Con le conclusioni di Paola Castagnotto - Ferrara · E il prezioso contributo è stato garantito...

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Assessorato a Cultura, Turismo, Giovani A cura di Sabina Tassinari Osservatorio Adolescenti del Comune di Ferrara “I ferraresi di domani” Come saranno gli adolescenti ferraresi in futuro: quanti e quali impegni sociali? Con le conclusioni di Paola Castagnotto Ufficio Comune Integrazione Distretto Centro Nord AUSL Ferrara e coordinatrice del Tavolo Provinciale Adolescenti Con la preziosa collaborazione di Roberta Carfora – U.O Igiene Pubblica Dipartimento Sanità Pubblica Ausl Ferrara Sentiti ringraziamenti vanno: Maria Luisa Tarroni per la collaborazione all’inserimento dati Monica Mascellani – Pediatria di Comunità Distretto Centro Nord Ausl Ferrara E per la copertina un grande grazie al preziosissimo Ulisse Evangelisti – Liceo Artistico Arcangeli (nell’ambito della rete ConCittadini)

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Assessorato a Cultura, Turismo, Giovani

A cura di

Sabina Tassinari

Osservatorio Adolescenti del Comune di Ferrara

“I ferraresi di domani”

Come saranno gli adolescenti ferraresi in futuro: quanti e quali impegni sociali?

Con le conclusioni di Paola Castagnotto Ufficio Comune Integrazione Distretto Centro Nord AUSL Ferrara e coordinatrice del Tavolo Provinciale Adolescenti

Con la preziosa collaborazione di

Roberta Carfora – U.O Igiene Pubblica Dipartimento Sanità Pubblica Ausl Ferrara

Sentiti ringraziamenti vanno:

Maria Luisa Tarroni per la collaborazione all’inserimento dati Monica Mascellani – Pediatria di Comunità Distretto Centro Nord Ausl Ferrara

E per la copertina un grande grazie al preziosissimo Ulisse Evangelisti – Liceo Artistico Arcangeli

(nell’ambito della rete ConCittadini)

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INDICE

Introduzione

a cura del Vicesindaco e Assessore a Cultura Turismo e Giovani Massimo Maisto

1. Dati di contesto e caratteristiche del campione pag. 7-37 2. Il lavoro: prospettiva illusoria? pag. 38-52 3. Futuro personale: casa e famiglia pag. 53-61 4. Ambiente: problema planetario pag. 62-71 5. Diritti: una continua conquista pag. 72-84 6. La salute: prevenzione e stili di vita pag. 85-98 7. Il Paese che vorrei pag. 99-113 Considerazioni conclusive e prospettive di programmazione

futura

a cura della Responsabile del Tavolo Provinciale Adolescenza Paola Castagnotto pag.114-119

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INTRODUZIONE

Vicesindaco e Assessore a Cultura, Turismo e Giovani del Comune di Ferrara Dr.Massimo Maisto

Il Servizio Giovani dell’Assessorato a Cultura, Turismo e Giovani ha costruito nel tempo, e continua a farlo, un’attenzione alle giovani generazioni che va ben oltre la sola dimensione culturale. La mia idea, applicata alle politiche giovanili di cui ho la delega, è che gli adolescenti non siano un problema ma una grandissima opportunità, opportunità, per noi adulti, di comprensione dei cambiamenti che consentano di crescere e di migliorare per e con loro. Per questo motivo, ho chiesto, in sede programmatoria, all’Osservatorio Adolescenti di fare ricerca sulle nuove generazioni che non andasse ad analizzare e studiare eventuali forme di disagio dei giovani, ma, piuttosto a fotografare opinioni, atteggiamenti e comportamenti, consapevoli del fatto che sono un utile indicatore del grado di benessere di tutto il contesto sociale. I giovani sono lo specchio di noi adulti - genitori, insegnanti, operatori sociosanitari, amministratori – e le loro aspettative, i loro sogni, i loro impegni sono il frutto di ciò che abbiamo seminato.

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Questo sta anche alla base del voluto investimento sulla conoscenza di tutto ciò che riguarda la quotidianità e la vita degli adolescenti ferraresi che si sostanzia nel lavoro periodicamente svolto dall’Osservatorio Adolescenti di ricerca sociale in ambito giovanile. Ritengo importante e utile per gli operatori che hanno il compito di lavorare con ragazzi in un periodo della crescita spesso complesso, avere un quadro aggiornato e puntuale delle percezioni, opinioni, stili di vita, atteggiamenti e comportamenti degli adolescenti. Ed è questo che vogliamo continuare a fare, sperando nel miglior modo possibile, per accrescere la dimensione conoscitiva sui giovani cittadini che, per una delle deleghe di questo Assessorato, sono i nostri più diretti interlocutori. Colgo l’occasione anche quest’anno di ringraziare la collaborazione costante e sensibile dell’Azienda USL di Ferrara, che ci dà sempre l’opportunità di essere rapidi ed efficienti nell’aggiornamento periodico dei dati sugli adolescenti, tramite i suoi disponibili e competenti operatori che ne consentono la raccolta. E il prezioso contributo è stato garantito anche in questa indagine, del 2018, dove la tematica mi sta particolarmente a cuore, in questi tempi dove sembra essersi perduta la possibilità di sognare il lavoro per cui si studia, una casa e una famiglia, un ambiente più sano, diritti civili garantiti non sulla base della provenienza ma in quanto persone, cittadini del mondo. Questa indagine ha affrontato con metodo e rigore il tema del futuro e dell’impegno che in quanto cittadini adulti, gli adolescenti di oggi ritengono di poter dare.

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E non possiamo pensare di smarcarci dalle nostre responsabilità di essere per i ragazzi un punto di riferimento, un sostegno credibile e sicuro, i compagni sereni e coerenti di un viaggio importante: quello che li accompagna nel futuro. Il loro futuro.

Perché il futuro Per la nuova ricerca messa in campo dall’Osservatorio Adolescenti sono stati scelti un argomento e un titolo sicuramente ambiziosi: I ferraresi di domani. La scelta appare obbligata perché dopo avere trattato temi riguardanti aspetti parziali della vita degli adolescenti in relazione al gruppo dei pari e al mondo degli adulti, il tema del futuro è quello che comprende l'insieme delle aspettative, dei timori e soprattutto dei pensieri e delle opinioni dei giovani su questioni cruciali quali la convivenza, il rispetto degli altri, la tutela dell’ambiente, i diritti umani, le libertà individuali e il rispetto del prossimo. Lo studio di quest’anno si svolge quindi su due fronti: cosa, i giovani ferraresi immaginano riservi loro il futuro rispetto al lavoro, all’avere una casa o una famiglia, alla salute e al benessere, e a livello più ampio, come pensano sarà il contesto in cui vivranno per quanto riguarda l’ambiente, l’organizzazione politica e sociale, e i diritti civili che si vorrebbe fossero garantiti. In questo senso la ricerca, numericamente confinata nei limiti del territorio provinciale, è pensata nella dimensione degli adolescenti di oggi che saranno i cittadini europei e classe dirigente di domani. Infatti, i temi trattati sono quelli che stanno scuotendo gli equilibri dei rapporti fra le persone e le organizzazioni politiche e degli stati in una cornice disegnata da un periodo di crisi e transizione che sta mettendo a dura prova la stabilità politica, sociale ed economica del pianeta. Questo studio è stato svolto pensando ai grandi cambiamenti avvenuti nel nostro Paese attraverso gli anni: dalla generazione della ricostruzione, all’impegno e alle aspettative dei baby boomers, dalle difficoltà della generazione di transizione, allo smarrimento dei millenials in casa con i genitori nella speranza di autonomizzarsi grazie a un lavoro che non c’è, fino

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all’alienazione della generazione social, sempre connessi e stanziali, cosmopoliti virtuali di un mondo che alza barriere e ostacola la mobilità delle persone. Il rapporto ISTAT del 2016 ha delineato un quadro piuttosto negativo rispetto alle prospettive dell’Italia che tra 10 anni rischia di rimanere ai livelli attuali relativamente a crescita e occupazione. Anche se la produzione industriale sta lentamente crescendo, soprattutto a livello di manifattura ed edilizia, con un incremento della occupazione e dei consumi delle famiglie, il Paese sembra stagnare in una sorta di immobilismo. E’ vero che l’occupazione cresce, ma molto lentamente e soprattutto come conseguenza delle riforme del sistema pensionistico che procrastinano sempre di più l’uscita dal lavoro e non favoriscono il turn over dei giovani. Anche i consumi delle famiglie apparentemente si dilatano per effetto del numero inferiore di nuclei familiari e del basso tasso di natalità anziché come conseguenza di un aumento del benessere. “In passato la laurea era un forte fattore di spinta e di miglioramento sociale, ma adesso neanche l’istruzione superiore mette al riparo i giovani dalla precarietà e dalla disoccupazione, o dalla sottoccupazione, della quale sono le vittime principali. Quello che davvero fa sempre più la differenza è nascere nella famiglia giusta, in Italia ma in fondo anche in Europa: c’è una correlazione sempre maggiore tra il livello professionale dei genitori, la proprietà della casa e la posizione dei figli” [R.Amato, in “La Repubblica”, 20 maggio 2016]. Queste sono considerazioni che anche il noto giornalista e scrittore Federico Fubini sostiene nel suo bel libro “La maestra e la camorrista” nel quale vengono evidenziati i risultati di ricerche condotte in alcune scuole per verificare quali sono i maggiori ostacoli che impediscono ai più svantaggiati di cambiare la propria condizione di origine. Nel mettere a confronto prestigiosi licei milanesi con alcuni istituti professionali di comuni del sud Italia con alto tasso di criminalità e corruzione, Fubini arriva alla conclusione che “…l’eredità del patrimonio, reddito, cultura, competenze e agende telefoniche che si trasmette dai padri ai figli fa dell’Italia una società dinastica. Un equilibrio di questo tipo non produce solo un incredibile spreco di talento; rende anche vulnerabile il sistema democratico perché secerne sfiducia in se stessi e soprattutto negli altri. Istintivamente

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ciascuno di noi dubita che un politico, amministratore, imprenditore o persona di spicco a qualunque titolo meriti la propria posizione. La diffidenza verso le istituzioni, le élite o semplicemente chiunque altro – anche quando è giustificata – sta diventando una tossina che paralizza il normale funzionamento della vita nazionale. Tendiamo a pensare che le posizioni di prestigio siano conquistate solo grazie ai canali di una società dinastica: l’educazione costosa che si è potuta ricevere, o più spesso le aderenze dei padri e degli zii, oppure il fervore nel mettersi a disposizione. E in alcuni casi il sospetto è perfettamente giustificato. Eppure ha comunque effetti perversi, perché induce a pensare che l’investimento nelle proprie capacità sia inutile. Esso contribuisce a far volare tanti imprenditori sotto ai radar, tenendo le loro aziende di dimensioni insufficiente e dunque bisognose di una manodopera relativamente meno qualificata. Anche per questo una società dinastica finisce per disincentivare la creatività e l’accumulazione di conoscenza” [F.Fubini, La maestra e la camorrista, Mondadori, 2018]. Nella ricerca sugli adolescenti ferraresi riportata nei capitoli successivi, pur non avendo la possibilità di compiere una analogo approfondimento qualitativo, svolto da Federico Fubini, è stato proposto ai ragazzi un questionario in cui sono state sondate le loro aspettative e percezione del futuro, avendo poi cura di correlarle con i titoli di studio e le posizioni professionali dei genitori. Si è ampliato l’orizzonte anche alle opinioni che gli adolescenti hanno rispetto alle prospettive di un proprio investimento personale nella salvaguardia dell’ambiente, nella tutela dei diritti civili e umani, per tentare una proiezione – seppur parziale e molto variabile – di quelli che saranno i futuri cittadini di Ferrara.

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IL QUESTIONARIO Sesso: � M � F Età _______________ Nazionalità_______________ Studi in un

� Liceo � Istituto tecnico � Istituto prof.le � Centro form. prof.le � Scuola secondaria di I grado

Occupazione del papà

� Operaio/artigiano � Libero professionista � Commerciante � Forze dell’ordine/Esercito � Impiegato � Insegnante � Infermiere � Medico/avvocato/ingegnere � Si occupa della casa � Disoccupato � Pensionato

Occupazione della mamma � Operaia/artigiana � Libera professionista � Commerciante � Forze dell’ordine/Esercito � Impiegata � Insegnante � Infermiera � Medico/avvocato/ingegner

e � Si occupa della casa � Disoccupata � Pensionata

Titolo di studio del papà � Elementari � Licenza media � Qualifica � Diploma � Laurea

Titolo di studio della mamma � Elementari � Licenza media � Qualifica � Diploma � Laurea

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(una crocetta per ogni riga)

Soprattutto Molto Sì ma non è la priorità

Per niente

Fama e notorietà Soldi Soddisfazione personale Poter aiutare le persone Esprimere creatività e talento

Poter essere me stesso Fare cose corrispondenti ai miei studi

Trovare un clima sereno con i colleghi

Avere un ruolo in cui sono solo io a dover decidere

Dirigere il lavoro di altre persone

Ottenere ammirazione e lodi

Svolgere attività manuali Svolgere attività intellettuali

Avere tanto tempo libero per dedicarmi ad altro

Dal lavoro futuro vorrei…

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(una crocetta per ogni riga)

Soprattutto Molto Sì ma non è la priorità

Per niente

Molto grande e lussuosa

Appartamento in centro città

Un monolocale caldo e accogliente

Una casa inserita in un contesto residenziale

Una casa di campagna

Che abbia un giardino molto grande

Che abbia un giardinetto facile da curare

Che abbia un orto In una casa vicinissima a quella dei miei genitori

In futuro mi immagino la mia casa…

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(una crocetta per ogni riga)

Soprattutto Molto Sì ma non è la priorità

Per niente

Fatta solo da me e nessun altro legame

Con un partner ma senza figli

Con un partner e un figlio

Con un partner e tanti figli

Da solo/a con un figlio

Vorrei vivere con i miei genitori per sempre

È indispensabile che ci siano anche animali

In futuro vorrei una famiglia…

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(una crocetta per ogni riga)

Soprattutto Molto Sì ma non è la priorità

Per niente

Inquinarlo meno usando bicicletta e mezzi elettrici

Farò la raccolta differenziata

Consumerò poco cercando di riciclare

Mi batterò attivamente per la sua tutela

Seguirò tutti gli accorgimenti per tutelarlo

Rispetterò gli spazi verdi e tutti gli ambienti naturali

Farò attenzione al cibo biologico e alla provenienza

Rispetto l’ambiente mi impegnerò per…

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(una crocetta per ogni riga)

Soprattutto Molto Sì ma non è la priorità

Per niente

Le persone straniere potessero avere la cittadinanza

Fosse possibile per i malati terminali una “morte dolce”

I matrimoni tra persone dello stesso sesso fossero all’ordine del giorno

Le coppie gay potessero avere figli senza ostacoli

Ci fosse maggiore uguaglianza anche nel lavoro tra uomo e donna

Rispetto i diritti civili vorrei in futuro che…

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(una crocetta per ogni riga)

Soprattutto Molto Sì ma non è la priorità

Per niente

Avrò un’alimentazione corretta e sana

Farò attività sportiva e movimento

Farò controlli medici periodici

Cercherò di seguire le regole per la prevenzione delle malattie

Non fumerò Non berrò alcolici Non assumerò sostanze

Avrò attenzione a non eccedere con i farmaci

In futuro per la mia salute...

In futuro il mio paese dovrebbe migliorare...

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(una crocetta per ogni riga) Soprattutto Molto Sì ma non è

la priorità Per niente

La burocrazia L’istruzione La sanità I servizi di informazione

I giornali La politica Il lavoro Le opportunità per i giovani

Le opportunità culturali

I servizi per gli anziani

I servizi per i bambini (asili, ludoteche…)

Dati di contesto del territorio di indagine

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Popolazione residente nella Provincia di Ferrara, disaggregata per sesso

e per distretto sociosanitario nel 2018

Totale MASCHI: 167.143, TOTALE FEMMINE: 180.887 TOTALE POPOLAZIONE: 348.030

Comuni afferenti il Distretto Centro Nord: Ferrara, Masi Torello, Voghiera, Copparo, Berra, Formignana, Jolanda di Savoia, Ro Ferrarese, Tresigallo Comuni afferenti il Distretto Sud Est: Argenta, Codigoro, Comacchio, Lagosanto, Fiscaglia, Mesola, Ostellato, Portomaggiore, Goro; Comuni afferenti il Distretto Ovest: Bondeno, Cento, Terre del Reno, Poggiorenatico, Vigarano Mainarda.

