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CONCETTUALIZZAZIONE DELLA
RESISTENZA AL CAMBIAMENTO (Rac):
UN MODELLO EMPIRICO DI ANALISI
a cura di
A. Sebastiano
Contenuti:
� 1. Una concettualizzazione della Rac
� 2. Verso la costruzione di un modello di analisi
delle cause della Rac
� 2.1 I costi benefici percepiti dal cambiamento e
relative componenti
� 2.2 Il coinvolgimento nei processi di
cambiamento e relative componenti
� 3. Gli atteggiamenti come elemento predittivo
dei comportamenti
� 3. 1 Gli atteggiamenti verso il cambiamento
2
� 3.2 Il clima pro cambiamento e orientamento
normativo al cambiamento
� 4. Verso un modello complesso: il concetto di
organisational commitment
� 4.1 Gli antecedenti dell’oc: esperienze lavorative e
caratteristiche organizzative
� 5. Conclusioni
3
1. UNA CONCETTUALIZZAZIONE DELLA RAC
Poiché raramente la Resistenza al Cambiamento (Rac) è stata
considerata come un argomento dotato di una sua autonomia
concettuale assoluta, la volontà di procedere ad una sua
concettualizzazione compiuta, implica la necessità di appoggiarsi ad
un quadro teorico di riferimento di portata più ampia; questa
opportunità è offerta dai così detti comportamenti extra ruolo (Erb,
Extra-Role Behaviour). Secondo gli studi e le analisi condotte da Van
Dyne, Cummings e McLean Parks (1995) un comportamento extra
ruolo può essere definito come un “comportamento che va a
vantaggio dell’organizzazione e/o che è inteso a vantaggio
dell’organizzazione, che è discrezionale e che va al di là delle
aspettative relative al ruolo”. Più in particolare, affinché sia possibile
parlare di Erb, è necessario che i comportamenti osservati
rispondano a quattro particolari connotati identificativi, ovvero deve
trattarsi di un comportamento spontaneo, quindi non riconducibile ai
doveri ascritti al ruolo organizzativo ricoperto, né tanto meno
suscettibile di una ricompensa (1° connotato), deve avere natura
intenzionale (2° connotato), deve essere positivamente inteso
dall’attore o positivamente percepito dall’osservatore (3° connotato)
e, in fine, anche se l’attore può essere spinto da interessi personali,
deve essere assunto a vantaggio di altri (4° connotato).
Attraverso l’esamina della letteratura in materia, e facendo
riferimento alla connotazione essenziale appena esaminata, gli autori
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propongono un quadro nomologico basato su quattro tipologie di Erb
dove, accanto alle due tradizionali classi standard di comportamento
basate sulla motivazione dell’attore, ovvero comportamenti di
affiliazione/promozione e comportamenti di sfida/proibizione,
introducono due nuove classi di comportamento, ovvero i
comportamenti di sfida/promozione e quelli di affiliazione/proibizione.
L’indagine degli Erb finalizzata alla concettualizzazione della Rac
porta ad esaminare e confrontare la Rac con le due tipologie di Erb
riconducibili ai comportamenti di sfida/proibizione: il “comportamento
di vigilanza” (WB, Whistle Blowing) ed il “dissenso per principio”
(Pod, Principed Organization Dissent).
Mentre il WB riguarda “la rivelazione, da parte di membri
dell’organizzazione (attuali o ex membri) a persone oppure
organizzazioni in grado di intervenire, dell’esistenza di pratiche
illegali, immorali o illegittime perpetrate sotto il controllo dei datori di
lavoro” (Near e Miceli, 1985), il Pod, secondo Graham (1986), è
riconducibile a “una protesta e/o uno sforzo per cambiare lo status
quo dell’organizzazione in ragione di un’obiezione coscienziosa
dell’attuale politica”. L’elemento che accomuna queste due tipologie
di comportamenti di sfida/proibizione, si legge nel fatto che entrambi
sono manifestazioni di dissenso organizzativo o, per meglio dire,
forme di protesta in termini di azione politica all’interno
dell’organizzazione. Se assecondiamo la prospettiva d’indagine
attraverso cui Bauer (1991) studia le reazioni comportamentali legate
al complesso fenomeno della resistenza al cambiamento, in cui la
Rac viene appunto vista come una forma di conflitto, sia pur
anomalo, dato che chi promuove il cambiamento e chi resiste al
5
cambiamento rappresentano temporanee coalizioni che si trovano in
disaccordo su obiettivi, valori e stili di gestione del cambiamento, al
punto che tale conflittualità, e più in generale il cambiamento, porta
ad una redistribuzione di responsabilità e poteri all’interno
dell’organizzazione, allora appare evidente l’esistenza di significativi
parallelismi tra il fenomeno indagato e le diverse forme di dissenso
organizzativo. In altri termini, è possibile asserire che Rac, WB e Pod
sono tutte manifestazioni potenzialmente importanti di azione politica
all’interno dell’organizzazione. A fronte di questa consapevolezza,
che rappresenta una tappa fondamentale nel cammino intrapreso per
arrivare ad una concettualizzazione della Rac, risulta utile procedere
ad un’indagine comparativa volta ad evidenziare elementi armonici e
dissonanze tra WB, Pod e Rac. La tabella 1 palesa i risultati
dell’indagine volta a confrontare i comportamenti in esame sulla base
di sette criteri di paragone.
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Tabella 1 – Confronto tra WB, Pod e Rac in base a sette
caratteristiche (Tratto da Giangreco A., 2001)
Caratteristiche WB Pod Rac
Sì Sì No No No Sì
1. Focus su: � intento dell’attore � risultato intuito � intento (+/-) +/- + -
2. Status dell’attore:
(membro attuale/ex membro) Entrambi Entrambi Attuale
3. Beneficiario previsto:
(individuo/gruppo/ organizzazione)
Organizzazione Organizzazione Individuo Gruppo
4. Tipi di azione:
� istituzionalizzata/non istituzionalizzata
� violenta/non violenta � palese/nascosta
Istituzionalizzata Non violenta
Palese
Istituzionalizzata Non violenta
Palese
Non istituzionalizzata Non violenta
Per lo più nascosta
5. Pratiche da combattere:
(illegali/disoneste/immorali/ sconvenienti)
Illegali Immorali
Immorali Disoneste
Non piacevoli Sgradevoli
Inopportune
6. Rischio per l’attore: (alto/medio/basso) Alto Medio
7. Soluzione della situazione “Bloccare tutto e
cambiare la pratica” “Bloccare tutto e
cambiare la pratica”
“Rallentare il passo o bloccare il
cambiamento”
Sulla base dei sette criteri evidenziati nella tabella 1 le
caratteristiche della Rac possono essere così riassunte:
1. il focus è centrato sulle intenzioni dell’attore;
2. l’attore è un attuale membro dell’organizzazione;
7
3. il beneficiario previsto è l’individuo (l’attore) o un gruppo di
persone a cui l’attore appartiene o fa riferimento;
4. la Rac si manifesta per lo più attraverso comportamenti
nascosti, individuali o collettivi non istituzionalizzati, non
violenti, attivi, passivi o indifferenti;
5. la Rac sfida i cambiamenti che implicano pratiche legali,
sgradevoli o non piacevoli e inopportune;
6. il livello di rischio per l’attore è medio – basso, leggermente
inferiore a quello che corre chi assume un comportamento
Pod e molto più basso di chi ha un comportamento WB;
7. la soluzione alla situazione è del tipo “bloccare o rallentare il
cambiamento” 1.
Sulla base di un’integrazione organica delle caratteristiche
peculiari della Rac, emerse proprio grazie all’analisi comparativa
rispetto a quelle distintive del WB e del Pod, possiamo finalmente
arrivare ad una definizione funzionale della stessa: “la resistenza al
cambiamento è una forma di dissenso organizzativo a un processo
(o a pratiche) di cambiamento che l’individuo considera sgradevole o
non piacevole o inopportuno sulla base di valutazioni personali e/o di
gruppo. L’intento che muove la Rac e rivolto a beneficio degli
interessi dell’attore o di un gruppo al quale l’attore appartiene o fa
riferimento, senza tuttavia mettere a repentaglio le esigenze
dell’organizzazione. La Rac si manifesta con azioni individuali o
1 Tali conclusioni sono una riproduzione sintetica di quelle a cui arriva Giangreco A. (2001, pag. 110-111) nell’affrontare l’esamina comparata delle tre dimensioni oggetto di studio .
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collettive non istituzionalizzate e può assumere la forma di
comportamenti non violenti attivi, passivi o indifferenti”.(Giangreco A.,
2001, pag.111)
Due sono le osservazioni che necessariamente devono
discendere dalla definizione data e che consentono di chiudere la
concettualizzazione della resistenza per spostare il focus
sull’esamina delle cause della Rac.
In primo luogo, va precisato che, sebbene la Rac non possa
essere considerata un comportamento extra ruolo nel senso assoluto
del termine, la scelta del quadro di riferimento teorico, in ragione dei
parallelismi esaminati, ha senz’altro un alto valore esplicativo che
poggia la sua valenza su elementi oggettivi e scientificamente
dimostrabili. Al tempo spesso possiamo notare come la Rac occupi
una posizione di confine tra i comportamenti extra ruolo di
sfida/proibizione (con un’assonanza decisamente più vicina alla sfida
che non alla proibizione) e le costruzioni più esplicite di dissenso
organizzativo. In effetti, abbracciando un diverso approccio
indagativo, sarebbe possibile evidenziare nuovi confini definitori in
base ai quali alcuni comportamenti tradizionalmente considerati
come manifestazioni di resistenza al cambiamento potrebbero
essere accreditati come particolari forme di Erb e viceversa.
