Con lo sguardo a Fátima comunitaria con il Signore nei ......per l’Economia, in una intervista ai...

7
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 108 (48.432) Città del Vaticano giovedì 14 maggio 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!"!,!=![! Dopo le trasmissioni della liturgia quotidiana da Santa Marta Il ritorno alla familiarità comunitaria con il Signore nei sacramenti Lunedì 18 Francesco celebrerà la messa sulla tomba di san Giovanni Paolo II nel centenario della nascita di ANDREA TORNIELLI Q uella di lunedì prossimo, al- le 7 di mattina, sarà l’ultima di una serie che ogni gior- no, per più di due mesi, ha accom- pagnato milioni di persone in tutto il mondo. In occasione della ripre- sa delle messe con il popolo in Ita- lia, Francesco ha infatti deciso di interrompere la diretta della messa mattutina. L’occasione sarà specia- le, perché il 18 maggio si festeggia il centesimo anniversario della na- scita di Karol Wojtyła, e per questo Francesco celebrerà dall’altare sulla tomba del santo Pontefice, suo pre- decessore, da lui canonizzato nel 2014. La trasmissione in diretta video, radio e streaming della celebrazio- ne della messa mattutina di Santa Marta e la decisione di celebrarla quotidianamente in questo periodo di quarantena, sono stati un dono inaspettato e bellissimo. Tante per- sone, anche lontane dalla Chiesa, si sono sentite accompagnate e sor- rette dal Papa che in punta di pie- di, a inizio giornata, bussava alle porte delle loro case. In tanti han- no imparato l’importanza e il con- forto dell’incontro quotidiano con il Vangelo. Mai in così tanti aveva- no seguito la liturgia dei giorni fe- riali in tv, proposta senza commen- ti e con alcuni minuti di adorazio- ne silenziosa del Santissimo Sacra- mento. La bellezza e la semplicità delle omelie a braccio pronunciate dal Papa ci hanno permesso di entrare nelle pagine del Vangelo, come se fossimo presenti quando quei fatti si compivano. Durante l’emergenza che ci ha costretti a rimanere rin- chiusi tra le mura di casa, si è con- fermata l’importanza di questo ma- gistero quotidiano, ancora più deci- sivo nei momenti di incertezza, di sofferenza, di angoscia, di tante domande sul futuro. Le omelie di Santa Marta rap- presentano un aspetto significativo del servizio di Francesco come Ve- scovo di Roma. In molti erano già abituati a seguirle attraverso le sin- tesi offerte dai media vaticani e i volumi della Libreria Editrice Vati- cana che annualmente le raccolgo- no. Negli ultimi due mesi però è stato diverso, perché la diretta ha offerto la possibilità di partecipare, seppure a distanza, a queste cele- brazioni quotidiane, guardando il Papa mentre predica e commenta a braccio le Scritture. Diversi milioni di persone sono entrate ogni giorno in contatto con queste messe. Tantissimi hanno scritto per ringraziare. Ora, con la ripresa delle celebrazioni con il po- polo nelle chiese italiane, ha inizio una fase nuova. A molti, si può star certi, mancherà questo appun- tamento quotidiano. Ma, come ha affermato lo stesso Francesco, c’è bisogno di tornare alla familiarità comunitaria con il Signore nei sa- cramenti, partecipando di persona alla liturgia. Senza dimenticare un altro invito del Papa, quello di “frequentare” ogni giorno le pagine del Vangelo, con il contatto quoti- diano a cui le messe televisive di Santa Marta ci avevano ormai abi- tuato. Intervista con il Prefetto della Segreteria per l’Economia Quello della Santa Sede è un bilancio di missione «Non siamo una impresa. Non sia- mo una azienda. Il nostro obiettivo non è fare profitto. Ogni Dicaste- ro, ogni Ente, compie un servizio. E ogni servizio ha dei costi. Il no- stro impegno deve essere quello della massima sobrietà e della mas- sima chiarezza. Il nostro deve esse- re un bilancio di missione. Cioè, un bilancio che mette in relazione i numeri con la missione della Santa Sede. Questa che sembra una pre- messa, è la sostanza della questio- ne. E dunque non va mai persa di vista». È quanto sottolinea padre Juan Antonio Guerrero Alves, da pochi mesi Prefetto della Segreteria per l’Economia, in una intervista ai media vaticani. Chiamato da Papa Francesco a portare a termine una riforma che punta alla trasparenza economica della Santa Sede e a un uso sempre più efficiente dei beni e delle risorse che sono al servizio della sua missione evangelizzatrice, padre Juan Antonio Guerrero Al- ves si trova ora a doversi confron- tare con la crisi causata dal co- vid-19. PAGINA 7 All’udienza generale sulla preghiera il Papa invita a implorare la fine della pandemia per intercessione della Vergine Con lo sguardo a Fátima E ai fedeli polacchi ricorda l’attentato del 1981 a Papa Wojtyła Nella «memoria liturgica della Ma- donna di Fatima... domandiamo a Dio, per intercessione del Cuore Im- macolato di Maria, la pace per il mondo» e «la fine della pandemia». Al termine dell’udienza generale di mercoledì 13 maggio, svoltasi ancora una volta senza fedeli, il Papa ha ri- cordato la ricorrenza dell’apparizio- ne della Vergine ai tre pastorelli alla Cova da Iria, per rilanciare la devo- zione alla Madonna — nel mese a lei dedicato — e affidarle gli auspici dell’umanità affinché si fermi la dif- fusione del contagio del coronavirus. Nel saluto rivolto ai fedeli polac- chi che — come tutti gli altri gruppi linguistici — hanno seguito la cate- chesi dedicata al tema della preghie- ra cristiana attraverso i media, il Pontefice ha anche fatto riferimento all’attentato del 1981 al suo predeces- sore Giovanni Paolo II, «che nella salvezza della sua vita vedeva l’inter- vento materno» della celeste Signora venerata nel santuario portoghese. In proposito ha anche annunciato per lunedì prossimo, 18 maggio, nel centenario della nascita di Papa Wojtyła, l’intenzione di celebrare la messa davanti all’altare della sua tomba. «Ringraziamo Dio di averci dato questo vescovo a Roma, santo vescovo, e chiediamo a lui che ci aiuti: — ha detto — che aiuti questa Chiesa di Roma a convertirsi e ad andare avanti». Ai fedeli di lingua araba, invece, Papa Bergoglio ha spiegato che «la preghiera è il modo per comunicare e per ascoltare Dio»; perciò «con questo spirito» ha voluto accogliere «l’invito dell’Alto Comitato per la Fratellanza Umana a dedicare la giornata di domani, 14 maggio, alla preghiera, al digiuno e alle opere di carità». Da qui l’appello «a unirsi... come fratelli nel chiedere al Signore di salvare l’umanità dalla pandemia, di illuminare gli scienziati e di guari- re i malati». In precedenza, durante la quoti- diana celebrazione del mattino nella cappella della Domus Santa Marta, il Papa aveva offerto la messa per il mondo dell’istruzione: «preghiamo oggi — ha esordito — per gli studen- ti, i ragazzi che studiano, e gli inse- gnanti che devono trovare nuove modalità per andare avanti nell’inse- gnamento: che il Signore li aiuti in questo cammino, dia loro coraggio e anche un bel successo», ha auspica- to. All’omelia quindi ha incentrato la riflessione sul brano del Vangelo di Giovanni (15, 1-8) in cui Gesù ricorre all’immagine della vite e dei tralci. PAGINA 8 Il messaggio di Guterres mentre l’Unicef lancia l’allarme sulla condizione dei bambini nei Paesi più poveri Leader religiosi fondamentali per uscire dall’emergenza NEW YORK, 13. «Il coronavirus non tiene conto delle distinzioni religiose o spirituali, non si preoccupa dei confini nazionali. Siamo tutti vulne- rabili e quella vulnerabilità condivisa rivela la nostra comune umanità». Così si è espresso ieri il segretario generale delle Nazioni Unite, Antó- nio Guterres, nel corso di una confe- renza sull’emergenza coronavirus. Guterres ha sottolineato l’importan- za dei leader religiosi nel gestire la crisi attuale che sta mettendo a dura prova tutti i sistemi sociali. La pandemia — ha ricordato — «mostra la nostra responsabilità di promuovere la solidarietà come fon- damento della nostra risposta, e mette in evidenza il ruolo cruciale dei leader religiosi nelle vostre co- munità e oltre» ha dichiarato Guter- res, evidenziando quattro aree in cui questi «possono svolgere un ruolo fondamentale nel fornire soluzioni per affrontare la pandemia e per la ripresa». In primo luogo, Guterres ha ringraziato i leader religiosi «per aver sostenuto il mio appello per un cessate il fuoco globale, ma ora gli chiedo di incoraggiare le comunità a promuovere la non violenza e a re- spingere xenofobia, razzismo e intol- leranza». Quindi, il leader del palaz- zo di vetro ha ricordato il suo «ap- pello per la pace nelle case, visto che in tutto il mondo stiamo assi- stendo a un allarmante aumento del- la violenza contro donne e ragazze». In terzo luogo, Guterres ha chie- sto ai leader religiosi di «sfruttare le loro reti e capacità di comunicazione per supportare i governi per pro- muovere le misure di sanità pubblica raccomandate dall’Oms (l’O rganiz- zazione mondiale della sanità, ndr), e per garantire che le attività di cul- to, le cerimonie religiose e le prati- che di sepoltura, rispettino queste misure». Infine, il segretario genera- le ha esortato «i leader religiosi a so- stenere la continuità dell’istruzione». Intanto, l’Unicef (il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia) ha lan- ciato ieri un nuovo allarme per la si- tuazione dei paesi poveri nel pieno della pandemia. «Nei prossimi 6 me- si potrebbero morire ogni giorno ul- teriori 6000 bambini per cause pre- venibili a causa della pandemia di covid-19, che continua a indebolire i sistemi sanitari e a interrompere i servizi di routine» hanno fatto sape- re fonti dell’Unicef. I dati provengo- no da uno studio dei ricercatori del- la Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health, pubblicato nel «The Lancet Global Health jour- nal». Lo studio analizza tre scenari per l’impatto della riduzione degli interventi salvavita sulle morti ma- terne e dei bambini dovuta alla crisi del coronavirus. Secondo il peggiore di 3 scenari in 118 paesi a medio e basso reddito, l’analisi dei ricercatori della Johns Hopkins Bloomberg School of Pu- blic Health stima che ulteriori 1,2 milioni di morti di bambini sotto i 5 anni potrebbero verificarsi in soli 6 mesi, a causa della riduzione dei li- velli di copertura nei servizi sanitari di routine e di un incremento della malnutrizione acuta dei bambini. «Queste morti potenziali si aggiun- geranno ai 2,5 milioni di bambini che già muoiono prima del quinto compleanno ogni sei mesi nei 118 paesi compresi nello studio, minac- ciando di ribaltare i progressi di cir- ca dieci anni nel porre fine alle mor- ti prevenibili dei bambini sotto i 5 anni. Inoltre, circa 56.700 morti ma- terne in più potrebbero verificarsi in soli 6 mesi e si aggiungerebbero alle 144.000 morti che già avvengono ne- gli stessi paesi in un periodo di 6 mesi» sottolineano fonti delle Nazio- ni Unite. «Secondo lo scenario peg- giore, il numero globale di bambini che muoiono prima del quinto com- pleanno potrebbe aumentare per la prima volta dopo decenni» ha di- chiarato Henrietta Fore, direttore ge- nerale dell’Unicef. «Non dobbiamo lasciare che le madri e i bambini di- ventino danni collaterali nella batta- glia contro il virus. Non dobbiamo lasciare che i progressi degli ultimi dieci anni nel ridurre le morti preve- nibili di madri e bambini vadano persi». Indetta dall’Alto comitato per la Fratellanza umana con l’adesione del Pontefice Il 14 maggio Giornata di preghiera, digiuno e opere di carità PAGINE 6 E 7 A colloquio con il vescovo Di Tora presidente di Migrantes I dimenticati della pandemia ROBERTO CETERA A PAGINA 2 Il racconto dell’epidemia nei secoli LUCIO CO CO E GABRIELE NICOLÒ A PAGINA 4 Il rapporto con il creato nel pensiero di Romano Guardini Dio non è un albero L’uomo non è un faggio ANNA MARIA TAMBURINI A PAGINA 5 ALLINTERNO NOSTRE INFORMAZIONI LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi metropolitana di Tharé and Nonseng (Thai- landia), presentata da Sua Ec- cellenza Monsignor Louis Chamniern Santisuknriran. Provviste di Chiese Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo di Tharé and Non- seng (Thailandia) Monsignor Anthony Weradet Chaiseri, del clero della medesima Sede me- tropolitana, finora Vicario Ge- nerale. Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Bafia (Camerun) Sua Eccellenza Monsignor Em- manuel Dassi Youfang, finora Vescovo titolare di Esco e Ausi- liare della Diocesi di Bafous- sam. Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Mpanda (Tanzania) Sua Eccellenza Monsignor Eu- sebius Alfred Nzigilwa, finora Vescovo Titolare di Mozotcori ed Ausiliare dell’Arcidiocesi di Dar-es-Salaam. Esistono imprese che hanno scelto un altro modello di sviluppo Dalla produzione alla generazione PATRIZIA CAPPELLETTI A PAGINA 3 L’ingresso alla Città del Vaticano

Transcript of Con lo sguardo a Fátima comunitaria con il Signore nei ......per l’Economia, in una intervista ai...

Page 1: Con lo sguardo a Fátima comunitaria con il Signore nei ......per l’Economia, in una intervista ai media vaticani. Chiamato da Papa Francesco a portare a termine una riforma che

Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 108 (48.432) Città del Vaticano giovedì 14 maggio 2020

.

y(7HA

3J1*QS

SKKM(

+"!"!,!=

![!

Dopo le trasmissioni della liturgia quotidiana da Santa Marta

Il ritorno alla familiaritàcomunitaria

con il Signore nei sacramentiLunedì 18 Francesco celebrerà la messa sulla tombadi san Giovanni Paolo II nel centenario della nascita

di ANDREA TORNIELLI

Q uella di lunedì prossimo, al-le 7 di mattina, sarà l’ultimadi una serie che ogni gior-

no, per più di due mesi, ha accom-pagnato milioni di persone in tuttoil mondo. In occasione della ripre-sa delle messe con il popolo in Ita-lia, Francesco ha infatti deciso diinterrompere la diretta della messamattutina. L’occasione sarà specia-le, perché il 18 maggio si festeggiail centesimo anniversario della na-scita di Karol Wojtyła, e per questoFrancesco celebrerà dall’altare sullatomba del santo Pontefice, suo pre-decessore, da lui canonizzato nel2014.

La trasmissione in diretta video,radio e streaming della celebrazio-ne della messa mattutina di SantaMarta e la decisione di celebrarlaquotidianamente in questo periododi quarantena, sono stati un donoinaspettato e bellissimo. Tante per-sone, anche lontane dalla Chiesa, sisono sentite accompagnate e sor-rette dal Papa che in punta di pie-di, a inizio giornata, bussava alleporte delle loro case. In tanti han-no imparato l’importanza e il con-forto dell’incontro quotidiano conil Vangelo. Mai in così tanti aveva-no seguito la liturgia dei giorni fe-riali in tv, proposta senza commen-ti e con alcuni minuti di adorazio-ne silenziosa del Santissimo Sacra-mento.

La bellezza e la semplicità delleomelie a braccio pronunciate dalPapa ci hanno permesso di entrarenelle pagine del Vangelo, come sefossimo presenti quando quei fatti

si compivano. Durante l’e m e rg e n z ache ci ha costretti a rimanere rin-chiusi tra le mura di casa, si è con-fermata l’importanza di questo ma-gistero quotidiano, ancora più deci-sivo nei momenti di incertezza, disofferenza, di angoscia, di tantedomande sul futuro.

Le omelie di Santa Marta rap-presentano un aspetto significativodel servizio di Francesco come Ve-scovo di Roma. In molti erano giàabituati a seguirle attraverso le sin-tesi offerte dai media vaticani e ivolumi della Libreria Editrice Vati-cana che annualmente le raccolgo-no. Negli ultimi due mesi però èstato diverso, perché la diretta haofferto la possibilità di partecipare,seppure a distanza, a queste cele-brazioni quotidiane, guardando ilPapa mentre predica e commenta abraccio le Scritture.

Diversi milioni di persone sonoentrate ogni giorno in contatto conqueste messe. Tantissimi hannoscritto per ringraziare. Ora, con laripresa delle celebrazioni con il po-polo nelle chiese italiane, ha iniziouna fase nuova. A molti, si puòstar certi, mancherà questo appun-tamento quotidiano. Ma, come haaffermato lo stesso Francesco, c’èbisogno di tornare alla familiaritàcomunitaria con il Signore nei sa-cramenti, partecipando di personaalla liturgia. Senza dimenticare unaltro invito del Papa, quello di“f re q u e n t a re ” ogni giorno le paginedel Vangelo, con il contatto quoti-diano a cui le messe televisive diSanta Marta ci avevano ormai abi-tuato.

Intervista con il Prefetto della Segreteria per l’Economia

Quello della Santa Sedeè un bilancio di missione

«Non siamo una impresa. Non sia-mo una azienda. Il nostro obiettivonon è fare profitto. Ogni Dicaste-ro, ogni Ente, compie un servizio.E ogni servizio ha dei costi. Il no-stro impegno deve essere quellodella massima sobrietà e della mas-sima chiarezza. Il nostro deve esse-re un bilancio di missione. Cioè,un bilancio che mette in relazione inumeri con la missione della SantaSede. Questa che sembra una pre-messa, è la sostanza della questio-ne. E dunque non va mai persa divista». È quanto sottolinea padreJuan Antonio Guerrero Alves, da

pochi mesi Prefetto della Segreteriaper l’Economia, in una intervista aimedia vaticani. Chiamato da PapaFrancesco a portare a termine unariforma che punta alla trasparenzaeconomica della Santa Sede e a unuso sempre più efficiente dei beni edelle risorse che sono al serviziodella sua missione evangelizzatrice,padre Juan Antonio Guerrero Al-ves si trova ora a doversi confron-tare con la crisi causata dal co-vid-19.

PAGINA 7

All’udienza generale sulla preghiera il Papa invita a implorare la fine della pandemia per intercessione della Vergine

Con lo sguardo a FátimaE ai fedeli polacchi ricorda l’attentato del 1981 a Papa Wojtyła

Nella «memoria liturgica della Ma-donna di Fatima... domandiamo aDio, per intercessione del Cuore Im-macolato di Maria, la pace per ilmondo» e «la fine della pandemia».Al termine dell’udienza generale dimercoledì 13 maggio, svoltasi ancorauna volta senza fedeli, il Papa ha ri-cordato la ricorrenza dell’apparizio-

ne della Vergine ai tre pastorelli allaCova da Iria, per rilanciare la devo-zione alla Madonna — nel mese a leidedicato — e affidarle gli auspicidell’umanità affinché si fermi la dif-fusione del contagio del coronavirus.

Nel saluto rivolto ai fedeli polac-chi che — come tutti gli altri gruppilinguistici — hanno seguito la cate-

chesi dedicata al tema della preghie-ra cristiana attraverso i media, ilPontefice ha anche fatto riferimentoall’attentato del 1981 al suo predeces-sore Giovanni Paolo II, «che nellasalvezza della sua vita vedeva l’inter-vento materno» della celeste Signoravenerata nel santuario portoghese.In proposito ha anche annunciato

per lunedì prossimo, 18 maggio, nelcentenario della nascita di PapaWo j t y ła, l’intenzione di celebrare lamessa davanti all’altare della suatomba. «Ringraziamo Dio di avercidato questo vescovo a Roma, santovescovo, e chiediamo a lui che ciaiuti: — ha detto — che aiuti questaChiesa di Roma a convertirsi e adandare avanti».

Ai fedeli di lingua araba, invece,Papa Bergoglio ha spiegato che «lapreghiera è il modo per comunicaree per ascoltare Dio»; perciò «conquesto spirito» ha voluto accogliere«l’invito dell’Alto Comitato per laFratellanza Umana a dedicare lagiornata di domani, 14 maggio, allapreghiera, al digiuno e alle opere dicarità». Da qui l’appello «a unirsi...come fratelli nel chiedere al Signoredi salvare l’umanità dalla pandemia,di illuminare gli scienziati e di guari-re i malati».

