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COMUNICAZIONE MeDAMS 2018 Copyright© - Claudio Pensieri [email protected] tel. 3397279049 www.claudiopensieri.it Tutto il materiale didattico distribuito durante il corso è coperto da copyright di Claudio Pensieri e pertanto tutti i diritti sono riservati, in particolare il diritto di duplicazione e di diffusione nonché il diritto di traduzione, nessuna parte del materiale didattico può essere riprodotto in alcuna forma (per fotocopie, microfilm, altri procedimenti) senza il consenso scritto del Dott. Claudio Pensieri, tutti i materiali cartacei non timbrati o firmati dal Dott. Claudio Pensieri saranno ritenuti contraffatti. Nel caso in cui venga fatta richiesta di diffusione del materiale didattico saremo lieti di consigliarvi e di trovare una soluzione legale adatta a voi: [email protected]

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COMUNICAZIONE MeDAMS 2018

Copyright© - Claudio Pensieri – [email protected] – tel. 3397279049 – www.claudiopensieri.it

Tutto il materiale didattico distribuito durante il corso è coperto da copyright di Claudio Pensieri e pertanto tutti i diritti sono riservati, in particolare il diritto di duplicazione e di diffusione nonché il diritto di traduzione, nessuna parte del materiale didattico può essere riprodotto in alcuna forma (per fotocopie, microfilm, altri procedimenti) senza il consenso scritto del Dott. Claudio Pensieri, tutti i materiali cartacei non timbrati o firmati dal Dott. Claudio Pensieri saranno ritenuti contraffatti. Nel caso in cui venga fatta richiesta di diffusione del materiale didattico saremo lieti di consigliarvi e di trovare una soluzione legale adatta a voi: [email protected]

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LA COMUNICAZIONE

Un professore universitario andò a far visita al maestro Nan-in

per interrogarlo a proposito dello Zen.

Ma invece di ascoltare il maestro, lo studioso continuava a esporre le sue idee personali.

Dopo averlo ascoltato per un po’ di tempo, Nan-in servì il tè.

Dopo aver riempito la tazza del visitatore, continuò a versare.

Il tè traboccò dalla tazza del visitatore, continuò a versare.

Il tè traboccò dalla tazza, riempì il piattino e colò sui pantaloni dell’uomo finendo sul pavimento.

<Non vedi che la tazza è colma?> esplose il professore. <Non ce ne sta più!>

<Proprio così> replicò tranquillamente Nan-in.

<E come questa tazza, tu sei colmo delle tue idee e opinioni personali.

Come posso mostrarti lo Zen se prima non svuoti la tua tazza? 1>

E tu, sei pronto a svuotare la tua tazza su ciò che conosci sulla comunicazione per iniziare da zero?

Ti è mai capitato di chiederti cos’è che fa la differenza tra due insegnanti che hanno frequentato la

stessa università?

Nella seconda metà degli anni ottanta uno studio dentistico milanese aveva deciso

di trasformare la struttura artigianale dello studio (un solo medico con relativamente

pochi pazienti che conosceva quasi tutti per nome) in una organizzazione

aziendale più strutturata: vari medici che ruotavano continuamente e, quindi,

avevano rapporti più informali con i clienti. Anche se i clienti erano noti

attraverso la propria scheda dentistica che veniva aggiornata ad ogni visita e,

ora, aspettavano poco tempo nella sala d’attesa, nel tempo molti si erano abituati

a essere trattati indifferentemente dal dentista più libero nell’immediato, il che

riduceva la profondità dell’interazione al rapporto informale cliente/utente e

alla ricerca di un nuovo studio dentistico.

Il problema fu risolto tramite una serie di questionari somministrati dagli infermieri

dello studio ai clienti e notarono che l’interazione del personale di contatto

con i clienti era tanto più efficace quanto maggiore era la capacità del personale

di contatto di usare il linguaggio del cliente e di abbandonare quello specialistica

dei medici odontoiatri2.

L’approccio relazionale non chiede al docente di essere un esperto di relazioni sociali, gli chiede

solo di tenere conto, collaborando con altri servizi (socio-sanitari, familiari, manageriali, territoriali,

domiciliari o altro), del fatto che la sua azione si inscrive in un sistema di relazioni su cui incide

necessariamente, nel bene e nel male, contribuendo a determinare i processi di educazione e crescita

degli studenti (infanti o giovani che siano).

L’essere in relazione

Nel Public Speaking, si dice: “non esiste un pubblico difficile, esiste solo un oratore poco

flessibile”.

Si dovrebbe iniziare a pensare che la responsabilità di una buona comunicazione non dipende dallo

studente e che, gli studenti, non si dividono in: “quelli che capiscono e quelli che non capiscono”,

ma la responsabilità dipende dal docente, la vera domanda da porsi è: “Hai la capacità e le

conoscenze per far sì che il tuo studente si fidi di te?”.

“Come faccio a creare un buon rapporto empatico con l’altro?”.

“Sono capace di stabilire “rapport” con lui?”.