Esiste poi una seconda ragione che rende particolarmente
significativa la definizione data, e, quindi, tutto il costrutto teorico che
ne sta a monte: il punto di vista dell’osservatore. Tradizionalmente la
Rac è stata indagata assecondando l’ottica dell’agente del
cambiamento è ciò ha portato a vederla quasi esclusivamente in
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termini negativi, ovvero come fenomeno rivolto contro gli interessi
dell’organizzazione. L’adozione del punto di vista dell’osservatore
imparziale, che contraddistingue il percorso definitorio seguito, il cui
cruciale punto di partenza è stato proprio il ricorso al quadro teorico
dei comportamenti extra ruolo, mitiga notevolmente l’accezione
negativa che ha sempre prevalso negli studi e nelle ricerche sulla
Rac. In effetti, riprendendo l’analogia con il dolore proposta da
Lawerence, sicuramente uno dei padri precursori delle indagini sulla
Rac, la resistenza, appunto come il dolore, è un segnale di allarme
importante per l’organizzazione. In chiave negativa ci segnala che
qualcosa nel processo di cambiamento non funziona come
dovrebbe, ma la sua funzione sintomatica non si arresta a questa
indicazione. In chiave positiva, infatti, la resistenza può essere letta
come il segnale che l’organizzazione sta reagendo al cambiamento.
Fermo restando la necessita di governarla, la Rac, in questa
prospettiva decisamente più positiva, può essere fonte di feed back
costruttivi finalizzati a migliorare l’efficienza del cambiamento in atto.
La tabella 2, come giusto e conclusivo coronamento di questo
quadro introduttivo dedicato alla concettualizzazione della Rac, offre
un’esplicitazione delle tipologie di manifestazioni della Rac, ovvero
dei comportamenti che i resistori mettono in atto, sia da un punto di
vista individuale, sia in ottica di gruppo, rapportandoli al grado di
avversione nei confronti del processo di cambiamento (indifferente,
passivo e attivo).
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Tabella 2 – Manifestazioni di resistenza a cambiamenti organizzativi
(Tratto da Giangreco A., 2001)
LIVELLO DI PARTECIPAZIONE
“GENERALE” INDIVIDUALE COLLETTIVA
INDIFFERENTE
• indifferenza • apatia • perdita di interesse nel
proprio lavoro • attesa
• attaccamento a vecchi modi di fare le cose
PASSIVO
• limitarsi ad obbedire agli ordini
• rifiutarsi di imparare • razionalizzazione dei rifiuti • accettazione apparente
per poi tornare ai vecchi modi
• ilarità, ironia, piacere di fronte ai fallimenti del sistema
• allontanamento personale (aumento dei tempi di inattività e di allontanamento dal lavoro)
• rallentamento dell’attività
• sciopero bianco • bassi tassi di diffusione
ATTIVO
• riduzione dei livelli di performance
• critica al top management • rimostranze • rifiuto di carichi di lavoro
aggiuntivi
• frequente avvicendamento
• assenteismo e maggiori casi di malattia
• riduzione dell’output quantitativo (minore produttività)
• riduzione dell’output qualitativo
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2. VERSO LA COSTRUZIONE DI UN MODELLO DI
ANALISI DELLE CAUSE DELLA RAC
Fornita un’analisi della definizione di resistenza al cambiamento in
relazione ai comportamenti extra ruolo, possiamo concentrarci sullo
studio degli antecedenti della Rac, ovvero di come questi impattano
sui singoli membri dell’organizzazione per sfociare in comportamenti
anticambiamento, qualora esercitino un influsso negativo, o in
comportamenti pro cambiamento quando, invece, l’impatto ha natura
positiva.
L’indagine verrà condotta rifacendosi al modello costruito e
verificato da Giangreco A. nel suo lavoro di ricerca finalizzato
all’esamina delle manifestazioni di Rac nei middle manager operanti
nell’ENEL (2001). Seguendo l’approccio indagativo di fondo proposto
dall’autore, questa lettura, attraverso un’analisi sistemica delle varie
cause della Rac si prefigge di evidenziare sia i risultati intermedi
legati a ciascuna di esse, ovvero in termini di correlazione positiva o
negativa con le altre variabili che interessano il modello, sia i risultati
finali, volti a esplicitare le conseguenze di ciascun antecedente sulla
variabile dipendente del modello: la resistenza al cambiamento. La
costruzione del modello parte da una semplice struttura classica,
ovvero considerante le antecedenti storiche della Rac, comparse sin
nei primi studi in materia, che viene progressivamente arricchita con
l’introduzione e l’analisi di ulteriori variabili. L’incremento delle
variabili considerate, se da un lato ha l’effetto di aumentare la
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complessità di lettura del modello, caratterizzato dall’esistenza di
numerose correlazioni intermedie, ha, dall’altro, il grosso pregio di
offrire una chiave di lettura più adeguata alla comprensione del
fenomeno studiato, dato che consente di cogliere l’influenza relativa
dei diversi antecedenti, andando a rilevare il contributo di ciascuno di
essi ad una congrua comprensione dei meccanismi di funzionamento
e manifestazione della Rac.
Figura 3 - Una prima versione del modello esplicativo della Rac
(Tratto da Giangreco A., 2001)
RAC
Coinvolgimentonel
cambiamento
Atteggiamentiverso il
cambiamento
Costi/beneficipercepiti dalcambiamento
Orientamentonormativo
verso ilcambiamento
Clima procambiamento
H.1
H.7
H.8
H.4H.6
H.5
H.10
H.12
H.9
H.11
H.2
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La figura 3 offre una prima parziale strutturazione del modello
dove al fianco degli antecedenti classici (costi/benefici percepiti dal
cambiamento e coinvolgimento nel cambiamento), fanno la loro
comparsa tre ulteriori fattori che discendono dalla considerazione
degli atteggiamenti come elementi di predizione dei comportamenti
(atteggiamenti verso il cambiamento, clima pro cambiamento e
orientamento normativo al cambiamento).
La rappresentazione grafica del modello evidenzia anche le
ipotesi2 (numerate progressivamente) che esplicitano il legame tra
più variabili e tra singole variabili e Rac. Partendo dall’analisi delle
singole variabili considerate, sia in termini contenutistici, sia in termini
di relative componenti, ciascuna ipotesi verrà adeguatamente
costruita e verificata.
2.1 I COSTI BENEFICI PERCEPITI DAL CAMBIAMENTO E
RELATIVE COMPONENTI
Sicuramente una delle prime variabili assunte al rango di
antecedenti della Rac, i costi/benefici percepiti dal cambiamento
tentano di dare una rappresentazione palpabile del processo
percettivo attraverso cui gli individui attuano un bilancio dei costi e
dei benefici personali che pensano possano discendere dal
2 Le ipotesi che riporteremo nel corso della presente lettura, sono una riproduzione letteraria di quelle a cui giunge Giangreco A. (2001) nell’ambito del 6° capitolo del libro “La resistenza ai cambiamenti del management nelle strutture complesse. Il caso ENEL”
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cambiamento voluto dall’organizzazione. In altri termini, ogni volta
che un cambiamento viene preannunciato o comunque è in atto, i
singoli membri di un’organizzazione cercano di interpretare
razionalmente in che misura detto cambiamento sarà suscettibile di
tradursi in prospettive positive, quindi in termini di opportunità, o in
prospettive negative, quindi in ottica di minacce. Se andiamo ad
escludere gli agenti del cambiamento, che per la natura intrinseca
del ruolo ricoperto sono inevitabilmente indotti ad elaborare un
bilancio positivo, la maggior parte degli individui, nell’attuare questa
associazione di percezioni, tende a riscontrare molte più minacce
che opportunità o, se vogliamo, ritiene i costi quasi sempre maggiori
dei benefici. Poiché l’individuazione dei costi associati al
cambiamento conosce a monte una predominanza degli interessi
personali rispetto alle priorità dell’organizzazione di appartenenza, la
paura di perdere qualcosa di importante acquisito nel passato
esercita una pressione a livello mentale, che, se raggiunge
determinati livelli di intensità, porterà l’individuo a resistere ai
cambiamenti. A questo punto è possibile annunciare la prima ipotesi
del modello che mette in relazione Comportamenti pro cambiamento
(Cpo), Comportamenti anti cambiamento (Cac) e Rac:
H. 1 I costi/benefici percepiti dal cambiamento sono
positivamente correlati ai comportamenti pro cambiamento e
negativamente correlati ai comportamenti anticambiamento. Gli
individui che prevedono più costi che benefici come risultato del
cambiamento manifesteranno livelli più alti di Rac.
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Sono sostanzialmente sei le componenti che permettono di
attribuire una dimensione non aleatoria alla variabile esaminata che
di seguito vengono discusse singolarmente.
.
1. Responsabilità del lavoro. Nuovi processi di allocazione delle
risorse, ridisegno o sostituzione di processi aziendali,
ridefinizione di compiti e mansioni, come abbiamo avuto modo
di verificare nelle letture precedenti, sono conseguenze tipiche
di un processo di cambiamento che, a loro volta, influiscono
necessariamente sulla redistribuzione delle responsabilità
formali. La sensazione di aver acquisito o perso responsabilità
gioca un ruolo fondamentale nelle percezioni degli individui
che, a seconda dei rispettivi casi, si sentono “arricchiti” o
“impoveriti” dal cambiamento. A sua volta questa percezione
può riflettersi, rispettivamente, in Cpc o Cac.
2. Autorità del lavoro. Congiuntamente alla componente appena
esaminata e a quella che affronteremo subito dopo, ovvero il
prestigio del lavoro, l’autorità definisce il complessivo potere
che l’individuo ha all’interno dell’organizzazione. Anche in
questo caso c’è una correlazione diretta tra la natura della
percezione in termini di autorità e il conseguente
comportamento. Se si ha la percezione che il cambiamento
produca un aumento di autorità si avrà una posizione di
condivisione del cambiamento e viceversa. È da sottolineare la
maggiore delicatezza di questa componente, che non riguarda
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una percezione dell’individuo verso sè stesso, ma bensì è una
proiezione di come colleghi, collaboratori e superiori
percepiscono la propria posizione gerarchica.
3. Prestigio del lavoro. In virtù della preannunciata stretta
correlazione esistente tra gli elementi precedenti e il prestigio
del lavoro, lo schema relazionale che lega tale componente ai
Cpc e ai Cac non può che essere identico. Una perdita di
responsabilità, a cui consegue spesso anche una perdita di
autorità, finisce inevitabilmente per minare il prestigio del
proprio lavoro. Precisiamo solo che, in relazione al
complessivo contesto di analisi, per prestigio del lavoro
intendiamo il riconoscimento che ogni lavoratore riceve per
l’operato svolto e che questo tende ad essere misurato tramite
processi comparativi con i riconoscimenti ricevuti da altri
membri dell’organizzazione.
