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Disabili, sospesi i tagli STANCHE DI ESSERE GIUDICATE PATRIZIA TUFO * tagli ai fondi per i disabili possono attendere. Dalla riunione di lunedì in Regione con le associazioni del settore sanitario, è emerso che le tariffe al ribasso previste a inizio novembre non solo non verranno applicate prima di luglio (contrariamente a quanto previsto dal precedente decreto che le voleva in vigore già a gennaio) ma potrebbero subire modifiche in senso positivo. Invece dei tagli, infatti, per le strutture che si occupano di disabilità potrebbe profilarsi la possibilità di qualche aumento. Si evince questo dalla nota emessa dalla Regione Lazio, che «si è impegnata ad approfondire e rivedere criteri e costi utilizzati per la determinazione delle nuove tariffe, palesando una forte volontà di rideterminare le tariffe al fine di garantire standard di qualità elevati volti a soddisfare il fabbisogno della popolazione». Per il raggiungimento di questo obiettivo sono previsti dei tavoli tecnici per migliorare le prestazioni di riabilitazione. Gli incontri si svolgeranno fino al 30 giugno del prossimo anno. Le associazioni (all’incontro erano presenti Foai, Aris, Aiop, Legacoop, Confcooperative, Federazione Sanità Lazio, Federsolidarietà Lazio e Unindustria), vista la disponibilità mostrata dalla Regione, hanno deciso di rinunciare ai contenziosi. Monia Nicoletti I Associazioni soddisfatte dopo l’incontro in Regione Tariffe invariate fino a luglio poi i centri di riabilitazione potrebbero ottenere un aumento dei fondi ante le donne vittime di violenza, altrettante al loro fianco. Lisa (nome di fantasia) per sei anni ha vissuto segregata dentro casa, senza cellulare, senza poter accompagnare i figli a scuola, senza poter uscire per fare la spesa. Il marito non le permetteva di comunicare con nessuno se non con lui. L’anno scorso è arrivata in una casa rifugio nella Valle di Comino, è stata per lei una conquista poter recuperare un mondo che non aveva mai conosciuto. Dopo il percorso terapeutico, è riuscita a rifarsi una T vita con i suoi figli, un buon lavoro e una casa. Marta (nome di fantasia) da due anni e mezzo è ospite di una casa rifugio nel frusinate, dopo i maltrattamenti subiti dal compagno e dalla suocera. E’ arrivata con i suoi tre figli con molti disturbi comportamentali. Una rete territoriale tra servizi antiviolenza, scuola e Asl si è stretta attorno a lei con un percorso di recupero della genitorialità. Ha iniziato un tirocinio lavorativo verso l’autonomia, ha recuperato il rapporto con la sua famiglia di origine che aveva allontanato per tutelarla dalle minacce. Non si sa se la storia di Marta avrà un lieto fine, spesso la forza motivazionale di una nuova vita deve fare i conti con i tempi lunghi della giustizia che deciderà per l’affidamento dei figli. Queste sono due storie emblematiche, tra le tante, che hanno raccontato Elisa Viscogliosi, presidente di “Risorse Donna” di Sora che gestisce un centro d’accoglienza con una casa rifugio e Maria Rosaria Ruggeri dei servizi antiviolenza “Mai più ferite” della Caritas di Frosinone, gestiti dalla cooperativa Diaconia. Secondo i dati Istat pubblicati nel dicembre 2016, nel Lazio il 39,2% di donne tra i 16 ai 70 anni ha subito violenza fisica o sessuale dal partner, il valore più alto in Italia (nel 2006 era il 38,1%). Dati che si riscontrano nelle esperienze delle realtà del Lazio che spesso, però, si scontrano con la mancanza di fondi e bandi che non permettono una progettualità a lungo termine e non valorizzano l’esistente. Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente del Telefono Rosa, che dal 1988 cerca di dare voce alla violenza “sommersa”, ribadisce le urgenze: «numero di case, numero di centri, leggi adeguate, la violenza assistita da parte dei ragazzi, la legge sui figli dei femminicidi è ferma al Senato in un cassetto». Tutte le organizzazioni che si occupano di prendersi cura delle donne hanno attivo uno sportello di ascolto, svolgono formazione sul territorio, avviano percorsi verso l’autonomia. Come il gruppo terapeutico “La carrucola” attivo a Formia dal 2012 grazie alla Fondazione Veronica De Laureatiis e portato avanti dalla psicoterapeuta Loredana Aceto, dalla pedagogista e criminologa Maria De Tata. Un gruppo costituito da circa 15 donne. «Non abbiamo una sede fissa a causa della mancanza di fondi, manca una formazione specifica anche da parte delle istituzioni per riconoscere e trattare queste violenze», racconta la Aceto. Forte è la rete sul territorio del frusinate dove i servizi Caritas attivano borse lavoro grazie ad accordi con le Acli e patronati oltre ad una rete provinciale con 49 firmatari e lo sportello sperimentale presso il tribunale di Frosinone. “Risorse Donna” di Sora ogni anno si fa carico di oltre 100 richieste tra il sostegno e l’accoglienza. Dal 1991, il centro Lilith di Latina con 5 operatori e 30 volontarie dà sostegno a moltissime donne e dal 2003 accoglie ogni anno tra le 10 e le 12 vittime presso la casa rifugio Emily. «Si è abbassata molto l’età delle vittime, la maggior parte sono state bambine vittime di violenza assistita», racconta la responsabile della casa Daniela Truffo. Sia il centro di Frosinone che quello di Latina hanno appartamenti dove le donne che escono dal percorso terapeutico possono ricominciare a farsi una vita in semi autonomia. Questo è il Lazio in rosa, realtà in cammino per sostenere le donne. Simona Gionta iù di seicento firme hanno sottoscritto il “Manifesto delle giornaliste e dei giornalisti per il rispetto e la parità di genere nell’informazione”. Il documento è stato presentato ieri a Venezia in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. La constatazione dello stretto legame tra diritto e dovere di cronaca e le scelte di chi informando deve anche educare, ha portato alla compilazione di questo decalogo in cui i firmatari ribadiscono quanto espresso dalla Convenzione di Istanbul del 2011, recepita in Italia nel 2013. Nei dieci punti si sottolinea l’esigenza di una formazione appropriata riguardo la violenza sulle donne e i minori, che promuova un comportamento e P un linguaggio rispettoso della dignità delle persone. Viene anche fornito un breve vademecum su termini e immagini da evitare e altri invece da utilizzare in modo eticamente corretto per raccontare la violenza. «Noi, giornaliste e giornalisti firmatari del Manifesto, – si legge nel testo – ci impegniamo per una informazione attenta, corretta e consapevole del fenomeno della violenza di genere e delle sue implicazioni culturali, sociali, giuridiche. La descrizione della realtà nel suo complesso, al di fuori di stereotipi e pregiudizi, è il primo passo per un profondo cambiamento culturale della società e per il raggiungimento di una reale parità». Simone Ciampanella Non più vittime ma donne L’ EDITORIALE Le esperienze dei centri anti-violenza e case rifugio: percorsi di rinascita Il manifesto per la parità di genere nell’informazione roppe sono le forme di violenza da cui le donne da sempre devono difendersi, dalle terribili violenze sessuali e fisiche, alla non meno terribile violenza economica, alla subdola violenza psicologica e alle persecuzioni chiamate esoticamente stalking.In questi giorni è affiorata la punta dell’iceberg di un altro tipo di violenza, di cui tutte e tutti siamo sempre state/i a conoscenza ma che è sempre stato difficile per le donne denunciare per le ripercussioni che tale denuncia poteva avere. Stiamo parlando delle molestie/violenze nei luoghi di lavoro portate alla ribalta da molte donne che operano nello spettacolo. Sappiamo, infatti, che nel nostro sistema patriarcale la situazione denunciata dalle attrici la possiamo ritrovare con gli uomini di potere in qualsiasi ambito lavorativo e che la molestia/violenza si può manifestare in modo subdolo, a volte mascherata da comportamenti edulcorati che possono essere scambiati per galanteria. Ma se la donna li avverte come disturbanti, molesti e/o violenti appunto, e cerca di difendersi da essi, allora corre il pericolo del ricatto dell’uomo di potere che ha in mano il suo futuro lavorativo. Oggi la questione importante, che speriamo stia generando un cambiamento sia nella consapevolezza delle donne sia nell’opinione pubblica, è che anche se abbiamo sempre saputo di dover fare attenzione agli uomini di potere, a non cadere loro preda, ora non appare più normale che essi possano avanzare pretese sui nostri corpi. E consideriamo violenza anche quella fatta da quelle molestie a cui quasi non diamo più peso, tanto siamo abituate ad esse! Ci riferiamo a quando per strada le donne sono oggetto di commenti, sguardi e gesti volgari. O peggio, quando su un autobus o un qualsiasi posto affollato c’è qualcuno che si “appiccica” e si struscia loro addosso. Siamo così abituate/i a tali comportamenti maschili che stentiamo a chiamarli violenza. Ma anche questo tipo di offese, di molestie sono forme di violenza, perché sono una violazione, sia fisica che emotiva. Per le donne raccontare le violenze subite non è mai stato facile perché questa società le ha sempre fatte sentire colpevoli, il più delle volte puntando il dito proprio contro di loro. Ora siamo davvero stufe. La nostra pazienza ha un limite. Una volta per tutte, è ora di porre al centro della questione il molestatore, chi ha agito la violenza, non chi ha subito. Se non è facile denunciare, ancor più difficile è dover subire un giudizio dalla società. Siamo certe che le donne avranno sempre più la forza di denunciare se troveranno solidarietà, soprattutto da parte di altre donne. Chissà se ora che questo iceberg sta emergendo finalmente punteremo il dito su chi ha perpetrato la violenza quando le donne denunceranno. * vice presidente Centro Donna Lilith di Latina T ALBANO OPERATORI CARITAS IN FORMAZIONE a pagina 3 ANAGNI LA GIORNATA DEL PELLEGRINO a pagina 4 C.CASTELLANA SINODO DEI GIOVANI, L’INTERVISTA a pagina 5 CIVITAVECCHIA FRATERNITÀ CON GLI ULTIMI a pagina 6 FROSINONE DA 40 ANNI CON GLI SCOUT a pagina 7 GAETA IN DIALOGO CON I FRATELLI EBREI a pagina 8 LATINA UNA NUOVA MENSA PER I POVERI a pagina 9 PALESTRINA LA GIORNATA PER IL SEMINARIO a pagina 10 PORTO-S.RUFINA QUALE FUTURO PER LA RETE? a pagina 11 SORA IN VISITA AD AQUISGRANA a pagina 13 TIVOLI SUL VANGELO DI GIOVANNI a pagina 14 LAZIO SETTE ome per i poveri, neanche di Dio bisogna servirsi. Può sembra- re scontato. Può apparire che la cosa sia addirittura impossibi- le. Come facciamo a servirci di qualcuno che è onnipotente e che tutto governa e dirige secondo i suoi progetti? E, in effetti, è un po’ così. Il servirci di Dio è un’esagerazione della nostra mente superba. Alla fine, poi, si scopre che persino la nostra ribellione è già com- presa nel mistero della Provvidenza. Però non è solo un’illusione. In realtà in Gesù, Dio si è fatto il più povero dei poveri. Si è reso total- mente insignificante. Si è abbassato e si è affidato alle nostre mani. In questo noi, credenti, riconosciamo la sua più alta capacità di a- more e di autorità. Tanto che lo chiamiamo “re”. Nella festa che con- clude l’anno liturgico, infatti, si intrecciano il titolo di Cristo, Re del- l’universo e la contemplazione di lui crocifisso. La croce è il talamo, il trono e l’altare su cui il Signore si trova e dalla quale si presenta a noi come sposo, re e sacerdote. Re, quindi. Perché regna proprio dal- l’alto della croce. Ed è, però, un regnare inedito. Perché è porsi nel- le mani dei propri sudditi. È lasciarsi persino usare ed abusare dal- l’uomo. Così che servirsi di Dio è possibile. Lo fanno i kamikaze. Lo fanno i bestemmiatori. Lo fanno gli autoritarismi fuori e dentro la Chiesa. Lo facciamo anche tutti noi quando vorremmo un Dio che subito facesse quello che vogliamo noi! Probabilmente, la conver- sione è tutta qui: passare dal servirsi del nostro Re e Signore, al ser- virlo. E, magari, scoprire che è molto più bello ed entusiasmante sco- prirsi sudditi di questo re crocifisso, che approfittare di lui e deriderlo. Francesco Guglietta C NELLE DIOCESI RIETI AL VIA «LA VALLE DEL PRIMO PRESEPE» a pagina 12 Con lo sguardo alla Croce Domenica, 26 novembre 2017— AGRICOLTURA VALORE AGGIUNTO SOCIALE a pagina 2 IL FATTO Coordinamento: cooperativa Il Mosaico via Anfiteatro Romano, 18 00041 Albano Laziale (Rm) tel. 06.932684024 e-mail: [email protected] Avvenire - Redazione pagine diocesane piazza Carbonari, 3 - 20125 Milano tel. 02.67801 - fax 02.6780483 www.avvenire.it e-mail: [email protected] DIFFUSIONE COPIE NELLE PARROCCHIE: PROGETTO PORTAPAROLA e-mail: [email protected] SERVIZIO ABBONAMENTI NUMERO VERDE 800820084 Le donne del centro Lilith di Latina impegnate in una manifestazione a Roma