In precedenza, durante la quoti-diana celebrazione del mattino nellacappella della Domus Santa Marta,il Papa aveva offerto la messa per ilmondo dell’istruzione: «preghiamooggi — ha esordito — per gli studen-ti, i ragazzi che studiano, e gli inse-gnanti che devono trovare nuovemodalità per andare avanti nell’inse-gnamento: che il Signore li aiuti inquesto cammino, dia loro coraggio eanche un bel successo», ha auspica-to. All’omelia quindi ha incentrato lariflessione sul brano del Vangelo diGiovanni (15, 1-8) in cui Gesùricorre all’immagine della vite e deitralci.

PAGINA 8

Il messaggio di Guterres mentre l’Unicef lancia l’allarme sulla condizione dei bambini nei Paesi più poveri

Leader religiosi fondamentali per uscire dall’e m e rg e n z aNEW YORK, 13. «Il coronavirus nontiene conto delle distinzioni religioseo spirituali, non si preoccupa deiconfini nazionali. Siamo tutti vulne-rabili e quella vulnerabilità condivisa

rivela la nostra comune umanità».Così si è espresso ieri il segretariogenerale delle Nazioni Unite, Antó-nio Guterres, nel corso di una confe-renza sull’emergenza coronavirus.Guterres ha sottolineato l’imp ortan-za dei leader religiosi nel gestire lacrisi attuale che sta mettendo a duraprova tutti i sistemi sociali.

La pandemia — ha ricordato —«mostra la nostra responsabilità dipromuovere la solidarietà come fon-damento della nostra risposta, emette in evidenza il ruolo crucialedei leader religiosi nelle vostre co-munità e oltre» ha dichiarato Guter-res, evidenziando quattro aree in cuiquesti «possono svolgere un ruolofondamentale nel fornire soluzioniper affrontare la pandemia e per laripresa». In primo luogo, Guterresha ringraziato i leader religiosi «peraver sostenuto il mio appello per uncessate il fuoco globale, ma ora glichiedo di incoraggiare le comunità apromuovere la non violenza e a re-spingere xenofobia, razzismo e intol-

leranza». Quindi, il leader del palaz-zo di vetro ha ricordato il suo «ap-pello per la pace nelle case, vistoche in tutto il mondo stiamo assi-stendo a un allarmante aumento del-la violenza contro donne e ragazze».

In terzo luogo, Guterres ha chie-sto ai leader religiosi di «sfruttare leloro reti e capacità di comunicazioneper supportare i governi per pro-muovere le misure di sanità pubblicaraccomandate dall’Oms (l’O rganiz-zazione mondiale della sanità, ndr),e per garantire che le attività di cul-to, le cerimonie religiose e le prati-che di sepoltura, rispettino questemisure». Infine, il segretario genera-le ha esortato «i leader religiosi a so-stenere la continuità dell’i s t ru z i o n e » .

Intanto, l’Unicef (il fondo delleNazioni Unite per l’infanzia) ha lan-ciato ieri un nuovo allarme per la si-tuazione dei paesi poveri nel pienodella pandemia. «Nei prossimi 6 me-si potrebbero morire ogni giorno ul-teriori 6000 bambini per cause pre-venibili a causa della pandemia di

covid-19, che continua a indebolire isistemi sanitari e a interrompere iservizi di routine» hanno fatto sape-re fonti dell’Unicef. I dati provengo-no da uno studio dei ricercatori del-la Johns Hopkins BloombergSchool of Public Health, pubblicatonel «The Lancet Global Health jour-nal». Lo studio analizza tre scenariper l’impatto della riduzione degliinterventi salvavita sulle morti ma-terne e dei bambini dovuta alla crisidel coronavirus.

Secondo il peggiore di 3 scenariin 118 paesi a medio e basso reddito,l’analisi dei ricercatori della JohnsHopkins Bloomberg School of Pu-blic Health stima che ulteriori 1,2milioni di morti di bambini sotto i 5anni potrebbero verificarsi in soli 6mesi, a causa della riduzione dei li-velli di copertura nei servizi sanitaridi routine e di un incremento dellamalnutrizione acuta dei bambini.«Queste morti potenziali si aggiun-geranno ai 2,5 milioni di bambiniche già muoiono prima del quintocompleanno ogni sei mesi nei 118paesi compresi nello studio, minac-ciando di ribaltare i progressi di cir-ca dieci anni nel porre fine alle mor-ti prevenibili dei bambini sotto i 5anni. Inoltre, circa 56.700 morti ma-terne in più potrebbero verificarsi insoli 6 mesi e si aggiungerebbero alle144.000 morti che già avvengono ne-gli stessi paesi in un periodo di 6mesi» sottolineano fonti delle Nazio-ni Unite. «Secondo lo scenario peg-giore, il numero globale di bambiniche muoiono prima del quinto com-pleanno potrebbe aumentare per laprima volta dopo decenni» ha di-chiarato Henrietta Fore, direttore ge-nerale dell’Unicef. «Non dobbiamolasciare che le madri e i bambini di-ventino danni collaterali nella batta-glia contro il virus. Non dobbiamolasciare che i progressi degli ultimidieci anni nel ridurre le morti preve-nibili di madri e bambini vadanop ersi».

Indetta dall’Alto comitato per la Fratellanza umana con l’adesione del Pontefice

Il 14 maggio Giornata di preghiera, digiuno e opere di carità

PAGINE 6 E 7

A colloquio con il vescovo Di Torapresidente di Migrantes

I dimenticatidella pandemia

ROBERTO CETERA A PA G I N A 2

Il raccontodell’epidemia nei secoli

LUCIO CO CO E GABRIELE NICOLÒA PA G I N A 4

Il rapporto con il creato nel pensierodi Romano Guardini

Dio non è un alberoL’uomo non è un faggio

ANNA MARIA TAMBURINI A PA G I N A 5

ALL’INTERNO

NOSTRE INFORMAZIONI

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

Il Santo Padre ha accettato larinuncia al governo pastoraledell’Arcidiocesi metropolitanadi Tharé and Nonseng (Thai-landia), presentata da Sua Ec-cellenza Monsignor LouisChamniern Santisuknriran.

Provviste di ChieseIl Santo Padre ha nominato

Arcivescovo di Tharé and Non-seng (Thailandia) MonsignorAnthony Weradet Chaiseri, delclero della medesima Sede me-tropolitana, finora Vicario Ge-nerale.

Il Santo Padre ha nominatoVescovo di Bafia (Camerun)Sua Eccellenza Monsignor Em-manuel Dassi Youfang, finoraVescovo titolare di Esco e Ausi-liare della Diocesi di Bafous-sam.

Il Santo Padre ha nominatoVescovo di Mpanda (Tanzania)Sua Eccellenza Monsignor Eu-sebius Alfred Nzigilwa, finoraVescovo Titolare di Mozotcoried Ausiliare dell’Arcidiocesi diD ar-es-Salaam.

Esistono imprese che hanno sceltoun altro modello di sviluppo

Dalla produzionealla generazione

PAT R I Z I A CAPPELLETTI A PA G I N A 3

L’ingresso alla Città del Vaticano

Page 2: Con lo sguardo a Fátima comunitaria con il Signore nei ......per l’Economia, in una intervista ai media vaticani. Chiamato da Papa Francesco a portare a termine una riforma che

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 giovedì 14 maggio 2020

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSONon praevalebunt

Città del Vaticano

o r n e t @ o s s ro m .v aw w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a

ANDREA MONDAdirettore responsabile

Giuseppe Fiorentinov i c e d i re t t o re

Piero Di Domenicantoniocap oredattore

Gaetano Vallinisegretario di redazione

Servizio vaticano: [email protected] internazionale: [email protected] culturale: [email protected] religioso: [email protected]

Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 [email protected] w w w. p h o t o .v a

Segreteria di redazionetelefono 06 698 83461, 06 698 84442

fax 06 698 83675segreteria.or@sp c.va

Tipografia VaticanaEditrice L’Osservatore Romano

Tariffe di abbonamentoVaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198Europa: € 410; $ 605Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665America Nord, Oceania: € 500; $ 740Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):telefono 06 698 99480, 06 698 99483fax 06 69885164, 06 698 82818,[email protected] diffusione.or@sp c.vaNecrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675

Concessionaria di pubblicità

Il Sole 24 Ore S.p.A.System Comunicazione Pubblicitaria

Sede legaleVia Monte Rosa 91, 20149 Milanotelefono 02 30221/3003fax 02 30223214

s e g re t e r i a d i re z i o n e s y s t e m @ i l s o l e 2 4 o re . c o m

Aziende promotricidella diffusione

Intesa San Paolo

Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

Società Cattolica di Assicurazione

A colloquio con il vescovo Guerino Di Tora presidente di Migrantes

I dimenticatidella pandemia

Tra Paesi e regioni che hanno profili di rischio simili

L’Ue propone la riaperturadelle frontiere

BRUXELLES, 13. Con la revoca gra-duale delle misure restrittive nazio-nali nell’Ue e una situazione epide-miologica del covid-19 sotto con-trollo, la Commissione europeapropone la “fase 2” anche per lefrontiere interne Schengen, conuna riapertura tra Paesi, ma anchetra regioni, che hanno «profili dirischio simili tra loro».

Una soluzione che viene incon-tro anche all’Italia, che potrà cosìdare il via libera alle sue regioni adalta vocazione turistica e con bassecurve di infezioni per gli arrivi datutte le altre aree dell’Ue con carat-teristiche analoghe. La Commissio-ne presenterà in giornata le lineeguida sui confini proprio nell’ambi-to di un pacchetto più ampio, cheriguarda anche aiuti alle piccole emedie imprese del settore. Ad ag-giornare una lista di regioni a bassacircolazione del virus, in modo taleche — indica Bruxelles — «le misu-re di quarantena a tappeto»nell’area Schengen possano essereprogressivamente abbandonate esia avviata la collaborazione traPaesi, sarà l’Agenzia europea che

monitora l’andamento del covid-19.Le revoche dei controlli alle fron-tiere dovranno comunque esserefatte in coordinamento con i Paesivicini e la Commissione europea,per evitare situazioni disordinate.

L’Austria ha già fatto sapere chenon intende riaprire le frontierecon l’Italia. «In alcuni Paesi, comel’Italia e la Spagna, sono ancora invigore limitazioni agli spostamentiinterni. Per questo motivo la chiu-sura dei confini per i viaggiatoripotrà durare un po’ di più», hadetto il ministro del Turismo au-striaco, Elisabeth Köstinger. «Tuttodipenderà dai tassi d’infezione», haaggiunto, prospettando, invece, lariapertura tempestiva dei confiniverso la Repubblica Ceca, la Slo-vacchia e la Germania.

Germania dove però resta a piùdi 1 l’indice di contagio, il dato chepermette di seguire l’andamentodel covid-19. «Il virus non è anda-to via», ha sottolineato Lars Schaa-de, vicepresidente del Robert KochInstitut, notando che la minacciaalla salute pubblica è però più bas-sa oggi di quattro settimane fa.

E mentre il covid-19 è arrivato alCremlino (il portavoce di Putin èrisultato positivo), quella di ieri èstata una delle giornate più delica-te in Francia, dove migliaia discuole materne ed elementari han-no riaperto i battenti dopo duemesi di chiusura. Un vero e pro-prio test per l’attuale amministra-zione di Emmanuel Macron.

Intervento del virologo sui rischi della fine del lockdown

Usa, Fauci avverte Trump

Oltre 66.000 casi di coronaviruse 2300 morti in Africa

In Libano salgonoi contagi e ritorna

la quarantena

BE I R U T, 13. Tornano ad aumentarei contagi da covid-19 in Libano e ilgoverno decide di richiudere ilPaese, facendo un passo indietro ri-spetto alla fase due cominciata il 4maggio scorso.

Dopo il rialzo improvviso dellacurva dei positivi, il governo ha de-cretato la «chiusura totale» delpaese per quattro giorni, a partireda oggi fino a lunedì. Si torna per-tanto alla quarantena. Secondo al-cuni media, l’impennata dei casi èda imputarsi a una mala gestionedei rimpatri dei cittadini libanesibloccati all’estero e all’inosservanzadelle misure di distanziamento.

Come tutte le altre nazioni dellaregione mediorientale, il Libano èstato colpito in maniera relativa-mente lieve dalla pandemia conquasi 900 casi e meno di 30 decessiaccertati, ma negli ultimi giorni sisono registrati decine di nuovi casi.L’aeroporto di Beirut — fanno sa-pere del governo — dovrebbe ria-prire l’8 giugno a seconda della si-tuazione medico-sanitaria.

In Iraq il ministero della Sanitàha confermato altri 95 casi di co-vid-19 nelle ultime 24 ore. Sale cosìa circa 3000 il totale dei contagiati.Finora sono decedute 112 persone,mentre sono 1903 quelle guarite.

di ROBERTO CETERA

Fino a tre mesi fa l’e m e rg e n z aerano — impropriamente —considerati loro. Gli immigra-

ti. Quando poi un’emergenza vera èpiombata a sconvolgere le vite tran-quille di molti di noi, loro non sonostati semplicemente retrocessi, mascomparsi. Parliamo dei migranti, itrasparenti, i dimenticati, le vittimeanonime della pandemia.

«Mai l’immagine dello scarto cosìspesso evocata da Papa Francesco èrisultata così appropriata a descrive-re la condizione sociale di questi uo-mini e donne» esordisce così il ve-scovo Guerino Di Tora, che del fe-nomeno ha un osservatorio privile-giato in quanto presidente della Mi-grantes italiana. «La pandemia ci hamesso nella condizione di fare a me-no dei loro servizi, e ce ne siamosbarazzati, come appunto si fa congli scarti». Monsignor Di Tora, cheè membro del Consiglio permanentedella Cei, è appena reduce da unaserie di incontri con i suoi collabo-ratori sul territorio che gli hannofornito un quadro tanto deprimentequanto allarmante. «Sì, ho appenaterminato di incontrare on line i variresponsabili delle Migrantes dioce-sane, ma anche i nostri referentiall’estero perché come sapete noi cioccupiamo anche degli emigrati ita-liani all’estero. E oltre questi incon-tri di ricognizione siamo in contattopressoché quotidiano con le struttu-re diocesane della Caritas e con icappellani delle varie comunità na-zionali. Soprattutto il collegamentocon le Caritas è fondamentale, per-ché in fondo la nostra organizzazio-ne è maggiormente dedicataall’orientamento pastorale e gode dipoche risorse per il sostentamento,per cui il vero braccio operativo so-no le Caritas diocesane, con le qualidebbo dire stiamo lavorando sinergi-camente molto bene». Un mondoquello della Caritas che Di Tora co-nosce molto bene, essendo succedu-to a don Luigi Di Liegro alla guidadella Caritas di Roma per diversianni. «Il problema principale cheregistriamo è la perdita del lavoro dimoltissimi migranti. Nel settoreagricolo, ma soprattutto nel settoredella collaborazione familiare edell’assistenza agli anziani. Non èsolo questione di restrizioni alla mo-bilità, che in teoria non si sono maiverificate per badanti e colf. Piutto-sto per evitare ogni possibile rischiodi contagio dall’esterno molte fami-glie hanno deciso di fare a meno delloro aiuto. O anche peggio: moltecollaboratrici familiari come è notolavorano al nero: il timore di moltidatori di lavoro è stato che se le colffossero state fermate ai controlli eavessero dichiarato l’indirizzo deiposti di lavoro verso cui si dirigeva-no avrebbero determinato il rischiodi una denuncia all’Inps: così sonostate licenziate dalla sera alla matti-na, senza alcun indennizzo».

«Sì. È proprio così — gli fa ecoLucia Montebello che, in quanto re-sponsabile dell’Emporio Caritas diRoma ha una nitida immagine dellasituazione —. Gli accessi all’emp oriocentrale della Caritas romana sonocresciuti del 150 per cento, e di que-sti almeno il 70 per cento è costitui-to da famiglie di immigrati. Ma so-prattutto quello che ci sorprende èl’affacciarsi di nazionalità che rara-mente si rivolgevano a noi: peresempio molti filippini, che tradizio-nalmente si occupano appunto dellefaccende domestiche, ed ora hannoperso il lavoro».

«La cappellania degli Ucraini —continua Di Tora — sta facendo ungran lavoro per aiutare le tante ba-danti rimaste disoccupate, almeno apagare gli affitti e le bollette».

«Forse anche peggiore è la situa-zione nell’agricoltura, nella raccoltadi pomodori e prodotti stagionali,perché alle diffuse situazioni disfruttamento e caporalato ora si ag-giunge la minaccia “o accetti quelpoco che ti diamo o te ne vai”». Ilricatto funziona soprattutto nei con-fronti degli irregolari, i quali ovvia-mente non usufruiscono di nessunaforma di supporto tra quelle varatedal governo in questa fase emergen-ziale. Su questo l’opinione del ve-

scovo Di Tora è lapidaria: «Unapronta regolarizzazione delle situa-zioni in sospeso è un fatto di civiltà.Peraltro è conveniente, perché rego-larizzando si argina il rischio di unaderiva malavitosa per le frange piùdeb oli».

Don Gianni De Robertis, che del-la Migrantes è il direttore e motoredelle tante iniziative in cantiere, ag-giunge al proposito: «Spesso ciscordiamo che le situazioni di irre-golarità sono prodotte dalle norma-tive e non dalla cattiva volontà deimigranti. E che è in forza delle irre-golarità che si generano situazioninon solo di sfruttamento ma di veroe proprio stato di schiavitù. Intolle-rabile ai giorni nostri in Europa. Visono poi situazioni di estrema debo-lezza che sono oggettivamente diffi-cili da far emergere a regolarità,penso per esempio a due ambiti sucui stiamo lavorando molto in questigiorni, quello dei nomadi e quellodei giostrai e dei circensi. I giostraistanno ormai fermi da tre mesi, han-no il serio problema del mangiarequotidiano, e ai circensi si aggiungeanche il problema del mangiare pergli animali. È un problema che nonriguarda solo i circensi e giostraistranieri in Italia, ma anche i gio-strai italiani all’estero, che hannospesso difficoltà a rientrare. Nellecittà deserte dei giorni passati leuniche figure che si scorgevano perstrada erano quelle dei Rom cheesploravano nei cassonetti dei ri-fiuti».

«Finora abbiamo parlato solo deimigranti già residenti in Italia — ri-prende il vescovo Di Tora — ma nondobbiamo dimenticare il problemadei nuovi arrivi, anch’esso sottaciu-to. Mentre qui si moriva di corona-virus, in Libia, indifferenti alla pan-demia, i bombardamenti sono conti-nuati nella totale indifferenza inter-nazionale. C’è gente che continua ascappare dai teatri di guerra e nonpossiamo immaginare che per viadella pandemia questa gente possaessere lasciata al suo destino richiu-dendo i porti».

Dal centro alla periferia. Don Ser-gio Gamberoni è il responsabile del-

la Migrantes nella città più marto-riata d’Italia dal virus, Bergamo.«In questi 80 giorni si sono ribaltatitanti preconcetti sulla presenza deimigranti nei nostri territori. Il virusci ha messi tutti sulla stessa barca.Con gare di solidarietà reciproca.Nell’immaginario collettivo ora gliextracomunitari sono anche i medicicubani e albanesi venuti generosa-mente ad aiutarci. Sono la comunitàislamica che ha raccolto e donato 30mila euro al nostro ospedale. E han-no suscitato reazioni e iniziative chequalche mese fa erano impensabili, eche hanno visto le nostre comunitàproduttive alla ricerca di un dialogoe di un sostegno. L’imperativo checi ha guidati è stato “rimanere vici-ni, mantenere relazioni, indifferente-mente dalla provenienza, cultura ecredo. Figli di un solo Dio. Fratellinella sventura”. I cappellani dellecomunità nazionali si sono spesi ol-tre ogni limite, tanto che tre di essihanno dovuto condividere la malat-tia. Abbiamo supportato anche con

trasmissioni in streaming le preghie-re degli altri riti cristiani. Abbiamocercato di aiutare le parrocchie chehanno avuto defunti stranieri e so-stenere le loro famiglie, anche mu-sulmani. Quando è morto un imamdi soli 41 anni abbiamo aiutato per-ché la popolazione islamica potesseseguire i funerali in una diretta se-guita da 900 persone. Abbiamo datospazio sul nostro sito a un diarioquotidiano del Ramadan che con-sentisse alle comunità islamiche dimantenersi in contatto in un digiu-no che non ha precedenti. Digiuno,peraltro, che quest’anno è iniziatosotto la stessa luna nella quale noiabbiamo celebrato la nostra Pasqua.Le diffidenze, le chiusure si sonosciolte come neve al sole. Molti ber-gamaschi hanno riconosciuto in que-gli stranieri “quelli che ci hannopermesso di continuare a mangiare”.Quando un fruttivendolo musulma-no ammalato di covid è ritornatoper fortuna salvo dall’ospedale, isuoi vicini e clienti lo hanno accoltocon affetto con una pergamena di“attestato di cittadinanza: se non tela dà lo stato, te la diamo noi”». Equeste sono solo una piccola partedelle storie che don Sergio ha vissu-to e può testimoniare di queste setti-mane a Bergamo. «È proprio veroche nel male alberga sempre un ger-me di bene. Io sono convinto chealla fine di questa terribile storia sivolterà pagina nelle relazioni tra ita-liani e stranieri. Tutto sarà diverso».Un ottimismo quello di don Sergioda apprezzare ma che rimane in so-speso per quella parte del paese chepresentava fasce di grave debolezzasocio-economica già prima dellapandemia, e che presumibilmente siaggraveranno nei prossimi mesi disofferenza economica. «In quelle zo-ne, soprattutto nel meridione, il pe-ricolo di una guerra tra poveri èsempre dietro l’angolo» concludedon Gianni De Robertis. «Per que-sto una maggiore attenzione ai piùpoveri e ai migranti conviene atutti».