4. Carriera. Le possibilità di compiere adeguati percorsi di
carriera è una delle istanze più sentite dai lavoratori, specie
quando le aspettative di remunerazione hanno raggiunto una
soglia soddisfacente. Per altro non va dimenticato che esiste
un intimo legame tra avanzamenti di carriera e relativo sistema
retributivo. In base a questa premessa è ovvio che ogni qual
volta un individuo pensa di essere stato danneggiato dal
cambiamento, o perché di fatto ha comportato una
retrocessione o, più semplicemente, perché si qualifica come
evento in grado di frenare il cammino desiderato, questo non
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potrà che avere un atteggiamento di ostilità verso le soluzioni
innovative ricercate a livello di complessiva organizzazione.
5. Sicurezza del lavoro e retribuzione. Se la carriera
rappresenta un fattore motivante, la sicurezza del lavoro e la
remunerazione (almeno entro determinati livelli), con
riferimento ovviamente alle teorie motivazionali appaiono,
almeno in prima istanza, elementi riconducibili ai fattori igienici.
Conseguenze negative sul piano economico (sia in termini
strettamente retributivi, sia in termini di benefit) o peggio
ancora sulla stabilità dell’impiego, considerando un contesto
avulso da cambiamenti, tendono a generare elevati livelli di
insoddisfazione nei lavoratori; di norma, come diretta
conseguenza di questa situazione, tende a verificarsi una
riduzione del livello di performance, dato che questa è anche
funzione della motivazione. In presenza di un cambiamento
organizzativo, a queste pesanti implicazioni, si unirà
certamente una forte manifestazione di Rac, dato che il
cambiamento verrà individuato come causa specifica delle
conseguenze negative registrate sul piano economico o su
quello della sicurezza.
6. Integrazione sociale. Nell’esamina degli elementi critici
rispetto ai quali un individuo associa delle elaborazioni
percettive nei momenti di cambiamento, non poteva
certamente essere trascurata la dimensione sociale, intesa
come l’insieme delle relazioni che lo stesso è stato in grado di
costruire nel tempo con gli altri attori aziendali. Spesso i
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cambiamenti possono produrre degli sconvolgimenti anche
molto significativi sulle interazioni sociali che gli individui danno
ormai per acquisite, imponendo la costruzione di nuovi rapporti
che necessariamente richiedono un periodo di rodaggio. La
paura di perdere quanto acquisito sul piano sociale è
fortissima, al punto che alcuni autori ritengono che molto
spesso, le cause della Rac non sono tanto da ricercare
nell’introduzione di cambiamenti tecnici, quanto piuttosto
nell’imposizione di nuovi equilibri relazionali e sociali. Oltre ad
essere molto comune, la resistenza generata dalla rottura della
posizione acquisita nella vita sociale interna all’organizzazione,
può raggiungere livelli di intensità molto elevati.
2.2 IL COINVOLGIMENTO NEI PROCESSI DI CAMBIAMENTO E
RELATIVE COMPONENTI
Altra variabile indipendente di natura classica, sebbene ripresa e
rivista più volte da studi recenti, è sicuramente il coinvolgimento nel
processo di cambiamento che, come abbiamo avuto modo di
sottolineare più volte nelle letture precedenti, è uno dei principali
fattori a cui può essere imputa la riuscita o il fallimento dei percorsi
evolutivi. Non solo ovviamente coinvolgendo nel processo di
cambiamento i potenziali resistori critici fin dalla fase di progettazione
si può ridurre la loro ostilità e la loro sfiducia nei confronti dello
stesso e, più in particolare nei riguardi delle azioni intraprese dagli
agenti del cambiamento, ma, coinvolgendo anche tutti i potenziali
interessati, si può costruire una rete di feed back al cambiamento.
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L’utilità del feed back è enorme; da un lato consente di verificare in
itinere l’efficacia del processo, dall’altro contribuisce a favorire una
visione più complessiva del cambiamento, potendo evidenziare
aspetti specifici che in partenza non erano stati considerati. Favorire
un flusso comunicativo a doppio senso è, quindi, uno strumento utile
ad aumentare il complessivo livello di impegno e motivazione verso il
cambiamento. Sulla base di questo sintetico quadro descrittivo siamo
in grado di costruire la seconda ipotesi del modello, sempre in termini
di relazione tra la variabile considerata e i Cpc, i Cac e la Rac.
H. 2 Il coinvolgimento nei processi di cambiamento è
positivamente correlato ai comportamenti pro cambiamento e
negativamente correlato ai comportamenti anticambiamento. Gli
individui che ritengono di non essere stati coinvolti nel cambiamento
manifesteranno elevati livelli di Rac, mentre gli individui che
ritengono di essere stati coinvolti nel cambiamento manifesteranno
bassi livelli di Rac.
Prima di prendere in rassegna le componenti della variabile
oggetto di studio, va considerato che il grado di coinvolgimento può
mitigare le percezioni negative in termini di costi/benefici associati al
cambiamento, andando quindi a ridurre l’impatto che questi
esercitano sulla Rac. L’ipotesi seguente evidenzia, quindi, la
correlazione tra le due variabili classiche:
H. 3 Il coinvolgimento nel cambiamento modera l’impatto dei
costi/benefici percepiti dal cambiamento sui Cpc, Cac e sulla Rac.
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Quattro sono le componenti significative che occorre considerare
in materia di coinvolgimento nel cambiamento che, come per la
precedente variabile, ci apprestiamo a descrivere sinteticamente.
1. Coinvolgimento nella pianificazione del processo.
Analizzando la seconda variabile del modello abbiamo
compreso che il mancato coinvolgimento in una o più fasi del
processo di cambiamento può generare manifestazioni di Rac
a prescindere dal contenuto dello stesso. In ragione di questa
consapevolezza, con particolare riferimento ai middle
manager, può risultare particolarmente significativo creare
coinvolgimento sin dalla fase di pianificazione. Il passaggio del
coinvolgimento da un entità teorica/ideale ad una realtà
operativa, può essere reso possibile sia facendo partecipe il
manager nell’elaborazione di soluzioni riguardanti le posizioni
dei subalterni, sia nel permettere allo stesso di presentare
riflessioni inerenti il proprio ruolo organizzativo. L’elemento di
pericolo insito in tale coinvolgimento si legge nella possibilità
che i relativi superiori si sentono scavalcati o comunque limitati
nell’esercizio della propria autorità.
2. Coinvolgimento nell’implementazione del processo. Se
abbiamo detto che il coinvolgimento è un fattore critico di
successo per la riuscita del cambiamento, questo non può
riguardare la sola fase di pianificazione, ma deve proseguire
anche nel momento in cui si procede ad implementare quanto
pianificato. Il coinvolgimento in questa fase, sempre con
riferimento ai middle manager, può concretizzarsi nel
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permettere loro di proporre idee e soluzioni su come ritengono
opportuno condurre l’implementazione del cambiamento, sia
che questo riguardi procedure e provvedimenti che interessano
altre posizioni organizzative, sia che abbia un’influenza diretta
sulle loro aree di attività. Ovviamente, al pari di quanto si
verifica nella fase precedente, il mancato coinvolgimento si
tradurrà molto probabilmente in manifestazioni di Rac.
3. Training. Il training fa esplicito riferimento alla fase
implementativa ed è uno strumento attraverso cui favorire la
comprensione di nuove procedure, politiche o processi
introdotti dal cambiamento. Oltre ad appagare la sete di
informazioni di coloro che saranno interessati più da vicino dai
cambiamenti introdotti, il training è potenzialmente suscettibile
di produrre un ulteriore vantaggio critico: consente di colmare il
vuoto di informazioni che può sussistere tra chi ha pianificato il
cambiamento e chi ne presiede l’implementazione. Gli effetti
del training sono poi particolarmente utili ad allontanare le
paure e le incertezze di coloro che non hanno preso parte alla
fase di pianificazione che, ovviamente, non può coinvolgere in
modo diretto ed esaustivo tutti i membri dell’organizzazione (ci
riferiamo alle figure prettamente operative).
4. Supporto da parte dei superiori. L’elemento che accomuna
questa componente a quella precedente è lo stretto riferimento
alla fase implementativa. In questo caso, però, il supporto dei
superiori ha uno scopo di legittimazione finalizzato ad
allontanare quelle sacche di resistenza o comunque di sfiducia
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ed ostilità che il solo training non è in grado di fronteggiare. È,
quindi, intuitivo pensare che i due strumenti non abbiano una
destinazione d’uso antitetica, quanto piuttosto complementare.
Il supporto diretto da parte dei superiori ha tra l’altro l’effetto
indiretto di offrire una forma di coaching e di feed back. Per
quanto riguarda le conseguenze sulla Rac, training e supporto
dei superiori esercitano pressioni che viaggiano sullo stesso
binario. Se un’organizzazione investe in training e c’è un ampio
supporto dei superiori che per primi dimostrano di credere nel
cambiamento, allora anche gli altri soggetti interessati potranno
avere un atteggiamento positivo nei confronti del
cambiamento. Viceversa, la mancanza di training e supporto
induce a pensare che gli stessi fautori del cambiamento non
credono pienamente nelle innovazioni, facilitando, così,
l’insorgere di manifestazioni di Rac o comunque di sfiducia
verso il cambiamento.
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3. GLI ATTEGGIAMENTI COME ELEMENTO
PREDITTIVO DEI COMPORTAMENTI
Per suffragare l’approccio secondo cui l’esamina della Rac deve
essere costruita attraverso una progressiva introduzione di
complessità nel modello (figura 3), in termini di valenza dimensionale
delle variabili considerate, risulta fondamentale andare ad
interrogarsi sui legami esistenti tra atteggiamenti e manifestazioni
della Rac. In effetti, poiché la Rac, in questo contesto, è studiata
nella sua veste di comportamento individuale, appare evidente che
anche gli atteggiamenti correlati a tale comportamento possano
avere un alto valore esplicativo nei confronti della variabile
dipendente. Per ovvi motivi “logistici” non possiamo spenderci in
dettagliate analisi sul valore e sul significato degli atteggiamenti.