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Disabili, sospesi i tagli

STANCHEDI ESSERE

GIUDICATE

PATRIZIA TUFO *

tagli ai fondi per i disabili possonoattendere. Dalla riunione di lunedìin Regione con le associazioni del

settore sanitario, è emerso che le tariffeal ribasso previste a inizio novembrenon solo non verranno applicate primadi luglio (contrariamente a quantoprevisto dal precedente decreto che levoleva in vigore già a gennaio) mapotrebbero subire modifiche in sensopositivo. Invece dei tagli, infatti, per lestrutture che si occupano di disabilitàpotrebbe profilarsi la possibilità di

qualche aumento. Si evince questo dalla nota emessa dallaRegione Lazio, che «si è impegnata adapprofondire e rivedere criteri e costiutilizzati per la determinazione dellenuove tariffe, palesando una fortevolontà di rideterminare le tariffe al finedi garantire standard di qualità elevativolti a soddisfare il fabbisogno dellapopolazione». Per il raggiungimento diquesto obiettivo sono previsti dei tavolitecnici per migliorare le prestazioni diriabilitazione. Gli incontri sisvolgeranno fino al 30 giugno delprossimo anno. Le associazioni(all’incontro erano presenti Foai, Aris,Aiop, Legacoop, Confcooperative,Federazione Sanità Lazio,Federsolidarietà Lazio e Unindustria),vista la disponibilità mostrata dallaRegione, hanno deciso di rinunciare aicontenziosi.