1 Arntz W., Chasse B., Vicente M., What the Bleep do we Know?, Macroedizioni, Diegaro di Cesena Fc, 2006. 2 Frudà L., Cannavò L., Ricerca Sociale. Tecniche speciali di rilevazione, trattamento e analisi dei dati, Carocci, Roma, 2007.

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Il “rapport” è il processo tramite il quale si stabilisce e si mantiene un buon rapporto

interpersonale di reciproca fiducia e accordo. È un momento responsabile e delicato di

considerazione dell’altro. In alcuni casi avviene spontaneamente, si crea quella sintonia, quel

feeling quasi misterioso.

Nel momento in cui si stabilisce il rapport si attivano dei meccanismi inconsci che instaurano quel

feeling immediato.

Cominceremo dagli aspetti più elementari: quelli che tendiamo a dare per scontati, che - poiché

sono scontati - tendiamo a trascurare e che - poiché li trascuriamo - possono compromettere tutto il

processo.

Forse non tutti sanno che il primo assioma della comunicazione è:

Non si può non comunicare

Giusta comunicazione.

Vi è mai capitato di pensare che il comportamento non ha un suo opposto?

Ossia non esiste un qualcosa che sia un non-comportamento.

Se sull’autobus vi capita di incontrare una persona che si mette l’mp3 e legge un libro, sta

chiaramente indicando che non vuole essere disturbata e che vuole che le persone restino lontane da

lui e che ecc. ecc.

Nell’essere in relazione, non c’è logica e non c’è un progetto razionale.

C’è solo, primitivo, l’ordine di senso delle emozioni.

Qualsiasi informazione non può che essere scambiata all’interno di una relazione, e qualsiasi

relazione ha una componente emozionale.

Informazione ed emozione sono compresenti nel processo della comunicazione interpersonale, e

collegate fra loro3.

È necessario essere coscienti dei propri stati interni per poter meglio indirizzare la comunicazione

verso un dialogo potenziante, vedremo, sentiremo e faremo esperienza degli stati interni negli ultimi

esercizi del corso.

Da anni in ambito sanitario ci si pone il problema della corretta comunicazione e molte discipline

hanno provato a rispondere a tale problema, ognuna con metodologie e tecniche diverse.

Recentemente però qualcosa è cambiato, delle ricerche fatte presso l’Università di Parma stanno

cambiando il mondo scientifico. Le recenti scoperte sui neuroni specchio hanno infatti posto la base

per alcune riflessioni e spunti sociologico-scientifici di estremo interesse. Se fino ad ora la

comunicazione era vista come un trasporto d’informazioni da un emittente a un ricevente e

corredato da un processo di feedback, ora tutto ciò viene messo in discussione. Infatti, grazie ai

neuroni specchio sembra proprio che il processo di feeback avvenga contemporaneamente al

processo di comunicazione, quando una persona interagisce con un’altra a livello socio-

comunicativo si attivano aree neuronali simili in entrambe le persone.

Nel 1995, Luciano Fadiga, Leonardo Fogassi, Giovanni Pavesi e Giacomo Rizzolatti dimostrano

per la prima volta l’esistenza nell’uomo di un sistema simile a quello trovato nella scimmia.

Purtroppo, attualmente l’osservazione “diretta” dei neuroni specchio è più difficile nell’uomo che

nelle scimmie. Mentre in queste ultime si possono osservare i singoli neuroni, nell’uomo si possono

osservare le attivazioni solo attraverso variazioni nel flusso sanguigno dovute ad esse.

“Ma la cosa interessante circa la scoperta dei neuroni specchio è che essi sono stati osservati in

un’area cerebrale dei primati che sembra essere corrispondente all’area di Broca negli esseri

umani”4.

La funzione dei neuroni specchio sembra dunque essere quella di rappresentare azioni a livello

cerebrale affinché avvenga una comprensione delle stesse, cioè “affinché gli individui siano in 3 La condizione emozionale influenza, in modo significativo, l’attenzione e la memoria. 4 Kohler E., Keysers C., Umiltà M. A., Fogassi L., Gallese V., Rizzolatti G. Hearing sounds, under standing actions: action representation in mirror

neurons, Science 297: 846-848. et alii, 2002.

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grado di riconoscere che qualcun altro sta eseguendo una determinata azione, di distinguere l’azione

osservata da un’altra azione e di usare le informazioni acquisite per agire in modo appropriato”5.

In particolare questo vuol dire che mentre interagiamo con una persona noi “mappiamo” il suo

comportamento (ci facciamo una rappresentazione interna di ciò che osserviamo).

Sembra quindi che gli individui riconoscano le azioni fatte da altri in quanto la popolazione di

neuroni attivata nella loro area premotoria (in senso generale) durante l’osservazione è congruente a

quella che si genera internamente per riprodurre tale azione.

I neuroni specchio, infatti, permettono una rappresentazione interna di una determinata azione reale,

sia essa linguistica o socio-comportamentale, “mappando le azioni osservate sugli stessi circuiti

nervosi che ne controllano l’esecuzione attiva”6.