L’ipotesi di fondo è comunque quella secondo cui gli atteggiamenti
hanno un potenziale potere predittivo delle manifestazioni
comportamentali (in realtà questa è una forte semplificazione del
processo logico attraverso cui poter asserire il valore esplicativo degli
atteggiamenti nei confronti della Rac). In ogni caso, assumendo la
validità di questa ipotesi di fondo, possiamo ora prendere in
rassegna tre ulteriori variabili del modello:
1. gli atteggiamenti verso il cambiamento;
2. il clima pro cambiamento;
3. l’orientamento normativo al cambiamento.
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3. 1 GLI ATTEGGIAMENTI VERSO IL CAMBIAMENTO
Una volta esplicitato il generale nesso tra atteggiamenti e
comportamenti, possiamo vedere più da vicino cosa si intende per
atteggiamenti verso il cambiamento. Secondo Brief (1998) gli
atteggiamenti verso il cambiamento sono sensazioni, credenze e
manifestazioni comportamentali relativamente durevoli, rivolte nei
confronti del cambiamento. Stante il potenziale potere predittivo degli
atteggiamenti verso i comportamenti, è ragionevole asserire che la
manifestazione di elevati livelli di Rac da parte di coloro che
mostrano atteggiamenti positivi nei confronti del cambiamento e che,
quindi, lo considerano come un processo necessario e positivo, è un
evento che presenta scarsa probabilità di verifica. Il legame non è
inteso in senso assoluto. Non si sta cercando di propinare una verità
assiomatica tale per cui chi ha un atteggiamento positivo nei
confronti del cambiamento automaticamente non darà il minimo
segnale di resistenza e viceversa. Il legame è più sottile e giocato sul
terreno delle probabilità. Da queste considerazioni discende la quarta
ipotesi del modello:
H. 4 Gli atteggiamenti positivi sono positivamente correlati ai
Cpc e negativamente correlati ai Cac. Gli individui che assumono
atteggiamenti positivi verso il cambiamento manifesteranno bassi
livelli di Rac, mentre gli individui che assumono atteggiamenti meno
positivi o negativi verso il cambiamento manifesteranno alti livelli di
Rac.
25
Per chiudere questa cornice dedicata agli atteggiamenti verso il
cambiamento, occorre stabilire la connessione tra questi e le altre
variabili precedentemente esaminate. Poiché il legame intercorrente
presenta un alto valore intuitivo, riteniamo possibile presentare
direttamente le ipotesi 5 e 6 che evidenziano, rispettivamente, la
correlazione con i costi/benefici del cambiamento e il coinvolgimento
nel cambiamento.
H. 5 I costi/benefici del cambiamento sono positivamente correlati
agli atteggiamenti verso il cambiamento. Gli individui che
percepiscono più benefici che costi manifesteranno atteggiamenti
positivi verso il cambiamento, mentre gli individui che percepiscono
più costi che benefici manifesteranno atteggiamenti negativi verso il
cambiamento.
H. 6 Il coinvolgimento nel cambiamento è positivamente correlato
agli atteggiamenti verso il cambiamento. Gli individui che credono di
essere stati coinvolti nel cambiamento manifesteranno atteggiamenti
positivi verso il cambiamento, mentre gli individui che credono di non
essere stati coinvolti manifesteranno atteggiamenti negativi verso il
cambiamento.
3.2 IL CLIMA PRO CAMBIAMENTO E ORIENTAMENTO
NORMATIVO AL CAMBIAMENTO
Il clima pro cambiamento si riferisce a quella peculiare dimensione
del clima organizzativo che può essere specificatamente ricondotta
al processo di cambiamento organizzativo. Se per clima
26
organizzativo si intende la percezione dei membri di
un’organizzazione di tutte quelle pratiche, schemi comportamentali e
valori che vengono attesi dall’ambiente organizzativo di cui si è parte
integrante, allora, è facile intuire che la dimensione di questo
concetto associabile al cambiamento, attiene alle convinzioni che
ogni individuo si crea sugli altri membri dell’organizzazione che,
sempre secondo lo schema percettivo del singolo in questione,
sembrerebbero aver recepito positivamente il cambiamento, sino al
punto di sostenerlo. Il parallelismo tra clima organizzativo e clima pro
cambiamento si registra anche nella valenza aleatoria che
contraddistingue la dimensione definitoria dei due concetti. Il clima
pro cambiamento non è riconducibile ad un’istantanea dell’ambiente
di lavoro in relazione al processo di cambiamento, né ad un ritratto
fedele delle reazioni al cambiamento da parte dell’eterogenea massa
di attori coinvolti; al contrario è un mezzo percettivo attraverso cui gli
effetti che il cambiamento è stato in grado di produrre sull’ambiente
di riferimento si riversano negli atteggiamenti e nelle risposte
comportamentali dei singoli al cambiamento. È ovvio che quanto più
significativo è il numero di attori che l’individuo percepisce come
sostenitori del cambiamento, al punto che tale atteggiamento risulta
componente positiva del complessivo clima organizzativo, ovvero
facente parte di quella schiera di comportamenti attesi e premiati
dall’organizzazione di riferimento, tanto più è probabile che egli ne
subisca un’influenza positiva, manifestando bassi livelli di resistenza
al cambiamento. Data l’esistenza di interessanti e significative
correlazioni con la terza variabile legata agli atteggiamenti, prima di
sancire formalmente le ipotesi direttamente riconducibili al clima pro
27
cambiamento, risulta opportuno approfondire e chiarire la valenza
concettuale dell’orientamento normativo al cambiamento.
Con questa variabile si intende il processo di interiorizzazione da
parte dei membri di un’organizzazione delle norme pro cambiamento
tale per cui il loro agire lavorativo si esplica in conformità e nel
rispetto di tali norme. Ci troviamo di fronte a persone che nel
facilitare e sostenere il cambiamento agiscono nella convinzione di
compiere il proprio dovere o, comunque, di rispettare un obbligo
morale. Va, infatti, precisato che il termine norme pro cambiamento
non deve trarre in inganno. Non ci riferiamo a divieti o obblighi
formali imposti dall’organizzazione in merito ai comportamenti da
tenere nei confronti del cambiamento, quanto piuttosto ad una serie
di abitudini, regole e credenze non scritte, tendenzialmente semplici
e concrete, specificatamente riconducibili al processo di
cambiamento organizzativo. Il legame con il generale “cappello” degli
atteggiamenti, che sottende tutte e tre le variabili esaminate, è da
intendersi in questo modo: “un individuo che percepisce che le
persone pensano, si comportano o hanno aspettative predeterminate
relative al cambiamento, svilupperà un insieme personalizzato di
linee guida che possono influenzare i relativi atteggiamenti e/o
comportamenti di risposta al cambiamento” (Giangreco A., 2001,
pag. 151). Per esempio, se un individuo avverte che i suoi colleghi e,
soprattutto, i suoi superiori supportano attivamente il cambiamento,
molto probabilmente svilupperà un insieme di norme sui
comportamenti da tenere in merito che si muovono nella stessa
direzione positiva di quelli osservati negli altri membri
dell’organizzazione. Va sottolineato che esiste uno stretto legame tra
28
le due variabili appena esaminate: un’adeguata risposta
comportamentale al cambiamento, ovvero sistematicamente
poggiante su un fondamento razionale attraverso cui capire e
scegliere quelle opzioni comportamentali che sono più desiderate di
altre, è proprio il frutto dell’associazione tra comportamenti
appropriati attesi (orientamento normativo al cambiamento) e
un’energica convinzione che legittimi detti comportamenti (clima pro
cambiamento).
A questo punto possiamo esplicitare le ipotesi del modello atte ad
evidenziare la relazione tra le due variabili congiuntamente
esaminate e i Cpc, i Cac e la Rac:
H. 7 L’orientamento normativo al cambiamento è positivamente
correlato ai comportamenti pro cambiamento e negativamente
correlato ai comportamenti anticambiamento. Gli individui che hanno
un forte orientamento normativo al cambiamento manifesteranno
bassi livelli di Rac, mentre gli individui che hanno un debole
orientamento normativo al cambiamento manifesteranno alti livelli di
Rac.
H. 8 Il clima pro cambiamento è positivamente correlato
all’orientamento normativo al cambiamento. Gli individui che
percepiscono un clima a favore del cambiamento manifesteranno un
forte orientamento normativo al cambiamento, mentre gli individui
che non percepiscono un clima a favore del cambiamento
manifesteranno un debole orientamento al cambiamento.
Ampliando ulteriormente il raggio d’azione, restano da verificare le
ipotesi concernenti la correlazione che sussiste tra gli atteggiamenti
29
dei singoli e il clima pro cambiamento. Gli atteggiamenti e i
comportamenti di un individuo risultano influenzati da quelle che
sono le percezioni dello stesso individuo circa il clima organizzativo
in relazione al cambiamento, senza che tale processo di
influenzamento conosca la mediazione dovuta allo sviluppo di un
orientamento normativo al cambiamento. In sostanza, la scelta di
adottare determinati comportamenti perché confacenti a quelli che
sono gli schemi di idee dominanti in un’organizzazione, può avvenire
senza l’opportunità aggiuntiva di interiorizzare i valori che sottendono
tali linee guida. Il fenomeno è particolarmente diffuso quando il
cambiamento viene implementato in tempi brevi; in questi casi
spesso sfugge la possibilità di interiorizzare determinate norme che
in altri casi, in presenza di processi implementativi più lunghi,
avrebbero molto probabilmente portato allo sviluppo di un
orientamento normativo al cambiamento. Spesso, tale capacità di
influenzamento diretto che il clima organizzativo possiede nei
confronti degli atteggiamenti e, quindi, verso i comportamenti, induce
gli agenti del cambiamento ad accelerare i tempi di ideazione,
comunicazione e implementazione del cambiamento al fine di ridurre
le preoccupazioni legate allo stesso e quindi abbassare i livelli di
Rac.
