ma le differenze poste dalla natura tra i due sessi ci avvertono che non si potrebberoimpiegare indistintamente gli stessi procedimenti per l’uno e per l’altro senza contrastare le sue leggi”(ibid., p. 201). Per tale motivo, propone di “fondare due case d’educazione... una per i maschi e una

 per le fanciulle” (ibid., p. 203). E aggiunge “ le fanciulle saranno destinate ai lavori meno penosi

dell’agricoltura e delle arti, perché il lavoro, che è debito comune, è anche il freno delle passioni, il

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L’educazione, secondo gli Uguali ha tre obiettivi. In primo luogo, deve

mantenere i cittadini in forza e buona salute, perché “sono condizioni da cui

dipendono essenzialmente la felicità e la sicurezza della repubblica”161. Per 

questo, “la gioventù, speranza della patria, deve esercitarsi nei lavori più

faticosi... e vivere nella più stretta frugalità... Dalle case nazionali di educazione

[sono] banditi l’ozio e la pigrizia”162. In secondo luogo, essa deve far nascere nei

giovani “l’amore ardente dell’eguaglianza e della giustizia”163 e allontanare “le

idee di superiorità e privilegio”164. Infine, l’educazione deve provvedere

all’insegnamento delle arti, dei lavori e delle attività “indispensabili alla felicità

della società”165. Del resto, per liberare gli uomini “dalla soggezione al

superfluo e dall’amore dei godimenti che infiacchiscono gli animi”166, si deve

limitare “il lavoro delle arti e dei mestieri agli oggetti facilmente comunicabili a

tutti”167.

Quanto alle conoscenze speculative... [gli Eguali] volevano togliere alla falsa scienza

ogni pretesto di sottrarsi ai doveri comuni, ogni occasione di blandire l’orgoglio, d’ingannare

la buona fede e di offrire alle passioni una felicità individuale diversa da quella sociale...

 bisogno e il fascino della vita domestica; esse saranno pudiche, perché il pudore è custode della salutee condimento dell’amore; esse ameranno la patria, perché debbono farla amare agli uomini, e perciòseguiranno gli studi atti a far loro ammirare la saggezza delle leggi; saranno esercitate al canto degliinni nazionali che devono rallegrare le nostre feste; infine, sotto gli occhi del popolo, prenderanno

 parte ai giuochi dei ragazzi perché la gaiezza e l’innocenza presiedano ai primi moti dell’amore e precorrano le prossime unioni” (ibid., p. 209).

161 Ibid., p. 204162 Ibid. Ritorna ancora l’ideale ascetico e la convinzione che la felicità stia, non nell’abbondanza,

ma nella semplicità e nella moderazione.163 Ibid., p. 205.164 Ibid.165 Ibid.166 Ibid.

167 Ibid.

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Le conoscenze dei cittadini, dicevano, devono condurli ad amare l’eguaglianza, la libertà

e la patria, e metterli in condizioni di servirla e di difenderla. Perciò, aggiungevano, è

necessario che ogni francese sappia parlare, leggere e scrivere... che la scienza dei numeri sia

familiare a tutti... che ciascuno si abitui a ragionare rettamente e ad esprimersi con brevità e

 precisione... che nessuno ignori la storia e le leggi del suo paese... che tutti conoscano la

topografia, la storia naturale e le statistiche della repubblica, per potersi fare un’idea esatta

della potenza che li protegge e della saggezza delle istituzioni che fanno concorrere tutte le

 parti d’un sì gran corpo alla felicità di ogni singolo individuo; che, per ornare le feste, tutti

siano versati nella danza e nella musica.

168

L’educazione ha, come si vede, un ruolo fondamentale nell’ideologia

 babouvista. Essa è, insieme alle misure economiche transitorie, il mezzo

 principale per potere instaurare con successo, dopo l’insurrezione, il sistema

dell’eguaglianza reale. Gli Uguali sono ben consci della necessità di un periododi transizione necessario, affinché avvenga un cambiamento negli uomini,

corrotti per avere sempre vissuto in una società ingiusta: tale cambiamento può

avvenire grazie all’educazione, regolata dallo stato, che insegni i principi di

eguaglianza e fratellanza su cui si fonderà la repubblica degli Uguali169.

L’educazione, infine, una volta instaurato il nuovo sistema sociale è

necessaria per difendere e conservare l’eguaglianza. Gli Uguali immaginavano,

oltre alle case di educazione, e una volta sorta la comunità finale, delle

“assemblee d’istruzione, nelle quali sarebbe stato lecito ad ogni cittadino

168 Ibid., pp. 206-207.

169 Cfr. M. Dommanget, Babeuf e la Congiura degli Uguali, cit., pp. 152 e 176.

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illustrare al pubblico i precetti della morale e della politica...” 170.

 Misure economiche transitorie

I babouvisti sapevano che la conquista del potere politico centrale, attraverso

l’insurrezione, non era la fine della rivoluzione per il cambiamento della società.

L’abbattimento del governo avrebbe inaugurato un nuovo periodo di battaglia

ed educazione171. Gli Uguali, infatti, consideravano il popolo, vissuto per lungo

tempo in uno stato di miseria e schiavitù, non ancora pronto per l’instaurazione

della perfetta eguaglianza; esso doveva essere guidato da un gruppo ristretto di

illuminati172.

 Nasce così la tesi della necessità di una dittatura provvisoria. Essa, per i

congiurati, non doveva essere di un solo uomo, ma collettiva173.

Essa avrebbe dovuto instaurare misure provvisorie per preparare

l’instaurazione dell’eguaglianza reale. Tra le misure transitorie174, che dovevano

avere lo scopo di guidare gradualmente il popolo fino al momento in cui sarebbe

170 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per 

l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p 209.171 M. Dommanget, Babeuf e la Congiura degli Uguali, cit., pp. 148-149.172 G. Manacorda, “introduzione” a F. Buonarroti, Cospirazione per l’eguaglianza detta di

 Babeuf, cit., p XL.173 Cfr. A. Galante Garrone,  Buonarroti e Babeuf, cit., p. 213 e M. Dommanget,  Babeuf e la

Congiura degli Uguali, cit., p. 152.174 Si veda direttamente il capitolo nono di F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de

 Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda,

cit., pp. 215-226.

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stato in grado di decidere da solo, particolare importanza hanno quelle che

riguardano l’organizzazione economica.

Buonarroti, nella Cospirazione, afferma:

Si sa che lo scopo finale dei lavori del comitato era la costituzione della grande e perfetta

comunità nazionale. Tuttavia esso si sarebbe ben guardato dal farne oggetto di un ordine

l’indomani del suo trionfo, e dal costringere gli oppositori a parteciparvi...

Ma come condurre tanti uomini depravati dall’ozio, dai godimenti artificiali e dalla vanità

a desiderare uno stato di semplicità a cui avevano opposto così viva resistenza? Costituendo

con le leggi... un ordine pubblico nel quale i ricchi, pur conservando i loro beni, non trovino

 più né abbondanza, né piaceri, né rispetto. Facciamo in modo, aggiungeva, che tutti gli

uomini laboriosi, mediante un lavoro moderatissimo e senza ricevere salario, godano di

un’onesta e inalterabile agiatezza, e ben presto cadrà la benda dagli occhi dei cittadini

disorientati dai pregiudizi e dalla consuetudine.175

 Nel progetto di decreto economico viene, cosi, stabilito che “si costituirà

nella repubblica una grande comunità nazionale”176, della quale sarà membro

“ogni francese dell’uno e dell’altro sesso, che abbandoni alla patria tutti i suoi

 beni, e le consacri la sua persone e il lavoro di cui è capace”177e “i giovani

allevati nella case nazionali d’educazione”178. Ogni membro, che ottiene dalla

175 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p. 222.

176 F. Buonarroti,  Frammento di un progetto di decreto economico, in Id., Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura diG. Manacorda, cit., p. 408.

177 Ibid.

178 Ibid., p. 410.

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comunità “tutto ciò di cui [ha] bisogno”179, deve svolgere “il lavoro

dell’agricoltura e delle arti utili di cui è capace”180.

Per coloro che, invece, non vogliono fare parte della comunità nazionale è

stabilito che siano ”i soli contribuenti”181, che non possano offrire denaro ai

membri della comunità182, che non possano “essere funzionari civili o

militari”183. Inoltre, “il diritto di successione ab intestato o per successione è

abolito: tutti i beni attualmente posseduti da privati, alla loro morte ricadranno

alla comunità nazionale”184.

 Lo schema finale

Una comunità di sentimento è l’obiettivo finale dell’ideologia babouvista e

tale comunità, garanzia di successo in altri campi, politici ed economici, sarebbe

sorta con la scomparsa di ogni inclinazione verso la diseguaglianza e il

 privilegio e con lo sviluppo di un sentimento che avrebbe portato ognuno a

desiderare ardentemente il benessere della comunità

185

. Nella repubblica degli Uguali non deve esistere diversità d’interessi, perché

179 Ibid.180 Ibid.181 Ibid., p. 414.182 Ibid., p. 415.183 Ibid., p. 409.184 Ibid., p. 408.

185 J. L .Talmon, Le origini della democrazia totalitaria, cit., p. 330.

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un solo individuo ineguale spezzerebbe l’unità del popolo186. L’obiettivo è la

felicità del popolo, intesa come entità unica, così come la sovranità deve

risiedere nel popolo tutto intero.

Del resto, sappiamo che per Babeuf la concessione dei diritti è inutile ed,

anzi, pericolosa se il popolo non è pronto, se non si è liberato dei vizi e

dell’ignoranza in cui

ha vissuto da quando è sorta la proprietà privata. La sovranità popolare, infatti,

 per i babouvisti non è semplicemente la volontà della maggioranza, ma la

volontà dell’intero popolo, il quale, una volta rigenerato, non può più avere

dubbi e indecisioni su ciò che deve fare per raggiungere la felicità, perché

volontà e desiderio di ogni individuo è fare il bene della comunità.

Il capolavoro della politica consiste nel modificare il cuore umano con l’educazione,

l’esempio, il ragionamento e le attrattive del piacere in modo tale da non fargli mai formulare

altri desideri al di fuori di quelli che tendono a rendere la società più libera, più felice e più

durevole.187

La sovranità popolare, quindi, necessita da una parte dell’eguaglianza

 perfetta, perché per i babouvisti non può esistere reale eguaglianza politica e

civile senza eguaglianza economica, e dall’altra della rigenerazione spirituale

del popolo188, la quale avverrà grazie all’educazione e all’eguaglianza stessa,

186 Ibid., p. 320.187 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per 

l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p. 330.

188 J. L. Talmon, Le origini della democrazia totalitaria, cit., p. 330.

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che estirperà l’ambizione, l’egoismo ed ogni sentimento legato

all’individualismo, ossia contrario all’unità della repubblica.

I cittadini della comunità del futuro non sono gli attuali francesi, ma degli

uomini completamente diversi. Del resto, anche quando la nuova società sarà

sorta, non basterà nascere nella comunità per essere membri di essa, “perché la

sottomissione alle leggi della società di cui si fa parte deve essere il risultato

formalmente espresso di una volontà illuminata e libera”189: ogni individuo, una

volta raggiunta la maggiore età deve decidere se far parte della repubblica e, allo

stesso tempo, deve dimostrare di possedere principi e sentimenti conformi ad

essa.

La comunità, in cui non esiste la proprietà privata, si basa sul principio del

diritto di ognuno alla felicità e dell’obbligo di tutti di lavorare190. Il lavoro è

organizzato dall’amministrazione centrale che tiene conto delle reali necessità

dell’intera comunità. Al di là di questo, non è possibile dire con certezza in che

modo la produzione sarebbe stata effettivamente organizzata. Quel che è certo è

che la ricchezza, per Babeuf, è incompatibile con la reale eguaglianza, perché

genera sentimenti contrari alla coesione sociale; così, mentre l’abbondanza è loscopo del lavoro generale, la parte di ognuno deve essere uguale e modesta191.

Babeuf elimina qualsiasi tipo di contrasto che possa minare l’unità della

comunità. Non solo, quindi, viene eliminata la ricchezza, ma anche qualsiasi

189 F. Buonarroti, Conspiration puor l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per 

l’eguaglianza detta di Babeuf, cit., a cura di G. Manacorda, p. 167.190 J. L .Talmon, Le origini della democrazia totalitaria, cit., p. 327.

191 Ibid.

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fattore che possa causare divisioni192.

Già abbiamo visto quali siano le osservazioni di Babeuf riguardo alle

 presunte diversità dei talenti e delle capacità e la conseguente necessità di

un’educazione assolutamente ugualitaria. Oltre a ciò, nella comunità, da una

 parte vengono soppresse le arti e le scienze non utili alla società e che portano

solo il gusto per il lusso, il privilegio, la distinzione e la superiorità193, dall’altra

riguardo alla libertà di stampa gli Uguali stabiliscono che “nessuno [possa]

esprimere opinioni direttamente contrarie ai sacri principi dell’eguaglianza e

della sovranità popolare”194.

Per questi motivi, Gian Mario Bravo afferma che la visione della società

futura, in Babeuf, è chiusa e ristretta, in quanto non ammette il dissenso ideale

(quello economico è escluso in quanto si tratta di una società egualitaria), viene

 bandita la libertà e lo stato interviene sulle coscienze degli uomini195.

D’altro canto, Mazauric rileva che seppur “limitata sul piano economico,

‘l’economia societaria’ di Babeuf [è] non di meno liberatrice sul piano sociale.

L’uomo affrancato dallo spirito di lucro o di profitto potrà infine realizzare la

sua natura profonda: dedicandosi alla collettività, allo spirito patriottico che ne èla forma mediata, alla fraternità umana, alla nobiltà dei sentimenti,

all’esaltazione generosa...”196.

192 Si parla in tal caso di egualitarismo livellatore; cfr. G. Manacorda, “introduzione” a F.Buonarroti, Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, cit., pp. XXI-XXV.

193 J. L .Talmon, Le origini della democrazia totalitaria, cit., p. 332.194 F. Buonarroti, Conspiration pour l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per 

l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, cit., p. 209.195 G. M. Bravo (a cura di), Scritti di socialisti, cit., p. 24.

196 C. Mazauric, “introduzione” a F. N. Babeuf, Il tribuno del popolo, cit., p. 52.

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Alle critiche mosse contro il loro egualitarismo livellatore e all’austerità

individuale i babouvisti rispondono con la magnificenza collettiva197. Le arti e le

scienze avrebbero perso il carattere di autoespressione per acquisire un nuovo

significato conforme allo spirito della comunità. Buonarroti scrive:

...le case saranno semplici e la magnificenza dell’architettura e delle arti che ne mettono

in risalto le bellezze sarà riservata ai magazzini pubblici, agli anfiteatri, agli stadi, agli

acquedotti, ai ponti, ai canali, alle piazze, agli archivi, alle biblioteche e soprattutto ai luoghi

consacrati alle deliberazioni dei magistrati ed all’esercizio della sovranità popolare.198

Allo stesso modo, la felicità, il tempo libero i divertimenti si esplicheranno

nella collettività199, mai individualmente; Buonarroti, nella Cospirazione, dice

che “sotto la guida di un saggio legislatore, gli avvenimenti della natura, della

vita e della società divengono altrettante occasioni di educazione e di svago” 200 e

conclude descrivendo le numerose feste, gli spettacoli, le adunate e le

assemblee201 a cui il popolo intero avrebbe partecipato.

197 J. L .Talmon, Le origini della democrazia totalitaria, cit., p. 334.198 F. Buonarroti, Conspiration puor l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per 

l’eguaglianza detta di Babeuf, cit., a cura di G. Manacorda, p. 160.199 Talmon parla di “nazionalizzazione del tempo libero”; J. L .Talmon,  Le origini della

democrazia totalitaria, cit., p. 338.200 F. Buonarroti, Conspiration puor l’égalité dite de Babeuf, cit., trad. it. in Id., Cospirazione per 

l’eguaglianza detta di Babeuf, cit., a cura di G. Manacorda, p. 178.

201 Ibid., pp. 178-184.

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Capitolo secondo

Claude-Henri de Saint-Simon

 Introduzione

Saint-Simon è stato definito in vari e differenti modi: vero fondatore del

socialismo moderno, teorico della tecnocrazia, primo ideatore del fascismo

corporativo, sostenitore del capitalismo, padre del positivismo, iniziatore della

sociologia202.

Già questo dimostra la difficoltà ad inquadrare il pensiero dell’autore

francese e, a maggior ragione, le idee riguardo alla sua particolare concezione

dell’eguaglianza per quel che concerne la questione della distribuzione delle

risorse.

Il problema è che non esiste un’opera che racchiuda in maniera coerente tutto

il suo pensiero; leggendo la sua vasta produzione si incontra, nonostante le

numerose ripetizioni, una grande eterogeneità di temi e di argomenti trattati.

Inoltre, l’autore spesso non approfondisce le questioni poste rimanendo ad una

visione generale; il continuo passare da un argomento ad un altro dà al suo

 pensiero un carattere non sistematico. Nelle opere di Saint-Simon si trovano,

202 M. T. Bovetti Pichetto, “introduzione” a C. H. de Saint-Simon, Opere, UTET, Torino, 1975, p.

10.

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infatti, intuizioni, spesso geniali, che non vengono approfondite: la generalità

delle idee esposte vela con un carattere di ambiguità il suo pensiero, il che, in

 parte, giustifica le interpretazioni contrastanti della sua dottrina.

A ciò si aggiunga che il pensiero e gli interessi dell’autore non sono rimasti

costanti nel tempo, benché le concezioni che stanno alla base della sua dottrina

non siano mutate.

Bouglé propone di distinguere cinque fasi nell’opera di Saint-Simon203. Una

fase  scientista, corrispondente alle prime opere, durante la quale l’autore si

 propone di formulare un’unificazione della conoscenza nella convinzione che la

soluzione dei problemi sociali vada ricercata nell’applicazione del sapere

scientifico204. Una fase  pacifista, che coincide con l’opera  Della

riorganizzazione della società europea, in cui si auspica un alleanza tra Francia

e Inghilterra per risolvere pacificamente le crisi politiche. La terza fase,

industrialista, che corrisponde alla pubblicazione dell’ Industria segna la svolta

nel pensiero di Saint-Simon il quale elabora il principio cardine della sua

dottrina: “la società tutta intera si basa sull’industria”205. Successivamente si

incontra la fase  socialista in cui è forte l’idea della necessità di unaorganizzazione razionale della società in funzione dell’obiettivo produttivo.

L’ultima fase, moralista, coincide con il  Nuovo Cristianesimo, in cui il

203 Cfr. C. Bouglé e E. Halévy, Doctrine de Saint-Simon, Paris, Rivière, 1924, p. 20.204 P. Ansart, Marx e l’anarchismo, Il Mulino, Bologna, 1972, p. 19.205 C. H. de Saint-Simon, L’industrie, (1816-1818), in Oeuvres, Antrophos, Paris, 1966, trad. it. in

Id., Opere, a cura di M.T. Bovetti Pichetto, cit., p. 263.

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contenuto morale del cristianesimo206 diventa il cuore del nuovo sistema sociale

che, in ogni caso, non cambia nella struttura organizzativa207.

In ogni caso, a partire dalla pubblicazione dell’ Industria la dottrina di Saint-

Simon diviene un insieme coerente in cui si ripeteranno, seppur con sfumature

diverse, gli stessi temi208. L’autore diviene il teorico del sistema industriale, una

società in cui tutto deve essere organizzato in funzione dell’industria e dello

sviluppo della produzione. Esso diviene l’obiettivo primario e generale

dell’organizzazione sociale, la quale è vista da Saint-Simon come un blocco

unitario al cui interno scompaiono gli antagonismi perché gli interessi

individuali e particolari si fondono e confondono con l’interesse generale e

collettivo della produzione.

Cenni biografici

Claude-Henri de Saint-Simon209 nasce nel 1760 da una nobile famiglia. A 17

anni intraprende la carriera militare, partecipando alla guerra d’indipendenzaamericana dove ha modo di avvicinarsi alle idee democratiche.

206 “Gli uomini devono comportarsi come fratelli gli uni verso gli altri; questo sublime principioracchiude tutto ciò che vi è di divino nella religione cristiana” (C. H. de Saint-Simon,  Le nouveau

christianisme, (1825), in Oeuvres, Antrophos, Paris, 1966, trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T.Bovetti Pichetto, cit., p. 1105).

207 F. E. Manuel, I Profeti di Parigi, Il Mulino, Bologna, 1979, p. 181.208 P. Ansart, Marx e l’anarchismo, cit., p. 31.209 Le notizie biografiche sono tratte da: C. H. de Saint-Simon Opere, a cura di M. T. Bovetti

Pichetto, cit.; F. E. Manuel, I Profeti di Parigi, cit.; G. Dalmasso, La società medico-politica, Jaka

Book, Milano, 1980.

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 Nel 1789, lasciato l’esercito, si schiera a favore delle idee rivoluzionarie

rinunciando al titolo e ai privilegi nobiliari e compiendo numerosi atti di virtù

repubblicana che gli forniscono una buona reputazione. Nel frattempo

intraprende con alterna fortuna diverse speculazioni finanziarie, con l’acquisto e

la rivendita di beni nazionali, con il ministro prussiano in Inghilterra Redern.

Durante il Terrore Saint-Simon viene arrestato, ma riesce ad uscire indenne

di prigione anche grazie all’interessamento dei patrioti locali di Piccardia con i

quali aveva mostrato più volte il suo zelo rivoluzionario.

La collaborazione con Redern si interrompe nel 1798.

Saint-Simon, da questo momento, decide di dedicarsi allo studio delle scienze

e della filosofia. A partire dal 1802, con la pubblicazione dell’opuscolo Lettere

da un abitante di Ginevra ai suoi contemporanei, inizia la vasta produzione

letteraria dell’autore francese.

 Negli anni seguenti Saint-Simon spende il resto della fortuna che gli era

rimasta e, nel 1806, trovandosi in gravi ristrettezze economiche, comincia a

lavorare come copista al Monte di Pietà per un bassissimo stipendio. Grazie a

questo e all’aiuto di un suo vecchio servitore che lo ospita nella sua casa riescead ottenere i mezzi per pubblicare privatamente alcuni suoi lavori.

Con la povertà l’amore per la scienza aumenta enormemente: l’autore scrive

una quantità di opuscoli di natura scientifica.

A partire dal 1814, dopo un periodo di crisi in cui l’autore viene, tra l’altro,

internato in un istituto per pazzi, inizia il periodo delle grandi opere. Con l’aiuto

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di amici e collaboratori, in particolare di Thierry prima e a partire dal 1817 di

Comte, scrive le sue opere più importanti ed organizza una serie di

 pubblicazioni periodiche nelle quali è racchiuso la sua dottrina sociale.

Pubblica, ad intermittenza, L’Industria, L’Organizzatore, Il Sistema Industriale,

 Il Catechismo degli Industriali.

 Nel 1823, in un momento di disperazione, Saint-Simon tenta il suicidio. Il

tentativo fallisce. Lo scrittore vive ancora due anni durante i quali si forma un

nuovo gruppo di discepoli. In quest’ultimo periodo della sua vita l’autore scrive

la sua opera finale, che diventerà una sorta di vangelo per i suoi seguaci:  Il 

 Nuovo Cristianesimo.

Il pensiero del maestro verrà ripreso e trasformato dai saintsimoniani guidati

da Rodrigues, Bazard ed Enfatin. Essi, pur partendo dalle premesse della

dottrina di Saint-Simon, arriveranno, anche a causa della nuova realtà

industriale che andava profilandosi nella Francia della Restaurazione, ad

elaborare un pensiero del tutto indipendente dalla dottrina originaria210.

 Il sistema industriale

 Nelle prime esposizioni le idee di Saint-Simon non si distinguono da quelle

degli economisti liberisti211. A partire dall’ Industria, pubblicata tra il 1816 e il

210 Per un approfondimento della storia e dei caratteri del pensiero dei saintsimoniani, nonché per i suoi rapporti con la dottrina di Saint-Simon, cfr. M. Larizza Lolli,  Il Sansimonismo (1825-1830).

Un’ideologia per lo sviluppo industriale, Giappichelli, Torino, 1976.

211 M. Battini, L’ordine della gerarchia. I contributi reazionari e progressisti alle crisi della

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1818, Saint-Simon, pur aderendo in linea generale ai principi enunciati da

Smith, arriva ad elaborare la sua teoria riguardo all’organizzazione sociale,

immaginando la società industriale come una comunità integrata212 in cui

scompaiono i conflitti sociali e in cui la produzione, lungi dal potere essere

lasciata in balia dell’iniziativa e della libertà individuale, deve essere

organizzata razionalmente213.

 Negli opuscoli precedenti c’erano idee, pensieri e indicazioni su ciò che non

andava e ciò che poteva essere fatto, ma il tutto era disorganico e non

 perfettamente coerente. Ora, invece, viene esposta una dottrina completa, in cui

ogni dettaglio si spiega facendo riferimento al nucleo, alla base del pensiero

dell’autore.

 Nei particolari contingenti il pensiero tende a mutare nel corso del tempo, ma

l’essenza della sua dottrina, l’idea base, non cambierà più: l’industria, “intesa

nel senso più generale e che abbraccia tutti i tipi di lavori utili, la teoria e la

 pratica; i lavori dello spirito e quelli manuali”214, viene posta alla base

dell’organizzazione sociale. La società, infatti, non è altro che “l’insieme e

l’unione degli uomini dediti ai lavori utili”

215

. Nel “Prospetto” dell’ Industria si legge:

democrazia in Francia (1789-1914), Bollati Boringhieri, Torino, 1995, p. 97.212 Ibid., p. 98.213 D. Fisichella, Il potere nella società industriale, Laterza, Bari, 1995, p. 66.214 C. H. de Saint-Simon, L’industrie, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto,

cit., p. 285.

215 Ibid., p. 264.

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La società tutta intera si basa sull’industria. L’industria è l’unica garanzia della sua

esistenza, la sola fonte di ogni ricchezza e di ogni prosperità. Lo stato di cose più favorevole

all’industria è quindi, per questo solo motivo, il più favorevole alla società. Ecco al tempo

stesso il punto di partenza e lo scopo dei miei sforzi.

 Noi ci proponiamo di porre nella sua vera luce l’importanza dell’industria, l’influenza

 politica che essa può esercitare e che le compete... rafforzando l’industria ci proponiamo di

rafforzare una costituzione essenzialmente industriale.216

Ogni regola, ogni disposizione, ogni minima cosa deve dunque essere

studiata ed organizzata per favorire la produzione, per far sì che l’industria sia

 posta nelle condizioni di massima efficienza. Poiché il fine della società è la

 produzione, tutto deve essere subordinato, sia nell’ambito teorico che in quello

delle applicazioni, all’industria: l’obiettivo è ottenere il miglior prodotto al

minor costo, ogni ricerca deve avere questo scopo217.

Per Saint-Simon, infatti,

i mezzi generali per il raggiungimento del benessere sociale... [non sono altri] se non

quelli delle scienze, delle belle arti , e delle arti e mestieri; gli uomini infatti possono essere

felici soltanto quando riescono a soddisfare i loro bisogni fisici e morali, e questo è lo scopo

unico e l’obiettivo più o meno diretto della scienza, delle belle arti e delle arti e mestieri.218

216 Ibid., p. 263.217 D. Fisichella, Il potere nella società industriale, cit., p. 59.218 C. H. de Saint-Simon, L’organisateur, (novembre 1819- febbraio 1820), in Oeuvres,

Antrophos, Paris, 1966, trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto, cit., p. 521. “Credo cheil paese nel quale gli uomini sono meglio nutriti, meglio alloggiati, meglio vestiti, e dove possonoviaggiare nel modo più comodo, sia quella dove sono più felici dal punto di vista fisico. Credo che, sein questo stesso paese, l’intelligenza degli uomini è sviluppata, se sono suscettibili di apprezzare le

 belle arti, se conoscono le leggi che regolano i fenomeni naturali come i procedimenti per mezzo deiquali li si può modificare, infine, se sono benevoli dal punto di vista morale, la loro felicità è la

maggiore possibile” (C. H. de Saint-Simon, Du systéme industriel, (1820-1822), in Oeuvres,

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L’autore contrappone al mondo feudale basato sulla conquista e sulla azione

dell’uomo sull’uomo la società industriale che si ispira al principio della

 produzione e della azione dell’uomo sulla natura.

Il passaggio da un sistema all’altro avviene in modo graduale, nel senso che i

germi della società industriale sono sorti durante l’epoca dei Comuni219. Al

riguardo è molto importante la concezione che Saint-Simon ha della storia; egli

afferma che le forze sociali reali si trovano nella società civile: dalla graduale

indipendenza e forza economica acquisiti dalla società dei produttori si è infine

giunti alla dissoluzione del sistema feudale, il quale, a sua volta, è sorto

dall’epoca precedente, decomponendola220.

L’autore sostiene che tutte le rivoluzioni politiche si accompagnano a

 profondi mutamenti dell’ordine scientifico-industriale221 e considera lo sviluppo

 progressivo222 della società umana in funzione del livello raggiunto dalle sue

conoscenze. Le caratteristiche della società di ogni epoca sono funzione delle

conoscenze e concezioni raggiunte dall’uomo, in particolare delle conquiste

razionali e positive che si riflettono sui modi di produzione e

Antrophos, Paris, 1966, trad. it. in Id., Opere a cura di M. T. Bovetti Pichetto, cit., p. 876).219 Si veda direttamente C. H. de Saint-Simon, L’organisateur, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di

M. T. Bovetti Pichetto, cit., pp. 479-507.220 P. Ansart., Marx e l’anarchismo, cit., p. 12.221 D. Fisichella, Il potere nella società industriale, cit., p. 49.222 Saint-Simon considera lo storia dell’uomo, che è anche la storia degli sviluppi

dell’ordinamento sociale, come uno sviluppo continuo nel tempo. Del resto, l’autore distingue leepoche storiche in organiche ed inorganiche, considerando le prime come i periodi di ordine e leseconde come i periodi di disordine sociale necessari per attuare il passaggio definitivo, che in sé è

continuo nel tempo, da un periodo al successivo.