Monia Nicoletti

I

Associazioni soddisfatte dopo l’incontro in Regione Tariffe invariate fino a lugliopoi i centri di riabilitazionepotrebbero ottenereun aumento dei fondi

ante le donne vittime diviolenza, altrettante al lorofianco. Lisa (nome di fantasia)

per sei anni ha vissuto segregatadentro casa, senza cellulare, senzapoter accompagnare i figli a scuola,senza poter uscire per fare la spesa.Il marito non le permetteva dicomunicare con nessuno se noncon lui. L’anno scorso è arrivata inuna casa rifugio nella Valle diComino, è stata per lei unaconquista poter recuperare unmondo che non aveva maiconosciuto. Dopo il percorsoterapeutico, è riuscita a rifarsi una

T vita con i suoi figli, un buon lavoroe una casa. Marta (nome difantasia) da due anni e mezzo èospite di una casa rifugio nelfrusinate, dopo i maltrattamentisubiti dal compagno e dallasuocera. E’ arrivata con i suoi trefigli con molti disturbicomportamentali. Una reteterritoriale tra servizi antiviolenza,scuola e Asl si è stretta attorno a leicon un percorso di recupero dellagenitorialità. Ha iniziato untirocinio lavorativo versol’autonomia, ha recuperato ilrapporto con la sua famiglia di

origine che aveva allontanato pertutelarla dalle minacce. Non si sa sela storia di Marta avrà un lieto fine,spesso la forza motivazionale diuna nuova vita deve fare i conti coni tempi lunghi della giustizia chedeciderà per l’affidamento dei figli.Queste sono due storieemblematiche, tra le tante, chehanno raccontato Elisa Viscogliosi,presidente di “Risorse Donna” diSora che gestisce un centrod’accoglienza con una casa rifugio eMaria Rosaria Ruggeri dei serviziantiviolenza “Mai più ferite” dellaCaritas di Frosinone, gestiti dalla

cooperativa Diaconia. Secondo idati Istat pubblicati nel dicembre2016, nel Lazio il 39,2% di donnetra i 16 ai 70 anni ha subitoviolenza fisica o sessuale dalpartner, il valore più alto in Italia(nel 2006 era il 38,1%). Dati che siriscontrano nelle esperienze dellerealtà del Lazio che spesso, però, siscontrano con la mancanza difondi e bandi che non permettonouna progettualità a lungo termine enon valorizzano l’esistente. MariaGabriella Carnieri Moscatelli,presidente del Telefono Rosa, chedal 1988 cerca di dare voce allaviolenza “sommersa”, ribadisce leurgenze: «numero di case, numerodi centri, leggi adeguate, la violenzaassistita da parte dei ragazzi, lalegge sui figli dei femminicidi èferma al Senato in un cassetto».Tutte le organizzazioni che sioccupano di prendersi cura delledonne hanno attivo uno sportellodi ascolto, svolgono formazione sulterritorio, avviano percorsi versol’autonomia. Come il gruppoterapeutico “La carrucola” attivo aFormia dal 2012 grazie allaFondazione Veronica De Laureatiise portato avanti dallapsicoterapeuta Loredana Aceto,dalla pedagogista e criminologaMaria De Tata. Un gruppo

costituito da circa 15 donne. «Nonabbiamo una sede fissa a causadella mancanza di fondi, mancauna formazione specifica anche daparte delle istituzioni perriconoscere e trattare questeviolenze», racconta la Aceto. Forte èla rete sul territorio del frusinatedove i servizi Caritas attivano borselavoro grazie ad accordi con le Aclie patronati oltre ad una reteprovinciale con 49 firmatari e losportello sperimentale presso iltribunale di Frosinone. “RisorseDonna” di Sora ogni anno si facarico di oltre 100 richieste tra ilsostegno e l’accoglienza. Dal 1991,il centro Lilith di Latina con 5operatori e 30 volontarie dàsostegno a moltissime donne e dal2003 accoglie ogni anno tra le 10 ele 12 vittime presso la casa rifugioEmily. «Si è abbassata molto l’etàdelle vittime, la maggior parte sonostate bambine vittime di violenzaassistita», racconta la responsabiledella casa Daniela Truffo. Sia ilcentro di Frosinone che quello diLatina hanno appartamenti dove ledonne che escono dal percorsoterapeutico possono ricominciare afarsi una vita in semi autonomia.Questo è il Lazio in rosa, realtà incammino per sostenere le donne.

Simona Gionta

iù di seicento firme hanno sottoscritto il “Manifestodelle giornaliste e dei giornalisti per il rispetto e la

parità di genere nell’informazione”. Il documento èstato presentato ieri a Venezia in occasione dellaGiornata internazionale per l’eliminazione dellaviolenza contro le donne. La constatazione dello strettolegame tra diritto e dovere di cronaca e le scelte di chiinformando deve anche educare, ha portato allacompilazione di questo decalogo in cui i firmatariribadiscono quanto espresso dalla Convenzione diIstanbul del 2011, recepita in Italia nel 2013.Nei dieci punti si sottolinea l’esigenza di unaformazione appropriata riguardo la violenza sulledonne e i minori, che promuova un comportamento e

P un linguaggio rispettoso della dignità delle persone.Viene anche fornito un breve vademecum su termini eimmagini da evitare e altri invece da utilizzare in modoeticamente corretto per raccontare la violenza.«Noi, giornaliste e giornalisti firmatari del Manifesto, –si legge nel testo – ci impegniamo per unainformazione attenta, corretta e consapevole delfenomeno della violenza di genere e delle sueimplicazioni culturali, sociali, giuridiche. La descrizionedella realtà nel suo complesso, al di fuori di stereotipi epregiudizi, è il primo passo per un profondocambiamento culturale della società e per ilraggiungimento di una reale parità».