Da queste riflessioni è possibile arrivare alla formalizzazione di
due altre ipotesi fondamentali del modello:
30
H. 9 Il clima pro cambiamento è positivamente correlato agli
atteggiamenti verso il cambiamento. Gli individui che percepiscono
un clima a favore del cambiamento manifesteranno atteggiamenti
positivi verso il cambiamento, mentre gli individui che non avvertono
un clima a favore del cambiamento manifesteranno atteggiamenti
negativi (o meno positivi) verso il cambiamento.
H. 10 Il clima pro cambiamento è negativamente correlato alla Rac.
Gli individui che percepiscono un clima a favore del cambiamento
manifesteranno bassi livelli di Rac, mentre gli individui che non
avvertono un clima a favore del cambiamento manifesteranno alti
livelli di Rac.
La chiusura di questo quadro dedicato alle variabili di diretta
derivazione dall’introduzione degli atteggiamenti nel modello, implica
di prendere in esame, così come fatto per l’altra variabile intermedia
(gli atteggiamenti verso il cambiamento), il legame che intercorre tra
l’orientamento normativo al cambiamento e le cause storiche della
Rac. Sebbene tale correlazione non sia mai stata particolarmente
indagata dalla letteratura in materia, l’idea di fondo è che i
costi/benefici del cambiamento e il coinvolgimento nel cambiamento
giocano un ruolo centrale nel determinare gli atteggiamenti e i
comportamenti di risposta al cambiamento dei singoli individui. Da
qui nasce la possibilità di considerare le ultime due ipotesi del
modello parziale sino ad ora esaminato:
31
H. 11 I costi/benefici percepiti dal cambiamento sono correlati
positivamente all’orientamento normativo al cambiamento. Gli
individui che percepiscono più benefici che costi del cambiamento
avranno un forte orientamento normativo al cambiamento, mentre gli
individui che percepiscono più costi che benefici del cambiamento
avranno un debole orientamento normativo.
H. 12 Il coinvolgimento nel cambiamento è positivamente correlato
all’orientamento normativo al cambiamento. Gli individui che
ritengono di essere stati coinvolti nel cambiamento avranno un forte
orientamento normativo al cambiamento, mentre gli individui che non
ritengono di essere stati coinvolti nel cambiamento avranno un
debole orientamento normativo.
32
4. VERSO UN MODELLO COMPLESSO: IL CONCETTO
DI ORGANISATIONAL COMMITMENT.
La volontà di dare una visione veramente compiuta della Rac
implica l’introduzione nel modello di un’ulteriore variabile:
l’organisational commitment e, conseguentemente, gli antecedenti da
cui deriva questo comportamento extra ruolo. L’organisational
commitment (OC) rappresenta l’elemento di maggiore complessità
del modello, dato che non solo è uno dei temi più dibattuti sul
comportamento organizzativo, ma, al tempo stesso, lo studio di un
legame tra OC e Rac è stata un’area di ricerca spesso inesplosa. In
questa lettura intendiamo dare una sintetica definizione di OC,
sorvolando sull’acceso dibattito circa la sua concettualizzazione, per
poi arrivare ad ipotizzare velocemente quali siano i possibili legami
tra OC, antecedenti dell’OC e Rac. Questi passaggi ulteriori
permetteranno di arrivare alla costruzione del modello completo.
Raggiunta una piena consapevolezza di quelle che sono le linee
guida che ci orienteranno nella tappe finali del percorso finalizzato
alla compiuta costruzione del modello, possiamo prendere in esame
il concetto di OC. Il quadro teorico presente nella letteratura in
materia è tendenzialmente concorde nel ritenere l’organisational
commitment come un legame psicologico affettivo tra l’individuo e
l’organizzazione. Più in particolare, tre sono gli elementi che danno
corpo al concetto di OC:
� l’identificazione, ovvero l’interiorizzazione da parte degli
individui dei valori e degli obiettivi dell’organizzazione;
33
� il coinvolgimento, ovvero la disponibilità degli individui a
perpetrare sforzi in nome e a favore dell’organizzazione;
� la lealtà, ovvero il senso di attaccamento, affezione e
appartenenza all’organizzazione.
Volendo procedere nell’esamina della correlazione tra Oc e Rac ci
si scontra con una forte incertezza su quali siano le direttrici che
governano tale rapporto. Per esempio, se, da un lato, è pacifico
ritenere che un individuo manifesterà un basso livello di Rac se i suoi
comportamenti nascono da un consapevole impegno verso
l’organizzazione, non è da escludere che un alto livello di impegno
possa essere associato a forti manifestazioni di Rac e questo
perché, a seconda della peculiare prospettiva di esamina del
cambiamento da parte del singolo, il concetto di impegno ha natura
ambivalente, potendo essere sinonimo si sostegno al cambiamento
in alcuni casi e, in altri, sinonimo di Rac. Lo stesso livello di
incertezza che si registra nell’identificare un legame tra OC e Rac si
ripresenterebbe, con similitudini impressionanti, nel momento in cui
volessimo andare ad esplorare il rapporto tra OC e WB. Questo
elemento, unitamente al fatto che, fermo restando la possibilità di
situazioni di incertezza, è più probabile pensare che un individuo
molto impegnato tenderà a supportare il cambiamento per favorire la
volontà dell’organizzazione, possiamo arrivare ad un’ipotesi positiva
circa il legame tra OC e Rac:
34
H. 13 L’organisational commitment è negativamente correlato alla
resistenza al cambiamento. Gli individui che sono fortemente
committed nei confronti dell’organizzazione manifesteranno bassi
livelli di resistenza, mentre gli individui che sono poco committed
verso l’organizzazione manifesteranno alti livelli di resistenza.
4.1 GLI ANTECEDENTI DELL’OC: ESPERIENZE LAVORATIVE E
CARATTERISTICHE ORGANIZZATIVE
L’esplicitazione delle ultime ipotesi funzionali alla
rappresentazione estesa del modello passa attraverso l’esamina
degli antecedenti dell’OC. L’esistenza di un acceso dibattito
alimentato da posizioni divergenti circa il concetto di OC lascia
presumere che questo si rifletta anche nell’analisi dei relativi
antecedenti. Sorvolando nuovamente sulla vivacità delle discussioni
ancora aperte in merito, in termini generali possiamo distinguere tre
famiglie tipologiche dominati di antecedenti dell’OC. La prima prende
in esame le caratteristiche della persona, la seconda è legata alle
peculiarità del lavoro svolto dalla persona, mentre la terza esamina le
caratteristiche dell’organizzazione in cui la persona lavora. Ai fini del
modello saranno oggetto di approfondimenti sola la seconda e la
terza classe fattoriale.
L’esperienza lavorativa, ovvero quella categoria di antecedenti che
afferiscono alle peculiarità del ruolo, comprende al suo interno due
classi fattoriali a cui è possibile attribuire un significato specifico: le
caratteristiche del lavoro e le pressioni del ruolo. Le caratteristiche
del lavoro si riferiscono ad elementi tradizionali del lavoro, come per
35
esempio l’autonomia, l’impiego di capacità poliedriche, la ricezione di
feed back e così via. Al tempo stesso, però, l’esperienza lavorativa
implica anche una serie di fattori afferenti alle pressioni che
l’individuo conosce nel portare a compimento le mansioni
riconducibili al proprio ruolo organizzativo. Tre sono sostanzialmente
le situazioni rilevanti in cui emerge con chiarezza il concetto di
pressione: il conflitto di ruolo , il sovraccarico di ruolo e l’ambiguità di
ruolo.
Il conflitto di ruolo si determina nel momento in cui il relativo
titolare riceve delle richieste tra loro conflittuali o quando, comunque,
c’è una certa incompatibilità tra richieste ed esigenze. Al contrario,
l’ambiguità di ruolo si verifica quando, sebbene il titolare operi
conformandosi a quelle che sono le aspettative associate al proprio
ruolo, è chiamato a svolgere, in alcune occasioni, anche attività non
tipicamente collegate ad esso. Le differenti aspettative riguardo alle
attività appropriate per il ruolo ricoperto portano ad una mancanza di
chiarezza su quali siano le attese del ruolo occupato. Più facilmente
intuibile è il contenuto della terza situazione di pressione; il
sovraccarico di ruolo combacia con la scoperta da parte del titolare,
che un’adeguata copertura del proprio ruolo implica risorse o
capacità superiori a quelle possedute, ponendo, così, l’individuo in
una situazione di pesante stress.
Le ricerche in materia rivelano che, con riferimento al complessivo
concetto di esperienza lavorativa, sono proprio le pressioni del ruolo
le variabili che più influenzano lo sviluppo di un senso di affiliazione e
impegno. È, quindi, preciso interesse dell’organizzazione assegnare
36
compiti che possano dirsi congrui, chiari e stimolanti, dato che, tra le
varie ricadute negative che possono generare compiti ambigui,
conflittuali o comunque portatori di livelli di stress eccessivi, troviamo
anche la possibilità di andare ad incidere negativamente
sull’impegno degli individui verso l’organizzazione. Con riferimento
invece ai fattori appartenenti alle caratteristiche lavorative, è emerso
che la presenza di autonomia e la possibilità di svolgere lavori che
implichino l’attivazione di competenze eterogenee sembrerebbero
condizioni così apprezzate dai lavoratori da contribuire a sviluppare
un positivo impegno verso l’organizzazione. A questo punto siamo in
grado di formalizzare la correlazione tra esperienze lavorative e OC:
H. 14 La pressione del ruolo e le caratteristiche del lavoro
(esperienze lavorative) sono correlate positivamente
all’organisational commitment. Quanto più l’individuo è positivo nei
confronti delle proprie esperienze lavorative, tanto più egli avrà un
alto livello di commitment verso l’organizzazione. Quanto più
l’individuo è negativo nei confronti delle proprie esperienze
lavorative, tanto meno egli avrà un alto livello di commitment verso
l’organizzazione.