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sull’organizzazione economica. In tal modo, per Saint-Simon, alla società

feudale, orientata in vista della conquista non avendo ancora sviluppato grandi

capacità produttive e che privilegiava l’apparato militare, subentra una società

orientata in vista del lavoro produttivo che richiede di essere completata con un

apparato adatto alle esigenze dell’industria. Lo sviluppo storico procede, quindi,

dalla società militare a quella industriale concepita da Saint-Simon come lo

stadio definitivo dell’umanità223.

 Nell’Organizzatore si legge:

L’antico sistema politico... è nato nel Medioevo. Due elementi di natura assai diversa

hanno concorso alla sua formazione; esso è stato fin dall’origine e per tutta la sua durata un

misto di sistema teocratico e di sistema feudale. L’alleanza della forza fisica (attributo

 precipuo dei guerrieri) con gli strumenti della malizia e dell’astuzia inventati dai preti,

avevano investito i capi del clero e quelli della nobiltà dei poteri sovrani e aveva loro

asservito tutto il resto della popolazione.

Un sistema migliore non poteva formarsi a quell’epoca... data la vaghezza e la

superficialità di tutte le conoscenze, allora possedute...

D’altra parte, in quei tempi di barbarie un grande popolo riusciva ad arricchirsi soltanto

facendo delle conquiste...

Così l’antico sistema politico ebbe come base fondamentale, da una parte, uno stato

d’ignoranza... e dall’altra uno stato d’incapacità nelle arti e mestieri, con il risultato che i

 popoli (incapaci di produrre ricchezze mediante la trasformazione manuale delle materie

 prime) si potevano arricchire soltanto impadronendosi delle materie prime possedute da altri

 popoli.

223 P. Rossi, Positivismo e società industriale, Subalpina, Torino, 1975, p. 12.

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Grazie ai progressi dell’industria, i popoli hanno conquistato i mezzi per prosperare tutti

insieme, arricchendosi grazie ai lavori pacifici.

Da un simile stato di cose risultano i mezzi e quindi la necessità di fondare un nuovo

sistema politico.224

Secondo l’autore, la società ha ormai i mezzi per organizzarsi in una nuova

forma che le permetta, attraverso il miglioramento delle capacità produttive, di

“migliorare la propria sorte”225.

Ormai, “il più grande desiderio di tutti gli individui non è affatto di agire

sull’uomo, quanto sulla natura”226 e “il desiderio di comandare gli uomini a

 poco a poco si è trasformato nel desiderio di fare e rifare la natura a proprio

 piacimento”227.

224 C. H. de Saint-Simon, L’organisateur, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. BovettiPichetto, cit., pp. 440-441. Dalla sua concezione della storia consegue l’idea che Saint-Simon ha dellarivoluzione francese come fatto ineluttabile dovuto al progressivo sviluppo della società: “Le forzetemporali e spirituali della società sono passate in altre mani. La vera forza temporale risiede ora negliindustriali, e la forza spirituale negli scienziati... Questo cambiamento fondamentale è stata la veracausa della Rivoluzione francese. Questa grande crisi non ha avuto la sua origine in questo oquest’altro fatto isolato, per quanta reale importanza esso abbia d’altronde potuto avere. E’ avvenutoun sconvolgimento nel sistema politico, per la sola ragione che lo stato della società al qualecorrispondeva l’antica costituzione abbia cambiato totalmente natura... Se si vuole assolutamenteassegnare un’origine alla Rivoluzione francese, occorre datarla dal giorno nel quale ebbe iniziol’affrancamento dei Comuni e lo studio delle scienze di osservazione nell’Europa occidentale” (C. H.de Saint-Simon, Du systéme industriel, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto, cit.,

 p. 622).225 Ibid., p.441. Per Saint-Simon il processo storico che porterà alla nascita del sistema industriale

 può essere frenato da coloro i cui interessi sono in contrasto con esso, i nobili e in generale tutti coloroche non svolgono lavori utili, ma esso è inarrestabile. “All’epoca dell’affrancamento dei Comuni, noi

vediamo che la classe industriale, dopo aver riscattato la sua libertà, è riuscita a crearsi un potere politico. Questo potere consiste nel diritto di approvare o meno gli aggravi fiscali. Essa a poco a pococresce di numero, diventa più ricca e nelle stesso tempo più importante; la sua esistenza sociale vamigliorando sotto tutti gli aspetti: le classi, invece, che potremmo chiamare feudali e teologiche

 perdono continuamente la stima e il potere reale, per cui giungo alla conclusione che la classeindustriale è destinata a progredire e a conquistare infine l’intera società. Tale è il fine al quale tendeogni cosa, al quale noi tutti tendiamo, e queste vecchie istituzioni, che non hanno già più la forza disostenere ciò che hanno costruito, crolleranno per sempre e si cancelleranno da sole” (C. H. de Saint-Simon, L’industrie, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto, cit., p. 285).

226 Ibid., pag.487.227 Ibid., p. 486, nota r. Saint-Simon non considera la brama di potere una caratteristica naturale

dell’uomo. Ciò che spinge gli uomini a cercare il potere non è il desiderio di potere in sé, ma lavolontà di procurarsi i mezzi per soddisfare le proprie necessità e i propri piaceri. Ora che l’umanità

ha raggiunto i mezzi per produrre in abbondanza e ha compreso, lentamente ma sicuramente, che il

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Partendo da queste premesse Saint-Simon arriva alla logica conclusione del

suo pensiero: è tempo che la società assuma un nuovo tipo di organizzazione

fondato su basi razionali e con lo scopo di favorire l’industria. Il  sistema

industriale deve essere fondato sulle idee positive e deve avere come obiettivo,

utilizzando tutte le conoscenze scientifiche e le scoperte utili, la maggior 

efficienza possibile nella produzione perché è con l’abbondanza che l’uomo

raggiungerà la felicità. Di conseguenza,

la classe industriale deve occupare il primo posto, perché è la più importante di tutte;

 perché può fare a meno di tutte le altre classi e nessun’altra può fare a meno di lei; perché

sussiste con le sue proprie forze, con i suoi lavori personali...

Il solo modo per soddisfare... i desideri della maggioranza, consiste nell’incaricare gli

industriali più importanti di dirigere il tesoro pubblico; perché gli industriali più importanti

sono i più interessati al mantenimento della pace; sono i più interessati all’economia nelle

spese pubbliche; sono anche i più interessati alla limitazione dell’arbitrio. Infine essi sono,

fra tutti i membri della società, quelli che hanno dato prova della maggiore capacità

nell’amministrazione positiva, poiché i successi da essi ottenuti nelle loro imprese private

hanno accertato le loro capacità in questo campo.228

Così come l’industria è intesa in senso lato, anche il termine industriale ha

 benessere è il frutto dell’intervento umano sulla natura, tutta l’energia e la forza distruttiva utilizzatanelle epoche passate in azioni di conquista e in lotte fratricide, verrà incanalata in modo pacifico e

 positivo nell’azione sulle cose; cfr. D. Fisichella, Il potere nella società industriale, cit., pp. 84-85. Delresto, Manuel, parlando dell’ottimismo con il quale Saint-Simon, e in questo all’autore francese vieneaccostato lo stesso Marx, era convinto della rigenerazione dell’uomo e della scomparsa del potere edei conflitti nella nuova società, afferma: “la semplicità con la quale la teoria socialista dimenticò larealtà del potere fu la grande utopia della sua visione” (F. E. Manuel, I profeti di Parigi, cit., p. 180).

228 C. H. de Saint-Simon, Catéchisme des industriels, (1823-1824), in Oeuvres, Antrophos, Paris,

1966, trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto, cit., pp. 917-919.

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un accezione molto ampia, dovendosi intendere chiunque svolga un lavoro utile.

Per Saint-Simon,

un industriale è un uomo che lavora a produrre o a mettere alla portata dei vari membri

della società, uno o più mezzi materiali in grado di soddisfare le loro necessità o i loro

desideri materiali; così, un coltivatore che semina il grano, che alleva pollame e bestiame, è

un industriale; un carradore, un maniscalco, un fabbro ferraio, un falegname, sono degli

industriali; un fabbricante di scarpe, di cappelli, di tele, di stoffe, di lane è egualmente un

industriale; un negoziante, un carrettiere, un marinaio arruolato su navi mercantili, sono degli

industriali. Tutti questi industriali riuniti lavorano per produrre e mettere alla portata di tutti i

membri della società, tutti i mezzi materiali in grado di soddisfare i loro bisogni o i loro

desideri fisici, e formano tre grandi classi che si chiamano i coltivatori, i fabbricanti e i

commercianti.229 

Oltre agli industriali, grande importanza, anche se minore, hanno gli artisti, in

grado di soddisfare i bisogni morali e gli scienziati, i quali, attraverso i loro

studi, fanno progredire l’industria.

Già ora, si riconosce una delle caratteristiche fondamentali della dottrina

sociale di Saint-Simon: la mancanza di conflitto di classe. L’autore considera,

infatti, tutti i lavoratori, indipententemente dalle attività svolte, un gruppo

omogeneo per interessi che si contrappone ai parassiti e a tutti gli oziosi. In altri

termini, la classe industriale, composta dai produttori di tutte le classi, tende a

 perdere i requisiti della parzialità e della settorialità finora attribuiti al concetto

229 Ibid., p. 917.

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di classe, per acquisire i termini generali di una classe senza confini, di un unica

classe non-classe230.

L’autore aderisce, seppure in modo particolare, all’idea Smithiana della

 perfetta identità tra interesse individuale e interesse collettivo231, affermando che

gli “interessi particolari [della classe industriale] son perfettamente in accordo

con l’interesse comune”232. L’autore non è immune dal fascino della teoria della

mano invisibile233: “Quanto meno si ostacolano gli interessi degli altri lavorando

 per i propri, tanto minor resistenza si incontra da parte loro, e maggiore è la

facilità con cui si raggiunge lo scopo”234.

In ogni caso, l’iniziale adesione a queste idee porta l’autore a sviluppare

ulteriormente il suo pensiero perché se da una parte afferma che fattore

imprescindibile per lo sviluppo della società industriale sia la libertà, ossia il

fatto che il governo intervenga il meno possibile nella regolamentazione della

 produzione235, dall’altra ritiene che il sistema debba essere organizzato in

maniera razionale dagli uomini le cui capacità sono dell’utilità più generale e

 più positiva. Saint-Simon considera l’intera società come una grande compagnia

di lavoratori il cui scopo, come una qualsiasi società di produzione, è produrre

230 D. Fisichella, Il potere nella società industriale, cit., p. 63.231 M. T. Bovetti Pichetto, “introduzione” a C. H. de Saint-Simon, Opere, cit., p. 20.232 C. H. de Saint-Simon, L’industrie, cit., in P. Rossi, Positivismo e società industriale, cit., p. 87.233 Nelle ultime opere, in particolare nel Nuovo Cristianesimo, tale principio viene almeno in

 parte abbandonato. Cfr. qui il paragrafo 6. Il Nuovo Cristianesimo.234 C. H. de Saint-Simon, De la réorganisation de la société européenne, (ottobre 1814), in

Oeuvres, Antrophos, Paris, 1966, trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto, cit., p. 192.235 “Il governo nuoce all’industria ogniqualvolta si occupa dei suoi affari; nuoce anche quando si

sforza di incoraggiarla; ne segue che i governi debbono limitarsi a salvaguardare la produzione daitumulti e contrarietà di qualsiasi specie” (C. H. de Saint-Simon, L’industrie, cit., trad. it. in Id., Opere,

a cura di M. T. Bovetti Pichetto, cit., p. 295).

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con la massima efficienza.

Egli, partendo dall’osservazione della natura e applicando la fisiologia

all’intera società, arriva ad una visione organicistica del sistema il quale viene

considerato come una struttura composta da una molteplicità di parti ognuna

delle quali, assolvendo la propria specifica funzione, contribuisce all’esistenza e

allo sviluppo del tutto236. Allo stesso modo di un organo di un qualsiasi essere

vivente, ogni lavoratore, svolgendo la propria attività, è utile alla società237.

Da queste idee discendono due importanti conseguenze. Da una parte il

riaffermarsi e il rafforzarsi del principio della coincidenza tra interesse

individuale e collettivo, con la conseguenza che risulta impossibile qualsiasi

tipo di contrasto all’interno del corpo sociale. Dall’altra la visione di una

società strettamente gerarchizzata perché, se è vero che tutti sono egualmente

utili, è altrettanto vero che ognuno deve svolgere la funzione che gli è assegnata.

Il criterio necessario per organizzare il sistema è quello basato sulla capacità:

i più capaci devono guidare gli altri. Il sistema industriale è, dunque, una società

tecnocratica e, poiché l’obiettivo è la produzione e “i proprietari industriali

[sono] i soli... la cui capacità nell’amministrazione sia constatata da prove positive e pubbliche... i produttori ricchi che comandano gli operai nei loro

236 P. Rossi, Positivismo e società industriale, cit., p. 20.237 “La società non è un semplice agglomerato di esseri viventi le cui azioni - indipendenti da

ogni fine ultimo - non abbiano altra causa all’infuori dell’arbitrio né altro risultato che accidentieffimeri o senza importanza; al contrario, la società è soprattutto una vera macchina organizzata le cui

 parti contribuiscono tutte, in maniera diversa, alla vita del tutto. L’insieme degli uomini costituisce unessere vero e proprio, la cui esistenza è più o meno vigorosa oppure malferma a seconda che i suoiorgani assolvano più o meno regolarmente le funzioni ad essi affidate” (C. H. de Saint-Simon, De la

 physiologie appliquée à l’amélioration des institutions sociales, trad. it. in P. Rossi, Positivismo e

 società industriale, cit., p. 102).

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lavori quotidiani [sono] di conseguenza i capi del popolo di cui fanno

necessariamente parte; da ciò risulta che essi sono i capi diretti e naturali della

nazione lavoratrice”238.

D’altra parte, Saint-Simon si cura di precisare, assai spesso nei suoi scritti,

che gli operai non sono sottomessi ai capi industriali239, ma sono associati

 perché hanno il medesimo loro interesse di vedere prosperare la società. Essi

sono semplicemente guidati da coloro che hanno più capacità, o meglio che

hanno la capacità di prendere decisioni, allo stesso modo degli arti di un uomo

naturalmente diretti dalla mente240. L’autore, nell’Organizzatore, osserva:

 Nell’antico sistema, il popolo era inquadrato sotto i suoi capi; nel nuovo, esso è  fuso con

loro. Dai capi militari veniva un comando, dai capi industriali viene un indirizzo. Nel primo

caso il popolo era soggetto, nel secondo è associato. Tale è in realtà il carattere meraviglioso

della società industriale, che coloro i quali vi concorrono sono in realtà tutti collaboratori,

tutti associati, dal più semplice manovale al più ricco industriale, fino all’ingegnere più

illuminato.

In una società in cui vengono a far parte individui che non recano né capacità né un

apporto qualsiasi, vi sono necessariamente padroni e schiavi, altrimenti i lavoratori non

sarebbero così sciocchi da accettare una simile situazione potendo sottrarvisi... Ma un

238 C. H. de Saint-Simon, Du systéme industriel, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. BovettiPichetto, cit., p. 877.

239 “Intendo qui come capi dei diversi lavori tutti gli industriali che non sono puramente operai,cioè esecutori, e che prendono una parte più o meno grande alla direzione dei lavori” (C. H. de Saint-Simon, Du systéme industriel, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto, cit., p. 807,nota f).

240 Nella Lettera di Henri Saint-Simon agli operai, l’autore fa dire a questi: “Capi delle principaliimprese agricole, industriali e commerciali, voi siete ricchi e noi siamo poveri; voi lavorate con la testae noi con le braccia; deriva da queste due differenze fondamentali che esistono fra noi, che dobbiamoessere vostri subordinati” (C. H. de Saint-Simon, Du systéme industriel, cit., trad. it. in Id., Opere, a

cura di M. T. Bovetti Pichetto, cit., p. 866).

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organizzazione dove tutti recano la propria capacità e un apporto, costituisce una vera

associazione, e l’unica disparità esistente è quella delle diverse capacità e dei diversi apporti,

entrambi necessari, cioè inevitabili, e che sarebbe assurdo, ridicolo e funesto voler far 

scomparire. 241

Al di là di queste affermazioni generali, spesso Saint-Simon descrive in che

modo debba essere organizzato il sistema tecnocratico. In particolare, lo

scrittore scende nei particolari e descrive gli organi che devono dirigere

l’associazione di produzione nazionale: spiega come debbano essere strutturati,

da chi debbano essere composti e quali funzioni debbano avere. Soprattutto

nelle ultime opere l’autore si dedica alla progettazione delle strutture

dell’organizzazione amministrativa del mondo futuro242. I particolari sono

spesso noiosi e tendono a mutare nel corso del tempo, ma il principio rimane

costante. La nuova élite del sistema industriale sarebbe stata composta dai capi

industriali, le vere guide del sistema, dagli  scienziati, che con le loro scoperte

avrebbero contribuito al miglioramento della produzione, e dagli artisti, che

241 C. H. de Saint-Simon, L’organisateur, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti

Pichetto, cit., p. 499.242 Il primo progetto, e il più completo, è quello esposto nell’Organisateur : “Verrà creata una prima Camera che si chiamerà Camera d’invenzione... sarà composta da duecento ingegneri... dacinquanta poeti o da altri letterati... da venticinque pittori, quindici scultori o architetti e diecimusicisti... Questa camera... presenterà, allo scadere del primo anno di funzionamento, un progetto dilavori pubblici da intraprendere per accrescere le ricchezze della Francia e per migliorare le condizionidei suoi abitanti... dovrà poi dare ogni anno il suo parere sulle aggiunte necessarie al progetto

 primitivo... Verrà poi formata una seconda Camera, denominata Camera d’ Esame. Essa sarà composta... da cento fisici dediti allo studio della fisica dei corpi organici, cento fisici dediti allo studio dellafisica dei corpi bruti e cento matematici... Essa esaminerà i progetti della prima Camera, e... elaboreràun progetto generale di educazione pubblica... La Camera d’esecuzione... si occuperà di avere... deirappresentanti di ogni settore dell’industria... avrà l’incarico di dirigere l’esecuzione dei progettideliberati...” (C. H. de Saint-Simon, L’organisateur, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti

Pichetto, cit., pp. 446-450).

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avrebbero ‘prodotto’ i beni immateriali utili all’animo umano243.

 Il mondo capovolto

Con il  sistema industriale Saint-Simon si propone di organizzare

razionalmente e in modo efficiente le nuove forze produttive allora nascenti. Lo

sviluppo dell’industria avrebbe, infatti, significato abbondanza e quindi

 benessere per tutti perché essa, se organizzata secondo principi positivi, avrebbe

creato una ricchezza pressoché illimitata.

Organizzare il sistema in modo razionale per l’autore significa ordinare la

società secondo un principio meritocratico in modo che ogni uomo sia messo

nelle condizioni di svolgere le attività per cui è portato affinché la società, come

un organismo composto da organi che si muovono in sincrono, possa

svilupparsi.

La società in cui l’autore vive non ha nessuna di queste caratteristiche e la

critica contro di lei è sempre presente nelle opere di Saint-Simon per il quale “lo

243 Cfr. F. E. Manuel, I profeti di Parigi, Il Mulino, Bologna, 1979, pp. 159-162. Nei primi scrittidi Saint-Simon l’importanza dei capi industriali e degli scienziati era pressoché uguale.Successivamente l’autore sembra accordare sempre minore favore a questi ultimi. “Gli scienziatirendono dei servizi molto importanti alla classe industriale, ma ne ricevono dei servizi ancora piùimportanti; ne ricevono l’esistenza; è la classe industriale che soddisfa le loro principali necessità,come i loro desideri fisici di ogni genere; è lei che fornisce loro tutti gli strumenti utili all’esecuzionedei loro lavori. La classe industriale è la fondamentale, la classe che sostiene tutta la società, senza laquale nessun altra potrebbe sussistere” (C. H. de Saint-Simon, Catéchisme des industriels, cit., trad. it.

in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto, cit., p. 1024).

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stato attuale delle cose... presenta lo spettacolo del mondo capovolto”244.

L’autore si lamenta del fatto che “ coloro che dirigono gli affari pubblici

avrebbero un gran bisogno di essere diretti; le alte capacità si trovano nel mondo

dei governati; i governanti sono, a causa della loro formazione, molto

mediocri”245. Le classi che hanno il potere non hanno più le capacità per guidare

la nazione. Esse, infatti, sono ciò che rimane di un epoca che, crollata

definitivamente con la rivoluzione francese, ora non esiste più246. L’autore,

quindi, si scaglia contro il clero, perché “nella classe dei laici si trovano gli

uomini le cui disposizioni rendono più perfetta la morale e contribuiscono

maggiormente all’accrescimento del benessere della specie umana; e tuttavia il

 potere spirituale è affidato al clero, e gli ecclesiastici dirigono l’educazione

 pubblica”247; contro gli aristocratici: “nella classe dei plebei si trovano i direttori

dei lavori che procurano alla società il soddisfacimento di tutto le necessità

fisiche, e ai nobili è accordata la principale esistenza temporale”248.

Più in generale, la critica dell’autore è rivolta contro tutti gli oziosi, ossia tutti

coloro che non svolgono alcuna attività utile alla società. Nella celebre

 Parabola

249

si legge:

244 C. H. de Saint-Simon, De l’organisation sociale, (1825), in Oeuvres, Antrophos, Paris, 1966,trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto, cit., p. 1095.

245 Ibid.246 M. T. Bovetti Pichetto, “introduzione” a C. H. de Saint-Simon, Opere, cit., p. 11.247 C. H. de Saint-Simon, De l’organisation sociale, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T.

Bovetti Pichetto, cit., p. 1095.248 Ibid.249 Saint-Simon per questo scritto, ritenuto sovversivo dell’ordine stabilito, venne perseguitato

dal potere giudiziario. Riuscì a difendersi e ad essere assolto anche se, proprio in quel periodo, per una

sfortunata coincidenza, il duca di Berry venne assassinato.

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Ammettiamo che la Francia conservi tutti gli uomini di genio che possiede nel campo

delle scienze, delle belle arti, delle arti e mestieri, ma abbia la sfortuna di perdere nello stesso

giorno, Monsieur il fratello del Re, il duca d’Angoulême, il duca di Berry, il duca d’Orléans...

E contemporaneamente perda tutti i grandi ufficiali della corona, tutti i ministri di Stato...

tutti i consiglieri di Stato, tutti i dignitari, tutti i suoi marescialli, tutti i suoi cardinali,

arcivescovi, vescovi, grandi vicari e canonici, tutti i prefetti, i sotto-prefetti, gli impiegati nei

ministeri, i giudici, e inoltre i diecimila più ricchi proprietari fra coloro che vivono come i

nobili.

Questo fatto affliggerebbe certamente i Francesi che sono di buon cuore... Ma questa

 perdita di tremila personaggi, ritenuti i più importanti dello Stato, procurerebbe loro un

dolore di carattere puramente sentimentale, non risultandone infatti alcun danno politico per 

lo stato.250

La Parabola, in effetti, più che una vera critica è la constatazione da parte di

Saint-Simon, che crede nell’ineluttabiltà del progresso storico251, del fatto che i

nobili sono ormai solo i fantasmi di un’epoca passata e che non svolgono più

alcuna funzione nella nuova società, la quale non è che “una nazione che è

essenzialmente industriale e il cui governo è essenzialmente feudale”252.

250 C. H. de Saint-Simon, L’organisateur, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. BovettiPichetto, cit., p. 431.

251 Saint-Simon afferma che il cammino dell’uomo verso il progresso è inevitabile, perché “ilriepilogo del passato della società ci ha dimostrato che la classe industriale aveva continuamenteacquistato importanza, mentre le altre ne avevano sempre persa; e da ciò dobbiamo concludere che laclasse industriale finirà col diventare la più importante di tutte... Il semplice buon senso ha posto, intutti gli individui, il seguente ragionamento: ‘Poiché gli uomini hanno sempre lavorato almiglioramento della loro sorte, hanno sempre mirato allo scopo dell’instaurazione di un ordine socialenel quale la classe occupata nei lavori utili fosse la più considerata’. La società finirà necessariamente

 per raggiungere questo scopo” (C. H. de Saint-Simon, Catéchisme des industriels, cit., trad. it. in Id.,Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto, cit., p. 936).

252 C. H. de Saint-Simon, Catéchisme des industriels, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T.

Bovetti Pichetto, cit., p. 931.

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In ogni caso la critica dell’autore contro la nobiltà e il clero si articola in due

serie di ragioni.

La prima, e più importante, è che essi, come abbiamo visto, non hanno più le

capacità per guidare la società. Saint-Simon che vuole sostituire l’aristocrazia

di nascita con l’aristocrazia dei talenti non può naturalmente accettare che

coloro che governano, che decidono le leggi e, soprattutto, attraverso la legge

finanziaria253, stabiliscono l’entità delle tasse, collegandola esclusivamente alle

 proprie necessità personali e senza tenere conto dei bisogni della nazione, siano

i meno capaci a farlo.

L’altra critica riguarda il fatto che i nobili vivono nel lusso senza produrre

alcunché, mentre per Saint-Simon “il lavoro è la fonte di tutte le virtù [e] i lavori

 più utili devono essere i più considerati”254. Gli aristocratici, inoltre, sprecano

ingenti fortune in maniera del tutto improduttiva impoverendo l’intera nazione.

Essi, infatti, per poter mantenere il loro tenore di vita fanno sì che “gli

industriali... [siano] oberati di imposte... imposte enormi che... non sono usate in

modo utile per l’agricoltura, per il commercio e per l’industria”255.

Diversamente da come si potrebbe pensare, Saint-Simon non è invece

253 “La legge più importante di tutte è senza dubbio quella che regola il bilancio, perché il denaroè per il corpo politico ciò che il sangue è per il corpo umano. Ogni parte del corpo in cui il sanguecessa di circolare langue e in breve tempo muore; analogamente ogni funzione amministrativa chenon sia più pagata cessa rapidamente di esistere. Perciò la legge finanziaria è la legge generale, quellada cui tutte le altre derivano e debbono derivare” (C. H. de Saint-Simon,  L’industrie, cit., trad. it. inId., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto, cit., p. 355).

254 C. H. de Saint-Simon, Catéchisme des industriels, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T.Bovetti Pichetto, cit., p. 936.

255 C. H. de Saint-Simon, Du systéme industriel, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti

Pichetto, cit., p. 613.

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contrario alla monarchia. “L’istituzione della monarchia ha un carattere generale

che la distingue e la pone al di sopra di tutte le altre istituzioni... Questa

istituzione andrà ugualmente bene per tutti i sistemi di organizzazione sociale

che i progressi della civiltà potranno rendere necessario instaurare”256. Il motivo

di questo favore dipende dal fatto che l’autore è contrario a qualsiasi tipo di

violenza e disordine sociale in quanto nocivo all’industria. Egli ritiene la

monarchia l’unica istituzione in grado, attraverso l’emanazione di

 provvedimenti legislativi, di dare la forza ai produttori di fondare

definitivamente e in maniera del tutto pacifica il sistema industriale257.

 Misure pratiche

La condizione fondamentale affinché possa essere organizzato il sistema

industriale era che “gli individui che compongono l’ultima classe della società,

fossero giunti a un grado di civiltà tale che permettesse di ammetterli come

associati, e per questo era indispensabile che fossero capaci di amministrare

256 C. H. de Saint-Simon, Catéchisme des industriels, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T.Bovetti Pichetto, cit., p. 946. Per l’autore, del resto, non è importante la forma di governo di unasocietà, perché l’organizzazione politica è sempre subordinata a quello economica che è quella checaratterizza essenzialmente la società. La cosa più importante è organizzare efficacemente la

 produzione e fare in modo che il governo, indipendentemente dalla forma che può avere, non intralcilo sviluppo dell’industria. Cfr. E. Durkheim, Il Socialismo. Definizioni - Origini - La dottrina saint- simoniana, Franco Angeli, Milano, 1982, pp. 315-316.

257 Per le ragioni che spingono Saint-Simon ad auspicare un alleanza tra il trono e gli industriali,si veda direttamente C. H. de Saint-Simon, Du systéme industriel, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di

M. T. Bovetti Pichetto, cit., pp. 605 e seg.

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delle proprietà... questa esperienza è stata fatta durante la Rivoluzione, ed è

 pienamente riuscita...”258; “poiché il popolo francese è giunto alla sua maggiore

età come nazione, grazie ai progressi della sua intelligenza, ne deve derivare un

cambiamento radicale nella sua organizzazione sociale”259.

Obiettivo di Saint-Simon e dei suoi scritti è organizzare la società nel modo

 più favorevole all’industria. Da quanto detto fino ad ora risulta chiaro quale sia

lo scopo immediato dell’autore: eliminare gli oziosi. D’altra parte, egli non si

spinge a tanto e quello che egli, in definitiva, propone è che coloro che non

svolgono lavori utili, i non-produttori, siano messi in condizione di non nuocere

alla società, togliendo loro il potere di governarla e facendo passare questo

attributo agli industriali260.

Le opere dell’autore sono spesso mezzi di propaganda in favore del nuovo

sistema e contengono continue esortazioni agli industriali a diventare le nuove

guide della società.

L’autore, “del resto, [vuole] solamente agevolare e illuminare il corso fatale

delle cose. [Vuole] che gli uomini facciano, scientemente ormai, con sforzi più

diretti e con maggior profitto, ciò che hanno fatto sinora, per così dire, a loro

258 C. H. de Saint-Simon, De l’organisation sociale, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T.Bovetti Pichetto, cit., p. 1101. Si vedano direttamente in C. H. de Saint-Simon,  De l’organisation

 sociale, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto, cit., pp. 1072-1084 i due frammentiintitolati rispettivamente “Prove delle capacità dei proletari francesi ad amministrare bene la

 proprietà” e “Poiché la classe dei proletari è tanto progredita in civiltà quanto quella dei proprietari, lalegge deve classificarli come associati”.

259 Ibid., p.1071.260 Cfr. E. Durkheim, Il Socialismo. Definizioni - Origini - La dottrina saint-simoniana, cit., p.

305.

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insaputa, e in modo lento, indeciso e troppo poco fruttuoso”261.