Uno degli assiomi della comunicazione è che “l’effetto della comunicazione è nel responso che si

ottiene”, da questo punto di vista l’attività dei neuroni specchio rappresenta il punto di

“condivisione” tra l’informazione convogliata dall’emittente e quella ricevuta dal ricevente.

Quindi, quando osserviamo un nostro simile compiere una certa azione si attivano, nel nostro

cervello, le stesse cellule che entrano in funzione quando siamo noi stessi a compiere quel gesto.

Gallese afferma: “Credo che questo contributo delle neuroscienze possa essere importante nel

suscitare nuove riflessioni in ambito etico, politico ed economico. Perché ha messo in luce come la

reciprocità che ci lega all’altro sia una nostra condizione naturale, pre-verbale e pre-razionale”.

L’animale umano è un animale sociale, che per crescere e vivere ha, per sua natura, bisogno di

interagire e relazionarsi con i propri simili. Uno dei meccanismi fondamentali dell’interazione

sociale è l’imitazione. Cosa c’è di più semplice della capacità di imitare una azione altrui?

In realtà, come spesso capita, riusciamo ad imitare certi gesti, ma non abbiamo idea di come sia

possibile farlo, di cosa si debba sapere per imitare. Questa potrebbe essere la base per una ricerca

approfondita che dia solidità scientifica a quel meccanismo che in alcune discipline viene chiamato

“modellamento”, ovvero studiare e “imitare” tutto ciò che porta una persona ad eccellere in un

determinato campo.

La sincronizzazione I neuroni specchio ci permettono di imitare l’azione altrui, perché il nostro cervello risuona, per dir

così, assieme a quello della persona che stiamo osservando. Si tratta di un meccanismo cerebrale

fondamentale, perché permette una sorta di comunicazione non linguistica fra i cervelli.

C’è di più: “se quel che fai tu è simile a quel che faccio io (o potrei fare), allora io sono in

qualche modo tuo simile, e viceversa”7. Questa affermazione potrebbe rivelarsi cruciale per capire

e migliorare la propria capacità di stabilire un clima empatico con il nostro interlocutore.

Alcune tecniche che si studiano nell’ambito della comunicazione interpersonale si basano sulla

capacità umana di rispecchiare l’altra persona (in inglese: “mirroring”).

Rispecchiare una persona vuol dire rimandare verso l’altro la propria immagine, nell’inviare dei

segnali non verbali che egli può facilmente identificare in modo inconscio con i suoi e che sono, per

lui, altrettanti segni di riconoscimento.

La sincronizzazione (mirroring) instaura un clima di confidenza che dà, all’interlocutore, il

desiderio di dire di più, perché si sente ascoltato e riconosciuto per quel che è.

Questo primo passo del rispecchiamento è alla base del più forte “ricalco e guida”.

Per “ricalco [...] si intende il procedimento mediante il quale rimandiamo al cliente per retroazione,

con il nostro stesso comportamento, il comportamento e le strategie che abbiamo osservato in lui:

cioè andiamo verso il suo modello del mondo”8.

5 Arbib, M. The mirror system, imitation, and the evolution of language, in Nehaniv C., Dautenhahn K. (eds), Imitation in animal and artifacts, Cam-

bridge Ma., The MIT Press, 2000. 6 Gallese V., La molteplice natura delle relazioni interpersonali: la ricerca di un comune meccanismo neurofisiologico, Networks 1: 24-47, 2003. 7 Tratto da - Incontro con Vittorio Gallese - pubblicato da - il MANIFESTO 22/06/05. 8 Bandler R., Grinder J., Dilts R., Bandler L. C., DeLozier J., Programmazione Neuro Linguistica, Astrolabio, Roma, 1982.

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Il “ricalco” è l’abilità del comunicatore di inviare al proprio interlocutore messaggi del tipo: “Ti

capisco perché io sono come te” mediante comunicazioni che provengono dal contesto del suo

modello del mondo. Il “ricalco e guida” può essere assimilato ad un ballo, dove è dapprima

indispensabile “entrare nel ritmo” del partner, per poter guidare successivamente i “passi”.

Naturalmente l’interlocutore avrà maggiore “propensione” a lasciarsi guidare tanto più profondo ed

efficace sarà stato il ricalco9.

Nel ricalco e guida, si invia un messaggio del tipo: “Ti capisco perché io sono come te e, se io ho

capito te, tu adesso puoi capire me”.

A volte capita che i docenti diano per scontato la fase di ricalco e passino subito alla fase di guida,

utilizzando codici e sottocodici di largo uso in ambiente pedagogico ma del tutto esterni alle mappe

personali degli studenti.

Uno dei problemi comuni che si presenta in queste occasioni è il fatto che il docente non ha

feedback sulla sua comunicazione inefficace.

Il ricalco può essere ancora più efficace se adattiamo la nostra comunicazione al Sistema

Rappresentazionale Primario10 dell’interlocutore.