WASHINGTON, 13. In quelle areedegli Stati Uniti in cui si stannobruciando le tappe per una ripar-tenza dell’economia, con un ecces-sivo allentamento delle misure re-strittive di distanziamento sociale,si rischia la diffusione «fuori con-trollo» di nuovi focolai di covid-19e un’ondata di «morti e sofferenzeinutili». Questo l’allarme lanciatoieri dal dottor Anthony Fauci, di-rettore dell’Istituto nazionale per leallergie e le malattie infettive, du-rante la sua deposizione in video-conferenza alla commissione Sanitàdel Senato Usa, durante la qualeha definito «inaccettabile» che gliStati Uniti abbiano già registrato

oltre 80.000 decessi per covid-19 eha ammesso che il conteggio uffi-ciale potrebbe essere incompleto.

L’esperto virologo, ormai voltonotissimo della task force Usa anti-covid-19, intervenuto in collega-mento dalla sua abitazione dove sitrova in autoisolamento dopo i re-centi casi di contagio alla CasaBianca, ha aggiunto che per avereun vaccino anticoronavirus effetti-vamente affidabile ci potrebberovolere «da uno a due anni» di tem-p o.

«Cercare di riaprire prematura-mente il Paese è pericoloso e ci fa-rebbe tornare indietro sulla stradache ci deve riportare alla normali-

tà», aveva anticipato Fauci al NewYork Times alcune ore primadell’audizione al Senato. Molti Sta-ti, infatti, hanno iniziato ad auto-rizzare il ritorno al lavoro, senzaaver rispettato le raccomandazioniindicate dalla Casa Bianca, in par-ticolare quelle che prevedono quat-tordici giorni di declino dell’epide-mia prima della revoca delle misurep re c a u z i o n a l i .

L’audizione era stata aperta daRobert Redfield, direttore dei Cen-ters for Disease Prevention andControl (Cdc), la massima autoritàsanitaria negli Stati Uniti, che haribadito senza se e senza ma che«il Paese non è ancora fuori perico-lo».

A dimostrazione delle preoccu-pazioni di Fauci e Redfield, ieri ilnumero quotidiano delle vittime,dopo due giorni sotto la soglia deimille, è tornato vicino quota due-mila. Esattamente sono stati 1894 idecessi riconducibili al covid-19nelle ultime 24 ore, portando il nu-mero complessivo a oltre 82.000.Quello dei contagi nel frattempo èpraticamente arrivato a un milionee 370 mila.

L’economia Usa è destinata a ri-prendersi nella seconda metàdell’anno e la disoccupazione torne-rà a scendere, ma c’è «una notevoleincertezza» su come sarà la ripresa.È quanto ha sostenuto ieri la presi-dente della Federal Reserve di Cle-veland, Loretta Mester. «Non è dif-ficile immaginare scenari più pessi-mistici, soprattutto se un’imp ennatadei casi renderà necessaria una nuo-va chiusura dell’attività e se ci sa-ranno molti più danni in termini difallimenti aziendali e personali o sesi verificherà instabilità nel sistemabancario» le parole di Mester.

GINEVRA, 13. In Africa, nonostantela lenta diffusione della pandemia,continua ad aumentare in modo si-gnificativo il numero delle personecontagiate. Sono già oltre 66.000 icasi confermati di covid-19 nelcontinente.

A riferirlo è l’ufficio regionaledell’Organizzazione mondiale del-la sanità, precisando che finora so-no stati registrati 2300 decessi as-sociati al virus e oltre 22.000 per-sone guarite. Il Sud Africa si con-ferma il Paese africano con il mag-gior numero di casi, almeno10.600, mentre il bilancio dei mortiha raggiunto quota 206. In Egitto

invece si rileva il maggior numerodi decessi dall’inizio dell’e m e rg e n -za sanitaria. Marocco e Algeria re-stano tra i Paesi più colpiti.

Almeno sei persone sono mortein Guinea negli scontri con la poli-zia durante le proteste contro ilblocco della circolazione tra la ca-pitale e il resto del Paese, che rien-tra tra le misure di contenimentodella pandemia. Lo ha riferito ilportavoce della polizia. La Guinearesta tra i Paesi dell’Africa occiden-tale più colpiti con 2213 casi e circa11 morti. In Malawi, nel pieno del-la campagna elettorale in vista del-le elezioni presidenziali fissate per

il prossimo 2 luglio, si continuanoa non rispettare le misure di di-stanziamento. I media locali hannoriferito di enormi raduni svoltisidurante il fine settimana poche oredopo l’annuncio del picco più altodi casi di covid-19 confermati in unsolo giorno. A oggi si contano 57contagi e tre decessi. La Commis-sione elettorale aveva già esortato ipartiti a trovare alternative persvolgere la campagna. La Tunisiaper il terzo giorno consecutivo nonha avuto nuovi contagi. Rimango-no pertanto stabili a 1032 i casiconfermati. Inoltre continua a sali-re il numero di guariti.

Page 3: Con lo sguardo a Fátima comunitaria con il Signore nei ......per l’Economia, in una intervista ai media vaticani. Chiamato da Papa Francesco a portare a termine una riforma che

L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 14 maggio 2020 pagina 3

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

«Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo

eroicamente in quest’affare, ma: quale potrà essere la vita

della generazione che viene» (D. Bonhoeffer)

Esistono imprese all’avanguardia che hanno già scelto un altro modello di sviluppo

Dalla produzionealla generazione

di PAT R I Z I A CAPPELLETTI*

Come la storia dell’umanità ciinsegna, le crisi fungonospesso da setaccio. Separano

il grano dalla pula, distinguendo co-sa vale e cosa no. Il tempo che stia-mo attraversando è in fondo anchequesto: un momento di verità. Sonogiorni drammatici, quelli del covid-19, ma anche benefici, in cui siaprono straordinarie possibilità perridirsi, a livello personale come a li-vello collettivo, cosa desideriamo ve-ramente, quale vita vogliamo vivere,cosa lasciar andare, su cosa, invece,investire. Domande potenti, che po-trebbero avviare processi fino a oggiimpensabili di rinnovamento. Delresto, aver avvertito collettivamentecosì vicina la morte e preso atto del-la nostra irrisolvibile fragilità e in-terdipendenza difficilmente può ri-manere senza effetto. Potrebbe dun-que essere questa l’ora per rientrarenuovamente in noi stessi, dopo avervagato a lungo senza mete che meri-tano la nostra esistenza.

I re nudi di questo tempo sononumerosi. Tra questi, c’è il modellodi sviluppo che negli ultimi decenniha governato persone e sistemi.Guidato da un’idea illusoria di cre-scita come espansione senza limiti,questo grande progetto sociale si èfondato su meccanismi di estrazionedi valore, assolutamente indifferentialle sue devastanti conseguenze suidiversi ecosistemi umano, sociale,ambientale, economico. Un pensieropotente, planetario, che si è tradottovia via in relazioni, forme sociali eistituzioni. Tra queste, una certaidea di impresa che Luciano Gallinoha ben descritto come “irresp onsabi-le” proprio perché, al di là degli ob-blighi di legge, essa “suppone dinon dover rispondere ad alcuna au-torità pubblica e privata, né all’opi-nione pubblica, in merito alle conse-guenze in campo economico, socialee ambientale delle sue attività”.L’attività mineraria è quella che ren-de al meglio l’idea di estrazione.Nel racconto di Lewis Mumford, es-sa possiede un “animus distruttivo”,che depreda e impoverisce tutto at-torno a sé, con “la sua crudele routi-ne di fatica, il suo alone di miseria edi degradazione del paesaggio”. Lalogica estrattiva, del resto, è radica-le. Non risparmia nulla, né il creato,né l’uomo e il suo lavoro, manipola-to nell’anima, deprivato del senso.Lo scambio è forse sembrato equo,ma in realtà non lo è mai stato:nell’illusione di poter essere liberodi conquistare la propria privatissi-ma autorealizzazione attraverso l’ac-cumulazione di cose, l’uomo con-temporaneo ha aderito, non senzaprezzo, a sempre nuovi culti fondatiin realtà sul puro sfruttamento, dalmito della flessibilità a quello dellaprestazione. Le nuove psicopatolo-gie legate alla sfera del lavoro sonolì a confermarlo.

In uno scenario dominato da mo-delli estrattivi, non sono mancateperò realtà che hanno seguito logi-che opposte, contributive. Sono leimprese “generative” riconoscibiliper la loro capacità di prendersi cu-ra di persone, beni, contesti, legami,e generare “più valore” di quanto neconsumano. A partire da un’idea re-lazionale e contestuale del loro esse-re e agire, queste esperienze hannopreso sul serio l’interdipendenza el’hanno trasformata da punto di de-bolezza a segreto del loro successo.

Nonostante la grande varietà deisettori e dei territori di appartenen-za e delle molteplicità di forme so-ciali — dal profit al no profit — leimprese “generative” condividonoun mind set straordinariamente simi-le che si traduce in pratiche e politi-che a loro volta “generative” di va-lore per molti stakeholder.

Anzitutto la focalizzazione suuno scopo alto, di contribuzione al“miglioramento del mondo”, cheorienta e sostiene il loro impegno.Concretamente, ciò significa pro-muovere processi di generazione dimultiforme valore — economico, maanche sociale, culturale, relazionale,fiduciario, di innovazione — invecedi massimizzare, esclusivamente persé, concentrandolo, il risultato fi-nanziario. Gli incontri avuti in que-sti anni testimoniano la sorprenden-te vitalità di queste imprese che de-

finiscono il profitto un parametrodel proprio ben fare, più che il finedella loro esistenza.

Emerge, qui, una precisa idea dicrescita che non corrisponde a unincremento puramente quantitativo,nelle dimensioni come nei risultatinumerici, ma nella fioritura dei di-versi capitali a disposizione dell’im-presa, umano, ambientale, economi-co, sociale, di innovazione. Un im-prenditore del settore della progetta-zione urbanistica sintetizza moltobene il punto: «Si può crescere co-me i fagioli o come le querce. Noiabbiamo scelto questo tipo di cresci-ta più lenta, ma più solida». Esseresolidi significa scegliere di durarenel tempo, piuttosto che cadere nel-le trappola del breve termine.

Avere chiaro dove si va e dove sipuò andare genera anche un sensodi fiducia che stabilizza un pattonuovo tra le persone che fanno l’im-presa, la quale si rivela per quelloche è: un bene in comune. Una pro-spettiva di lavoro fortemente condi-visa dagli imprenditori generativi.La logica che li guida è quella dimobilitare e liberare energie diffuseverso il raggiungimento di obiettivicondivisi, piuttosto che “o ccuparespazi”. È un gioco win-win, circolareed espansivo, che promuove la cre-scita di tutti, dentro e fuori l’o rg a -nizzazione. Riconoscendone l’unici-

tà e l’apporto originale all’i m p re s a ,quest’ultima riconosce e confermagli altri “autori” della loro stessa esi-stenza, “autorizzandoli”, dunque, adiniziare, a loro volta, cose nuove. Èuna relazione maieutica, che risve-glia e libera la libertà di tutti, am-pliandone il potere di agire dentroun quadro di reciproche apparte-nenze e responsabilità.

«La nostra impresa è anzituttoun’esperienza umana», conferma ilfondatore di un’azienda del settoremeccanico. «Come imprenditori cidobbiamo occupare dei nostri uomi-ni in quanto loro ci hanno dato fi-ducia in una delega sottoscrittatacitamente. È da qui che si svilup-pa un grande senso di responsabili-tà di creare un ambiente dove ognimattina ritrovi il profumo che vuois e n t i re » .

L’impresa diventa il contesto incui si riveste di nuova dignità ancheil lavoro, ogni lavoro, il quale ritor-na a essere quello che è, ma che ab-biamo dimenticato: luogo della pie-na realizzazione di ciascuno e ditutti, un “mettere al mondo” c re a t i -vo e produttivo di altro — un pro-dotto, un servizio, un progetto — inuna relazione d’alleanza con altri,colleghi, fornitori, clienti, soci, lacomunità territoriale. Nell’i m p re s agenerativa, la riscoperta del valoredel lavoro è inevitabilmente anchequella dell’uomo che lavora. In unmovimento fecondo, alimentato dauna spinta non prestativa e neppureutilitaristica, ma antropologica, rie-merge una grande verità: che l’uo-mo esiste, cresce e fiorisce in quellaaspirazione al fare di ogni cosa uncapolavoro. «Per fare cose grandio-se, non ci vuole un grande numerodi persone. Ci vogliono persone divalore. Persone grandi!», raccontaun artigiano del settore dell’a r re d a -mento che ha cercato di prenderesul serio due grandi nodi ancorascoperti, quello del senso del lavoroe quello dei luoghi in cui è possibileaccompagnare, in una formazioneintegrale dell’umano, i lavoratori didomani.

Ghani dispone la ripresa dell’offensiva militare dopo le stragi rivendicate dall’Is

In Afghanistanpace sempre più difficile

Silvia Romanoe l’arte della compassione

di DANIELE MENCARELLI

Q uando oramai le speranze sierano quasi perse, è arrivatanel nostro Paese dominato

dalla pandemia di covid-19 la mera-vigliosa notizia della liberazione diSilvia Romano, la volontaria seque-strata nel villaggio di Chakama, inKenya, nell’oramai lontano 18 no-vembre 2018. 535 giorni, tanto è du-rata la sua prigionia, per mano diun gruppo di estremisti islamici affi-liati ad Al Qaeda che in quelle zonedettano legge e terrore.

Su tutta la faccenda tanto si par-lerà, e indagherà. In queste ore è fi-nita sotto la lente dell’informazione,

e non solo, la onlus Africa Milele,l’organizzazione per cui prestò lasua opera di volontariato Silvia. Daquanto si apprende, ma è ancoratutto da dimostrare, l’attività dellaonlus era svolta con una certa legge-rezza e scarsa considerazione dei pe-ricoli esistenti quando si opera incerte regioni dell’Africa. Staremo av e d e re .

Quello che sconvolge in tuttaquesta faccenda è altro. La libera-zione di Silvia Romano avrebbe do-vuto produrre gioia, null’altro, inve-ce è incredibile la sequela di reazio-ni, giudizi immondi, che sono pio-vuti da ogni angolo del Paese, chehanno vivisezionato tutta la vicendaaccaduta a questa ragazza, a partiredalla sua scelta iniziale.

Un tribunale fatto di migliaia digiudici, quasi tutti operanti sui so-cial network, ha iniziato a sentenzia-re. Ecco gli errori salienti che avreb-be commesso Silvia: perché mai unaragazza milanese dovrebbe andarein un altro continente per aiutare al-tri esseri umani? Se si vuole fare delbene basta il proprio quartiere; se siè convertita all’islam poteva rimane-re in Africa; perché il riscatto dob-biamo pagarlo noi? E chi ci diceche quel riscatto non finisca anchenelle tasche di Silvia? Magari incombutta con quelli che erano isuoi sequestratori...

La lista degli orrori potrebbe con-tinuare all’infinito.

Tutti questi giudizi partono da undato in comune, da un comunesguardo, disumano. Perché disuma-no è lo sguardo dell’uomo quandonon vuole vedere. Quando zittisce,

sopprime la compassione che sem-pre dovrebbe abitare dentro i suoio cchi.

La compassione. La capacità disentire sulla propria pelle il doloredegli altri. E questa storia è piena didolore, basta saper guardare.

Basta osservare con cura gli occhidi Silvia, vedere quanta sofferenzacomunichino, quella di una ragazzasequestrata per 18 mesi. Basta con-frontare il suo sguardo di oggi aquello di un paio di anni fa, quan-do i fatti ancora non erano accaduti.Gli occhi di Silvia dicono tutto, maoccorre la volontà di guardarli vera-mente. Basterebbe questo per zittirei giudici. E se non basta il suo dolo-re, guardate negli occhi i tanti afri-cani arrivati da poco in Italia, fateviraccontare le loro storie, rendeteviconto in che condizioni si vive an-cora oggi da quelle parti. Perché èsenz’altro vero che la disponibilitàverso il prossimo è un’attitudine chevive sempre, a prescindere dai luo-ghi in cui scegliamo di metterla adisposizione degli altri, ma è altret-tanto vero che esistono su questaterra intere nazioni che vivono incondizioni inimmaginabili.

Senza compassione, l’uomo si er-ge a giudice, commettendo quellache è la negazione più chiara eignobile del messaggio cristiano. Edi giudizi la nostra epoca è bulimi-ca, sappiamo con perfezione ciò chenon va negli altri e siamo pronti ascagliarci senza pietà. Ma, per fortu-na, resiste ancora un’umanità cheama e si offre agli altri. BentornataSilvia, prenditi tutto il tempo che tiserve.

Visita di Pompeoin Israele

†Don Julián Carrón e tutta Comunionee Liberazione affidano alla misericor-dia di Dio il carissimo

c a rd i n a l e

RE N AT O CORTI«La fede è razionale, in quanto fiori-

sce sull’estremo limite della dinamicarazionale come un fiore di grazia, cuil’uomo aderisce con la sua libertà»(don Giussani). Immedesimato conCristo, il cardinale Corti ci ha testimo-niato la conoscenza nuova generatadalla fede, servendo la Chiesa e ac-compagnando il cammino del movi-mento come amico e padre.

Milano, 12 maggio 2020

KABUL, 13. Di strage in strage, ilmartoriato Afghanistan insegue unapace che si fa sempre più difficile.Una violenza cieca, senza senso, cheaffossa le già residue speranze digiungere a un cessate il fuoco in unPaese in guerra da quasi vent’anni.

I terroristi del sedicente stato isla-mico (Is) hanno rivendicato i san-guinosi attacchi di ieri al repartomaternità dell’ospedale Dasht-e-Bar-chi di Kabul, che ha ucciso dueneonati e altre 22 persone tra mam-me e infermiere, e a un funerale nel-la provincia orientale di Nangarhar,con almeno 24 morti.

Raccapricciante il resocontodell’assalto all’ospedale della capita-le, tra i più affollati del Paese e ge-stito dall’organizzazione umanitariaMedici senza frontiere.

Gli assalitori, travestiti da agentidi polizia e armi in pugno, sono en-trati nel nosocomio e senza indugisi sono diretti verso il reparto mater-nità, sparando all’impazzata contro ineonati, le mamme e quelle che abreve lo sarebbero diventate. «Glispari sono tra i primi suoni chehanno udito alcuni neonati nel loroprimo giorno di vita», ha osservatoShaharzad Akbar, presidente dellaCommissione indipendente per i di-ritti umani dell’Afghanistan.

Si teme che il bilancio possa esse-re molto più grave. Molti dei feritiversano infatti in condizioni criti-che. Un medico riuscito a fuggiredurante l’assalto ha spiegato allaBbc che al momento dell’attaccoc’erano circa 180 persone all’internodella struttura ospedaliera.

Fotografie e video diffusi dai me-dia locali hanno ritratto soldati af-ghani con neonati in braccio avvoltiin lenzuoli macchiati di sangue. Im-magini simbolo della brutale violen-za che una volta ancora ha sconvol-to il paese.