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Dati sulla popolazione adolescenziale dai 13 ai 19 anni residente nella Provincia di Ferrara, disaggregata per distretto e sesso, nell’anno 2017

DISTRETT

O

COMUNE DI

RESIDENZA

MASCH

I

FEMMIN

E

TOTAL

E

FERRARA 3.641 3.244 6.885 MASI TORELLO 52 55 107 VOGHIERA 94 82 176 COPPARO 393 365 758 BERRA 109 109 218 FORMIGNANA 75 63 138 JOLANDA DI

SAVOIA

66 64 130

RO 86 66 152 TRESIGALLO 111 104 215

CENTRO N

ORD

TOTALE 4.627 4.152 8.779

ARGENTA 549 549 1.098 CODIGORO 296 261 557 COMACCHIO 594 610 1.204 LAGOSANTO 137 121 258 FISCAGLIA 252 212 464 MESOLA 167 158 325 OSTELLATO 149 130 279 PORTOMAGGIOR

E

336 284 620

GORO 95 86 181

SUD E

ST

TOTALE 2.575 2.411 4.986

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BONDENO 373 372 745 CENTO 1.171 1.105 2.276 TERRE DEL

RENO

294 320 614

POGGIORENATIC

O

293 324 617

VIGARANO

MAINARDA

210 195 405

OVEST

TOTALE 2.341 2.316 4.657

TOTALE 9.543 8.879 18.42

2

Dati sulla prevalenza della popolazione adolescenziale (13-19anni) e giovanile (20-29anni) nella Provincia di Ferrara, disaggregata per comune, nell’anno 2018

DISTRETTO COMUNE Popolazione

totale

Prevalenza

adolescenti

Prevalenza

giovanile

FERRARA 132.921 5,2 8,4

MASI TORELLO 2.310 4,6 6,3

VOGHIERA 3.705 4,8 6,9

COPPARO 16.316 4,7 7,1

BERRA 4.708 4,6 7,8

FORMIGNANA 2.716 5,1 6,8

JOLANDA DI

SAVOIA

2.837 4,6 7,9

RO 3.224 4,7 7

TRESIGALLO 4.393 4,9 8

CENTRO N

ORD

TOTALE 173.130 4,8 7,4

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ARGENTA 21.530 5,1 8,3

CODIGORO 11.791 4,7 7,5

COMACCHIO 22.271 5,4 8

LAGOSANTO 4.889 5,3 7,5

FISCAGLIA 8.893 5,2 7,5

MESOLA 6.794 4,8 7,4

OSTELLATO 6.031 4,6 7,7

PORTOMAGGIO

RE

11.657 5,3 7,9

GORO 3.742 4,8 7,6

SUD E

ST

TOTALE 97.598 5,1 7,7

BONDENO 14.227 5,2 7,6

CENTO 35.599 6,4 9,1

TERRE DEL

RENO

10.052 6,1 8,3

POGGIORENATI

CO

9.811 6,3 8,2

VIGARANO

MAINARDA

7.613 5,3 7,6

OVEST

TOTALE 77.302 5,9 8,2

TOTALE 348.030 5,4 7,8

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Dati sulla popolazione adolescenziale dai 13 ai 19 anni residente nella Provincia di Ferrara, disaggregata per Comune, sesso e classi di età, nell’anno 2017

DISTRETTO CENTRO NORD

FERRARA MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 510 454 964 14 anni 502 477 979 15 anni 488 473 961 16 anni 509 460 969 17 anni 493 465 958 18 anni 511 442 953 19 anni 628 473 1.101 TOTALE 3.641 3.244 6.885

MASI TORELLO MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 10 9 19 14 anni 3 2 5 15 anni 8 6 14 16 anni 5 12 17 17 anni 2 7 9 18 anni 9 9 18 19 anni 15 10 25 TOTALE 52 55 107

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VOGHIERA MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 14 8 22 14 anni 14 12 26 15 anni 25 16 41 16 anni 9 9 18 17 anni 8 14 22 18 anni 13 12 25 19 anni 11 11 22 TOTALE 94 82 176

COPPARO MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 60 65 125 14 anni 47 53 100 15 anni 59 61 120 16 anni 62 47 109 17 anni 46 47 93 18 anni 55 57 112 19 anni 64 35 99 TOTALE 393 365 758

BERRA MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 15 15 30 14 anni 12 14 26 15 anni 14 19 33 16 anni 10 16 26 17 anni 17 15 32 18 anni 21 21 42 19 anni 20 9 29 TOTALE 109 109 218

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FORMIGNANA MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 11 13 24 14 anni 11 9 20 15 anni 8 7 15 16 anni 8 3 11 17 anni 10 12 22 18 anni 9 8 17 19 anni 18 11 29 TOTALE 75 63 138

JOLANDA DI S. MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 12 12 24 14 anni 5 10 15 15 anni 11 13 24 16 anni 11 4 15 17 anni 9 5 14 18 anni 8 12 20 19 anni 10 8 18 TOTALE 66 64 130

RO MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 15 6 21 14 anni 17 10 27 15 anni 14 9 23 16 anni 6 14 20 17 anni 10 12 22 18 anni 10 9 19 19 anni 14 6 20 TOTALE 86 66 152

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TRESIGALLO MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 10 12 22 14 anni 9 15 24 15 anni 18 12 30 16 anni 16 18 34 17 anni 25 18 43 18 anni 19 16 35 19 anni 14 13 27 TOTALE 111 104 215

DISTRETTO SUD EST

ARGENTA MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 80 84 164 14 anni 90 77 167 15 anni 70 90 160 16 anni 72 92 164 17 anni 72 71 143 18 anni 85 68 153 19 anni 80 67 147 TOTALE 549 549 1.098

CODIGORO MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 46 39 85 14 anni 42 23 65 15 anni 51 41 92 16 anni 36 32 68 17 anni 42 40 82 18 anni 44 47 91 19 anni 35 39 74 TOTALE 296 261 557

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COMACCHIO MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 90 80 170 14 anni 96 89 185 15 anni 62 96 158 16 anni 82 76 158 17 anni 90 88 178 18 anni 88 78 166 19 anni 86 103 189 TOTALE 594 610 1.204

LAGOSANTO MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 24 18 42 14 anni 10 14 24 15 anni 19 20 39 16 anni 16 14 30 17 anni 21 18 39 18 anni 28 24 52 19 anni 19 13 32 TOTALE 137 121 258

FISCAGLIA MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 25 25 50 14 anni 38 38 76 15 anni 33 29 62 16 anni 37 27 64 17 anni 39 34 73 18 anni 40 26 66 19 anni 40 33 73 TOTALE 252 212 464

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MESOLA MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 20 20 40 14 anni 31 19 50 15 anni 18 28 46 16 anni 29 34 63 17 anni 17 23 40 18 anni 22 17 39 19 anni 30 17 47 TOTALE 167 158 325

OSTELLATO MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 30 16 46 14 anni 20 20 40 15 anni 20 19 39 16 anni 15 18 33 17 anni 21 26 47 18 anni 18 15 33 19 anni 25 16 41 TOTALE 149 130 279

PORTOMAGGIORE MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 42 39 81 14 anni 46 46 92 15 anni 29 53 82 16 anni 46 43 89 17 anni 50 42 92 18 anni 58 28 86 19 anni 65 33 98 TOTALE 336 284 620

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GORO MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 16 15 31 14 anni 15 20 35 15 anni 18 8 26 16 anni 14 12 26 17 anni 6 17 23 18 anni 12 5 17 19 anni 14 9 23 TOTALE 95 86 181

DISTRETTO OVEST

BONDENO MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 55 60 115 14 anni 50 56 106 15 anni 55 64 119 16 anni 52 47 99 17 anni 48 53 101 18 anni 52 48 100 19 anni 61 44 105 TOTALE 373 372 745

CENTO MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 174 169 343 14 anni 152 192 344 15 anni 176 141 317 16 anni 172 183 355 17 anni 152 140 292 18 anni 161 152 313 19 anni 184 128 312 TOTALE 1.171 1.105 2.276

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TERRE DEL

RENO MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 46 48 94 14 anni 41 47 88 15 anni 38 46 84 16 anni 42 52 94 17 anni 49 47 96 18 anni 31 34 65 19 anni 47 46 93 TOTALE 294 320 614

POGGIORENATICO MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 55 49 104 14 anni 31 47 78 15 anni 50 50 100 16 anni 35 39 74 17 anni 38 54 92 18 anni 34 48 82 19 anni 50 37 87 TOTALE 293 324 617

VIGARANO M. MASCHI FEMMINE TOTALE

13 anni 31 26 57 14 anni 35 24 59 15 anni 36 24 60 16 anni 20 26 46 17 anni 25 37 62 18 anni 34 29 63 19 anni 29 29 58 TOTALE 210 195 405

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Dati sulla popolazione residente nella Provincia di Ferrara, disaggregata per Comune, sesso e classi di età, nell’anno 2018 FERRARA MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 7.223 6.877 14.100 10,6 15-24 anni 5.428 4.815 10.243 7,7 25-34 anni 6.367 6.123 12.490 9,4 35-49 anni 13.586 14.493 28.079 15,7 50-64 anni 14.686 16.287 30.973 23,3 +65 anni 15.383 21.653 37.036 33,3 TOTALE 62.673 70.248 132.921 100

MASI

TORELLO MASCHI FEMMINE TOTALE

Valori %

0-14 anni 118 131 249 10,8 15-24 anni 76 71 147 6,4 25-34 anni 85 94 179 7,8 35-49 anni 241 228 469 20,3 50-64 anni 272 330 602 26,1 +65 anni 288 376 664 28,6 TOTALE 1.080 1.230 2.310 100

VOGHIERA MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 207 170 377 10,2 15-24 anni 127 131 258 7 25-34 anni 129 120 249 6,7 35-49 anni 375 388 763 20,6 50-64 anni 453 470 923 24,9 +65 anni 503 632 1.135 30,6 TOTALE 1.794 1.911 3.705 100

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COPPARO MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 716 726 1.442 8,8 15-24 anni 586 505 1.091 6,7 25-34 anni 625 592 1.217 7,5 35-49 anni 1.712 1.674 3.386 20,8 50-64 anni 1.843 2.008 3.851 23,6 +65 anni 2.286 3.043 5.329 32,6 TOTALE 7.768 8.548 16.316 100

BERRA MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 188 194 376 8 15-24 anni 198 160 358 7,6 25-34 anni 214 150 364 7,7 35-49 anni 442 416 858 18,2 50-64 anni 584 570 1.154 24,5 +65 anni 713 879 1.592 34 TOTALE 2.339 2.369 4.708 100

FORMIGNANA MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 147 129 276 10,2 15-24 anni 107 84 191 7 25-34 anni 89 108 197 7,3 35-49 anni 283 278 561 20,7 50-64 anni 328 331 659 24,3 +65 anni 366 466 832 30,5 TOTALE 1.320 1.396 2.716 100

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JOLANDA DI S. MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 131 123 254 9 15-24 anni 118 91 209 7,4 25-34 anni 120 104 224 7,9 35-49 anni 258 269 527 18,6 50-64 anni 333 335 668 23,6 +65 anni 429 526 955 33,5 TOTALE 1.389 1.448 2.837 100

RO MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 155 144 299 9,3 15-24 anni 113 109 226 7 25-34 anni 107 111 218 6,8 35-49 anni 329 303 632 19,6 50-64 anni 388 417 832 25,8 +65 anni 478 570 1.048 31,5 TOTALE 1.570 1.654 3.224 100

TRESIGALLO MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 218 226 444 10,1 15-24 anni 169 150 319 7,3 25-34 anni 196 195 391 8,9 35-49 anni 445 485 930 21,2 50-64 anni 478 541 1.019 23,2 +65 anni 547 743 1.290 29,3 TOTALE 2.053 2.340 4.393 100

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ARGENTA MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 1.227 1.222 2.449 11,4 15-24 anni 827 799 1.626 7,6 25-34 anni 1.009 925 1.934 9 35-49 anni 2.328 2.217 4.545 21,1 50-64 anni 2.429 2.467 4.896 22,7 +65 anni 2.612 3.468 6.110 28,2 TOTALE 10.432 11.098 21.530 100

CODIGORO MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 532 527 1.059 9 15-24 anni 439 373 812 6,9 25-34 anni 513 477 990 8,4 35-49 anni 1.228 1.219 2.447 20,8 50-64 anni 1.374 1.470 2.844 24,1 +65 anni 1.532 2.107 3.639 30,8 TOTALE 5.618 6.173 11.791 100

COMACCHIO MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 1.201 1.076 2.277 10,2 15-24 anni 843 858 1.701 7,6 25-34 anni 977 973 1.950 8,8 35-49 anni 2.542 2.536 5.078 22,8 50-64 anni 2.544 2.720 5.264 23,6 +65 anni 2.802 3.199 6.001 27 TOTALE 10.909 11.362 22.271 100

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LAGOSANTO MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 277 261 538 11 15-24 anni 184 175 359 7,3 25-34 anni 216 204 420 8,6 35-49 anni 603 590 1.193 24,4 50-64 anni 534 556 1.090 22,3 +65 anni 569 720 1.289 26,4 TOTALE 2.383 2.506 4.889 100

FISCAGLIA MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 434 384 818 9,2 15-24 anni 366 294 660 7,4 25-34 anni 366 297 663 7,5 35-49 anni 932 881 1.813 20,4 50-64 anni 1.121 1.136 2.257 25,4 +65 anni 1.145 1.537 2.682 30,1 TOTALE 4.364 4.529 8.893 100

MESOLA MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 358 311 669 9,9 15-24 anni 231 213 444 6,5 25-34 anni 327 285 612 9 35-49 anni 732 704 1.436 21,1 50-64 anni 780 828 1.608 23,7 +65 anni 888 1.137 2.025 29,8 TOTALE 3.316 3.478 6.794 100

Page 33: Con le conclusioni di Paola Castagnotto - Ferrara · E il prezioso contributo è stato garantito anche in questa indagine, del 2018, dove la tematica mi sta particolarmente a cuore,

OSTELLATO MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 296 260 556 9,2 15-24 anni 228 195 423 7 25-34 anni 253 217 470 7,8 35-49 anni 625 578 1.203 20 50-64 anni 723 784 1.507 25 +65 anni 823 1.049 1.875 31 TOTALE 2.948 3.083 6.031 100

PORTOMAGGIORE MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 640 655 1.295 11,1 15-24 anni 482 417 899 7,7 25-34 anni 549 469 1.018 8,7 35-49 anni 1.221 1.172 2.393 20,5 50-64 anni 1.316 1.383 2.699 23,2 +65 anni 1.427 1.926 3.353 28,8 TOTALE 5.635 6.022 11.657 100

GORO MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 216 204 420 11,2 15-24 anni 132 117 249 6,7 25-34 anni 165 159 324 8,7 35-49 anni 436 418 854 22,8 50-64 anni 419 480 899 24 +65 anni 436 560 996 26,6 TOTALE 1.804 1.938 3.742 100

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BONDENO MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 774 768 1.542 10,8 15-24 anni 541 503 1.044 7,3 25-34 anni 613 612 1.225 8,6 35-49 anni 1.507 1.405 2.912 20,5 50-64 anni 1.681 1.667 3.348 23,5 +65 anni 1.735 2.421 4.156 29,3 TOTALE 6.851 7.376 14.227 100

CENTO MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 2.617 2.580 5.197 14,6 15-24 anni 1.619 1.519 3.138 8,8 25-34 anni 1.798 1.799 3.597 10,1 35-49 anni 4.277 4.113 8.390 23,6 50-64 anni 3.802 3.726 7.528 21,2 +65 anni 3.395 4.354 7.749 21,7 TOTALE 17.508 18.091 35.599 100

TERRE DEL

RENO MASCHI FEMMINE TOTALE

Valori %

0-14 anni 657 670 1.327 13,2 15-24 anni 404 398 802 8 25-34 anni 440 499 939 9,3 35-49 anni 1.138 1.051 2.189 21,8 50-64 anni 1.135 1.131 2.266 22,5 +65 anni 1.111 1.418 2.552 25,4 TOTALE 4.885 5.167 10.052 100

Page 35: Con le conclusioni di Paola Castagnotto - Ferrara · E il prezioso contributo è stato garantito anche in questa indagine, del 2018, dove la tematica mi sta particolarmente a cuore,

POGGIO RENATICO MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 737 651 1.388 14,2 15-24 anni 399 420 819 8,4 25-34 anni 441 479 920 9,4 35-49 anni 1.222 1.174 2.396 24,4 50-64 anni 1.047 1.056 2.103 21,4 +65 anni 948 1.237 2.185 22,2 TOTALE 4.794 5.017 9.811 100

VIGARANO M. MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 511 454 965 12,7 15-24 anni 291 291 582 7,6 25-34 anni 305 315 620 8,1 35-49 anni 919 909 1.828 24 50-64 anni 843 894 1.737 22,8 +65 anni 841 1.040 1.957 24,8 TOTALE 3.710 3.903 7.613 100

Profilo anagrafico dei Distretti CENTRO NORD MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 9.103 8.720 17.823 10,3 15-24 anni 6.922 6.116 13.038 7,5 25-34 anni 7.932 7.597 15.529 9 35-49 anni 17.671 18.534 36.205 20,9 50-64 anni 19.365 21.289 40.654 23,5 +65 anni 20.993 28.888 49.881 28,8 TOTALE 81.986 91.144 173.130 100

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SUD EST MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 5.181 4.900 10.081 10,3 15-24 anni 3.732 3.441 7.173 7,4 25-34 anni 4.375 4.006 8.381 8,6 35-49 anni 10.647 10.315 20.962 21,5 50-64 anni 11.240 11.824 23.064 23,6 +65 anni 12.234 15.703 27.937 28,6 TOTALE 47.409 50.189 97.598 100

OVEST MASCHI FEMMINE TOTALE Valori %

0-14 anni 5.296 5.123 10.419 13,5 15-24 anni 3.254 3.131 6.385 8,3 25-34 anni 3.597 3.704 7.301 9,4 35-49 anni 9.063 8.652 17.715 22,9 50-64 anni 8.508 8.474 16.982 22 +65 anni 8.030 10.470 18.500 23,9 TOTALE 37.748 39.554 77.302 100

Caratteristiche del campione di riferimento

L’indagine ha interessato complessivamente 736 ragazzi dai 13 ai 15 anni, residenti nei distretti socio sanitari Centro Nord, Ovest e Sud Est della provincia di Ferrara, intervistati quando si recano al Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Azienda Sanitaria di Ferrara per le vaccinazioni obbligatorie. Nel tempo di attesa di 30 minuti raccomandato dai sanitari dopo la somministrazione del vaccino, ai ragazzi è stato consegnato il questionario strutturato sulle opinioni che gli adolescenti danno rispetto agli ambiti futuri della propria vita personale (casa, famiglia, salute), professionale (lavoro) e civica (atteggiamento rispetto ad ambiente, diritti civili, politica).

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Il campione complessivo di 736 adolescenti è pari al 9% della popolazione giovanile nella fascia di età 13-15anni nella provincia di Ferrara (in totale 7.949 ragazzi) si suddivide in 519 residenti nel Distretto Centro Nord (totale 3.734, in percentuale 13,9%), 127 nel Distretto Sud Est (totale 2.147, in percentuale 5,9%) e 90 nel Distretto Ovest (totale 2.068, in percentuale 4,4%). I ragazzi intervistati sono per il 55,4% maschi (408) e per il 44,6% femmine (323), con uno scarto dello 0,7% di persone che non hanno risposto (Graf. A). Rispetto alla provenienza (Graf. B) una parte degli intervistati, pari al 9,4%, è di origine straniera ed essendo la percentuale più alta registrata nel corso delle ricerche annuali dell’Osservatorio Adolescenti, si è ritenuto interessante sottolineare l’emergere di diversificazioni significative nelle risposte, disaggregandole per cittadinanza. Nella parte anagrafica del questionario è stato chiesto ai ragazzi anche di esplicitare il lavoro del padre e della madre e i loro relativi titoli di studio. Le correlazioni nelle risposte date dagli adolescenti sugli item del questionario saranno oggetto di un capitolo specifico in cui sono stati creati dei cluster ad hoc.

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Graf.A – Il campione per genere

Graf.B – Il campione per cittadinanza

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Graf.C – Il campione per classi di età

Graf.D – Il campione per lavoro del papà

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Graf.E – Il campione per lavoro della mamma

Graf. F – Il campione per titolo di studio del papà

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Graf. G – Il campione per titolo di studio della mamma

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IL LAVORO: PROSPETTIVA ILLUSORIA?

I tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Questi tre tempi sono nella mia anima e non li vedo altrove. Il

presente del passato, che è la storia; il presente del presente, che è la visione; il presente del futuro che è l’attesa

[Sant’Agostino] Come recita la citazione gli adolescenti della provincia di Ferrara sono stati intervistati su quello che ritengono potrà essere il proprio “tempo presente del futuro”. Si è cercato di indagare quali sono le loro attese, quale visione hanno del proprio domani personale e professionale, tenendo conto anche della storia della loro famiglia ovvero il titolo di studio dei genitori e il lavoro che svolgono, per verificare quanto le condizioni del nucleo familiare possano tradursi in aiuto concreto o semplicemente dare la possibilità di affrontare la vita con uno spirito di maggiore ottimismo. “L’adolescenza è una fase dello sviluppo molto complessa e le immagini stereotipate che spesso l’accompagnano sembrano quasi voler esorcizzare le difficoltà e le ambivalenze che abitano la mente e la vita affettiva di ragazze e ragazzi. Dipinta spesso dagli adulti come un’età meravigliosa, spensierata, dove si sperimenterebbe il senso dell’invincibilità o, in alternativa, definita come l’età della stupidità e dell’inconsapevolezza. Troppo doloroso, e dunque arduo, accettare la realtà di una fase del ciclo di vita caratterizzata dalla fine dell’onnipotenza infantile e della dipendenza dalle figure genitoriali, dalla difficoltà ad accettare e integrare le dotazioni di un corpo quasi mai soddisfacente dal punto di vista estetico, dalla necessità di costruire un senso identitario

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proprio, sufficientemente originale e di successo, capace di consentire uno sguardo di speranza verso la realizzazione del proprio progetto futuro” [M.Lancini nel Piano pluriennale per l’adolescenza 2018/2020 della Regione Emilia Romagna]. Per infondere coraggio e ottimismo negli adolescenti, affinché sentano di “potercela fare” e pensare al proprio futuro in modo positivo, è necessario partire dagli adulti che fino a qualche anno fa venivano definiti, rispetto ai bambini e ai ragazzi, significativi di default, ma che oggi, allo stato dei fatti, si trovano nella necessità di dover dimostrare la propria autorevolezza e di faticare per mantenerla nel tempo. Come se i ruoli si fossero ribaltati e toccasse agli adulti dimostrare continuamente la legittimità del proprio ruolo. Questa crisi appare generalizzante ed epocale. Appartiene al nostro tempo e riguarda tutti anche se probabilmente in maniera diversa e con diversi gradi di intensità. Recuperare autorevolezza è possibile ed è una necessità che compete agli adulti, perché è dovuta ai giovani che devono crescere, meglio se in modo equilibrato, per diventare a loro volta “grandi” in modo responsabile e capace. Non è un compito facile, ma la difficoltà di ognuno è esperienza comune, ma non abbastanza condivisa, di quanti a qualunque titolo, hanno a che fare con gli adolescenti. È opinione di chi scrive che il nocciolo della questione stia nella relazione educativa espressa dal sistema e quindi che la soluzione sia da ritrovare nella capacità degli adulti di sentirsi parte di una rete di individui consapevoli, solidali nello svolgere la propria funzione.

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Purtroppo la mancanza di condivisione dei valori oggi mette in crisi l’idea che una comunità realmente e fattivamente educante possa presidiare la crescita dei più giovani. A fronte dell’individualismo e della competizione imperanti, di cui si è dato conto in tutte le ricerche svolte negli ultimi anni, e di cui si sono evidenziati i risvolti negativi su percezioni, atteggiamenti e comportamenti dei ragazzi, solo un presidio del territorio dove abitano i bambini e gli adolescenti, da parte di una rete di adulti può rappresentare l'argine migliore a ogni situazione di disagio significativo. “Testimoniare quotidianamente la possibile collaborazione tra agenzie educative con orientamenti e mission differenti, così come riconoscere il valore dell’altro in nome di un obiettivo comune, rappresenta una delle più alte e importanti operazioni culturali nell’epoca del narcisismo. L’unica strada possibile per costruire una comunità educante credibile, per noi adulti e, soprattutto, per gli adolescenti” [M.Lancini, ibidem].

Graf.1 – Dal lavoro futuro vorrei molto…

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Graf.1.1 FOCUS PER GENERE

Graf.1.2 FOCUS PER CLASSI DI ETA’

Graf.1.3 FOCUS PER CITTADINANZA

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Rispetto al lavoro il campione intervistato ha aspettative di soddisfazione personale e di realizzazione di sé molto elevate (essere me stesso 92,6% e avere soddisfazione personale 91,8%). Subito dopo per i ragazzi è prioritario ci sia un clima sereno con i colleghi e nel contesto lavorativo più generale. Queste risposte evidenziano quanto i giovanissimi siano orientati decisamente sull’aspetto relazionale e identitario del lavoro. Come già sottolineato dagli esperti di adolescenza, primo fra tutti Gustavo Pietropolli Charmet, ci si trova di fronte a una generazione di “narcisi” e quindi di persone molto centrate su di sé e convinte della concreta possibilità di essere riconosciuti come unici e peculiari. A conferma di questo primo dato la possibilità di esprimere la propria creatività e il proprio talento nella situazione di lavoro raccoglie il 68% dei consensi del campione mentre il 60,3% spera che il lavoro possa lasciare tanto tempo libero per dedicarsi ai propri interessi. La generazione dei nonni di questi adolescenti manifestava un’idea del lavoro anche a valenza sociale e politica – lavorare per ricostruire, per avere un futuro migliore, per il progresso sociale –, la generazione successiva ha vissuto la precarietà come modus vivendi svolgendo contemporaneamente diverse attività per potersi costruire un proprio futuro e una propria stabilità. Nel giro di qualche decennio, si è formata una popolazione giovanile convinta che la professione debba essere una prosecuzione di sé, l’espressione dei propri interessi che lascia tuttavia spazi di vita ampi. Probabilmente è cambiato il concetto stesso di lavoro e questo fatto non è disgiunto dai cambiamenti sociali ed economici che ovviamente si sono riverberati con più forza sulle giovani generazioni. Anzi proprio loro ne stanno subendo e probabilmente ne subiranno le conseguenze più pesanti, perché il lavoro che non garantisce una vita decorosa perde di importanza, induce a considerare normale la precarietà e la dipendenza oltre a creare insicurezza e fragilità. Il citato Rapporto ISTAT 2016 evidenzia che il 62,5% dei giovani tra i 18 e i 34 anni vive ancora con i genitori rispetto a una media europea del 48,1%. In Italia tutto sembra spostarsi in avanti, a cominciare dal matrimonio e dall’età a cui si ha il primo figlio, e questo soprattutto perché i millenials sperimentano in modo massiccio le difficoltà del mercato del lavoro, la

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mancanza di stabilità e la penalizzazione sulle retribuzioni. Tutti questi elementi hanno un peso importante sulla visione del lavoro negli adolescenti che lo sentono sempre più scollegato dal percorso di studi, dalle proprie aspettative e strumento inadeguato e insufficiente a garantire un reddito compatibile con una vita indipendente. Solo il 35,1% pensa che “da grande” farà un lavoro manuale contro il 51,2% di chi pensa svolgerà un lavoro intellettuale. D’altra parte anche l’orizzonte dell’ambizione pare limitato visto che solo il 24,8% vorrebbe avere la possibilità di compiere scelte e di coordinare le persone mentre all’ultimo posto dei desideri con il 22,8% si colloca l’obiettivo di poter assumere funzioni dirigenziali. Solo il 71,8% si aspetta un lavoro in linea con gli studi che si compiono e che si compiranno; in altri termini più di 1 studente su 4 (il 28,2%) pensa che la scuola scelta o che sceglierà non avrà a che fare con la propria futura posizione lavorativa. E questo è un aspetto preoccupante, in termini di motivazione allo studio e aspettative riposte nel proprio processo scolastico e formativo. I ragazzi, forse per la loro giovane età, ma indubbiamente anche in conseguenza di cambiamenti sociali che incidono sulla visione del futuro, hanno attese professionali di realizzazione della propria identità (essere me stesso 92,6%) ben superiori a quanto si ritiene sia reso normalmente possibile dal percorso di studi che hanno intrapreso o intraprenderanno (71,8%) e alla disponibilità economica (avere soldi 66,7%). Nell’analisi di genere quest’ultimo aspetto risulta più importante per i maschi (71,7% graf.1.1) di quanto non sia per le femmine (61,1% graf.1.1) che sono invece più propense a professioni di “aiuto” nelle quali in questo studio sono stati compresi i lavori di infermiere, assistente sociale e insegnante. È chiaro, come sottolineato più sopra, che il fattore “età” gioca un ruolo importante perché il campione è costituito da ragazzi dai 12 ai 15 anni e quindi, specie i più giovani, sono ancora molto lontani dall’avere chiaro cosa faranno da grandi e da come si possono immaginare in termini di professione futura. Si può notare infatti che la fascia dei 14-15enni ha aspettative più concrete legate all’ambito lavorativo, guadagnare soldi 75,8% contro il

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64,8% dei 12-13enni, fare un lavoro intellettuale 57,8% contro il 49,7% dei più giovani e avere un ruolo dirigenziale rispettivamente 35,9% e 19,8%. Un’attenzione particolare merita la disaggregazione per cittadinanza: gli adolescenti stranieri rispetto agli italiani sembrano compiere un investimento sul lavoro legato anche al proprio riconoscimento sociale (poter aiutare gli altri per il 79,1% contro il 73,1% dei coetanei italiani) ma anche all’espressione della creatività (rispettivamente: 74,7% e 67,3%). Analizzando questi dati emergono differenze significative relativamente al lavoro e al titolo di studio del papà tra adolescenti italiani e stranieri: così risulta dalle tabelle seguenti nelle quali viene preso in considerazione il profilo formativo dei padri in quanto statisticamente più rilevante di quello delle madri. Lavoro del papà

cittadinanza

manuale intellett. impieg. di aiuto disoccup.

Adolescenti italiani 39.7 22.1 27.5 3.5 2.9

Adolescenti

stranieri

67.2 9 6 1.5 9

Titolo del papà

cittadinanza

max. qualifica diploma laurea

Adolescenti italiani 38.3 37.8 21.8

Adolescenti stranieri 52.2 28.4 14.9

I ragazzi stranieri provengono da nuclei familiari “più deboli” dal punto di vista culturale considerando che il titolo di studio dei padri immigrati è tendenzialmente più basso rispetto a quello dei padri ferraresi. La correlazione con i livelli di disoccupazione non è automatica perché dipende da fattori sociali ed economici molto complessi, ma è un fenomeno che colpisce in modo più rilevante la popolazione immigrata. Nella ricerca “Io, adolescente e..” che risale all’anno 2012, un campione analogo di adolescenti della nostra provincia mostrava un indice di disoccupazione dei

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padri dello 0,4%. In questa ultima rilevazione gli italiani disoccupati sono saliti al 2,9% mentre i padri stranieri sono arrivati al 9%. I ragazzi figli di immigrati sembrano animati da un maggior desiderio di emergere rispetto ai loro coetanei ma al tempo stesso devono intraprendere una la strada resa difficile da problemi di diverso tipo che hanno a che fare se non proprio con forme di discriminazione, certamente con la mancanza di facilitazioni all’integrazione piena nella società. E il tempo viene perso in percorsi scolastici faticosi, nella difficoltà a ottenere un processo lineare di formazione scolastica o professionale. In questo modo si deprimono le aspettative che, come abbiamo visto, sono alte, e si danneggia il mercato del lavoro che avrebbe bisogno di persone sempre più qualificate. La relazione fra il titolo di studio dei padri, la loro posizione economica e il lavoro svolto dai figli in età adulta, che si nota nel nostro paese per la mancanza di un valido “ascensore sociale”, si conferma per gli immigrati per cui ci si aspetta che i ragazzi stranieri svolgeranno lavori manuali diventando operai o artigiani. E questo a dispetto di un desiderio di emergere e compiere un reale salto di qualità che gioverebbe oltre a loro stessi anche al Paese. “Oggi in Italia vive lo 0,83% della popolazione mondiale, nel 2035 sarà lo 0,72%. Oggi in Italia poco più di una persona su cinque ha più di 65 anni, una delle quote più alte al mondo in questa fascia di età; nel 2035 si avvicinerà a una persona ogni tre (28,7% degli abitanti)” [F.Fubini, La maestra e la camorrista, Mondadori, 2018]. Nel primo capitolo della presente ricerca si evidenzia come la stragrande maggioranza dei Comuni della provincia di Ferrara abbiano una percentuale di popolazione di oltre 65 anni superiore al 30%. Fa eccezione il Distretto Ovest dove è anche più alta la percentuale di immigrati e che conferma il prosieguo delle considerazioni di Federico Fubini “…solo per mantenere il livello attuale di popolazione nella penisola italiana – che negli ultimi anni ha già iniziato a decrescere – servirebbero saldi ben più positivi degli attuali fra i migranti che se ne vanno e quelli che arrivano. Più persone dovrebbero arrivare in Italia, meno dovrebbero lasciarla. Invece il numero di stranieri presenti in Italia, per la prima volta da un quarto di secolo, negli ultimi anni ha sostanzialmente smesso di crescere. (….) …saremmo già una nazione di oltre l’otto per cento più piccola

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se solo non ci fossero stranieri fra noi. Saremmo anche più anziani, sempre se non ci fossero gli stranieri, perché un’età mediana di 46 anni farebbe dell’Italia non solo una delle nazioni più antiche ma quasi la più vecchia in assoluto: oggi è il Giappone che detiene il primato perché è rimasto più chiuso all’immigrazione di quanto sia mai stato l’Italia” [ibidem]. A questo punto è lecito, e soprattutto doveroso, riflettere su quanto sia importante investire seriamente sui migranti in campo scolastico, professionale e sociale. Specie sui migranti giovani che dimostrano di avere volontà di crescere e di contribuire allo sviluppo del Paese che li ha ospitati, sia svolgendo lavori creativi e intellettuali ma anche per garantire e recuperare quei lavori manuali che si sono andati perdendo negli anni, perché considerati a torto di livello qualitativo inferiore. A titolo di puro esempio vale la pena ricordare che la sopravvivenza e la qualificazione del marchio DOP di molti formaggi del Nord Italia è garantito dal lavoro di mandriani Sikh provenienti dall’India. Mano d’opera qualificata straniera che fa proprie e proietta nel futuro tradizioni zootecniche e gastronomiche della nostra terra. Possiamo ragionevolmente considerare le potenzialità, gli entusiasmi e le aspettative dei giovanissimi stranieri perché siano un patrimonio per tutta la società italiana? Se sì, la scuola è il terreno da cui partire, il luogo deputato a formare gli studenti, a prescindere dalla loro provenienza e dalla piena padronanza della lingua italiana, infondendo loro stimoli all’impegno e all’autostima, orientandoli scolasticamente e professionalmente sulla base delle loro competenze e capacità piuttosto che sul colore della pelle o sulla loro provenienza.

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Graf.2 – Dal lavoro futuro vorrei soprattutto…/disaggregazione con il

lavoro del papà

Graf.3 – Dal lavoro futuro vorrei soprattutto…/disaggregazione con il

lavoro della mamma

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La soddisfazione personale data dal lavoro è la scelta prioritaria del campione e nella disaggregazione effettuata in base all’ “occupazione del papà” (graf.2) si conferma al primo posto dei desideri degli adolescenti, soprattutto per chi ha un padre che svolge lavori di tipo intellettuale (64,4%) o impiegatizio (61,5%). L’aspettativa di svolgere in futuro un lavoro manuale è bassa per tutti, sicuramente a causa della perdita di riconoscimento sociale di queste mansioni, che sono prese in considerazione solo dai figli di chi svolge una professione operaia o artigiana (15,2%) e di chi ha perso o non trova un'occupazione (16,2%). Il desiderio di svolgere in futuro lavori creativi e di aiuto sono maggiormente correlate alla figura materna (graf.3), a prescindere dalla posizione professionale ricoperta, anche se la percentuale più alta è per i figli delle disoccupate 35,6% e impiegate 31,7%. Sicuramente permangono stereotipi di genere che ricollegano le mamme a professioni di supporto alle persone, siano esse assistenziali o educative, e che indubbiamente influenzano i figli adolescenti. Una considerazione specifica merita l’aspettativa, di una parte significativa del campione, di poter svolgere un lavoro creativo, aspettativa che rimane alta qualunque sia il lavoro del padre e della madre, a testimonianza di quanto sia dominante l’idea di nuove professionalità legate a idee originali, al web, alla moda che influenzano pesantemente le aspettative degli adolescenti.

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Graf.4 – Dal lavoro futuro vorrei soprattutto…/disaggregazione con il

titolo di papà

Graf.5 – Dal lavoro futuro vorrei soprattutto…/disaggregazione con il

titolo di mamma

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Quello che si attendono i ragazzi intervistati dal lavoro futuro sembra essere influenzato molto di più dal titolo di studio, che dal tipo di lavoro svolto dai genitori (graff.4 e 5). Chi ha un padre e una madre con un livello di studio basso (licenza media o qualifica professionale) nutre molto più degli altri coetanei il desiderio di avere successo, trovare compatibilità e coerenza tra studi compiuti e professione, avere un clima sereno con i colleghi e disporre di tanto tempo libero. Sembrerebbe di poter dire che gli adolescenti sperano di riscattarsi dalle posizioni professionali e formative genitoriali per un lavoro che però ha cambiato le sue caratteristiche intrinseche a favore dell’ambito relazionale, di cura dei propri interessi, di visibilità sociale. Un atteggiamento diverso da quanto avveniva in passato dove l’investimento riguardava primariamente l’indipendenza economica e la formazione di una famiglia propria. Rimane prioritario in questo contesto il tema dell’autonomia. La crisi del lavoro che genera difficoltà crescenti a trovare un impiego capace di garantire un reddito adeguato procrastina l’acquisizione dell’indipendenza economica necessaria per smarcarsi dalla famiglia e costruire il proprio futuro. Ed è per rendere compatibile la formazione con il futuro dei giovani che è fondamentale orientare le politiche del lavoro partendo da quelle dell’istruzione. “Lo studio deve offrire la prospettiva di un rendimento in tempi abbastanza brevi. Perché le competenze dei più produttivi siano pagate adeguatamente, deve cambiare il sistema con il quale si definiscono i contratti di lavoro in Italia. Oggi il negoziato è ancora in larga parte centralizzato a livello nazionale per ciascun settore; il grosso dei compensi riflette il numero di anni passato in azienda o al lavoro: più si è vecchi, più si guadagna. Conta meno la competenza o la produttività dei singoli, valutata all’interno di ciascuna impresa. Si tratta di un modello erede diretto degli accordi di tipo corporativo nati durante il fascismo, ormai quasi unico al mondo. Oggi è incompatibile con le esigenze di un’economia avanzata” [Fubini, ibidem].