Se siamo di fronte ad un visivo, un auditivo o un cinestesico, possiamo sintonizzarci più facilmente

sulla sua lunghezza d’onda, attraverso l’uso appropriato dei predicati sensoriali, dei gesti e delle

posture.

Il ricalco e guida può essere fatto:

nella comunicazione verbale (si usano gli stessi predicati sensoriali);

nella comunicazione para verbale (volume, flusso e ritmo);

nella comunicazione non verbale (mirroring, sincronizzazione);

dal punto di vista delle credenze (ristrutturando le limitanti);

dal punto di vista valoriale (condivisione di valori con il paziente);

dal punto di vista culturale (adeguamento nel linguaggio e nei contenuti);

Da quanto detto fin qui, sembra quindi che quando due persone sono ben sincronizzate e si

rispecchiano tra loro, si accendono le stesse aree neuronali, è come se le loro menti fossero

correlate, questo è anche studiato nel campo della fisica quantistica, Erwin Scroedinger11 ha detto

che “La correlazione non è una proprietà dei quanti, ma ne è la proprietà”.

O’Sullivan-Hale e colleghi hanno inviato un fascio laser ultravioletto contro un cristallo con

proprietà ottiche non lineari che talvolta divide un fotone ultravioletto.

L’entanglement prevede che le caratteristiche dei due fotoni - come la loro polarizzazione - restino

correlate fra loro anche a distanza.

Gli scienziati hanno in effetti correlato le quantità di moto dei fotoni, e dunque anche la loro

posizione nello spazio reale misurata da un rivelatore12.

Sebbene questa sia fisica quantistica, fisica della materia, dell’energia e delle particelle, possiamo

ipotizzare che se le particelle possono essere correlate, e “le particelle sono come informazioni, la

mente come la materia e la materia come la mente, si potrebbe dire che anche le menti hanno la

possibilità di correlarsi. Sebbene gli esperimenti sulle particelle non dimostrino che le menti si

correlano, tuttavia sicuramente rivelano un’affascinante area di studi”13. 9 Dr. Marco Paret, direttore della NLP International ISI-CNV. 10 Per Sistema Rappresentazionale Primario si intende la capacità della persona di elaborare le informazioni attraverso le immagini, i suoni o le

sensazioni. I tre sistemi rappresentazionali, in realtà lavorano in sinergia, tuttavia ogni essere umano “si specializza” in uno di questi, questa preferenza influenza profondamente il modo di pensare, le forme linguistiche ed il comportamento. Si veda: Bandler & Grinder, I modelli della

tecnica ipnotica, e Bandler & Grinder, Programmazione Neurolinguistica. 11 Erwin Rudol Josef Alexander Schrödinger (Vienna, 12 agosto 1887 - Vienna, 4 gennaio 1961) è stato un fisico e matematico austriaco. È famoso

per il suo contributo alla meccanica quantistica, in particolar modo per l’Equazione di Schrödinger, per la quale vinse il Premio Nobel nel 1933. 12 Malcolm O’Sullivan-Hale e colleghi dell’Università di Rochester in un articolo pubblicato sulla rivista “Physical Review Letters”. 13 Dean Radin , è professore aggiunto all’Università Statale di Sonoma e alla Distinta Facoltà di Consulenza presso la Facoltà universitaria di

Saybrook di S. Francisco ed è Senior Scientist all’istituto di Scienze Noetiche (IONS) a Petaluma, California, tra le sue pubblicazioni anche: Entangled Minds, Simon & Schuster Publishers.

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Naturalmente non è possibile generalizzare queste tecniche a tutti gli ambiti della pedagogia, anche

perché sappiamo bene che non è sempre possibile rispecchiare la postura di uno studente.

Invece, in ambito di colloquio personale con studenti e familiari, è auspicabile un’attenzione

maggiore a questi particolari.

Vi è mai capitato di fare esperienza diretta di scambi comunicativi totalmente deludenti?

Avete mai visto un docente che voleva dire qualcosa di importante ad un genitore e stare in

posizioni totalmente di desincronizzazione?

Uno in piedi e uno seduto. Oppure tutti e due in piedi ma uno dei due con il cellulare in mano?

Naturalmente non bisogna generalizzare, anche perché ci sono degli ottimi docenti che, anche non

conoscendo le tecniche di cui sopra, riescono ad instaurare un ottimo rapporto con i propri studenti

o genitori, la domanda da farsi è: come fanno a farlo? Se dal punto di vista dei neuroni specchio

l’affermazione fatta in precedenza14 è vera, allora possiamo adattarla anche in questo modo: “se

quel che fai tu è diverso da quello che faccio io, allora io NON sono in qualche modo tuo

simile” e quindi non posso fidarmi di te.

Spesso avviene che le persone si rivolgano ad altri docenti fino a che non trovano un docente che

soddisfi a pieno i loro criteri o fino a che un nuovo docente non riesca a conquistare la loro fiducia.

Il dare informazioni prevede che nel comunicarle utilizziamo tutta una serie personale di codici e

sottocodici linguistici e non verbali.