Quasi contemporaneamente, unattentatore suicida dell’Is si è fattoesplodere tra la folla che partecipavaal funerale di un comandante di po-lizia nella provincia di Nangarhar,non lontano da Jalalabad. Le stragi,condannate dall’Onu, dalla Nato edall’Ue, che fanno ripiombare l’Af -ghanistan nella paura, nonostante ilrecente accordo di pace tra talebani eStati Uniti, hanno provocato la ri-sposta immediata del presidente,Ashraf Ghani. Il capo dello Stato hainfatti disposto la ripresa dell’offensi -va militare contro i talebani e tuttigli altri gruppi di insorti. «Ho ordi-nato alle forze di sicurezza di mette-re fine al loro assetto di difesa attiva,

di ritornare all’assetto offensivo e diriprendere le operazioni contro i ne-mici», ha precisato Ghani. Nel suointervento, il presidente ha affermatoche i talebani hanno ignorato i ripe-

tuti appelli a ridurre la violenza e alcessate il fuoco e ha aggiunto che in-vocare una tregua non è un segnaledi debolezza, ma dimostra l’imp egnodel governo per la pace.

TEL AV I V, 13. Il segretario di statoamericano, Mike Pompeo, è giun-to oggi in Israele nella sua primamissione all’estero dalla visita asorpresa in Afghanistan del 23marzo scorso. Il capo della diplo-mazia statunitense arriva nello sta-to israeliano alla vigilia dell’inse-diamento del nuovo governo diemergenza nazionale, basatosull’alleanza tra il Likud di Benja-min Netanyahu e il partito Blu eBianco di Benny Gantz. Sono pre-visti incontri, ma separati, con en-trambi i leader. In agenda, sottoli-nea il «Times of Israel», la crisidel coronavirus, l’Iran e le ampieannessioni israeliane in Cisgiorda-nia sulla base del piano annuncia-to a gennaio da Donald Trump erespinto dai palestinesi. «Contento

di essere in Israele per un coordi-namento con Netanyahu e Gantz»ha scritto Pompeo in un tweet alsuo arrivo in Israele, all’aerop ortoBen Gurion di Tel Aviv. «Israele eStati Uniti affronteranno questesfide fianco a fianco».

«Domani vareremo il nuovo go-verno di unità nazionale e questa èuna occasione per promuovere lapace e la sicurezza basandoci sulleintese raggiunte col presidenteTrump nella mia visita del gennaioscorso» ha detto il premier israe-liano Netanyahu accogliendoPompeo. «Abbiamo di fronteenormi sfide e opportunità» ha ag-giunto, rilevando al tempo stessoche fra Stati Uniti e Israele esisto-no «legami di valori e di interes-si».

In questa tensione a ricomporreobiettivi funzionali, spinta etica edesiderio estetico, nelle imprese ge-nerative la qualità si conferma sem-pre superiore alla quantità. È un“fare bene” capace di ispirare altriper la coerenza che il prodotto rac-conta tra mani, testa e cuore, bellez-za ed efficienza. Come non “com-muoversi”, come non essere toccatodentro, nel godere di un oggetto“ben fatto”?

In una nuova armonia e coerenzacon sé stessi e il mondo, ecco chetutto si scopre relazione e in relazio-ne: produttore, prodotto, processo eterritorio. Un unico ecosistema alquale tutti sono chiamati a sentirsinuovamente parte e a contribuire inmodo originale e unico.

La relazione di reciprocità con ilcontesto è un altro elemento checontraddistingue le realtà generati-ve. «È una relazione di scambio. Turicevi le risorse umane del territorio,ma devi rilasciare altro, ricchezza,benessere e cultura d’impresa chepuò essere di esempio per altri»,conferma un altro imprenditore. Inquesto senso, le imprese generativeincarnano una verità sempre più evi-dente: non esiste vero sviluppo eco-nomico laddove non si investa conconvinzione anche su una fiorituraumana e sociale. Non si tratta dipiani distinti. Le realtà generative

testimoniamo come il successodell’impresa dipenda proprio dallacapacità di intrecciare obiettivi eco-nomici, sociali e perfino culturali.Fondamentale è l’investimento suuna nuova narrazione di futuro: so-no tante e sorprendenti le azionimesse in atto per sensibilizzare, in-formare, educare attorno a una vi-sione più elevata, equa e sostenibile,di economia e società, contribuendocosì a orientare l’agire collettivo at-traverso la promozione dei nuovivalori che sottendono cosa è valore:la salubrità dei prodotti, ad esem-pio, l’attenzione all’ambiente o l’in-clusione sociale.

Le imprese generative non sonouna maggioranza. Esse però costi-tuiscono un’avanguardia a cui guar-dare in questo momento di transi-zione per lasciarci definitivamentealle spalle le contraddizioni del mo-dello di sviluppo precedente, cheoggi, anche alla luce dell’esp erienzadel covid-19, non possiamo più per-metterci di replicare acriticamente.

Potrebbe dunque aprirsi la possi-bilità inaspettata di rimettere in assela funzione e il senso, la libertà el’appartenenza, la realizzazione per-sonale e quella collettiva, portandoa compimento un traghettamentocapace di riavviare una nuova fasedi crescita, una nuova prosperità:quello dalla “pro duzione” alla “ge-nerazione”.

L’impresa potrebbe essere unodei luoghi di questa rigenerazionecollettiva: spazio per un “di più divita”, luogo in cui autorizzarsi a vi-cenda a un nuovo incominciare,grazie a una ritrovata dignità del la-voro ben fatto e di un nuovo senso,energia per il nostro domani.

Anche alla luce del covid-19 di-venta difficile aspirare a qualcosa dimeno.

*Ricercatrice presso il Dipartimento diSociologia, Università Cattolica diMilano, coordinatrice dell’Arc h i v i odella generatività sociale

Page 4: Con lo sguardo a Fátima comunitaria con il Signore nei ......per l’Economia, in una intervista ai media vaticani. Chiamato da Papa Francesco a portare a termine una riforma che

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 giovedì 14 maggio 2020

«La peste a Bergamo» (1881) di Jens Peter Jacobsen

Un Manzoni daneseNella novella la vera epidemia è il rifiuto di Dio

La peste a Napoli del 1943 ne «La pelle» di Curzio Malaparte

Una scorza d’aranciae un osso spolpato

di LUCIO CO CO

Il racconto della peste nelcorso dei secoli ha potutogiovarsi di narrazioni celebrilegate ai nomi di autori con-siderati “maggiori” come Tu-

cidide, Defoe, Manzoni, Camus.Tuttavia nelle pieghe della storiadella letteratura sono nascoste dellevere e proprie perle come il raccon-to La peste a Bergamo («Pest i Ber-gamo», 1881) dello scrittore daneseJens Peter Jacobsen, morto di tisi asoli 38 anni (1847-1885). In questanovella — inserita nella raccoltaMogens e altre storie (1882) tradottain italiano nel 1988) — l’autore ab-bandona i procedimenti descrittivitipici della sua prosa fatta dei colorisoffusi e delle luci malinconiche delnord che il poeta Rilke tanto ap-prezzava in lui. Nel racconto infattii toni si fanno più vivaci, le descri-zioni crudamente realistiche e sonopreferiti gli effetti di contrasto. Perquesto motivo non è un caso, anzi,si rivela funzionale allo scopo anchel’ambientazione italiana della storia.

pro e aceto come disinfettanti, fan-no suonare le campane a distesa altramonto e prescrivono digiuni. Manessuna misura profilattica sembrafunzionare. Allora lo sconforto siimpossessa delle loro menti e, sen-tendosi abbandonati a loro stessi esempre più impotenti di fronte allatragedia, finiscono per cedere allepassioni più turpi.

«L’aria era piena di voci empie eoscene e sacrileghe» i vizi più inna-turali e raccapriccianti cominciano ainsinuarsi tra di loro primo fra tuttil’egoismo: «Nessuno infatti avevapiù pensieri se non per se stesso. Ilmalato era considerato da tutti co-me un nemico comune, e, se accade-va a un disgraziato di cader sullastrada, spossato e preso da vertigineper il primo assalto di febbre dellapeste, non trovava da nessuna parteuna porta che gli si aprisse».

Dopo undici settimane passatesenza che il sole estivo abbia maicessato di bruciare e l’afa di renderel'aria irrespirabile e senza che mai cifosse stato un momento in cui fla-gello avesse dato tregua, il guardia-

sione di Cristo. Passo dopo passoripercorre tutte le tappe del Calva-rio, da quando lo condannarono amorte fino a quando gli strapparonole vesti e lo issarono sulla crocementre lui abbassava lo sguardo mi-sericordioso su quel popolo che conil suo sacrificio era venuto a salvare.

Fin qui il predicatore ha seguitofedelmente il racconto dei Vangelima a questo punto egli volle ag-giungere una variante alla storia e,proprio quando la gente, che stavasotto il patibolo, grida a Gesù disalvare se stesso e, in quanto Figliodi Dio, di scendere dalla croce, ilmonaco immagina che il Signore «siadirasse nel suo pensiero e conside-rasse che non erano degne di reden-zione tutte quelle moltitudini che ri-coprono la terra».

Allora è lo stesso Cristo, deluso, astrapparsi dalla croce, a divellere ichiodi che lo tengono confitto adessa, a rinunciare alla sua missionedi salvezza e a tornarsene verso l’al-to, verso il cielo. «E la croce restòvuota, e la grande opera della Re-denzione non fu mai adempiuta. Eora non c’è più un intermediario traDio e noi; non c’è più nessun Gesùche per noi sulla croce è morto!»così il monaco conclude la sua terri-bile predica. Ne segue un grande si-lenzio. L’uditorio è costernato.

Schiere di flagellanti e di battutiinneggianti il M i s e re re attraversanola pianura lombarda durante unapestilenza che per la presenza diqueste compagnie può essere collo-cata nel XIV secolo. Le loro proces-sioni proiettano la vicenda in un’at-mosfera apocalittica non dissimileda quella che si respira nel Settimosigillo di Ingmar Bergman. Anchequi infatti cortei di penitenti con iloro riti di espiazione cercano inutil-mente di tenere lontana la peste cheimperversa sulle coste del Mare delNord. Lo stesso clima di desolazio-ne si avverte nel racconto diJacobsen. L’autore danese, che co-nosceva bene l’Italia — durante ilsoggiorno del 1873 per curare la suamalattia polmonare — ambienta lastoria in una Bergamo vecchia e inuna Bergamo nuova, corrispondentialla storica suddivisione del capo-luogo orobico in Città Alta e CittàBassa. Allo scoppio dell’epidemia,la risposta delle due borgate al con-tagio era stata differente. Quelli del-la parte nuova, dove il morbo si eramanifestato all’inizio, abbandonanopresto le loro case, «fuggendo viaper la pianura, spargendosi in tuttele direzioni, verso tutti e quattro gliangoli del mondo». A quelli dellaparte vecchia invece non riesce difare lo stesso «perché i contadini, acui la peste era stata portata nellecase dai primi fuggiaschi, lapidava-no dall’alto delle loro abitazioni tut-ti i forestieri che vedevano passare,o li bastonavano a morte senza pie-tà, come cani rabbiosi».

Trovandosi nell’impossibilità dilasciare i loro quartieri, gli abitantidella vecchia Bergamo cercano ini-zialmente di dare una risposta ordi-nata alla pestilenza che tra le muracittadine ha preso a imperversare«sempre più vasta e avida». In unprimo momento infatti si prendonocura di dare adeguata sepoltura aicadaveri, accendono falò nelle piaz-ze affinché il fumo disperda i mia-smi del morbo, distribuiscono gine-

no della torre di Città Alta vedeavanzare nella pianura una proces-sione diretta proprio verso la rocca.Si tratta di gente lacera e macilentache disordinatamente leva stendardie fa oscillare «croci nere», agitandoflagelli dove c’erano tracce di san-gue.

Lentamente questa folla di uomi-ni e donne, di penitenti e di battutiaveva cominciato a salire «per ilpendio della strada ripida, che fian-cheggiata da muri, quietamente saleverso la Città Vecchia». A moltisembra di riconoscere le loro facce.Nel corteo infatti ci sono anche di-versi concittadini di Città Bassa cheadesso in maniera risoluta e con unpasso quasi marziale «marciavanoverso il Duomo». A questo punto iresidenti di Bergamo vecchia «capi-rono benissimo che tutti quei sarti equei calzolai erano tornati qui perfare opera di conversione, per im-plorare perdono ai peccatori, per di-re cose che non faceva piacere senti-re » .

Il corteo di flagellanti vieneschernito e deriso durante tutto ilpercorso e anche quando giunge incattedrale. L’abiezione in cui sonocaduti coloro che erano rimasti creaun forte contrasto con quel popololacero e penitente che ha preso po-sto tra le file dei banchi e ha all’uni-sono cominciato a intonare un Mise-re re . Poi si sente tra le navate risuo-nare il sibilo delle nerbate e ognicolpo che essi si infliggevano «eracome un sacrificio a Dio».

Davanti a una forma così dura dipenitenza gli altri che assistono am-mutoliti intuiscono benissimo chequel rito tanto crudele e cruento èper loro, perché si convertano e nonpecchino più. Ed è proprio in que-sto momento che interviene «ungiovane monaco» forse la guida spi-rituale di quel corteo, il quale, «sol-levando in preghiera verso il cielo lemani ossute e consunte» richiamal’attenzione di tutti i presenti e co-mincia a narrare la storia della pas-

Emil Nolde, «Mask Still Life III» (1911)

La regista Liliana Cavani sul set del film (1980) tratto dal romanzo di Malaparte

Riflessioni su teologia e ruolo del teologo

Lo stupore davanti al dono

Allo scoppio dell’epidemiala risposta delle due borgateal contagio è oppostaLa Città Bassa si svuotamentre la Città Alta si isola

L’immagine di quella croce rimastadeserta ha certamente lasciato il se-gno. Allora dall’assemblea si alza lavoce di uno che, «pallido come uncadavere», grida: «“Frate! Frate!Devi inchiodarlo di nuovo sulla cro-ce, devi!”. E dietro di lui un vastoululato sommesso e roco si levò:“Crocifiggilo, sì, crocifiggilo!”». Eda tutte le bocche, minacciose, sup-plichevoli, perentorie si propagò«una tempesta di grida che s’avven-tavano contro la volta del tempio:“Crocifiggilo, crocifiggilo!”».

Il monaco però non ha più nullada aggiungere. Il corteo di flagel-lanti lentamente esce dalla chiesa,ripercorre a ritroso «la ripida quietavia, fiancheggiata da mura» e si di-rige a valle con i suoi stendardi e«le sue croci nere, vuote, senza Cri-sto» che oscillano da una parteall’altra.

Mentre il sole di un’altra giornatarovente e malata tramonta all’oriz-zonte, è ormai apparso chiaro a tuttidi che tipo di contagio soffra la cit-tà e che la vera peste non è l’epide-mia ma il rifiuto di Dio.

di GABRIELE NICOLÒ

Crudo e spietato. Il ro-manzo La pelle (1949)di Curzio Malapartenon fa sconti e, conicastica evidenza —

nutrita di un linguaggio dalle ve-nature espressioniste e barocche —descrive la peste che infuriò a Na-poli nell’ottobre del 1943, quandogli Alleati entrarono nella città co-me liberatori. Si tratta di una pe-ste che corrompe non solo il cor-po, ma anche l’anima, spingendogli uomini vestiti di stracci a vio-lare e a calpestare il rispetto di sé,e le donne «dalle smunte gote in-crostate di belletto» a «vendersi»,anche per «un solo dollaro».

E la peste è vista anche attra-verso gli occhi dei bambini. Occhiche tradiscono un’e s p re s s i o n eesterrefatta, occhi che sono testi-moni di una realtà così raccapric-ciante e spiazzante da sembrare«solo un brutto sogno». Questibambini, succubi di uno scenariodalle fattezze inquietanti, diventa-no «subito adulti»: la loro è unamaturità solida, acquisita precoce-mente, saltando i naturali passaggiintermedi di crescita. Ma è unamaturità che, necessariamente,comporta un costo altissimo.

Eppure rimane, caparbio e osti-nato, un barlume di orgoglio e difierezza nel popolo napoletano,pur vessato sia dalla storia chedalla natura. «Non v’era un solonapoletano, in tutta Napoli, che sisentisse un vinto» scrive l’a u t o re ,che a tale constatazione allegaun’intrigante riflessione: «Non sa-prei dire come questo strano senti-mento fosse nato nell’animo delpopolo. Era fuori di dubbio chel’Italia, e perciò anche Napoli,aveva perduto la guerra. È certoassai più difficile perdere unaguerra che vincerla. A vincere una

guerra tutti son buoni, non tuttisono capaci di perderla. Ma nonbasta perdere la guerra per avereil diritto di sentirsi un popolo vin-to». Malaparte quindi sottolineache nella loro antica saggezza enella loro sincera modestia «i mieipoveri napoletani» non si arroga-vano il diritto di sentirsi un popo-lo vinto. «Era questa, senza dub-bio una grava mancanza di tatto»,rileva con ironia l’autore, il qualesi chiede: «Ma potevano gli Allea-ti pretendere di liberare i popoli edi obbligarli al tempo stesso asentirsi vinti? O liberi o vinti. Sa-rebbe ingiusto far colpa al popolonapoletano se non si sentiva né li-bero né vinto».

La peste, con il suo inclementeavanzare, fa tabula rasa — nella vi-sione nichilista di Malaparte — diriferimenti e certezze, e di conse-guenza l’uomo si sente sopraffattoda forza misteriose che lo fannosentire, per dirla con Shakespeare,«fuor di sesto». Il suo cielo nonha più stelle fisse e nel volgere losguardo alla terra vede le strade diNapoli sudicie e fetide, laceranteespressione di un’umanità in pro-gressivo, inarrestabile disfacimen-to. Niente altro rimane allora —sentenzia lo scrittore — se non lalotta, strenua e patetica insieme —di salvare la pelle: non l’anima, ol’onore, la libertà, la giustizia,dunque quei valori che si presu-mevano inviolabili e che si auspi-cava fossero eterni, ma la «schifo-sa pelle». Essa è «la bandiera del-la nostra patria, della nostra verapatria. Una bandiera di pelleumana. La nostra vera patria è lanostra pelle».

Quella di Malaparte è una pro-sa violenta, rovente. «Quando gliuomini — scrive — lottano per vi-vere tutto, anche un barattolovuoto, una cicca, una scorzad’arancia, una crosta di pane sec-

co raccattata nelle immondizie, unosso spolpato, tutto ha un valoreenorme decisivo».

Il romanzo fu, a suo tempo, uncaso letterario. Tra i detrattori fi-gura Raffaele La Capria, nativo diNapoli, che mal accolse «la ferocedescrizione» di Napoli ostaggiodella peste, come pure criticava ilcarattere ampolloso e magnilo-quente che informa l’intera produ-zione letteraria dello scrittore. «Lecose che racconta Curzio Mala-parte sono inverosimili perchésembrano false — evidenzia LaCapria —. Anche Kafka scrive coseinverosimili, anche Rabelais, an-che Cervantes, ma non sembranofalse». A tale riguardo fa da con-traltare Liliana Cavani che nel1981 firmò la regia del film trattodall’omonimo romanzo. «Il libro— afferma — è un documento au-tentico di quella guerra. Anche sealcuni episodi sembrano più veridel vero, più crudeli, più macabri,più grotteschi, al punto da esserescambiati per invenzioni surreali,essi danno invece la vera realtà diquella guerra. Malaparte ha rac-contato i fatti: abietti, crudeli, ve-ri».

Dalla parte dei detrattori figural’arguto aforista (oltre che giorna-lista e scrittore) Leo Longanesiche, nel biasimare Malaparte perla sua volontà di monopolizzaresempre la scena, così sentenziò:«È così egocentrico che se va adun matrimonio vorrebbe essere lasposa, a un funerale il morto». Diben altro avviso Milan Kunderache a proposito de La pelle scrive:«Con le sue parole Malaparte famale a sé stesso e agli altri. Chiparla è un uomo che soffre. Nonuno scrittore impegnato. Un poe-ta». E la sofferenza riveste un ruo-lo nevralgico nel pensiero di Ma-laparte che nel congedare il dipin-to, a fosche tinte, del paesaggionaturale e umano di Napoli sfre-giato dalla peste, dà questa ultimapennellata: «Mangerei la terra emasticherei i sassi pur di aiutareun uomo, o un animale, a soffri-re». Il riscatto da una condizionedi miseria e di pena sembra, in su-perficie, che non sia contemplato.Ma in realtà, nei sotterranei cuni-coli dell’animo umano, l’anelito alriscatto vibra e preme per affer-marsi, nella matura consapevolez-za che solo passando attraverso ilfuoco della sofferenza è possibileforgiare un destino che, tra i lem-bi di una vita a brandelli, reclamal’affrancarsi da ogni forma di ti-rannia e di oppressione.