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FUTURO PERSONALE: CASA E FAMIGLIA

È impossibile vincere le grandi scommesse della vita senza correre dei rischi, e le più grandi scommesse sono quelle relative alla casa e alla famiglia

[Theodore Roosvelt] In Italia le aspettative dei giovani verso il futuro sono messe a dura prova dalla crisi economica che ha cambiato profondamente l’accesso al mercato del lavoro anche per chi si è preparato facendo corsi di studio lunghi e complessi. Le conseguenze ovviamente si manifestano nella permanenza dei figli con i genitori procrastinata nel tempo, senza la possibilità di avere una casa propria e nell’allontanamento della prospettiva di costruirsi una famiglia e avere dei figli. Il già citato Rapporto ISTAT del 2016 considerava allarmante il fatto che il 36,5% dei giovani rimanesse nella casa della famiglia fino ai 34 anni mentre il basso tasso di natalità pari a 1,3 per donne ultra trentacinquenni lasciava pensare che molto probabilmente non ritenessero di avere più figli. Tutto questo, nelle ricerche di Federico Fubini, è in controtendenza rispetto alle persone straniere presenti nel nostro Paese che contribuiscono a renderlo “più giovane” e più attivo. “Le statistiche ovviamente dicono anche che nascerebbero ogni anno oltre il venti per cento di bambini in meno se non ci fossero le madri straniere che in Italia procreano all’incirca due figli a testa: il doppio delle donne di La Spezia, Udine, Messina, delle donne sarde in genere, o di quelle della Basilicata e del Molise. Anche le donne straniere residenti in Italia procreano sotto quello che gli esperti chiamano “tasso di sostituzione”, quello che a lungo andare serve a mantenere la popolazione invariata, ma in media tengono un ritmo del 44% superiore alle italiane autoctone. Senza di loro nascerebbero ogni anno in Italia circa la metà dei bambini che nascono in Francia, anche se fino a pochi anni fa i due paesi avevano dimensioni demografiche molto simili. (…) In questo caso la popolazione scenderebbe di circa tre milioni già solo nel primo quindicennio e non bisogna neppure provare a immaginare quanto lavoro in più ricadrebbe sulle spalle degli altri per finanziare il debito pubblico, le pensioni, l’assistenza del trenta per cento di abitanti che avrà

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più di 65 anni. Il patrimonio immobiliare di decine di famiglie italiane finirebbe per svalutarsi, perché l’offerta di case diventerebbe largamente superiore alla domanda: troppi spazi abitabili per troppe poche persone. (…) I crudi numeri dicono che senza stranieri non saremmo una nazione sostenibile” [Fubini, ibidem]. Al campione di 736 adolescenti della provincia di Ferrara è stato chiesto di immaginare una proiezione nel futuro della propria casa e della propria famiglia. Volutamente, non si è proposta una batteria di item precostituiti ma si è preferito lasciar loro la possibilità di dire le proprie opinioni, rispetto alla realtà in cui vivono, studiano e si relazionano. La convinzione alla base di questo studio è che la fiducia nel futuro e in se stessi una volta divenuti adulti siano legate in maniera indissolubile a come percepiscono la realtà e la società di oggi nella propria condizione di adolescente. Probabilmente, come già più volte sostenuto, è necessario partire da una diversa regolamentazione del mercato del lavoro che non si concentri solo sul “posto fisso”, ma a tutt’oggi è questa l’unica condizione che garantisce la stabilità necessaria per accedere a un mutuo per comprarsi una casa e pensare di costruire una famiglia con figli a carico. L’aspetto economico del lavoro quindi è un aspetto importante e prioritario, ma secondo i giovani intervistati non è l’unico, e nel capitolo precedente si è avuta conferma di quanto si considerino fondamentali le caratteristiche relazionali e sociali dell’attività lavorativa, molto di più di quanto non accadesse in passato. Per questo è probabile che l’approccio olistico riduca la frustrazione e lo scoraggiamento dei più giovani facendo loro percepire un futuro possibile.

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Graf.6 – In futuro credo molto che la mia casa sia…

Graf.6.1 FOCUS PER CITTADINANZA

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I 736 adolescenti intervistati in merito al tema dell'abitare (graf.6) si concedono qualche sogno: poter avere una casa lussuosa e di grandi dimensioni (51,9%) e soprattutto con un giardino esteso (73,6%). Alcune resistenze che il campione sembra aver manifestato rispetto al lavoro futuro, qui appaiono stemperarsi. Indubbiamente rispetto alla possibilità di costruirsi una posizione professionale, i giovanissimi sono continuamente esposti alle preoccupazioni trasmesse dai mass media, dagli adulti di riferimento e dalla cronaca, che lanciano allarmi sulla difficoltà di entrare nel mercato del lavoro. Al contrario, sulla vita personale provano a fare qualche proiezione più ottimistica. Ecco quindi che più di 1 ragazzo su 3 (37%) dichiara di voler vivere in campagna, il 29% vorrebbe un appartamento in centro città e comunque anela anche al possesso di un “piccolo giardino facile da curare”. È da sottolineare il fatto che il 28,1% desidera in via prioritaria una casa molto vicina a quella della famiglia di origine, probabile conferma del distacco difficoltoso dal nido genitoriale, caratteristica che diversi studi ritengono un tratto tipico italiano. Gli esperti da anni evidenziano quanto l’autonomia dei giovani sia spesso ostacolata dagli stessi genitori che si sentono “abbandonati” e quindi talvolta agiscono comportamenti ricattatori o colpevolizzanti pur di non perdere la propria identità di mamma e di papà. L’iperprotezione che le famiglie spesso innescano – argomento focale dello studio svolto dall’Osservatorio adolescenti lo scorso anno – tenta, anche inconsapevolmente, di legare i figli in modo indissolubile, sostituendosi a loro anche nella gestione della quotidianità. Per abbattere i possibili fallimenti e le frustrazioni dei ragazzi, in molti casi mamme e papà, li salvaguardano eccessivamente di fronte a un brutto voto, nei litigi con gli amici, nel rapporto con il partner, finendo così per connotarsi come l’unico porto sicuro a cui approdare. Questo però non consente ai ragazzi di crescere sentendosi “liberi” dal manto paterno o materno e rende loro il distacco sempre più problematico e difficile. Sicuramente non è facile l’esercizio della fiducia e neppure la consapevole capacità di correre dei rischi da parte dei genitori, preoccupati dai mille

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pericoli a cui ritengono siano esposti i figli nell'età dell'adolescenza, ma il rischio e la sperimentazione sono indispensabili per innescare processi virtuosi di cambiamento e di acquisizione di autonomia. “Fidarsi implica credere che l’altro possa farcela, scommettere sulle sue capacità e sulla sua volontà, offrire opportunità di cambiamento e di crescita. (…) Come facciamo a trasmettere fiducia ai figli? anche in questo caso, ognuno ha le sue modalità. In generale possiamo dire che quando ci si fida si consente all’altro di agire, gli si concede autonomia. Certo, le azioni e l’autonomia che si concedono devono essere commisurate all’età e al livello di maturazione e competenza delle persone. Lo psicologo statunitense Jerome Bruner ha sottolineato l’importanza dello scaffolding nei processi di crescita, ossia della capacità di creare una sorta di impalcatura che sorregga l’azione del bambino o dell’adolescente che gli impedisca di crollare. Man mano che il bambino o l’adolescente diventano capaci di cavarsela da soli, di stare in piedi sulle proprie gambe, questa impalcatura deve dissolversi e lasciare spazio all’autonomia. La fase di impalcatura deve dissolversi e lasciare spazio all’autonomia. La fase di impalcatura e tenuta è faticosa, ma ci vuole fiducia per realizzare la fase della dissolvenza. Questo processo è chiaramente individuabile quando i bambini sono piccoli e iniziano la deambulazione eretta: inizialmente bisogna sostenerli sotto le ascelle, poi prenderli per le mani e lasciarli andare. Se non ci fidiamo di loro non impareranno mai a camminare da soli. È vero che i primi tentativi sono caratterizzati anche da frequenti cadute: alcune riusciamo a evitarle, altre no. Eppure è solo cadendo che i bambini imparano a proteggersi durante le cadute e che imparano a rialzarsi. Ecco, anche nelle età successive è importante scommettere sulla crescita e l’autonomia dei figli; è importante proteggerli tanto, per poi passare a una protezione flessibile e infine arrivare a dare loro fiducia affinchè ce la possano fare anche da soli. Quando i bambini e i ragazzi sentono che ci si fida di loro, che i genitori si fidano di loro, che gli insegnanti si fidano di loro, possono intraprendere processi di cambiamento positivo con maggiore serenità e maggiore perseveranza, partendo dalle piccole cose, a piccoli passi” [E.Cattelino, A caccia di guai, Gedi, 2018]. Al test statistico del chi quadro (per verificare il grado di significatività tra variabili), è risultata interessante la disaggregazione per cittadinanza

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degli intervistati (graf.6.1). Gli adolescenti stranieri, quasi il doppio (49,3% contro 25,9%) dei coetanei italiani, vorrebbero soprattutto una casa vicinissima a quella dei genitori, propendendo per un’abitazione in centro, preferibilmente un monolocale. Verrebbe da pensare che i ragazzi immigrati abbiano desideri più contenuti e probabilmente più realistici, preferendo immaginare di vivere in un’abitazione più modesta rispetto a case grandi e lussuose. Interessante è anche la dichiarazione da parte degli studenti stranieri di voler rimanere vicino alla famiglia di origine, come se non si volesse spezzare un legame che va al di là dello stile educativo di molte famiglie italiane improntato alla iperprotezione, mantenendo quindi quella “doppia identità” che secondo Simona Taliani, antropologa del Centro Franz Fanon di Torino, è il tratto caratteristico e necessario dei migranti.

Graf.7 – In futuro credo molto che la mia famiglia sia…

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Graf.7.1 FOCUS PER TITOLO DI STUDIO DELLA MAMMA

Per approfondire l'ambito della vita personale degli adolescenti ferraresi, dopo la casa, si sono prese in esame le aspettative rispetto a quale tipo di famiglia si pensa di costruire in futuro. (graf.7). Circa la metà del campione non immagina di crearsi una famiglia molto ampia ma normalmente composta da un partner e uno (47,2%) o più figli (40,4%). Colpisce molto il dato del 64,9% dei giovanissimi che considerano prioritario il possesso di animali a testimonianza di quanto, soprattutto cani e gatti, siano entrati a far parte di fatto della stragrande maggioranza delle famiglie. Un ragazzo su 10 vorrebbe una vita a due senza figli (10,6%) e il 7% pensa di rimanere per sempre con i propri genitori. La mamma ha un ruolo fondamentale nella percezione della famiglia (graf.7.1). L’importanza del ruolo materno, pare correlato al titolo di studio: sono più le donne laureate (23,4%) a influenzare una idea di famiglia più numerosa, con più figli, rispetto a quelle diplomate (21,1%) e a chi non ha conseguito un diploma (14,9%). Queste ultime invece sembrano stimolare maggiormente i figli ad avere al massimo un figlio (28,2% vs 17,6% delle diplomate e 11,2% delle laureate) e addirittura a rimanere nella famiglia di origine.

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È altamente probabile che chi ha un titolo di studio basso tenda, più di chi ha una storia scolastica più lunga, a identificarsi maggiormente con il proprio ruolo di madre, rendendo il distacco più complicato e doloroso. Sono più le mamme che hanno la licenza media o al massimo una qualifica a essere disoccupate o casalinghe e questo può essere indicatore di un iperinvestimento sulla casa e sui figli la cui autonomia rischia di mettere in pericolo il ruolo identitario delle madri.

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AMBIENTE: PROBLEMA PLANETARIO

Quando le generazioni future giudicheranno coloro che sono venuti prima di loro sulle questioni ambientali, potranno arrivare alla conclusione che questi “non sapevano”. Accertiamoci di non passare alla storia come la generazione

che sapeva, ma non si è preoccupata. [Mikhail Gorbaciov]

L’indagine ItaliaOggi condotta ogni anno dall’Università La Sapienza di Roma “fotografa” la qualità della vita delle città italiane sulla base di parametri economici, sociali e ambientali. Gli indicatori utilizzati per assegnare un profilo, positivo o negativo, alle città italiane sono riconducibili, oltre a quelli più tradizionali, anche alla promozione da parte della amministrazioni comunali di iniziative originali per la eco sostenibilità. Per l’anno 2018, per quanto riguarda l’ambiente, Ferrara si è qualificata al 54esimo posto perdendo 6 posizioni rispetto alla classifica dell’anno precedente. I parametri ambientali che hanno fatto slittare la nostra provincia dal 48esimo posto al 54esimo riguardano:

- Concentrazione di biossido d’azoto – 60° posto - Giorni di sforamento del PM10 dal 56° posto nel 2017 al 79° nel 2018 - Dispersioni della rete idrica – 59° posto migliorando la posizione

nell’anno precedente di 4 punti - Produzione di rifiuti urbani – 104° posto su 110 - Autovetture circolanti – 68° posto incrementando il punteggio di 3

posti nella classifica dell’anno passato - Consumo annuo procapite di energia elettrica sul quale sono stati

compiuti notevoli passi in avanti, dal 100° posto al 90esimo attuale - Presenza di piste ciclabili: Ferrara si trova al quarto posto ed è

qualificata come una delle migliori città italiane dopo Mantova, Reggio Emilia e Modena

- Verde pubblico: la nostra città è a un più che ragguardevole 14° posto - Uso del trasporto pubblico- 36esima posizione - Raccolta differenziata dei rifiuti – 47° posto

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Un esame delle posizioni di testa nell’ambito ambiente (Ferrara è nelle prime 25 posizioni per piste ciclabili e verde pubblico) vede la presenze di Cuneo, Aosta, Sondrio, Lecco, Mantova, Lodi, Brescia, Cremona ma anche alcune province del Nord Est ovvero Bolzano e Trento (1° e 2° posto), Belluno, Treviso, Verona, Padova, Pordenone, Udine, e per l’Emilia Romagna, Parma, Reggio Emilia e Modena e, infine, province dell’Italia centrale come Siena, Arezzo, Perugia, Ancona, Ascoli Piceno e Macerata. Il Nord non è tutto uguale, come viene evidenziato dall’indagine di ItaliaOggi da alcuni anni a questa parte. “C’è un Nord di province di dimensioni medio-piccole caratterizzate da livelli di qualità della vita elevati e stabili nel tempo. C’è un Nord di centri urbani di dimensioni grandi e medio-grandi che, al contrario, fatica a raggiungere e mantenere posizioni di eccellenza. Uno dei risultati sostanzialmente confermati anche quest’anno è la posizione di vertice delle province de Trentino Alto Adige e di alcune province venete, che si collocano nelle zone alte della graduatoria fin dalle prime edizioni dell’indagine” [in “ItaliaOggi, novembre 2018]. ItaliaOggi offre un quadro molto particolareggiato su tutti gli ambiti della qualità della vita oltre che sull’ambiente, anche riguardo popolazione, criminalità, disagio sociale, sistemi finanziari e salute. Proprio rispetto a questo tema i dati verranno esplicitati nel capitolo 6 di questo studio. Nello specifico argomento “ambiente” la provincia di Ferrara sembra connotarsi come un territorio con alcune contraddizioni: notevole presenza di piste ciclabili e verde pubblico ma alta circolazione di vetture e sforamento del livello delle polvere sottili. E’ parso, quindi, interessante avere opinioni sull’ambiente da parte della nuova generazione che è cresciuta in un contesto scolastico molto attivo dal punto di vista della tutela dello spazio pubblico e in un contesto sociale che lancia continui allarmi sullo stato di cattiva salute del pianeta. Sin dalle scuole dell’infanzia ferraresi, si sensibilizzano bambini, e si continua a farlo negli ordini di scuola successivi, alla salvaguardia del nostro territorio con tantissime iniziative su riciclaggio, mense con cibo

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ecosostenibile, pulizia degli spazi verdi, tragitti casa scuola a piedi o in bicicletta, tutela degli animali. E questa formazione serrata per costruire una coscienza ambientalista spesso si scontra con politiche nazionali e sovranazionali che non sempre tengono nel dovuto conto la tutela del mondo in cui viviamo. Per capire se queste contraddizioni emergono anche dalle opinioni dei ragazzi, si è dedicata una parte del questionario al grande tema dell’ambiente. A questo proposito è utile partire dai dati dell’indagine nazionale condotta nel 2017 dall’Associazione Laboratorio Adolescenza e Legambiente in collaborazione con la Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza su un campione di 1982 studenti dai 12 ai 14 anni, dal titolo “Adolescenza e ambiente di vita”. Da questo studio emerge che il 68,5% degli adolescenti si dichiara interessato alle problematiche ambientali grazie a scuola, televisione e genitori. E non è un interesse solo generico perché il 40% conosce gli accordi di Parigi sul clima e il 50% sa individuare la definizione corretta di “polvere sottili”. Per gli intervistati, i maggiori responsabili dell’inquinamento dell’aria sono le automobili (74%), le industrie (72,7%) e il riscaldamento delle case (24,4%). E l’85,3% ritiene inoltre che questo non sia un problema da delegare esclusivamente alla politica, bensì faccia parte dell’impegno di ogni singolo individuo. Difatti per i ragazzi sono importanti i comportamenti quotidiani di ognuno, dall’utilizzo di mezzi meno inquinanti (31,4%) a una corretta raccolta differenziata (29,2%). Quanto emerge dall’indagine soddisfa la responsabile scuola e formazione di Legambiente Vanessa Pallucchi che dichiara: “Abbiamo trovato ragazzi molto attenti e informati sui temi ambientali, consapevoli dell’importanza di adottare uno stile di vita più sostenibile e interessati a voler fare un’esperienza di volontariato ambientale. Una sensibilità ambientale sviluppata grazie anche alle scuole che si confermano importanti agenzie formative e presidi territoriali. Questo lavoro deve essere affiancato e integrato da una sempre maggior frequenza di progetti di educazione alla cittadinanza attiva che coinvolgano i ragazzi e che i ragazzi ci chiedono. Percorsi che Legambiente promuove e sostiene da anni proprio per attivare un

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rapporto di interscambio tra scuola e territorio” [intervista rilasciata al “Corriere della sera”, maggio 2017]. Rispetto alla specificità dell’argomento “ambiente”, è stata proposta agli adolescenti del campione della ricerca ferrarese, solo una sintetica batteria di domande inerenti la percezione che hanno del contributo che potranno dare nel tempo a tutela della qualità della vita dell’ecosistema.