Essi sono tantissimi, alcuni dei filtri principali15, nei quali ci si imbatte durante un processo

comunicativo sono i filtri Visivo, Auditivo e Cenestesico (tralasciando per ora l’olfattivo-gustativo).

Come facciamo a sapere se stiamo dando informazioni in modo Auditivo ad uno studente/genitore

Auditivo, o in modo Visivo al Visivo o invece non stiamo vanificando l’efficacia della

comunicazione comunicando in modo Visivo ad un Auditivo, causando il fallimento dell’alleanza

docente-familiare?

Non so se avete mai fatto caso ai segnali non verbali che manda il vostro studente/genitore durante

il colloquio.

Sapete che tenere le mani dietro alla schiena equivale a voler nascondere qualcosa?

Sapete che grattarsi il naso è un scarico d’ansia?

Sapete che mostrare il linguino è segno di apprezzamento?

La Comunicazione

Di comunicazione si parla oramai spessissimo.

Tante persone ne parlano: psicologi, scienziati, sociologi, uomini di marketing, ingegneri, fisici ecc.

Molte definizioni sono state date e molte se ne daranno.

Come spesso e volentieri accade nella vita di tutti i giorni, bisogna scegliere da che punto di vista

guardare l’oggetto in discussione (in questo caso la comunicazione) e, scegliere, gli elementi (o gli

assiomi) che riteniamo si confacciano al meglio al nostro modo di pensare.

Possiamo quindi dire che:

La comunicazione è lo scambio di informazioni

Tra due o più entità

In grado di emettere e ricevere segnali;

intendendo per scambio un processo interattivo

in cui è presente un meccanismo di feedback o retroazione16.

14 Se quel che fai tu è simile a quel che faccio (o potrei fare) io, allora io sono in qualche modo tuo simile, e viceversa. 15 Grinder J., include anche le “Generalizzazioni, distorsioni e cancellazioni”. 16 Marco A. Villamira, Comunicazione e interazione, Franco Angeli, Milano 1995.

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Per informazione si intende: la diminuzione dell’incertezza (o l’aumento della certezza) che subisce

il destinatario quando viene raggiunto dal messaggio, un’unità di informazione tra due possibilità si

chiama “bit”. Se poniamo una scala di conoscenza Dio—Pietra, ogni volta che arriva

un’informazione aumenta il nostro grado di conoscenza, e facciamo un passetto avanti sulla scala.

L’informazione è in relazione alla conoscenza posseduta dal destinatario delle regole che governano

una sequenza di messaggi che incide sul calcolo dell’informazione in transito.

Ma questo lo capiremo meglio in seguito, quando analizzeremo la mappa ed il territorio.

Tra 2 o più entità.

C’è chi dice che si comunica per: farsi vedere ed essere al centro dell’attenzione, per essere certi di

controllare ciò che ci circonda, per dimostrare che non si conta niente e quindi nessuno ci ascolta o

fanno finta di ascoltarci, c’è anche la comunicazione che influisce nella psicopatologia (il “doppio

vincolo” vd. Bateson)…

E c’è chi comunica:

l’ ESSERE.

Le motivazioni che spingono tutti a comunicare, possono essere, in ultima analisi, racchiuse nel

fatto che, l’uomo comunica per aver consapevolezza di sé rispetto agli altri… Watzlavick dice che,

in ogni comunicazione si afferma: “Ecco come io mi vedo in rapporto a te in questa situazione”.

Quindi comunichiamo per esistere e affermare noi stessi in questo mondo, ma comunichiamo

sempre?

Il campo della comunicazione è in continuo sviluppo e molte teorie ogni giorno vengono presentate

al pubblico, di conseguenza bisogna scegliere “da che parte stare”.

Le teorie che ora presentiamo spiegano abbastanza bene come avviene un processo

d’interazione/comunicazione.

Modello di Shannon/Weaver Questo modello è la base di ogni comunicazione e verrà poi sviluppato nell’ambito della

“cibernetica” e degli studi sociologici sulla comunicazione.

Modello Shannon/Waver

Questo modello mette in evidenza come avviene il processo di comunicazione, possiamo

aggiungere che ogni singola parte del modello potrebbe essere ampliata come: Sorgente (Chi? Che

cosa? Ecc.). Messaggio (Come è formulato? Che codici/sottocodici usa?). Codificatore (è un

oggetto? O una parte del corpo? O il cervello? Ecc.). Canale (Rispetta le 6 caratteristiche del

mezzo?) 17 ecc.

17 Caratteristiche essenziali (contatto, modulazione, propagazione).

Tra le caratteristiche fisiche almeno una deve essere modulabile (la pressione dell’aria, lunghezza, spessore, colore, luce);

Tale modulazione deve propagarsi lungo il canale (340 m/s, si deve propagare la caratteristica variata);

Il canale deve essere a contatto con entrambi i soggetti (Sorg.—Aria—Dest).

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In seguito un linguista (Roman Jackobson) ampliò questo modello inserendo alcune variabili prima

non prese in considerazione.