E se il critico letterario EmilioCecchi, nello stroncare La pelledefiniva Malaparte «un fabbricanedi bolle terroristiche», un signifi-cativo elogio veniva tributato alloscrittore da Giovanni Spadoliniche, in qualità di storico, dichiara-va: «Nel gran pullulare di memo-riali, di confessioni e di difese, uti-li o inutili, avare o generose, èsembrato quasi che i nostri scritto-ri avessero ritegno o paura ad ispi-rarsi ai fatti e ai fenomeni della vi-ta collettiva degli anni della scon-fitta e dell’invasione. Tanto piùdegno di rilievo appare quindi Lapelle Curzio Malaparte, dove rivi-ve un mondo, una società, un co-stume, magari deformati ed esa-sperati nei particolari, ma verinell’essenziale».

IL RACCONTO DELL’EPIDEMIA NEI SECOLI

di INOS BIFFI

Si afferma abitualmente che il compito delteologo è quello di mettere in luce la“razionalità” della teologia. Ma a una più

attenta riflessione, la missione originaria del teologoappare quella di reperire e di esaltare la luce chepromana dalla Parola di Dio. Questa divina Parolaprecede la teologia e la genera. In altri termini,l’iniziativa non è quella della teologia, o dellaragione, che investe la Parola di Dio, ma è quelladella Parola di Dio che “si” rivela e si manifesta.Risalta in tal modo il carattere di grazia cheintrinsecamente connota la stessa teologia. Si puòfare teologia perché Dio si dona, si affida e confidaall’uomo in una assoluta e imprevedibile gratuità.Da qui lo stupore che pervade il teologo, come difronte a un dono, appunto a una grazia, che da sénon poteva immaginare e tanto meno pretendere diricevere. Risalta allora il significato dellacontemplazione teologica o della teologia comecontemplazione. La quale non può essere intesacome un atto che tocca e coinvolge unicamentel’intelletto. Fare teologia vuol dire essere assuntidalla Parola di Dio, che attira a sé tutte le facoltàdell’uomo, pervadendole con la sua luce e col suo

amore. Senza forzature e come esito logico nonsorprende che si giunga a parlare di condizione“estatica” del teologo, per la potenza che lo fissasulla Parola di Dio, e lo pone e lo piega — senzache ciò comporti costrizione — invincibilmente sottola sua azione, suscitando accrescente liberazione espirituale respiro. Esattamente l’ontologica,esistenziale, precedenza dell’attrattiva divina, nonche costringere, scioglie in una promozione dilibertà identificante. È il paradosso della Parola diDio che, proprio legando a sé, dona l’identità, che èper definizione assenza di vincoli. All’origine ditutto questo sta il fatto che Dio non è passatoassolutamente dal bisogno, e può solo dare. È comedire che Dio è amore per la pienezza del suo esserepuro. Lasciarsi prendere da questo Amore non puònon produrre gioia: la gioia espansa da un taleAmore dal quale si è sentiti unicamente amati.Perciò il teologo vive e diffonde la gioia spirituale,se rende gli altri partecipi e insieme eleva ilringraziamento. In altri termini: la vera teologia èdestinata a diffondere la gioia nella Chiesa, in unanticipo della gioia dei Beati, una gioia eterna esenza tramonto. E qui si affaccia il tema della gioiadella Teologia e della gioia dell’Eucaristia.

Page 5: Con lo sguardo a Fátima comunitaria con il Signore nei ......per l’Economia, in una intervista ai media vaticani. Chiamato da Papa Francesco a portare a termine una riforma che

L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 14 maggio 2020 pagina 5

Il rapporto con il creato alle fondamenta del pensiero di Romano Guardini

Dio non è un alberoL’uomo non è un faggio

quali categoriali suddivise tra empiriche etransempiriche — il passo successivo consi-dera l’«asimmetria polare» del rapportodivino-umano: il donde e il verso dell’uo-mo («le dimensioni antropologiche teolo-gicamente orientate» della sua origine edella direzione del suo esserci nel mondo)a fronte del sopra e dentro di Dio («le di-mensioni teologiche antropologicamentesituate» della trascendenza capace di tra-valicare l’altezza della sua alterità nella«intima prossimità»).

A partire dalla concezione guardinianadella teonomia, nei successivi capitoli Na-ro ristabilisce i termini della relazioneteandrica indicando il nome nuovodell’antica virtù del timore-di-Dio nella re-sponsabilità di coloro che sono vocati aessere figli del Padre, prerogativa e “for-ma” in cui è superata la religiosità dellapaura che ha contraddistinto per troppotempo una dogmatica sbilanciata sulla col-pa e risoltasi spesso in mero amartiocentri-smo.

La sintesi cui perviene Naro nell’ultimocapitolo recupera Guardini sul dibattitoapertosi intorno al concetto di umanesimoper correggere, e integrare, la proposta diun umanesimo cristiano in senso lato pro-prio a partire dalla relazione filiale: in Cri-sto Gesù un umanesimo sempre nuovo.

L’uomo è “immagine della persona divina”e come tale superiore alle altre creaturecapace di svincolarsidalle regole della natura di cui è parteper intrattenere un autentico dialogocon Chi lo invita a rivolgergli la parola

Bella come il soleLa Madonna nella canzone popolare europea

Guido Reni, «Assunzione» (1642)

Duccio di Buoninsegna«Pentecoste» (1308-1311)

Ricavò l’intera sua riflessione teologica dal messaggio biblicoelaborandola tramite un vasto e complessostrumentario intellettuale a un tempo filosoficostorico-culturale, pedagogico e psicologicotalvolta persino sociologico

Romano Guardini

di ANNA MARIA TAMBURINI

In un libro composto da vari saggiche potrebbero leggersi anche sen-za seguire l’ordine con cui sonoraccolti ed esposti, ma che nel lorocomplesso costituiscono comunque

una vera e propria introduzione sistemati-ca al pensiero teologico di Romano Guar-dini (1885-1968), Massimo Naro, docentedi teologia trinitaria, epistemologia teolo-gica e dialogo interreligioso nella Pontifi-cia Facoltà Teologica di Sicilia a Palermo,illustra una fondamentale polarità — p erchiamarla alla maniera dello stesso Guar-dini — tra l’Esserci divino e l’esserci uma-no. Questa polarità viene individuata co-me quella che più efficacemente sintetizzal’interesse teologico-antropologico della ri-flessione credente del pensatore tedesco diorigini italiane, scomparso ormai poco piùche cinquant’anni fa.

Dalla ricerca di Naro — Archetipo e im-magine. Riflessioni teologiche sulla scia diRomano Guardini (Rubbettino, 2018) —emerge che Guardini ricavò l’intera sua ri-flessione teologica dal messaggio biblico,elaborandola tuttavia tramite un vasto ecomplesso strumentario intellettuale, a untempo filosofico (ontologico, fenomenolo-gico, ermeneutico, estetico), storico-cultu-rale, pedagogico e psicologico, talvoltapersino sociologico.

L’antropologia cristiana che ne sortiscesi incardina sulla considerazione dell’uo-mo come «immagine di Dio» (Ebenbild)in rapporto con Dio quale suo «Archeti-po» (Urbild). Difatti, in questa prospettivarelazionale, Dio non è l’Assoluto della me-tafisica greca o delle moderne teodicee,bensì il Vivente che trascende la sua stessatrascendenza chiamando l’uomo a “esser-ci” in relazione con Lui e così situandolo«al cospetto di Dio»: l’uomo è innestatonel «dialogo pneumatico che Dio (il Pa-dre) intrattiene con Dio (il Figlio)», la so-la condizione che lo specifica rispetto alresto della creazione.

Tale teologia si esplica, dunque, in ter-mini trinitari. E l’uomo, argomenta Narocommentando il personalismo di Guardi-ni, «in forza della sua iconicità relativa al

simila a loro, soggetto alla loro medesimac o r ru t t i b i l i t à .

Ma Dio è fedele a se stesso e al suoprogetto: l’Uno e Unico dell’Antico Testa-mento è un mistero non inaccessibile, per-ché per grazia Egli si manifesta e nel voltodel Cristo, secondo il quarto Vangelo, simanifesta nella dimensione relazionale diUnità e Trinità: «È soprattutto il Cristogiovanneo che rivela — secondo Guardini— il volto trinitario di Dio e la comunionein cui esistono e si relazionano in Dio l’ioe il tu di Dio, i “volti” personali che inDio “stanno rivolti l’uno all’a l t ro ”, nella“nitida distinzione ed intima comunione

distingue la cultura odierna ogni forma si-stematica di pensiero genera sospetto epoiché Guardini iniziò la sua carriera uni-versitaria (a Berlino nel 1923) proprio conuna cattedra ad personam di katholischeWe l t a n s h a u u n g , si rese subito conto d’esse-re esposto al rischio di fraintendimento edella necessità di elaborare i fondamentiepistemologici della sua visione del mon-do, spiegando l’opportunità di rinunciarealla conoscenza a priori che è propria allefilosofie e di adottare invece un punto divista esterno, dall’alto: il punto di vista diDio. Così per analogia inversa alla visioneche ordinariamente l’uomo ha del mondo,percependosi al centro di esso, a partiredal messaggio genesiaco Guardini affermache l’uomo conosce non per via teoricama nella relazione. Anche nel rapportocon le cose si stabilisce una reciprocità percui — già lo sosteneva sant’Agostino —mentre l’uomo si dispone a interrogare ilmondo, le cose del mondo lo interpellano

pocentrismo che caratterizza la modernitàportando a trascurare il concreto vivente.Egli nota che la tradizione filosofica occi-dentale distingue essenzialmente tra intui-zione e concetto e che, dal momento incui, nel tardo medioevo, al pensiero dimatrice platonica sopravanza quello diascendenza aristotelica, più concettuale eastratto, il concreto vivente è stato pro-gressivamente rimosso, interpretato comeoggetto dell’intuizione nella sfera dell’irra-zionale, non scientifico. Da cui la fram-mentazione che riguarda sia il sapere chel’umano: occorre recuperare quella unita-rietà del “pensiero intellettuale” p re - m o -derno per tornare a «un regime di cono-scenza in cui dovrebbero essere metodolo-gicamente recuperate insieme la forza uni-tiva dell’ut agostiniano e la chiarezza di-stintiva ma non divaricante dell’et tomisti-co» nella convinzione che «“in essenza”concetto e intuizione stiano in una pro-fonda e reciproca relazione, come atti fon-

damentali dello spirito conoscente». Epoiché a causa dell’inefficacia del metodo— a conoscere empiricamente e razional-mente non solo Dio ma anche l’uomo —la filosofia tardo-moderna si è estremizza-ta, divaricata tra idealismo e positivismo,spirituale ed empirico, Guardini fonda lasua critica reinterpretando la realtà in unparadigma di polarità: nell’alveo del pen-siero platonico, egli elabora la teoria delGegensatz mostrando il paradosso delle op-posizioni nel concreto vivente, all’internodel quale i contrari per la logica sembranoescludersi, mentre “per essere” si esigonoin un dinamismo vitale che salva la stabili-tà ontologica ma con essa salva anche ildivenire: «Il Gegensatzsystem si caratterizzaal contempo come una gnoseologia gene-rale e come una ontologia fondamentale.Guardini, per mezzo di esso, illustra lastruttura polare della conoscenza comecorrispondente a una struttura altrettantopolare dell’essere, inteso questo nei termi-ni del concreto vivente».

Ma il principio di opposizione polarefunziona dal punto di vista di Guardininel concreto vivente per la verità dell’uo-mo: in Dio la relazionalità e quindi anchela frontalità, sono — in uno stato di perfe-zione — in un rapporto di equilibrio; puòessere utile estenderlo invece alla riflessio-ne sul rapporto Archetipo/icona. Ora —senza addentrarci nell’articolazione del si-stema oppositivo che Naro analizza en-trando nel sistema delle opposizioni, di-stinte in trascendentali e categoriali, le

Dio che è assolutamente personale, è asua volta anche e soprattutto “p ersona”,“immagine della persona divina” e cometale diverso e superiore alle altre creature,capace di svincolarsi dalle regole della na-tura, di cui è parte, per intrattenere un au-tentico dialogo con Chi lo invita a rivol-gergli la parola». Così l’uomo, creaturaiconica, è investito della luogotenenza nelmondo: posto a custodire e coltivare ilmondo creato.

Il dramma sta nel cedimento alla tenta-zione da parte dell’uomo di autodetermi-narsi, falsando l’immagine di Dio allaquale subentra quella che egli si fa di Dio,dimenticando pertanto il proprio nome —icona —, e chiudendosi alla relazione cheoriginariamente lo costituisce: l’uomo siplasma da sé i propri idoli e — come è ve-ro che sulla base della conoscenza che hadel divino, conosce se stesso, così — si as-

ad un tempo” dello Spirito Santo. E se ilCristo rivela “nel volto dell’uomo” la suafiliale divinità, egli è per ciò stesso “epifa-nia” del volto paterno di Dio. Il Dio delNuovo Testamento è, infatti, precipua-mente Padre. La sua paternità si coniugainnanzitutto rispetto al Figlio eterno, sinda quel “principio” che “sta ancora dietroquello genesiaco”, in quanto non è mera-mente “la prima realtà del mondo”, ma laprima realtà in sé».

Su questi presupposti, i capitoli del vo-lume si susseguono sviluppando coerente-mente i termini di questo rapporto a parti-re da due definizioni suggestive e specula-ri di Guardini: «Dio non è un albero»,«L’uomo non è un faggio». La verità diDio è la verità dell’amore, che costituisceanche per l’uomo un criterio gnoseolo-gico.

Nel rifiuto delle ideologie che contrad-

e dunque la conoscen-za si dà nell’i n c o n t rotra conoscente e cono-sciuto, in una relazio-ne di frontalità: «Essinon sono semplice-mente chiusi l’unonell’altro paghi dellaloro relazione: li acco-glie invece un orizzon-te più vasto, uno sfon-do più grande, una ul-teriorità che custodi-sce e determina la ve-rità di entrambi». Dacui il riconoscimentodi essere altro dalmondo, in virtù dellarelazione a Qualcunoche al mondo non ap-partiene, che chiamal’uomo ad essere e nelmondo lo pone distin-guendolo dal mondo.

Guardini muovedalla critica dell’a n t ro -

di BENNO SCHARF

In una canzone mariana, tradizionalee molto nota, si canta «Bella tu seiqual sole, bianca più della luna». Iltesto fu composto agli inizi del XXsecolo dal padre Francesco Saverio

D’Aria e musicato da monsignor Luigi Gui-da. L’attribuzione di una bellezza pari aquella del sole e della luna a Maria, madredel Redentore, viene però dal medioevo.L’interpretazione del Cantico dei Cantici insenso mariano ebbe i primi riscontri agli ini-zi del XII secolo con i monaci Ruperto diDeutz e Onorio di Autun. Prima di allora lafigura della donna bellissima, indicata neltesto biblico, era riferita alla Chiesa, intesacome sposa di Cristo.

Nella poesia trecentesca è celebre la gran-diosa ode, con cui Francesco Petrarca con-clude il suo C a n z o n i e re : «Vergine bella, chedi sol vestita, coronata di stelle». Qui la Ma-donna è rivestita di sole: una figura splen-dente, che si staglia in mezzo al disco solare.Invece nella coetanea sequenza Ave reginaomnium Maria è invocata come Solis habita-culum; Cristo è il sole e sua madre lo ha ac-colto in sé.

La bellezza femminile fu avvicinata al so-le anche nella poesia non religiosa, in parti-colare con il Marinismo nei vari Paesi euro-

pei. Ma con il gusto secentesco nacqueronuovi riferimenti al sole nella descrizione diMaria.

La tradizionale canzone italiana «LodateMaria, o lingue fedeli», di origine secentesca(la più antica ancora in uso), dice: «Di nobi-le aurora, sei luce divina, il sole t’onora, laluna t’inchina».

Proprio nello stesso periodo il poeta emusicista austriaco Laurentius von Schnüffiscompose una bella canzone mariana, ancoraeseguita nel mondo germanico. Egli era sta-to cantastorie e attore girovago su uno deitanti “Carri di Tespi”, che a quel tempo por-tavano la Commedia dell’Arte nelle corti deisignori e sulle piazze dei borghi. Nel 1662,all’età di 29 anni, sentì la vocazione alla vitareligiosa e tre anni dopo entrò nell’o rd i n edei Cappuccini. Qui fu autore di varie ope-re, tra cui un’autobiografia intitolata Philo-teus e varie canzoni religiose. Spicca una lo-de alla Madonna, che inizia con: «Magnificacome il raggio del sole, potente sopra ognicosa, beata nell’amore perfetto, Signora deicieli».

Composto nel 1673, il testo consta di 5strofe ciascuna di 9 versi irregolari. La pri-ma di esse continua con un accorato affida-

mento: «A te mi consacro per sempre contutto il mio essere; a te affido il mio corpoed il mio animo; il mio sangue e la mia vitavoglio dare a te. O Maria, tutto ciò che so-no e che ho lo dono con gioia a te». Nellesuccessive tre strofe si snoda una solenneesultante litania, in cui sono ribaditi gli at-tributi soliti, ma anche quelli meno fre-quenti del culto mariano. «Il sole ti accom-pagna, la luna argentea si getta ai tuoi pie-di; incoronata dalle stelle tu sei luce e con-forto nella notte del nostro viaggio terre-no».

Il tema trinitario e quello dell’immacolataconcezione emergono nella terza strofa: «Es-sendo tu del tutto senza macchia, o rosa bel-lissima, l’Eterno Padre ti ha chiamato figliasua; il Figlio Divino, sull’altissimo suo tro-no, ti ha riconosciuto sua madre e, ad accre-scere la tua gloria, lo Spirito Santo si è affi-dato a te come sua eletta sposa».

Nell’ultima parte del canto dalla contem-plazione di Maria si passa alla supplica a lei«Madre del Redentore e insieme vergine,prega per noi peccatori e trasmettici il per-dono di tuo figlio. In questa valle di lacrimenoi t’invochiamo, o madre nostra, nelle penee nel dolore. E quando l’anima nostra lasce-

rà il corpo sii tu accanto a noi; difendici eguidaci su nel cielo, dove i cori degli angeliti acclamano».

I riferimenti alle preghiere mariane piùnote, dalla Salve Regina allo Stabat Mater,sono evidenti. Lo scopo del canto era pro-prio quello di renderli comprensibili a tutti,nella lingua parlata. La canzone ebbe subitomolto successo e ne nacquero varie rielabo-razioni. Nel 1808 i poeti Achim von Arnim eClemens Brentano la inserirono nel lorogrande repertorio dei canti tradizionali tede-schi Des Knaben Wunderhorn (La cornucopiadel fanciullo). Poi nel 1842 il poeta, cardina-le Johannes von Geissel, la perfezionò sulpiano stilistico, dandole la forma definitiva,accolta anche nell’odierno repertorio tedescoGotteslob. La melodia, forse composta dallostesso autore del testo, è in fa maggiore coni primi quattro versi scanditi sull’accordo aguisa di squilli di tromba. Solenne e orec-chiabile, è l’ideale per ritmare i passi duran-te una processione,

Il paragone della bellezza solare di Mariatornò poi in poeti e musicisti. Le stesse veg-genti di Lourdes, santa Bernardetta, e di Fa-tima, suor Lucia, definirono la figura appar-sa loro «Bella come il sole». La bellezza del-la Madonna continua anche oggi a ispirarecantori in tutto il mondo.

Page 6: Con lo sguardo a Fátima comunitaria con il Signore nei ......per l’Economia, in una intervista ai media vaticani. Chiamato da Papa Francesco a portare a termine una riforma che

pagina 6 giovedì 14 maggio 2020 L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 14 maggio 2020 pagina 7

Nomina episcopalein Thailandia

Anthony Weradet Chaiseria rc i v e s c o v o

di Tharé and Nonseng

Nato il 26 giugno 1963 a Tharé, hafrequentato il seminario minore lo-cale e svolto gli studi filosofici eteologici nel seminario maggiorenazionale Lux Mundi in Sampran,ottenendo il baccalaureato in am-bedue le discipline. Membro delMovimento dei focolari, ha ancheseguito un corso di formazionespirituale presso il Centro del foco-lare (Priests’ School for Asia) diTagaytay, nelle Filippine (1991-1992). Ordinato sacerdote il 21marzo 1992, per l’arcidiocesi nati-va, è stato per un anno vicario par-rocchiale di Sant’Anna a Nonsenge incaricato delle comunità dei fe-deli di Baan Phaeb e Srison-gkhram; poi parroco di Saint Jose-ph a Nakhonphanom e incaricatodell’ufficio missionario giovanile(1993-1995). Dopo un biennio distudi romani per la licenza in teo-logia biblica alla Pontificia univer-sità Urbaniana e breve corso performatori dei seminari presso ilPontificio ateneo Regina Apostolo-rum, al rientro in patria è stato for-matore (1997-1998) e poi rettore(1998-2008) nel seminario minoreFatima in Tharé. Dopo essere statoin Laos come direttore spiritualenel seminario maggiore G.M.Vi a n ney a Thakaek, dove ha inse-gnato Sacra scrittura (2003-2008);è tornato nella sua arcidiocesi co-me vicario generale (dal 2008 rico-pre tale incarico) e parroco del Sa-cro Cuore di Gesù a Sakhonna-khon (2008-2013) e poi parrocodella cattedrale di San Michele Ar-cangelo in Tharé (2013-2018) e infi-ne parroco del santuario Madredei martiri a Songkhon (dal 2018).