Graf.8 – Rispetto all’ambiente mi impegnerò molto per…

Graf.8.1 FOCUS PER CITTADINANZA

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Graf.8.2 FOCUS PER CLASSI DI ETA’

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Graf.8.3 FOCUS PER TIT. STUDIO PAPA’

Graf.8.4 FOCUS PER TIT.STUDIO MAMMA

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Parallelamente all’indagine nazionale, a livello locale gli adolescenti sembrano essere molto sensibili al tema della tutela ambientale, mettendo al primo posto il rispetto degli spazi verdi (89,4%) e la raccolta differenziata (83,5%). Su questi due aspetti, come già esplicitato all’inizio del capitolo le scuole ferraresi e il Comune sono stati molto attivi sul fronte della raccolta differenziata e soprattutto sul rispetto del verde pubblico, aspetto nel quale Ferrara si colloca nei primissimi posti a livello nazionale per quantità procapite. Nella città delle biciclette, tuttavia, notiamo che il 30% dei ragazzi non pensa di utilizzarla in futuro come mezzo di trasporto e questo non è particolarmente confortante, se lo si correla alla valutazione negativa che ItaliaOggi ha dato della città rispetto allo sforamento delle polveri sottili causato in primis proprio dalle auto. Il 41,8% dei ragazzi pensa addirittura che in futuro si batterà attivamente per tutelare l’ambiente e comunque il campione cercherà di seguire tutti gli accorgimenti per salvaguardarlo (55,4%). Questi dati consentono di avere fiducia in nuove generazioni che si sentono pronte e in grado di “salvare” il pianeta dalla debacle ambientale alla quale sembra ormai destinato. La fiducia secondo i risultati dell’indagine sarebbe da riporre soprattutto, nei giovani immigrati (graf.8.1) che, su tutti i temi ambientali esprimono un livello di sensibilità più elevato soprattutto per quanto riguarda i comportamenti proattivi (battermi per tutelarlo: 17,9% contro il 12,5% dei coetanei italiani e applicare tutti gli accorgimenti necessari rispettivamente 26,9% e 17,4%). E’ indubbio, se riportiamo la sensibilità dei giovanissimi ferraresi all’impegno del governo locale e della scuola in tema ambientale, che i dati di investimento sulla tutela dell’ecosistema sono più alti nella fascia di età dei più piccoli (12-13 anni) rispetto ai 14-15enni forse in virtù del fatto che le iniziative sono maggiormente rivolte alle scuole d’infanzia, elementari e istituti comprensivi. Nel grafico 8.2 è chiaro quanto la prossimità dei 12-13enni a progetti pro ambiente li porti, probabilmente, a dichiarare un comportamento attivo su tutti gli item proposti: rispetto degli spazi verdi (52,8% vs 45,3% dei più grandi), battersi per la tutela

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(13,8% vs 9,4%), riciclo (rispettivamente 26,3% e 20,3%), raccolta differenziata (48,7% dei più piccoli contro il 42,2% dei più grandi) e infine l’utilizzo della bicicletta per non inquinare (32,6% dei 12-13enni contro il 27,3% dei 14-15enni). È altresì interessante evidenziare le differenze che emergono nel campione disaggregandolo per titolo di studio del padre (graf.8.3) e della madre (graf.8.4) Se si prendono in esame gli item che hanno raccolto più consensi da parte dei ragazzi intervistati, si può notare che all’aumentare del titolo di studio del padre, aumenta anche la sensibilità dei figli sul rispetto degli spazi verdi e sulla corretta raccolta differenziata. Fa eccezione solo il comportamento attivo in termini di salvaguardia ambientale che sembra essere stimolato e approvato dai padri con un titolo di studio più basso: 17% contro il 10,6% di chi ha un diploma o una laurea. Lo snodo però sembra essere rappresentato dalle mamme che svolgono un ruolo di facilitatore importante e significativo sul corretto stile di vita da adottare per la qualità ambientale da parte dei figli. E su questo aspetto la parte del leone è svolta tendenzialmente dalle mamme con un titolo di studio basso (graf.8.4) che spronano i figli a battersi per la tutela (16,7% contro l’11,9% delle diplomate e il 10,2% delle laureate) e a impegnarsi nel riciclo per abbattere i consumi (30,7% contro 25,6% di chi ha il diploma e il 18,8% di chi ha la laurea). Anche se con scarti minori le mamme in possesso di una qualifica professionale sono attive nell’educazione al rispetto degli spazi verdi. La tendenza è opposta solo nell’ambito della raccolta differenziata che sembra essere correlata sia per i padri che per le madri al titolo di studio posseduto. “Abbiamo ripopolato la terra, abbiamo cambiato i suoi abitanti, abbiamo reso un albero una visione accidentale e accessoria di una città, un animale qualcosa di fuori luogo accanto alle persone, un’automobile il vero residente urbano, la bicicletta l’autentico dissidente, e via così: cominciamo da qui, dobbiamo chiederci in compagnia di chi o di cosa abbiamo deciso si debba crescere” [S.Laffi, La congiura contro i giovani, Feltrinelli, 2014]

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Forse i dati raccolti consentono di essere fiduciosi perché sembra che i cittadini ferraresi di domani abbiano deciso di crescere “volendo bene” a ciò che sta loro intorno, con un’attenzione che i loro padri e i loro nonni hanno avuto in minor misura.

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DIRITTI: UNA CONTINUA CONQUISTA

I diritti civili spettano all’uomo come tale, non al solo cittadino

[Stefano Rodotà] In una ricerca che riguarda la prospettiva che gli adolescenti hanno rispetto la propria vita personale (lavoro, casa, famiglia) ma anche in quanto cittadini di un mondo che, noi adulti, stiamo consegnando loro con molte difficoltà e contraddizioni, non è possibile prescindere dall’approfondire l’aspetto della salute, e i temi sociali, politici e dei diritti civili e umani. Pietropolli Charmet per definire questa generazione di adolescenti ha coniato il termine di “presentificatori” per descrivere un gruppo con scarsa o nulla cognizione del passato e con poche possibilità di avere una visione ottimistica del futuro. Una generazione che vive legata in modo indissolubile al tempo presente anche grazie al possesso di diritti di cui sembra inconsapevole e di cui stenta a riconoscere il valore, frutto della fatica e dell’impegno rivendicativo delle generazioni precedenti. Diritti che purtroppo non sono dati, una volta per tutte e che oggi vengono sempre più spesso messi in discussione. La conoscenza del passato, nel caso specifico dei diritti umani, è fondamentale perché consente ai giovanissimi di comprendere quante battaglie e quali costi hanno avuto le lotte per ottenere ciò che viene oggi dato acquisito per sempre. Quella attuale pare essere un’epoca estremamente difficile e soprattutto confusa: sono in crisi le ideologie che hanno guidato le generazioni del novecento, le persone sono esposte a disagi legati soprattutto a un futuro che continua ad apparire incerto mentre diminuisce l’interesse per la tutela dei diritti civili e la protezione e l’emancipazione dei più deboli. Sono temi difficili da affrontare con gli adolescenti che sono permeati di contraddizioni che gli adulti trasmettono loro riguardo i diritti, il rispetto delle regole, la solidarietà e il senso stesso della convivenza con gli altri. I diritti umani non sono concetti statici ma mutano col cambiare delle condizioni storiche e politiche, e dipendono direttamente dalla consapevolezza e dalle rivendicazioni di chi deve usufruirne.

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In questo senso si può dire concordando con chi studia questi argomenti che i diritti umani sono il frutto delle lotte condotte da gruppi di generazioni che si affermano in determinati periodi storici anche se il valore dei diritti è e rimarrà comunque universale. E questo rimane vero anche se nel tempo si presentano problemi nuovi o con aspetti diversi da reinterpretare, ma che fanno sempre capo alle condizioni di vita delle persone e al rispetto dell’altro come valore universale. In sintesi, i diritti umani sono individuabili in 4 categorie, come ben delineato da Elena Perla Simonetti, studiosa di Diritto Internazionale presso l’Università di Trento:

1) Civili e politici. Rientrano nella prima generazione dei diritti umani che risale al 1789 in concomitanza con la fine della Rivoluzione francese e l’approvazione della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Da questa Dichiarazione sono poi nati tutti i diritti con i quali si rivendicano le libertà di pensiero, religione, espressione, associazione, partecipazione politica

2) Economici, sociali e culturali. La seconda generazione di diritti ha origine dalla Dichiarazione universale del 1948 e comprende quelli all’istruzione, al lavoro, alla casa, alla salute.

3) Di solidarietà. Sono diritti di tipo collettivo nel senso che si rivolgono alle popolazioni che hanno la possibilità di autodeterminarsi, di avere pace, di svilupparsi, di mantenere un equilibrio ecologico, di controllare le risorse nazionali e di occuparsi della difesa ambientale. Tuttavia, ogni paese ha delle responsabilità nei confronti degli altri soprattutto di quei Paesi che si trovano in difficoltà. Rientrano in questo gruppo di diritti anche quelli che tutelano individui ritenuti particolarmente deboli ed esposti a rischi di violazione dei loro diritti: infanzia, adolescenza e le donne.

4) Nuovi diritti. Rientrano tra questi, tutte le questioni legate alle manipolazioni genetiche, alla bioetica e alle nuove tecnologie di comunicazione.

Nell’ambito di queste categorie di diritti chiaramente rientrano molti documenti che hanno regolamentato in maniera più specifica le modalità

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di tutela e salvaguardia degli individui che potrebbero essere lesi nell’esercizio delle proprie libertà. Ne ricordiamo qualcuno: - Convenzione sulla prevenzione e punizione del crimine di genocidio del

1948 - Convenzione sui diritti politici della donna del 1952 - Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1959 - Convenzione internazionale per l’eliminazione di tutte le forme di

discriminazione razziale del 1969 - Convenzione sulla repressione e la punizione del crimine di Apartheid

del 1973 - Convenzione sull’età minima per l’assunzione all’impiego del 1973 - Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro

le donne del 1979 - Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli,

inumani, degradanti del 1984 - Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia del 1989 - Statuto della corte penale internazionale del 1998 - Convenzione sulla proibizione e l’azione immediata per l’eliminazione

delle peggiori forme di sfruttamento del lavoro minorile del 1999 - Protocollo opzionale sui bambini nei conflitti armati del 2000 - Protocollo opzionale sulla vendita, prostituzione e pornografia dei

bambini del 2000 Questi sono solo alcuni dei numerosi protocolli, convenzioni, dichiarazioni a salvaguardia della libertà dei singoli individui e del rispetto dei popoli. Ai 736 adolescenti intervistati, è stata proposta una batteria di opzioni rispetto a ognuna delle quali avrebbero dovuto dare il proprio parere in merito al futuro sostegno ai diritti fondamentali.

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Graf.9 – Rispetto ai diritti civili, in futuro, vorrei molto…

Graf.9.1 FOCUS PER CITTADINANZA

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Graf.9.2 FOCUS PER GENERE

Graf.9.3 FOCUS PER TIT. STUDIO PAPA’

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Graf.9.4 FOCUS PER TIT.STUDIO MAMMA

Il campione sembra polarizzarsi, in base alla percentuale di risposte, su due ambiti di diritti: alto consenso per quelli che rientrano nella categoria “diritti individuali” e quelli che potremmo definire “diritti acquisibili”. Nel primo gruppo, l’89,7% degli adolescenti ritiene fondamentale che in futuro sia garantita la parità tra uomo e donna nel mercato del lavoro e nelle posizioni professionali e il 78,2% sostiene la “morte dolce” per chi si trova in una situazione di malattia all’ultimo stadio. Nonostante la giovane età, su quest’ultimo aspetto può avere influito l’interesse mediatico suscitato dal caso di “Dj Fabo” che sui social aveva rivendicato il diritto alla libertà di decidere della propria vita. Questo caso è stato particolarmente seguito anche dai giovani ai quali il protagonista aveva lanciato molti messaggi di tipo educativo (usate le cinture di sicurezza, andate piano in macchina, per un attimo la vita può andare a pezzi) trovando un riscontro positivo in quanto riconosciuto come testimone attendibile e con uno stile di vita molto vicino a quello dei ragazzi ai quali si rivolgeva.

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Nel secondo gruppo che ha ottenuto una percentuale dal 40 al 50% si trova il diritto alla cittadinanza per le persone straniere (50,2%), i matrimoni tra persone dello stesso sesso (44,5%) e l’adozione da parte di coppie gay di bambini (42,2%). Su questi tre ambiti, gli adolescenti sono probabilmente più scettici e meno informati, anche se sembra riguardare in particolar modo i ragazzi rispetto alle ragazze. Nel grafico 9.2, infatti emerge che su tutti i diritti le femmine sono sicuramente più convinte e più pronte a sostenere anche attivamente la tutela degli stranieri (anche se lo scarto percentuale con i coetanei maschi è di poco più di 5 punti) e, molto di più, per i matrimoni omosessuali (32,5% contro il 13,5% dei maschi), per l’adozione di figli da parte di coppie gay (rispettivamente 33,3% e 15,3%) e per la maggiore uguaglianza tra uomo e donna nel lavoro (77,5% contro il 54,9% dei coetanei di sesso maschile). Al di là del probabile gap informativo sostenuto precedentemente su alcuni argomenti, c’è anche una componente di genere molto importante che si è riscontrata in questi anni in modo trasversale a tutte le ricerche compiute dall’Osservatorio Adolescenti. I maschi hanno una maggiore difficoltà ad accettare l’omosessualità, di quanto invece succeda tra le femmine e questo probabilmente è da ricondurre a una serie di stereotipie che sono ancora molto presenti nell’educazione e che incidono moltissimo sulla formazione identitaria sessuale. Forse sarebbe ora di dismettere ogni tipo di pregiudizio e accettare di buon grado il parere dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che stima fra il 5 e il 10% il range con cui l’omosessualità si verifica nella specie umana. “Considerato che la popolazione italiana secondo l’ISTAT era nel 2017 di 60.589.445 abitanti, significa che quando parliamo di diritti LGBT, parliamo dei diritti di almeno 3-6 milioni di persone. 3-6 milioni: vuol dire che stando vicini alla parte più bassa della forchetta è come se si parlasse dei diritti di tutti gli abitanti della Toscana, e nella parte più alta, di quelli del Lazio, della Campania o della Sicilia. Difficile allora non definire popolare occuparsi di così tanti milioni di cittadini che fino a ieri non avevano alcuno diritto, e che ancora oggi, ne hanno parecchi di meno rispetto ai loro vicino eterosessuali” [F.dell’Acqua, Il sole 24ore, 19 marzo 2018].

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Nella disaggregazione per cittadinanza (graf.9.1) si evidenzia quanto i ragazzi stranieri appaiano più “aperti” sugli argomenti riguardanti matrimoni e figli per le persone omosessuali. Ovviamente lo scostamento è decisamente significativo sul diritto alla cittadinanza delle persone straniere (58,2% degli adolescenti stranieri contro il 18,5% dei coetanei ferraresi) mentre la tendenza si ribalta, ma con minor differenza sul diritto a una “morte dolce” (rispettivamente 37,3% e 42,9%). Il diritto di cittadinanza per le persone straniere è fondamentale per la propria identità e per il ruolo che ricoprono nel paese ospitante. E che forse tanto ospitante non è se solo il 18,5% degli adolescenti ferraresi ritiene che sia un diritto civile prioritario. I ragazzi che provengono da altri paesi vivono nella duplice dimensione di una cultura della famiglia di origine e degli stili di vita, calati in abitudini e valori culturali che appartengono al nostro Paese in cui ora si trovano a vivere. E coniugare le due cose è particolarmente difficile se non sono previsti percorsi di integrazione o di inclusione che devono far parte di un progetto di comunità che si intende costruire in rapporto anche a culture diverse per arricchire la società in cui tutti convivono. Come ben evidenziato da una ricerca realizzata da Cittalia su un campione di 1000 soggetti maggiorenni residenti in Italia, nel 2012, e contenuta nel saggio “Da residenti a cittadini” curato da Monia Giovannetti e Veronica Nicotra, il diritto di cittadinanza raccoglie consensi ma a “certe condizioni”. “Emerge un giudizio per cui i cittadini stranieri residenti in Italia e cittadini italiani non hanno pari diritti o, sarebbe meglio dire, hanno obblighi diversi. Secondo l’opinione degli italiani, infatti, il cittadino straniero residente in Italia, per poter ottenere la cittadinanza deve: rispettare gli obblighi fiscali; frequentare obbligatoriamente per un anno corsi di storia e cultura italiana ed europea, di educazione civica e sulla Costituzione; mantenere i requisiti di reddito e alloggio necessari per la “carta di soggiorno”. Inoltre, gli italiani mostrano una maggiore propensione alla chiusura verso i potenziali nuovi cittadini italiani, ricercando il mantenimento del proprio status quo, dichiarando di essere maggiormente d’accordo con la proposta che prevede che gli immigrati non comunitari per richiedere la cittadinanza debbono risiedere regolarmente per almeno dieci anni in Italia” [ibidem].