Modello Jackobsoniano:

Contatto

Messaggio

Emittente Codice Destinatario

Contesto

Emittente e Destinatario sono da pensare come persone, gruppi o istituzioni. La prima invia alla

seconda un messaggio, che viene organizzato secondo un codice, che bisogna supporre almeno in

parte comune a entrambi (più si avvicinano e più si ha rapport o empatia). Affinché il messaggio

possa raggiungere il suo obiettivo è essenziale che vi sia un contatto, fra emittente e destinatario e

dunque che un canale li leghi. Il messaggio riguarda un contesto, vale a dire che si riferisce a una

certa realtà (fisica, sociale, culturale ecc.) di cui si parla.

Questo modello potrebbe essere ampliato osservando che, in una comunicazione interpersonale,

entrano in gioco altri due fattori importanti le Emozioni e la Punteggiatura.

Emozione: essa è un sistema di risposte istantanee, fisiologiche, espressive e cognitive ad una

sollecitazione interna o esterna. Nella Relazione interpersonale è importantissimo lo stato interno

che state comunicando. Nel momento in cui interagite con altre persone, oltre alle cose che dite e

che fate, interviene anche l’emozione che provate. Vi sarà sicuramente capitato di parlare con una

persona ansiosa o irrequieta e, dopo un poco, vi siete sentiti ansiosi o irrequieti anche se in minor

misura rispetto all’altra, oppure di parlare con persone estremamente calme e tranquille, subito vi

siete sentiti altrettanto calmi e tranquilli. Le emozioni traspaiono in modi diversi:

Fisiologicamente: non-verbale.

Espressivamente: verbale.

Cognitivamente: strutture di pensiero, paraverbale e verbale.

Per Punteggiatura si intende: quell’operazione consistente nel separare qualche cosa da

qualcos’altro che le stia vicino.

Il mondo esterno invia un’infinità di stimoli al nostro cervello (circa 10.000 al sec.) e quindi per una

legge di economia mentale noi decidiamo quali percepire e quali scartare. Stiamo punteggiando il

mondo esterno, non solo…

Questa punteggiatura avviene sia in entrata che in uscita (distorsioni, cancellazioni,

generalizzazioni) cioè, quello che noi diciamo e facciamo, deve passare attraverso la nostra

punteggiatura, cioè il nostro punto di vista.

Caratteristiche Preferenziali (attenuazione, deformazione, interferenze)

1) Non deve alterare la forma della modulazione (deformazione);

2) Non deve introdurre modulazioni estranee (rumore);

3) Non deve attenuare l’intensità della modulazione, altrimenti si può ricorrere ad un amplificatore (attenuazione). Le preferenziali danno la qualità del canale, esso richiede che il messaggio emesso dalla sorgente venga codificato in una forma adatta alla sua

caratteristica modulabile. È necessaria quindi la presenza di un dispositivo che trasformi il messaggio da trasmettere in forma tale da adattarlo al tipo

di modulazione consentito dal canale (codificatore di canale).

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“In un laboratorio di psicologia gli scienziati stavano facendo un esperimento…

Volevano insegnare a dei topi che premendo la leva del cibo potevano decidere

loro quando mangiare e così fu…

Conclusioni dello scienziato: “Abbiamo insegnato ai topi che quando vogliono il

cibo devono premere la leva…

Facile no?

Mmmm…

Cambiamo punto di vista.

Mettiamoci nei panni del topo.

Il topo direbbe ai suoi amici topolini: avete visto? Ho addestrato quest’uomo in

modo che ogni volta che premo questa leva lui reagisce dandomi da mangiare.”

Evidentemente il ratto della barzelletta vede la stessa sequenza S-R (stimolo-Risposta)

diversamente dallo sperimentatore. È quindi necessario punteggiare (imporre una

Gestalt/ordine/forma) alle sequenze di eventi (comprendenti anche gli “eventi comunicativi”) che ci

circondano. Gli psicologi della Gestalt hanno dimostrato (già nel 1920) che questo ordinamento è

radicato negli strati più profondi della neurofisiologia delle nostre percezioni, qualsiasi forma di

comunicazione richiede qualche tipo di punteggiatura.

Quindi noi manipoliamo la realtà, per punteggiarla nel nostro cervello.

Tutto questo cosa crea in noi?

Ciò cambia il nostro modo di vedere il mondo.

Da quando nasciamo (in realtà anche nella vita intrauterina), noi percepiamo il mondo e ne

facciamo esperienza, formando una struttura di conoscenze analogico-digitali (Sistemi di Mappe)

che corrispondono ad una serie di norme inconsce sul come organizzare la varietà di stimoli.

Queste “mappe” precisamente cosa sono?

Eccone un esempio:

Provate a confrontare (le cartine geografiche della prossima pagina) la proiezione della terra

concepita da Mercatore, 1569 (a partire dal punto di vista di uno che abita in Germania) con un

mappamondo.