La cosa, comunque, non è così semplice perché il problema è che “i princìpi

industriali non sono ancora abbastanza noti e diffusi, e non possono quindi

avere acquisito quel credito che può dare loro fiducia e forza; inoltre... i princìpi

non sono sufficienti, come si potrebbe a tutta prima ritenere, perché l’industria

si ponga a capo della società: le occorre un altro mezzo”262.

 Naturalmente l’autore è contrario all’uso della violenza; essa, infatti, “è

assolutamente contraria agli interessi dell’industria; perché per lei l’uso della

forza è sempre un danno, e proprio sull’industria pesano maggiormente i

disordini popolari, perché tra tutte le proprietà, le  proprietà industriali sono le

 più facili da distruggere”263.

Ciò che Saint-Simon propone è “un mezzo legale”264; in particolare un

intervento dall’alto, un ordinanza del re che assicuri più potere agli industriali.

Egli auspica un alleanza tra i produttori e la monarchia considerata “il regime

attualmente più conveniente essendo necessario per attuare la transizione dal

regime totalmente arbitrario esistito sino ad oggi al regime del tutto liberale che

261 C. H. de Saint-Simon, L’industrie, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto,cit., p. 285.

262 Ibid., p. 388.263 Ibid. Per l’autore è estremamente importante che il mutamento della società avvenga in modo

del tutto pacifico. Egli suggerisce, infatti, di “indennizzare le persone i cui interessi pecuniari sarannostati danneggiati in qualche modo dall’introduzione del nuovo sistema politico” (C. H. de Saint-Simon, L’organisateur, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto, cit., p. 451). NelSistema Industriale, rivolgendosi al re, l’autore scrive “Si, Sire, i nobili possono ottenere una somma ,e anche una somma importante dai produttori, in cambio della loro rinuncia volontaria e completa aldiritto di formare una prima classe nella nazione, al diritto di amministrare gli interessi generali dellasocietà, al diritto di dirigere l’attività nazionale” (C. H. de Saint-Simon, Du systéme industriel, cit.,trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto, cit., pp. 842-843).

264 Ibid.

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avremo un giorno”265. L’autore è convinto che alcuni provvedimenti da parte del

re, quali una riforma elettorale che permetta agli industriali di essere più

rappresentati nella Camera dei deputati e la costituzione di particolari

Commissioni costituite da elementi direttivi del mondo produttivo, siano

sufficienti per completare il trapasso tra sistema feudale e sistema industriale266;

 per fare in modo cioè che il potere di dirigere la società passi da coloro che

avevano le caratteristiche per farlo nel passato, e che ora non hanno più, a

coloro le cui capacità si accordano con il nuovo scopo della società, ossia la

 produzione.

Oltre all’ordinanza del re, misura necessaria e fondamentale per dare più

forza ai produttori, Saint-Simon suggerisce agli industriali la condotta da tenere

 per instaurare il nuovo sistema in modo del tutto pacifico; li esorta, così, a

rassicurare il re sulla bontà delle loro intenzioni267; ad assumere le direzione di

tutte le forze produttive268; a liberarsi dal senso di inferiorità che ancora sentono

nei confronti della nobiltà269; a tenersi lontano dalle dispute religiose e

filosofiche270; soprattutto li spinge a cercare di conquistare l’opinione

 pubblica

271

.265 Ibid., p. 319.266 Cfr. M. T. Bovetti Pichetto, “introduzione” a C. H. de Saint-Simon, Opere, cit., pp. 28-29.

Saint-Simon, nel Sistema industriale, spiega dettagliatamente quali provvedimenti adottare; cfr. C. H.de Saint-Simon, Du systéme industriel, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto, cit.,

 pp. 636-640.267 C. H. de Saint-Simon, L’industrie, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto,

cit., p. 319.268 C. H. de Saint-Simon, Du systéme industriel, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti

Pichetto, cit., p. 608.269 Ibid., pp. 602-603.270 Ibid., p. 739.

271 Ibid., pp. 848-851.

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 Eguaglianza e organicismo

Per Saint-Simon, ormai

il popolo ha contratto poco a poco tutte le abitudini di amore per l’ordine e per il lavoro,

di provvidenza e rispetto per la proprietà... e ha acquistato il primo grado di istruzione... è

ormai in possesso della capacità di vivere in società sotto il nuovo sistema, nel quale l’azione

del governo deve essere ridotta a ciò che è indispensabile per stabilire una gerarchia di lavori

nell’azione generale degli uomini sulla natura, che è lo scopo finale del sistema272.

La società deve essere organizzata esattamente come un’impresa

industriale273 il cui scopo non è altro che la produzione della maggior quantità di

 beni materiali e immateriali. La caratteristica fondamentale alla quale si deve

ispirare l’organizzazione del sistema deve essere l’efficienza. Per Saint-Simon

essa può sussistere solo se ognuno svolge le funzioni per le quali è portato.

Il sistema industriale è, quindi, un sistema tecnocratico, la cui organizzazione

sociale basata esclusivamente su idee positive, propende per una “struttura

rigidamente gerarchica”274, e al tempo stesso meritocratico, perché chi ha

272 C. H. de Saint-Simon, L’organisateur, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. BovettiPichetto, cit., p. 497.

273 C. H. de Saint-Simon, L’industrie, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto,cit., p. 385.

274 G. M. Bravo, “introduzione” a C. H. de Saint-Simon, Nuovo Cristianesimo, Editori Riuniti,

Roma , 1968.

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maggiori conoscenze e capacità deve guidare gli altri. Da queste caratteristiche

consegue che, per ciò che riguarda la distribuzione delle ricchezze, tema che

comunque, come vedremo, non è approfondito dall’autore, “ogni membro della

 società [ottiene] il maggior agio e benessere possibile, in proporzione al suo

apporto”275.

La società è paragonata dall’autore a una piramide e “partendo dalla base...

sino alla sua sommità, gli strati devono essere formati da materiali sempre più

 pregiati”276. Al pari dei filosofo egualitari, Saint-Simon è convinto che

l’organizzazione della società debba ispirarsi alla natura, ma se i primi pongono

l’accento su ciò che accomuna gli uomini e li rende simili, il nostro autore

considera naturale l’ineguaglianza277.

Rifacendosi alle teorie del fisiologo Bichat278, Saint-Simon afferma che le

capacità umane possono distinguersi in tre categorie: quella scientifica, quella

motrice, quella sensibile alle quali corrispondono le tre classi degli scienziati,

degli industriali e degli artisti279 . Secondo l’autore, inoltre, le tre capacità si

escludono a vicenda e, quindi, ogni uomo sviluppa talenti che appartengono ad

una sola delle tre classi. Da questo presupposto si arriva alla conseguenza cheogni uomo cerchi di esprimere sé stesso e che desideri lavorare e vivere

esclusivamente nel campo per cui è portato280; da ciò l’autore arriva a negare la

275 Ibid.276 C. H. de Saint-Simon, De l’organisation sociale, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T.

Bovetti Pichetto, cit., p. 1081.277 F. E. Manuel, I Profeti di Parigi, cit., p. 164.278 X. Bichat, Phsiological Researches upon Life and Death, Philadelphia, 1809.279 F. E. Manuel, I Profeti di Parigi, cit., p. 165.

280 Ibid., p. 166. Saint-Simon è convinto che gli uomini non siano guidati dalla passione per 

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 possibilità di qualsiasi conflitto tra le tre classi.

Saint-Simon non si ferma qui; egli afferma che all’interno di ogni classe, e

soprattutto si occupa degli industriali, gli individui abbiano capacità diverse che

sono “ così evident[i], facil[i] da verificare, che non vi potrà essere indecisione

alcuna a questo proposito, e ogni cittadino dovrà tendere naturalmente ad

inserirsi nella funzione sociale che più gli si addice”281. Anche all’interno di

ogni classe, quindi, il conflitto non è ammissibile perché fare una graduatoria

delle capacità non è più un fatto arbitrario282, ma basato sui fatti e sulle idee

razionali ed ognuno dovrà arrendersi all’evidenza; per Saint-Simon il

riconoscimento della capacità superiore da parte dei meno dotati diventa

naturale e automatico283, anche perché questi stessi si avvantaggeranno, data la

migliore efficienza dell’impresa nazionale e quindi della maggiore produzione,

dal fatto di essere guidati dai migliori.

Dal fatto che il sistema industriale è basato su idee razionali discende che

esso non è più

governato dagli uomini... [ma] soltanto dai princìpi...

In una società organizzata in vista dello scopo positivo di lavorare per la sua prosperità

l’eguaglianza con altri uomini di staus più elevato o di grande ricchezza. Essi non inseguono lechimere del potere e della ricchezza, ma realizzare sé stessi utilizzando e sviluppando le propriecapacità naturali.

281 C. H. de Saint-Simon, L’organisateur, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. BovettiPichetto, cit., p. 525.

282 Saint-Simon aderisce alle idee di Holbach, Helvetius, Morelly, secondo i quali attraverso laragione si arriva sempre a verità cartesiane; scompare la soggettività del giudizio. Cfr. J. L. Talmon, Le origini della democrazia totalitaria, Il Mulino, Bologna, 1967, p. 44.

283 Cfr. F. E. Manuel, I Profeti di Parigi, cit., p. 173.

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mediante le scienze, le belle arti e le arti e mestieri, l’atto politico più importante, l’atto che

consiste nel fissare la direzione lungo la quale deve procedere la società, non appartiene più a

uomini investiti della funzione sociale, ma viene esercitato dal corpo sociale stesso; in questo

modo la società, considerata collettivamente, può esercitare realmente la sovranità... In

quest’ordine di cose, i cittadini incaricati delle differenti funzioni sociali, anche le più

elevate, occupano, da un certo punto di vista, soltanto posti subalterni, poiché le loro

funzioni, qualunque ne sia l’importanza, si limitano a seguire una direzione che non è stata

da loro scelta. Inoltre, gli scopi e l’obiettivo di una simile organizzazione sono così chiari,

così determinati, che non vi è più posto per l’arbitrio... Tutti i problemi che debbono essere

dibattuti in un simile sistema politico... sono eminentemente positivi e facilmente valutabili;

le decisioni non possono essere che il risultato di dimostrazioni scientifiche, assolutamente

indipendenti da ogni volontà umana, e suscettibili di essere messe in discussione da tutti

coloro che avranno un grado sufficiente di cultura per capirle.284

Se a queste principi aggiungiamo l’idea, già esposta, di Saint-Simon che fa

coincidere la felicità con l’abbondanza di beni materiali e immateriali e che tale

abbondanza sarà raggiunta con un’organizzazione efficiente della produzione si

arriva alla logica conclusione: “L’età dell’oro del genere umano non si trova

alle nostre spalle, ma dinanzi a noi, nella perfezione dell’ordine sociale”285; e,

 poiché è interesse di tutti, dal più ricco proprietario industriale all’ultimo

284 C. H. de Saint-Simon, L’organisateur, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. BovettiPichetto, cit., pp. 524-525. Tale modalità di prendere decisioni contribuisce a determinare la tendenzache va sotto il nome di “fine delle ideologie”, secondo la quale nel momento in cui non ci sono piùcontroversie di opinioni riguardo la concezione del potere, le modalità di prendere decisioni e gliobiettivi delle decisioni stesse, scompare e viene a mancare, in pratica così come in linea di principio,qualsiasi disaccordo ideologico; cfr. D. Fisichella, Il potere nella società industriale, cit., p. 88, nota24. Per un esame di tutto il problema si veda J. Meynaud, Destin des ideologies, Etudes de science

 politique, Lausanne, 1961.285 C. H. de Saint-Simon, De la réorganisation de la société industriel européenne, (ottobre

1814)., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto, cit., p. 197.

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operaio, vedere prosperare la società, ogni conflitto cessa di esistere.

 La questione distributiva

La società industriale è caratterizzata da una grande abbondanza. Saint-

Simon, nei suoi scritti, pone sempre l’accento su una sempre maggiore

creazione e produzione mentre la questione del consumo e della distribuzione è

solo sfiorata. Egli parla di ricompense proporzionali ai meriti ma la questione è

affrontata in maniera vaga senza entrare in dettagli. Il motivo è semplice: il

 banchetto che si offre di fronte all’umanità è talmente abbondante, che

soffermarsi sulle ricompense materiali, caratteristica di un mondo di scarsità, è

fuori luogo286.

In ogni caso l’autore afferma che, come accade in qualsiasi società

commerciale, la ricchezza prodotta dall’impresa nazionale è divisa “tra tutti i

cittadini, e la parte di ognuno rappresenta il suo reddito privato. Ogni cittadino

riceve, in questa distribuzione, nella misura in cui ha contribuito alla

 produzione, ossia nella misura del capitale investito e dell’industria che vi ha

 posto”

287

.Come accade a livello della distribuzione delle funzioni nella gerarchia

sociale anche per quel che riguarda i principi distributivi della ricchezza, Saint-

Simon si rifà al criterio meritocratico ed ognuno ottiene ricompense

286 F. E. Manuel, I profeti di Parigi, cit., p. 167.287 C. H. de Saint-Simon, L’industrie, cit., trad. it. in P. Rossi, Positivismo e società industriale,

cit., p. 62.

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 proporzionali ai servizi che ha reso all’industria. “Ciascuno ottiene importanza e

 benefici proporzionati alla sua capacità e al suo apporto personale”288 e questo,

 per l’autore, “costituisce il più alto grado di eguaglianza che sia possibile ed

auspicabile”289.

Saint-Simon si scaglia contro l’eguaglianza assoluta che egli definisce turca.

Essa è precisamente il contrario della vera eguaglianza, dell’eguaglianza industriale, che

consiste nel fatto che ciascuno trae dalla società dei benefici esattamente proporzionali al suo

apporto sociale, cioè alla sua capacità positiva, all’impiego utile che fa dei suoi mezzi, fra i

quali bisogna includere, beninteso, i suoi capitali. Non si può concepire nulla di più contrario

a questa vera eguaglianza, base naturale della società industriale, del sistema anti-sociale in

virtù del quale ciascuno godrebbe a turno del potere arbitrario, perché allora si

accorderebbero vantaggi sociali senza alcuna condizione né in una proporzione qualsiasi con

l’utilità prodotta.290

Il principio meritocratico nella distribuzione delle ricchezze è, dunque, il solo

che assicura la vera eguaglianza.

L’eguaglianza assoluta non solo non è praticabile all’interno della società291,

ma non è nemmeno naturale. La società, infatti, può funzionare proprio perché

288 C. H. de Saint-Simon, L’organisateur, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. BovettiPichetto, cit., p. 500.

289 Ibid.290 C. H. de Saint-Simon, Du systéme industriel, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti

Pichetto, cit., p. 709.291 “Se cerco di stabilire quale passione ha fatto esplodere la Rivoluzione francese... mi accorgo

che è l’eguaglianza e che gli uomini delle classi inferiori si sono abbandonati ad essa con maggioreviolenza, spinti tanto dall’ignoranza che dall’interesse. La passione dell’eguaglianza ha avuto comeeffetto la distruzione dell’organizzazione sociale...” (C. H. de Saint-Simon, L’ industrie, cit., trad. it. in

Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto, cit., p. 283).

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gli uomini sono, per natura, disuguali; la struttura sociale è vista come un

organismo, le cui cellule, essendo fisiologicamente differenti, svolgono funzioni

diverse e conseguentemente hanno diritto a compensi diversi.

La giustificazione di una distribuzione di tipo aristotelico non è

esplicitamente fornita da Saint-Simon. Si può supporre che, al pari degli

economisti liberisti, la ritenesse uno stimolo necessario per spingere gli uomini

a produrre quell’abbondanza che è il solo vero scopo della società. Più

semplicemente sembra che l’autore, non motivandola in alcun modo, ritenga la

distribuzione proporzionale una cosa del tutto naturale al pari degli egualitaristi

che giustificano la necessità di una distribuzione egualitaria nella società

richiamando il concetto dell’eguaglianza primitiva goduta dagli uomini nello

stato di natura.

In ogni caso, solo un’eguaglianza in un certo senso ridimensionata e collegata

direttamente alla capacità, in particolare alla capacità produttiva, permette la

costituzione del sistema industriale292. Essa sola è in grado di assicurare

l’efficienza e l’ordine necessario allo sviluppo produttivo. Una distribuzione

non collegata alle capacità non può che significare disordine e anarchia, per Saint-Simon non può che comportare una paralisi della funzione produttiva e

una conseguente scarsità di beni293.

292 D. Fisichella, Il potere nella società industriale, cit., p. 73.293 Discorso analogo a quello fatto per l’eguaglianza può essere fatto per la libertà, la quale deve

essere funzione della produzione. Alla libertà individuale si sostituisce la libertà dell’intera società a perseguire il proprio scopo che è quello di produrre e di creare abbondanza. La vera libertà diventa,dunque, la piena possibilità di ogni individuo di lavorare, di utilizzare le proprie particolari capacità,di vedersi riconosciuto il frutto del proprio lavoro e di goderne. D’altra parte, nel momento in cui tutti

gli uomini diverranno consapevoli del vero obiettivo della comunità non sarà più possibile alcun tipo

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D’altra parte l’autore ripete con insistenza, che l’uomo, in realtà, non ricerca

l’eguaglianza assoluta, questa è un'illusione filosofica. Il suo vero desiderio è

 potersi realizzare, svolgendo le attività nelle quali è naturalmente dotato. Lo

scrittore arriverà a dire, infatti, che fine ultimo della sua dottrina era offrire a

tutti i membri della società la massima opportunità possibile per lo sviluppo

delle proprie capacità294.

 Nella visione del mondo dell’autore, l’ineguaglianza organica tra gli uomini,

l’ineguaglianza nella gerarchia sociale e nelle funzioni è più naturale e migliore

dell’eguaglianza turca propugnata dai rivoluzionari giacobini che non è altro che

un’eguaglianza di schiavi sotto un’onnipotente autorità statale295.

 Nel sistema industriale, invece, poiché ognuno fa ciò per cui è portato e

 poiché ognuno ottiene ricompense proporzionali alle proprie capacità, il livello

di produzione è spinto al massimo potenziale. In tal modo, il benessere è

assicurato a tutti, ai ricchi come ai più poveri i quali potranno passare da una

vita di stenti ad una in cui avranno “la certezza di... mangiare pollo tutte le

domeniche”296.

Volendo entrare maggiormente nei dettagli su ciò che Saint-Simon intende per la vera eguaglianza si ha una qualche difficoltà, poiché, come detto, l’autore

rimane sempre piuttosto vago, senza andare al di là di formule generiche.

di dissidio perché ognuno, in vista del fine sociale, e conoscendo i propri limiti e le proprie potenzialità, non avrà desiderio di andare oltre le proprie competenze o di pretendere più di quanto glispetti.

294 F. E. Manuel, I profeti di Parigi, cit., p. 167.295 Ibid.296 C. H. de Saint-Simon, Du systéme industriel, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti

Pichetto, cit., p. 869.

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Gian Mario Bravo afferma che “la nuova organizzazione sociale deve essere

egualitaria: non è sufficiente l’eguaglianza politica, perché gli uomini si sono

emancipati da ogni legame atavico con il vecchio mondo, e quindi tutti, nella

mancanza del contrasto di classe, sono membri di pari grado nell’ambito della

comunità e vengono distinti soltanto a seconda delle proprie ‘capacità’

differenziate”297.

In effetti, per Saint-Simon, l’unico criterio su cui basare le differenze deve

essere quello incentrato sul merito e sulle capacità.

Egli è a favore di un sistema che, eliminando qualsiasi tipo privilegio, offra a

tutti le medesime opportunità di partenza proponendo di “costituire la maggior 

eguaglianza possibile nei confronti dei diritti di nascita e fondare i diritti politici

sulla superiorità in capacità positive”298. “Il sistema industriale è fondato sul

 principio dell’eguaglianza perfetta; si oppone all’istituzione di tutti i diritti di

nascita e anche di ogni specie di privilegio”299  e assicura che “ogni uomo,

qualunque sia il suo punto di partenza, possa giungere alla prima di tutte le

classi sociali, la monarchia sola esclusa, e possa giungervi solo per mezzo di

lavori utili ai suoi simili”

300

. In tale sistema, “i cittadini dell’ultima classe potranno dunque sempre giungere al primo posto”301 se possiedono adeguate

297 G. M. Bravo, “introduzione” a C. H. de Saint-Simon, Nuovo Cristianesimo, cit., p. XVI.298 C. H. de Saint-Simon, De l’organisation sociale, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T.

Bovetti Pichetto, cit., p. 1093.299 C. H. de Saint-Simon, Catéchisme des industriels, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T.

Bovetti Pichetto, cit., p. 945.300 C. H. de Saint-Simon, Du systéme industriel, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti

Pichetto, cit., p. 883.

301 Ibid., p. 877.

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capacità.

L’autore afferma che nel sistema industriale “non basta trasferire i privilegi,

occorre annullarli; non basta far passare gli abusi da una persona ad un altra,

occorre abolirli”302.

In particolare, Saint-Simon si scaglia contro i privilegi nobiliari e nel Sistema

industriale scrive:

Considerando che la conservazione dei titoli nobiliari dispiace molto alla nazione;

considerando anche che la conservazione di questi titoli mantiene nell’animo degli antichi

nobili la speranza di ristabilire il sistema feudale... considerando, infine che è desiderabile,

 per il bene generale, che i capi industriali godano del primo grado di considerazione

temporale, noi abbiamo comandato ciò che segue:

La nuova come l’antica nobiltà sono soppresse, i titoli feudali sono aboliti...303

Per ciò che riguarda, invece, le differenze di nascita collegate alla ricchezza e

alla proprietà l’autore è più cauto limitandosi ad affermare genericamente che

anche le regole che riguardano la proprietà dovranno essere in funzione

dell’industria, e potranno essere modificate e adattate ai sempre nuovi bisogni

della società, perché la proprietà “dipende essa stessa da una legge superiore e

302 C. H. de Saint-Simon, De l’organisation sociale, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T.Bovetti Pichetto, cit., p. 1083, nota 1. “Tutti i privilegi saranno annullati, e non potranno piùriformarsi, poiché sarà instaurato il sistema di eguaglianza più completo che possa esistere e gliuomini che dimostreranno più capacità nelle scienze positive, nelle belle arti e nell’industria sarannochiamati dal nuovo sistema a godere del primo grado di considerazione sociale e saranno incaricatidella direzione degli affari pubblici, disposizioni fondamentale che destina tutti gli uomini che

 posseggono un talento superiore ad elevarsi al primo rango. Qualunque sia la posizione nella quale ilcaso della nascita li abbia posti” (C. H. de Saint-Simon, Suite à la brochuredes Bourbons et desStuarts, (gennaio 1822)., in Oeuvres, Antrophos, Paris, 1966, trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T.Bovetti Pichetto, cit., p. 911).

303 C. H. de Saint-Simon, Du systéme industriel, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti

Pichetto, cit., p. 819.

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 più generale, da quella legge della natura in virtù della quale tutte le società

 politiche traggono il diritto di modificare e di perfezionare le loro istituzioni:

legge suprema che vieta di vincolare le generazioni future con disposizioni di

qualunque natura esse siano”304. Saint-Simon, comunque, che accetta

l’accumulazione capitalistica e finanziaria305, lungi dall’ipotizzarne una sua

eventuale abolizione per fini produttivistici afferma che “l’istituzione del diritto

di proprietà e dei provvedimenti per farlo rispettare è senza dubbio l’unica base

che sia possibile dare ad una società politica; essa, non potrebbe esistere, anche

nelle condizioni più imperfette, se, mancando le leggi, questo diritto non fosse

consacrato almeno dalle consuetudini”306. E, per quel che riguarda i capitali,

aggiunge che “la ricchezza, in generale, è una prova di capacità degli

industriali, anche nel caso che essi abbiano ereditato la fortuna che

 posseggono”307.

Saint-Simon non va oltre queste affermazioni generali, non spiega in che

304 C. H. de Saint-Simon, L’industrie, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto,cit., p. 353.

305 G. M. Bravo, “introduzione” a C. H. de Saint-Simon, Nuovo Cristianesimo, cit., p. XVII.306 C. H. de Saint-Simon, L’industrie, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T. Bovetti Pichetto,

cit., p. 353. Rimane il fatto che la proprietà e le leggi che la regolano devono sempre restaresubordinate al momento produttivo. Saint-Simon distingue infatti tra proprietà industriale e proprietà fondiaria aspramente criticata perché non collegata in alcun modo con la produzione e perché dà al proprietario il diritto ad una rendita ingiustificata per l’assenza di ogni attività lavorativa; cfr. D.Fisichella, Il potere nella società industriale, cit., pp. 75-80. Riguardo alla proprietà industriale, Saint-Simon ha posto per primo la questione della separazione fra proprietà e controllo, caratteristica dellemoderne grandi società di capitali. Per Giovanni Sartori, Saint-Simon ha previsto la possibilità di“socializzare” i mezzi di produzione, non tanto affermando in diritto la proprietà comune, quantosubordinando il diritto di proprietà alla funzione produttiva; cfr. G. Sartori,  Democratic Theory,

Wayne Univ. Press, 1962, p. 389.307 Ibid., p. 608, nota a. Durkheim, del resto, vede in alcuni passaggi del Sistema industriale la

 possibilità che Saint-Simon alludesse addirittura ad un’abolizione della successione ereditaria . Ilsociologo, comunque, conclude dicendo “Su questo punto si possono fare soltanto delle ipotesi” (E.

Durkheim, Il Socialismo. Definizioni - Origini - La dottrina saint-simoniana, cit., p. 337, nota 3).

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modo debbano essere aboliti i privilegi nobiliari, non fornisce una nuova

legislazione della proprietà e soprattutto non si cura di descrivere in maniera più

dettagliata come debba avvenire la distribuzione delle ricchezze.

In ogni caso, nel sistema industriale è inevitabile che si verifichino differenze

di trattamento materiale anche se tali differenze non sarebbero state eccessive

anche per non spezzare l’assenza di antagonismo tra le classi, caratteristica

fondamentale del sistema saintsimoniano.

Ad esempio per ciò che riguarda l’istruzione viene detto: “i ricchi godranno

sempre sui poveri del vantaggio di poter consacrare un maggior tempo

all’istruzione... Ma l’istruzione della classe più povera sarà spinta abbastanza

lontano perché i ricchi non possano abusare nei loro confronti della superiorità

delle loro conoscenze”308.

Il caso specifico si può generalizzare: le differenze di trattamento sono

naturali e, d’altra parte, esse non saranno eccessive, o meglio, anche i più

svantaggiati godranno di un benessere soddisfacente. Del resto, gli stessi ricchi

vogliono differenze poco pronunciate, perché in questo modo possono

soddisfare maggiormente le proprie necessità. Nell’Organizzazione sociale silegge:

Vi sono forti ragioni per cui i ricchi preferiscono abitare nei paesi in cui l’eguaglianza è

spinta più lontano fra i membri che compongono la società, poiché questi paesi sono

308 C. H. de Saint-Simon, Catéchisme des industriels, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T.

Bovetti Pichetto, cit., p. 1027, nota d.

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contemporaneamente quelli nei quali possono soddisfare nel modo più facile e concreto i loro

desideri...

Così, in realtà, gli uomini più ricchi e più potenti sono interessati all’aumento

dell’eguaglianza, poiché i mezzi per soddisfare i loro piaceri aumentano nella stessa

 proporzione del livellamento degli individui che compongono la società.309

Tali affermazioni non dovrebbero, comunque, essere intese come

ripensamenti in senso egualitario dall’autore, ma ancora una volta come il

riaffermarsi del principio dell’identità tra interesse individuale e collettivo.

Saint-Simon, infatti, conclude il brano dicendo: “terminando questa nota diremo

ciò che avrebbe forse dovuto trovarsi all’inizio, cioè che migliorando le sorti

della massa, si assicura il benessere degli uomini di tutte le classi...”310.

Risulta chiaro, comunque, soprattutto alla luce degli sviluppi successivi del

suo pensiero già presenti nel Sistema Industriale e in maniera definitiva nel

 Nuovo Cristianesimo, che Saint-Simon non è il teorico di un semplice sistema

capitalistico basato sul profitto.

Pur essendo favorevole ad una distribuzione delle ricchezze proporzionale

alle capacità, l’interesse dell’autore è sempre incentrato sul fine collettivo della

 produzione. Quantunque egli ipotizzi che l’industria debba continuare ad essere

amministrata da privati e non la concepisca che come un insieme di imprese

 particolari, il suo sistema è socialista perché l’obiettivo economico diventa il

309 C. H. de Saint-Simon, De l’organisation sociale, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T.Bovetti Pichetto, cit., p. 1082, nota 1.

310 Ibid.

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solo fine sociale. Saint-Simon non è il continuatore delle opere di Smith e J. B.

Say e il suo socialismo non si intravede solo in alcuni particolari, esso è

contenuto interamente nella dottrina e nel principio fondamentale del sistema311.

 Nel sistema industriale, infatti, l’individuo è sempre sottomesso alla

collettività312, perché l’interesse individuale deve arrivare a coincidere con

l’interesse collettivo delle prosperità dell’intera comunità.

Certamente con Saint-Simon risulta evidente che l’eguaglianza distributiva

non necessariamente è un carattere peculiare dei sistemi socialisti, perché, come

afferma lo stesso Schumpeter, il socialismo di Saint-Simon, “se il suo sistema

 può chiamarsi socialista, è gerarchico anziché egualitario”313. L’autore francese,

infatti, ritiene che la distribuzione proporzionale delle ricchezze sia l’unico

mezzo per assicurare la prosperità sociale e dunque anche il benessere delle

classi più disagiate. In tal modo, sostenendo la gerarchia delle capacità Saint-

Simon non intende riferirsi agli eventuali privilegi dei più capaci perché egli

sottolinea il carattere collettivo della produzione, in quanto atto sociale della

creazione fonte della prosperità sociale314.

Il problema della distribuzione nel sistema saintsimoniano, per i motivi visti,diventa in un certo senso un non problema. Non solo perché una grande

abbondanza e un benessere generalizzato fanno diventare poco rilevanti la

311 E. Durkheim, Il socialismo. Definizioni - Origini - La dottrina saint-simoniana, cit., pp. 307-308.

312 Cfr. R. Garaudy, Les sources françaises du socialisme scientifique, Paris, 1949, p.89-96.313 J. A. Schumpeter, Storia dell’analisi economica, vol. II, Einaudi, Torino, 1959, cit. in D.