Con l’esamina della terza classe fattoriale di antecedenti dell’OC si
chiude anche il percorso di costruzione del modello complesso per la
lettura della Rac. Il pensiero chiave che vuole le caratteristiche
organizzative come antecedenti dell’OC ruota intorno all’asserzione
secondo cui alcune variabili organizzative possono influenzare i livelli
di impegno individuale verso l’organizzazione. Tali studi, per altro
piuttosto recenti, in un primo momento si sono concentrati sulle
37
variabili strutturali, come le dimensioni aziendali, la presenza di una
compagine sindacale, l’estensione del controllo e così via. Poiché lo
studio di tali variabili non ha portato a significative conclusioni circa il
collegamento tra caratteristiche organizzative e OC, i ricercatori
hanno abbandonato l’esamina delle variabili strutturali per spostare il
focus sui sistemi operativi di gestione del personale e, più in
generale, sulle politiche di gestione delle risorse umane. Gli studi in
materia hanno portato a considerare che le politiche che indirizzano
la gestione del personale, sono da intendersi come sicure
antecedenti dell’OC, dato che è altamente probabile che le
percezioni che l’individuo nutre verso fattori come le promozioni, la
sicurezza e la giustizia retributiva possano incidere sul suo legame
affettivo nei confronti dell’organizzazione, specie nei contesti dove
strumenti e politiche di gestione del personale sono stati oggetto di
innovazioni considerevoli. L’ipotesi che evidenzia il legame tra
queste caratteristiche organizzative e l’OC può essere formalizzata
come segue:
H. 15 Promozione, sicurezza e giustizia retributiva (caratteristiche
organizzative) sono positivamente correlate all’organisational
commitment. Quanto più l’individuo è positivo nei confronti di queste
caratteristiche organizzative, tanto più egli sarà committed verso
l’organizzazione, mentre quanto più l’individuo è negativo nei
confronti di queste caratteristiche, tanto meno egli sarà committed
verso l’organizzazione.
A questo punto possiamo dare rappresentazione grafica al
modello compiuto che, rispetto alla versione di partenza, include l’OC
38
ed i relativi antecedenti, nonché le ipotesi a questi ascrivibili (figura
4).
Figura 4 - Un modello complesso di esplicazione della Rac (Tratto
da Giangreco, 2001)
R A C
C o in v o lg im e n ton e l
c a m b ia m e n to
A tte g g ia m e n t iv e r s o i l
c a m b ia m e n to
C o s t i/b e n e f ic ip e r c e p it i
d a lc a m b ia m e n to
N o r m a tiv eO r ie n ta t io nto C h a n g e
C lim a p r oc a m b ia m e n to
H .1
H .7
H .8
H .4H .6
H .5
H .1 0
H .1 2
H .9
H .1 1
H .1 3 O r g a n is a t io n a lC o m m itm e n t
H .2
E s p e r ie n z ala v o r a t iv a H .1 4
C a r a tte r is t ic h eo r g a n iz z a t iv e H .1 5
39
5. CONCLUSIONI
In conclusione si ribadisce che il modello è stato testato
empiricamente nell’ambito di un processo di cambiamento
complesso sui middle manager ed ha portato ad un riscontro
altamente positivo della sua validità. In effetti, le variabili indipendenti
complessivamente intese, e, quindi, il modello nella sua interezza, è
risultato in grado di spiegare circa il 49% della variabile dipendente
studiata, ovvero la Rac; essendo quest’ultima una manifestazione
comportamentale, è possibile riconoscere alla capacità esplicativa
del modello un valore predittivo particolarmente apprezzabile e
significativo.
Va, inoltre, ricordato che l’intero modello, dalla cui comprensione è
possibile attuare le strategie più consone per favorire lo sviluppo di
atteggiamenti e comportamenti pro-cambiamento, asseconda la
visione dell’osservatore neutrale e non quella dell’agente del
cambiamento, il che porta a interpretare la Rac non come qualcosa
di necessariamente negativo per l’organizzazione, spostando, quindi,
il focus sugli interventi individuali che occorre mettere in atto a
seconda delle percezioni manifestate dai propri collaboratori rispetto
ai cambiamenti pianificati e/o realizzati.
Per approfondimenti sul modello si rimanda al testo di A.
Giangreco (2001), più volte citato, dato che la presente dispensa
rappresenta una rivisitazione sintetica, ma organica, dell’intera
pubblicazione in merito.
40
GLOSSARIO
Abitudini: inclinazione, tendenza acquisita con la ripetizione degli
stessi atti.
Accountability: grado di responsabilità sia del fine per cui si
compiono determinate azioni, che delle relative conseguenze,
misurando l’effetto della posizione sui risultati finali dell’azienda.
Adattamento: interazione equilibrata tra l’assimilazione delle
caratteristiche dell’ambiente alle strutture dell’organismo che lo abita
e l’accomodamento delle strutture dell’organismo alle caratteristiche
del suo ambiente.
Agenti del cambiamento: tutti coloro che occupano una posizione
attiva nel favorire l’attivazione di un processo di cambiamento
organizzativo.
Ambiente esterno: tutte le variabili riferibile alla realtà esistente al di
fuori dell’impresa che può incidere sul suo funzionamento (ambiente
politico, ambiente competitivo, ambiente tecnologico…); con
riferimento ad un individuo, il complesso sistema di elementi che lo
circonda interagendo con quello che è il suo sistema cognitivo
interno.
Ambiguità di ruolo: situazione di stress dovuta alla presenza di
compiti ambigui che non lasciano presagire le reazioni
comportamentali più adeguate.
41
Antecedenti: causa, fenomeno o entità da cui dipende, in tutto o in
parte, il verificarsi di un altro fenomeno.
Anomia: situazione in cui le norme che assicurano la coesione
sociale sono assenti, carenti o in conflitto tra loro.
Apprendimento: processo il cui esito è un cambiamento
relativamente stabile delle conoscenze e/o attitudini degli attori.
Apprendimento cognitivo: apprendimento di conoscenze e di
abilità attraverso percorsi non solo pratici ma anche cognitivi.
Apprendimento conservativo: tipologia di apprendimento
organizzativo che tende ad affrontare le nuove situazioni
mantenendo sempre e comunque un forte ancoraggio ai tradizionali
schemi di comportamento e/o sistemi di idee dominanti che non
vengono, perciò, mai stravolti.
Apprendimento individuale: processo di apprendimento messo in
atto dai singoli membri dell’organizzazione e quindi orientato da
valori, esigenze e motivazioni del singolo
Apprendimento innovativo: tipologia di apprendimento
organizzativo che verifica costantemente l’eventuale discrepanza tra
norme organizzative e contesto di riferimento
Apprendimento innovativo per anticipazione: modalità attraverso
cui si può manifestare l’apprendimento innovativo che diviene un
processo costante e rilevante per l’intera organizzazione, al punto di
rappresentare una filosofia dominante.
42
Apprendimento innovativo per trauma: si verifica quando il
passaggio da un apprendimento di tipo conservativo, ad uno di tipo
innovativo avviene in seguito ad una forte situazione di crisi.
Apprendimento organizzativo: processo di apprendimento riferito
all’intera organizzazione nascente dall’interazione di differenziati
processi di apprendimento individuale anche sotto l’influsso di valori
che nel tempo l’organizzazione ha fatto propri.
Approccio deduttivo: logica d’indagine che partendo dal
particolare, è in grado di estrapolare la “legge” di carattere generale
Arena politica: situazione in cui sia il funzionamento istituzionale sia
quello organizzativo sono caratterizzati da conflittualità e
perseguimento di fini opportunistici.
Aspettativa/e: speranza, attesa di un qualcosa di ordinariamente
utile e positivo.
Assetto politico: ci si riferisce alle figure che detengono il potere
politico all’interno di un’organizzazione.
Atteggiamenti verso il cambiamento: sensazioni e credenze rivolte
nei confronti del cambiamento.
Atteggiamento/i: è una disposizione dell’intelletto, organizzata
dall’esperienza dell’individuo, che influenza e dirige le reazioni
dell’individuo medesimo nelle situazioni alle quali l’atteggiamento si
riferisce.
Attitudine: è la predisposizione a compiere atti.
43
Attore: persona fisica o giuridica coinvolta a diverso titolo nel
processo di cambiamento organizzativo.
Autocontrollo: capacità di adottare comportamenti lavorativi
adeguati in autonomia, senza la necessità di sentire il pericolo
profuso da meccanismi deterrenti.
Autodiagnosi: metodo di lavoro che permette di individuare i punti
critici delle attività e dei processi di produzione in genere.
Autoreferenzialità: capacità del singolo di essere cosciente del
proprio operato dandosi un riscontro autonomo.
Auto responsabilità: capacità del singolo di comprendere le proprie
responsabilità e verificarne il rispetto autonomamente.
Autorevolezza: possedere un prestigio o un potere che non
discende tanto dalla posizione gerarchica quanto dal proprio operato.
Burocrazia pubblicizzata: forma organizzativa che si verifica
quando una situazione di arena politica diviene una realtà
permanente (tipico delle pubbliche amministrazioni).
Cac: l’acronimo indica i “comportamenti anticambiamento”.
Cambiamento continuo: tipologia di cambiamento caratterizzato da
un divenire lento e quasi impercettibile. Tipico di scenari passati in
cui il sistema economico era contraddistinto da una sostanziale
stabilità.
Cambiamento discontinuo: il termine sta ad indicare l’odierna
situazione legata al cambiamento, in cui c’è scarsa prevedibilità delle
variabili che possono incidere sulla sua implementazione.
44
Cambiamento organizzativo: processo attraverso cui
un’organizzazione decide di rompere un qualche equilibrio interno
per affermarne uno più innovativo e adeguato.
Capacità di adattamento: predisposizione dell’individuo di reagire in
tempi brevi a nuove situazioni e modificando, in ragione delle
caratteristiche di queste, il proprio modo di agire.
Changer: manager incaricato del cambiamento.
Capacità previsionali: capacità di leggere ed interpretare i possibili
scenari futuri.
Capacità previsionali (analisi delle): tecnica che consente di
comparare l’output programmato e quello realizzato.
Caratteristiche del lavoro: in questa sede è da intendersi come una
tipologia di antecedente dell’OC. Comprende gli aspetti tradizionali
del lavoro (autonomia, uso di capacità differenziate e così via).
Classe sociale: complesso di individui che si trovano in una
posizione simile nella struttura storicamente determinata dei
fondamentali rapporti politici ed economici di una società.
Classificare: raggruppare in base ad attività rilevanti.
Clima aziendale: insieme di valori, orientamenti e schemi cognitivi
che permeano una data realtà organizzativa.