Simone Ciampanella

Non più vittime ma donne

L’ E D I T O R I A L E

Le esperienze dei centri anti-violenza e case rifugio: percorsi di rinascita

Il manifesto per la parità di genere nell’informazione

roppe sono le forme di violenza dacui le donne da sempre devonodifendersi, dalle terribili violenze

sessuali e fisiche, alla non meno terribileviolenza economica, alla subdolaviolenza psicologica e alle persecuzionichiamate esoticamente stalking.In questigiorni è affiorata la punta dell’iceberg diun altro tipo di violenza, di cui tutte etutti siamo sempre state/i a conoscenzama che è sempre stato difficile per ledonne denunciare per le ripercussioni chetale denuncia poteva avere. Stiamoparlando delle molestie/violenze neiluoghi di lavoro portate alla ribalta damolte donne che operano nellospettacolo. Sappiamo, infatti, che nelnostro sistema patriarcale la situazionedenunciata dalle attrici la possiamoritrovare con gli uomini di potere inqualsiasi ambito lavorativo e che lamolestia/violenza si può manifestare inmodo subdolo, a volte mascherata dacomportamenti edulcorati che possonoessere scambiati per galanteria. Ma se ladonna li avverte come disturbanti,molesti e/o violenti appunto, e cerca didifendersi da essi, allora corre il pericolodel ricatto dell’uomo di potere che ha inmano il suo futuro lavorativo. Oggi laquestione importante, che speriamo stiagenerando un cambiamento sia nellaconsapevolezza delle donne sianell’opinione pubblica, è che anche seabbiamo sempre saputo di dover fareattenzione agli uomini di potere, a noncadere loro preda, ora non appare piùnormale che essi possano avanzarepretese sui nostri corpi. E consideriamoviolenza anche quella fatta da quellemolestie a cui quasi non diamo più peso,tanto siamo abituate ad esse! Ci riferiamoa quando per strada le donne sonooggetto di commenti, sguardi e gestivolgari. O peggio, quando su un autobuso un qualsiasi posto affollato c’èqualcuno che si “appiccica” e si struscialoro addosso. Siamo così abituate/i a talicomportamenti maschili che stentiamo achiamarli violenza. Ma anche questo tipodi offese, di molestie sono forme diviolenza, perché sono una violazione, siafisica che emotiva. Per le donneraccontare le violenze subite non è maistato facile perché questa società le hasempre fatte sentire colpevoli, il più dellevolte puntando il dito proprio contro diloro. Ora siamo davvero stufe. La nostrapazienza ha un limite. Una volta pertutte, è ora di porre al centro dellaquestione il molestatore, chi ha agito laviolenza, non chi ha subito. Se non èfacile denunciare, ancor più difficile èdover subire un giudizio dalla società.Siamo certe che le donne avranno semprepiù la forza di denunciare se troverannosolidarietà, soprattutto da parte di altredonne. Chissà se ora che questo icebergsta emergendo finalmente punteremo ildito su chi ha perpetrato la violenzaquando le donne denunceranno.

* vice presidente Centro Donna Lilith di Latina

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◆ ALBANOOPERATORI CARITASIN FORMAZIONE

a pagina 3

◆ ANAGNILA GIORNATA DEL PELLEGRINO

a pagina 4

◆ C.CASTELLANASINODO DEI GIOVANI,L’INTERVISTA

a pagina 5

◆ CIVITAVECCHIAFRATERNITÀCON GLI ULTIMI

a pagina 6

◆ FROSINONEDA 40 ANNICON GLI SCOUT

a pagina 7

◆ GAETAIN DIALOGOCON I FRATELLI EBREI

a pagina 8

◆ LATINAUNA NUOVA MENSA PER I POVERI

a pagina 9

◆ PALESTRINALA GIORNATAPER IL SEMINARIO

a pagina 10

◆ PORTO-S.RUFINAQUALE FUTURO PER LA RETE?

a pagina 11

◆ SORAIN VISITAAD AQUISGRANA

a pagina 13

◆ TIVOLISUL VANGELODI GIOVANNI

a pagina 14

LAZIOSETTE

ome per i poveri, neanche di Dio bisogna servirsi. Può sembra-re scontato. Può apparire che la cosa sia addirittura impossibi-

le. Come facciamo a servirci di qualcuno che è onnipotente e chetutto governa e dirige secondo i suoi progetti? E, in effetti, è un po’così. Il servirci di Dio è un’esagerazione della nostra mente superba.Alla fine, poi, si scopre che persino la nostra ribellione è già com-presa nel mistero della Provvidenza. Però non è solo un’illusione. Inrealtà in Gesù, Dio si è fatto il più povero dei poveri. Si è reso total-mente insignificante. Si è abbassato e si è affidato alle nostre mani.In questo noi, credenti, riconosciamo la sua più alta capacità di a-more e di autorità. Tanto che lo chiamiamo “re”. Nella festa che con-clude l’anno liturgico, infatti, si intrecciano il titolo di Cristo, Re del-l’universo e la contemplazione di lui crocifisso. La croce è il talamo,il trono e l’altare su cui il Signore si trova e dalla quale si presenta anoi come sposo, re e sacerdote. Re, quindi. Perché regna proprio dal-l’alto della croce. Ed è, però, un regnare inedito. Perché è porsi nel-le mani dei propri sudditi. È lasciarsi persino usare ed abusare dal-l’uomo. Così che servirsi di Dio è possibile. Lo fanno i kamikaze. Lofanno i bestemmiatori. Lo fanno gli autoritarismi fuori e dentro laChiesa. Lo facciamo anche tutti noi quando vorremmo un Dio chesubito facesse quello che vogliamo noi! Probabilmente, la conver-sione è tutta qui: passare dal servirsi del nostro Re e Signore, al ser-virlo. E, magari, scoprire che è molto più bello ed entusiasmante sco-prirsi sudditi di questo re crocifisso, che approfittare di lui e deriderlo.

Francesco Guglietta

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NELLE DIOCESI

◆ RIETIAL VIA «LA VALLEDEL PRIMO PRESEPE»

a pagina 12

Con lo sguardo alla Croce

Domenica, 26 novembre2017—

◆ AGRICOLTURAVALORE AGGIUNTOSOCIALE

a pagina 2

IL FATTO

Coordinamento: cooperativa Il Mosaicovia Anfiteatro Romano, 1800041 Albano Laziale (Rm)tel. 06.932684024e-mail: [email protected]

Avvenire - Redazione pagine diocesanepiazza Carbonari, 3 - 20125 Milanotel. 02.67801 - fax 02.6780483www.avvenire.it e-mail: [email protected]

DIFFUSIONE COPIE NELLE PARROCCHIE:PROGETTO PORTAPAROLAe-mail: [email protected] ABBONAMENTINUMERO VERDE 800820084