Fisichella, Il potere nella società industriale, cit., p. 99, nota 60.

314 P. Ansart, Marx e l’anarchismo, cit., p. 142.

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questione distributiva315, ma anche perché in Saint-Simon è implicito e naturale

che l’interesse individuale venga a coincidere con quello collettivo: l’egoismo

scompare.

Questo che è un punto cruciale della dottrina dell’autore è anche la causa di

quell’alone di ambiguità che circonda il suo pensiero. Il principio dell’identità

fra interesse individuale e collettivo, infatti, in Saint-Simon va ben oltre il

 pensiero degli economisti liberisti, perché l’industriale saintsimoniano non

semplicemente fa il bene sociale perseguendo i propri scopi; il fatto è che suo

interesse personale diventa la produzione e quindi la prosperità della comunità.

Tale principio, sempre presente ma sottolineato con chiarezza solo a partire dal

Sistema industriale, permette di affermare che proprio nella società

saintsimoniana, un sistema meritocratico e tecnocratico in cui vengono premiate

le migliore capacità, si può realizzare il principio della fratellanza316, a cui

l’autore esplicitamente si richiama nelle ultime opere.317.

Per lo stesso motivo dell’interesse comune della produzione, nel sistema

industriale il lavoro e l’istruzione devono essere assicurati a tutti. Ognuno,

infatti, ha il diritto-dovere di lavorare; ha il dovere perché l’apporto di ognuno èutile per raggiungere il fine sociale della produzione e al contempo ha il diritto

sia di potere svolgere le attività per le quali è competente, sia di partecipare al

315 Cfr. E. Durkheim, Il socialismo. Definizioni - Origini - La dottrina saint-simoniana, cit., pp.362-363.

316 Cfr. D. Fisichella, Il potere nella società industriale, cit., p. 70-72.317 Cfr. C. H. de Saint-Simon, Du systéme industriel, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T.

Bovetti Pichetto, cit., p. 742.

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consumo della sua quota. Allo stesso modo, l’istruzione da una parte

contribuisce al benessere dell’individuo, soddisfacendo ciò che l’autore chiama i

bisogni morali318, dall’altra dà allo stesso individuo i mezzi per partecipare e

contribuire, svolgendo lavori utili, all’obiettivo sociale319.

L’ambiguità che nasce dalla visione ottimistica della capacità dell’uomo di

abbandonare, in maniera spontanea, il proprio interesse particolare tende a

scomparire nelle opere successive, paradossalmente proprio perché le certezze

di Saint-Simon tendono a vacillare così come il suo ottimismo sul fatto che

l’organizzazione industriale, valorizzando le capacità e l’utilità di ognuno,

seppur differenti da individuo a individuo, porti naturalmente e

automaticamente gli uomini ad abbandonare l’interesse egoistico. Infatti, il

dubbio che il sistema industriale non riesca ad eliminare automaticamente

l’egoismo costringe Saint-Simon a compiere una scelta che prima non si

 poneva: in caso di interessi contrastanti l’autore afferma, ora in maniera chiara,

che devono prevalere quelli dei più poveri320. Così, anche se l’organizzazione

della società viene mantenuta, perché rimane la fiducia nelle immense

 potenzialità positive del sistema industriale, ora l’obiettivo finale della comunitàdiventa esplicitamente il “miglioramento della sorte della classe più povera”321.

Proprio questi ultimi sviluppi, che, occorre ripetere ancora una volta, non

318 Cfr. D. Fisichella, Il potere nella società industriale, cit., pp. 64-65.319 P. Ansart, Marx e l’anarchismo, cit., pp. 136-137.320 Ibid., p. 143.321 C. H. de Saint-Simon, Nouveau christianisme, cit., trad. it. in Id, Opere, a cura di M. T. Bovetti

Pichetto, cit.,  p. 1110.

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rappresentano una rottura con la dottrina precedente ma una sua ulteriore

elaborazione, faranno affermare a Marx nel Manifesto che Saint-Simon, al pari

di Owen e Fourier è cosciente di “rappresentare... gli interessi delle classi dei

lavoratori, in quanto son le classi di coloro che soffrono”322.

 Il nuovo cristianesimo

Gli sviluppi conclusivi del pensiero saintsimoniano sono racchiusi nella sua

ultima opera che non verrà terminata e sarà pubblicata postuma da un seguace:

Olinde Rodrigues.

Il  Nuovo Cristianesimo segna per Marx una svolta radicale nel pensiero

dell’autore ed egli afferma nel Capitale che “è soltanto nel suo ultimo lavoro...

che Saint-Simon si presenta direttamente portavoce della classe lavoratrice”323.

In ogni caso, questo non significa che ci sia una frattura con gli scritti

 precedenti. I principi affermati nelle opere anteriori non vengono, infatti,

abbandonati ma vengono quasi integralmente ripresi seppur sotto una lucediversa. Il venire meno del precedente ottimismo sulla capacità immanente nel

sistema industriale di eliminare ogni frattura sociale provoca principalmente due

cambiamenti nella dottrina dell’autore.

322 K. Marx - F. Engels, Das Manifest der Kommuistichen Partei, trad. it. in Id., Manifesto del 

 partito comunista, Newton-Compton, Milano, 1994, p. 45.323 K. Marx, Das Kapital, 3 vol., Hamburg, 1867-1894, cit. in P. Ansart, Marx e l’anarchismo,

cit., p. 20.

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Da una parte sorge l’esigenza di una ricerca da parte di Saint-Simon di nuovi

mezzi per costituire quell’unità che il sistema industriale potenzialmente già

 possiede324. Tali mezzi sono trovati nella forza persuasiva della morale, che ora

è ritenuta necessaria per superare le divisioni e per fissare l’attenzione

dell’uomo sull’interesse comune, ossia la prosperità della società e del maggior 

numero dei suoi membri325. Dunque, se precedentemente il pensiero razionale e

 positivo e la nuova organizzazione sociale erano ritenuti sufficienti per ottenere

i cambiamenti necessari negli uomini ora diventa necessaria “la forza del 

 sentimento morale...

Coloro che guideranno questa forza saranno i filantropi; essi saranno, in

quest’occasione, come lo sono stati fin dalla fondazione del cristianesimo, gli

agenti diretti dell’ETERNO”326.

Dall’altra, l’attenzione dell’autore si sposta sulle condizioni delle classi più

disagiate e se prima il miglioramento del benessere di queste era in qualche

modo implicito nell’obiettivo di rendere più efficiente il sistema produttivo ora

esso diventa l’istanza primaria.

Il  Nuovo Cristianesimo è concepito nella forma di un dialogo

327

tra unconservatore e un innovatore nel corso del quale il conservatore viene convertito

324 P. Ansart, Marx e l’anarchismo, cit., p. 72.325 Ibid., p. 109.326 Cfr. C. H. de Saint-Simon, Du systéme industriel, cit., trad. it. in Id., Opere, a cura di M. T.

Bovetti Pichetto, cit., p. 758.327 Saint-Simon aveva progettato l’opera in tre dialoghi, ma lo morte lo colse quando soltanto il

 primo era stato scritto. Il Nuovo Cristianesimo venne pubblicato qualche mese dopo dal seguaceOlinde Rodrigues che lo fece precedere da una breve introduzione con lo scopo di chiarirne il legame

con le prime opere filosofiche di Saint-Simon.

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con una certa facilità alla nuova religione, la quale basata sul principio cristiano

della fratellanza deve essere il fondamento della nuova organizzazione sociale.

In quest’opera Saint-Simon è ancora il teorico di una società industriale-

scientifico-artistica basata sull’aristocrazia dei talenti e che opera sulla base del

 profitto, ma alla base di essa ora è posto il principio della fratellanza,

fondamento della religione cristiana. Saint-Simon, del resto, non trova alcun

contrasto tra lo spirito imprenditoriale e l’ideale morale del nuovo

cristianesimo328.

 Nel Nuovo Cristianesimo il pensiero dell’autore è ancora impostato su basi

razionali, nel senso che la società deve essere organizzata sulla base di idee

 positive, ma il principio fondamentale diventa il precetto cristiano “ gli uomini

devono comportarsi come fratelli”329. Ora il cuore di tutto il sistema diventa la

religione perché l’istanza primaria è di carattere morale330.

Saint-Simon nel corso del dialogo dimostra che l’essenza del cristianesimo è

328 F. E. Manuel, I profeti di Parigi, cit., p. 185. Questo del resto fa sì che rimanga una certaambiguità nella dottrina di Saint-Simon. Infatti, si può giungere ad interpretazioni molto diversi del

 pensiero dell’autore a seconda che si dia la prevalenza alle forti spinte morali che animano il Nuovo

Cristianesimo o al contrario agli aspetti riguardanti l’effettiva organizzazione della società industrialemeritocratica e tecnocratica. Tale ambiguità di fondo ha fatto sì, del resto, che alcune componenti del

 pensiero saintsimoniano che in Saint-Simon si prestavano a recuperi in direzioni contrastanti venissero

riprese dai suoi seguaci con connotazioni definite e forse diverse da come le intendeva il maestro. Adesempio la critica dell’anarchia capitalistica e l’esigenza di una politica di piano, che in Saint-Simon possono essere visti come anticipazioni di temi sviluppati dal pensiero socialista successivo,acquistano rilievo ben diverso nel pensiero dei saintsimoniani che utilizzarono gli stessi spunti per ladifesa del macchinismo, del sistema di fabbrica o della speculazione. Gli stessi seguaci, che finirono

 per separarsi avendo obiettivi diversi, poterono utilizzare la medesima dottrina di Saint-Simon, gli uni per difendere i presupposti e i meccanismi dell’industrializzazione, gli altri con obiettivi di riscatto edi emancipazione sociale. Cfr. M. Larizza Lolli, Il Saintsimonismo (1825-1830). Un’ideologia per lo sviluppo industriale, cit., pp. 6-9.

329 C. H. de Saint-Simon, Nouveau christianisme, cit., trad. it. in Id, Opere, a cura di M. T. BovettiPichetto, cit.,  p. 1105

330 Per Gian Mario Bravo la comparsa di questa forte componente morale fa sì che Saint-Simoncon il Nuovo Cristianesimo venga proiettato nel socialismo; cfr. G. M. Bravo, Storia del socialismo

(1789-1848), Editori Riuniti, Roma, 1971,  p. 90.

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la fratellanza tra gli uomini; il dogma e il rituale di ogni religione non sono che

aggiunte che variano di epoca in epoca all’unico vero principio divino. Ora,

giunti all’epoca del sistema industriale, abbiamo raggiunto nuove conoscenze,

nuovi saperi, nuove idee; tutti queste devono essere applicate in maniera

razionale ed efficiente seguendo l’immutabile principio della fratellanza: questa

è l’essenza della nuova religione, del nuovo cristianesimo.

Saint-Simon assume quasi un tono da messia, contribuendo a dare a tutta

l’opera un carattere mistico tale che verrà considerata da suoi seguaci come la

rivelazione di un dogma, quando afferma

io concepisco chiaramente la nuova dottrina cristiana, e la esporrò; poi esaminerò tutte le

istituzioni spirituali e temporali che esistono in Inghilterra, in Francia, nella Germania del

 Nord e in quella del Sud, in Italia, in Spagna e in Russia; nell’America settentrionale e

nell’America meridionale. Confronterò le dottrine di queste diverse istituzioni con quella che

si deduce direttamente dal principio fondamentale della morale divina....

Il nuovo cristianesimo, come le associazioni eretiche331, avrà la sua morale, il suo culto e

il suo dogma; avrà il suo clero e i suoi capi. Ma, nonostante questa somiglianza di

organizzazione, il nuovo cristianesimo si troverà purgato da tutte le eresie attuali; la dottrina

della morale sarà considerata dai nuovi cristiani come la più importante: il culto e il dogma

saranno considerati da essi soltanto come accessori...

 Nel nuovo cristianesimo tutta la morale sarà dedotta direttamente da questo principio: Gli

uomini devono comportarsi come fratelli gli uni verso gli altri...332

331 Saint-Simon si riferisce qui alla religione cattolica e protestante, eretiche in quanto si sonoallontanate dal principio fondamentale.

332 C. H. de Saint-Simon, Nouveau christianisme, cit., trad. it. in Id, Opere, a cura di M. T. Bovetti

Pichetto, cit.,  pp. 1108-1109.

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Successivamente viene chiarito il carattere positivo e razionale che deve

avere la nuova religione il cui scopo non è organizzare il culto e alimentare

credenze ma “dirigere la società verso il grande scopo del miglioramento più

rapido possibile delle condizioni della classe più povera”333.

Con tale affermazione Saint-Simon rompe gli indugi, la sua attenzione è

 posta direttamente sulle classi disagiate, ma questo non porta ad una frattura con

il pensiero precedente, perché

fondare il nuovo cristianesimo e diventare capi della nuova Chiesa è compito degli

uomini che maggiormente sono capaci di contribuire con le proprie opere ad accrescere il

 benessere della classe più povera. Le funzioni del clero si ridurranno a insegnare la nuova

dottrina cristiana, al cui perfezionamento i capi della Chiesa lavoreranno senza sosta.334

Il principio tecnocratico non è abbandonato, perché è solo attraverso esso che

si raggiunge la prosperità. Saint-Simon sottolinea:

Il vero cristianesimo deve rendere gli uomini felici, non soltanto in cielo, ma sulla terra.

 Non dovete più fissare l’attenzione dei fedeli su idee astratte; usando in modo adatto le

idee materiali, organizzandole in modo da procurare alla specie umana il più alto grado di

felicità ch’essa possa raggiungere durante la sua vita terrena, riuscirete a far diventare il

cristianesimo la religione generale, universale e unica.

...dovete adoperare francamente ed energicamente tutti i poteri e tutti i mezzi acquisiti

333 Ibid., p. 1110.

334 Ibid.

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dalla chiesa militante per migliorare rapidamente l’esistenza morale e fisica della classe più

numerosa.335

Per questo motivo,

questa religione ringiovanita... è chiamata a unire insieme gli scienziati, gli artisti e gli

industriali e a farne i direttori generali della specie umana, così come degli interessi

 particolari di ciascuno dei popoli che la compongono; è chiamata a porre le belle arti, le

scienze d’osservazione e l’industria a capo delle conoscenze sacre, mentre i cattolici le hanno

collocate nella classe delle conoscenze profane...336

Da tutto ciò discende che la società deve essere organizzata “in modo che

 possa essere la più vantaggiosa per il maggior numero: [gli uomini] devono

 proporsi come scopo in tutti i loro lavori, in tutte le loro azioni, di migliorare nel

modo più rapido e completo l’esistenza fisica e morale della classe più

numerosa”337, dunque il primo dovere degli uomini potenti è “usare tutti i loro

mezzi per il più rapido miglioramento possibile dell’esistenza morale e fisica

dei poveri”338.

Quando Saint-Simon spiega in che modo tutto questo sia possibile non si

allontana dagli scritti precedenti. Immagina una società tecnocratica, in cui i più

capaci devono guidare gli altri. Ritorna l’idea della società come una piramide

335 Ibid.,  pp. 1124-1125.336 Ibid., p. 1132.337 Ibid., p. 1106.

338 Ibid.

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in cui i migliori devono occupare le posizioni di vertice, ma tutto questo è visto

alla luce dello scopo del miglioramento delle classi povere. Se prima egli aveva

cercato di organizzare il capitalismo, ora passa ad organizzare in esso la classe

 più disagiata339.

Si continua, del resto, ad affermare, negando qualsiasi conflitto di interesse,

che il miglioramento della classe più povera farebbe “prosperare tutte le classi

della società, tutte le nazioni, con la più grande rapidità possibile”340 e

comporterebbe “l’accrescimento del benessere reale e positivo delle classi

superiori”341.

Più avanti l’autore richiama “l’attenzione... su questo fatto importante, che

l’immensa maggioranza della popolazione potrebbe godere di un’esistenza

morale e fisica molto più soddisfacente di quella di cui ha goduto sino a oggi; e

che i ricchi, accrescendo il benessere dei poveri, migliorerebbero la propria

esistenza”342.

 Nell’autore rimane ben salda la convinzione che “sovrapporre l’aristocrazia

delle capacità all’aristocrazia della nascita [significa] sottomettere gli interessi

 particolari all’interesse generale”

343

. Se prima però Saint-Simon era convintoche questo sarebbe avvenuto automaticamente con l’organizzazione del nuovo

sistema ora cerca nella morale e nel “sentimento filantropico, che è la vera base

339 G. M. Bravo, “introduzione” a C. H. de Saint-Simon “ Nuovo Cristianesimo”, cit., p. XXX.340 Ibid., p. 1108341 Ibid, p. 1112.342 Ibid.

343 Ibid., p. 1141.

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del cristianesimo”344, le forze che permetteranno agli uomini di superare “il

sentimento d’egoismo, che è divenuto dominante in tutte le classi e in tutti gli

individui”345 per giungere finalmente ad “un’unità di fine nelle opere dei

cristiani, in quelle di tutta la specie umana”346.

L’autore si preoccupa, quindi, di ricordare che “ è l’unione che fa la forza;

una società i cui membri entrano in lotta gli uni contro gli altri tende a

disgregarsi”347.

Egli sente il dovere di “far sentire agli artisti, ai dotti e ai capi dei lavori

industriali che i loro interessi [sono] essenzialmente gli stessi della massa del

 popolo; che essi [appartengono] alla classe dei lavoratori, nel momento in cui ne

erano i capi naturali; che l’approvazione della massa del popolo per i servigi che

essi le [rendono], [è] la sola ricompensa degna dei loro gloriosi lavori”348.

Dal punto di vista distributivo, comunque, non cambia nulla nel pensiero

dell’autore, per il quale “un’eguaglianza che [non sia collegata alle capacità

rimane] assolutamente inattuabile”349.

La filantropia alla quale Saint-Simon si appella, del resto non lo porta a

 prospettare la carità per migliorare le condizioni dei poveri, anzi l’elemosina ècondannata perché fonte di “ozio, che è padre di tutti i vizi”350. Il lavoro è la

344 Ibid., p. 1124.345 Ibid., p. 1142.346 Ibid., p. 1126.347 Ibid.348 Ibid., p. 1140.349 Ibid., p. 1135.350 Ibid., p. 1115. Per ciò che pensa Saint-Simon del carattere negativo dell’elemosina, Cfr. ibid.,

 pp. 1114-1115.

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fonte di ogni benessere ed infatti,

 per migliorare il più rapidamente possibile l’esistenza della classe più povera, la

circostanza più favorevole sarebbe di trovare una grande quantità di lavori da eseguire e che

questi lavori esigessero il più grande dispiegamento dell’intelligenza umana. Voi potete

creare questa circostanza; ora che la dimensione del nostro pianeta è conosciuta fate

 preparare dagli scienziati, dagli artisti e dagli industriali un piano generale dei lavori da

eseguire per rendere il possedimento territoriale della specie umana il più produttivo

 possibile e il più gradevole da abitarsi da tutti i punti di vista.

La massa immensa di lavori che voi deliberate subito contribuirà al miglioramento della

sorte della classe più povera più efficacemente di quanto potrebbero fare le più abbondanti

elemosine, e in questo modo i ricchi, invece di impoverirsi con sacrifici pecuniari, si

arricchiranno contemporaneamente ai poveri.351

Saint-Simon, dunque, “intendeva mantenere, nelle condizioni sociali della

modernizzazione, i requisiti di una comunità morale fondata su rapporti sociali

solidali”  352. Senza proporre soluzioni sconvolgenti, egli ha posto “la soluzione

della questione sociale... nell’idea che la divisione del lavoro e la

riorganizzazione tecnocratico-corporativa dell’economia avrebbe garantito una

maggiore stabilità sociale”353, sia attraverso un accrescimento delle ricchezze

tale che anche il benessere dei più poveri sarebbe arrivato a livelli soddisfacenti,

sia nel coinvolgere e unire tutti i membri della comunità nella ricerca

dell’obiettivo comune della produzione, nella generale consapevolezza che

351 Ibid., p.1127.352 M. Battini, L’ordine della gerarchia, cit., p. 96.

353 Ibid., p. 97.

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l’apporto di ognuno, benché differente, è utile e indispensabile allo scopo.

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Capitolo terzo

Charles Fourier

 Introduzione

Charles Fourier è uno degli utopisti più controversi dell‘800 francese e la sua

opera è stata oggetto di molte e diverse interpretazioni354.

E’, come lui stesso si definisce, lo scopritore della “teoria dell’Attrazione

 passionale”.

Egli era convinto di avere trovato la legge suprema dell’armonia universale,

attraverso la quale il genere umano avrebbe finalmente potuto raggiungere uno

stato di felicità ed abbondanza, in cui tutte le passioni di ogni singolo uomo

sarebbero state soddisfatte355.

Fourier trascorse tutta la sua vita tra l’orgogliosa certezza della sua scoperta e

la disillusione, derivante dalla consapevolezza dell’indifferenza e, ancor peggio,

del dileggio del pubblico nei confronti suoi e delle sue teorie356.

Già dalla prima opera, la Teoria dei quattro movimenti, il pensiero

dell’autore è formato e completo. Gli scritti successivi ripetono e sviluppano le

354 G. Dalmasso (a cura di),  La società Medico-Politica - Teorie sul soggetto politico nella

 Francia post-rivoluzionaria, Jaka Book, Milano, 1980, p. 140.355 G. M. Bravo (a cura di), Il socialismo prima di Marx. Antologia di scritti di riformatori,

 socialisti, utopisti, comunisti e rivoluzionari premarxisti, Editori Riuniti, Roma, 1966, p. 93.356 M. Larizza, “introduzione” a Ch. Fourier, Teoria dei quattro movimenti e altri scritti, UTET,

Torino, 1972, p. 20.

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idee alla base del suo sistema. Per questo motivo, non si incontrano

contraddizioni nella lettura dei suoi scritti e le sue idee, esposte nelle varie opere

in modi diversi, sono chiare e spiegate in maniera approfondita.

Le sue idee, pur derivando dalle concezioni illuministiche, assumono

caratteristiche del tutto originali; elementi di follia e bizzarria sono spesso

 presenti.

Al di là di questo, risulta chiara la sua organizzazione sociale ideale e quali

siano le sue idee riguardo alla distribuzione delle ricchezze. L’autore condanna

l’eguaglianza assoluta, perché fonte di immobilità e nichilismo, e considera le

differenze, anche quelle di ricchezza, indispensabili per creare quell’abbondanza

necessaria alla felicità di tutti.

D’altra parte, nella società da lui ipotizzata, le disuguaglianze, pur essendo

una presenza costante, tendono a scomparire di fronte all’enorme ricchezza che

viene prodotta grazie alla nuova organizzazione del lavoro.

Cenni biografici

Charles Fourier 357 trascorse un’esistenza solitaria e nulla nello svolgimento

della sua vita lascia trapelare l’estremo radicalismo del suo pensiero.

357 Le notizie riguardo alla vita di Charles Fourier sono tratte da: Ch. Fourier, Teoria dei quattro

movimenti e altri scritti, a cura di M. Larizza, cit.; G. M. Bravo (a cura di),  Il socialismo prima di

 Marx., cit.;  F. E. Manuel,  I profeti di Parigi, Il Mulino, Bologna, 1979;  Ch. Fourier,  L’Armonia

Universale, a cura di M. Larizza, Editori Riuniti, Roma, 1978.

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 Nasce nel 1772 a Besançon, da un famiglia benestante di commercianti. Già

dall’infanzia, comincia ad affiorare in lui l’avversione per il commercio,

considerata un’attività basata sulla frode e sulla menzogna. Nonostante questo, è

costretto ad abbandonare gli studi, nei quali eccelle, per dedicarsi all’azienda

 paterna.

Dopo essere, finalmente, riuscito, ad abbandonare il negozio di famiglia, nel

1793 tenta una speculazione sbagliata e perde tutti i suoi averi. Durante la

rivoluzione viene arrestato e, tre anni dopo, ottenuta la libertà diventa

commesso viaggiatore, attività che gli permette, viaggiando e conoscendo

 persone diverse, di capire cosa desidera realmente la gente.

In questo periodo, elabora quasi completamente la teoria dell’Attrazione

 passionale, che viene esposta, nel 1808, nella sua prima opera, la Teoria dei

quattro movimenti, la quale è stampata da un giovane tipografo, che, qualche

anno dopo, diventerà un famoso teorico socialista, Pierre-Joseph Proudhon.

L’opera viene accolta malamente della critica e dal pubblico. Non miglior sorte

ha il Trattato dell’associazione domestica e agricola358, pubblicato nel 1822.

 Nel 1829, esce  Il nuovo mondo industriale e societario, l’opera meglioaccolta dal pubblico, ed entra in rapporto con alcuni saintsimoniani. Nel

frattempo, sempre alla ricerca del ricco mecenate che finanzi e metta in pratica

le sue idee con la costruzione di un  falansterio di prova359, partecipa alle

358 Il Traité de l’associatione domestique-agricole era il primo titolo che Fourier aveva assegnatoall’opera che poi prese il nome di Théorie de l’unité universelle. Nelle citazioni seguenti si farà sempreriferimento al secondo titolo dell’opera.

359 Il falansterio è una piccola comunità. Nella fase di Armonia, in cui si sviluppa la società ideale

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conferenze, organizzate dai suoi seguaci, per far conoscere la sua dottrina.

 Nel 1831, pubblica un opuscolo, Imposture e ciarlatenerie delle due sette di

Saint-Simon e Owen, con il quale rompe ogni rapporto coi seguaci dei due

utopisti.

Vari saintsimoniani confluiscono nella scuola fourierista, che, nel 1832,

comincia a pubblicare un periodico, “La Phalansterie”.

 Nel 1833, viene redatta La falsa industria, e , nello stesso anno, comincia a

uscire, sotto la guida di Victor Considérant, la nuova rivista della scuola, “La

Phalange”.

 Nel 1837, Charles Fourier muore, dopo aver trascorso tutta la vita a ripetere,

con ampliamenti e riassunti, quella, che, sostanzialmente, era stata la prima

stesura della sua prima opera: la sua missione era convincere l’umanità della

 bontà delle sue idee, che avrebbero portato, se applicate, all’abbondanza e alla

felicità generale.

 L’attrazione passionata

“Pare che la natura bisbigli all’orecchio del genere umano che esso è

destinato ad una felicità di cui ignora le vie, e che una scoperta meravigliosa,

verrà d’un tratto a dissipare le tenebre della Civiltà”360. La scoperta, cui Fourier 

del pensatore, il mondo sarà disseminato di queste comunità, federate in un sistema amministrativounitario mondiale. Esse saranno pressoché autarchiche e indipendenti, e all’interno di queste sisvolgeranno, prevalentemente, attività legate all’agricoltura.

360 Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, (1808), in Oeuvres Completes, Anthropos, Paris,

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allude, è quella dell’Attrazione passionale, della quale si ritiene lo scopritore.

Esso è il principio di cui si serve Dio, per far sì che l’uomo segua la Sua volontà

e si armonizzi con l’universo.

L’idea fondamentale è che Dio abbia ordinato l’universo, secondo un unico

 principio: l’attrazione. Nel campo materiale è stata scoperta la forza di

gravitazione; la convinzione dell’autore è che le leggi dell’attrazione passionale

siano “in tutto e per tutto conformi a quelle dell’attrazione materiale dimostrate

da Newton e da Lebniz; e del fatto che unitario [è] il sistema che governa il 

movimento del mondo materiale e di quello spirituale”361. Si aggiunge, poi, che

questa analogia può essere estesa “dalle leggi generali alle leggi particolari; che

le attrazioni e le proprietà degli animali, dei vegetali e dei minerali [ possono]

essere coordinate allo stesso piano da cui dipendono quelle degli uomini e

quelle degli astri”362.

La natura ha, quindi, ricevuto da Dio un unico principio di movimento, il

quale serve a mantenere l’ordine in tutto l’universo. Attraverso l’attrazione ogni

creatura, dagli insetti alle stelle, provano piacere a fare ciò che l’impulso

naturale detta loro, che poi è anche ciò che è necessario per mantenere l’armonia

universale363.

L’uomo non si differenzia dal resto dell’universo, anch’egli seguendo i propri

1966, trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti e altri scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 229.361 Ibid., p. 223.362 Ibid.363 M. Moneti, introduzione a: Ch. Fourier, Contro la civiltà, a cura di M. Moneti, Guaraldi

Editore, Bologna, 1971, p. 38.

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impulsi, cioè le passioni, fa il volere di Dio. “L’attrazione è nelle mani di Dio

una bacchetta magica che gli fa ottenere con lusinghe d’amore e di piacere ciò

che l’uomo non sa ottenere che con la violenza. L’attrazione trasforma in

godimenti le funzioni in se stesse più ripugnanti”364.

In questo modo, l’autore rivaluta le passioni umane: qualsiasi inclinazione e

sentimento, anche quello apparentemente peggiore, diventa positivo, se inserito

in un ordine, il meccanismo combinato, che rispecchia quello naturale; tutte le

 passioni, provenendo da Dio sono buone365, seguendole non solo si ha felicità,

ma si fa il Suo volere.

Fourier fonda, quindi, la sua morale sul piacere: la sua “teoria si limita a

utilizzare le malfamate passioni così come sono date dalla natura e senza

apportarvi alcun cambiamento”366, e a fare di esse le fondamenta di un mondo,

in cui la ricchezza e l’abbondanza diventano enormi.

L’originalità dell’utopista francese sta nel far discendere da queste

convinzioni una teoria sociale che porta all’elaborazione di una società ideale

del tutto innovativa, in cui il libero dispiegarsi delle passioni non porta caos e

distruzione, ma ricchezza e ordine. La teoria dell’Attrazione passionale divental’interprete dei disegni di Dio relativi all’ordinamento sociale.

L’autore, partendo dalla teoria delle Passioni, costruisce una società,

364 Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, (1841), in Oeuvres complètes, Anthropos, Paris,1966 , trad. it. in Id., L’armonia Universale, a cura di M. Larizza, cit., p. 52.