Clima organizzativo: pratiche, schemi comportamentali e procedure
che i membri di un’organizzazione percepiscono come attesi
dall’ambiente di riferimento.
45
Clima pro cambiamento: dimensione del clima organizzativo che si
riferisce ai soli comportamenti attesi nei confronti del cambiamento.
Coaching: gestione dei propri collaboratori improntata al sostegno
costante degli stessi, garantendo alto orientamento al compito e alto
orientamento relazionale.
Coinvolgimento: fenomeno interiore per cui ci si sente partecipi ad
una realtà non riconducibile esclusivamente alla propria dimensione
individuale.
Collaboratori: soggetti nei confronti dei quali esiste un potere
gerarchico formale, ma anche un legame fondato sulla stima
reciproca e con i quali si coopera per il raggiungimento di finalità
condivise.
Comitato guida: organo dell’infrastruttura deputata al cambiamento
il cui compito principale e quello di dare un orientamento strategico al
processo stesso assumendo anche le decisioni inerenti l’allocazione
delle risorse.
Commitment: impegno verso l’organizzazione.
Committed: essere impegnato verso l’organizzazione.
Comportamenti anticambiamento: reazioni comportamentali che, a
vario titolo, ostacolano il cambiamento.
Comportamenti extra ruolo: comportamenti a vantaggio
dell’organizzazione che vanno oltre le aspettative di ruolo.
Comportamenti pro cambiamento: reazioni comportamentali
finalizzate a sostenere e diffondere il comportamento.
46
Comportamento di vigilanza (Whistle Blowing): denuncia di una
pratica illegale o immorale dell’organizzazione perpetrata sotto il
beneplacito dei datori di lavoro
Comportamento: l’insieme delle manifestazioni esteriori di un
individuo corrispondenti a determinate situazioni psicologiche.
Concettualizzazione: processo teso a costruire la definizione di un
concetto attraverso analisi approfondita.
Conflitto di ruolo: si verifica quando esigenze e richieste di ruolo
sono incompatibili o conflittuali.
Condivisione: processo attraverso il quale si arriva ad appoggiare
l’idea di un altro individuo sino a farla divenire propria; nel contesto
aziendale si riferisce, in particolar modo, all’accettazione degli
obiettivi assegnati.
Conformismo: costante adeguamento a quelle che sono le idee ed i
valori dominanti di una data cultura organizzativa.
Consuetudini: atteggiamento costante, usanza, tradizione rispettata
nella convinzione che sia conforme alla precisa realtà economica,
sociale o organizzativa di riferimento.
Contingency: approccio che nell’indagare un fenomeno non tenta di
pervenire a soluzioni universali a carattere normativo, ma da estremo
peso alle specifiche contingenze in cui lo stesso fenomeno può
verificarsi secondo modalità differenti.
Continuità: elemento necessario per qualsiasi forma di
apprendimento.
47
Cpc: l’acronimo indica i “comportamenti pro cambiamento”.
Cultura aziendale: la prospettiva da cui una azienda osserva i
problemi e gli eventi.
Cultura organizzativa: insieme di valori e schemi di riferimento
dominanti che pervado un’organizzazione.
Decisione/i: risultato di un percorso di scelte tra diverse possibili
alternative.
Decisore: colui che ha la responsabilità di attivare progetti di
formazione.
Deduzione: procedimento logico per cui da determinate premesse
generali si ricavano conseguenze necessarie.
Determinanti endogene: spinte al cambiamento di natura interna
all’impresa.
Determinanti esogene: spinte al cambiamento provenienti
dall’ambiente esterno.
Dimensione introspettiva: inconscio, parte interiore dell’individuo in
cui elabora cognizioni e sensazioni.
Dimensione sociale: insieme di valori, bisogni, aspettative,
emozioni e comportamenti di cui sono portatori i membri di
un’organizzazione, sia a livello di singolo, sia a livello di gruppi.
Dissenso organizzativo: manifestazioni di protesta o sfida verso
pratiche o procedure dell’organizzazione ritenute illegali, immorali o
non desiderate.
48
Dissenso per principio (Principed Organization Dissent):
segnalazione di procedure o pratiche ritenute immorali o non corrette
sulla base di un’obiezione coscienziosa.
Empowerment: creazione di una struttura organizzativa aziendale
che, congiuntamente alla formazione dei lavoratori, consente loro di
diventare consapevoli delle proprie capacità e di poterle sviluppare.
Erb: l’acronimo indica i “comportamenti extra ruolo” (Extra-Role
Behaviour).
Evidenza empirica: informazione di cui si può dimostrare la
veridicità sulla base di fatti a seguito di osservazioni, misurazioni,
prove o altri mezzi.
Facilitatore: particolare figura operante all’interno dei team di
miglioramento, il cui compito è quello di favorire il corretto
andamento delle riunioni del team.
Fattori motivanti: elementi che delineano la possibilità/necessità di
attivare un processo di cambiamento organizzativo.
Feed back: retroazione; sistema continuo di monitoraggio.
Fiducia: situazione psicologica che porta a sentirsi sicuri e convinti
delle proprie idee, di se stessi, di altri soggetti o di fenomeni esterni.
Follower: soggetti che affiancano il leader in un gruppo.
Forma mentis: struttura mentale formatasi con l'esperienza e la
cultura e divenuta caratteristica di una persona.
49
Forme di transizione: ci si riferisce alle forme organizzative di
carattere transitorio che un’organizzazione assume nel corso di un
processo di cambiamento.
Forme organizzative di base: configurazioni organizzative a cui che
si dimostrano relativamente stabili e diffuse a cui è possibile
ricondurre la vastità di forme organizzative esistenti.
Forze ambientali: elementi dell’ambiente esterno che sono in grado
di produrre effetti con elementi interni dell’individuo o del contesto
aziendale..
Habitat: in senso biologico è l'insieme delle condizioni ambientali
che permettono la vita e lo sviluppo di determinate specie vegetali e
animali. In senso organizzativo, è l’ambiente congeniale all'indole e
alle abitudini di singoli membri dell’organizzazione.
High tech: in senso lato l’adozione di soluzioni tecnologiche
avanzate.
High touch: la capacità di coniugare le opportunità offerte dall’High
tech con le caratteristiche personali dei lavoratori che ne saranno
fruitori.
Impatto: indica in che misura il fenomeno oggetto di studio sia stato
in grado di incidere sullo status motivazionale dell’individuo o
sull’assetto organizzativo.
Impegno: impiego di tutte le proprie forze e capacità nel fare
qualcosa a favore dell’organizzazione.
Impellenza: necessità che implica un intervento urgente.
50
Inerzia organizzativa: tendenze delle forme e delle funzioni
organizzative esistenti a permanere anche quando non efficienti o
funzionali rispetto agli scopi ufficiali.
Innovazione/i: introduzione di nuove regole, valori, tecnologie,
prodotti o processi non preesistenti in un dato contesto aziendale.
Input: tutto quanto si immette nell’organizzazione.
Insight: presa di coscienza dei meccanismi e delle strategie
utilizzate per risolvere un particolare problema.
Intuizione: facoltà mentale per mezzo della quale riusciamo a
percepire la verità direttamente.
Ipotesi: dato assunto a fondamento di una costruzione di pensiero
da sottoporre a verifica.
Leader: colui che esercita la leadership all’interno di un gruppo.
Leadership: capacità di guidare e motivare le persone al
raggiungimento degli obiettivi.
Leadership di scambio: situazione paragonabile ad una
contrattazione. Follower e leader sono uniti unicamente dal
raggiungimento di uno scopo comune
Leadership trasformatrice: tipologia di leadership in cui sussiste la
ricerca di alti obiettivi etici che permettono di abbandonare le finalità
opportunistiche dei singoli.
Learning organization: particolare forma organizzativa in grado di
adottare, a seconda della specifica contingenza, le caratteristiche di
tutte le altre forme organizzative base.
51
Leve di attivazione: strumenti e soluzioni attraverso cui intervenire
nei processi di cambiamento organizzativo per indirizzarli verso le
traiettorie desiderate.
Line: funzioni operative di un’azienda.
Linee guida: orientamenti di fondo che sottendono l’assunzione di
decisioni specifiche attinenti alla realtà cui queste fanno riferimento.
Logica meccanica: teoria organizzativa direttamente riconducibile ai
principi di Taylor e Ford. Si basa su postulati come forte presenza di
gerarchia, elevati sistemi di standardizzazione e formalizzazione del
lavoro e sistemi di controllo rigidi ed estesi ad ogni attore aziendale.
Logiche burocratiche: criteri e orientamenti tipici delle strutture
burocratiche che presentano forti analogie con le logiche
meccaniche.
Mandato: processo attraverso il quale si affida ad un manager il
ruolo di changer.
Mandato esplicito: casi in cui l’organizzazione investe un manager
del ruolo di changer ricorrendo a soluzioni formali e tangibili (colloqui,
riunioni)
Mandato implicito: casi in cui il ruolo di changer viene desunto dal
manager in relazione agli obiettivi assegnati, senza alcuna
esplicitazione formale da parte dell’organizzazione.
Manifestazioni della Rac: possibili atteggiamenti e/o comportamenti
attraverso cui la Rac si traduce e può quindi essere osservata.
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Meccanismi di carriera: logiche e sistemi con cui si pianifica e si
decidono i percorsi di avanzamento orizzontale e verticale delle
risorse umane.
Mediazione: attività attraverso la quale si cerca di raggiungere una
posizione di compromesso che possa soddisfare tutte le parti
coinvolte nella trattativa.
Metodo: modo, criterio sistematico e funzionale di procedere in
un’attività, finalizzato al raggiungimento dell’esito prefissato.
Metodologia: studio dei fondamenti teorici e delle tecniche di
applicazione secondo cui si ordinano e si determinano i metodi di
una disciplina.
Middle manager: classe dirigente che occupa posizioni intermedie.
Miglioramento: l’insieme delle attività intraprese in modo
continuativo, nell’ambito dell’organizzazione, per accrescere
l’efficienza e l’efficacia delle attività e dei processi.
Modello: schema metodologico attraverso cui si rappresentano
elementi diversi che si suppone interagire insieme.