Le donne del centro Lilith di Latina impegnate in una manifestazione a Roma

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DI MARIA TERESA CIPRARI

el IX secolo la diocesi di ForumNovum inglobò il territorio dellediocesi di Cures e Mentana, e fino

al XV secolo tutta la Sabina dipendeva dalvescovo di Forum Novum. Nella cattedralesi venerava una immagine antica di Mariagià dal secolo VIII e con Adriano I la chiesaincominciò ad essere chiamata SantaMaria maggiore in Sabina, o “Santa Maria,che si trova a Forum Novum onell’Episcopio”. Pietro Cavallini nel 1281

vi eseguì degli affreschi. A causa dellospostamento degli abitanti di ForumNovum, Alessandro VI nel 1495 trasferì lasede vescovile a Magliano nella collegiatadi San Liberatore, costruita tra XII e XIIIsecolo, che fu allora elevata all’onore dicattedrale; l’antica basilica cattedrale diForum Novum conservò comunque il suotitolo. A Poggio Mirteto nel 1641iniziarono i lavori di costruzione di SantaMaria Assunta, su progetto di MartinoLonghi il giovane, la chiesa dovevasostituire la omonima più antica, ormaitroppo piccola. Aperta nel 1721 lacollegiata fu dedicata il 3 ottobre 1779 dalcardinale Contessini. Nel 1841, con lacreazione della diocesi di Poggio Mirteto,Gregorio XVI innalzò la chiesa al titolo dicattedrale, perso poi nel 1925, quando PioXI unì alla diocesi di Sabina quella diPoggio Mirteto. Nel 1962, a seguito dellariforma delle sedi suburbicarie di sanGiovanni XXIII, il vescovo Ferretto spostò

la sua sede da Magliano a Poggio Mirteto,ed il 30 settembre 1986 san GiovanniPaolo II, erigendo la diocesi di Sabina–Poggio Mirteto, elevò nuovamente lachiesa di Santa Maria Assunta a cattedraledella diocesi. La facciata con tre fornici, asalienti, è scandita da paraste in cotto, cheincorniciano il finestrone centrale.L’interno di impianto quadrangolare sicompone di tre navate voltate, le cappelle ele navate laterali sono riccamente decoratedi stucchi. Il presbiterio si sviluppa inprofondità nell’area dell’abside scavatonella muratura, è delimitato dall’originariabalaustra, alla quale nel 2007, con ilvescovo Fumagalli, è stato annessol’attuale ambone realizzato su progettodell’architetto Ponzio, come anche lacattedra, rialzata su tre gradini. L’altareinvece è stato spostato dalla parete alcentro e rialzato nel 1979. A sinistra ècollocata la cappella del Ss.mo Sacramentoe sul lato destro la sacrestia. Nella parete

d’altare la pala di Giovanni Baglione,datata e firmata Eques I. Balionus Romanuspingebat 1613, raffigura la MadonnaAssunta in cielo tra gli angeli e gli apostoli,originariamente era collocata nell’anticachiesa. Ai lati, all’interno di nicchiedelimitate da colonne, sono san Pietro esan Paolo. In alto, al centro dell’abside, èun ovale, incorniciato da stucchi edorature, al cui interno è rappresentatauna colomba simbolo dello Spirito Santo.L’organo posto nella controfacciata risaleal 1847; di fianco al portale centrale,inserito in una struttura lignea, che ha uncorrispettivo simmetrico sul lato opposto,si trova il fonte battesimale in marmo,sormontato da tempietto in legno. La targain prossimità del fonte ricorda i lavori direstauro del 1910. Metello Helzel nel 1931realizzò la tela per la volta della navatacentrale raffigurante il patrono della città,san Gaetano da Thiene, che si festeggia il 7agosto. (6. segue)

N

Le maninella terra,un lavoroinclusivo

Dalle campagne della regione storie di personeche trovano una possibilità di vero riscatto e inserimento sociale superando il muro del pregiudizio e dell’emarginazione

La multiculturalità nelle coltivazioni di Rise Hub

DI VINCENZO TESTA

orresti fare un master in agricoltura so-ciale? Bella idea. A proporlo è l’Univer-sità degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Le

domande possono essere presentate entro il 22gennaio 2018. Il numero massimo di parteci-panti è pari a quaranta, mentre il minimo èquindici.Il master si rivolge a imprenditori agricoli e aoperatori sociali che intendono acquisire co-noscenze e competenze per essere riconosciu-ti come operatori di agricoltura sociale, non-ché a coloro che intendono progettare percorsiimprenditoriali e reti di agricoltura sociale.Davvero una bella opportunità formativa conla quale si vogliono offri-re competenze per pro-gettare e gestire fattorie so-ciali in modo sostenibilee inclusivo oppure pro-gettare e gestire reti terri-toriali di supporto alle fat-torie sociali per promuo-vere partecipazione e re-sponsabilità.Il master dura un anno el’attività didattica erogataper complessivi sessantacrediti formativi, pari amillecinquecento ore diimpegno per lo studente,ripartite in otto mesi di di-dattica in modalità mista

Vpresenza/distanza e un periodo di tirociniodi tre mesi.Tra gli argomenti del master, i linguaggi del-l’agricoltura sociale, i sistemi socio–economi-ci “glo–locali”, il sistema dei servizi sociali, lanascita e lo sviluppo dell’agricoltura sociale, maanche un’attenzione agli attori del processoche sono: l’imprenditore agricolo–sociale, l’o-peratore socio–sanitario, il tecnico istituzio-nale, il “consum–attore” e i beneficiari.Sono previsti insegnamenti anche dei princi-pi, delle strategie e dei metodi da conoscere perun approccio completo e dinamico rispettoallo sviluppo sostenibile, alla psicologia so-ciale e alla sostenibilità tecnica ed economi-co–finanziaria. Il master prevede inoltre la co-

noscenza degli stru-menti di analisi e degliaspetti giuridici, orga-nizzativi e fiscali fino al-la progettazione socia-le e al marketing.Tra i requisiti richiestisono il possesso dellalaurea di primo e se-condo livello. Il costo èdi euro 1700 da versarein due rate. Il Master a-vrà inizio il 9 febbraio2018. Per informazionitelefonare allo0672594881 o spedireuna e–mail all’[email protected]

La facciata della cattedrale

Da Santa Maria in Vescovio,antica basilica dei Sabini,a San Liberatore, alla chiesaprogettata da Martino Longhi

La cattedrale di Santa Maria Assunta a Poggio Mirteto

È un settore del mondo rurale che permette di rilanciare la retedi prossimità tipica dei borghievitando lo spopolamento

DI MIRKO GIUSTINI

erniera tra agricoltura eruralità», così NicolaTavoletta, commissario Acli

Terra per il Lazio, ha definito il ruolodella fattoria sociale. Qual è la situazione in regione?Le fattorie sociali sono in crescita,soprattutto per le intuizioni dei giovani chevanno a riorganizzare le aziende o i terrenidi famiglia. Le sfumature della fattoriasociale si sono ampliate. Importante

rimane la cooperazione, applicata peròsolo in pochi casi. Un esempio lo troviamonella fascia tra Aprilia, Cisterna di Latina,Anzio e Nettuno. Anche la provincia diRoma ha visto un aumento importante,ma non riesce a dare il massimo perquestioni legislative. Il problema è cheancora non esistono i decreti attuatividella legge che regola la materia. Il vuotonormativo porta con sé l’assenza difinanziamenti regionali ad hoc.Quali potenzialità racchiude una fattoriasociale?Il mondo rurale raccoglie tutte le esigenzedell’essere umano, la salute, il lavoro, laprevidenza, attraverso i prodotti dellanatura e l’ospitalità che essa offre. Ogni suaespressione può dare luogo a un lavoro. Lafattoria sociale può abbracciare settori distudio quali la sanità, la psicologia,l’accoglienza, l’istruzione, la formazione e