365 F. E. Manuel, I Profeti di Parigi, cit., p. 276.366 Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit. , trad. it. in Id., L’Armonia Universale, a cura di

M. Larizza, cit., p. 55.

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 Armonia, in cui, attraverso il meccanismo delle  serie367, sarà assicurata

ricchezza e felicità a tutti gli esseri umani. In questa struttura sociale non ci sarà

 posto per l’eguaglianza, perché l’armonia e l’ordine universale si basano sulle

differenze: le diversità di carattere, di gusto ed, anche, di ricchezza, saranno gli

ingranaggi sui quali si fonderà il nuovo ordine societario.

Prima di arrivare a questo, è necessario, dunque, chiarire quali sono i

 presupposti filosofici sui quali si fonda la teoria sociale dell’autore.

Fourier elabora una dettagliata teoria delle passioni umane.

Esse sono dodici e vengono distinte “a seconda che riguardino i sensi, i

sentimenti e le modalità o intrecci delle prime due” 368. Per soddisfare le passioni

del primo gruppo, le cinque dei sensi, sono necessarie “la salute e la ricchezza...

Solo possedendo queste due risorse, si può raggiungere il primo scopo

dell’attrazione passionale che è quello di soddisfare i cinque impulsi

sensibili...”369. “Per essere felici non basta possedere il lusso interno o salute; noi

367 “La serie di gruppi è il modo generalmente adottato da Dio nella distribuzione dei regni edelle cose create. Nelle loro teorie e tabelle, i naturalisti hanno ammesso all’unanimità questadistribuzione... Se le passioni e i caratteri non fossero sottoposti come i regni materiali alladistribuzione per serie di gruppi, l’uomo sarebbe diviso dall’intero universo; si avrebbe duplicità disistema e incoerenze tra il materiale e il passionale. (Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit.,trad. it. in A. Salsano (a cura di),  Antologia del pensiero socialista, volume I, I precursori, Laterza,

Bari, 1979, p. 130). “ Una serie passionale è una lega di diversi gruppi graduati in ordine ascendente ediscendente, riuniti passionalmente per identità di gusto verso qualche funzione, come ad esempio lacoltura di un frutto, e suddivisa in tanti gruppi quanti sono i tipi di lavoro che riguardano l’oggetto dicui la serie si occupa. (Ch. Fourier,  Le nouveau monde industriel et sociétaire, (1829), in OeuvresComplètes, Anthropos, Paris, 1966, trad. it. in Id., Contro la Civiltà, a cura di M. Moneti, cit., p. 213).Come si vedrà meglio in seguito, attraverso le Serie viene organizzato ogni lavoro e attività,all’interno del Falansterio. Le Serie, chiamate da Fourier anche Sette progressive, sono la cellulafondamentale della struttura economica del sistema fourierano. Tutte le attività, compiute nelFalansterio, vengono svolte attraverso un’attenta suddivisione e specializzazione dei lavori. Ogniattività è svolta da una Serie, la cui struttura interna rispecchia la suddivisione delle diverse sotto-attività, che compongono il lavoro. In tal modo, ogni falansteriano sceglie e svolge non solo le attivitàche desidera, ma, all’interno di queste, compie le fasi, da lui preferite.

368 M. Moneti, “introduzione” a Ch. Fourier, Contro la civiltà, a cura di M. Moneti, cit., p. 44.

369 Ch. Fourier,  Le nouveau monde industriel et sociétaire, cit., trad. it. in Id. ,  L’Armonia

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desideriamo in aggiunta il lusso esterno o ricchezza, che garantisce il libero

dispiegarsi dei sensi...”370.

Le successive quattro passioni sono quelle di onore, amicizia, amore e

famiglia. Queste hanno come scopo il desiderio dei gruppi371. In particolare,

l’amore ha un ruolo essenziale nella struttura societaria ideata dall’utopista.

Infine, le passioni dell’ultimo gruppo, chiamate seriali, sono difficili da

descrivere essendo sconosciute in Civiltà372. Esse, chiamate rispettivamente

Composita, Cabalistica e Farfallina, sono le passioni per gli accordi, per gli

intrighi e per la varietà; si svilupperanno compiutamente solo in armonia, nelle

serie373. Sono le passioni più importanti per lo sviluppo del meccanismo

societario, senza le quali esso non potrebbe essere costituto374.

Tutte le differenze di gusti e inclinazioni che esistono tra gli uomini sono

ricondotte al diverso sviluppo delle passioni. In particolare, il filosofo precisa:

“le dodici passioni radicali si suddividono in molteplici varietà che dominano,

quale più, quale meno, in ogni individuo: ne risultano dei caratteri infinitamente

differenziati, ma che si possono ricondurre a ottocentodieci principali”375.

Le passioni servono a Dio per guidare gli uomini, i quali, assecondando i propri impulsi naturali, oltre a uniformarsi all’ordine universale, raggiungono la

Universale, a cura di M. Larizza, cit., p. 57.370 Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti e

altri scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 652.371 Ibid., pp. 651 e segg.372 Per il significato di Civiltà in Fourier si veda il prossimo paragrafo.373 F. E. Manuel, I Profeti di Parigi, cit., p. 273.374 Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. M. Larizza, Teoria dei quattro

movimenti e altri scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 653.

375 Ibid., p. 315.

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felicità, che, per Fourier, consiste nel provare e soddisfare un’immensa quantità

di passioni non nocive, mentre l’infelicità deriva dall’avere grandi passioni e

 pochi mezzi per soddisfarle376.

Lo scopo dell’uomo, e dell’autore, in particolare, diventa, allora, porre le

 premesse per far sì che tutti possano soddisfare le proprie passioni. L’ordine

combinato è strutturato in modo tale che ogni uomo possa soddisfare le proprie

 passioni in linea con l’interesse generale; “si arriva all’equilibrio sociale solo

attraverso un vasto sviluppo delle passioni”377.

“Ogni ordine sociale diverso dall’armonia non è mai altro che un mezzo per 

appagare l’Attrazione dei ricchi comprimendo quelle dei poveri, mentre

l’armonia soddisferebbe quella dei ricchi e quella dei poveri al contempo”378.

Contro la civiltà

L’autore, naturalmente, non si limita ad ideare una nuova struttura sociale,

ma, per contrasto, svolge una spietata critica contro il mondo in cui vive: laCiviltà.

Essendo vicino al popolo, osserva l’estrema miseria e le privazioni della

376 Ibid., p. 327.377 Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit., trad. it. in Id., Contro la Civiltà, a cura di M.

Moneti, cit., p. 251.378 M. Larizza, “introduzione” a Ch. Fourier, Teoria dei quattro movimenti e altri scritti, cit., p.

48.

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moltitudine e al contempo vede il lusso sfrenato in cui vivono i pochi: prima

della rivoluzione i nobili ed ora i nuovi borghesi.

Come vedremo meglio in seguito, il pensatore francese ha una visione della

storia ciclica e divisa in fasi sociali: ognuna di queste ha particolari

caratteristiche che riguardano la sua struttura sociale ed economica. Fourier,

inoltre, anticipando in parte Marx, afferma che ogni epoca ha in sé i germi del

cambiamento, che la porteranno alla fase successiva.

Il periodo storico che l’autore chiama Civiltà non è solo quello estremamente

ristretto che comprende lo sviluppo della società borghese, come è stato inteso

da Engels379; questa fase sociale “nasce con la concessione dei diritti civili alla

sposa”380 e abbraccia un vasto periodo, che parte dallo sviluppo del mondo

classico. Essa, come ogni epoca, è divisa in quattro fasi e l’autore si trova a

vivere durante la terza fase, caratterizzata dallo sviluppo del commercio e dalla

libera concorrenza. E’ proprio contro questa fase che è da intendere la sua aspra

 polemica.

Il pensatore francese ha un odio profondo verso il commercio, che deve

essere inteso non solo in senso ristretto di circolazione delle merci, ma anche inquello di economia concorrenziale; mette in luce come il sistema liberistico,

nascondendosi sotto i vessilli della libertà, finisca per garantire il predominio di

 pochi operatori economici, grazie all’inganno e allo sfruttamento perpetrato ai

379 M. Moneti, “introduzione” a Ch. Fourier, Contro la civiltà, cit., p. 17, in cui si fa riferimento aF. Engels, Il socialismo dall’utopia alla scienza, Roma, 1970.

380 Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti e

altri scritti, cit., p. 492.

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danni della maggioranza381. Il sistema di mercato lungi dal creare quell’ordine

tanto decantato dagli economisti, considerati da Fourier dei servi al cospetto dei

detentori della supremazia economica, ha in sé le cause del suo collasso, che

 porteranno la Civiltà alle epoche successive.

 Nella Francia post-rivoluzionaria, lo sviluppo del sistema capitalistico era

ancora agli albori, ma “limpida e vigorosa è in Fourier la messa a fuoco degli

effetti sortiti dall’affermarsi dei principi liberistici a livello industriale”382: la

concorrenza tra le fabbriche si basa sullo sfruttamento degli operai, che sono

ridotti a una sorta di schiavitù383.

Il commercio e, in senso lato, l’economia di mercato sono la causa di tutti i

mali della Civiltà In essa l’attività produttiva, in particolare l’agricoltura, è

trascurata a favore del commercio e delle altre attività  parassitarie che non

creano reale ricchezza; si arricchisce chi non produce a discapito di che

 produce; più in generale l’interesse individuale è in contrasto con il bene

comune. A tutto questo l’autore contrappone l’economia societaria che

381 Per la disamina e la denuncia dettagliata dell’autore del sistema liberistico e protocapitalistico,si veda direttamente: Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. in Id., Teoria dei

quattro movimenti e altri scritti, cit., pp. 495 e segg.382 M. Larizza, “introduzione” a Ch. Fourier, Teoria dei quattro movimenti e altri scritti, cit., p.31.

383 Riguardo alle cause delle disperate condizioni degli operai, Fourier scrive: “Tutto ciò è fruttodi una concorrenza esasperata: più la rivalità mercantile è attiva, più l’operaio è sfruttato, affamato dalfabbricante cupido, che cercando di ridurre i salari per giungere rapidamente a una grande fortuna,spinge i suoi concorrenti d’altri paesi a ridurre del pari i salari e ad assassinare gli operai. Questi, tra lafame e la forca, si trovano costretti ad accettare il lavoro più ingrato. E’ grazie a questoimpoverimento progressivo dell’operaio che le celebri fabbriche, quelle di Saint-Gall, di Nîmes, diRoubaix a altre, riescono a sostenere la concorrenza dell’Inghilterra, la quale ha spinto più oltre diqualsiasi altro paese l’arte di torturare la classe produttiva, inducendo man mano a questo regimevessatorio ogni paese che voglia sostenere la sua concorrenza”. (Ch. Fourier, De l’anarchie

industrielle et scientifique, Librairie phalanstérienne, Paris, 1847, trad. it. in Id. , Teoria dei quattro

movimenti e altri scritti, a cura di M. Larizza. cit., p. 31).

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caratterizza la produzione e la distribuzione nella società armonica. 

La critica dell’autore, in ogni caso, non si ferma a questo. Nella Civiltà, tutti

sono poveri, non solo i proletari, perché le passioni rimangono inappagate

anche nei ricchi, pur avendo, questi, i mezzi materiali per soddisfarle384. Infatti,

“...l’ordine civile ha la proprietà di far sviluppare le dodici passioni radicali

invertendone il corso generale, e di produrre costantemente tante iniquità e tanti

orrori quanto, in giustizia e benefici, queste passioni avrebbero condotto nel loro

corso diretto e nel loro sviluppo combinato”385. C’è un sovvertimento

 passionale, perché l’uomo non ha la possibilità di soddisfare le passioni, che

sono represse e riemergono in forme stravolte: esse non possono essere

 bloccate, come pretende la morale, ma devono essere lasciate libere di

dispiegarsi386.

La Civiltà è, quindi, un mondo alla rovescia, perché “crea, con i suoi

 progressi, le condizioni per la felicità, ma non certo la felicità... la miseria

[nasce] dalla stessa abbondanza”387.

Il primo scopo di una società, infatti, consiste nell’assicurare ad ogni uomo

un’agiatezza economica “di vario grado che metta al riparo dal bisogno gli

uomini meno abbienti”388.

384 Cfr. F. E. Manuel, I Profeti di Parigi, cit., p. 269.385 Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti e

altri scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 317.386 Cfr. M. Moneti, ” introduzione” a Ch. Fourier, Contro la Civiltà, cit., p. 26.387 Ch. Fourier,  Le nouveau monde industriel et sociétarie, cit., trad. it. in Id.,  L’armonia

universale., a cura di M. Larizza, cit., p.105.388 Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti e

altri scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 229.

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L’intento di Fourier, con le sue feroci critiche, “non è di migliorare la Civiltà,

ma di umiliarla e di far desiderare la scoperta di un meccanismo sociale

migliore”389. “La teoria dei destini esaudirà i voti dei popoli assicurando a

ciascuno quell’agiatezza graduata cui tutti aspirano, e che si può trovare soltanto

nell’ordine delle Sette progressive”390.

Il meccanismo combinato non assicurerà agli uomini l’eguaglianza,

considerata dall’autore come sinonimo di nichilismo391, ma benessere e felicità a

tutti.

 La teoria dei destini

Fourier non considera la Civiltà in semplice rapporto dialettico con

l’Armonia, ossia non esistono solo questi due possibili società: esse, infatti,

sono solo due delle trentadue fasi che compongono il cammino sociale

dell’umanità.

Sappiamo che il pensatore ha una concezione della storia ciclica,materialistica e dialettica392. Nel tempo, infatti, si sono succedute, e

continueranno a succedersi, varie epoche. Ognuna di queste è caratterizzata da

389 Ibid., p. 547.390 Ibid., p. 230.391 Cfr. M. Larizza, nota 39 a Ch. Fourier, Teoria dei quattro movimenti e altri scritti, cit., p. 148.392 Sull’argomento si veda J. Nicolaï,  La conception de l’évolution sociale chez Fourier,

Rousseau, Paris, 1910.

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una certa struttura economica e sociale e il passaggio da una fase all’altra è

dovuto a cambiamenti nelle caratteristiche specifiche del periodo. La Civiltà

non “... è il termine ultimo dei destini sociali, mentre è soltanto la quinta delle

trentadue società possibili”393, e una delle più sfortunate394.

“Il nostro destino è quello di avanzare; ogni periodo sociale deve tendere al

superiore”395. L’uomo non può fermare il movimento sociale396, anche se, con il

suo comportamento, può influire sulla durata delle fasi d’infelicità: la difesa che

i filosofi fanno della civiltà e delle sue istituzioni è la causa principale del

 prolungarsi dell’infelicità umana.

Del resto, la civiltà occupa nella scala del progresso un posto importante, perché crea i

mezzi per avvicinarsi all’associazione: crea la grande industria, le scienze pure e le belle arti.

Bisognava far uso di questi mezzi per salire più in alto nella scala sociale, per non marcire in

 perpetuo in quest’abisso di miserie e di ridicolo, chiamato civiltà, che, con le sue prodezze

industriali e i suoi torrenti di false dottrine, non è capace di assicurare al popolo il lavoro e il

393 Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti e

altri scritti, a cura di M. Larizza, cit.,, p. 252.394 “L’evoluzione sociale... si divide in quattro fasi e si suddivide in trentadue periodi... Le due

fasi di incoerenza o disunione sociale comprendono i tempi di infelicità. Le due fasi di combinazione o

unione sociale comprendono i periodi di benessere... Da questo schema si vede che nell’evoluzionedel genere umano, come in quella degli individui, i periodi di sofferenza si trovano ai due estremi. Noici troviamo nella prima fase... Stiamo per entrare nella seconda...” (Ch. Fourier, Théorie des quatre

mouvements, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti e altri scritti, a cura di M. Larizza, cit., pp. 249-251). Le sedici società, dalla nona alla ventiquattresima, pur differenziandosi tra loro, sarannotutte organizzate in Serie composte e produrranno abbondanza e felicità: formano le due fasi diArmonia. Questo periodo non sarà infinito, ma durerà un numero determinato di anni, dopodiché ildestino dell’uomo è ricadere nella fase d’incoerenza sociale. Per una spiegazione dettagliata dellaTeoria dei destini, si rimanda a: Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. in Id.,Teoria dei quattro movimenti e altri scritti, a cura di M. Larizza, cit., pp. 244 e segg.

395 Ch. Fourier,  Le nouveau monde industriel et sociétaire, cit., trad. it. in Id., L’Armonia

Universale, a cura di M. Larizza, cit., p. 63.396 Ch. Fourier, Egarament de la raison, in Oeuvres Complètes, Anthropos, Paris, 1966, trad. it. in

Id., Teoria dei quattro movimenti e altri scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 755.

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 pane.397

Per accedere all’Armonia sono necessarie, infatti, due condizioni:

1) Creare la grande industria, le scienze pure e le belle arti, poiché questi mezzi sono

necessari per la costituzione del regime societario, che è incompatibile con la povertà e

l’ignoranza.

2) Inventare questo meccanismo societario, questo nuovo mondo industriale contrapposto

al frazionamento.398

“Dei due fattori, il secondo è assente per colpa dei filosofi, che non solo non

hanno saputo scoprire, ma hanno ritardato e scoraggiato in tutti i modi ogni

sforzo teorico che preludesse alla scoperta del meccanismo societario”399.

Ora, grazie al filosofo francese, “il calcolo dell’attrazione passionale è

scoperto e il mondo può subito passare ai felici destini”400.

Per arrivare all’ottavo periodo sono possibili, quindi, due strade:

...la prima è via d’avvento immediato... la seconda è via d’elevazione lenta, parziale e

graduale...

Sarebbe dunque un bel dispendio provare uno dopo l’altro i vari grado dell’Associazione:

cosa che sarebbe successa se l’intelletto umano, invece di scoprire in pieno il calcolo

397 Ch. Fourier, Le nouveau monde industriel et sociétaire, cit., trad. it. in G. M. Bravo (a cura di), Il socialismo prima di Marx., cit., p. 106.

398 Ibid., p. 107.399 M. Moneti, “introduzione” a Ch. Fourier, Contro la Civiltà, cit., p. 55.400 Ch. Fourier, Le nouveau monde industriel et sociétaire, cit., trad. it. in G. M. Bravo (a cura di),

 Il socialismo prima di Marx., cit., p. 125.

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dell’Attrazione passionale, si fosse limitato a scoprirne i rami inferiori...401

Con la scoperta dell’Attrazione passionale, “...l’organizzazione dello stato

societario non richiede più di due anni, a partire dal giorno in cui apprestano gli

edifici e le piantagioni”402.

Tutto quello che è necessario fare è costituire una Falange di prova403: essa,

in poco tempo, convincerà tutti che il meccanismo societario “accontenta tutte le

classi, tutti i partiti; per questo motivo sarà così facile e un piccolo

esperimento... determinerà subito la metamorfosi generale, perché si vedranno

realizzati in esso tutti i benefici che la filosofia si limita a sognare...” 404.

 L’armonia e il falansterio

Con la scoperta dell’Attrazione si arriva ad un nuovo ordine sociale, in cui

tutte le passioni si dispiegano e diventano utili: l’interesse individuale e generale

vengono a coincidere.

 Nella sua visione naturalistica dell’uomo, Fourier immagina una società che

sancisce il trionfo della spontaneità. I desideri, le passioni, gli impulsi, non solo

hanno la possibilità di esprimersi liberamente, ma diventano le forze creatrici

401 Ch. Fourier, Crimes du Commerce, ® La Phalange. Revue de la science sociale ¯ I série[Paris], II, 1845, trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti e altri scritti, a cura di M. Larizza, cit.,

 p. 860.402 Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti e

altri scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 328.403 La Falange, come vedremo, è la struttura che permette lo sviluppo del meccanismo societario.

Essa è una comunità costituita da persone diverse per ricchezza, età, carattere, in cui i lavori sonoorganizzati nelle Serie.

404 Ch. Fourier,  Le nouveau monde industriel et sociétaire, cit., trad. it. in G. M. Bravo,  Il 

 socialismo prima di Marx., cit., p. 111.

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sulle quali tutta la struttura si regge.

La spiegazione di tutto questo si rifà a Dio: Egli ha fatto in modo che le

 passioni umane, se correttamente guidate, diventino positive.

Attraverso il meccanismo delle Serie405, tutte le passioni vengono raggruppate

in modo tale che ogni uomo, facendo ciò che desidera, si rende utile alla

collettività.

Ognuno, seguendo le proprie aspirazioni, lavora e produce: il lavoro diventa

divertimento o, più precisamente, i divertimenti diventano produttivi e utili agli

altri. “Non sarà più un dovere amare il lavoro quando il lavoro sarà amabile e

trasformato in piacere”406. In Armonia, non c’è più differenza tra lavoro e tempo

libero; gli uomini trascorrono le giornate passando di Serie in Serie, di lavoro in

lavoro407 in un continuo, frenetico divertimento produttivo.

La conseguenza fondamentale del lavoro diventato attraente è che ognuno è

spinto a lavorare; tutti lavoreranno

senza che sia l’attrattiva del denaro a [stimolarli]... non avranno altro incentivo che la foga

della passione, che un folle fanatismo per le loro attività predilette. E la loro esaltazione sarà

così violenta che si vedrà il milionario, il sibarita di oggi, levarsi prima dell’alba per 

accelerare e dare impulso personale ai lavori delle Sette nelle quali si sarà arruolato. Nel

405 Per la definizione di Serie si veda la nota 13.406 Ch. Fourier  , Manuscrits publiés par “La Phalange”, revue de la science sociale, Anthropos,

Paris, 1967, trad. it.in Id., Teoria dei quattro movimenti. Il nuovo mondo amoroso e altri scritti sul lavoro, l’educazione, l’architettura nella società d’Armonia, a cura di I. Calvino, Einaudi, Torino,1971, p. 190.

407 I turni di lavoro sono brevissimi, al massimo durano due ore, perché una delle fondamentali

 passioni umane, chiamata Farfallante, è soddisfatta cambiando continuamente genere di piacere.

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corso della giornata lo si vedrà lavorare come un dannato... 408

Il risultato di tutto questo sarà, naturalmente, la produzione di una ricchezza

enorme, tale da assicurare a tutti elevate condizioni di vita e, “essendo il primo

dei tre scopi dell’uomo la ricchezza”409, di felicità.

L’insieme di più Sette410 costituisce una Falange, che è una comunità

composta da circa 1600 persone; il numero è così stabilito per comprendere

tutti i possibili caratteri. Le Serie, infatti, riproducendo l’ordine naturale, si

 basano su tutti i possibili contrasti e sulle differenze.

La Falange è una associazione di lavoro e di vita, infatti, le Serie, pur 

 partendo come cellule produttive, finiscono per essere presenti, in ogni aspetto

della vita della comunità: esse, oltre ad avere la funzione di organizzare i lavori

e le funzioni produttive sono il luogo d’incontro degli armoniani.

“L’edificio in cui abita una Falange [il Falansterio] non ha alcuna

somiglianza con le nostre costruzioni”411.

All’interno del Falansterio, si svolge la vita degli armoniani, la quale è una

frenetica corsa da una Serie all’altra. Esse svolgono tutte le attività necessaria

alla vita e, di conseguenza, la vita è comunitaria. Nonostante questo, nel

408 Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. in Id, Teoria dei quattro movimenti ealtri scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 597.

409 Ch. Fourier,  Le nouveau monde industriel et sociétaire, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattromovimenti. Il nuovo mondo amoroso e altri scritti sul lavoro, l’educazione, l’architettura nella società

d’Armonia, a cura di I. Calvino, cit., p. 192.410 Fourier usa indistintamente i termini Serie e Setta.411 Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti. Il 

nuovo mondo amoroso e altri scritti sul lavoro, l’educazione, l’architettura nella società d’Armonia, a

cura di I. Calvino, cit., p. 235.

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Falansterio non c’è eguaglianza, essa non si concilia con le Serie, che si basano

sui contrasti: le disuguaglianze di ricchezza vengono mantenute, le classi non

sono abolite e nemmeno la proprietà privata412. D’altra parte, l’enorme

abbondanza che viene prodotta con il meccanismo societario fa passare in

secondo piano le differenze, anche perché a tutti viene assicurato un minimum.

Alle necessità dei membri si provvede collettivamente: le mense sono

comuni, tutti usufruiscono di un servizio domestico, i bambini sono allevati da

 Nutrici, gli spettacoli, che sono molto importanti nel meccanismo societario,

sono gratuiti.

I societari vivono in appartamenti, che vengono loro affittati con pagamenti

anticipati dalla reggenza, ossia da colui o da coloro, che hanno fondato il

Falansterio413.

 Nel Falansterio,

non si mangia quasi mai nei propri appartamenti... Le coppie che vivono coniugalmente

ed in appartamenti contigui414, non hanno interesse ad allontanarsi dalle sale pubbliche, da

412 Cfr. M. Moneti, “introduzione” a Ch. Fourier, Contro la civiltà, cit., p. 21.

413 Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti. Il nuovo mondo amoroso e altri scritti sul lavoro, l’educazione, l’architettura nella società d’Armonia, acura di I. Calvino, cit., p. 242.

414 In Armonia non esiste il matrimonio; nei legami affettivi e in campo sessuale, come, del resto,in ogni cosa, vige la più completa libertà. La famiglia, in particolare, scompare completamente. Essaimpedirebbe il libero svilupparsi della società armonica, minandone i presupposti, su cui si fonda,

 principalmente per due motivi. In primo luogo, la famiglia, naturalmente stiamo parlando di ciò cheFourer poteva osservare, ha una struttura gerarchica, che dà al capofamiglia un certo potere sugli altrimembri. Da questo potere discende l’opposizione, il conflitto e, quindi, la potenziale rotturadell’armonia. In secondo luogo, essa favorisce il monadismo sociale. Essa è una cellula indipendente,i cui interessi spesso non coincidono con quelli dell’intera società, che viene da essa sfruttata estrumentalizzata. La famiglia è un nucleo chiuso, che favorisce il distacco dalle altre famiglie, ècontraria alla coesione sociale. Essa, inoltre, tende a conservare le proprie caratteristiche e gli

eventuali privilegi. Favorisce l’immobilismo e si oppone all’innovazione. L’eventuale creatività o

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dove ritornano facilmente ai propri appartamenti...

Aggiungiamo che le cene in famiglia, con bambini sono sconosciute in Armonia, perché i

 bambini molto mattinieri nelle loro occupazioni415, vengono messi a letto all’ora della cena

dei padri. 416

“In una Falange il servizio domestico, come ogni altra funzione viene gestito

da determinate Serie, che destinano un gruppo ad ogni varietà di lavoro”417.

“Nessun societario nell’Armonia composita (8° periodo) presta servizi

domestici individualmente; eppure il più povero degli individui dispone

costantemente di una cinquantina di paggi ai suoi ordini”418.

Per quel che riguarda l’educazione dei bambini: “essendo la cura delle due

età estreme - bambini fino a tre anni e patriarchi o infermi - considerata in

regime di associazione come opera di carità obbligatoria per il corpo societario,

la falange dà gratuitamente ogni cura agli infanti fino a tre anni...”419. I bambini

diversità dei figli è vista come un fatto negativo e, di conseguenza, viene combattuto. Questi sono imotivi, che hanno spinto Fourier alle feroci critiche contro la famiglia, considerata, insieme alcommercio, la causa delle sventure dell’umanità. Cfr A. Colombo,  Amore, libertà eticità, in A.Colombo e L. Tundo (a cura di),  Fourier. La passione dell’utopia, Franco Angeli Libri, Milano, 1988,

 pp. 171-174.415 Nel Meccanismo societario anche i bambini lavorano: svolgendo attività, dalle quali sono

attratti e che per loro sono giochi divertenti, eseguono funzioni utili; a partire dall’età di quattro anni,

essi cominciano a guadagnare molto denaro (Ch. Fourier,  Le nouveau monde industriel et sociétaire,cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti. Il nuovo mondo amoroso e altri scritti sul lavoro,l’educazione, l’architettura nella società d’Armonia, a cura di I. Calvino, cit., p. 192 e p. 202). Sullavoro dei bambini nel Falansterio, cfr. M. Moneti,  Il lavoro attrente, in A. Colombo e L. Tundo (acura di),  Fourier. La passione dell’utopia, cit., p. 47. Inoltre, nella stessa opera, sull’importanzadell’infanzia nel sistema di Fourier, cfr. R. Schérer, La fonction majeure de l’enfance, pp. 99-122.

416 Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti. Il 

nuovo mondo amoroso e altri scritti sul lavoro, l’educazione, l’architettura nella società d’Armonia, acura di I. Calvino, cit., p. 258.

417 Ibid., p. 160.418 Ibid., p. 159.419 Ch. Fourier,  Le nouveau monde industriel et sociétaire, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro

movimenti. Il nuovo mondo amoroso e altri scritti sul lavoro, l’educazione, l’architettura nella società

d’Armonia, a cura di I. Calvino, cit., p. 179.

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sono allevati collettivamente da Nutrici specializzate, naturalmente attratte da

questa attività. Questo consente, da una parte una migliore assistenza, dall’altra

lascia libere le madri di dedicarsi completamente alle loro attività preferite.

L’educazione è naturale, cioè “tende, con il suo modo di procedere, prima di

tutto a far sbocciare fin dalla più tenera età le vocazioni d’istinto, ad applicare

ogni individuo alle diverse funzioni cui la natura lo destina...”420. Così facendo,

Fourier ne è certo, si sviluppano tutte le possibili inclinazioni, cosicché ogni

sorta di lavoro, anche il più duro, diventa piacere per qualcuno: ogni attività

utile è svolta senza il bisogno di costrizioni o dell’incentivo del denaro421.

E’ necessario, infine, accennare alla rilevanza degli spettacoli, in particolare

del teatro, che “diventerà una sorgente di ricchezza e di moralità”422. Fourier lo

considera di estremo valore per il meccanismo delle Serie. In primo luogo, gli

spettacoli sono fonte di divertimento e piacere, sia usufruendone in modo del

tutto passivo, sia, soprattutto, partecipandovi attivamente. Tutti, infatti, nel

Falansterio sono, anche, attori, musici, ballerini, scrittori, i migliori dei quali

sono remunerati copiosamente, attraverso particolari meccanismi. Il teatro ha,

420 Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti. Il nuovo mondo amoroso e altri scritti sul lavoro, l’educazione, l’architettura nella società d’Armonia, acura di I. Calvino, cit., p. 176.