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Se la stessa ricerca venisse proposta ora, a fronte di politiche nazionali espulsive più che inclusive, probabilmente le opinioni degli italiani sarebbero ancor più marcate sull’ampio spettro di obblighi da parte degli stranieri per anelare al diritto di cittadinanza. Obblighi che, peraltro, non trovano corrispondenza con il quadro economico, sociale e culturale del paese: il rispetto del pagamento di tutte le tasse a fronte del più alto tasso di evasione fiscale in Europa, la perfetta conoscenza della lingua italiana quando recentemente i rettori delle principale università italiane hanno denunciato un allarmante analfabetismo di ritorno, il mantenimento del lavoro e della casa a fronte di un tasso di disoccupazione tra i più alti della comunità europea. Sono contraddizioni queste che pesano moltissimo soprattutto sui migranti più giovani, su quei ragazzi che hanno sottolineato, anche nelle indagini locali dell’Osservatorio, di essere estremamente fiduciosi del paese in cui ora vivono (“Il futuro degli adolescenti, gli adolescenti del futuro”, 2015), di avere grande entusiasmo per la scuola e per gli insegnanti (“Che ne sanno di noi?”, 2017), di volersi impegnare a migliorare la qualità della vita del proprio contesto territoriale (“La paura dell’altro”, 2016). Non possiamo non chiamare ancora in causa il saggista e sociologo Stefano Laffi che ne La congiura contro i giovani fa un quadro preciso e molto toccante delle difficoltà degli adolescenti migranti: “(…) dover apprendere la nostra lingua se si è nati in un’altra, usare lingue diverse nei diversi contesti per ridurre le distanze, scegliere ogni giorno dove posizionarsi fra le scelte dei genitori e quelle dei coetanei, fra le pressioni della cultura di origine e lo stile di vita dei pari, scontrarsi con istituzioni e burocrazia per procedure che i coetanei italiani nemmeno immaginano, avere orizzonti di vita incomparabili in cui pensa la disuguaglianza dei diritti, perché se non sei nato qui il diritto di cittadinanza al compimento dei diciotto anni decade se prima vuoi andare a trovare i parenti nel paese d’origine o dimentichi di notificare un cambio di residenza, e ti viene tolto dopo anche se i tuoi genitori perdono il lavoro o la casa in affitto, senza contare che, se mai arrivi all’università, sei escluso dai programmi di studio all’estero. Difficile non patire un senso di palese ingiustizia e non credere a un razzismo delle istituzioni, non ritrovarsi da adolescente alla disperata ricerca di forme di riconoscimento diverse da

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quelle famigliari e scolastiche, non provare a cercare nella musica, nell’abbigliamento o in qualche forma di consumo una forma di cittadinanza, altrimenti negata senza che se ne abbia alcuna responsabilità. Fra i ragazzi c’è qualcuno più vessato rispetto alle sue urgenze biografiche – esserci, essere riconosciuto, sentirsi fra pari, godere di rispetto, sentirsi capace, ricevere fiducia ecc. – di un ragazzo straniero? Non è solo un presente sempre ostacolato e un futuro spesso cupo a marcare le differenze con gli italiani, ci sono passati insostenibili già in ragazzi di quindici anni, collezioni di avventure fin troppo ricche, inevitabilmente segrete. C’è chi ha subito prigionie e torture, chi ha attraversato deserti, chi si è improvvisato in mestieri di ogni tipo, chi è rimasto giorni senza mangiare e bere, chi ha attraversato cinque paesi, chi si è nascosto ovunque per passare le frontiere, chi ha visto morire i propri compagni di viaggio e fra questi i famigliari…E poi anche in Italia, un continuum di perquisizioni, accertamenti, reclusioni, fughe, a volte vita di strada con la precarietà che tutto ciò comporta, per patire alla fine tanto la violenza delle istituzioni quanto quella delle strategie di sopravvivenza ai margini. Chi fra i coetanei italiani ha un’esperienza di vita vagamente commensurabile? Noi dobbiamo risalire alla generazione che ha fatto la guerra per ritrovare una tale esposizione al pericolo, una tale precarietà di esistenza” [ibidem] Infine, il diritto alla cittadinanza per nascita appartiene a un’idea dello stato evoluto, uno stato che protegge chi è nato sul suo territorio perché garante dei diritti di chi ancora non può difendersi, ma ha bisogno di cura, e ha necessità di avere garantito il diritto primario alla vita e alla crescita. Sulle risposte date dal campione, senza dubbio, sembrano incidere molto le posizioni dei genitori che è possibile disaggregare per titolo di studio. Nel grafico 9.3 il possesso di un titolo di studio più elevato sembra essere di stimolo per una maggiore apertura dei figli ai diritti delle persone omosessuali, mentre è inversamente correlato alla libertà degli individui di scegliere una morte dolce (45,6% dei papà con titolo di studio basso, 43,9% di chi ha il diploma e il 35,1% di chi ha la laurea). Ritornando però al grafico generale (graf.9), la percentuale di 78,2 punti da parte degli adolescenti sul diritto alla libertà di scelta per i malati terminali fa pensare che i

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giovanissimi si siano già fatti una propria idea, indipendentemente da quella dei genitori e forse proprio in relazione alla risonanza mediatica che la vicenda di “DJ Fabo” ha avuto. Il titolo di studio della mamma (graf.9.4) incide moltissimo sulle opinioni dei ragazzi ma “al contrario”: più il percorso scolastico delle madri è stato breve più alto è l’impegno al sostegno dei diritti di cittadinanza per gli stranieri (28,1% vs 19,3% delle diplomate e 20,3% delle laureate) e del diritto alla morte dolce (45,6% contro il 41,1% di chi ha un diploma e il 40,1% di chi possiede la laurea).

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LA SALUTE: PREVENZIONE E STILI DI VITA

Ho deciso di essere felice perché fa bene alla mia salute

[Voltaire] Mai come oggi, si è tanto parlato di salute e di come essere e sentirsi in forma. Ne trattano abitualmente i media tradizionali, TV e carta stampata, mentre su quelli di più recente acquisizione spopolano ricette di ogni tipo: mangiare sano, camminare almeno un’ora al giorno, sentirsi bene con se stessi, prendersi del tempo per curare i propri interessi oltre a una marea di immagini patinate di fisici scolpiti, perfezionati da Photoshop, che inneggiano a un ostentato benessere. Winston Churcill, da buona forchetta e robusto bevitore qual’era, completava così un noto proverbio: “Una mela al giorno toglie il medico di torno. Basta avere una buona mira!”. Purtroppo sappiamo che abbattere i medici non è sufficiente per essere in salute, perché il modo migliore per evitarli è indirizzarsi verso stili di vita equilibrati che rappresentano in generale un buon fattore protettivo e sono generatori di benessere. Oltre agli aspetti individuali giocano un ruolo fondamentale l’ambiente, il livello di inquinamento ai quali si è esposti e le misure di prevenzione e controllo che vengano messe in campo. Per questo motivo l’indagine ItaliaOggi, già citata nel capitolo dedicato all’ambiente, stila una classifica delle città italiane basata sulla qualità “sistema salute” adottato sul loro territorio, evidenziando l’insieme dei fattori che incidono sullo stato di benessere delle persone. Al di là degli indicatori prettamente sanitari che lo studio nazionale propone – organico medico e infermieristico, presenza di strutture ambulatoriali e ospedaliere, quantità e qualità delle apparecchiature diagnostiche – esistono altri parametri che vanno presi in esame legati agli stili di vita delle persone e alla propensione alla prevenzione. Questi ultimi, nonostante siano considerati fondamentali, non sono oggetto della ricerca di ItaliaOggi perché implicano l’analisi delle dichiarazioni di un campione significativo di persone in tutte le regioni per ottenere un livello di attendibilità elevato e quindi troppo impegnativo e non percorribile dai

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curatori dello studio. Comunque, consapevoli di questa lacuna, la graduatoria offre interessanti spunti di riflessione. Partendo dalla situazione sanitaria nazionale, la provincia di Ferrara si torva in una posizione mediana, al 54° posto. Il fatto che non rientri nei primi 25 posti, cioè fra le posizioni ritenute ottimali dalla ricerca nazionale, dipende da alcuni fattori: organico medico e infermieristico collocato in 58esima posizione, posti letto in reparti specialistici al 44° posto, apparecchiature diagnostiche al 43°. Questo è solo uno stralcio dell’indagine che dà l’opportunità di avere un quadro di sintesi della situazione sanitaria di Ferrara dal punto di vista strutturale, ma non è oggetto della ricerca attuale sugli adolescenti, che ha lo scopo fra gli altri di conoscere i presunti comportamenti futuri sulla conservazione della propria salute. Ovviamente, le domande a quanto gli adolescenti intendano fare in futuro fornisce informazioni abbastanza precise su quali siano gli stili di vita adottati anche nel presente. Nella ricerca dell’Osservatorio Adolescenti del 2015 “Di sana e robusta costituzione” emergeva che il 77,8% dei maschi e il 61,3% delle femmine faceva sport regolarmente, anche se con motivazioni diverse, soprattutto ludiche per i primi ed estetiche (essere in forma) per le ragazze. Rispetto alla prossimità alle bevande alcoliche 1 quindicenne su 9 dichiarava apertamente di farne uso: i maschi, 10,6%, in misura maggiore delle femmine, 8,7%, mentre il fumo veniva dichiarato abitudinario dal 13,9% delle intervistate e dal 10,3% dei coetanei maschi. “Almeno qualche volta la stragrande maggioranza dei ragazzi ha assunto dei farmaci per piccoli disturbi (39,2%) o per malattie stagionali (33,4%). (…) E’ da segnalare che quasi 1 quindicenne su 10 (9,5%) assume farmaci per aumentare la prestazione, probabilmente sportiva, e questo indubbiamente pone il problema di quanta prossimità abbiano i giovani con il doping o anche solo con il potenziamento muscolare ottenuto farmacologicamente”.

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Graf.10 – Rispetto alla mia salute, in futuro, farò attenzione

SOPRATTUTTO a…

Graf.10.1 FOCUS PER CLASSI DI ETA’

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Graf.10.2 FOCUS PER GENERE

Graf.10.3 FOCUS PER TIT. STUDIO PAPA’

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Graf.10.4 FOCUS PER TIT.STUDIO MAMMA

Graf.10.5 FOCUS PER CITTADINANZA

Gli adolescenti intervistati mettono ai primi posti dei comportamenti considerati nocivi alla salute l’assunzione di sostanze (70,8%), il fumo

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(63,6%) e l’uso eccessivo di farmaci (57,5%). Rispetto ai comportamenti corretti, rientranti negli stili di vita sani, viene data la precedenza allo sport (52,7%) e all’osservanza di regole per la prevenzione (48,3%). Nella fascia bassa delle modalità corrette per mantenersi in uno stato di benessere si posizionano l’alimentazione sana (38,2%), l’astensione da alcolici (37,8%) e lo svolgimento di controlli medici periodici (36,1%). Il dato confortante di quasi 1 ragazzo su 2 disposto a seguire non meglio precisate indicazioni preventive per mantenere a livello ottimale il proprio stato di salute, contrasta con la scarsa importanza attribuita ai controlli periodici che sono considerati superflui da quasi il 65% del campione. E’ interessante sottolineare che l’alcol non è visto in modo problematico tra gli indicatori di cattiva salute perché solo il 37,8% dichiara che se ne asterrà in futuro. Questo aspetto era già stato evidenziato nella ricerca del 2015 di Telefono Azzurro e Doxa Kids ampiamente trattata nella ricerca dell’Osservatorio Adolescenti “Il futuro degli adolescenti, gli adolescenti del futuro”: “(…)emerge come sull’alcol, in particolar modo si sia registrata una inversione su alcuni stereotipi. Infatti, su scala nazionale, si è rilevato che alcuni comportamenti per lo più associati da sempre agli adolescenti di sesso maschile, appaiono sempre più diffusi anche tra le ragazze: in primis l’uso di superalcolici (il 37,1% delle ragazze vs il 17,4% dei ragazzi ha dichiarato di assumerne) e le ubriacature che nell’ultimo mese vedono al primo posto il 52,9% delle femmine contro il 44,8% dei maschi”. Chiaramente il grafico 10 è riferito al campione complessivo aggregato ma fa comunque riflettere su quanto il consumo di alcol tra i giovanissimi sia diventato una consuetudine spesso accettata, o almeno tollerata anche in famiglia come si vedrà nei focus successivi. In controtendenza rispetto agli adolescenti italiani, troviamo i coetanei stranieri (graf.10.5) che con grande scarto percentuale, sono convinti che in futuro si impegneranno seriamente nel mantenimento di un’alimentazione sana e corretta (46,3% vs 37,2%) e nell’astensione dal consumo di alcolici (53,7% vs 36,1%). Tuttavia, meno degli intervistati italiani, i migranti sono disposti a seguire i dettami della prevenzione a cui pongono fiducia per il 38,8% contro il 49,2% dei coetanei ferraresi. Tre comportamenti utili alla prevenzione sono emersi come statisticamente significativi se correlati al titolo di studio dei genitori: l’alimentazione sana

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e corretta e l’astensione dal fumo e dall’alcol. Sono probabilmente, anche se non è stato chiesto direttamente ai ragazzi, gli ambiti sui quali i genitori incentrano maggiormente le proprie raccomandazioni ai figli riguardo alla salute. Anche visivamente i due grafici fanno emergere quanto le colonne degli istogrammi relativi al non bere alcol – come fattore protettivo di salute – siano le più basse, rimandando a quanto sostenuto più sopra ovvero una certa tolleranza da parte delle famiglie al consumo di bevande alcoliche. Del resto è pur vero che viviamo in un paese in cui il vino e gli alcolici in generale sono culturalmente accettati e fanno parte dell’alimentazione della stragrande maggioranza delle famiglie. Probabilmente per questo i genitori danno per scontato che in futuro i propri figli possano consumarne senza che l’uso diventi dannoso. Rimane però il fatto che l’uso di alcolici è molto più tollerato del fumo di tabacco e questa accettazione aumenta all’innalzarsi del titolo di studio: sia i papà laureati (31,1%) che le mamme laureate (34%) non lo percepiscono come problematico (rispetto al 42,8% dei papà e al 42,5% delle mamme con al massimo una qualifica). In linea con questa correlazione, si riscontra anche l’alimentazione sana e corretta: è prioritario come comportamento preventivo per i genitori con un titolo di studio basso (41,3% dei papà e 44,3% delle mamme contro il 38,6% di papà e mamme con un diploma e il 31,8% di papà e 31% di mamme con laurea). La tendenza è opposta per quanto riguarda l’abitudine al fumo che vede più preoccupati i genitori laureati (69,5% dei papà e 72,1% delle mamme) rispetto a chi ha un titolo di studio più basso (64,8% papà e 66,2% mamme diplomati e 59,6% papà e 53,1% mamme con al massimo una qualifica). Questi dati, nel loro complesso, suscitano un certo interesse perché rimandano al problema annoso di come e quanto può essere efficace la prevenzione dei comportamenti a rischio rivolta agli adolescenti, senza tener conto delle variabili individuali e familiari. Chiaramente non è possibile pensare a una prevenzione selettiva sulla base di chi ha genitori laureati e chi no, ma sicuramente, operatori e insegnanti dovrebbero riflettere su come rifondare i progetti preventivi per approssimarli alla massima efficacia possibile in una dimensione integrata capace di tenere conto di tutte le variabili in gioco.

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Nell’ambito salute, questa ricerca si è limitata ai comportamenti a rischio più dal punto di vista sanitario che dal punto di vista psicologico, proprio perché l’obiettivo era quello di chiedere ai giovanissimi di fare una proiezione di se stessi da adulti immaginando i propri comportamenti futuri. Ciò però non esime dal ricordare quanto sia fondamentale tener conto dello stato di benessere dei ragazzi che è inscindibile dai loro sentimenti, dal livello di autostima, da come stanno nei propri contesti di vita. Se si fa una carrellata veloce di quanto fino adesso analizzato, probabilmente qualche inferenza sullo stato di benessere/malessere emotivo dei giovani intervistati è possibile farlo: hanno poca fiducia nel trovare un’occupazione corrispondente al titolo di studio e tendenzialmente sembrano rassegnarsi a un lavoro che abbia un buon clima relazionale e lasci tempo libero ma che non necessariamente faccia ambire a migliorarsi professionalmente (capitolo 1). Sognano una casa grande e lussuosa ma poi sono più propensi ad accontentarsi di un appartamento e, per una parte non trascurabile del campione, molto vicino ai proprio genitori (capitolo 2); relativamente all’ambiente sono preoccupati di continuare ad avere un atteggiamento corretto nei confronti dei rifiuti e della conservazione degli spazi verdi ma poi sono poco tesi all’utilizzo futuro di mezzi di trasporto non inquinanti; sui diritti civili e umani esprimono diverse contraddizioni ma sicuramente dalle risposte date vivono sulla propria pelle e nella propria testa un senso di opposizione agli immigrati amplificato dai mass media e dalle politiche attuali (capitolo 4). Da tutto ciò si può inferire che il campione è consapevole, fiducioso, ottimista? Forse non del tutto e probabilmente può essere in relazione con quanto rilevato dalla ricerca “Il futuro degli adolescenti, gli adolescenti del futuro” che nel 2016 evidenziava delle difficoltà emotive forti per una percentuale significativa di ragazzi.