Vedrete che la Germania è al centro della carta del mondo, mentre nella realtà, è più a Nord. E che

l’Europa (9,7 milioni di km quadrati) appare più grande del Sudamerica (17,8 milioni).

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Peters ha recentemente ridisegnato una carta del mondo che rispetta le aree e le posizioni reciproche

dei continenti... Stupefacente la differenza vero????

Quando costruiamo una mappa utilizziamo tre filtri (che agiscono sia in funzione di Input che di

Output):

1) Deformazioni: deformiamo la realtà, sia la cartina di Mercatore che di Peters non sono

neanche lontanamente vicine alla realtà del territorio.

2) Generalizzazioni: generalizziamo la realtà, Mercatore ha disegnato tutti i fiumi blu e le città

come pallini, gli uomini sono tutti … e le donne tutte … i politici sono tutti ladri… Ecc.

3) Cancellazioni: cancelliamo ciò che non ci interessa o che ci da fastidio, come ad esempio

Mercatore non ha messo le strade, le ferrovie ecc.

Il vero problema che ora si pone è che nel rapporto di comunicazione, le mappe delle persone si

scontrano tra loro e più si cerca di capire l’altra mappa, più si andrà d’accordo, e più si potrà tentare

di portare l’altro verso la propria mappa… Sembra una cosa scontata ma non è così.

Ricordatevi sempre:

La Mappa non è il Territorio. Giusta realtà.

Molte persone sono disposte a difendere a tutti i costi la propria mappa e la propria visione del

mondo, creando spesso situazioni “tese” a livello comunicativo, in quanto per difendere la nostra

mappa non siamo disposti a cercare di capire quella dell’interlocutore e negandola sempre anche se

evidentemente corretta.

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“B. Skinner aveva un gruppo di studenti che avevano svolto una gran mole di ricerche su

ratti e labirinti. Un bel giorno qualcuno chiede: ma che differenza c’è tra un ratto e un essere

umano? Ora, dato che i comportamentisti non sono particolarmente svegli, questi decidono

di farci sopra un esperimento. Costruiscono quindi un enorme labirinto a misura d’uomo.

Quindi prendono un gruppo di controllo composto da ratti, ed insegnano loro ad attraversare

un piccolo labirinto per raggiungere un pezzo di formaggio. Poi prendono i soggetti umani

ed insegnano loro ad attraversare il labirinto grande per raggiungere un biglietto da 5 $.

Quando confrontano i dati non riscontrano nessuna differenza significativa…

Il dato statistico veramente interessante viene fuori quando gli sperimentatori svolgono la

parte finale dell’esperimento. Tolgono il biglietto da 5$ e il formaggio, e dopo un certo

numero di tentativi i ratti smettono di percorrere il labirinto. Gli esseri umani invece non si

fermano affatto… sono ancora laggiù… si insinuano nel laboratorio col favore delle

tenebre.”

I topi non si sentono tenuti a proteggere la propria identità difendendo le loro ipotesi e le loro

convinzioni. Alcuni (in realtà molti) esseri umani, invece fanno di tutto per difenderle.

Cerchiamo di migliorarci giorno per giorno, evolviamo. Le cose dipendono dal punto di vista dal

quale si guardano.

Esercizi sulla SINCRONIZZAZIONE?18

La sincronizzazione è il processo mediante il quale si stabilisce uno stretto contatto con il livello

“conscio” e “inconscio” di un interlocutore. Cambiare le parole (a livello conscio) non basta.

La qualità della comunicazione tra individui dipende da fattori soprattutto “inconsci”.

Se ascoltate un amico depresso e ripiegato su se stesso, che ha bisogno di confidarsi, mentre voi lo

guardate stando con le mani incrociate dietro la testa, le gambe distese, il sorriso sulle labbra, potete

certamente scommettere che egli non si sentirà molto compreso, malgrado le vostre affermazioni

contrarie.

La sincronizzazione consiste nel riflettere verso l’altro la propria immagine, nell’inviargli dei

segnali non verbali che egli può facilmente identificare in modo inconscio con i suoi e che sono

allora per lui altrettanti segni di riconoscimento. La Sincronizzazione instaura un clima di

confidenza che dà, al nostro interlocutore, il desiderio di dire di più, perché si sente ascoltato e

riconosciuto per quel che è. Finisce insomma per creare un “rapporto” che ci permetterà passo dopo

passo di condurre il colloquio.

I parametri sui quali ci si sincronizza sono di due tipi: verbali e non verbali.

Per ora ci limiteremo ai non verbali, essi sono: la sincronizzazione posturale, gestuale, vocale,

micro-comportamentale (testa, viso, respirazione).

S. Posturale: il nostro interlocutore può essere in piedi, diritto, sbilanciato, seduto, le gambe

incrociate ecc. ecc.

S. Gestuale: i gesti di chi ci sta davanti possono essere pochi o abbondanti, ampi o discreti, tondi o

ad angoli, possono accompagnare il discorso (con le mani) o essere quasi automatici (piede).

