Concetti della prima sapienza greca

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"Concetti della prima sapienza greca" articolo di Andrea Braggio pubblicato nella Rivista Italiana di Teosofia, anno LXXI, n. 7, luglio 2015, pp. 23-26.

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    interessato al valore filosofico di una certa tesi e

    del tutto indifferente a questioni di precisione e

    accuratezza storiografiche. Unitamente a quel-

    la del suo discepolo Teofrasto, la testimonianza

    di Aristotele resta comunque la pi importante

    per ricostruire il pensiero dei presocratici.

    Circa i temi trattati dalla prima sapienza fi-

    losofica, possiamo riconoscere che il problema

    principale gravita soprattutto attorno a concet-

    ti espressi da termini greci come arch (princi-

    pio), phsis (natura), ksmos (ordine), dke (giu-

    stizia). La traduzione italiana di questi vocaboli

    restituisce soltanto in parte luniverso culturale

    di riferimento della prima stagione del pensie-

    ro filosofico. Questo dovuto al fatto che per

    noi, che distiamo pi di due millenni dalla Gre-

    cia antica, assai difficile cercare di recuperare

    quella dimensione delle origini allinterno del-

    la quale questi termini possiedono risonanze

    espressive e concettuali che sono andate per-

    dendosi. In generale, non possiamo guardare al

    mondo greco delle origini se non con gli occhi

    del mondo latino e del successivo mondo cri-

    stiano. Questo doppio filtro rappresenta, allo

    stesso tempo, locchio che ci consente di osser-

    vare e la lente che distorce il nostro oggetto.

    Con il termine arch i primi pensatori greci

    esprimono lesigenza che tutte le cose debba-

    no avere un principio. Che cosa essi intendano

    per principio ci aiuta a capirlo Aristotele, la cui

    Metafisica non solo rappresenta la prima storia

    scritta della filosofia occidentale, ma finisce per

    essere usata quale modello di tutte le storie suc-

    cessive della filosofia. In questopera Aristotele

    Chiunque intenda avvicinarsi allo studio

    dei pensatori vissuti prima di Platone

    (428-348) si trova di fronte alla difficol-

    t dellassenza delle loro opere, dato che non

    ci giunto per intero nessuno scritto di interes-

    se filosofico-scientifico risalente a prima delli-

    nizio del IV secolo a.C. Delle opere composte

    prima di questa epoca possiamo disporre solo

    di informazioni ricavabili da autori posteriori,

    a cominciare da Platone e Aristotele. Si tratta

    di resoconti generali in cui un autore riassu-

    me o parafrasa il contenuto dello scritto di un

    pensatore precedente, oppure di vere e proprie

    citazioni in cui viene riportata alla lettera una

    sezione dellopera oggetto di interesse. Grazie

    al lavoro del filologo tedesco Hermann Diels,

    tutte le informazioni relative ai pensatori pre-

    socratici sono state raccolte e suddivise secondo

    questi due criteri. La raccolta di Diels, dal titolo

    Die Fragmente der Vorsokratiker (I frammenti dei

    presocratici), viene pubblicata per la prima vol-

    ta nel 1903 e poi arricchita e migliorata da Wal-

    ter Kranz, allievo e collaboratore di Diels.

    Il possesso delle testimonianze e dei fram-

    menti dei presocratici non pu sostituire in al-

    cun modo le opere e sovente la testimonianza

    rischia di rivelare pi il suo autore che logget-

    to della testimonianza stessa. Il caso pi noto

    quello di Aristotele (384-322), il quale riporta

    il pensiero dei predecessori servendosi del pro-

    prio linguaggio e delle proprie categorie filoso-

    fiche, con la conseguenza di presentare un qua-

    dro teorico gi lontano da quello degli autori

    presi in esame. Del resto Aristotele soprattutto

    Concetti della primasapienza greca

    A N D R E A B R A G G I O

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    comandare, dominare, dirigere. Questo spieghereb-

    be una delle definizioni date da Aristotele al ter-

    mine: qualcosa che con la propria scelta fa muovere

    le cose che si muovono e mutare quelle che mutano.

    Ma soprattutto spiegherebbe una quarta carat-

    teristica dellarch, cio il fatto di essere la forza,

    il principio che comanda tutte le cose.