421 Caso emblematico è quello delle Piccole Orde. Fourier parte dal presupposto che “ tra i bambini, circa i due terzi, sono inclini alla sporcizia; provano gusto a rotolarsi nel fango, giocano amaneggiare cose sudicie” (Ch. Fourier,  Le nouveau monde industriel et sociétaire, cit., trad. it. in Id.,Teoria dei quattro movimenti. Il nuovo mondo amoroso e altri scritti sul lavoro, l’educazione,l’architettura nella società d’Armonia, a cura di I. Calvino, cit., p. 206). Ebbene, “questi bambini siarruolano nelle Piccole Orde, la cui funzione è di compiere, per punto di onore e con coraggio i lavori

 più ripugnanti...” (Ibid., p. 207), come “ spurgo delle fogne, servizio dei letamai, tripperia, ecc...”(Ibid., p. 212).

422 Ch. Fourier, Theorié de l’unité universelle, cit., trad, it. in Id., Contro la civiltà, a cura di M.

Moneti, cit., p. 205.

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 poi, una funzione educativa estremamente importante: “considerato dal punto di

vista della sua influenza morale sul bambino, il teatro è una scuola di morale per 

immagini: là viene educata la gioventù all’orrore di tutto ciò che ferisce la

verità, l’Armonia e l’Unità”423.

Per quel che riguarda l’aspetto economico la Falange può essere considerata

una sorta di società per azioni.

Ogni societario, infatti, ottiene dei compensi sotto forma di dividendi, sul

 prodotto finale dell’intera Falange. I dividendi sono proporzionali alle “tre

facoltà industriali, lavoro, capitale e talento”424. Le proporzioni vengono fissate

secondo la proporzione: capitale 4/12, lavoro 5/12, talento 3/12.

In questo modo, secondo l’autore verrà raggiunta quell’equità distributiva,

che è uno dei fattori principali per rendere attraente il lavoro e quindi, per 

rendere possibile il meccanismo societario425. D’altra parte, ognuno partecipa al

423 Ibid., p. 209.424 Ch. Fourier,  Le nouveau monde industriel et sociétarie, cit., trad. it. in A. Salsano (a cura di),

 Antologia del pensiero socialista, volume I, I Precursori, cit, p. 139.425 Più precisamente, Fourier ritiene che, affinché il lavoro diventi attraente siano necessarie “le

seguenti sette condizioni:

AA. che ciascun lavoratore sia associato, retribuito con un dividendo e non con salario;

BB. che ciascun individuo, uomo donna o bambino, sia retribuito in proporzione alle trefacoltà: capitale, lavoro e talento;

CC. che le sedute di lavoro vengano variate circa otto volte al giorno, dato che l’entusiasmo,nell’esercizio di un lavoro agricolo o manifatturiero, non può durare più di un ora e mezza odue;

DD. che nel corso di tali sedute il lavoro venga svolto da compagnie di amici spontaneamenteriuniti, eccitati e stimolati da rivalità molto vive;

EE. che le fabbriche e i campi offrano al lavoratore l’attrattiva della leggiadria e del decoro;

FF. che la divisione del lavoro sia portata al massimo grado in modo da adibire ciascuno,secondo il sesso e l’età, alle funzioni che più gli sono congeniali;

GG. che, in questa distribuzione, ciascun individuo, uomo, donna o bambino, goda pienamente del diritto al lavoro, cioè del diritto di partecipare in ogni momento a quel tipodi lavoro che gli piacerà scegliere, salvo a render conto della propria rettitudine e capacità.

Infine, che il popolo goda in questo nuovo ordine di una garanzia di benessere, di un minimum

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dividendo con tutti e tre i fattori perché, come abbiamo visto, anche chi ha un

capitale da poter vivere agiatamente di rendita, lavora, per puro piacere.

 L’obiettivo del falansterio

Il desiderio di felicità è la base di ogni ordinamento sociale426.

Anche per Fourier è così: le caratteristiche dell’ordine combinato, per quanto

 bizzarre possano essere, hanno questo obiettivo: far sì che gli uomini

raggiungano la felicità; anche l’eguaglianza è piegata a questa esigenza.

Sappiamo che, per l’autore, la felicità coincide con il soddisfacimento delle

 passioni, e, poiché il primo presupposto per soddisfarle è la ricchezza, il

Falansterio diventa, in primo luogo, una associazione produttiva che ha il fine di

creare una grande abbondanza.

L’obiettivo minimo del sistema è estirpare la sofferenza, l’indigenza. Fourier,

 pur non essendo un uomo del popolo come Babeuf, conosce bene la povertà e la

miseria, così diffusa nella Civiltà: il suo primo obiettivo, nel costruire il suosistema sociale, diventa assicurare a tutti condizioni di vita accettabili. Egli

vuole “trovare un nuovo ordine sociale che garantisca anche ai lavoratori più

umili un benessere sufficiente perché essi preferiscano costantemente e

sufficiente per il presente e per il futuro e che tale garanzia lo liberi da ogni preoccupazione per sé e per i suoi”. (Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit., trad. it. in Id., L’Armonia Universale, acura di M. Larizza, cit., p. 146).

426 J. L. Talmon, Le origini della democrazia totalitaria, Il Mulino, Bologna, 1967, p. 81.

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appassionatamente il loro lavoro allo stato d’inerzia e di brigantaggio al quale

oggi aspirano”427. Del resto, il pensatore francese afferma che gli uomini

desiderano questo; il povero “non vuole essere pari ai ricchi; sarebbe ben

contento di mangiare alla tavola dei loro domestici... Egli accetta la

sottomissione, la diseguaglianza, l’assoggettamento, a patto che pensiate al

modo di venirgli in aiuto quando le alterne vicende della politica lo avranno

 privato del lavoro, lo avranno ridotto alla fame, all’abiezione e allo

sconforto”428.

Il principale problema da risolvere è fare in modo che la garanzia del

minimo non sia per il povero “un incentivo alla fannullaggine”429. Per questo, è

necessario:

...scoprire e organizzare, un regime di Attrazione industriale. Senza questa precauzione,

come si potrebbe pensare a garantire al povero un minimo? Ciò equivarrebbe ad abituarlo a

non far nulla: infatti egli si persuaderebbe facilmente che il minimo gli è dovuto, non offerto

a titolo di soccorso, e ne trarrebbe la conclusione di restarsene in ozio...

Occorrerebbe al popolo non l’elemosina, ma un lavoro abbastanza attraente, perché la

moltitudine volesse dedicarvisi anche nei giorni e nelle ore assegnati al riposo.

Se la politica sapesse utilizzare questa leva, il minimo sarebbe garantibile di fatto per la

cessazione assoluta dell’ozio. Resterebbe da provvedere agli infermi: fardello leggero e quasi

invisibile per il corpo sociale, se esso diviene opulento, e se l’industria attraente lo libera

427 Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti e

altri scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 569.428 Ch. Fourier,  Egarament de la raison, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti e altri

 scritti, a cura di M. Larizza, cit. , p. 729.429 Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit., trad. it. in A. Salsano (a cura di), Antologia del 

 pensiero socialista, volume I, I Precursori, cit., p. 128.

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dall’ozio e dal lavoro svogliato, pressappoco sterile quanto l’ozio.430

Tutto questo diventa possibile con il regime societario, perché attraverso il

meccanismo delle Serie passionali, il lavoro diventa attraente, ossia non si

lavora più per dovere o per necessità, ma per divertimento431. “Tutte le

disposizioni di tale ordine di cui sentirete parlare e vi sembreranno fatte a caso,

soggiacciono sempre a due condizioni: bisogna che producano l’attrazione per 

il lavoro e l’economia delle forze”432.

All’aumento della produttività individuale, il prodotto positivo, bisogna

aggiungere “il prodotto negativo che sarà rappresentato dagli sprechi evitati”433,

derivanti soprattutto dalla vita comunitaria, che elimina la distribuzione tramite

il commercio, considerato fonte di sprechi e causa di tutti i mali della Civiltà.

In questo modo, “la sovrabbondanza[diventa]un flagello periodico”434 e la

questione dell’eguaglianza diventa poco importante.

Anzi, l’eguaglianza diventa la prima cosa da sacrificare: per Fourier non è

 possibile rendere il lavoro attraente e, quindi, creare l’abbondanza, se vengono

eliminati i contrasti. L’autore, rifacendosi alle sue idee riguardo all’ordine

naturale, ritiene che le differenze siano essenziali; differenze di ogni tipo di

430 Ch. Fourier, Theorié de l’unité universelle, cit., trad. it. in Id., Contro la civiltà, a cura di M.Moneti, cit., p. 325.

431 Cfr. M. Moneti, Il lavoro attraente, in A. Colombo e L. Tundo (a cura di),  Fourier. La

 passione dell’utopia, cit., pp. 51-61.432 Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it in Id., Teoria dei quattro movimenti e

altri scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 433. Al riguardo, particolare rilievo assumono le pp. 423 esegg. della traduzione di M. Larizza, che offrono un’esemplare conferma della strumentalizzazione, afini produttivistici, anche dell’amore.

433 Ibid., p. 414.

434 Ibid.

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carattere, di gusti, di età, di ricchezza.

“In questo nuovo meccanismo, le passioni e le ineguaglianze di ricchezza,

lungi dall’opporsi al vincolo societario, ne formano gli ingranaggi”435:

“l’Associazione non può conciliarsi con i sogni di eguaglianza e di livellamento

dei nostri filosofi”436.

 Nel Falansterio, “si metteranno insieme da 1500 a 1600 persone di

ineguaglianza graduale in ricchezza, età e carattere, in conoscenze teoriche e

 pratiche; si disporrà in questo gruppo la più grande varietà possibile; infatti, più

esisteranno varietà nelle passioni e facoltà di qualsiasi tipo fra i societari, più

sarà facile armonizzarli in poco tempo”437.

Solo in questo modo, risulta possibile aumentare il rendimento individuale:

attraverso l’emulazione ognuno è spinto a produrre di più per eccellere.

“Maggiori sono la gradazione e il contrasto delle disuguaglianze, maggiore è il

trasporto della Setta per il lavoro, maggiori i suoi guadagni e l’armonia sociale

che ne risulta”438.

 Il falansterio: differenze e eguaglianza

435 Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit., trad. it. in A. Salsano (a cura di),  Antologia del  pensiero socialista, volume I, I Precursori, cit., p. 128.

436 Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti ealtri scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 577.

437 Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti. Il nuovo mondo amoroso e altri scritti sul lavoro, l’educazione, l’architettura nella società d’Armonia, acura di I. Calvino, cit., p. 146.

438 Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti e

altri scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 585.

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L’obiettivo dell’ordine combinato, dunque, è creare abbondanza, la quale può

essere raggiunta, secondo il pensatore francese, solo attraverso l’emulazione che

nasce dai contrasti e dalle differenze tra gli abitanti del Falansterio.

Le prime diseguaglianze che si incontrano sono quelle di ricchezza. Fourier,

infatti, afferma che ciò che è realmente importante è che “gli esseri umani siano

identici in ciò che riguarda gli impulsi dell’anima così come in ciò che concerne

lo sviluppo del corpo, che siano, cioè, omogenei per lingua e per maniere, per 

quanto difformi per fortuna”439. L’autore immagina un mondo, in cui

l’eguaglianza nei diritti non è solo teorica, ma assicurata concretamente, come

vedremo. Su questa base di partenza egualitaria è costruita una società, in cui

vengono esaltate le differenze, in particolare, quelle di ricchezza.

Fourier, in accordo con i liberisti del tempo, ritiene che una perfetta

eguaglianza toglierebbe agli uomini l’incentivo a lavorare e produrre; non per 

questo, però, egli accetta il sistema di mercato, pensando ad un meccanismo

differente: la piccola comunità autarchica, il Falansterio, in cui eguaglianza e

diseguaglianza si intrecciano continuamente.Il primo fattore da considerare è il fatto che l’autore mantiene la proprietà

 privata e le ricchezze acquisite, in Civiltà, prima dell’avvento dell’Armonia; non

 propone una confisca o una redistribuzione dei beni con il passaggio all’ordine

combinato. Il pensatore, senza eliminare le differenze, vuole costituire una

439 Ch. Fourier, Theorié de l’unité universelle, cit., trad. it. in Id., Contro la civiltà, a cura di M.

Moneti, cit., p. 177.

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società mediante la pacifica collaborazione di tutte le classi440; non solo, la

spinta iniziale dovrebbe proprio partire dalle classi più ricche, le quali hanno i

mezzi economici per costituire quel primo Falansterio che dovrebbe convincere

tutti della bontà dell’ordine combinato: “Vi sono 3000 candidati per ricchezza o

 per potere, persone ciascuna delle quali può fare la sperimentazione della

Falange d’armonia e diventare in tal modo il monarca ereditario dell’intero

globo”441.

Le differenze di ricchezza, originatesi nella Civiltà, tendono potenzialmente

ad ampliarsi, in Armonia. La Falange, come abbiamo visto, dal punto di vista

economico può essere considerata una società per azioni, in cui il prodotto

finale viene diviso fra tutti gli associati, in base ai tre fattori lavoro, capitale, e

talento; le ricchezze investite danno, perciò, diritto a maggiori quote di

dividendo.

I criteri di ripartizione, legati ai tre fattori, in ogni caso, non sono imposti

coercitivamente, ma si fissano automaticamente per volere di tutti gli associati.

Inoltre, essi assicurano la  giustizia distributiva, che per l’autore è quella

 graduazione di disuguaglianze, che assicura l’armonia, riproducendo, in uncerto senso, l’ordine naturale.

Al riguardo, è illuminante il brano seguente tratto da  Il nuovo mondo

industriale e societario:

440 M. Moneti, “introduzione” a Ch. Fourier, Contro la Civiltà, cit., p. 35.441 Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti e

altri scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 617.

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Ed eccoci infine alla questione principale, al tremendo problema di instaurare una

giustizia luminosa, una piena armonia nella divisione degli utili e una retribuzione

soddisfacente per ciascuno secondo le sue tre facoltà industriali, lavoro, capitale e talento.

Questo prodigio consiste nell’elevare la cupidigia dal modo semplice al modo composto.

(...)

Si vedrà che la cupidigia... diventa in esse [nelle Serie] via di giustizia distributiva, e che,

creando le nostre passioni, Dio ha fatto bene tutto quel che ha fatto.

(...)

Gli armoniani saranno giusti in ripartizione perché l’equità darà loro beneficio, onore e

 piacere; poi procurerà gli stessi vantaggi alla massa, che oggi è offesa in ogni senso dalle

 pretese individuali...

Se ciascuno degli armoniani fosse come i civilizzati dedito a una sola professione...

ciascuno giungerebbe alla seduta di ripartizione con il progetto di far prevalere il suo

mestiere... Così penserebbe ogni uomo civilizzato; ma in armonia, dove ciascun uomo,

donna, bambino, è membro di una quarantina di Serie che operano nell’industria, nelle arti,

nelle scienze, nessuno ha interesse a far prevalere smodatamente una di esse...442

Fourier, ricorrendo ad un esempio, spiega in che modo si stabiliscono le

ricompense legate ai tre fattori lavoro, capitale e talento.

Alcippe è un ricco azionista di un Falansterio.

Se a titolo di grande capitalista vuol far destinare la metà del prodotto ai capitali... le due

classi numerose il cui reddito proviene solo dalle altre due facoltà, lavoro e talento saranno

scontente: l’attrazione diminuirà, il prodotto e gli accordi diminuiranno e sin dal terzo anno il

442 Ch. Fourier,  Le nouveau monde industriel et sociétarie, cit., trad. it. in A. Salsano (a cura di),

 Antologia del pensiero socialista, volume I, I Precursori, cit., pp. 139-140.

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legame societario si scioglierà. Alcippe vede che nel suo stesso interesse bisogna fissare la

ripartizione come segue: capitale 4/12, lavoro 5/12, talento 3/12... Alcippe propende tanto più

 per questa giustizia, in quanto ha egli stesso numerose quote da percepire, sul capitale e sul

talento...Inoltre egli ha stretto molti rapporti amichevoli con la classe dei non capitalisti, la

 protegge, vuole che le sia resa giustizia.443 

Allo stesso modo, l’autore esamina le ragioni e gli impulsi della classe

 povera:

Gianni non ha capitali, non ha azioni...

Il suo impulso più forte è quello di favorire il lavoro, poiché non ha niente da pretendere

sui dividendi spettanti al capitale; ma altri due impulsi vengono a controbilanciare questo

rozzo impulso di cupidigia: a Gianni spettano quote di talento; brilla in certe parcelle di

diversi lavori, e gli conviene che il talento conservi i suoi diritti. D’altra parte egli conosce

l’importanza dei capitalisti in una falange, i vantaggi che il povero trae da tutte le loro spese,

la partecipazione agli spettacoli gratuiti, alle vetture e ai cavalli, ai pranzi di corporazione,

alle ricche tavole, ...444 

Una caratteristica fondamentale dell’ordine combinato è che le persone non

sono attratte dal denaro in maniera diretta, ma solo in quanto questo permetta di

soddisfare dei piaceri. Per questo motivo in armonia non si accumula denaro, lo

si investe: “il lusso cambia direzione e forma secondo i periodi... Il lusso

dell’Armonia, 8° periodo, è corporativo: ognuno si impegna a far brillare i

443 Ibid., p.140.

444 Ibid., pp. 141-142.

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gruppi e le Serie che predilige”445, nel senso che si prova più piacere ad usare il

 proprio denaro per migliorare il rendimento di una delle proprie serie, più che

usarlo per acquistare cose per sé. “Il lusso degli Armoniani è quasi nullo in cose

 per le quali noi spendiamo inutilmente somme immense”446; accade così che i

societari più facoltosi spendano somme immense per abbellire la sede delle

Serie da loro preferite, oppure invitino a pranzo i membri delle loro Serie, o,

ancora elargiscano le loro fortune per organizzare spettacoli teatrali, che, come

visto, sono estremamente importanti, soprattutto dal punto di vista educativo.

Ritornando ai criteri distributivi del dividendo e alla distribuzione delle

risorse, il discorso per quel che riguarda i compensi specifici legati ai vari tipi di

lavori è simile a quello fatto per i tre fattori industriali. I compensi legati al

merito reale di ciascuna Serie si fissano automaticamente nella maniera più

equa; poiché ognuno partecipa ed è legato a molte serie, non c’è un’attività

considerata più importante di un’altra, tutte sono poste sullo stesso piano e i

compensi per i diversi lavori tendono ad equivalersi.

Fourier, ricorrendo ancora ad un esempio, mostra come i diversi interessi

degli individui per le varie Serie, portino ad un equità distributiva:

Filinto è membro di trentasei serie che distingue in tre categorie A, B, C; nelle dodici

Serie della scala A egli è ex socio sperimentato ed ha uno dei primi posti per importanza e

445 Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti. Il 

nuovo mondo amoroso e altri scritti sul lavoro, l’educazione, l’architettura nella società d’Armonia, acura di I. Calvino, cit., p. 165.

446 Ibid., p. 166.

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diritti agli utili. Nelle dodici Serie C è socio nuovo, poco sperimentato e può sperare solo in

 piccole quote. Nelle dodici della scala B infine è di anzianità media, con talento e pretese

medie. Sono tre classi di interessi opposti, che stimolano Filinto in tre direzioni diverse e lo

costringono per cupidigia ed amor proprio ad optare per la rigorosa giustizia.

In effetti: se c’è errata valutazione del merito reale di ciascuna serie, Filinto sarà leso

nelle dodici serie in cui eccelle e in cui ha diritto a quote maggiori; inoltre si risentirà nel

vedere il loro e il suo proprio lavoro male apprezzato. In verità questa ingiustizia potrà

favorire le dodici serie C, ma poiché qui egli è solo subalterno, retribuito con quote modeste,

non sarebbe mai compensato delle riduzioni subite nelle dodici serie A, dove ottiene le quote

maggiori. D’altra parte, egli non vuole che si svalutino le serie C, dove le sue tendenze

l’hanno da poco portato ad arruolarsi; egli stima e protegge la loro attività, le sostiene per 

amicizia cabalistica e per amor proprio. Quanto alle dodici serie B dove è socio di medio

rango e ottiene quote medie, conviene ai suoi interessi che abbiano quanto è loro dovuto

senza danneggiare le categorie A e C.447

In questo modo, nascono senz’altro delle differenze tra i compensi dei vari

associati, ma queste, in primo luogo, sono considerate naturali, perché

spontanee, non imposte. Inoltre esse non saranno eccessive, perché Fourier ha la

ferma convinzione che ogni individuo, se educato naturalmente, svilupperà

talenti particolari e, di conseguenza, eccellerà in qualche Serie.

In ogni caso, in Armonia, la ricchezza non è fonte diretta di privilegi,

semplicemente attraverso essa è possibile soddisfare più ampiamente alcuni

 piaceri.

Le mense, pur essendo comuni, sono di tre classi diverse, in base alla quota

447 Ch. Fourier,  Le nouveau monde industriel et sociétarie, cit., trad. it. in A. Salsano (a cura di),

 Antologia del pensiero socialista, volume I, I Precursori, cit., p. 143.

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 pagata. Le differenze nella qualità dei cibi sono sensibili; i vari tipi di alimenti,

vengono selezionati e, a seconda del livello qualitativo, sono assegnati alle tre

classi448. Nella Teoria dei quattro movimenti si legge: “Il vitto del popolo oscilla

intorno ad una varietà di circa seicento derrate diverse; quello dei ricchi può

comprenderne il triplo o il quadruplo...”449.

Anche gli appartamenti, in cui vivono gli armoniani, sono di vari livelli a

seconda dell’affitto pagato450. D’altra parte, anche i più ricchi si accontentano di

appartamenti modesti, perché passano quasi tutto il loro tempo nelle Serie; “a

casa si sta solo in caso di malattia o per un appuntamento; e allora sono

sufficienti una camera da letto e un salottino; cosicché anche l’appartamento

della persona più ricca non ha più di tre stanze”451.

 Nonostante le grandi disuguaglianze di ricchezze, oltre che di inclinazioni e

capacità, necessarie al funzionamento del meccanismo societario, nonostante

emergano differenze nella raffinatezza dei piaceri452 di un ricco e di un povero,

si può dire che in Armonia si sviluppi un’eguaglianza sostanziale453.

448 Per una spiegazione dettagliata riguardo al modo, in cui gli alimenti di differenti qualitàvengono assegnate alle tre classi, si veda direttamente: Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit.,trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti. Il nuovo mondo amoroso e altri scritti sul lavoro,

l’educazione, l’architettura nella società d’Armonia, a cura di I. Calvino, cit., pp. 263 e segg.449 Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti ealtri scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 419.

450 Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti. Il nuovo mondo amoroso e altri scritti sul lavoro, l’educazione, l’architettura nella società d’Armonia, acura di I. Calvino, cit., p. 242.

451 Ibid., p. 167.452 F. E. Manuel, I Profeti di Parigi, cit., p. 290.453 M. Larizza, “introduzione” a Ch. Fourier, Teoria dei quattro movimenti e altri scritti, cit., p.

45. E’ necessario precisare, per evitare ogni possibile equivoco, che, in questo caso, con eguaglianza sostanziale non si deve intendere una distribuzione delle ricchezze perfettamente egualitaria; ad essa,come abbiamo visto, Fourier è decisamente contrario. Ciò che si vuole affermare, come si vedràmeglio in seguito, è che in Armonia la diseguaglianza, pur essendo sempre presente, tende a diventare

irrilevante; da una parte per l’estrema abbondanza, che viene creata, dall’altra, soprattutto, per la

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In primo luogo, in presenza della straripante abbondanza che si sviluppa,

anche le maggiori disuguaglianze di ricchezza tendono a scomparire. Come già

abbiamo visto, grazie al meccanismo delle Serie e dell’attrazione al lavoro, il

rendimento individuale diventa così elevato, che la produzione di ogni cosa, in

 particolare dei generi alimentari aumenta a dismisura.

Fourier ripete continuamente, che nell’ordine societario, “ il popolo godrà di

un minimo che sarà superiore alla condizione del nostro buon borghese”454.

Ad esempio, riguardo al vitto si legge: “...gli alimenti di terza categoria, che

costituiranno ciò su cui dovrà ripiegare il popolo, supereranno in prelibatezza

quelli che fanno attualmente la delizia dei nostri gastronomi”455. Ancora, “...in

fatto di spettacoli, l’uomo più misero avrà senza spesa alcuna godimenti cento

volte maggiori di quelli che possono procurarsi oggi i più ricchi sovrani”456.

Diventa chiaro, che in un mondo in cui non c’è più posto per la miseria e

l’indigenza, in cui i poveri diventano ricchi, la questione dell’eguaglianza

diventa secondaria e poco importa se i ricchi armoniani hanno piaceri di gran

lunga superiori ai poveri, piaceri, del resto, inimmaginabili per chi vive in

Civiltà.In ogni caso, le differenze esistono e, allora l’autore sottolinea come, in

 particolare struttura organizzativa del Falansterio, che permette a chiunque, indipendentemente dallericchezze materiali da lui possedute, di soddisfare ogni suo desiderio: proprio in questo, gli armonianisono perfettamente uguali.

454 Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti. Il 

nuovo mondo amoroso e altri scritti sul lavoro, l’educazione, l’architettura nella società d’Armonia, acura di I. Calvino, cit., p. 177.

455 Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti e

altri scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 418.

456 Ibid., p. 409.

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Armonia, siano assicurate pari opportunità e chiunque può arrivare alla classe

 più ricca.

In primo luogo, l’educazione è collettiva e uguale per tutti. Come gli infanti

vengono allevati collettivamente, così i bambini vengono educati

collettivamente:

Una generale correttezza nei modi e l’omogeneità di lingua e di comportamento possono

essere ottenute solo per mezzo di una educazione collettiva che dia al fanciullo povero le

maniere proprie del fanciullo ricco. Se in Armonia vi fossero, come da noi, insegnanti di

diverso livello per le tre classi, - ricca, media, povera,- accademici per i ricchi, pedagoghi per 

la classe media, semplici maestri per i poveri, si arriverebbe agli stessi nostri risultati,

all’incompatibilità tra le tre classi e alla differenza di comportamento...457

L’educazione è naturale, perché tende a far sviluppare e ad assecondare le

inclinazioni personali; inoltre, essendo il primo scopo dell’uomo la ricchezza, è

necessario e naturale che i bambini fin dall’età di due anni inizino a fare

qualcosa di produttivo. In Armonia, i bambini sono lasciati liberi di andare

 presso le Serie da cui sono attratti, dove svolgono le attività da loro preferite:

Un bambino, per esempio, benché figlio di un principe dà prova all’età di tre anni di aver 

gusto per il mestiere di ciabattino, e vuole frequentare il laboratorio dei ciabattini, membri

dell’associazione non meno educati degli altri. Se lo si impedisce, se si reprime la sua mania

ciabattina, sotto pretesto che non è all’altezza della filosofia, il bambino si irriterà contro tutte

457 Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit., trad. it. in Id.,  L’Armonia Universale, a cura di

M. Larizza, cit., p. 158.

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le altre attività, non prenderà alcun gusto per i lavori e per gli studi ai quali lo si vorrà

indurre.458 

L’eredità non è abolita, ma perde la funzione di meccanismo

istituzionalizzato per trasmettere le ricchezze dai genitori ai figli459. In questo

caso, è l’attrazione per le Serie che guida i comportamenti: “ogni bambino

ottiene dei lasciti, a titolo di adozione industriale da parte di anziani ricchi, che

vedono in lui il sostegno delle propria industria favorita”460. In tal modo, anche i

 più poveri, fin dall’infanzia, hanno solitamente un piccolo capitale. D’altra

 parte, un’altra caratteristica dell’ordine combinato è la grande mobilità sociale;

diventa facile spostarsi da una classe economica ad un altra attraverso le unioni

amorose, che non sono più guidate dal denaro, ma dalle passioni461.

Un altro mezzo per arricchirsi è attraverso l’arte e la scienza. Nel sistema

combinato, ci sono particolari modi per premiare, per mezzo di votazioni e in

modo assolutamente imparziale462, gli artisti e gli scienziati; “essi

raggiungeranno all’improvviso l’oggetto dei loro voti più ardenti, una fortuna

immensa, venti e cento volte superiore a quella che potevano sperare nello Stato

458 Ch. Fourier,  Le nouveau monde industriel et sociétaire, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattromovimenti. Il nuovo mondo amoroso e altri scritti sul lavoro, l’educazione, l’architettura nella società

d’Armonia, a cura di I. Calvino, cit., p. 198.459 La grande libertà che si instaura in campo amoroso e sessuale, porta alla scomparsa del nucleo

famigliare.460 Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti. Il 

nuovo mondo amoroso e altri scritti sul lavoro, l’educazione, l’architettura nella società d’Armonia, acura di I. Calvino, cit., p. 153.

461 F. E. Manuel, I Profeti di Parigi, cit., p. 291.462 Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti e

altri scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 400.

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civile”463. “Per questo, ogni uomo di poche sostanze cercherà solo di far 

germinare un qualche talento nel proprio figlio”464.

A parte questi casi particolari, ma non rari, Fourier sottolinea come la vita

comunitaria dia alla persona più povera grandi possibilità di risparmio465.