PER QUESTI PROBLEMI HO GIA’ AVUTO O AVRO’ BISOGNO (PER ISTITUTO)

22

HoHoHoHo già avuto bisognogià avuto bisognogià avuto bisognogià avuto bisogno

Liceo Tecnico Liceo Tecnico Liceo Tecnico Liceo Tecnico Prof.leProf.leProf.leProf.le

Avrò bisogno Avrò bisogno Avrò bisogno Avrò bisogno

Liceo Tecnico Liceo Tecnico Liceo Tecnico Liceo Tecnico Prof.leProf.leProf.leProf.le

alcol 1.8 2.3 3.33.33.33.3 11 19.1 16.2

droghe 1.5 2.3 2.52.52.52.5 8.2 16.3 16.2

contracc. 3.1 2.3 4.64.64.64.6 25.3 26.5 27.7

rapp.soc. 8.7 11.2 14.814.814.814.8 10.5 13 13.9

tabacco 3.6 5.6 9.99.99.99.9 13 15.8 18.5

sonno 9.2 14.4 14.614.614.614.6 10.2 14 14.6

aliment. 15 18.6 26.226.226.226.2 13 17.2 17.7

stress 17.6 15.4 24242424 18.4 20.9 22.3

tristezza 15.8 16.3 20.720.720.720.7 10.2 13 15.4

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Nella ricerca del 2016 si era chiesto al campione di quindicenni di indicare per quali dei problemi sopraelencati avessero già avuto necessità di richiedere un intervento esterno, immaginandosi proiettati nel futuro. I dati qui presentati, raccolti dalla ricerca sul futuro, sono disaggregati per istituto superiore di frequenza, in quanto rilevante dal punto di vista statistico, ma quello che si vuole sottolineare è l’incidenza della “propria interiorità” sul benessere complessivo. La colonna in grassetto è quella relativa agli studenti degli istituti professionali, autodichiaratisi problematici a causa di comportamenti nocivi per la salute (consumo di droghe, alcol e tabacco) ma anche per stati d’animo lesivi del benessere più complessivo (stress, tristezza, difficoltà nei rapporti sociali). “Gli studenti degli istituti professionali, come già ravvisato nelle parti precedenti della presente pubblicazione, sembrano connotarsi come la parte di popolazione adolescenziale studentesca più “a rischio”. In tutti gli item, dichiarano di avere già avuto il supporto di un adulto o di qualcuno di competente in misura maggiore rispetto ai coetanei frequentanti gli altri istituti. Questo non avviene solo per il consumo di sostanze, di alcol e tabacco ma anche nell’ambito psicologico-esistenziale-emotivo: i rapporti sociali presentano

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per questi studenti delle difficoltà ma anche il sonno, l’alimentazione, lo stress e la tristezza. E, molto probabilmente, sono difficoltà sentite in maniera dolorosa considerando che gli intervistati non hanno grande ottimismo sulla possibilità di superarli con il tempo (la seconda colonna presenta dei dati inferiori ma con una leggera flessione)” [ibidem]. La parte del campione composto da studenti delle scuole professionali presentava un alto livello di problematicità ma i colleghi liceali o degli istituti tecnici non si discostavano moltissimo, soprattutto nelle aree legate all’emotività e alle relazioni interpersonali (tristezza, stress, disturbi del sonno, relazioni sociali). Come sostiene il prof. Galimberti nel suo saggio L’ospite inquietante i giovani “…anche se non sempre ne sono consci, stanno male”. E questo perché, sempre secondo l’autore, c’è una carenza di riflessione e di pensiero. In una intervista su “Micromega” di marzo 2014, Umberto Galimberti sostiene che i giovani si accorgono di stare male ma non sanno nominare il male di cui soffrono. A supporto di questa tesi, fa riferimento agli autori de L’epoca delle passioni tristi Miguel Benasayag e Ghèrard Schmit che insieme hanno aperto uno sportello a Parigi per il disagio giovanile, dedicato ai malesseri a cui i giovani non riuscivano a dare un nome. Per questo motivo, Galimberti parla nell’intervista della necessità di orientarsi nei confronti dell’ascolto dei giovani a una sorta di “consulenza filosofica”. “[Intervistatore Carlo Crosato: Proprio in merito a questo di accesso (mancato) al riconoscimento dell’emozione e del sentimento, vorrei porre la questione della “consulenza filosofica”, una pratica non molto conosciuta in Italia. In che cosa consiste? E in che cosa la “consulenza filosofica” differisce dal sostegno di un amico, di un prete, di uno psichiatra? RISPOSTA: L’amico parla in modo generico e in modo, appunto, amicale cerca di confortare chi sta male. Il prete ha un canone morale, in cui si orienta con riferimento a regole – di cui parla dal pulpito – e a deroghe – di cui ci occupa nel confessionale. L’ordine psicologico si occupa dell’apparato emotivo, nel senso che le emozioni che richiamano traumi infantili, lutti, disfacimenti di matrimonio,…, producono dei dissesti emotivi nella mente in formazione.

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La consulenza filosofica, invece, si occupa della cura delle idee. Se una persona ha delle idee che non sono ordinate rispetto al mondo-ambiente in cui vive, non potendo cambiare il mondo, deve in qualche modo far maturare e ratificare le proprie idee. O, detto altrimenti, se si affollano problemi di cui non si sa vedere soluzione, può giovare disegnare una geografia di questi problemi. È, a tutti gli effetti, una cura delle idee: attraverso la lettura e il commento di libri, si allarga la propria cultura; e questo significa dare alla sofferenza e alla confusione un luogo circoscritto, cioè non pervasivo di tutta la mia persona. Significa allargare il luogo di riflessione, circoscrivendo i problemi e attingendo, da un più ampio armamento culturale, gli strumenti per dar loro una risposta” (….) I giovani vivono nell’assoluto presente, mossi dalla convinzione che la vita è “uno stupido scherzo” e tanto vale vivere in diretta ventiquattro ore al giorno e riderci sopra. Ma vivere nell’assoluto presente è decisamente deresponsabilizzante. La responsabilità è la comprensione degli esiti che ma mia azione avrà sul mio passato (personalità e reputazione) e degli effetti che avrà sul futuro: ma se per il giovane – che vive in uno stato di maniacalità – passato e futuro sono assenti, viene meno anche la responsabilità. (….) Dal momento che, grazie alla medicina, le generazioni in concorrenza non sono più due – quella dei padri e quella dei figli - , bensì tre – nonni, padri e figli -, e dal momento che il potere lo detiene la generazione più vecchia, quella dei nonni, assistiamo a una scena così organizzata: i nonni hanno il potere, i padri attendono che i nonni si facciano da parte per acquisire quel potere, mentre i figli sono i perenni giovani, considerati tali fino ai quarant’anni, che quindi possono aspettare in disparte. Ma si tratta di una situazione perversa, in cui il potere è sempre più spostato verso la vecchiaia, e che destina la società intera alla depressione. Mi spiego. Il momento creativo e ideativo è – per la psicologia evolutiva – limitato dai 15 ai 30 anni: una fascia d’età in cui il giovane può esprimere il massimo della forza biologica – e di questo, il mercato si accorge, dal momento che si fa avanti per comprare la sola biologia dei giovani -; una fascia d’età in cui il giovane può esprimere il massimo della potenza sessuale – che però non può essere riproduttiva: si vede quindi che si è formato un gap tra natura e

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cultura, che Maritain denunciava dicendo che la nostra cultura ha creato angeli che Dio non aveva previsto - una fascia d’età, infine, in cui il giovane può esprimere il massimo della propria intelligenza – un matematico è tale fino ai 34 o 35 anni, dopodiché diventa professore di matematica e i teoremi non li inventa più; i matematici non hanno un “loro” premio Nobel, perché quando toccano il loro apice creativo sono troppo giovani rispetto agli standard di quel premio. E allora, una società che si priva del massimo della potenzialità biologica, del massimo della potenza sessuale e del massimo delle capacità creative, si priva del proprio futuro, rischiando di recludersi nella depressione” [“Micromega, marzo 2014].

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IL PAESE CHE VORREI

Non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te,

chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese [John Fitzgerald Kennedy]

L’ultima parte del questionario dell’attuale ricerca dell’Osservatorio Adolescenti si incentra sulle aspettative per il futuro. In particolare su come si immagina sarà il rapporto con i macrosistemi che compongono il Paese in cui vivono i giovani intervistati. La tendenza che emerge da parte delle giovani generazioni è di un generalizzato attendismo quindi in contraddizione con la citazione di John Kennedy che a suo tempo diede una scossa significativa a un Paese al quale i cittadini, secondo il suo parere, davano meno di quanto pretendessero. Gli adolescenti che vivono in Italia, pur nella loro dichiarata rassegnazione, si aspettano molto dal proprio Paese anche se pare che non riescano a intravedere in cosa possa consistere il proprio personale contributo alla collettività. Questo individualismo esasperato, tipico italiano, è ben sottolineato dall’indagine del 2017 svolta su larga scala da parte della fondazione Varkey sulle opinioni e gli atteggiamenti di quella che i curatori della indagine definiscono Generazione Z ovvero i nati tra il 1995 e il 2001. Sono stati intervistati 20.000 giovanissimi in 20 paesi su argomenti quali benessere, sogni, paure e speranze. E in questo campione così vasto, gli italiani si connotano come i più pessimisti rispetto al futuro visto come l’epilogo di un mondo in peggioramento. Nello specifico, in Italia, Francia e Turchia i giovani si dividono tra chi è convinto che il mondo stia degenerando (53%) e chi lo ritiene immobile, senza prospettive di particolari cambiamenti (38%). Per il campione italiano la preoccupazione deriva soprattutto dalla possibilità di guerre e conflitti (81%), dai cambiamenti climatici e ambientali (66%), dall’economia sempre più squilibrata tra le persone povere e quelle più abbienti (69%) e dalle epidemie (62%).

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Se ci addentriamo nel microsistema, ovvero il proprio paese di residenza, nelle sue strutture e modalità di funzionamento, è interessante riportare alcuni dati raccolti dall’Istituto Toniolo in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano e formalizzati nel report “La condizione giovanile in Italia – Rapporto Giovani 2018”. Il dato più evidente e allarmante, ma anche più scontato – rispetto a quanto sta avvenendo in Italia nel corso delle ultime consultazioni amministrative, politiche e referendarie – è la percentuale di giovani (40 punti) che dichiara di essere lontana dalla politica e da tutta la sua attuale offerta di leader e formazioni politiche. Al campione di 3034 giovani tra i 20 e i 34 anni raccolto su tutto il territorio nazionale, sono state rivolte molte domande dalla politica, al profilo sociale, dalla condizione economica ai valori di riferimento. Ma, rimanendo sull’argomento politica a fronte della richiesta, da parte degli intervistatori di assegnare un giudizio da 1 a 10 a ogni forza politica italiana, il 40% degli intervistati le ha bocciate tutte senza appello, rivelando un livello di disaffezione rispetto all’andamento della politica del paese, assolutamente allarmante. Il 52,5% dei “disaffezionati” non si riconosce in una ideologia di destra né di sinistra. E questo non è un elemento di poco conto, anzi è particolarmente inquietante perché evidenzia non tanto una presa di distanza dalla politica in generale, ovvero dalla comunità, dall’idea stessa di far parte di una collettività che esprime i propri rappresentanti attraverso forme di partecipazione, inclusione e protezione. Significa quindi che le giovani generazioni attuali – millenials o generazione Z a seconda degli appellativi che si vogliono utilizzare – non chiedono nulla al paese perché non si aspettano grandi cose e non ritengono quindi di poterne e doverne dare, facendo quindi decadere completamente l’idea e il senso di collettività. Per questo senso sarebbe necessario oggi il richiamo alla responsabilità fatto proprio da Kennedy, anche se al momento nessuno, nel nostro Paese, sembra avere la lungimiranza e l’autorevolezza necessarie per essere ascoltato. Siamo di fronte quindi a giovani, che dovrebbero essere i principali destinatari e interessati dalle scelte politiche e dalle decisioni strategiche dei governi che si alternano alla guida del paese, che rinunciano a occuparsi

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di politica – come l’intendeva Socrate – non solo in termini di partecipazione ma anche di informazione e interesse per la cosa pubblica. Questo allontanamento dalla politica procede di pari passo con un quadro economico sempre più chiuso, ripiegato su se stesso e poco incline al cambiamento e ad assumersi i rischi necessari per il rilancio della produttività, mettendo in campo forze, risorse, energie, pensieri e progetti nuovi. E ancora una volta ci avvaliamo di Federico Fubini che produce un sintetico ma ricco excursus storico, economico e sociale degli avvenimenti recenti del nostro paese. “Fra il 1980 e il 1992 i patrimoni delle famiglie crescono di quasi il 300% del prodotto interno lordo, il debito pubblico aumenta dal 60% al 120%. Si nota anche un secondo fenomeno parallelo: quasi tutto il risparmio privato entra nelle tasche e nelle case degli individui, quasi niente nelle loro imprese. Gli imprenditori preferiscono lasciare le proprie aziende senza gli investimenti e il capitale necessari a irrobustirsi e affrontare il mondo, pur di chiudere i loro patrimoni all’interno del recinto familiare. Nei quarant’anni fino al 2010, negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Francia o in Giappone la quota di risparmio privato netto che fa capo alle imprese varia in media fra il 20% e il 60% delle quantità complessive di risparmio privato stesso. In Italia, secondo i dati raccolti da Piketty, è il 3%. Il restante 97% va alle famiglie. Neppure l’impresa familiare è un nucleo abbastanza circoscritto per volervi versare le proprie sostanze e preparare in qualche modo un futuro più solido. Si parla spesso di crescita delle diseguaglianze fra i ceti sociali, ma nel caso dell’Italia si dovrebbe aggiungere un secondo tipo di diseguaglianza caratteristico della nazione: quella della distribuzione di patrimoni e debiti a sfavore delle imprese e soprattutto del settore pubblico e a favore delle famiglie. Come la diseguaglianza fra i redditi degli abitanti di una comunità quando è eccessiva, anche questo secondo tipo di disparità non può che nuocere alla crescita dell’economia. È quello che il ricercatore americano Edward C. Banfield, dopo aver vissuto per un anno in un paese in cima a una montagna in Basilicata, definì “familismo amorale”: diffidare di tutti e del sistema, massimizzare l’interesse materiale di breve termine della famiglia nucleare, e poco altro.

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In pochi decenni siamo diventati un sistema abitato da famiglie ricche in uno Stato povero, e da milioni di piccole aziende prive dell’ormone della crescita. Raccontiamo a noi stessi che la ricchezza familiare è una piccola virtù che ci salverà, ma quando guardiamo all’andamento dei patrimoni familiari in proporzione ai redditi, colpisce che le fasi della sua maggiore crescita non siano quelle di maggiore dinamismo del paese. Non sono quelle in cui l’economia si trasforma, si irrobustisce e allarga la sua base produttiva e di conoscenze. Sono piuttosto il 1985-1990 e il 2000-2005, le fasi che precedono le de grandi crisi dell’ultimo quarto di secolo. In larga parte, l’accumulazione al di sopra delle medie europee delle fortune private corrisponde nel tempo all’accumulazione degli squilibri che poi sarebbero esplosi alla luce del sole, segnando il percorso di intere generazioni” [F.Fubini, ibidem]. Graf.11 – Il mio paese, in futuro, dovrebbe migliorare SOPRATTUTTO

i seguenti ambiti…

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Graf.11.1 FOCUS PER CITTADINANZA

Graf.11.2 FOCUS PER TIT. STUDIO PAPA’

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Graf.11.3 FOCUS PER TIT.STUDIO MAMMA

Graf.11.5 FOCUS PER DISTRETTO

Gli adolescenti, nella società dell’apparire e del rendere visibile tutto a tutti, al proprio Paese chiedono soprattutto opportunità e iniziative per i

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giovani (74,1%). Una priorità assolutamente ragionevole che stride con il processo di giovanilizzazione sociale che ha portato gli individui a resistere a tutti i costi all’avanzamento dell’età, assumendo abbigliamento e atteggiamenti tipicamente adolescenziali, a tal punto che l’offerta di consumi culturali, artistici, estetici sono tarati per tutti su modelli giovanili. Quindi se la società è diventata a misura di individuo giovane, che rimane tale nel tempo e a cui viene proposto uno stile di vita e una possibilità di adozione di stili di vita propri delle giovani generazioni, perché gli adolescenti dovrebbero ritenere che siano carenti le opportunità offerte loro, a tal punto che più del 74% richiede di aumentarle e migliorarle? Probabilmente proprio perché gli adolescenti hanno bisogno di sentirsi ADOLESCENTI, diversi e distinti dagli adulti che dovrebbero avere atteggiamenti e comportamenti consoni rispetto al ruolo e al posto occupati nella società. Uno speciale paradosso dei nostri tempi: una società di adulti che riproduce all’infinito modelli e comportamenti “giovanilistici” come stile di vita e nello stesso tempo non lascia spazi di autonomia e di crescita a quanti sono anagraficamente giovani. Una spiegazione sembra darla Matteo Lancini che con la consueta vivacità intellettuale e sensibilità nell’osservazione dei fenomeni sociali delinea efficacemente in poche righe il contesto sociale in cui gli adolescenti devono realizzare i propri compiti evolutivi. “I ragazzi e le ragazze del nuovo millennio non sperimentano solamente la consueta paura di cambiare che fa da contraltare alla potente spinta evolutiva e trasformativa, prima di tutto corporea, e più in generale identitaria. L’era in cui vivono li colloca di fronte a un orizzonte di modelli irraggiungibili, di scenari di successo, all’interno dei quali conta, più di tutto e a qualsiasi prezzo, la performance e la popolarità. La società dell’immagine e del narcisismo pone al cento il valore della bellezza e dell’apparenza che eternizza la giovinezza come età dell’oro a cui tutti ambiscono, prima da bambini e successivamente da adulti. Ecco così diffondersi una preconizzazione che attraversa l’infanzia, caratterizzata da comportamenti, abitudini di abbigliamento, modalità di gestione delle relazioni e dei processi decisionali, in un passato, non molto lontano, propri solo dell’adolescenza. Così come, parallelamente, assistiamo a una negazione della maturità e dell’invecchiamento, come fasi dello sviluppo in cui godersi il fascino e i

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benefici dell’esperienza di vita accumulata, in favore di una tensione verso la giovinezza come antidoto all’avanzare del tempo e alla riduzione dello spazio della bellezza e del tempo futuro” [M.Lancini, ibidem]. Il campione intervistato avverte come problemi urgenti da affrontare e sui quali concentrare l’attenzione e le azioni future, il lavoro (66,5%), la politica (58,7%), la sanità (55,9%). Sorprende che l’istruzione sia considerata come tema fondamentale su cui intervenire solo dal 47,7%. Potrebbe essere interpretato come aspetto confortante se li si potesse ritenere soddisfatti dell’attuale sistema scolastico e delle politiche per l’istruzione o al contrario come criticità nel caso si condivida l’idea, sostenuta da molti esperti, che i giovani siano “rassegnati” a uno status quo insoddisfacente. Riprendendo ancora una volta il pensiero di Lancini “La trasgressione non esiste più; il conflitto, anche quando è presente, è di superficie. Nonostante le scellerate politiche ambientali, economiche e lavorative adulte, il livello dello scontro generazionale è ai minimi termini. Adolescenti pacifici, per nulla propensi a occupare scuole e piazze, per riprendersi un futuro poco, o per nulla, garantito da quegli stessi adulti che avrebbero dovuto loro offrire speranze di lavoro e di realizzazione di sé” [ibidem]. Altra ipotesi, non certo più confortante, potrebbe essere che gli adolescenti del campione, molto preoccupati per il lavoro, per la tutela della salute, nell’immaginare politiche sociali e comunitarie future, non siano più interessati al tema istruzione perché ritengono il titolo di studio inutile per trovare una collocazione nel mercato del lavoro. All’ultimo posto della classifica delle priorità dichiarate dagli intervistati sono rilevabili i servizi di informazione (37%) e i giornali (17,2%). I quotidiani nel corso degli ultimi anni sono arrivati a livelli molto bassi di vendita e di lettura, e probabilmente le giovani generazioni si stanno già orientando su altre modalità di acquisizione delle notizie soprattutto sulla rete o utilizzando massicciamente i quotidiani on line. E’ interessante addentrarsi nella specificità dei dati rilevati, disaggregati per alcune variabili, dimostratesi statisticamente significative.