L’annuncio in un comunicato della Congregazione per l’educazione cattolica

Il 15 ottobre «global compact» a distanza

Un’invocazione senza confiniNelle iniziative delle Chiese e delle realtà ecumeniche

Cristiani e musulmani nel solco tracciato dal Documento di Abu Dhabi

Testimoni degli stessi valori

Le speranzedei presuli

del MyanmarYANGON, 13. In Myanmar, come purtroppo intante altre regioni del mondo, l’emergenza pan-demia si trova a dover drammaticamente convive-re con la guerra o comunque, appunto, con san-guinosi e annosi conflitti interni. In questo sensola proposta della Giornata di preghiera del 14maggio è stata immediatamente accolta dall’epi-scopato locale per chiedere a Dio di proteggerel’umanità dalla pandemia da coronavirus e porrefine al conflitto interno, come pure alle tanteguerre che insanguinano il pianeta.

Alcuni giorni fa — come riferisce l’agenzia Fi-des — un civile è stato gravemente ferito a unagamba dall’esplosione di una mina nel villaggiodi Han Gan, nella Ye Township dello StatoMon. Si tratta dell’ennesimo episodio di una“guerra in sordina” che fa del Myanmar un Paesecon un continuo conflitto a bassa intensità. Ben-ché i combattimenti siano ora in corso soprattut-to negli Stati Rakhine e Chin, i suoi effetti deva-stanti si fanno sentire un po’ ovunque. Agli inizidi maggio, tre organizzazioni separatiste checombattono contro il governo centrale di Yan-gon, hanno reiterato l’appello al cessate il fuoco,già reso noto agli inizi di aprile, con una “t re g u aunilaterale”, afferma un comunicato, che nonesclude una risposta in caso di attacco.

La situazione di confusione, soprattutto negliStati Mon e Rakhine rende difficile attribuire laresponsabilità delle morti civili ai ribelli o ai sol-dati governativi. Il 20 aprile un autista dell’O r-ganizzazione mondiale della sanità è stato uccisomentre trasportava materiale medico; qualchegiorno dopo un convoglio di aiuti del Program-ma alimentare mondiale, con riso e altri generialimentari di base, è stato attaccato dai ribelli trale città di Samee e Paletwa (Chin).

I combattimenti e le reciproche accuse non fa-cilitano l’accesso degli operatori di organismiumanitari nelle aree di crisi, dove all’espansionedel covid-19 si somma una carenza alimentare en-demica, ora peggiorata dal virus. La semina delriso, per esempio — che rappresenta l’80 per cen-to della produzione birmana — inizia in genere afine aprile con raccolti a settembre e ottobre, mapoiché i prestiti di governo e degli istituti di mi-cro-finanza sono sospesi, molti agricoltori nonsono in grado di procurarsi le necessarie sementi.

Dopo gli attacchi ai convogli Onu, le agenziedelle Nazioni Unite e diverse ong internazionaliche operano in Myanmar hanno chiesto un im-mediato cessate-il-fuoco nell’area occidentale delPaese, ma il governo dello Stato Rakhine ha ri-sposto vietando ai gruppi umanitari di crearecampi per gli sfollati interni senza l’a p p ro v a z i o n edell’esecutivo. Nel nord dello Stato almeno160.000 persone sono sfollate a causa dei com-battimenti tra esercito e ribelli.

Il 27 aprile scorso, la Federazione delle Confe-renze Episcopali dell’Asia (Fabc) aveva accolto larichiesta del Segretario generale delle NazioniUnite, António Guterres, e rilanciata da PapaFrancesco, per una tregua globale di fronte allaminaccia senza precedenti della pandemia. Alcu-ni giorni dopo un appello nella stessa direzioneera stato siglato da diverse ambasciate stranierenella capitale Yangon.

Adesione di Focolari, Coreis e Ucoii

Il 14 maggio Giornata di preghiera, digiuno e opere di carità

L’auspicio del cardinale presidente dell’Alto comitato per la fratellanza umana Ayuso Guixot

Dopo la pandemiaun mondo più unito e solidale

Intervista con il prefetto della Segreteria per l’Economia padre Juan Antonio Guerrero Alves

Quello della Santa Sedeè un bilancio di missione

«Per affrontare le sfide attuali e quelledel futuro immediato, noi leader reli-giosi siamo chiamati a promuoverel’unità, la solidarietà e la fratellanza»,affinché «da questo momento difficilesia possibile riemergere tutti miglioridi prima e aiutare le nostre società aessere pronte a cambiare tutto ciò cheè necessario, non solo seguendo le leg-gi dell’economia e del profitto». L’au-spicio del cardinale Miguel Ángel Ayu-so Guixot è rimbalzato in videoconfe-renza da Roma a New York, nella sededelle Nazioni Unite, per rilanciare la

Giornata di preghiera, di digiuno e diopere di carità indetta per il 14 maggio— per invocare «a una sola voce» il Si-gnore, affinché preservi l’umanità e laaiuti a superare la pandemia del covid-19 — dall’Alto comitato per la fratellan-za umana (Hchf), da lui presieduto.Oltre a Papa Francesco e al segretariogenerale dell’Onu, António Guterres,sono numerosi i capi delle principalireligioni e di organismi internazionaliche hanno assicurato la loro adesioneall’iniziativa — rivolta a tutti gli uominie le donne «che credono in Dio crea-

tore» — di cui il porporato spagnoloha parlato martedì 12, intervenendo invideo alla conferenza di alto livello or-ganizzata dalla Missione permanentedel Regno del Marocco al palazzo diVe t ro .

Com’è noto l’Hchf è stato istituitoper raggiungere gli obiettivi del Docu-mento sulla Fratellanza umana per lapace mondiale e la convivenza comune —firmato da Papa Francesco e dal Gran-de imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Ta-yyeb, ad Abu Dhabi, il 4 febbraio 2019— ed è composto da esponenti delle tre

grandi religioni monoteiste (cristiani,musulmani ed ebrei); da ultimo ha an-noverato tra i propri membri ancheuna donna, la bulgara Irina Bokova,già direttore generale dell’Unesco. Lostesso segretario generale dell’Onu viha designato come rappresentante perseguirne le attività e collaborarvi, ilsuo special adviser Adama Dieng.

Chiamato ad approfondire il temadel «ruolo dei leader religiosi nell’af-frontare le sfide legate al coronavirus»,il cardinale Ayuso Guixot ha presospunto dalla storica immagine della se-

di RICCARD O BURIGANA

«C iascuno nel proprio luogo, secondo lapropria tradizione, deve vivere questagiornata con lo sguardo rivolto ai biso-

gni del proprio vicino, così da rafforzare l’idea cheesista un’unica famiglia umana»: con queste paroleIoan Sauca, segretario generale ad interim del Con-siglio ecumenico delle Chiese, ha voluto manifestarel’appoggio dell’organizzazione alla giornata di pre-

ghiera, digiuno e invocazione per l’umanità, procla-mata per il 14 maggio dall’Alto comitato per la fra-tellanza umana, costituito nell’agosto 2019, a pochimesi dalla firma dell’importante documento durantelo storico incontro (era il 4 febbraio 2019) tra PapaFrancesco e il grande imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb. Sauca ha invitato a prendere parte a questagiornata per riaffermare l’importanza di una testi-monianza ecumenica nella preghiera e nell’azione intempo di pandemia, dove «molti stanno facendol’esperienza della paura e dell’incertezza, della sepa-razione, dell’isolamento e della morte nella propriafamiglia e nelle proprie comunità».

Dalle parole di sostegno del World Council ofChurches si coglie la profonda sintonia che esistetra Roma e Ginevra per un cammino ecumenicoche sappia, nel rispetto e nel rafforzamento dellapropria identità, aprirsi al dialogo con le altre reli-gioni per offrire insieme sostegno spirituale e mate-riale a coloro che sono nella sofferenza in nome deivalori umani. Come l’arcivescovo di Canterbury eprimate della Comunione anglicana Justin Welby,anche la Federazione luterana mondiale (Lwf) hamanifestato il suo appoggio alla giornata del 14maggio perché invita persone di fedi differenti a vi-vere, insieme, le sofferenze di questo tempo per co-struire così il bene dell’umanità. All’iniziativadell’Alto comitato l’arcivescovo nigeriano Panti Fili-bus Musa e il pastore cileno Martin Junge, rispetti-vamente presidente e segretario generale della Lwf,riconoscono il merito di aver rivolto l’invito a tuttiper testimoniare una comune volontà di dialogo econdivisione: «Il mondo ha bisogno di unità e soli-darietà al di là dei confini di ogni tipo per rispon-dere alla pandemia del covid-19». Per questo si devepregare rivolgendo a Dio una supplica del tuttoparticolare per mettere fine alla pandemia, ricordan-do, al tempo stesso, che i cristiani devono sostenerecoloro che sono impegnati, in prima fila, nell’assi-stenza sanitaria come coloro che sono alla ricerca diun vaccino.

Il Consiglio delle Chiese del Medio oriente hafatto proprio l’appello che ha ricevuto il sostegno dinumerose organizzazioni impegnate direttamentenella promozione del dialogo islamo-cristianonell’area medio-orientale, come momento fecondodi un cammino di dialogo per la costruzione dellapace proprio grazie al contributo delle religioni,tanto da assumere una valenza che va ben oltre lapreghiera per la fine della pandemia e dell’assisten-za ai sofferenti. Dal canto suo la Conferenza cristia-na dell’Asia ha organizzato, proprio per il 14 mag-gio, un incontro, in forma di webinar, per prosegui-re il cammino di confronto su come le Chiese cri-stiane in Asia devono affrontare la sfide della pan-demia in uno spirito ecumenico. A livello locale, so-prattutto dietro sollecitazione delle diocesi, numero-se sono state le adesioni ecumeniche all’appunta-mento del 14 maggio, lasciando la massima libertànel vivere questa giornata, tenuto conto anche deilimiti imposti, in tanti paesi, dal coronavirus, men-tre altrove, come in Myanmar, proprio i vescovi sisono fatti portavoce della necessità di rafforzare ildialogo interreligioso in nome dei valori della fratel-lanza umana.

In Italia, fra le iniziative locali, merita una men-zione particolare quella dell’Ufficio per l’ecumenismoe il dialogo interreligioso della diocesi di Mantovache ha invitato a prendere parte a questo evento pri-vilegiando la preghiera che avvicina i credenti di di-verse religioni, rafforzando i vincoli di fratellanza,tanto da trovare il sostegno della Chiesa valdese, del-la Chiesa pentecostale nuova vita, della Chiesa evan-gelica, della Chiesa ortodossa romena, dei centri isla-mici di Suzzara, della comunità bahá’í di Mantova edei sikh di Suzzara. Il mondo ecumenico, con livellidi partecipazione diversa, per ora, da luogo a luogo,ha accolto dunque l’invito a una giornata di preghie-ra, digiuno e misericordia, lanciata all’Alto comitatoper la fratellanza umana, per proseguire un impegnoquotidiano con gesti e con parole per vivere la pan-demia nella luce di Cristo, salvatore delle genti.

Il 4 febbraio 2019 Papa Francesco e il grandeimam di Al-Azhar, Ahmed Al Tayeb, firmavanoad Abu Dhabi il «Documento sulla fratellanzaumana per la pace mondiale e la convivenza co-mune». A oltre un anno da quello storico incon-tro — che ha ispirato la nascita dell’Alto comi-tato per la fratellanza umana, promotore dellagiornata di preghiera per l’umanità del 14 mag-gio — quali sono state le principali iniziativecattoliche per accompagnare il dialogo intrapresoe che accoglienza ha avuto tale evento in ambitomusulmano? Risponde il direttore delle rivisteedite in Italia dalla Custodia di Terra Santa inuna riflessione uscita sul fascicolo 1/2020 delmensile «Vita e Pensiero». Ne pubblichiamos t ra l c i .

di GIUSEPPE CAFFULLI

In ambito cattolico, le iniziative a soste-gno del Documento sulla fratellanza uma-na per la pace mondiale e la convivenza co-

mune non sono mancate, in Italia, in Europae in Medio oriente. Ne ricordiamo tre, tra lepiù significative. Nel marzo 2019, per cele-brare l’ottavo centenario dell’incontro diFrancesco d’Assisi con il sultano Al-MalikAl-Kamil, si è tenuto in Egitto, a Damietta eal Cairo, un incontro cui hanno preso partevarie autorità sia ecclesiali sia civili; a un me-se dalla firma di Abu Dhabi, presso l’univer-sità Al-Azhar sia cristiani sia musulmani han-no riflettuto insieme sui temi contenuti nelDocumento sulla fratellanza umana. A Geru-salemme, sempre nel segno dell’incontro trasan Francesco e il sultano, si sono tenuti ainizio ottobre una serie di seminari sul temadell’incontro e del dialogo. Culmine del-

l’evento è stata la visita e l’incontro, il 3 otto-bre, con Muhammad Ahmad Hussein, granmufti di Gerusalemme, all’interno degli spazidella moschea di Al-Aqsa. A Milano, il 6 no-vembre, l’arcivescovo Mario Delpini ha volu-to incontrare i rappresentanti e i responsabilidelle oltre cento realtà legate al mondo mu-sulmano presenti nel territorio della Chiesaambrosiana. Insieme cattolici e musulmanihanno sottoscritto il Documento di AbuDhabi, solenne impegno a lavorare per lapace e il dialogo.

Ma quali sono le considerazioni, risonanze(e le resistenze) in ambito musulmano? Ab-biamo la reale percezione del cammino chesi sta compiendo e dei primi frutti che stan-no maturando? Anouar Kbibech, vicepresi-dente del Consiglio francese del culto musul-mano, non ha dubbi: «È a tutti gli effetti undocumento storico, destinato a gettare lefondamenta della fraternità umana. Esistonotre cerchi di fraternità che vanno estenden-dosi: c’è la fraternità tra credenti della stessareligione; la fraternità tra credenti delle reli-gioni monoteiste e, infine, la fraternità tratutti gli esseri umani. Questo documentopermette a cristiani e musulmani di usciredal primo cerchio della fraternità tra credentidella stessa religione per aprirsi alla fraterni-tà con altri credenti, cristiani, musulmani,ebrei». Sempre in Francia è stato sottoscrittoda un gruppo di intellettuali sunniti, sciiti esufi un documento intitolato La fratellanzaper la conoscenza e la cooperazione, che defini-sce il testo di Abu Dhabi un «punto di par-tenza e di non ritorno». Il documento, natosu iniziativa della Comunità religiosa islami-ca (Coreis) italiana e dell’Istituto di studiislamici di Francia, spiega come la firma di

Abu Dhabi sia «un evento istituzionale senzaprecedenti nella storia delle relazioni tra cri-stiani e musulmani», l’avvio di una nuova fa-se orientata «verso il riconoscimento della le-gittimità e la provvidenziale diversità di rive-lazioni, teologie, religioni, lingue e comunitàreligiose». Sul versante italiano, l’imamYahya Pallavicini, presidente della Coreis, ri-marca come per i leader e gli intellettualimusulmani firmatari del documento pariginosia ormai chiaro che le diversità religiose nonsono «una chiamata alla conquista o al pro-selitismo, o un pretesto per una semplice tol-leranza di facciata», ma piuttosto un’opp or-tunità per mettere in pratica la fraternità cheè «una vocazione contenuta nel piano di Dioper la creazione».

Da Trieste gli fa eco l’imam Akkad Nader,tra gli esponenti musulmani più attivi sulversante del dialogo con il mondo cattolico econvinto sostenitore del Documento sullafratellanza umana: «Grazie alla lungimiranzadi Papa Francesco e del grande imam di Al-Azhar, cristiani e musulmani possono final-mente chiamarsi fratelli. Inoltre, in quantocredenti, siamo chiamati a realizzare questafratellanza, a essere solidali con i più debolie a cooperare per preservare insieme la casacomune che è la nostra terra. Non sono pa-role, ma si tratta di un dialogo che vuole far-si carne, diventare opere, come indicato an-che dalla Laudato si’, un’enciclica che è stataaccolta con grande favore anche nel mondomusulmano». Le critiche — l’imam Nadernon lo nasconde — non sono mancate: «C’èchi, anche fra i musulmani, vede le relazionicon il mondo esclusivamente nella logicadello scontro. Ma si tratta di una minoranza.Noi crediamo al dialogo e ci battiamo per

una cultura che metta al primo posto la fra-tellanza umana».

Adnane Mokrani, docente presso il Ponti-ficio istituto di studi arabi e islamistica diRoma, osservatore attento delle relazioniislamocristiane, rimarca come il testo «siastato ben accolto dai musulmani in Europa ein Italia, ma anche in alcuni paesi arabi co-me l’Egitto, la Giordania e il Libano. Dob-biamo poi ricordare il fatto che Papa France-sco, per celebrare gli 800 anni dell’i n c o n t rotra san Francesco e il sultano al-Kamil inEgitto, ha voluto visitare due paesi arabi amaggioranza islamica: gli Emirati Arabi,all’estremo oriente del mondo arabo, e ilMarocco, all’estremo ovest. Sul piano simbo-lico, il Papa, che porta il nome del santo diAssisi, ha voluto incontrare due “sultani”. Èun abbraccio al mondo arabo in tutta la suacomplessità, in un momento storico moltodifficile. Il primo incontro tra san Francescoe il sultano avvenne all’epoca delle crociate;anche l’incontro recente cade in un’ep o capiena di conflitti. Il messaggio rimane lostesso: andare controcorrente per parlare dipace e di diritti».

L’input dato da Papa Francesco e ripresoda Ahmed Al-Tayeb sulla necessità di diffon-dere, leggere, studiare e, soprattutto, metterein pratica il Documento sulla fratellanzaumana sembra sia stato preso sul serio a varilivelli. Dal 7 al 10 dicembre 2019, sempre nel-la capitale degli Emirati Arabi Uniti, si sonoriuniti alcuni fra i più noti network interna-zionali di sapienti musulmani. Al terminedell’assise è stata firmata la Carta per la nuo-va alleanza delle virtù, nella quale si ribadiscela responsabilità delle «persone di tutte le fe-di, ciascuna attingendo alla propria rispettiva

tradizione, per elevare le virtù che portano alrispetto, alla tolleranza e alla pace». Scopocomune: «Estinguere le fiamme della guerrae sconfiggere gli agenti del terrore e del con-flitto».

Un anno è certamente poco per tracciareun bilancio definitivo ma i semi che vengonosparsi stanno contribuendo a scrivere paginenuove, finora inesplorate. Testimonianze intal senso arrivano da Tripoli del Libano (do-ve il mufti Malek a-Shaar collabora attiva-mente con la Chiesa locale e i francescaninel costruire percorsi d’incontro, conoscenzareciproca e dialogo, e dove è stata intitolata,per ricordare l’incontro tra il santo e il sulta-no, una via cittadina a san Francesco d’Assi-si) e da Aleppo, Siria, dove il muftiMahmoud Akkam (che vive sotto scorta perle minacce ricevute dai jihadisti musulmani)sostiene, insieme al vicario apostolico diAlep, monsignor Georges Abou Khazen, unprogetto comune di assistenza ai bambini or-fani di guerra. Insomma, l’insegnamento delPapa sull’islam e il Documento sulla fratel-lanza umana stanno rafforzando tutti coloroche credono nel dialogo, ma anche le im-mense schiere di musulmani che si sentonooffesi dal discredito che il terrorismo che sidice islamico ha gettato sulla loro fede. Ilcammino aperto ad Abu Dhabi riafferma conforza che cristianesimo e islam non sono reli-gioni in guerra, ma condividono i valori del-la fede in Dio e della dignità umana. Di più:credono nella stessa missione comune al ser-vizio dell’umanità. E condividono la stessaresponsabilità di chiamarsi fratelli davanti aDio e agli uomini.

di ANDREA TORNIELLI

Da pochi mesi prefetto della Se-greteria per l’Economia, chia-mato da Papa Francesco a

portare a termine una riforma chepunta alla trasparenza economica del-la Santa Sede e a un uso sempre piùefficiente dei beni e delle risorse chesono al servizio della sua missioneevangelizzatrice, padre Juan AntonioGuerrero Alves si trova ora a doversiconfrontare con la crisi causata dalcovid-19. E questa è una intervistache non avrebbe voluto fare. «Nonper altro — spiega — ma perché pensoche nella Chiesa siano altre le coseimportanti. E perché avrei volutoaspettare ancora prima di parlare. Maquesto tempo è una sfida per tutti.Dunque anche per noi. E richiedec h i a re z z a » .