    Dal mito e dalla religione luomo greco sa

    che le cose non sono casuali, ma hanno un or-

    dine. Linsieme delle realt in cui egli vive, sia

    esso di natura politica, economica o sociale,

    un insieme ordinato e regolato. Il termine gre-

    co ksmos assume il significato di universo dota-

    to di ordine. I due concetti di arch e di ksmos

    si incontrano e si intrecciano in maniera indis-

    solubile: larch rappresenta lunit che rende

    ragione della molteplicit del mondo e ne fa

    qualcosa di ordinato, cio un ksmos. Larch

    la forza che impedisce al mondo di perdere il

    suo ordine e garantisce la sua coerenza e per-

    manenza.

    Proprio in quanto ordinato, il divenire na-

    turale e umano delle realt delluniverso deve

    sottostare a una qualche legge che sia al con-

    tempo secondo una visione morale e insieme

    religiosa la loro propria giustizia o dke. Lar-

    ch rappresenta cos anche la legge di giustizia

    che regola e governa linarrestabile flusso del

    cambiamento e del ciclo delle trasformazioni,

    secondo una inderogabile necessit (annke).

    Una simile considerazione della legge di giu-

    stizia, che ristabilisce lequilibrio laddove esso

    stato spezzato, viene tradotta da alcuni pen-

    satori anche in passi di non facile decifrazione:

    Da dove infatti gli esseri hanno origine, ivi hanno

    anche la loro distruzione secondo necessit: poich essi

    pagano luno allaltro la pena e lespiazione dellin-

    giustizia secondo lordine del tempo2. Queste parole

    riportate da Simplicio, un neoplatonico del VI

    secolo d.C., appartengono allopera di Anassi-

    mandro Sulla natura. Da questo frammento ca-

    rico di enigmaticit emergono alcuni concetti

    di fondo: quello di origine, che uno dei signi-

    scrive: Si dice principio la parte di una cosa dalla

    quale si prendono le mosse per muoversi: per esempio

    una linea o una strada hanno un principio dal qua-

    le si va in un senso, e un altro per il senso contra-

    rio. Principio anche il punto da cui una cosa parte

    per riuscire nel modo migliore possibile; per esempio,

    nellapprendimento talvolta non si deve cominciare

    da ci che primo e dal principio dellargomento, ma

    da dove pi facilmente si pu apprendere. In un altro

    senso, il principio il termine dal quale una cosa trae

    la sua prima origine e che inerente a quella cosa,

    come per esempio la chiglia per la nave e il mattone per

    la casa; per gli animali alcuni ritengono che sia il cuo-

    re, altri il cervello, altri una qualche parte che abbia il

    carattere di principio. Principio anche il termine dal

    quale una cosa trae la sua origine, che non inerente

    alla cosa, ma dal quale per loro natura hanno inizio

    il movimento e il cambiamento; per esempio, nel caso

    del figlio, il padre e la madre; nel caso della zuffa,

    loffesa. Si ha principio anche quando c qualcosa che

    con la propria scelta fa muovere le cose che si muovono

    e mutare quelle che mutano; per esempio, nella citt si

    dicono principi i magistrati cittadini, le oligarchie, i re

    e i tiranni, e in questo senso si dicono principi anche le

    arti, soprattutto quelle architettoniche. Inoltre prin-

    cipio anche il termine primo in base al quale si pu

    conoscere una cosa; e anche questo si dice principio

    della cosa, per esempio, nel senso in cui si dice che le

    ipotesi sono principio delle dimostrazioni1.

    La ricchezza del termine arch, cos ben

    esemplificata da Aristotele, rende difficile trova-

    re un minimo comun denominatore che raccol-

    ga per esso tutti questi significati. Ciononostan-

    te Aristotele ritiene che tutti i principi abbiano

    un che di comune: sono il primo termine dal

    quale traggono inizio o lessere o il divenire o il

    conoscere. Il primo termine, a partire dal quale

    una cosa , cio esiste, la sua ragion dessere;

    il primo termine, a partire dal quale una cosa

    generata, la sua origine; il primo termine,

    a partire dal quale una cosa conosciuta, il

    suo principio di spiegazione. Dal punto di vista

    linguistico, il verbo greco achein significa anche

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    ze private e dunque lequilibrio sociale (isor-

    ropa). La misura la categoria etica fondante

    nella societ greca classica e tocca non solo la

    dimensione teoretico-speculativa e larte greca

    costruita pitagoricamente su misure ideali ac-

    curatamente calcolate, ma anche gli aspetti pi

    concreti e quotidiani del vivere, come per esem-

    pio il quantitativo definito di grano, olio e vino

    destinato a ogni membro della comunit prima

    dello sviluppo della propriet privata e dellap-

    propriazione individuale del bottino militare o

    del raccolto collettivo.