Norme pro cambiamento: abitudini, regole e credenze non scritte
specificatamente riconducibili al processo di cambiamento
organizzativo.
Obiettivo organizzativo: traguardo che un’organizzazione si
propone di raggiungere attraverso lo svolgimento di un’attività e
verso il quale si orientano i suoi sforzi.
OC: l’acronimo indica l”Organisational commitment”
53
Oggettivazione: processo attraverso il quale si cerca di rendere
oggettivo una qualche entità che per sua natura presenta connotati
aleatori al fine di studiarla o sottoporla a processi di quantificazione
e/o confronto.
Omeoretico: tendenza a raggiungere l’obiettivo prefissato
mantenendo sempre la stessa direzione.
Opportunismo: in senso aziendale è la tendenza dell’individuo a
garantire sempre e comunque la realizzazione dei propri interessi
personali anche a scapito di quelli istituzionali.
Organisational commitment: legame psicologico affettivo tra
l’individuo e l’organizzazione che si traduce in impegno.
Organizzazione: insieme di posizioni collegate le une alle altre;
poteri decisionali e responsabilità per ciascuna posizione; regole di
comportamento, rapporti gerarchici e flussi comunicativi tra varie
posizioni.
Organizzazione aziendale: branchia dell’economia aziendale
concentrata sullo studio delle problematicità organizzative legate alle
aziende.
Orientamento: capacità di dirigersi, anche in senso metafisico,
verso mete determinate.
Orientamento normativo al cambiamento: processo di
interiorizzazione delle norme pro cambiamento.
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Percezioni: idea che l’individua forma più o meno autonomamente
circa un qualche evento; questa può essere in sintonia o discostarsi
notevolmente da quella che è la realtà oggettiva osservata.
Percorsi di carriera: ci si riferisce alle logiche che orientano
un’organizzazione nel definire i criteri attraverso cui favorire le
progressioni verticali e orizzontali dei propri lavoratori.
Pianificazione e programmazione: attività volta a individuare
modalità di realizzazione e ordini di priorità nel raggiungimento di
obiettivi operativi di medio lungo periodo determinati a priori.
Pod: l’acronimo indica il “dissenso per principio” (Principed
Organization Dissent).
Preferenze: atteggiamenti positivi verso alcune cose, persone o
attività, che possono pesare fortemente nel processo di
orientamento.
Pressioni del ruolo: pressioni derivanti dall’esecuzione delle
mansioni affidate a ciascun ruolo organizzativo. Rientrano in tali
pressioni l’ambiguità e il conflitto di ruolo.
Prestazione: il concreto contributo offerto da un lavoratore
all’impresa mediante la propria attività lavorativa.
Procedura: condizioni e modalità con cui deve essere eseguita una
data attività.
Processi di riorganizzazione: normale ridisegno di attività o
processi aziendali, normalmente volti al recupero dell’efficienza, che
non comportano veri e propri processi di cambiamento organizzativo.
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Processo aziendale: insieme di attività e risorse correlate
contraddistinte da un input e dalla produzione di un output. Il
processo produttivo rappresenta il concetto di processo aziendale
per antonomasia.
Rac: l’acronimo indica la “resistenza al cambiamento”.
Range: scala di valori riferibili ad una generica entità misurabile
quantitativamente o qualitativamente.
Reazionaria/o: si dice di che possiede un istinto conservatore che lo
rende incapace di guardare positivamente a fenomeni di evoluzione
o cambiamento.
Reengineering: nell'organizzazione aziendale, è una tecnica che si
propone la ristrutturazione dell'azienda tramite una redistribuzione
delle risorse, un aumento della flessibilità ed una riduzione dei livelli
gerarchici.
Relazioni interpersonali: qualsiasi tipologia di rapporto che si
istaura con gli altri attori presenti sull’ambiente di lavoro, siano essi
subordinati, collaboratori o superiori.
Requisiti professionali: competenze necessarie e/o previste per
esercitare ruoli relativi alla figura professionale.
Resistenza al cambiamento: forma di dissenso organizzativo nei
confronti di pratiche innovative che l’individuo considera non
piacevoli o inopportune sulla base di valutazioni di gruppo e/o
individuali.
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Resistori: coloro che attuano manifestazioni di resistenza al
cambiamento nell’ambito di un processo evolutivo.
Responsabilità: è l’obbligo di svolgere il compito.
Rigidità: indica una situazione di pesantezza organizzativa che
preclude la possibilità di reagire proattivamente o quantomeno
repentinamente alle minacce e opportunità prospettate dall’ambiente
esterno, nonché ai segnali di cambiamento interno.
Riqualificazione professionale: interventi di formazione finalizzati a
fornire una nuova professionalità a lavoratori già formati.
Ruolo (organizzativo): insieme di comportamenti che una persona
attua per soddisfare, oltre che le proprie, le attese dei suoi
interlocutori cioè le attese di chi interagisce con il titolare del ruolo nel
produrre i risultati che ci si aspetta dal ruolo stesso.
Schematizzazione: procedimento attraverso il quale si riduce la
complessità di un fenomeno indagato attraverso l’individuazione
delle sue fasi e/o elementi principali.
Segnali deboli: “messaggi” provenienti dall’ambiente esterno che
nella loro conformazione attuale non presentano ancora una
minaccia o un’opportunità e per questo molto più difficili da cogliere.
Sfiducia: sentimento di insicurezza che deriva dall’impossibilità di
poter credere in qualcosa o in qualcuno.
Sinergie: il positivo concorso di più elementi eterogenei al
compimento di una comune attività.
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Sistemi di idee dominanti: schemi di comportamento e valoriali che
risultano nettamente predominanti all’interno di una data cultura
organizzativa.
Sistema retributivo: sistema operativo deputato alla definizione e
all’erogazione di tutte le tipologie di compensi monetari destinati al
proprio organismo personale in funzione delle attività prestate.
Sistemi operativi di gestione del personale: strumenti e sistemi
con cui si concretizza l’attività di gestione del personale. Sono tipici
sistemi operativi la selezione, la valutazione, i meccanismi di
carriera, la mobilità interna e così via.
Sovraccarico di ruolo: situazione di stress dovuta al fatto che le
risorse o le capacità a disposizione per coprire adeguatamente il
proprio ruolo vengono percepite come insufficienti dal relativo
titolare.
Spinta all’azione: qualsiasi elemento che induce un soggetto ad una
riflessione da cui possa scaturire un comportamento osservabile.
Spinte al/per il cambiamento: tutte le forze che mettendo in
tensione il sistema aziendale sono suscettibili di tradursi in fattori
motivanti per l’attivazione del cambiamento organizzativo.
Stabilità: capacità/possibilità di mantenere un assetto o un equilibrio
durevole nel tempo.
Standardizzazione del lavoro: rendere le attività lavorative
estremamente formalizzate in modo che la loro esecuzione sia
perfettamente confrontabile con degli standard qualitativi omogenei e
stabiliti a priori.
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Status quo: situazione che esisteva prima del verificarsi di un
determinato evento.
Struttura organizzativa: assetto di base dato alla divisione e al
coordinamento del lavoro.
Struttura sociale: il reticolo di rapporti di interdipendenza
relativamente stabili che sussistono tra un determinato insieme di
posizioni sociali.
Tasso di assenteismo: indicatore percentuale che esprime il
numero di lavoratori non presenti sul posto di lavoro in un dato
periodo di tempo.
Team di coordinamento: organo dell’infrastruttura deputata al
cambiamento il cui compito principale e quello di favorire l’interazione
tra i diversi team di miglioramento anche tramite la risoluzione di
eventuali conflittualità
Team di miglioramento: è l’organo dell’infrastruttura deputata al
cambiamento che più da vicino si occupa dell’implementazione dello
stesso (genera le idee creative e ne verifica la fattibilità).
Tecnostruttura: insiemi di organi aziendali che si occupano
prevalentemente dell’organizzazione e della pianificazione del lavoro
degli altri comparti dell’azienda.
Tensione al cambiamento: riferita alle predisposizioni dell’individuo,
indica la capacità di operare avendo sempre grande attenzione alla
possibilità di favorire l’introduzione di cambiamenti migliorativi.
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Tensione all’innovazione: capacità di cogliere la valenza dinamica
del contesto mutevole, ponendola al centro delle proprie
considerazioni o attività lavorative.
Tensione al raggiungimento degli obiettivi: competenza attinente
l’ambito del saper essere; si qualifica come la capacità di saper
scorgere in una qualsiasi attività posta in essere il legame che
questa presenta con l’obiettivo finale.
Teorie organiche: insieme di teorie organizzative che vanno a
contrapporsi a quelle ispirate da logiche organiche. Elementi tipici di
tali logiche sono: la flessibilità organizzativa, un potere diffuso e la
valorizzazione del capitale umano.
Teoria organizzativa: visione su quelli che devono essere i principi,
le logiche che devono governare il funzionamento
dell’organizzazione; ad ogni teoria organizzativa segue una precisa
struttura che ne concretizza gli assunti di base.
Test pilota: situazioni in cui si simulano i cambiamenti che si intende
implementare al fine di verificarne in via preliminare le possibili
implicazioni.
Training: attività di addestramento volta a creare chiarezza circa le
novità lavorative introdotti dal cambiamento organizzativo.
Turbolenza: instabilità e imprevedibilità dell’andamento delle forze
esterne. Paragonabile al concetto fisico di entropia.
Validazione: conferma il soddisfacimento dei particolari requisiti
relativi ad una determinata realtà
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Valore sociale: concezione di uno stato o condizione di sé o di altri
che un soggetto reputa specialmente desiderabile ed in base al
quale giudica la correttezza.
Variabili strutturali: variabili che definiscono gli elementi hard
dell’organizzazioni (dimensioni aziendali, concentrazione del
controllo, attività sindacali…).
Verifica: conferma del soddisfacimento dei requisiti prestabiliti.
Verità assiomatica: verità di per sé evidente e indiscutibile, che sta
alla base di ogni dimostrazione.
WB: l’acronimo indica il “comportamento di vigilanza” (Whistle
Blowing).
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BIBLIOGRAFIA
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strutture complesse, Franco Angeli, Milano, 2001
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Editore, Roma, 2001.
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