Padre Guerrero, la settimana scorsa si ètenuto un incontro Interdicasteriale dedi-cato alla situazione finanziaria delloStato della Città del Vaticano e dellaSanta Sede. Può dirci qual è la situa-zione?

Tutto il mondo sta attraversandouna crisi caratterizzata da due fattori:dalla sua eccezionalità e dall’incertez-za sulla sua durata. Quello che stia-mo vivendo è un tempo unico. Untempo difficile che ci pone davanti al-le nostre responsabilità. Dobbiamotrovare il modo per assicurare la no-stra missione. Ma dobbiamo anchecapire cosa è essenziale e cosa non loè. Allo stesso modo non tutto può es-sere misurato solo come deficit, enemmeno come mero costo, nella no-stra economia.

In che senso?

Non siamo una impresa. Non sia-mo una azienda. Il nostro obiettivonon è fare profitto. Ogni Dicastero,ogni Ente, compie un servizio. E ogniservizio ha dei costi. Il nostro impe-gno deve essere quello della massimasobrietà e della massima chiarezza. Ilnostro deve essere un bilancio di mis-sione. Cioè, un bilancio che mette inrelazione i numeri con la missionedella Santa Sede. Questa che sembrauna premessa, è la sostanza dellaquestione. E dunque non va mai per-sa di vista.

Può darci qualche numero?

Quanto ai numeri, quelli della San-ta Sede sono molto più piccoli diquanto in tanti immaginano. Sonopiù piccoli di una media universitàamericana, per esempio. E anche que-sta è una verità spesso ignorata. Inogni caso i conti ci dicono che tra il2016 e il 2020 sia le entrate che leuscite sono state costanti. Le entrateintorno ai 270 milioni. Le spese inmedia intorno a 320 milioni, a secon-da dell’anno. Le entrate derivano dacontributi e donazioni, rendimenti de-gli immobili e in misura minore dallagestione finanziaria e dalle attività de-gli Enti. Un contributo importante èquello del Governatorato dello StatoCittà del Vaticano; e dipende in larga(ma non esclusiva) misura dai Museioggi chiusi e nella restante partedell’anno in probabile difficoltà per laripresa che sarà lenta. Se guardo soloai numeri e alle percentuali, potrei di-re che le uscite si distribuiscono più omeno così: 45 per cento personale, 45per cento spese generali e di ammini-strazione e 7,5 per cento donazioni. Opotrei dire che il deficit (la differenzafra entrate e uscite) negli ultimi anniha oscillato fra 60 e 70 milioni. Masulla sola base di questi numeri qual-cuno potrebbe pensare che il deficit èun buco che deriva da cattiva ammi-nistrazione. O che finanzia una buro-crazia immobile. Non è così. Niente ache vedere con questo. Dietro questinumeri c’è la missione della Santa Se-de e del Santo Padre, c’è la pienezzadella vita e del servizio ecclesiale.Non è giusto dire che il deficit si fi-nanzia con l’Obolo di S. Pietro comese l’Obolo riempisse un buco. L’O b o-lo anche è una donazione dei fedeli:finanzia la missione della Santa Sede,che include la carità del Papa, e chenon ha ricavi sufficienti.

I numeri sempre vanno capiti. Die-tro questi numeri c’è il fine. Dentro ilbilancio c’è la missione, il servizio chequeste spese rendono possibile. Forsedobbiamo spiegare meglio, raccontaremeglio. Sicuramente dobbiamo esserechiari.

Cosa intende di quando parla di “bilan-cio di missione”?

Intendo spiegare quel che c’è den-tro quei numeri. Per esempio: comu-nicare quello che il Papa fa in 36 lin-gue, attraverso la radio, la tv, il web, isocial, un giornale, una tipografia,una casa editrice, la sala stampa (ecosì via) è una impresa che non haeguali al mondo. Ha un costo, certa-

mente. Ha anche dei ricavi. Assorbecirca il 15 per cento del budget. Ci la-vorano più di 500 persone. Non so sesi può fare meglio. Sempre si può.Ma se facciamo una comparazione,non credo che troviamo altri che pro-ducano così tanto con così poco. Unaltro dieci per cento del budget va al-le nunziature. Qualcuno magari pen-sa che siano chissà cosa. Sono piccoleambasciate del Vangelo, che difendo-no nelle relazioni internazionali i di-ritti dei poveri, che portano avantiuna diplomazia del dialogo, della pa-ce, della cura della terra come nostracasa comune. Un altro dieci per centosi spende per le Chiese Orientali, chesono spesso perseguitate o nella dia-spora. Per l’attenzione alle Chiese piùpovere, alle missioni, attraverso laCongregazione per l’Evangelizzazionedei Popoli, si eroga un altro 8,5 percento. Poi c’è la tutela della unitàdella dottrina, ci sono le cause deisanti. C’è la preservazione di un pa-trimonio dell’umanità come la Biblio-teca Vaticana e gli Archivi. C’è la ma-nutenzione, doverosa, degli edifici: unaltro dieci per cento. Ci sono le tasseitaliane, che paghiamo: il 6 per centocirca del budget, cioè 17 milioni. Ecosì via...

Questa era la situazione pre-covid. Maora? Sono state presentate diverse ipotesi,una più ottimistica e una più pessimisti-ca: può illustrarle entrambe, brevemente?

Abbiamo fatto alcune proiezioni,alcune stime. Le più ottimistiche cal-colano una diminuzione delle entrateintorno al 25 per cento. Le più pessi-mistiche intorno al 45 per cento. Noinon siamo in grado di dire oggi se cisarà una diminuzione delle donazioniall’Obolo, o una diminuzione deicontributi che arrivano dalle diocesi.

Sappiamo però, perché lo abbiamodeciso noi e per la difficoltà di pagareil canone da parte di alcuni affittuari,che ci sarà una contrazione delle ren-dite derivanti dagli affitti. Avevamogià deciso, approvando il budget diquest’anno, che le spese andavano ri-dotte, per abbassare il deficit. L’emer-genza del dopo covid ci obbliga afarlo con maggiore determinazione.Lo scenario ottimistico o quello pessi-mistico dipendono in parte da noi(da quanto saremo capaci di ridurre icosti) e in parte da fattori esterni, daquanto realmente le entrate diminui-ranno (le entrate non dipendono danoi). In ogni caso, se non ci sono ri-cavi straordinari, è evidente che ci sa-rà un aumento del deficit.

Padre Guerrero, il Vaticano rischiadavvero il default, come qualcuno hascritto?

No. Io credo di no. Il Vaticanonon rischia il default. Questo nonvuol dire però che non dobbiamo af-frontare la crisi per quella che è. Ab-biamo sicuramente davanti anni diffi-cili. La Chiesa compie la sua missionecon l’aiuto delle offerte dei fedeli. Enon sappiamo quanto la gente potràdonare. Proprio per questo dobbiamoessere sobri, rigorosi. Dobbiamoamministrare con la passione e ladiligenza del buon padre di famiglia.Ci sono tre cose che non sono in di-scussione, nemmeno in questo tempo

di crisi: la retribuzione dei lavoratori,gli aiuti alle persone in difficoltà e ilsostegno alle Chiese bisognose. Nes-sun taglio riguarderà chi è più vulne-rabile. Non viviamo per salvare i bud-get. Abbiamo fiducia nella generositàdei fedeli. Ma dobbiamo dimostrare achi ci dona parte dei suoi risparmiche i suoi soldi sono ben spesi. Ci so-no tanti cattolici nel mondo dispostia donare per aiutare il Santo Padre ela Santa Sede a compiere la propriamissione. È a loro che dobbiamo ren-dere conto. E a loro che possiamo ri-c o r re re .

La situazione vaticana non è diversa daquella di tanti altri Stati chiamati afronteggiare una grave crisi economica acausa della pandemia: come pensateconcretamente di fronteggiarla?

È vero che la situazione non è di-versa, ma è vero anche che noi nonabbiamo né la leva della politica mo-netaria e né quella della politica fisca-le. Noi possiamo contare solo sullagenerosità dei fedeli, su un piccolopatrimonio e sulla capacità di spende-re meno. Contrariamente a quello chein tanti pensano non ci sono grandisalari qui.

Una buona notizia è che SPE, APSA,Segreteria di Stato, Congregazioneper l’Evangelizzazione dei Popoli,Consiglio per l’Economia e Governa-torato stanno lavorando insieme perfronteggiare la crisi e riformare quelche va riformato. Abbiamo chiesto aciascun Ente di fare il possibile perridurre le spese salvaguardando l’es-senzialità della propria missione. Aun livello più strutturale, poiché ildeficit è strutturale, dovremo centra-lizzare gli investimenti finanziari, mi-gliorare la gestione del personale, mi-gliorare la gestione degli appalti. Staper essere approvato un codice per gliappalti che porterà sicuramente a deirisparmi. Stiamo lavorando in costan-te collegamento con tutti i dicastericoniugando la centralizzazione con lasussidiarietà; le autonomie con i con-trolli; la professionalità con la voca-zione.

Questa centralizzazione degli investimen-ti, di cui lei parla, quando e come verràattuata?

Abbiamo un gruppo di lavoro suquesto, che collabora in un clima se-reno. Ci vorrà ancora qualche mese.L’obiettivo non è solo centralizzare: èfare qualcosa di professionale, senzache vi sia il conflitto di interessi e concriteri etici. Bisogna non solo evitareinvestimenti non etici, ma anche pro-muovere investimenti legati a una di-versa visione dell’economia, alla eco-logia integrale, alla sostenibilità.

Come farà la Santa Sede a garantire iservizi che attualmente offre e lo stipen-dio delle persone attualmente impiegate,nonostante le consistenti minori entrateche faranno dilatare il rosso dei conti?

Noi non siamo una grande poten-za. Si discute della difficoltà a farceladi grandi Paesi europei. Immaginia-mo noi. Dobbiamo essere umili. Sia-mo una famiglia che ha un piccolopatrimonio e l’aiuto generoso di mol-ti. Ce la faremo. Con la nostra capa-cità di amministrare bene. Con l’aiutodi Dio e dei fedeli. La Chiesa tutta èsostenuta così.

Partiremo dalla condivisione dellaverità della situazione economica. Ilmeglio che possiamo fare è essere di-ligenti e trasparenti. Conteremo suldenaro sul quale potremo contare.Costruiremo per il 2021 un budget abase zero. Partendo dall’essenzialitàdella missione.

Ma come far crescere la fiducia dei fedelidopo le notizie di cronaca dell’ultimo an-

no sulle inchieste riguardanti le modalitàcon cui sono stati fatti alcuni investi-menti?

La fiducia si guadagna con il rigo-re, la chiarezza, la sobrietà. E ancheammettendo con umiltà errori passati,per non ripeterli, e errori attuali, se cene sono. Succede a volte, è successoanche a noi, per esempio, di esserciaffidati a persone che non meritavanofiducia. Sempre siamo vulnerabili inquesto. Maggior trasparenza, minoresegretezza, rende più difficile com-mettere errori. È proprio per questoche per gli investimenti puntiamo adavere un comitato serio, di persone dialto livello, senza conflitti di interes-se, che ci aiuti (per quanto possibile)a non sbagliare.

Quando tornerà ad essere pubblicato unbilancio ufficiale?

Mi piacerebbe che fosse già que-st’anno. Per spiegare bene come spen-diamo il denaro. Per dire — carte allamano — che si spende per fare il be-ne, e al servizio della Chiesa. Abbia-mo bisogno di narrarlo questo. Diraccontarlo bene. La realtà che ho vi-sto in questi mesi alla Santa Sedeparla di questo. Merita fiducia. Que-sta missione piena di bellezza è por-tata avanti con la generosità di moltiche nessuno conosce.

Come si sente ad occupare il posto di“ministro dell’Economia”? Riesce a ripo-sare la notte in questo periodo difficile?

Dormo sì, dormo bene. Finora nes-suna difficoltà mi ha tolto il sonno.Ho fiducia nel Signore della Vita, eso che la Vita sempre finisce peraprirci la strada. E questa cosa delministro, dei ministri della Curia, mifa un po’ sorridere. Non mi sento mi-nistro dell’Economia. Mi sento un ge-suita e un sacerdote che sta svolgendoun servizio alla Chiesa, un servizio diretroguardia forse, e in collaborazionecon altri, che consiste nell’aiutare ilSanto Padre e la Santa Sede nellosvolgimento della propria missione.Ho un compito. Continuo un cammi-no. Lavoro in squadra. Ascolto i con-sigli. Imparo. Cerco persone compe-tenti. So che i cambiamenti non sifanno in un giorno. E non si fannoda soli. L’obiettivo è lavorare insieme.Mi sono sentito molto bene accolto apartire dal Papa e dalla Curia, pernon parlare del personale della SPE,tutti ottimi e validi professionisti.Camminiamo uniti. Siamo molto im-pegnati sulla strada della trasparenza,della sobrietà, della diligenza, dellaausterità, nell’esercizio di quella che èe rimane una missione.

«La proposta dell’Alto comitato perla fratellanza umana di dedicare lagiornata del 14 maggio alla preghie-ra, al digiuno e a opere di carità peraiutare l’umanità a superare la pan-demia del coronavirus, a cui ha ade-rito Papa Francesco, è pienamenteaccolta dalle istituzioni educative chesi uniscono per fare di questa occa-sione una tappa in cui affidarci aDio, Padre di tutti, fonte di vita e disperanza». Lo ha resto noto, attra-verso un comunicato diffuso alla vi-gilia, la Congregazione per l’educa-zione cattolica, rinnovando «vicinan-za» ed esprimendo «vivo apprezza-mento» alle «comunità educativedelle istituzioni scolastiche e univer-sitarie cattoliche, che in questo pe-riodo di emergenza sanitaria stannogestendo la grave fatica di garantire— nonostante le difficoltà del distan-ziamento sociale e umano — lo svol-gimento delle proprie attività scola-stiche e accademiche per assicurarela continuità e la conclusione del-l’anno in corso».

Il 14 maggio — ricorda il comuni-cato — si sarebbe dovuto anche svol-gere l’evento mondiale del GlobalCompact on Education, tanto desi-derato dal Pontefice. Per questo «èmotivo di gioia», annuncia il dicaste-ro vaticano, che «continueremo a te-nerci in contatto attraverso un mo-mento telematico di approfondimen-to del Global Compact on Educa-tion il prossimo 15 ottobre con mo-dalità a distanza e collegamenti datutto il mondo».

Si tratta, del resto, di «prenderecoscienza della responsabilità chetutti abbiamo nei confronti dell’edu-cazione al fine di alimentare lo spiri-to di incontro tra le generazioni, lereligioni e le culture nonché tra l’uo-mo e l’ambiente». Purtroppo «la co-mune tragedia della pandemia, cheunisce come mai tutti i popoli dellaTerra, rende questo appello ancorapiù evocativo. Pertanto, non vi è so-luzione alternativa: siamo tutti chia-mati a “unire gli sforzi in un’ampiaalleanza educativa per formare per-

sone mature, capaci di superareframmentazioni e contrapposizioni ericostruire il tessuto di relazioni perun’umanità più fraterna” ( Fr a n c e s c o ,Messaggio per il lancio del Patto edu-cativo, 12 settembre 2019)».

Ecco allora — spiega la Congrega-zione — la decisione di aderireall’iniziativa di giovedì 14. Infatti,«dallo sguardo rivolto all’unico Si-gnore viene il coraggio di sviluppare,anche attraverso l’educazione, quelmovimento di unità e solidarietà trapersone, religioni e culture, che po-trà generare una umanità rinnovata».

«Nella ferma volontà di mettercial servizio delle nostre comunità —conclude la nota diffusa dal dicaste-ro — camminiamo insieme sui sentie-ri del dialogo e della comprensione.Nella condivisione, nel rispetto enell’accoglienza reciproca una nuovaumanità avrà cura non solo dei suoifigli ma anche della natura che lacirconda e della cui meraviglia si nu-t re » .

ra del 27 marzo, con piazza San Pietrovuota e bagnata dalla pioggia, e PapaBergoglio che prega da solo sul sagra-to della basilica Vaticana, e dalle bel-lissime parole della sua omelia su come«ci siamo trovati impauriti e smarriti.Come i discepoli del Vangelo... presialla sprovvista da una tempesta ina-spettata e furiosa». Ecco allora la ne-cessità per gli uomini di rimanere uni-ti, ribadita dal presidente del Pontifi-cio consiglio per il dialogo interreligio-so, che ha sottolineato come «alla basedella nostra collaborazione ci sia la ra-dice comune della nostra umanità».Dicendosi convinto «che siamo diven-tati più uniti e abbiamo capito che lavita delle nostre comunità non può es-sere separata da quella degli altri», ilporporato ha chiarito che «il nostrosentirci uniti non è dovuto alla forzadel potere economico o delle armi,quanto piuttosto al fatto che ci siamoscoperti deboli e fragili e, dunque, bi-sognosi l’uno dell’a l t ro » .

Questo dell’unità è stato il primodei tre elementi approfonditi dal por-porato insieme con quelli della solida-rietà e della fratellanza. «La consape-volezza della nostra unità — ha osser-vato — richiede ai leader religiosi insie-me alle rispettive comunità, di esseresolidali con l’umanità duramente colpi-ta. Questo non può essere, infatti, unmomento di indifferenza, di egoismo odi divisione». Perciò, ha aggiunto, «lavia da seguire è quella di trovare il co-raggio di aprire lo spazio per nuoveforme di solidarietà». Soprattutto èimportante che «nessuno venga lascia-to indietro», come chiesto dal Pontefi-ce nella domenica della Divina miseri-

cordia. E così, oltre agli sforzi per ga-rantire la salute e il sostegno economi-co di chi è in difficoltà, la pandemiaimpone anche un impegno «per getta-re nuove basi» volte a «sconfiggereogni ingiustizia e disuguaglianza». In-somma, secondo il cardinale Ayuso, sitratta di «cogliere l’opportunità dicreare una nuova e migliore societàglobale».

E in tal senso ecco allora il terzoelemento richiamato dal relatore: quelriconoscersi fratello e sorella, che rap-

presenta il primo passo «per abbatterei muri innalzati dalla paura e dall’igno-ranza». Servirebbe, ha commentato,«una spinta per cercare insieme di co-struire ponti di amicizia e di fraternità,fondamentali per il bene di tuttal’umanità». Anche perché «questo spi-rito di fratellanza in cui siamo uniti»,indipendentemente dall’appartenenza aun gruppo, una comunità, una culturao una religione, «ci sosterrà e ci aiute-rà a superare questi momenti difficili»,ha concluso.

ROMA, 13. «Siamo una grande fami-glia, formata da cristiani, fedeli di di-verse tradizioni religiose, insieme apersone senza un preciso riferimentodi fede. Incoraggio tutti a vivere lagiornata di giovedì in uno spirito dipreghiera (secondo le rispettive fedi etradizioni), di digiuno e di impegnoconcreto nell’aiuto di chi ci sta accan-to, soprattutto i più deboli ed emargi-nati». Con queste parole Maria Voce,presidente dei Focolari, ha annunciatola piena adesione del movimento allagiornata di preghiera interreligiosa del14 maggio promossa dall’Alto comitatoper la fratellanza umana. Quest’ultimo,

organizzando tale evento, «ci ricordache l’attuale pandemia ha segnato unpunto di non ritorno: ci salviamo sologuardando al bene comune, non al be-ne dell’uno o dell’altro, non agli inte-ressi di una parte o dell’altra ma al be-ne di tutti». Maria Voce spiega chel’iniziativa viene realizzata dai Focolaria livello locale, «come ogni comunitàlo riterrà opportuno, sempre in confor-mità alle disposizioni vigenti e in spiri-to di vera e fattiva fratellanza». Lapresidente si dice certa che «le pre-ghiere che saliranno a Dio dai suoi fi-gli e figlie saranno ascoltate per il be-ne della grande famiglia che è l’umani-

tà» e che «la prova che tutti stiamo vi-vendo ci renderà davvero più forti nelpellegrinaggio comune che è la vita».