    Il modo di interrogarsi circa larch presup-

    pone e insieme determina la domanda sulla

    phsis, cio sulla natura. La natura di cui si parla

    in questo caso la natura di tutte le cose o la

    realt originaria. Andare alla ricerca dellarch

    significa per questi filosofi trovare lelemento

    fondamentale che spieghi perch le cose sono

    proprio cos e non diversamente. Questo ele-

    mento ha certo qualcosa di fisico e di naturale,

    nel senso che tratto dal mondo della natura

    al quale si guarda per spiegare come esso fun-

    ziona. Al tempo stesso viene per universaliz-

    zato ed elevato a principio di generazione, di

    compimento e di spiegazione di tutta la realt

    nel suo ksmos. Se prendiamo in considerazione

    il concetto di arch in Talete o in Anassimene,

    vediamo che esso ha una duplice valenza: rap-

    presenta sia il sostrato di tutte le cose che sono,

    dunque lelemento permanente e portatore di

    vita che non deriva da altro, sia lelemento o

    ingrediente costitutivo di cui tutte le cose sono

    fatte.

    Nella tradizione storiografica che segue la

    classificazione offerta da Aristotele vengono

    usati diversi termini per indicare questa stagio-

    ne del pensiero filosofico. Si parlato di filosofi

    cosmologi, mettendo laccento sulla problemati-

    cit del ksmos, oppure di fisici o naturalisti, sot-

    tolineando la preminenza del tema della phsis,

    oppure ancora di presocratici, per sottolineare la

    figura di spartiacque costituita da Socrate. Tutte

    ficati di arch; quello di necessit in riferimento

    allalternanza di nascita e distruzione, quindi il

    ciclo dei contrasti del mondo, che poi la vita

    stessa con le sue contraddizioni; il concetto di

    giustizia (dke) che ristabilisce uno stato di equi-

    librio originario. Secondo Werner Jaeger queste

    parole di Anassimandro farebbero riferimento

    a qualcosa di pi di una spiegazione della natura

    nel senso della scienza moderna: la prima teodi-

    cea filosofica3. Lesperienza della legge umana,

    caratterizzata dalla colpa e dallespiazione, vie-

    ne trasferita sul piano cosmico e diventa legge

    universale delle cose. Per queste la colpa risiede

    nel loro essere separate dalla condizione pri-

    mordiale indistinta e nella loro continua lotta

    in quanto contrari, in cui luno cerca di preva-

    lere sullaltro, come possibile constatare os-

    servando lalternarsi di giorno e notte, di estate

    e inverno e di tutte le innumerevoli coppie di

    contrari. Ciascuno di essi viene allessere, ma la

    sua esistenza limitata nel tempo e determinata

    da esso in quanto giudice, in attesa di cedere il

    proprio spazio allaltro. Lingiustizia commessa

    richiede una espiazione, secondo una conce-

    zione di tipo giuridico, di cui le leggi di Solone

    rappresentano un riferimento.

    Questo aspetto ci ricorda che la filosofia

    greca nasce come una cosmoteoria, cio come

    una riflessione globale sulla realt che non di-

    sgiunge il mondo naturale e il mondo politico

    e sociale, ma li vede entrambi come un insieme

    ontologicamente non separabile. Il pensiero

    antico caratterizzato dalla compresenza orga-

    nica del macrocosmo naturale e del microco-

    smo sociale, dove i rapporti sociali sono pensati

    come proiezione di rapporti naturali. Da questo

    punto di vista, vediamo che il concetto di dke

    ha come suo criterio ideale quello di misura

    (mtron), nozione che riguarda la distribuzione

    sia delle cariche politiche sia delle ricchezze fra

    i cittadini della comunit. Il mtron rappresenta

    la base teorica e materiale del vivere comunita-

    rio che garantisce il limite (pras) delle ricchez-

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    (le proporzioni tra ricchezze e le proporzioni