tanti altri. Si tratta di un’alternativa aisistemi urbani. Le figure nel terziariocittadino possono essere convertiteall’interno del sistema agricolo. Rimanealta l’attenzione per la produzione. Laprovincia di Latina ad esempio haregistrato un balzo in avanti del 7%nell’export.Quali risvolti sociali ci sono per i territoriche ospitano le aziende agricole solidali?La crisi dell’ultimo decennio ha portatocon sé tante difficoltà per le famiglie, ladisoccupazione giovanile el’impoverimento del welfare. L’agricolturasociale permette di ripopolare la rete diprossimità e solidarietà tipica dei borghi. Lafattoria dunque diventa un avamposto disussidiarietà. Le famiglie giovani, residentinelle zone collinari periferiche, di solitosono costrette al pendolarismo e portano ifigli con loro. Ma, se grazie all’agricoltura

solidale si potessero fornireservizi assistenziali, tipo leludoteche, si potrebbe farfronte allo spopolamento eall’abbandono del territorio.La famiglia potrebbecontinuare a esercitare unafunzione di presidio nellezone meno popolate. Unruolo civico che avrebberipercussioni positive sullaprevenzione del dissestoidrogeologico, gli incendi e l’abbandonodei rifiuti. Senza contare il risparmiodeterminato dall’economicità del costodella vita nelle campagne. Quali sono le prospettive future?La politica deve chiudere la partita deidecreti delegati. Ci vorrebbe anche unaspinta più decisa da parte delleamministrazioni comunali. A loro spetta il

La fattoria sociale è un avamposto di solidarietà

coordinamento istituzionale, la fornituradei servizi di viabilità, comunicazione eopere pubbliche, oltre alla promozione delterritorio. La regione attraverso il piano disviluppo rurale eroga i fondi. Leamministrazioni locali non dannofacilmente le concessioni edilizie rurali perampliamento o implementazione, questofrena i progetti delle fattorie.

DI CARLA CRISTINI

uomo e la terra, un rapporto spessocontroverso. Mezzo disostentamento, fattore produttivo

per eccellenza, la terra è tornata ad esserecoltivata e amata. A pochi chilometri daRoma, si trovano storie di realtà chehanno fatto del lavoro nella terra non solofonte di profitto, ma un potenziale per unagire etico e inclusivo. A Tarquinia opera la Comunità “MondoNuovo”, fondata 38 anni fa da AlessandroDiottasi, che racconta di una realtà basatasu «amore e condivisione», che si occupadi recupero di casi di dipendenza. «Lacomunità ha in tutto nove centriresidenziali, di cui cinque accreditati dalsistema sanitario nazionale e quattro casedi accoglienza – spiega Diottasi – Il tuttosi basa su un approccio psicologico, unpercorso ergo–terapeutico basato sullavoro: si coltiva la terra, si allevano

animali, si pratica l’apicoltura, perl’autoconsumo e per la vendita, i cuiproventi vanno a coprire le spese e ilfabbisogno dei ragazzi nella comunità eper una piccola rendita nel momento incui usciranno. Lo scopo è insegnare unmestiere, per poi tornare a vivere nellasocietà come persone nuove».La tappa successiva porta alla “FattoriaRiparo”, nata nel 2014 grazie ad unprogetto avviato da una cooperativaagricola giovanile su un podere ad Anzio,di proprietà della diocesi di Albano, conl’obiettivo comune di creare occasioni dilavoro “buono e giusto” per i giovani delterritorio diocesano. «Nei primi anni, cisiamo dedicati essenzialmente al lavorocon le scuole, attraverso la fattoriadidattica» racconta Luca Vita. «Si trattanon soltanto di un lavoro, ma anche diuna vera e propria missione, riavvicinare ipiù piccoli alla terra, attraverso il contattodiretto con gli altri esseri viventi». Sono

nate poi collaborazionicon i Centri di Salutementale del territorio peril reinserimentolavorativo di persone consofferenza psichica. A Frosinone, EmanueleMastronardi,responsabile dellacooperativa Diaconia,racconta di un «settoreavviato da soli tre annigrazie alla donazione dialcuni terreni ormai indisuso. Sono staticoinvolti ragazzi conproblematiche di disagiosociale per il recupero di

uliveti e terreni. Le nostre produzioni sonocertificate biologiche e abbiamo creatoanche un nostro logo, L’uomo buono. Oltrealla produzione di olio e di ortaggi,abbiamo anche una piccola produzione digrano duro di varietà antiche». Risalendo la Ciociaria, in Valle di Cominoopera Rise Hub, un’associazione dipromozione sociale nata nel 2015. «RiseHub nasce dall’incontro di due tipi dimigrazioni», racconta Silvia Di Passio,«quella di ritorno dei giovani nel luogo diorigine e il flusso di richiedenti asilo erifugiati che cercano nuove opportunità».Tra le sue attività il progetto “Tomato – laterra che ascolta, racconta, cura, nutre eaccoglie”. «Cosa se non il pomo d’oro,viaggiatore per eccellenza potevaispirarci?» racconta Silvia. «Il pomodoro siè integrato nelle cucine di tutto il mondoed è uno dei simboli dell’Italia. Unmodello di coltura nato dall’incontro diculture differenti, per promuovere unaproduzione solidale e una filiera etica». Infine Sabaudia, con l’associazione«HabitaTerra – un ambiente da abitare,una terra da lavorare e una casa in cuiaccogliere», costituita nel 2012 perl’integrazione sociale e l’inserimentolavorativo dei disabili. L’associazionenasce dalla scelta della famiglia di SilvanoCenci, titolare di un’azienda agricola, ditrasformarla in un ambiente inclusivo neiconfronti delle persone con disabilità, pergarantire alle famiglie l’assistenza ai proprifigli portatori di disabilità. Difficile condensare l’attività svolta daqueste realtà, che vale la pena conosceremeglio, perché fanno della terra il mezzocon cui l’uomo può sollevarsi da tantesituazioni svantaggiate.

’LA Tor Vergata master in agricolturaper progettare aziende sostenibili

Giovani coltivatori di HabitaTerra

Da sinistra, Nicola Tavoletta e Maurizio Scarsella

2 LAZIOLAZIO dalla regioneDomenica, 26 novembre 2017

Viaggio fra le sacre mura

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Page 3: Con lo sguardo alla Croce - diocesiportosantarufina.it€¦ · tagli ai fondi per i disabili possono attendere. ... violenza contro le donne. La constatazione dello stretto ... pretese

Qual è il futuro della Rete?