Poiché riceve come anticipo tutto il necessario per un anno, in cibo, vestiti, alloggio non

accade che si rimanga in arretrato con pagamenti o che ci si indebiti. Il popolo non va a

spendere all’osteria o nelle lotterie il frutto del suo lavoro: non manca di nulla e non si

abbandona più ai sogni di ricchezza causati dalla mancanza del necessario: non ha bisogno di

 perdere i due giorni di domenica e lunedì per riposarsi dalle fatiche della settimana e

dimenticarne i fastidi, perché il suo lavoro è trasformato in un piacere continuo. La spesa del

 popolo è di solito limitata al debito di quel minimo che gli è stato anticipato, inferiore al

 prodotto del suo lavoro.466

Allora fa economia e investe in azioni tutto l’utile che gli resta una volta pagate le spese;

è piccolo proprietario, ha lo spirito di proprietà...467

Fourier parla al riguardo di proprietà societaria o composita,

contrapponendola alla proprietà semplice, che vige nella Civiltà e che fa sì che

463 Ch. Fourier, Le nouveau monde industriel et sociétaire, cit., trad. it. in G. M. Bravo (a cura di), Il socialismo prima di Marx., cit., p. 99.464 Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti e

altri scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 404.465 Anche perché i bambini cominciano a lavorare fin dalla prima infanzia e non potendo

spendere più di quanto guadagnano si trovano a pochi anni proprietari di un piccolo patrimonio (Ch.Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti. Il nuovo

mondo amoroso e altri scritti sul lavoro, l’educazione, l’architettura nella società d’Armonia, a cura diI. Calvino, cit., p. 153).

466 Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti. Il nuovo mondo amoroso e altri scritti sul lavoro, l’educazione, l’architettura nella società d’Armonia, acura di I. Calvino, cit., p. 154.

467 Ch. Fourier,  Le nouveau monde industriel et sociétarie, cit., trad. it. in A. Salsano (a cura di),

 Antologia del pensiero socialista, volume I, I Precursori, cit., p. 142.

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gli interessi individuali siano in contrasto fra loro e con il bene generale. In

Armonia, invece, lo spirito di proprietà societaria concilia gli interessi dei

 poveri con i ricchi, perché “il povero, anche se non possiede che una piccola

quota di azione, che un ventesimo, è proprietario, in compartecipazione,

dell’intero cantone... Tutto è di sua proprietà; ed egli è interessato a tutto

l’insieme dei beni mobili del territorio” 468: questo crea un legame di amicizia e

 benevolenza che lega tutti i membri della Falange.

In ogni caso, al di là di questo e delle differenze economiche, che pure

 persistono, regna un’eguaglianza sostanziale nella possibilità di soddisfare i

 piaceri, che non passano più attraverso la mediazione del denaro469. Nei legami

amorosi e negli spettacoli, entrambi estremamente importanti per lo sviluppo

 passionale, nonché per il meccanismo societario, non c’è alcuna distinzione tra

gli uomini. Ritornando alla teoria delle Passioni, che nell’uomo sono ricondotte

a dodici principali, solo le prime cinque necessitano, per essere soddisfatte, del

denaro in via diretta. Le altre, in particolare le tre seriali, che sono le più

importanti, si sviluppano attraverso le serie. Nel partecipare ad esse, gli uomini

sono perfettamente uguali, perché ognuno può svolgere liberamente le attivitàche preferisce.

D’altra parte, è necessario precisare che le serie sono organizzate secondo un

468 Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit., trad. it. in Id., L’Armonia Universale, a cura diM. Larizza, cit., p. 144.

469 M. Larizza, “introduzione” a Ch. Fourier, Teoria dei quattro movimenti e altri scritti, cit., p.

45.

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struttura gerarchica. Ognuna di esse, infatti, oltre ad essere suddivisa in

gruppi470, connessi alle inclinazioni personali e aventi lo scopo di suscitare

quella competizione positiva che sta alla base dell’aumento di produttività, è

organizzata secondo una struttura militare. Ogni setta ha “un altissimo numero

di ufficiali... più numerosi degli stessi soldati”471. Gli ufficiali, che hanno

funzioni e nomi diversi, sono scelti all’interno di ogni gruppo dagli stessi settari.

Queste cariche onorifiche non danno diritto ad avere particolari poteri o

 privilegi.

Il capitano non è tale che alla parata472; se si eccettua questa occasione egli lavora come

tutti gli altri, perché si diventa membri di una Setta progressiva solo per Attrazione e per 

amore verso le attività verso cui è appassionata la Setta. Per esempio è chiaro che in una Setta

di gastronomia il colonnello e i capitani mangeranno l’identico ottimo vitto dei semplici

settari. Lo stesso avverrà nel lavoro, che nell’ordine combinato diventerà così attraente come

 possono esserlo oggi il piacere della tavola e altri godimenti. E se in un gruppo di venti

membri ad ognuno è attribuita una carica, l’attività e l’emulazione saranno per questo più

intense, senza che ciò venga a costare un soldo di più, eccettuate le spese per i distintivi

onorifici. Perché le Sette, avendo passione per l’attività che le fa riunire, non danno degli

emolumenti ai loro ufficiali: esse si avvarranno del duplice strumento della passione che

induce ad entrare nella Setta, e del grado che li distingue. Ciò basta perché questi ufficiali,

470 Per maggiori dettagli, riguardo alla struttura organizzativa delle Serie, si rimanda direttamentea Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti e altri

 scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 585 e segg.471 Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti e

altri scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 592.472 In Armonia, le Serie, periodicamente, sfilano con i propri vessilli e costumi in parate, in cui

viene reso loro onore per i risultati che hanno conseguito. Fourier ritiene questo meccanismo moltoimportante per sviluppare l’emulazione e il contrasto fra le Serie e, quindi, per spingere i societari a

 produrre di più.

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quando hanno ampie disponibilità, facciano a gara a spendere per la Setta, senza pensare al

guadagno...473

Dunque, gli unici privilegi che hanno gli ufficiali consistono nell’onore di

guidare e rappresentare le loro Serie alle numerose parate e feste, che si tengono

in Armonia. Non bisogna, però, sottovalutare l’importanza di questi onori, che

in Armonia sono più importanti della ricchezza.

 Eguaglianza e fraternità

Maria Moneti, nell’introduzione alla raccolta Contro la civiltà scrive:

”Mentre il socialismo rozzo predica l’eguaglianza, ma senza capire l’origine

dell’alienazione del lavoro, e quindi senza abolirla, Fourier elimina

l’alienazione senza indulgere nel mito dell’eguaglianza, anzi proteggendo e

raccomandando la diseguaglianza come fonte di varietà e di vita per il

Falansterio...”474.

Fourier non elabora un sistema che ricerchi l’eguaglianza, ma che dia a tutti

gli uomini i mezzi per raggiungere la felicità, ossia la possibilità di realizzarsi

attraverso l’espandersi e lo sviluppo delle inclinazioni individuali. Egli non

considera l’eguaglianza un valore; ripete spesso nelle proprie opere che l’uomo

473 Ch. Fourier, Théorie des quatre mouvements, cit., trad. it. in Id., Teoria dei quattro movimenti e

altri scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 595.

474 M. Moneti, “introduzione” a Ch. Fourier, Contro la civiltà, cit.,, p. 21.

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non cerca l’eguaglianza, ma la felicità.

L’autore ha ben presente le condizioni disperate del popolo e dei salariati: ciò

che vuole è estirpare la sofferenza e lo sfruttamento, la miseria e la povertà; per 

questo, nel Falansterio, non sono eliminate le differenze, ma, in compenso, a

tutti sono assicurate condizioni di vita soddisfacenti.

Per il pensatore francese, l’eguaglianza assoluta non significa altro che

livellamento e mortificazione della personalità individuale475; crede fermamente

nella capacità creativa delle passioni, le quali, per espandersi e svilupparsi

hanno bisogno di contrasti, che le stimolino, e di libertà: l’eguaglianza

 propugnata dai filosofi non può che limitare e porre dei lacci alle passioni.

 Non potendo considerare l’eguaglianza un valore e ancor meno un obiettivo

del sistema, i due principi cardine dell’utopia fourierana, a cui fare riferimento,

sono la libertà e la giustizia, intesa “come modello geometrico di eguaglianza

alla maniera aristotelica”, essenziale a stabilire una distribuzione di benefici

armonica, ossia senza contrasti476.

Entrambi i valori sono considerati indispensabili per raggiungere la felicità e

l’armonia, vero obiettivo finale del Falansterio.Libertà e giustizia, due principi, normalmente in contrasto, nel Falansterio si

conciliano, essendo due termini strettamente interdipendenti. L’autore è, infatti,

convinto che l’ordine e l’armonia scaturiscano direttamente dalla spontaneità e

475 M. Larizza, nota 39 in Ch. Fourier, Teoria dei quattro movimenti e altri scritti, cit., p. 148.476 L. Tundo, La Società Armonica, in A. Colombo e L. Tundo (a cura di),  Fourier. La passione

dell’utopia, cit., 1988, p. 225, nota 39.

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dalla libertà di ognuno di seguire i propri impulsi477. Come abbiamo visto nella

seduta di ripartizione del dividendo, Fourier è convinto che la giustizia

distributiva arriverà in maniera automatica e naturale, una volta che gli uomini e

le loro passioni saranno organizzate nel meccanismo societario. La giustizia

distributiva è l’unico criterio che permette di ripartire le ricompense senza

creare contrasti; l’eguaglianza assoluta, invece, eliminando l’impulso ad agire

con energia e volontà non renderebbe possibile la costruzione della società

armonica.

In quanto sostenitore della forza creatrice delle passioni, l’autore è

decisamente a favore dell’individualismo; crede nelle differenze naturali tra gli

uomini478, le quali essendo appunto naturali, se organizzate nel giusto modo, nel

sistema societario, non sono causa di contrasti e disordine.

477 Questo discende direttamente dalle concezioni di Fourier riguardo all’ordine naturale e al principio di attrazione. Si veda, in questa tesi, il paragrafo L’attrazione passionata.

478 Bisogna aggiungere che Fourier, pur essendo sensibile alle minime differenze di inclinazioni ecapacità tra gli esseri umani, non vede, a priori, alcuna differenza sostanziale tra uomo e donna. In lui,quindi, non solo non si pone neppure il problema della parità dei diritti, perché è scontato che, inquesto, non ci sia alcuna differenza, ma, anche, viene meno il pregiudizio che ci siano attività

 prettamente maschili e femminili. In Ch. Fourier,  Le nouveau monde indudtriel et sociétaire, cit., trad.it. in Id., Teoria dei quattro movimenti. Il nuovo mondo amoroso e altri scritti sul lavoro, l’educazione,

l’architettura nella società d’Armonia, a cura di I. Calvino, cit., pp. 200-201: “Benché ogni branca

d’industria sia adatta in modo particolare all’uno dei due sessi, come il cucito alle donne e l’araturaagli uomini, la natura richiede tuttavia delle mescolanze, qualche volta per metà e in taluneoccupazioni per un quarto; in ogni funzione riservata a un sesso, la natura richiede la presenza dialmeno un ottavo dell’altro sesso... L’Armonia non commetterà come noi la follia di escludere ledonne dalla medicina e dall’insegnamento, e di ridurle al cucito e alla zuppa. L’Armonia saprà che lanatura distribuisce ai due sessi, in uguali proporziono, l’attitudine alle scienze ed alle arti, salvo unaripartizione dei generi... Così i filosofi, che vogliono tirannicamente escludere un sesso da alcuneattività, sono paragonabili a quei cattivi coloni delle Antille, che dopo aver abbruttito dalle torture iloro negri, già abbruttiti dall’educazione barbara, pretendono che questi negri non sono creature allivello della specie umana. L’opinione dei filosofi sulle donne è giusta quanto quella dei coloni suinegri”. Riguardo alla condizione femminile nel sistema fourierano, cfr. M. A. Sarti,  La nuova

condizione della donna, in A. Colombo e L. Tundo (a cura di),  Fourier. La passione dell’utopia, cit., pp. 175-192. Inoltre, cfr. M. Moneti, Charles Fourier e la liberazione della donna: attualità di

un’utopia, in “Movimento operaio e socialista”, n. 4, pp. 343-362, 1976.

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D’altra parte, accanto a questo, Fourier ritiene che tutti, senza distinzioni,

siano uguali di fronte alla necessità di soddisfare i bisogni primari. Al riguardo,

 parla di diritti naturali, goduti dall’umanità nelle prime fasi del suo cammino

sociale, sostenendo che la soddisfazione di quei diritti non può essere eliminata

senza assicurare all’uomo condizioni di vita migliori. Nella sua critica ai filosofi

e alla Civiltà, l’autore scrive:

Pretendete di non dover nulla all’uomo? Voi gli dovete tutto ciò che avrebbe avuto allo

stato selvaggio, la possibilità di godere liberamente dei frutti della terra dove è nato, il diritto

di raccolto sulla sua terra natale, la pratica della caccia o della pesca cui l’educazione

selvaggia l’avrebbe addestrato. Voi non potete contestargli questi diritti se non assicurandogli

una condizione migliore nel lavoro, e preparandolo ad esercitarlo attraverso l’educazione

nazionale.479

L’autore accetta, quindi, allo stesso tempo, la fondamentale eguaglianza degli

uomini nel diritto a vivere con un certo benessere e le differenze esteriori tra

essi, comprese le differenze di ricchezza. Da questa doppia convinzione, unita a

quella riguardante la necessità della più estesa libertà e spontaneità, nasce

l’organizzazione del Falansterio e le misure concernenti la distribuzione delle

ricchezze. Da una parte, a tutti è assicurato un livello minimo di agiatezza,

dall’altra, per ciò che riguarda i criteri distributivi delle ricchezze prodotte dalla

comunità, si ha a che fare con una concezione di eguaglianza prettamente

479 Ch. Fourier,  Le trois noeuds, in Oeuvres complètes, Anthropos, Paris, 1968, trad. it. in Id.,

Teoria dei quattro movimenti e altri scritti, a cura di M. Larizza, cit., p. 552, nota 118.

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aristotelica, ossia un distribuzione proporzionale a ciò che Fourier chiama i tre

fattori industriali: lavoro, capitale e talento.

 Nella Falange a tutti è assicurato il soddisfacimento dei bisogni primari:

anche il più povero ha diritto a vitto, alloggio, vestiario, educazione.

Il minimum, equivalente per l’autore al soddisfacimento dei diritti naturali,

risolve positivamente il problema dell’eguaglianza degli uomini riguardo ai

 bisogni.

Il benessere è assicurato, perché il lavoro diventa attraente, perché diventa un

mezzo diretto di autorealizzazione; in questo modo, il problema della scarsità,

 problema risolto da altri autori, facendo affidamento ai progressi della

tecnologia, è superato ipotizzando un aumento delle ore lavorative individuali,

nonché una partecipazione alle attività produttive anche da parte dei bambini.

Lasciando da parte i dubbi riguardanti l’effettiva possibile realizzazione

dell’utopia fourierana, l’autore elabora un sistema, che riesce a conciliare

assistenza e produttività480.

In ogni caso, egli non si limita ad assicurare un benessere minimo, ma finisce

 per immaginare un società che crea una ricchezza e un’abbondanza senza limiti.Ecco, quindi, che diventa ancora più facile, per Fourier, considerare

l’eguaglianza un pericolo e un male. In un mondo di scarsità, per assicurare a

tutti condizioni di vita soddisfacenti, è necessario ridurre i consumi, predicare la

temperanza e, di conseguenza, ricercare un livellamento delle ricchezze. In un

480 L. Tundo, La Società Armonica, in A. Colombo e L. Tundo (a cura di),  Fourier. La passione

dell’utopia, cit., p. 218.

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mondo di abbondanza, in cui anche il più povero ha tutto ciò che desidera,

l’eguaglianza non è più essenziale; per l’autore, essa non è un’aspirazione degli

uomini quando questi possono avere tutto quello che desiderano.

Per quel che riguarda il riparto delle ricchezze prodotte, Fourier, come detto,

aderisce ad un principio di proporzionalità. Egli è, comunque, del tutto originale

nella scelta dei criteri; le quote di dividendo spettanti ai lavoratori associati,

ossia tutti gli abitanti della Falange, sono in funzione dei tre fattori industriali

capitale, lavoro e talento481. Per quel che riguarda gli ultimi due, è importante

sottolineare che non fanno tanto riferimento alla produttività individuale, quanto

all’influenza e all’importanza, che hanno nel generare e incentivare l’armonia e

l’attrazione nel meccanismo di funzionamento delle serie482.

Le differenze, nella distribuzione, che l’adozione di questi criteri

comportano, meritano alcune considerazioni.

Si può supporre, anche se Fourier non lo dice esplicitamente, che i due fattori

lavoro e talento non generino sperequazioni sostanziali, in quanto, nel

Falansterio, qualsiasi tipo di competenza e capacità è considerata utile e

vantaggiosa per la comunità; non ci sono grandi differenze nell’importanzaattribuita ai vari lavori483, perché la concezione naturalistica dell’universo porta

481 Si ricorda che la Falange, per ciò che concerne la produzione e il riparto delle ricchezze, è unasorta di società di lavoro e capitale, in cui gli strumenti di produzione sono di tutti gli associati, anchese non è stabilito esplicitamente il principio di collettivizzazione dei mezzi di produzione. Riguardoalla particolare organizzazione del lavoro all’interno della falange, cfr. R. Massari,  Lavoro, non

lavoro, autogestione, in A. Colombo e L. Tundo (a cura di),  Fourier. La passione dell’utopia, cit., pp.87-88. Inoltre, dello stesso autore cfr. Le teorie dell’autogestione, Milano, 1974.

482 L. Tundo, La Società Armonica, in A. Colombo e L. Tundo (a cura di),  Fourier. La passione

dell’utopia, cit., p. 224.

483 E’ necessario aggiungere che la quota spettante ad ogni funzione è diversa a seconda che essa

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l’autore a ritenere ogni inclinazione e, quindi, ogni singola attività

indispensabile al funzionamento del tutto.

Inoltre, nonostante le naturali differenze tra gli uomini, Fourier è convinto

che tutti, in un mondo che dà ad ognuno la possibilità di sviluppare le proprie

capacità, possano eccellere in qualche attività. Nessuno potrà dire di avere

capacità eccezionali, perché se primeggerà in alcune attività, in altre sarà solo

un principiante. Viceversa, nessuno sarà talmente incapace da non eccellere ed

essere la guida in una qualche Serie484. Anche perché nel Falansterio

l’educazione è comunitaria e uguale per tutti e, di conseguenza, non crea

discriminazione nel dare agli individui cultura e conoscenze utili.

Oltre a stabilire le quote di dividendo, le capacità nel lavoro danno agli

individui anche il diritto di ricoprire le cariche ufficiali nelle Serie; queste,

infatti, sono ordinate in maniera gerarchica. In ogni caso, i posti di privilegio in

questa struttura non danno diritto a particolari poteri o vantaggi, se non quello di

 poter rappresentare le Serie preferite nelle feste e nelle parate cerimoniali.

Sappiamo, comunque, che l’autore dà grande importanza ai meccanismi delle

gerarchie da parate; queste hanno la funzione di soddisfare il naturale desideriodi ambizione, favorendo una competitività del tutto innocua ed impotente a

creare contrasti e discordie.

Il terzo fattore da considerare nella distribuzione del dividendo è il capitale

venga classificata attività necessaria, utile e gradevole. In ogni caso, difficilmente le differenze,stabilite da tutti gli armoniani, nella seduta di ripartzione saranno sostanziali. Cfr. L. Tundo, La

Società Armonica, in A. Colombo e L. Tundo (a cura di), Fourier. La passione dell’utopia, cit., p.224.

484 M. Moneti, “introduzione” a Ch. Fourier, Contro la civiltà, cit., p. 45.

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investito. Da questo punto di vista, la Falange può essere considerata una società

 per azioni, che dà dividendi proporzionali al capitale investito.

Al momento della fondazione del Falansterio le differenze esistenti in Civiltà

non vengono eliminate, ossia Fourier non è favorevole ad una redistribuzione. Il

desiderio dell’autore è costituire il sistema societario in modo del tutto pacifico,

cercando di convincere i ricchi a costruire i primi falansteri.

Questa iniziale condizione di diseguaglianza è destinata a mantenersi, se non

ad aumentare, a causa del terzo fattore di dividendo. La vita comunitaria del

Falansterio dà a tutti la possibilità di risparmiare e, conseguentemente, di

investire, ma la sensazione è che le differenze iniziali tendano ad

autoalimentarsi, finendo per creare notevoli differenze di ricchezza.

Al riguardo, Laura Tundo pone il problema dell’effettiva capacità del

Falansterio di creare la società armonica485, perché la potenziale capacità di

arricchirsi e accumulare denaro difficilmente non darebbe luogo anche al

desiderio di acquisire potere e privilegi, dando vita a scontri, divisioni ed abusi;

 proprio quello che Fourier vuole evitare.

L’autore è favorevole alle differenze, perché le ritiene indispensabili allosviluppo della produzione. Ciò che vuole assolutamente evitare sono le funeste

conseguenze che da esse possono derivare: l’egoismo, i privilegi, lo

sfruttamento dell’uomo, la miseria delle masse. Il Falansterio può essere inteso

come un sistema che, pur partendo dal principio che lo stimolo principale

485 L. Tundo, La Società Armonica, in A. Colombo e L. Tundo (a cura di), Fourier. La passione

dell’utopia, cit., p. 224.

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all’attività dell’uomo sia l’interesse individuale, arriva, attraverso la sua

 particolare organizzazione, ad impedire che questo sia fonte di contrasti e

divisioni tra gli abitanti della Falange.

In primo luogo, l’enorme benessere, dando la possibilità a tutti di soddisfare i

 propri impulsi, tende a minimizzare i contrasti. Inoltre, nella Falange si ha un

alta soglia di equità sociale, non solo perché tutti godono dei medesimi diritti

 politici e sociali, ma anche perché attraverso la vita comunitaria e la particolare

organizzazione della Falange vengono ridotte le differenze nei diritti economici.

Sono presenti le premesse per creare effettive pari opportunità di partenza

attraverso una organizzazione del tutto paritaria del lavoro486, l’educazione

unitaria e collettiva, che dà a tutti uguali possibilità di apprendimento,

eliminando i privilegi legati alla ricchezza e alla cultura, infine, il modo di vita

assolutamente libero e spontaneo, che porta alla scomparsa della famiglia e

indirettamente all’eliminazione di privilegi economici legati ai patrimoni

familiari.

 Nonostante queste misure atte a dare a tutti le medesime opportunità di

 partenza, derivanti non solo da una completa eguaglianza nei diritti, ma anchedall’eliminazione di qualsiasi privilegio economico, nel Falansterio rimane la

concreta possibilità di sostanziali differenze di ricchezza tra i membri della

comunità.

486 Abbiamo visto che gli unici privilegi che si possono avere sono quelli legati alle gerarchie da parata, che hanno lo scopo di soddisfare il desiderio di ambizione degli uomini, e quindi di incanalarlo

in modo che non crei disarmonie.

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Lo stesso Fourier sembra rendersi conto che il benessere, le pari opportunità,

la vita e l’educazione comunitaria, rischiano di essere misure insufficienti a

frenare, o meglio a incanalare in maniera positiva, l’ambizione, il desiderio di

ricchezza e di potere che le marcate disuguaglianze favorirebbero. L’autore

sembra, altresì, temere che il sistema, così come è stato congegnato, potrebbe

non funzionare, potrebbe incepparsi a causa di quello stesso individualismo, che

dovrebbe essere la linfa vitale del Falansterio.

In ultima analisi, egli, come garanzia al sistema, finisce per affidarsi alla

naturale487 bontà degli uomini, bontà, che seppur apparentemente scomparsa nel

corrotto sistema civile, non tarderà ad emergere con la nascita dell’ordine

combinato.

Fourier afferma che tra tutti i membri della Falange nascerà una profonda

amicizia488, che sarà più forte di qualsiasi egoismo. In tal modo, verranno

eliminati gli effetti nocivi delle disuguaglianze, considerate, d’altra parte,

essenziali per tenere alto quello spirito di emulazione necessario per produrre

l’enorme ricchezza del Falansterio.

Probabilmente, anche la necessità di favorire un forte legame tra ifalansteriani è stata uno dei motivi che ha portato l’utopista ad ideare una

487 Si ricorda, ancora una volta, che Fourier considera gli uomini e le loro passioni essenzialmente buone, ossia conformi al volere di Dio, il quale si serve di esse per ordinare l’universo, facendo inmodo che la felicità e il piacere coincidano con la giustizia; al riguardo, si parla, sovente, di morale

 basata sul piacere. Nella civiltà, a causa della sua struttura economica e sociale, l’interesse individualee collettivo non coincidono, in tal modo gli uomini possono assecondare i loro desideri solocomprimendo quelli degli altri.

488 Fourier, nella sua mania per le classificazione, ha ordinato l’amicizia, secondo vari livelli.Quello più elevato, chiamato onnifilia, che si svilupperà solo nell’ordine combinato, è un’amicizia

generale e disinteressata.

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società organizzata in piccole comunità: solo all’interno di queste è possibile la

nascita di un legame generale ed esteso a tutti i membri. Inoltre, molte delle

caratteristiche strutturali di queste rispondono a questa esigenza: la vita

comunitaria, l’educazione collettiva, la partecipazione di ognuno a numerose

attività hanno lo scopo di avvicinare gli uomini e di favorire gli interessi

comuni.

Fourier è fiducioso, lo abbiamo visto nella descrizione delle sedute di

ripartizione, nella capacità degli uomini di riconoscere ed ammettere

l’importanza di ognuno, sia di chi mette i capitali sia di chi lavora soltanto nelle

attività svolte dalla Falange.

Il pensatore, pur affermando che sarà proprio la brama di ricchezza e

l’ambizione di ognuno a mantenere l’armonia e l’ordine nel sistema combinato,

con i suoi continui riferimenti all’onnifilia e all’uniteismo489 sembra, in

definitiva, affidarsi alla fraternità, anche se questa è da intendere in modo del

tutto diverso da quella a cui si appella Saint-Simon nel Nuovo Cristianesimo.

 Nondimeno, per il successo del sistema combinato, diventa fondamentale un

reale cambiamento nella mentalità degli uomini, perché le passioni, pur noncambiando nel corso delle varie epoche, in civiltà sono state incanalate in modo

489 “ E’ dunque certo che da ogni esercizio materiale di passione sviluppata armonicamente o per masse concertanti, se si subordina ogni gesto all’interesse della massa si trae molto più piacere cheagendo liberamente e isolatamente, e questo genere di piacere, molto diverso dal godimento stesso, èun piacere di unitarismo...” (Ch. Fourier, Le nouveau monde amoureux, Anthropos, Paris, 1967, trad.it. in Id., Teoria dei quattro movimenti. Il nuovo mondo amoroso e altri scritti sul lavoro, l’educazione,l’architettura nella società d’Armonia, a cura di I. Calvino, cit., p. 376. Le nouveau monde amoureux ècostituito da manoscritti inediti fino al 1967). L’autore continua dicendo che tali sentimenti nonesistono in Civiltà, essendo lì sconosciuta l’amicizia collettiva, che aumenta il piacere dei piccoli

sacrifici compiuti in nome del bene comune.

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sbagliato, dando luogo all’egoismo e al contrasto tra interesse individuale e

collettivo. Fourier vuole che l’uomo perda i vizi e le cattive abitudini contratte

nella fase civile ed è convinto che questo sia possibile semplicemente

organizzando un nuovo sistema. In tal modo, nel Falansterio, la giustizia

distributiva previene le diatribe di natura economica; l’educazione collettiva ha

lo scopo di eliminare le classi, perché “ la diversità dei modi...sarebbe germe di

discordia”490; la vita comunitaria e l’identità di interesse a vedere prosperare la

falange uniscono gli uomini, al di là di ogni possibile divisione e differenza.

Oltre a queste misure di natura socio-economica, nel falansterio i rapporti

 parentali, affettivi e amorosi sono reimpostati in modo del tutto libero e

spontaneo491, in modo da eliminare le premesse per la formazione di gruppi

isolati dal resto della comunità.

Il vero cambiamento, naturalmente, avverrà con le nuove generazioni, che

allevate nella nuova società, saranno indenni dai vizi della civiltà; con esse la

società armonica diventerà effettiva.

Fourier sembra piuttosto sicuro della realizzabilità del suo progetto ed è

 proprio in questo l’utopia: nei mezzi, non nell’originalità del sistema. Ilfalansterio, con l’uomo armonico,  può funzionare. Il problema è che dovrebbe

 proprio essere l’ordine combinato a trasformare l’uomo civile, ma allo stesso

tempo quest’ultimo non può far funzionare la falange: non ci può essere

490 Ch. Fourier, Theorié de l’unité universelle, cit., trad. it.in Id., Contro la civiltà, a cura di M.Moneti, cit., p. 176.

491 L. Tundo, La Società Armonica, in A. Colombo e L. Tundo (a cura di),  Fourier. La Passione

dell’utopia, cit., p. 231.

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falansterio senza uomo armonico e, viceversa egli non può “nascere” senza

Falansterio.

Qualsiasi sistema, anche il più bizzarro, se strutturato in maniera coerente,

 può funzionare a partire da determinati presupposti. Non si può porre in dubbio

che il Falansterio possa funzionare, perché è organizzato coerentemente alle sue

 premesse.

Il presupposto fondamentale nel sistema di Fourier è l’uomo armonico.

L’abitante del Falansterio possiede, infatti, alcune caratteristiche che lo

rendono diverso da quello che impropriamente potremmo chiamare uomo civile,

nel senso che questo termine ha nell’autore. Il falansteriano non pensa al denaro

o ai beni che possiede, lavora continuamente per puro piacere e divertimento, è

attirato da molte attività, è felice se le serie in cui lavora prosperano, il suo

desiderio di ambizione è soddisfatto semplicemente guidando le serie di parata.

Potremmo dire che l’uomo di Fourier, come l’homo aeconomicus di Adam

Smith, continua ad agire per interesse personale, ma il suo sistema di valori è

cambiato.

Con un tal genere di uomini non ci sono ragioni per dubitare che ilFalansterio prospererebbe.

 Naturalmente non si vuole nemmeno mettere in dubbio che l’uomo possa

cambiare sistema di valori. Il rapporto tra gli uomini e la società, in cui vivono,

è di interdipendenza: gli uomini fanno la società e questa influisce su di loro.

 Nel nostro caso, non si può affermare che l’uomo civile, posto nella società

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armonica, non possa cambiare il proprio sistema di valori diventando

falansteriano a tutti gli effetti. Quello che si mette in dubbio è che egli

 spontaneamente sia attirato da un sistema che presuppone che gli uomini

abbiano obiettivi e valori diversi da quelli che egli ha al momento della sua

scelta. Fourier è utopista nel senso inteso da Marx: non si è posto il problema

dei mezzi con i quali realizzare la società armonica.