    di potere politico), tipica della scuola di Pita-

    gora, fino alla distinzione tra economia e cre-

    matistica, tipica della filosofia di Aristotele. Il

    calcolo (lgos) delle proporzioni geometriche

    in Pitagora (la matematica greca deriva dalle

    misurazioni terrestri dellantico Egitto e dalle

    misurazioni celesti dellantica Mesopotamia)

    una proiezione diretta della necessit di conser-

    vare nellorganizzazione sociale della politea (la

    costituzione della plis) una giusta proporzione,

    di misurare il mondo nel senso di trovare le

    giuste proporzioni sociali della propriet, del

    potere e del consumo.

    Concetto al tempo stesso geometrico, socia-

    le, politico ed economico, il mtron cos lega-

    to al termine lgos, che in questo caso assume

    il significato di calcolo (significato connesso al

    greco loghzein, calcolare), nonostante sia dota-

    to di una pluralit di significati. Nella filosofia

    di Eraclito, pu essere individuato un uso triva-

    lente di questo termine. Il lgos pu significare

    il vero discorso e toccare cos la dimensione

    del linguaggio come manifestazione visibile

    del lgos comune. In secondo luogo, pu si-

    gnificare la vera dottrina enunciata mediante

    il discorso e dunque riguardare la dimensione

    del pensiero. In terzo luogo, pu indicare la

    vera realt delle cose, la quale per Eraclito non

    caos, ma ordine e armonia, e quindi ragione.

    A questultimo significato si connette la nozio-

    ne impiegata da Eraclito e dagli Stoici di Lgos

    come Legge universale o principio ordinatore

    del mondo.

    Andrea Braggio socio indipendente della

    Societ Teosofica Italiana.

    Note:

    1. Aristotele, Metafisica, 1013 a.

    2. Anassimandro, B 1.

    3. W. Jaeger, La teologia dei primi pensatori greci, La Nuova

    Italia, Firenze, 1961, p. 51.

    queste etichette valgono a patto di considerarle

    arbitrarie e non definitive, dunque prese con

    spirito critico. Parlare, per esempio, di filosofi

    cosmologi ha forse il vantaggio di ricordare che

    il problema del ksmos essenziale per la prima

    speculazione filosofica. Come i pi recenti stu-

    di hanno messo in luce bisogna tuttavia tenere

    conto che essa include anche una problemati-

    cit etica legata alluomo e alla gestione della

    citt. Questa ruota attorno al gi ricordato cri-

    terio del mtron quale proiezione nel mondo

    teorico della necessit, da parte del modo di

    produzione dei piccoli produttori e proprieta-

    ri indipendenti, di non farsi distruggere dalla

    dismisura, cio dal convergere dellavarizia-cini-

    smo dei ricchi cui si intreccia linvidia dei po-

    veri, miscela negativa che minaccia lequilibrio

    delle piccole propriet, in quanto fondamento

    allintera riproduzione comunitaria. La societ

    greca classica, in particolare quella ateniese,

    caratterizzata strutturalmente dalla dominanza

    del modo di produzione dei piccoli proprie-

    tari indipendenti, per i quali il pericolo pi

    grande rappresentato dalla perdita del limite

    (pras) e dal farsi strada del principio materiale

    dellillimitato-indeterminato (peiron), che pro-

    prio del modo di produzione schiavistico elle-

    nistico e romano. Esprimendosi materialmente

    nella forma della ricchezza privata individuale,

    lillimitato finisce per distruggere la comunit e

    costringere, per esempio, Solone (592 a.C.), ad

    attuare quelle famose riforme che aboliscono

    la schiavit per debiti. La ricchezza non conosce

    limiti, scrive lateniese. E quando i limiti non

    sono posti si fanno strada lingiustizia (adika) e

    la dissoluzione (phthor) dellintera societ. Da

    qui lidea di mtron come misura-moderazione

    in quanto antidoto alla dissolutezza e alla pre-

    varicazione.

    Questo approccio razionalistico alla lotta di

    classe caratterizza tutto il primo periodo della

    filosofia greca, dalla misurazione delle pro-

    porzioni geometriche intese in senso sociale

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