Riflettere sulle omelie di papa Francesco a Santa MartaA Marina di Cerveteripresentato il libro delsociologo Gamaleri editodalla Libreria Vaticana

comunicazione.Sabato alla Facoltà «Auxilium» l’ultimo appuntamento

DI DANILA TOZZI

stato un pomeriggio all’insegnadella cultura coniugata con la fe-de. Alcuni giorni fa presso la par-

rocchia San Francesco d’Assisi a Mari-na di Cerveteri si è tenuto il convegno“Dove va la comunicazione dellaChiesa”, in occasione del nuovo libroSanta Marta. Riflessioni sulle omelie dipapa Francesco di Gianpiero Gamale-

È

ri, pubblicato dalla Libreria editricevaticana. Queste omelie sono pubbli-cate sul settimanale Il mio Papa dellaMondadori. Sono quelle che il pon-tefice pronuncia alle 7 del mattino du-rante la Messa a Santa Marta (medi-tazioni personali espresse ad alta vo-ce davanti a una ristretta assemblea).Non solo riflessioni e preghiere lega-te alla Bibbia, ma “lenti” con cui il Pa-pa interviene nelle scelte che riguar-dano il mondo in cui viviamo. Oltrea Gamaleri, ordinario di Sociologiadei processi culturali e comunicativi,presenti anche Ugo Apollonio, già do-cente di giornalismo alla Luiss, Anto-nio Augenti, direttore Centro servizi e-ducativi consorzio universitario Hu-manitas – Roma, e padre Giulio Ce-sareo, direttore della Libreria editrice

vaticana. Un folto pubblico ha assi-stito al dibattito avviato dal parrocodon Domenico Giannandrea conun’introduzione ispirata alla Bibbia:«Ci imbattiamo in un episodio parti-colarmente significativo per illumi-nare il concetto di comunicazione ecogliere come essa sia stata vissuta nel-la Chiesa delle origini. E come i primicristiani dimostrarono di aver assimi-lato l’attitudine dialogica del loro mae-stro, ossia la capacità di ascolto, dia-logo e confronto di Gesù di Nazaret,maestro di comunicazione».Attraverso suggestivi fotogrammi chehanno ricreato perfettamente lo spiri-to delle parole del Vangelo, Gamaleriha commentato e spiegato i vari mo-menti, storie e personaggi che popo-lano le Scritture. L’autore ha sottoli-

neato tuttavia «l’esigenza di persona-lizzare la parola del Papa, di ricon-durla al proprio contesto familiare, so-ciale, psicologico e culturale. Il richia-mo più efficace è quello capace di crea-re un’eco, un rimbalzo da persona apersona, un passaparola dello spiri-to». Perciò è nato anche questo agilelibro, composto da brevi citazioni delPapa (integrate anche da immagini edidascalie) che diano ancor più con-cretezza al testo, suggerendo riferi-menti alla realtà di tutti i giorni. E pro-prio alla vita quotidiana si è riferito Ce-sareo quando ha dichiarato che papaFrancesco utilizza le parole come fos-sero una lettera indirizzata da Dio al-l’umanità: «Riesce a trovare nuovespiegazioni al Vangelo» per «una co-municazione che si trasforma in con-

versione, cioè in ca-pacità di fare dietro-front, guardare e leg-gere dunque con altriocchi anche la vita deinostri cari». Più filo-sofico l’intervento diAugenti che parla diuna Chiesa in cui og-gi è difficile il cam-mino: «Stiamo viven-do momenti di crisi ed ecco che il Pa-pa cerca strade e linguaggi nuovi perarrivare alla gente». Più provocatoriae vivace la relazione di Apollonio chetira in ballo fatti del Vaticano legati al-la cronaca e all’attualità e oggetto diinchieste da parte dei giornalisti per faremergere verità a volte scomode e im-popolari. «La comunicazione – con-

clude il parroco – è trasformante: nonè un pacco che si recapita, ma un in-contro che trasfigura. Il metodo dia-logico della prima comunità restal’emblema di una comunicazionesempre possibile, perché la Scritturacontinui a parlare all’uomo e alla don-na di oggi, e la fede continui a esserespazio di ricerca condivisa».

DI GIANNI CANDIDO

ercoledì il vescovo Reali e ildiacono Enzo Crialesi, direttoredell’ufficio Migrantes, hanno

incontrato in curia i cappellani e iresponsabili dei migranti cattolici chevivono in diocesi. In questa tradizionaleriunione si fa il punto della situazionesulle attività pastorali e sulle situazionidei singoli gruppi. Dagli anni Settantac’è un flusso continuo di cattoliciprovenienti da altri Paesi. Oggi siregistra la presenza consolidata dialbanesi, caldei, filippini, sudamericani,nigeriani, polacchi, romeni di ritolatino, slovacchi, srilankesi.Considerando anche gli appartenenti adaltre confessioni e ad altre religioni èpossibile indicare in un 10% lacomponente migrante dellapopolazione residente. Dopo il salutodel vescovo e l’introduzione del diaconosono intervenuti i responsabili.Per i polacchi ha parlato il coordinatorenazionale don Jan Antoni Glowczykassieme a padre Nicodemo Powojski edon Dariusz Giers. I sacerdotievidenziano che accanto all’integrazioneormai completata, da qualche annomolti loro concittadini stannorientrando in patria. Così come accadeper gli slovacchi, precisa don PavolZvara, rettore del Pontificio collegioslovacco Santi Cirillo e Metodio, e pergli albanesi, spiega don Lulash Brrakaj.Padre Henry Escasinas, che ha la curadei cattolici filippini, segnala unaccompagnamento diretto di circaottanta persone cui viene assicurato ilculto. Cinquanta srilankesi sono inveceimpegnati direttamente nella pastorale,come ha spiegato suor Lourdes.Discorso a parte riguarda poi il Centrodi accoglienza per richiedenti asilo(Cara) di Castelnuovo di Porto e ilCentro di identificazione ed espulsione(Cie) di Ponte Galeria a Roma. PadreJosé Manuel Torres Origel, parroco diPonte Storto dove è presente il Cara,parla di circa novecento personeospitate nella struttura, distinti trauomini singoli, alcuni gruppi familiari euna quarantina di minori. Provengonodall’Africa e dal Medio Oriente. Al Carala diocesi si fa presente anche condiverse attività animate dai volontari, inestate e durante i periodi forti dell’anno.Nel Cie, spiega suor Maria GraziaPennisi, sono presenti circa un centinaiodi donne. La religiosa, con altrivolontari, cerca di garantire unapresenza costante improntatasoprattutto all’ascolto. Parla infine ilvescovo, che ringrazia del lavoro fattocon tanta disponibilità e competenza datutti i responsabili. Il presule invita acontinuare nel segno dell’accoglienza,prestando attenzione a diffonderne ilvalore, perché è attraverso di essa chetestimoniamo l’appartenenza alla fedein Gesù Cristo. Ma è anche importanteapprofondire la conoscenze delterritorio, i suoi cambiamenti, i nuoviche arrivano ad abitarvi.L’incontro si conclude con l’invito allaGiornata mondiale del migrante e delrifugiato, che si celebra il 14 gennaio.Quest’anno la festa diocesana saràospitata nella parrocchia di Santa PaolaFrassinetti a Fiumicino, conun’anteprima il sabato dedicata allaformazione dei più giovani.