Fourier chiedeva semplicemente la costruzione di una comunità di prova per 

dimostrare a tutti la bontà delle sue idee; alcuni falansteri, dopo la sua morte,

sono stati costruiti, ma nessuno di essi ha avuto successo492.

Al di là di tali questioni, comunque quello che è necessario dire è che

l’obiettivo dell’autore è costituire una società libera e spontanea, senza divisioni

al suo interno; l’unica in grado, secondo l’autore, in grado di assicurare

un’eguaglianza sostanziale, ossia identiche posizioni di tutti gli individui di

fronte alla possibilità di soddisfare le proprie passioni.

F. Armand nell’introduzione ai Testes Choisies scrive: “Malgrado le

apparenze non esiste più in questa società nuova alcuna traccia di ineguaglianza

di fondo. Ci sono certo, non v’è dubbio, delle differenze di ricchezza, ma essenon generano, come nella Civiltà, l’esorbitante privilegio che permette al

capitalista di aumentare il suo capitale di un plus-valore prelevato sul prodotto,

492 Un falansterio fu costruito in Romania da un nobile proprietario terriero. Esso venne distruttodai proprietari circostanti che temevano il diffondersi di simili comunità. (E. Polulat, Les Cahiersmanuscrits de Fourier. Etude historique et inventaire raisonné, Paris, 1957, pp. 14-15). Un altroFalansterio fu costruito da Mikhail Vasilevich Petrashevsky, un rivoluzionario russo che vollediffondere il fourierismo tra i contadini del suo podere. Il falansterio venne bruciato dagli stessi

contadini. (F. Venturi, Il populismo russo, Einaudi, Torino, 1972).

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non pagato, della forza lavoro del proletario, acquistata al suo valore di

scambio. Se ci sono delle classi nel Falansterio, e ve ne sono parecchie, esse non

sono più né sfruttatrici né sfruttate”493.

Solo alla luce questo nuovo mondo, abitato da uomini nuovi, diventa

 possibile capire ciò che Fourier intende realmente per eguaglianza e giustizia.

Al di là dell’utopia e della realizzabilità del progetto, nella società armonica tutti

sono uguali e liberi da condizionamenti di fronte alla possibilità di soddisfare le

 proprie passioni; in questo modo si realizza il principio fondamentale della

società senza classi, delineata da Marx, nella quale il libero sviluppo di ciascuno

è la condizione del libero sviluppo di tutti494.

 Nella società armonica, non scompare il denaro e la possibilità di

accumularlo, ma tutto questo non interessa più a nessuno.

In tal modo, gli armoniani dotati di capitali reinvestono nella falange; non

utilizzano il loro denaro per acquistare privilegi, perché non sanno che farsene;

offrono cene e pranzi ai loro compagni di lavoro. Non hanno il desiderio di

tramandare le ricchezze ai figli, danno i loro averi a chi ha le capacità di far 

 brillare le serie da loro preferite.Il denaro perde la sua funzione di simbolo di potere495 e diventa solo uno

strumento per soddisfare le passioni. Ci sono, così, delle pseudo-classi, legate ai

493 F. Armand, “introduzione” a Ch. Fourier, Textes Chosies, Editions Sociales, Paris, 1953, inCh. Fourier, Teoria dei quattro movimenti e altri scritti, cit., p. 45.

494 A. Labriola,  In memoria del Manifesto dei Comunisti, contenuto in K. Marx-F. Engels,  Il 

 Manifesto del Partito Comunista, Newton-Compton, Milano, 1994, p. 66.

495 Cfr. É. Lehouck, Fourier aujourd’hui, Denoël, Paris, 1966, p. 76.

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diversi piaceri che si possono ottenere tramite il denaro, ma questo non

impedisce, come invece accade nella Civiltà, il formarsi di legami e di amicizia

tra persone con ricchezze diverse.

In questo si ha la vera eguaglianza, un’eguaglianza sostanziale perché

nessuno vuole più prevalere sugli altri. Non solo ognuno ha la possibilità di

ottenere ciò che desidera, senza nuocere agli altri, e l’interesse individuale e

collettivo diventano la medesima cosa, ma ogni abitante della Falange è

interessato agli altri come fossero fratelli.

In casi del genere il principe e il plebeo si confondono; la gioia è così piena, così sincera,

che ha bisogno di estendersi dappertutto, di comunicarsi all’ultimo venuto. Ognuno vede in

chi lo circonda un confidente e un amico. E’ in tale situazione che la filosofia può

contemplare per qualche istante l’eguaglianza e la fraternità, così maldestramente

vagheggiate nella Civiltà...496

496 Ch. Fourier, Théorie de l’unité universelle, cit., trad. it. in Id.,  L’Armonia Universale, a cura di

M. Larizza, cit., p.167.

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Conclusione

 Eguaglianza reale, eguaglianza industriale, ineguaglianza graduata: tre

autori socialisti e tre differenti concezioni dell’eguaglianza. Tre idee differenti

riguardo ai criteri distributivi, tre modi diversi di concepire la società ideale.

La prima cosa che risulta evidente studiando Babeuf, Saint-Simon e Fourier è

 proprio la diversità: nel pensiero, nell’immaginare la perfetta organizzazione

della società, nell’idea che essi hanno dell’uomo, dalla quale deve partire

necessariamente ogni scienza sociale.

In particolare, per quel che riguarda la distribuzione delle ricchezze la

diversità delle loro idee si manifesta in maniera chiara. Babeuf, infatti, insegue

l’eguaglianza reale, intesa come distribuzione assolutamente egualitaria delle

risorse e dei lavori, nella convinzione che gli uomini siano identici nella

necessità di soddisfare i propri bisogni fondamentali. Per Saint-Simon, invece,

l’eguaglianza industriale, ossia una distribuzione dei poteri e delle risorse

 proporzionale ai meriti individuali, è l’unico criterio distributivo applicabile in

una società, il sistema industriale, il cui scopo primario è spingere al massimo la

 produzione e, di conseguenza, l’abbondanza e il benessere generalizzato. Infine,

Fourier sostiene quella che lui stesso definisce ineguaglianza graduata.

Anch’egli, come Saint-Simon, propone, in un certo senso, una distribuzione

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delle risorse proporzionale alle capacità. In questo autore, però, non è

assolutamente possibile distinguere la questione strettamente distributiva dal

resto della dottrina. Fourier, infatti, difende con forza ogni minima differenza

esistente tra gli uomini. Per lui, inguaribile ottimista riguardo alle potenzialità e

alle capacità ancora inespresse degli individui, ogni possibile diseguaglianza,

non solo nelle ricchezze e nella distribuzione del reddito, ma anche nelle

inclinazioni, nei caratteri, nei gusti personali è indispensabile per instaurare

quell’ordine naturale, quell’armonia, in cui ogni uomo, realizzando la propria

vera natura, potrà raggiungere la propria felicità e, al tempo stesso, favorire

quella degli altri.

I tre autori rispondono, dunque, in maniera assai diversa alla domanda

“perché l’eguaglianza ?”- intesa qui nel suo connotato economico - o, viceversa,

“perché l’ineguaglianza ?”.

Tale diversità discende dal fatto che essi hanno opinioni divergenti riguardo

agli uomini ed in particolare a quale debba essere considerata la caratteristica in

essi rilevante e che li accomuna e li rende  sostanzialmente uguali. La

costruzione di qualsiasi organizzazione sociale deve, infatti, partire da questo edeve basarsi su un principio, al tempo stesso fondamento e scopo della società,

che assicuri il trattamento imparziale - e dunque uguale - degli uomini in

riferimento alla caratteristica rilevante.

Babeuf, nell’uomo, evidenzia soprattutto la presenza dei bisogni, siano essi di

natura materiale o spirituale. Da questo discende che gli individui devono essere

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uguali nella possibilità di soddisfare le proprie necessità e, poiché Babeuf non

vede grosse differenze tra i bisogni fondamentali degli uomini, nella repubblica

degli Uguali le risorse sono distribuite in maniera assolutamente imparziale.

Fourier partendo dal medesimo principio, ossia che gli uomini devono essere

 posti in una condizione di perfetta eguaglianza nella possibilità di soddisfare le

 proprie necessità, o meglio le proprie  passioni, arriva a conclusioni assai

diverse. L’autore, infatti, contrariamente a quanto pensa Babeuf, ritiene che i

 bisogni varino notevolmente, in qualità e quantità, da persona a persona. Accade

così che nel falansterio l’equità distributiva sia bandita in favore di una

distribuzione delle risorse proporzionale a lavoro, capitale e talento. Questo

 permette agli abitanti della falange, non solo attraverso una maggiore

 produzione di ricchezza, ma anche con la soddisfazione di quelle  passioni che

non passano attraverso la mediazione del denaro, di essere perfettamente uguali

di fronte alla possibilità di appagare il proprio piacere.

In Saint-Simon la situazione cambia ancora. Egli pone l’attenzione non tanto

sui bisogni quanto sulle capacità umane. Per l’autore, infatti, scopo supremo

della società è la produzione e, conseguentemente, la ricchezza e il benessere. InSaint-Simon, d’altra parte, produzione e benessere hanno uno stretto rapporto di

interdipendenza. Il benessere non è esplicitamente considerato come l’obiettivo

fondamentale della società da raggiungere attraverso l’efficienza produttiva.

Benessere e produzione sono due aspetti dello stesso principio497. La

497 Saint-Simon, nelle ultime opere, dà, comunque, la preferenza al primo dei due aspetti e scopo

della società diventa migliorare la sorte delle classe più povera.

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 produzione, infatti, non è ritenuta un semplice mezzo, ma un fine in sé.

 Nel  sistema industriale, il principio meritocratico, una distribuzione dei

 poteri e delle risorse proporzionale ai meriti - gli uomini sono, quindi, uguali nel

diritto di essere trattati imparzialmente nel criterio che collega le ricchezze ai

meriti - consente, oltre, indirettamente, alla produzione di grande abbondanza,

agli uomini, ognuno secondo le proprie capacità, di esplicare la propria vera

natura produttiva.

In ogni caso, al di là di queste differenze di base, sicuramente importanti,

 bisogna riconoscere che tra il pensiero dei tre autori le affinità non mancano.

Punti di contatto e divergenze si intrecciano continuamente. Molto spesso, anzi,

la comune adesione agli stessi principi porta i tre autori a propendere per 

soluzioni estremamente diverse.

Una buona strada per cercare di mettere in luce i rapporti tra le teorie sociali

dei tre autori ed in particolare tra le loro diverse concezioni dell’eguaglianza è

osservare come essi impostano le interrelazioni tra l’idea stessa di eguaglianza e

tre concetti, strettamente connessi ad essa, che in loro assumono, seppur in

misura diversa, importanza primaria: efficienza, unità, benessere.

 Eguaglianza ed efficienza. In tale contesto, l’efficienza (economica) è intesa

come la capacità della società di produrre beni e, dunque, ricchezza. Un

 principio abbastanza condiviso è che l’eguaglianza nella distribuzione delle

ricchezze sia un disincentivo alla produzione. In questo modo, l’eguaglianza

economica, divenendo causa della povertà della comunità, andrebbe sacrificata

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in nome di un abbondanza che arricchirebbe, in misura diversa, tutti; in un certo

senso la diseguaglianza, attraverso l’efficienza, permette la ricchezza e questa, a

sua volta, giustifica la diseguaglianza stessa498.

Babeuf, Saint-Simon e Fourier si trovano più o meno tutti d’accordo sul

contrasto tra eguaglianza economica ed efficienza, ma le soluzioni che essi

 propongono, e che sono la causa delle più evidenti differenze tra i loro criteri

distributivi, sono diverse.

Babeuf, semplicemente, sceglie di sacrificare l’efficienza, considerando

l’eguaglianza il vero obiettivo della società. Esso deve essere assicurato in ogni

caso, derivando dalla naturale eguaglianza degli uomini nei bisogni

fondamentali. Abbiamo visto nel capitolo a lui dedicato, come non sia possibile

affermare con certezza che Babeuf ritenga incompatibile l’eguaglianza

economica con l’efficienza produttiva; il problema non è da lui affrontato

esplicitamente. In ogni caso, nella repubblica degli Uguali ognuno ottiene ciò

che è necessario per soddisfare i propri bisogni fondamentali e nulla di più.

Saint-Simon e Fourier si pongono, invece, in una prospettiva completamente

diversa. Per entrambi la ricchezza è considerata necessaria, anche se nonsufficiente, per assicurare a tutti il benessere. Entrambi, Fourier in particolare,

immaginano un mondo in cui l’abbondanza è tale da rendere poco importanti le

differenze di trattamento. Entrambi considerano l’eguaglianza assoluta nella

498 Kant afferma che la diseguaglianza è fonte di ogni male, ma, nello stesso tempo di ogni bene.Questo bene sono i beni disponibili. Cfr. A. M. Iacono, Congetture illuministiche sulla storia della

civiltà, in A. Burgio, D. Losurdo, J. Textier (a cura di),  Egalite/Inegalite, Quattroventi, Napoli, 1990,

 pp. 109-110.

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distribuzione un principio assolutamente incompatibile con il raggiungimento di

quella ricchezza necessaria ad assicurare a tutti condizioni di vita soddisfacenti.

Entrambi preferiscono, ad una distribuzione uguale, una distribuzione delle

risorse proporzionale a ciò che possiamo genericamente chiamare meriti e

capacità. Entrambi, d’altra parte, considerano, esattamente in modo opposto a

Babeuf, naturali le differenze tra gli uomini e, di conseguenza, nel trattamento

che deve essere loro riservato.

Fourier, in particolare, immagina che la distribuzione delle immense

ricchezze prodotte all’interno del falansterio avvenga in funzione sia dei capitali

investiti, sia del talento e del lavoro di ognuno. Tali differenze nella

retribuzione, al pari di ogni altra differenza tra gli uomini (gusto, ricchezza,

capacità, inclinazioni), sono considerate indispensabili per creare quello spirito

di emulazione, di competizione positiva, che spinga gli uomini a produrre

un’immensa abbondanza.

Tale principio distributivo, apparentemente decisamente anti-egualitario,

deve d’altra parte, essere valutato anche alla luce delle altre caratteristiche del

falansterio. In primo luogo, l’immensa abbondanza di beni rende trascurabili ledifferenze di trattamento, perché anche i più poveri hanno standard di vita

altissimi. In secondo luogo, e l’autore lo sottolinea, a tutti è assicurato il

soddisfacimento dei bisogni, non solo primari, attraverso la gestione collettiva e

la fornitura  gratuita di molti servizi: nel falansterio a tutti è assicurato un

alloggio, le mense sono comuni, i servizi domestici, gli spettacoli e le attività

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ricreative sono gratuite. Infine, l’ottimismo sulle capacità umane porta l’autore

alla convinzione che ognuno sia in grado di eccellere in molte attività e,

conseguentemente, di ottenere ricompense adeguate, anche perché nel mondo

 societario è eliminato qualsiasi tipo di privilegio e vengono, così, assicurate,

anche grazie ad una educazione uguale e naturale, effettive pari opportunità.

Lo scenario proposto da Saint-Simon è, per certi versi, simile a quello

 prospettato da Fourier sebbene, rispetto a quest’ultimo, il sistema industriale sia

 più “sobrio”, a causa, forse, del minore ottimismo dell’autore o più

 probabilmente della sua maggiore concretezza. Anche Saint-Simon propone una

distribuzione proporzionale delle ricchezze, in questo caso proporzionale

all’apporto di ognuno, unita alla necessità di assicurare condizioni di vita

sufficienti per tutti, istanza primaria del  Nuovo Cristianesimo, e

all’instaurazione, attraverso l’abolizione dei privilegi nobiliari e la garanzia di

educazione per tutti, di pari opportunità economiche.

Il rifiuto dell’eguaglianza assoluta, collegato anche in questo caso alla

tensione tra eguaglianza ed efficienza, è difeso e giustificato in modo diverso

rispetto a Fourier. Saint-Simon, infatti, difende la diseguaglianza nel suo socialismo gerarchico non tanto ritenendola necessaria per creare un maggiore

stimolo alla produzione negli individui, quanto, in vista dell’obiettivo aggregato

della produzione, sostenendo che dare più potere alle persone più abili e ricche

di talento sarebbe d’aiuto per tutti499. D’altra parte, considerazioni di questo tipo

499 Sull’argomento si veda il paragrafo Difese alternative della diseguaglianza in A. K. Sen, La

diseguaglianza, Il Mulino, Bologna, 1994, pp. 193-197.

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si riferiscono principalmente alla distribuzione dei poteri più che delle

ricchezze, i cui criteri, come abbiamo visto, non vengono in realtà spiegati e

giustificati precisamente dall’autore.

Dei tre autori, Babeuf è l’unico a sostenere una distribuzione assolutamente

egualitaria dei beni e delle risorse. D’altra parte. è anche l’unico a non

 prospettare una società traboccante di ricchezza. Nella repubblica degli Uguali,

dal punto di vista economico, si verifica quello che si potrebbe definire un

livellamento verso il basso.

I tre autori sembrano, dunque, concordi nel riconoscere la tensione tra

eguaglianza ed efficienza e le maggiori differenze, nei criteri di distribuzione

delle risorse, tra loro discendono in gran parte dall’importanza che ognuno di

essi attribuisce all’abbondanza come obiettivo sociale.

Per Babeuf la ricchezza, non solo non è un bene da inseguire, è un male da

evitare; per Saint-Simon e Fourier l’abbondanza è uno dei principali obiettivi

della società.

 Eguaglianza e unità. Babeuf, Saint-Simon e Fourier considerano la società

come un’unità inscindibile. Le loro analisi hanno come punto di partenza questaidea fondamentale. Le differenze tra le loro dottrine, comprese quelle

riguardanti l’eguaglianza e la distribuzione delle risorse, possono essere

ricondotte alle diverse interpretazioni di questo medesimo principio.

Babeuf e Saint-Simon partono direttamente dalla società per sviluppare le

loro teorie. La comunità è il soggetto del loro pensiero. Per entrambi, soprattutto

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 per Babeuf, non c’è discontinuità tra gli obiettivi dei singoli e quelli della

comunità e tra benessere individuale e collettivo.

Per Fourier, naturalmente, il discorso è più complesso. Egli, infatti, parte

dagli individui e dalle loro caratteristiche personali. Il suo obiettivo dichiarato è

mettere il singolo nelle condizioni di soddisfare le proprie passioni e di seguire

le proprie inclinazioni particolari. Da questo deciso individualismo, però,

l’autore, attraverso la sua concezione naturalistica della società umana, arriva a

ricomporre l’unità della comunità proprio partendo dagli interessi personali ed

egoistici, criticando, anzi, aspramente tutti quei comportamenti e quelle

caratteristiche della civiltà che spezzano l’unità originaria.

Tutti e tre gli autori aderiscono all’idea che tutti gli uomini siano eguali

nell’unità di specie500 e tale unità deve essere ricomposta proprio nella società.

Da questa idea centrale conseguono molte importanti analogie tra le tre dottrine,

ma, al tempo stesso, a seconda di come ogni autore pensa a come la società

 possa ricostituire l’unità naturale, ci sono notevoli differenze tra la struttura

interna delle tre organizzazioni sociali.

Il primo punto comune è che tutti e tre gli autori rifiutano il sistema dimercato, sostituendo ad esso altri tipi di organizzazioni economiche: Babeuf 

un’economia pianificata centralmente, Saint-Simon un capitalismo gerarchico e

centralizzato, Fourier, con maggiore fantasia, l’economia societaria con le sue

500 Per interessanti considerazioni sul concetto di eguaglianza come unità essenziale degli uomini,si veda D. Losurdo,  L’egalitè e i suoi problemi, in A. Burgio, D. Losurdo, J. Textier (a cura di),

 Egalite/Inegalite, cit., pp. 143-149.

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 sette combinate. La libera concorrenza, criticata dai tre mettendone in luce

alternativamente diverse caratteristiche negative (lo sfruttamento, l’irrazionalità,

l’incoerenza e la frode), è considerata, infatti, in contrasto con i meccanismi

naturali che devono guidare la società verso gli obiettivi comuni.

Una seconda caratteristica che accomuna i tre autori è che essi ritengono che

ci sia una corrispondenza biunivoca tra interesse individuale e collettivo:

interesse individuale e collettivo non si distinguono. Tutti e tre, seppure in modo

decisamente diverso, vanno ben oltre la teoria della mano invisibile, perché non

semplicemente ritengono che tutta la società finisca per svilupparsi direttamente

grazie alla composizione degli interessi personali. Nelle loro costruzioni sociali,

infatti, l’egoismo finisce per scomparire e trasformarsi nell’interesse a vedere

 prosperare la comunità.

Babeuf è il più radicale dei tre. Nella repubblica degli Uguali l’interesse

 personale non esiste più. Obiettivo primario di ogni cittadino, una volta che

viene assicurata a tutti la soddisfazione dei bisogni e al contempo viene

eliminata la possibilità di acquisire più ricchezza o potere di altri, è la prosperità

dell’intera comunità. In Babeuf, non c’è quasi distinzione tra felicità personale esociale; la prima finisce per coincidere con la seconda.

 Nell’autore, il concetto di società come unità inscindibile è spinto alle

estreme conseguenze. In tal modo, per non rompere tale unità diventa necessario

che la caratteristica principale dei cittadini sia l’omogeneità. Da qui, l’esigenza

di eliminare qualsiasi tipo di differenza, in primo luogo quelle economiche

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attraverso una distribuzione assolutamente egualitaria delle risorse.

Successivamente, soprattutto grazie all’educazione, vengono eliminate tutte le

differenze artificiali e viene ristabilita l’eguaglianza naturale, nella convinzione

che gli uomini, posti nelle medesime condizioni e con le stesse opportunità,

sviluppino capacità e bisogni non troppo dissimili. Infine Babeuf si spinge oltre,

finendo per affermare che anche qualora si riconosca la presenza di evidenti

differenze naturali tra gli uomini, qui l’autore si riferisce in particolare alle

capacità produttive, è necessario fare in modo che esse non nuocciano all’unità

della comunità e alla  fratellanza e  solidarietà tra i suoi membri che da essa

necessariamente discendono.

Saint-Simon e Fourier, ancora una volta, hanno tra loro maggiori punti di

contatto rispetto a quanti ne abbiano con Babeuf. L’idea comune in loro, idea

che li distanzia da Babeuf, è che essi ritengono che l’unità della società possa

essere raggiunta, non eliminando le maggiori differenze tra gli uomini, ma

 proprio grazie ad esse.

Entrambi gli autori aderiscono, in questo sono simili a Babeuf, ad una

concezione naturalistica della società. Per Saint-Simon, il quale segue le teorieorganicistiche, la comunità deve essere considerata come un essere vivente, il

cui scopo è svilupparsi e crescere, i cui organi, i cittadini, pur svolgendo

funzioni diverse devono muoversi in sincrono in vista dello scopo comune. Per 

Fourier, la società deve essere organizzata in modo da riprodurre l’ordine

naturale attraverso l’organizzazione delle serie.

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Entrambi gli autori, Fourier in modo più chiaro e deciso, sono concordi sul

fatto che si debbano eliminare tutte quelle differenze, per così dire, artificiali tra

i membri della comunità e questo può essere fatto assicurando a tutti pari

opportunità, sia attraverso l’educazione sia con l’eliminazione dei privilegi. Per 

quel che riguarda, invece, le diversità naturali (per Saint-Simon queste si

ricollegano principalmente alle capacità, mentre Fourier ne fa un esame più

ampio e dettagliato), i due autori le considerano indispensabili per ricostituire

l’unità.

Saint-Simon, in vista dello scopo comune della produzione, immagina una

società in cui, attraverso una classificazione razionale delle capacità di ognuno,

ogni individuo svolga la funzione che gli compete.

 Nella società armonica, invece, la struttura organizzativa è decisamente più

complessa. Fourier, infatti, a differenza di Saint-Simon, è convinto che ogni

uomo, avendo numerose inclinazioni e capacità, possa e debba svolgere più

attività all’interno della comunità. Ogni attività è, dunque, organizzata

gerarchicamente, ma ogni membro del falansterio ricopre molte e diverse

cariche, così come ottiene varie retribuzioni.D’altra parte, in entrambi gli autori, la difesa delle diseguaglianza si

accompagna ad un forte richiamo alla solidarietà tra i membri della comunità.

Saint-Simon, dapprima convinto che la struttura del  sistema industriale

avrebbe spontaneamente eliminato l’egoismo e fatto coincidere l’interesse

individuale con quello collettivo della produzione, nelle ultime opere si

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richiama direttamente alla morale e al principio cristiano della  fratellanza. Il

 pensiero dell’autore, dunque, e in questo si avvicina a Babeuf, acquisisce una

forte componente etica: l’uomo deve perdere il suo punto di vista esclusivo e

 personale per acquisire quello più generale e disinteressato che si ricollega alla

società nel suo complesso.

In Fourier tutto questo manca: se nel suo sistema c’è una morale questa è

quella del piacere. Non per questo, però, si può affermare che nella sua società

la  fratellanza non sia presente. Fourier, infatti, è decisamente più ottimista di

Babeuf e Saint-Simon riguardo alle potenzialità umane. Nel suo sistema non

solo gli interessi individuali non sono in contrasto tra loro e si fondono con lo

sviluppo dell’intera comunità, ma la  solidarietà nasce dalle stesse passioni

umane; nel mondo societario l’amore e l’amicizia acquisiscono una forza

immensa.

 Eguaglianza e benessere. Obiettivo primario di tutti coloro che si dedicano

alla costruzione di nuove organizzazione sociali è la ricerca del benessere, il

quale può essere inteso come la soddisfazione generalizzata e stabile dei bisogni

non solo primari, ma secondari

501

. Ciò che accomuna Babeuf, Saint-Simon eFourier non è, però, solo questa ricerca, ma anche il fatto che essi, pur in

maniera diversa, si riferiscono ad un benessere che non è soltanto materiale,

ossia non è proporzionale esclusivamente all’abbondanza di beni.

Il benessere, d’altra parte, è strettamente collegato all’eguaglianza sia

501 Cfr. A. Colombo, Le società del futuro. Saggio utopico sulle società postindustriali, Dedalo,

Bari, 1978, pp. 386-388. 

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indirettamente, perché la componente materiale del benessere dipende dalla

struttura economica della società a sua volta connessa in qualche modo

all’eguaglianza, sia in maniera diretta, perché a seconda di come il benessere è

definito, ossia a seconda di quali si ritengano i reali bisogni degli uomini,

cambia necessariamente il tipo di eguaglianza che viene richiesta.

In Babeuf, non solo è ridotta al minimo la componente materiale del

 benessere, ma esso tende a diventare tutt’uno con l’eguaglianza: gli uomini

 possono essere felici solo in una società in cui l’eguaglianza è assoluta. Per 

l’autore, i bisogni degli uomini che devono essere soddisfatti, oltre naturalmente

alle strette necessità materiali, sono di natura spirituale e sociale. I membri della

repubblica degli Uguali, come abbiamo visto, raggiungono la massima felicità

nel contribuire alla prosperità della comunità, nel partecipare attivamente alla

vita pubblica e politica, nel partecipare alle numerose feste e manifestazioni, in

cui viene esaltata la natura sociale dell’uomo. Si può dire che il benessere in

Babeuf abbia un elevato contenuto morale e in esso l’eguaglianza, non solo

economica, abbia un peso determinante.

L’autore, d’altra parte, sa bene che l’uomo che vivrà nella repubblica è bendiverso dall’uomo che vive ora. Per fondare la società ideale è necessario che

nasca l’uomo nuovo.

Il tema della necessità di un radicale cambiamento nel sistema di valori

dell’uomo è, del resto, un’idea ben presente anche in Saint-Simon e, soprattutto,

in Fourier. A questa, si riconnette anche il fatto che tutti e tre gli autori danno

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grande importanza all’educazione, che in Babeuf e Fourier, a suo modo, è

assolutamente egualitaria, come strumento di emancipazione degli uomini e che

 permetta loro di esplicare le loro potenzialità, ossia la loro umanità.

Saint-Simon, per quel che riguarda il benessere, parla della necessità da parte

di tutti gli uomini di soddisfare i bisogni materiali e spirituali. La prima

componente, comunque, è senz’altro la più importante per l’autore. Da qui, la

necessità che la produzione venga spinta a livelli sempre più elevati, e la

richiesta, più forte negli ultimi sviluppi del suo pensiero, di assicurare a tutti

condizioni di vita sufficienti. La componente, per così dire, spirituale del

 benessere acquista maggior valore con le ultime opere, in cui la richiesta di una

maggiore moralità si fa pressante e Saint-Simon sembra quasi sottintendere che

lo scopo finale del suo sistema sia dare ad ogni uomo la possibilità di esplicare

le proprie particolari capacità.

Fourier, tra i tre autori, è quello che elabora maggiormente il concetto di

 benessere. L’unico scopo della sua organizzazione sociale è permettere

all’uomo di raggiungere la felicità. Essa è intesa come la soddisfazione di tutte

le  passioni, riguardo alle quali l’autore elabora complicate teorie. Il benesseremateriale è senza dubbio una componente essenziale della felicità, ma non è

tutto. L’uomo, quindi, per essere veramente felice deve essere messo in

condizione di potere soddisfare tutte le proprie  passioni. Per fare questo nella

maggior parte dei casi non servono beni materiali. Il sistema societario è,

dunque, un mondo in cui, al di là dell’enorme abbondanza materiale, gli uomini

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sono messi in condizione di realizzare sé stessi a tutti i livelli. In tale società la

ricchezza materiale, pur non scomparendo essendo necessaria per soddisfare

determinate esigenze, perde la sua posizione di centralità.

In tale contesto ed anche alla luce di tutte le considerazioni fatte, e il discorso

è valido seppur con qualche cautela anche per Saint-Simon, mentre per Babeuf 

la questione naturalmente non si pone neanche, le eventuali diseguaglianze

economiche finirebbero per cessare di essere di per sé un problema, perdendo

automaticamente quella rilevanza che le caratterizza nella società

contemporanea502.

502 Cfr. A. Burgio, L’ineguaglianza legittima, in A. Burgio, D. Losurdo, J. Textier (a cura di),

 Egalite/Inegalite, cit., p. 78.

190

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