Alla giornata del 14 maggio hannoaderito anche la Comunità religiosaislamica (Coreis) italiana e l’Unionedelle comunità islamiche d’Italia(Ucoii), che sottolineano «il grandevalore simbolico, storico e spirituale»di questo invito alla preghiera, al di-giuno e alle opere di carità e l’imp or-tanza di tale chiamata «alla fratellanzae vicinanza con le altre confessioni reli-giose», per esprimere solidarietà a ma-lati e operatori sanitari.

Sopra, piazza San Pietro nei giorni del lockdown(foto di Pepito Torres)

A destra, padre Juan Antonio Guerrero Alves

Page 7: Con lo sguardo a Fátima comunitaria con il Signore nei ......per l’Economia, in una intervista ai media vaticani. Chiamato da Papa Francesco a portare a termine una riforma che

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 giovedì 14 maggio 2020

All’udienza generale il Papa prosegue le catechesi dedicate alla preghiera

Dio è come un papàal quale si può chiedere tuttoUn papà al quale si può chiedere

tutto: è questa la tenera immagine diDio scelta da Francesco per parlaredella preghiera all’udienza generale dimercoledì 13 maggio, svoltasi ancorauna volta nella Biblioteca privata delPalazzo apostolico vaticano, senza lapresenza di fedeli a motivo delle misuredi isolamento sociale imposte dallapandemia di covid-19. Riprendendo ilciclo di catechesi inaugurate lasettimana scorsa il Pontefice hacommentato la lettura biblica tratta dallibro dei Salmi (63, 2-5.9) perapprofondire il tema della preghiera delcristiano.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!Facciamo oggi il secondo passo nelcammino di catechesi sulla preghie-ra, iniziato la settimana scorsa.

La preghiera appartiene a tutti:agli uomini di ogni religione, e pro-babilmente anche a quelli che nonne professano alcuna. La preghieranasce nel segreto di noi stessi, inquel luogo interiore che spesso gliautori spirituali chiamano “c u o re ”(cfr Catechismo della Chiesa Cattolica,2562-2563). A pregare, dunque, innoi non è qualcosa di periferico, nonè qualche nostra facoltà secondaria emarginale, ma è il mistero più inti-mo di noi stessi. È questo mistero

che prega. Le emozioni pregano, manon si può dire che la preghiera siasolo emozione. L’intelligenza prega,ma pregare non è solo un atto intel-lettuale. Il corpo prega, ma si puòparlare con Dio anche nella più gra-ve invalidità. È dunque tutto l’uomoche prega, se prega il suo “c u o re ”.

La preghiera è uno slancio, èun’invocazione che va oltre noi stes-si: qualcosa che nasce nell’intimo

della nostra persona e si protende,perché avverte la nostalgia di un in-contro. Quella nostalgia che è più diun bisogno, più di una necessità: èuna strada. La preghiera è la voce diun “io” che brancola, che procede atentoni, in cerca di un “Tu ”. L’in-contro tra l’“io” e il “Tu ” non si puòfare con le calcolatrici: è un incontroumano e tante volte si procede atentoni per trovare il “Tu ” che il mio“io” sta cercando.

La preghiera del cristiano nasceinvece da una rivelazione: il “Tu ”non è rimasto avvolto nel mistero,ma è entrato in relazione con noi. Ilcristianesimo è la religione che cele-bra continuamente la “manifestazio-ne” di Dio, cioè la sua epifania. Leprime feste dell’anno liturgico sonola celebrazione di questo Dio chenon rimane nascosto, ma che offre lasua amicizia agli uomini. Dio rivelala sua gloria nella povertà di Be-tlemme, nella contemplazione deiMagi, nel battesimo al Giordano,nel prodigio delle nozze di Cana. IlVangelo di Giovanni conclude conun’affermazione sintetica il grandeinno del Prologo: «Dio nessuno l’hamai visto: proprio il Figlio unigeni-to, che è nel seno del Padre, lui loha rivelato» (1,18). È stato Gesù a ri-velarci Dio.

La preghiera del cristiano entra inrelazione con il Dio dal volto tene-rissimo, che non vuole incutere alcu-na paura agli uomini. Questa è laprima caratteristica della preghieracristiana. Se gli uomini erano dasempre abituati ad avvicinarsi a Dio

un po’ intimiditi, un po’ spaventatida questo mistero affascinante e tre-mendo, se si erano abituati a vene-rarlo con un atteggiamento servile,simile a quello di un suddito chenon vuole mancare di rispetto al suosignore, i cristiani si rivolgono inve-ce a Lui osando chiamarlo in modoconfidente con il nome di “Pa d re ”.Anzi, Gesù usa l’altra parola:“papà”.

Il cristianesimo ha bandito dal le-game con Dio ogni rapporto “feuda-le”. Nel patrimonio della nostra fedenon sono presenti espressioni quali“sudditanza”, “schiavitù” o “vassal-laggio”; bensì parole come “allean-za”, “amicizia”, “p ro m e s s a ”, “comu-nione”, “vicinanza”. Nel suo lungodiscorso d’addio ai discepoli, Gesùdice così: «Non vi chiamo più servi,perché il servo non sa quello che fail suo padrone; ma vi ho chiamatiamici, perché tutto ciò che ho uditodal Padre l’ho fatto conoscere a voi.Non voi avete scelto me, ma io hoscelto voi e vi ho costituiti perchéandiate e portiate frutto e il vostrofrutto rimanga; perché tutto quello

che chiederete al Padre nel mio no-me, ve lo conceda» (Gv 15,15-16).Ma questo è un assegno in bianco:“Tutto quello che chiederete al Padremio nel mio nome, ve lo concedo”!

Dio è l’amico, l’alleato, lo sposo.Nella preghiera si può stabilire unrapporto di confidenza con Lui,tant’è vero che nel “Padre nostro”Gesù ci ha insegnato a rivolgergliuna serie di domande. A Dio possia-mo chiedere tutto, tutto; spiegaretutto, raccontare tutto. Non importase nella relazione con Dio ci sentia-mo in difetto: non siamo bravi ami-ci, non siamo figli riconoscenti, nonsiamo sposi fedeli. Egli continua avolerci bene. È ciò che Gesù dimo-stra definitivamente nell’Ultima Ce-na, quando dice: «Questo calice è lanuova alleanza nel mio sangue, cheviene versato per voi» (Lc 22,20). Inquel gesto Gesù anticipa nel cenaco-lo il mistero della Croce. Dio è al-leato fedele: se gli uomini smettonodi amare, Lui però continua a volerbene, anche se l’amore lo conduce alCalvario. Dio è sempre vicino allaporta del nostro cuore e aspetta chegli apriamo. E alle volte bussa alcuore ma non è invadente: aspetta.La pazienza di Dio con noi è la pa-zienza di un papà, di uno che ciama tanto. Direi, è la pazienza insie-me di un papà e di una mamma.Sempre vicino al nostro cuore, equando bussa lo fa con tenerezza econ tanto amore.

Proviamo tutti a pregare così, en-trando nel mistero dell’Alleanza. Ametterci nella preghiera tra le brac-cia misericordiose di Dio, a sentirciavvolti da quel mistero di felicità cheè la vita trinitaria, a sentirci comedegli invitati che non meritavanotanto onore. E a ripetere a Dio, nel-lo stupore della preghiera: possibileche Tu conosci solo amore? Lui nonconosce l’odio. Lui è odiato, ma nonconosce l’odio. Conosce solo amore.Questo è il Dio al quale preghiamo.Questo è il nucleo incandescente diogni preghiera cristiana. Il Dio diamore, il nostro Padre che ci aspettae ci accompagna.

Nei saluti ai fedeli ricordato anche l’attentato a Giovanni Paolo II

Con lo sguardo a Fátima per implorare la fine della pandemia

Nella messa a Santa Marta il pensiero del Pontefice per la comunità scolastica alle prese con le limitazioni imposte dalla pandemia

Il coraggio di studenti e insegnanti«Preghiamo oggi per gli studenti, iragazzi che studiano, e gli insegnan-ti che devono trovare nuove modali-tà per andare avanti nell’insegna-mento: che il Signore li aiuti in que-sto cammino, dia loro coraggio eanche un bel successo». È con unapreghiera per la grande comunitàdella scuola, alle prese con le limita-zioni imposte dalla pandemia, chePapa Francesco ha iniziato mercole-dì mattina, 13 maggio, la celebrazio-ne della messa nella cappella di Ca-sa Santa Marta.

«Il Signore torna sul “rimanere inLui”, e ci dice: “La vita cristiana èrimanere in me”» ha detto poi il ve-scovo di Roma nell’omelia riferen-dosi al passo del Vangelo di Gio-vanni (15, 1-8) proposto dalla litur-gia. «Rimanere», dunque. E il Si-gnore «usa qui l’immagine della vi-te, come i tralci rimangono nella vi-te. E questo rimanere — ha prose-guito il Pontefice — non è un rima-nere passivo, un addormentarsi nelSignore: questo sarebbe forse un“sonno beatifico”, ma non è questo.Questo rimanere è un rimanere atti-vo, e anche è un rimanere reciproco.Perché? Perché Lui dice: “Rimanete

in me e io in voi” (cfr. versetto 4).Anche Lui rimane in noi, non solonoi in Lui. È un rimanere “re c i p ro -co”».

«In un’altra parte — ha fatto pre-sente il Papa — dice: Io e il Padre“verremo a lui e prenderemo dimorapresso di lui” (cfr. Giovanni 14,23).Questo è un mistero, ma un misterodi vita, un mistero bellissimo. Que-sto “rimanere reciproco”. Anche conl’esempio dei tralci: è vero, i tralcisenza la vite non possono fare nullaperché non arriva la linfa, hanno bi-sogno della linfa per crescere e perdar frutto; ma anche l’albero, la vite— ha aggiunto — ha bisogno deitralci, perché i frutti non vengonoattaccati all’albero, alla vite. È unbisogno reciproco, è un rimanere re-ciproco per dar frutto».

E «questa è la vita cristiana. È ve-ro, la vita cristiana è compiere i co-mandamenti (cfr. Esodo 20, 1-11),questo si deve fare» ha spiegatoFrancesco. «La vita cristiana — haproseguito — è andare sulla stradadelle beatitudini (cfr. Ma t t e o 5,1-13):questo si deve fare. La vita cristianaè portare avanti le opere di miseri-cordia, come il Signore ci insegna

nel Vangelo (cfr. Ma t t e o 25,35-36): equesto si deve fare». Ma è «anchedi più: è questo “rimanere recipro-co”. Noi senza Gesù non possiamofare nulla, come i tralci senza la vi-te. E Lui — mi permetta il Signoredi dirlo — senza di noi sembra chenon possa fare nulla, perché il frut-to lo dà il tralcio, non l’albero, la vi-te. In questa comunità, in questa in-timità del “r i m a n e re ” che è feconda,il Padre e Gesù rimangono in me eio rimango in Loro».

«Qual è — mi viene in mente didire — il “bisogno” che l’albero dellavite ha dei tralci?» si è chiesto Fran-cesco. «È avere dei frutti» ha rispo-sto. E, ha aggiunto, «qual è il “biso-gno” — diciamo così, un po’ con au-dacia — qual è il “bisogno” che haGesù di noi? “La testimonianza”.Quando nel Vangelo dice che noisiamo luce, dice: “Siate luce, perchégli uomini ‘vedano le vostre operebuone e rendano gloria al Padre vo-s t ro ’ (cfr. Ma t t e o 5,16)”. Cioè la testi-monianza è la necessità che ha Gesùdi noi. Dare testimonianza del suonome, perché la fede, il Vangelocresce per testimonianza».

«Questo è un modo misterioso:Gesù anche glorificato in cielo, do-po aver passato la Passione, ha biso-gno della nostra testimonianza — haaffermato il Pontefice — per far cre-scere, per annunciare, perché laChiesa cresca. E questo è il misteroreciproco del “r i m a n e re ”. Lui, e ilPadre e lo Spirito rimangono in noi,e noi rimaniamo in Gesù».

«Ci farà bene pensare, rifletteresu questo: rimanere in Gesù, e Gesùrimane in noi» ha insistito il Papa.Bisogna «rimanere in Gesù per ave-re la linfa, la forza, per avere la giu-stificazione, la gratuità, per avere lafecondità. E Lui rimane in noi perdarci la forza del [portare] frutto(cfr Giovanni 5,15), per darci la forzadella testimonianza con la quale cre-sce la Chiesa».

In questa prospettiva Francescoha suggerito «una domanda» da fa-re a stessi: «Come è il rapporto traGesù che rimane in me e io che ri-

mango in Lui? È un rapporto di in-timità, un rapporto mistico, un rap-porto senza parole. “Ah Padre, maquesto, che lo facciano i mistici!”.No, questo è per tutti noi! Con pic-coli pensieri: “Signore, io so che Tusei qui [in me]: dammi la forza e iofarò quello che Tu mi dirai”. Queldialogo di intimità con il Signore. IlSignore è presente, il Signore è“p re s e n t e ” in noi, il Padre è presentein noi, lo Spirito è presente in noi;rimangono in noi. Ma io devo rima-nere in Loro...».

Il Pontefice ha esortato a invoca-re il Signore perché «ci aiuti a capi-re, a sentire questa “mistica” del ri-manere su cui Gesù insiste tanto,tanto, tanto. Tante volte noi, quan-do parliamo della vite e dei tralci, cifermiamo alla figura, al mestieredell’agricoltore, del Padre: che quel-lo [il tralcio] che porta frutto lo po-ta, e quello che non lo porta lo ta-glia e lo porta via» (cfr. Giovanni15,1-2). E ha così concluso la suameditazione: «È vero, fa questo, manon è tutto, no. C’è dell’altro. Que-

sto è l’aiuto: le prove, le difficoltàdella vita, anche le correzioni che cifa il Signore. Ma non fermiamociqui. Tra la vite e i tralci c’è questorimanere intimo. I tralci, noi, abbia-mo bisogno della linfa, e la vite habisogno dei frutti, della testimo-nianza».

È con la preghiera di sant’AlfonsoMaria de’ Liguori che il Papa haquindi invitato «le persone che nonpossono comunicarsi» a fare «ades-so la comunione spirituale». Per poiconcludere la celebrazione conl’adorazione e la benedizione eucari-stica. Sostando, infine, in raccogli-mento davanti all’immagine dellaMadre di Dio nella cappella di CasaSanta Marta, accompagnato dalcanto dell’Ave Maria di Fátima nelgiorno della memoria liturgica.

A mezzogiorno il cardinale arci-prete della basilica Vaticana, AngeloComastri, ha guidato un momentodi preghiera, davanti all’altare dellaCattedra, con la recita del ReginaCaeli e dell’Angelus.

Dichiarazione del direttoredella Sala stampa della Santa Sede

Rispondendo alle domande dei giornalisti, il direttore della Sala stampadella Santa Sede, Matteo Bruni, ha confermato che il «18 maggio, inmemoria del centenario della nascita di san Giovanni Paolo II, il SantoPadre celebrerà la messa mattutina in diretta alle ore 7 nella cappella del-la tomba del santo nella basilica Vaticana».

Lo stesso giorno, ha aggiunto, «riprenderà in Italia — ed è già ripresain molte parti del mondo — la celebrazione della messa con concorso difedeli. Per questo motivo, dal giorno successivo, 19 maggio, cesserà latrasmissione in diretta delle messe mattutine da Casa Santa Marta».

«Come ha avuto modo di affermare nei giorni scorsi — ha spiegatoBruni — il Papa auspica che il Popolo di Dio possa così tornare alla fa-miliarità comunitaria con il Signore nei sacramenti, partecipando alla li-turgia domenicale, e riprendendo, anche nelle chiese, la frequentazionequotidiana del Signore e della sua Parola».

Al termine della catechesi, prima direcitare il Padre Nostro e impartire labenedizione il Pontefice si è rivolto aivari gruppi di fedeli che seguonol’udienza attraverso i media. Inparticolare, nel giorno della Madonnadi Fátima, ha ricordato l’attentato del1981 a Giovanni Paolo II el’imminente centenario della nascita.

Saluto cordialmente i fedeli di lin-gua francese. Quando preghiamo,sforziamoci di parlare a Dio con fi-ducia, come un bambino si rivolgea suo Padre, senza paura e distanza.Egli ci è sempre vicino, possiamodirGli tutto e chiederGli tutto. Diovi benedica!

Saluto i fedeli di lingua inglesecollegati attraverso i mezzi di comu-nicazione sociale. Invoco su di voi esulle vostre famiglie, in questo Tem-po di Pasqua, la gioia e la fortezzache vengono dal Cristo risorto. Diovi benedica!

Saluto di cuore tutti gli amici dilingua tedesca. I tanti esempidell’amore che Dio ha donato a noisono un forte invito a volerci benecon tutte le persone che incontria-mo, anche in questi tempi quandola vita ci costringe a una convivenzaun po’ difficile. Lo Spirito Santo viricolmi della sua carità e della suagioia.

Saludo cordialmente a los fielesde lengua española que siguen estacatequesis a través de los medios decomunicación social. Los animo aentablar esa relación filial, de amis-tad y confianza con el Señor, pi-diéndole lo que necesitan para suvida y, de manera particular, poraquellos que están a nuestro lado ysabemos que están necesitados, paraque Dios, como Padre bueno, hagabrillar su rostro sobre ellos y lesconceda la paz.

Que Nuestra Señora de Fátima,cuya memoria celebramos hoy, in-terceda por cada uno de ustedes.

Que Dios los bendiga.

Saluto gli ascoltatori di linguaportoghese e, in questo giorno tre-dici maggio, incoraggio tutti a co-noscere e seguire l’esempio dellaVergine Maria. A tale scopo cerchia-mo di vivere questo mese con unapreghiera quotidiana più intensa efedele, in particolare recitando il ro-sario, come raccomanda la Chiesaobbedendo a un desiderio ripetuta-mente espresso in Fátima dalla Ma-donna. Sotto la sua protezione, ve-drete che i dolori e le afflizioni del-la vita saranno più sopportabili.Vorrei avvicinarmi con il cuore alladiocesi di Fátima, al Santuario dellaMadonna, oggi. Saluto tutti i pelle-grini che stanno pregando lì, salutoil cardinale vescovo, saluto tutti.Tutti uniti con la Madonna, che ciaccompagni in questa via di conver-sione quotidiana verso Gesù. Dio vib enedica!

Saluto i fedeli di lingua araba cheseguono questo incontro attraverso i

mezzi di comunicazione sociale. Lapreghiera è il modo per comunicaree per ascoltare Dio. Con questo spi-rito ho accolto l’invito dell’Alto Co-mitato della Fratellanza Umana perdedicare la giornata di domani, 14maggio, alla preghiera, al digiuno ealle opere di carità. Invito e inco-raggio tutti a unirsi a questo evento.Uniamoci come fratelli nel chiedereal Signore di salvare l’umanità dallapandemia, di illuminare gli scienzia-ti e di guarire i malati. Il Signore vibenedica tutti e vi protegga sempreda ogni male!

Saluto cordialmente tutti i Polac-chi. Oggi celebriamo la memoria li-turgica della Madonna di Fátima.Torniamo col pensiero alle sue ap-parizioni e al suo messaggio tra-smesso al mondo, come ancheall’attentato a san Giovanni PaoloII, che nella salvezza della sua vitavedeva l’intervento materno dellaVergine Santa. Nella nostra preghie-ra domandiamo a Dio, per interces-sione del Cuore Immacolato di Ma-ria, la pace per il mondo, la finedella pandemia, lo spirito di peni-tenza e la nostra conversione. Lune-

dì prossimo sarà il centesimo dellanascita di San Giovanni Paolo II: iocelebrerò la Messa alle 7.00, davantiall’altare della tomba, e sarà tra-smessa in mondovisione per tutti.Ringraziamo Dio di averci datoquesto Vescovo a Roma, Santo Ve-scovo, e chiediamo a lui che ci aiuti:che aiuti questa Chiesa di Roma aconvertirsi e ad andare avanti. Dicuore vi benedico.

Saluto i fedeli di lingua italiana.Nell’anniversario della prima Appa-

rizione ai piccoli veggenti di Fati-ma, vi invito ad invocare la VergineMaria affinché renda ciascuno per-severante nell’amore a Dio e alp ro s s i m o .

Rivolgo un pensiero speciale aigiovani, agli anziani, ai malati e aglisposi novelli. Ricorrete costante-mente all’aiuto della Madonna; inLei noi troviamo una madre premu-rosa e tenera, rifugio sicuro nelle av-versità.

A tutti la mia benedizione!