M

Migranti, le vieper l’accoglienzae l’integrazione

DI SIMONE CIAMPANELLA

è un continentesconosciuto a molti in cuiviviamo ogni giorno senza

averne piena consapevolezza.Questo continente è la Rete. Amoree odio, speranza e disperazione,ricchezza e povertà, cibo, oggetti,viaggi, conoscenza. Tutto quello chesiamo e con cui entriamo inrelazione è approdato sulla suasuperficie già da anni. Anzi è lanostra esistenza ad essere pervasadalla sua natura, che è la tecnica.Ciò che saremo e come ci sapremoriconoscere tra di noi dipenderà dacome impareremo fin da subito ascoprirne il senso, il funzionamentoe il cambiamento che provoca nelnostro modo di pensare e di essere.Tutti gli ambiti del sapere sonocoinvolti nella sua comprensione. Ese il primo atteggiamento è quellodella ricerca, il secondo, a questostrettamente legato, è l’educazione.Per questo la Pontificia Facoltà diScienze dell’Educazione «Auxilium»di Roma, che ogni autunnoorganizza un corso interdisciplinareper offrire un percorso diformazione aperto a tutti glieducatori, ha pensato bene disoffermarsi su questo continentedigitale. Sabato prossimo dalle 9sarà Pier Cesare Rivoltella a metterel’ultimo tassello nella discussionesviluppata in tre sabati mattina. Ilrelatore è ordinario di Didattica etecnologie dell’istruzione edell’apprendimento pressol’Università Cattolica di Milano efondatore del Centro ricercasull’educazione ai media,

’Call’informazione e alla tecnologia(Cremit). L’iniziativa propostadall’Auxilium si è avviata il 21ottobre con una task force di espertiin vari settori (Claudio Panaiotti ePaolo Fiaccavento del serviziosistemi informatici del SegretariatoGenerale della Presidenza dellaRepubblica, Isabella Corradini diThemis, Alessandra Smerillieconomista dell’Auxilium, CorradoGiustozzi della European UnionAgency for Network andInformation Security). L’incontro èstato introduttivo, nel senso che hamesso sul tavolo tutte le questionietiche, economiche, sociologiche etecnologiche connesse alla Rete.Negli interventi si è dettochiaramente che è l’atteggiamentopersonale a determinare la qualitàdel vivere l’ambiente digitale pernon esserne oggetti, ma soggetticritici. All’interno di questa corniceconcettuale si è inserito il 18ottobre Ernesto Caffo con il suostaff de “Il telefono azzurro”. Ilneuropsichiatra ha illustrato lamutazione in atto nei cervelli in viadi sviluppo determinata da Internet.Chi si occupa di formazione devetenere conto che l’attenzione, lamemoria e l’apprendimento deiragazzi funzionano oggi conmeccanismi differenti da comesono stati conosciuti fino ad oggi.Ma gli educatori, soprattutto igenitori, devono anche tenerepresente i rischi della Rete. Più di unquarto degli utilizzatori ha tra i 10 ei 14 anni. Si tratta di 800 milioni dibambini e ragazzi che costruisconola propria identità e socializzanoattraverso le nuove tecnologie, mache sono anche esposti a nuoveforme di violenza e abuso(cyberbullismo, sexting, sextortion,grooming). È importante che igenitori prendano consapevolezzadi tutto ciò, quando decidono dimettere in mano un dispositivo ailoro figli. Se oggi c’è questo in ballo,come è da immaginare lo sviluppodella Rete? Ovviamente nessuno,per quanto preparato, può esporsipiù di tanto. Comunque leprevisioni parlano di un websemantico (o web 3.0), quasi uncervello extra a disposizione dellapersona, che potrà essere consultatoed esplorato a partire dal linguaggionaturale dell’uomo. Quali allora lericadute per l’educazione e qualicompetenze sono da promuovere eformare nei professionistidell’educazione? Il 2 dicembreRivoltella offrirà un contributo inquesta direzione. Il suo interventomira a definire le modalitàattraverso cui costruire la propriacittadinanza digitale e quella dellacomunità. (www.pfse-auxilium.org)

uesta settimana hanno fatto rientro inItalia Alessia D’Ippolito ed Emanuela

Pizzi. Sono le due missionarie inviate dalvescovo Reali come fidei donum nella diocesimalawiana di Mangochi. Qui collaboranoquotidianamente da circa due anni nellaparrocchia di Koche, dove don FedericoTartaglia, direttore del centro missionario, èstato parroco per nove anni. Non è unperiodo di vacanza quello che le tratterràalcune settimane da noi, ma una fasecentrale del loro servizio. Difatti, il mandatoche hanno ricevuto non si esaurisce nellaterra di missione ma continua nellacondivisione della loro esperienza enell’animazione della Chiesa che le ha inviate.Assieme alle giovani i volontari del centromissionario hanno organizzato eventi per farconoscere la realtà malawiana e perraccogliere fondi in sostegno dei progetti. Si

Q inizia il 3 dicembre con la “Degustazione peril Malawi” (offerta libera) presso la TenutaCherubini dalle 17 (Facebook:“Circoloilpavone”). I partecipanti potrannodialogare direttamente con Alessia edEmanuela. Ma il centro missionario èimpegnato anche in altre missioni, tra cui laRomania. Il 2 dicembre si terrà anche la cenadi beneficenza nella parrocchia di SanteRufina e Seconda (piazza del Castello diPorcareccia 33, Casalotti) alle 20. Il gruppoBucurie, nato all’interno del centromissionario, organizza la “Polentatacucuriosa” (con un gioco di parole si mutua iltermine romeno “bucurie” che significa“gioia”) per sostenere l’orfanotrofio di Baratinella città di Bacau. Offerta libera eprenotazione obbligatoria (Marco3282515061).

Marino Lidi

Un weekend tra Romania e Malawi

Oggi il raduno dei coriggi, festa di Cristo Re del-l’Universo, i cori della dio-

cesi si riuniscono alle 16 nellaCattedrale dei Sacri Cuori di Ge-sù e Maria per il loro incontroannuale. Si tratta di un appuntamentotradizionale che accoglie sem-pre più persone. I gruppi che a-nimano la liturgia nelle par-rocchie propongono in questagiornata la loro interpretazio-ne di un tema comune affida-to dal direttore dell’ufficio li-turgico, don Giuseppe Colaci,con l’équipe diocesana. In que-sta quindicesima edizione si a-scolteranno brani che ruotanoattorno ai salmi ascensionali eal pellegrinaggio. Alle 18.30 se-gue la Messa presieduta dal ve-scovo Reali.

O

Il secondo incontro con Ernesto Caffo e lo staff della onlus Il Telefono Azzurro

Il vescovo Reali e il diacono Crialesi con i sacerdoti e i responsabili dei migranti cattolici

Interverrà il professor Rivoltella,fondatore del Centro ricercasull’educazione ai media,all’informazione e alla tecnologiapresso l’Università Cattolica

Da sinistra, Gianpiero Gamaleri e Antonio Augenti

in Cattedrale

incontro in Curia

OGGIGiornata di sensibilizzazione per ilsostentamento del clero. Raduno deicori e delle corali diocesane (inCattedrale alle 16)

30 NOVEMBRESant’Andrea apostolo, festa patronale aOsteria Nuova

5 DICEMBRERiunione dei vicari foranei e degliuffici di curia (Curia, 9.30)

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PORTO SANTA RUFINA

Pagina a cura di don Giovanni Di Michele Curia diocesana

via del Cenacolo 5300123 Roma

e-mail: [email protected] www.diocesiportosantarufina.it

Domenica, 26 novembre 2017

L’agenda

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