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Nel grafico 11.1 il campione di adolescenti stranieri ritiene di grandissima importanza migliorare in futuro i servizi per l’informazione (46,3% contro il 36% dei coetanei italiani) e le opportunità culturali (52,2% vs 38,6% degli adolescenti italiani). La situazione si capovolge sul lavoro che è prioritario per i ragazzi italiani (67,2%) più che per i migranti (59,7%). Come già rilevato nella ricerca “Il futuro degli adolescenti, gli adolescenti del futuro”, è probabile che i ragazzi immigrati ripongano molta fiducia nel paese ospitante, siano entusiasti delle offerte che vengono date loro e accettino con grande serenità il contesto scolastico ed extrascolastico. In altri termini, gli adolescenti immigrati sembrano essere convinti che il paese ospitante sia il migliore possibile e cercano di coglierne in tutti i modi gli aspetti positivi. Quindi questo può essere il motivo per cui vengono espressi pareri discordanti con i coetanei italiani solo sui servizi di informazione e sulle opportunità culturali, mentre su tutto il resto, ma in maniera più evidente sul lavoro, dichiarano maggiore consenso.

15

PPPP

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aaaa Nella ricerca del 2016 dall’Osservatorio sul tema del futuro emergeva un campione di quindicenni stranieri estremamente più fiducioso in tutti gli

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ambiti del nuovo contesto sociale di appartenenza e su tutti gli item proposti (futuro, trovare lavoro, finire la scuola, ecc.) e di tutto questo si trova conferma anche nella attuale ricerca In più si era chiesto ai ragazzi di indicare il tipo di lavoro che pensavano di svolgere in futuro. “Relativamente alla disaggregazione per provenienza, emerge un campione di quindicenni stranieri che spera di potersi spendere, in futuro, in professioni non solo artigianali – che comunque registrano il dato più elevato (21,7%) – ma anche di tipo sociale (7,3% contro il 4,5% dei coetanei italiani). Questa sembra essere una conferma della fiducia che gli adolescenti stranieri ripongono nel nuovo paese di arrivo, tanto da esprimere il desiderio di svolgere una professione legata alla cura e all’assistenza. In linea con questa tendenza il 7,3% dei ragazzi immigrati dichiara di voler diventare insegnante a conferma di quanto sia significativa questa figura di riferimento nel nuovo contesto di appartenenza”. Questa grande fiducia dichiarata dai giovani stranieri in tutti gli ambiti della propria vita, anche in quelli sociali, deve essere considerato un capitale sociale indispensabile e impagabile. Probabilmente gli immigrati, specie quelli arrivati ancora piccoli o nati in Italia, costituiscono un motore fondamentale per la crescita del paese e, se avessero anche contemporaneamente gli stimoli giusti, potrebbero essere una forza potente di innovazione. “Diffidare (…) secerne la tossina della paralisi per lo stesso motivo – dicendola con il sociologo Robert Putnam – per cui il baratto funziona peggio del denaro: a ogni scambio devi ricalcolare tutto per essere certo che non ti stanno fregando. In alternativa puoi limitarti ad avere rapporti solo con quelli della tua tribù, perché li conosci già tutti, ma allora devi rinunciare a qualunque iniziativa che ti permetta di affacciarti al di fuori e scambiare e rischiare con chi ha cose nuove e diverse da offrirti. Se non ti fidi degli altri, non vuoi mettere in pericolo ciò che hai entrando in contatto con persone esterne alla tua famiglia e alla tua tribù. Ma allora non intraprendi niente. Non vedi una ragione per dover studiare e costruire conoscenze oltre ciò che ti sembra il minimo indispensabile ed è magari anche meno di quello. Non tenti gli investimenti su te stesso e sul tuo mondo che ti servono per costruire qualcosa: resti intrappolato lì dove sei” [F.Fubini, ibidem]. Analizzando i dati raccolti sugli aspetti principali che, secondo gli adolescenti, vanno migliorati in Italia, risulta quanto sia determinante il

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titolo di studio posseduto dai genitori. Un titolo più elevato del papà (graf.11.2) ha una forte influenza solo sull’importanza data dai figli al miglioramento della politica. E questo vale anche per le mamme laureate (graf.11.3) che più delle diplomate e di quelle che hanno al massimo una qualifica, incidono sulla capacità da parte dei figli di riflettere sull’attuale sistema politico (rispettivamente 64,5%, 57,9% e 54,6%). Probabilmente un contesto familiare culturalmente più preparato dedica spazio alla trattazione e all’approfondimento di argomenti legati maggiormente all’idea di comunità e alla politica in generale. Ciò però non si riscontra su altri argomenti quali istruzione, sanità e servizi di informazione. Sia per i papà che per le mamme laureati non sono così importanti come lo sono invece per i genitori con un livello scolastico più basso. Infatti nell’ambito dell’istruzione e dei servizi di informazione si rileva lo scostamento più significativo, un gap di 14 punti percentuali tra i padri con basso livello di scolarità (51,9%) e i padri laureati (37,7%) per quanto riguarda il primo argomento, e una differenza di quasi 18 punti percentuali relativamente ai servizi di informazione (43,6% di chi ha la qualifica, 36,7% di chi ha un diploma e il 25,8% di chi possiede la laurea). Dal grafico 11.5 è evidente che gli adolescenti del sud est su tutti gli item della domanda “In futuro, il mio paese, dovrebbe migliorare soprattutto..:” riportano valori molto più alti dei coetanei residenti negli altri distretti, in particolar modo sull’istruzione (55,9% vs 46,4% centro nord e 42% ovest) e sulla sanità (66,9% vs 54,5% centro nord e 52,2% ovest). Per questi giovani cittadini residenti nei comuni del basso ferrarese è altresì importante migliorare nel futuro anche le opportunità culturali (48% vs 37,6% centro nord e 42% ovest), i servizi per gli anziani (55,9% contro 46,1% dei coetanei del centro nord e il 42% di quelli dell’ovest) e i bambini (rispettivamente 64,6%, 53,9% e 55,1%). Solo nell’ambito della politica, i ragazzi residenti del Distretto Centro Nord fanno la parte del leone, ritenendola, più dei coetanei del resto della provincia, un argomento prioritario su cui intervenire (60,4% contro il 56,7% del distretto sud est e il 49,3% del distretto ovest). “Agli adolescenti servono politiche nuove. Strategie di intervento orientate dalle caratteristiche affettive e relazionali delle ultime generazioni di

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giovani e dalla paura di non farcela, di “non avere futuro”, da sempre caratteristica costitutiva dell’adolescenza, ma oggi, più che mai, panorama dipinto dagli stessi adulti che, negli ultimissimi anni, hanno invaso l’ambiente mass mediatico di comunicazioni focalizzate sulla crisi economica e lavorativa di difficile soluzione. Il Piano pluriennale per l’adolescenza della Regione Emilia Romagna si muove in questa direzione. Una proposta integrata di promozione del benessere, prevenzione del disagio e di accompagnamento alla cura degli adolescenti ispirata dai bisogni evolutivi e dalle caratteristiche affettive e relazionali delle nuove generazioni. Non solo, un tentativo di organizzare e sostenere in modo articolato e capillare la realizzazione di interventi adatti alle necessità e alle emergenze educative e psicologiche di adolescenti nati e cresciuti in una società complessa, caratterizzata dalla crisi dei grandi valori e dall’urgenza di individuare le linee guida e le attività più efficaci per la ricostruzione di una comunità educante, devota al futuro dei propri figli, studenti e cittadini. La percezione di un’assenza di futuro e la mancanza di rispecchiamento adulto rispetto al possibile sviluppo di un disagio evolutivo che, come è noto, in adolescenza si trasforma in agito, azione violenta contro sé stessi o rivolta verso gli altri. La promozione del benessere e la prevenzione del disagio psichico adolescenziale transitano necessariamente dall’attivazione di esperienze che rimandino alle nuove generazioni l’interesse adulto per il futuro che li aspetta. Politiche e professionalità che riorganizzino la speranza in un futuro possibile attraverso l’ascolto, la promozione di una partecipazione attiva, la capacità di prendersi cura dei ragazzi e delle ragazze nati nel nuovo millennio” [M.Lancini, “Piano regionale pluriennale per l’adolescenza 2018/2020, Regione Emilia Romagna]. “chissà chissà domani su cosa metteremo le mani... nascerà e non avrà paura nostro figlio e chissà

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come sarà lui domani, su quali strade camminerà, cosa avrà nelle sue mani, si muoverà e potrà volare, nuoterà su una stella, come sei bella, e se è una femmina si chiamerà Futura” * Lucio Dalla Voglio aprire questa breve conclusione all’ultima ricerca dell’Osservatorio Adolescenti di Ferrara con le parole, dense di profezia, di Lucio, compianto visionario del futuro. Su cosa “ mettere le mani” e su quali visioni del futuro per i nostri giovani, si è occupato nel 2017 anche Piero Angela, lanciando a Torino una sfida formativa con oltre 30 lezioni di illustri competenze . Ha lanciato l’ iniziativa con una lettera ai giovani che mi è molto piaciuta: «Cari giovani, avrete occasione, nel corso dei prossimi mesi, di incontrare e ascoltare una trentina di personaggi di alto profilo, provenienti da varie parti d’Italia e anche dall’estero, che verranno espressamente per voi, per parlarvi dei temi forti

del nostro tempo, e anche per aiutarvi a comprendere meglio i problemi e le opportunità del futuro. È un futuro che vi riguarda molto da vicino, perché chi ha oggi 17 anni nel 2090 avrà la mia età. Ma tutti voi attraverserete la maggior parte del secolo assistendo a trasformazioni che neppure possiamo

immaginare. Bisognerà essere molto preparati, per sé e per gli altri. È in questo momento che si forma la classe dirigente di domani: voi dovrete esserci dentro con lucidità e competenza. Questo progetto è un inizio….Buon lavoro». ---------------------------------------------------------------------- *dal Festival Futura 2017 di Civitanova Marche

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In genere la visione del futuro è stata declinata negli ultimi anni, principalmente in campo economico lavorativo sollecitando le caratteristiche di curiosità, intraprendenza competente, tempestività… nelle nuove generazioni. La ricerca dell’Osservatorio Adolescenti spazia in ambiti che ricomprendono il “posizionamento” futuro nella complessità contemporanea dei nostri ragazzi, in campi che vanno oltre il mondo della realizzazione e del successo lavorativa, toccando la “umanità” delle scelte e dei valori in ambiti affettivi, relazionali, sociali. Il Futura Festival di Civitanova Marche, già citato, si proponeva Un festival per andare oltre:

“Nodi da sciogliere, percorsi da iniziare, parole che devono farsi cose, fatti, uomini e soprattutto donne, ancora purtroppo non sufficientemente protagoniste nel tempo che abitano. Futura….. cerca di cogliere il frutto dell’albero del Sapere, lo sarà invece del suo tempo se il mondo saprà dare luogo a chi non ha luogo, dare tempo a chi si affaccia alla vita e ci chiede quale pianeta gli abbiamo preparato. Un festival per andare oltre. Oltre il presente, sicuramente, ma anche oltre la paura, le incertezze, le rinunce, le passività. Il coraggio della speranza,…”l’etica della fiducia” come l’ha definita Michela Marzano….” La visione complessiva e “interiorizzata” del futuro, molto diversa da un’analoga analisi fatta solo pochi anni fa, anche se a esprimerla nella ricerca dell’Osservatorio sono ragazzi molto giovani, è fortemente evidente nel capitolo legato alle aspettative sul futuro professionale. Nell’idea del loro lavoro futuro domina il bisogno di riconoscimento. Alcuni anni fa era

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più evidente l’aspettativa di affermazione e successo con una continuità tra la formazione e il lavoro da svolgere. Mi ha colpito che nelle posizioni di più alto consenso vi siano bisogni come: esprimere creatività nel lavoro, condividere un clima sereno nel posto di lavoro, avere soddisfazioni e, al primo posto, “essere se stessi”. Il lavoro sembra parte di una nuova visione della vita personale. L’etica della fiducia citata dalla filosofa Marzano, sembra più fiducia in se stessi che nella possibilità che l’organizzazione economico sociale sappia dare adeguata collocazione alle proprie aspettative. La ricerca attraverso le risposte di 736 ragazzi dai 13 ai 15 anni, parla a noi adulti interrogandoci su come è possibile stare dentro al cambiamento, consapevolmente, potendo scegliere di esercitare la nostra presenza di affiancamento e di sostegno. Stando dietro? O davanti? Il cambiamento a volte ha a che fare con eventi assolutamente turbolenti e quindi ha a che fare spesso con l’inatteso, con lo spiazzante per la cultura adulta. Il problema è riuscire a capire che cosa facciamo di fronte a questo per il quale spesso non siamo attrezzati. Ci muoviamo con un atteggiamento resistente? Oppure, seguendo un movimento più flessibile? Sono sicuramente gli eventi singolari che mettono in discussione gli adulti. Il segreto è stare dentro questi processi in maniera duttile. Nassim Nicholas Taleb, autore de “Antifragile: come prosperare nel disordine”, sostiene che ci sono 3 tipi di atteggiamenti di fronte ai fenomeni di cambiamento: “... c’e un atteggiamento resistente, un atteggiamento fragile e un atteggiamento anti-fragile. Stiamo assistendo a

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cambiamenti che per molti hanno degli effetti traumatici e dobbiamo decidere come ci muoviamo dentro questi cambiamenti”. Possiamo essere resistenti, e avviene quando un sistema vivente si oppone con successo agli scossoni, agli stress, alle turbolenze della vita e, cosi facendo, mira, se questo è possibile, a restare sempre se stesso “Il ramo dell’albero resistente mira a restare sempre se stesso finche il peso della neve non lo spezza. Poi ci sono i sistemi viventi che sono fragili, sono quelli che di fronte al cambiamento, alle sollecitazioni cosi stressanti si spezzano, soccombono. E poi c’e la terza categoria , quella più affascinante, che viene definita anti-fragile. L’anti-fragile che caratteristiche ha? L’anti-fragile ama il caso e l’incertezza, affronta l’ignoto, riesce a trarre più vantaggi che svantaggi dagli eventi casuali e scioccanti della vita. L’anti-fragile affronta le sfide dell’ignoto e arriva a fare cose anche se non le ha capite bene”. Forse per affrontare il domani, un mercato del lavoro e un futuro scarsamente prevedibili, bisogna essere in grado di adottare queste qualità, quelle che Taleb connota come l’essere anti-fragile, quindi affrontare l’incertezza con atteggiamenti flessibili, duttili, non stando fermi. Il problema è che anche scegliendo di accompagnare i giovani nell’assumere un atteggiamento più utile e flessibile nella complessità contemporanea, stando “dietro” e lasciando a loro un protagonismo di parola e di scelta, gli adulti non possono farlo da soli, esclusivamente nel proprio nucleo familiare.

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Nel capitolo della ricerca dedicato al futuro personale - casa e famiglia - il 28% dei ragazzi pensa che vorrebbe vivere vicino alla famiglia di origine, riproponendo il dilemma tipico del nostro Paese tra dipendenza e autonomia delle giovani generazioni rispetto i nuclei familiari. Non voglio riproporre argomentazioni note, ma solo evidenziare che, cambiando così rapidamente l’idea di futuro dei giovani, altrettanto decisamente dovremo adeguare il posizionamento adulto. Rimanendo ancora una riflessione chiusa e interna alle famiglie, ne discende un diffuso senso di inadeguatezza, di impotenza, una difficoltà di relazione che vengono continuamente testimoniati dai genitori agli operatori formali e informali di supporto alle famiglie. La risorsa comunitaria non è sufficientemente esplorata come strategia di sostegno. Ho apprezzato il coraggio intellettuale del Tavolo Adolescenti del Distretto Sud Est, di lanciare un “patto comunitario” per affrontare dispersione e abbandono scolastico. Di lanciare l’idea che serve una responsabilità diffusa e che la autorevolezza educativa individuale è rafforzabile da una “presa in carico” comunitaria rispetto le responsabilità educative e di accompagnamento sulla strada del futuro. Per essere autorevoli serve ascoltare e saper vedere i cambiamenti. L’autorevolezza comunitaria può essere una risorsa anche per la trasmissione di diritti sociali e civili che dovrebbero costituire la fisionomia di una comunità. Per i ragazzi intervistati sembrano più importanti i diritti di parità tra i generi, il diritto a una morte “ dolce” assistita, il

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diritto di cittadinanza per i giovani migranti. Meno attenzionato il tema dei diritti e del contrasto delle discriminazioni sulle libere scelte di comportamenti sessuali. Per questi ambiti non è certo facile oggi pensare ad un pieno riconoscimento, anzi siamo in un clima di arretramento culturale e temo che i ragazzi siano più influenzati da risonanze mediatiche piuttosto che da scelte istituzionali e di governance della comunità. Senza entrare in letture politiche di quanto poco siano presidiati alcuni diritti faticosamente conquistati, la cosa che mi colpisce è che i ragazzi hanno centrato l’attenzione su alcuni diritti non riconosciuti formalmente. La parità tra i sessi è giuridicamente sancita e formalmente disattesa. Il diritto a una morte dolce è bloccato in un Paese diviso sul tema del testamento biologico e della libera autodeterminazione degli individui sulla propria vita. Per sconforto e decenza non commento la vergogna di un mancato riconoscimento del diritto di cittadinanza ad una generazione di giovani stranieri nati e cresciuti nel nostro Paese. I ragazzi sembrano dirci che il futuro non può prescindere dal riconoscimento di questi diritti, mentre gran parte della società li ritiene problemi e non capisaldi di una democrazia praticata. Martin Luther King nel 1958 pronunciò una frase particolare: “Tutto ciò che vediamo non è che l’ombra proiettata da ciò che non vediamo”. Mi chiedo cosa veramente volesse dire, ma la mia interpretazione, in questo contesto, è che la difficoltà diffusa nel riconoscere fondamentali diritti civili, sia l’ombra di un problema adulto di comprensione del cambiamento e delle

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potenzialità che contiene. L’ombra di paure identitarie, di stereotipi sessisti, di timori che la libertà di scelta ostacoli le semplificazioni del “ pensiero unico”. Se così è, allora gli adulti hanno abdicato al loro ruolo di responsabilità e sarà sempre più difficile accompagnare, in modo duttile e flessibile, il percorso dei ragazzi verso l’autonomia e rispondere alle loro aspettative di un nuovo Paese più ricco di opportunità per le nuove generazioni. Opportunità democratiche e non solo risposte a bisogni individuali. Spero che si trovi presto il “vaccino” giusto per recuperare una strisciante epidemia di irresponsabilità adulta. Paola Castagnotto