S. Vocale: riguarda il flusso verbale, il volume e il ritmo della voce.

S. Micro-comportamentale: Testa (può essere diritta, inclinata a Dx o a Sx, scossa dal basso in

alto, scossa lateralmente, piegata in avanti gettata all’indietro ecc.), Viso (la fronte può essere

corrugata o liscia, le sopracciglia alzate o aggrottate, gli occhi sgranati o strizzati, lo sguardo intenso

o spento, il naso arricciato, dritto, le labbra mordicchiate, la lingua può essere sulle labbra e il viso

18 Da “80 giorni per capirsi” ed. I libri dell’altra scienza.

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può essere attraversato da smorfie diverse), Respirazione (può essere toracica, addominale, ritmata,

interrotta da sospiri).

La sincronizzazione può essere diretta (secondo uno stesso parametro) o crociata (scegliendo un

parametro per un altro). Se il mio interlocutore è seduto ben dritto con le gambe incrociate, le

braccia sui braccioli, io posso riprodurlo rigorosamente oppure incrociare le braccia al posto delle

gambe.

Non è necessario sincronizzarsi su TUTTI i parametri, in generale ne bastano 3-4 diversi.

In genere le donne hanno un tono un po’ più acuto degli uomini, ma come docenti voi avete la

possibilità di confrontarvi sia con uomini che con donne.

Nota che la sincronizzazione vocale facilita la sincronizzazione gestuale.

Sappiamo che tutti i nostri gesti si spostano con il ritmo della nostra voce.

Se non fai la sincronizzazione avrai poche possibilità di stabilire un clima di empatia con il soggetto

e non riuscirai a farti capire completamente.

Se sei sincronizzato hai la possibilità di entrare subito in empatia con il soggetto e la persona si

sentirà ascoltata e accettata per quel che è.

Il tuo è un lavoro importante e meriti di essere ascoltato e compreso. Accettare l’altro nella sua differenza, è manifestargli rispetto.

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RISPECCHIAMENTO Da oggi, affineremo ancor di più lo strumento della sincronizzazione.

Rispecchiare vuol dire entrare in sintonia, con rispetto e delicatezza, senza cadere nell’invadenza o

infastidire.

Questa tecnica ha il vantaggio di creare rapport, senza necessariamente conoscere il vissuto

dell’individuo né condividerlo. La padronanza di quest’abilità potrà, ad esempio, incidere

positivamente su un colloquio clinico, su un’interrogazione scolastica, una vendita o una semplice

discussione.

Naturalmente “rispecchiare” non significa “scimmiottare”.

Se l’interlocutore agita nervosamente un piede, si può agitare la mano in base al suo stesso ritmo.

Se il soggetto cambia postura, dopo pochi secondi lo si seguirà in quella nuova; se sta parlando, si

aspetterà che finisca il discorso e quando cominceremo a parlare cambieremo la nostra postura

adeguandoci a quella del soggetto.

Rispecchiare significa che, se chi si ha di fronte alza il braccio sinistro, chi ricalca dovrà alzare il

braccio destro, come se fosse davanti a uno specchio (mirroring). Dopo aver rispecchiato

l’interlocutore per un po’ di tempo, si noterà che sarà lui a seguire la vostra postura.

Questo significa che si è stabilita la giusta sintonia, si è accettata l’altra persona.

L’accettazione crea la base per il proseguo del discorso.

Esercizio RICALCO E GUIDA

Oggi, avrai un colloquio di almeno 10 minuti con una persona. Sincronizzati sulla postura generale,

sui gesti, sui movimenti della testa, sul volume e sul flusso della voce. Quando ritieni di essere ben

sincronizzato, allora modifica uno dei parametri, per esempio le gambe o le braccia, incrociandole

o disgiungendole o, ancora, modifica l’inclinazione del tronco.

E’ importante modificare un solo parametro.

Verifica poi se l’interlocutore modifica simmetricamente o in modo crociato la sua postura (cioè

controlli se sei in guida). Altrimenti cerca un’altra modificazione.

Ti consiglio di compiere questa modificazione nel momento in cui poni una domanda.

Comprendere la tua domanda e risponderti, impone al tuo interlocutore di mantenere il tono del

dialogo che avrai instaurato sin dall’inizio del colloquio. Allora, inconsciamente, “per restare in

fase” egli modificherà in modo simile al tuo, il suo comportamento. Ecco qualche suggerimento per

la modificazione dei parametri della sincronizzazione; cambia l’inclinazione della testa; cambia

l’inclinazione del busto; sospira; diminuisci o aumenta il volume della voce, accelera il flusso delle

parole, fai un gesto della mano per sottolineare una frase. Ricordati che anche il tuo interlocutore

può reagire in modo crociato. Per esempio, se fai un gesto ampio e lento col braccio sinistro egli

potrà seguirti con un movimento di testa e del sopracciglio.

Esercizio DESINCRONIZZAZIONE Oramai sei già pratico nella sincronizzazione non verbale. Ricordati che questa sincronizzazione è

fondamentale in occasione di un incontro, con chiunque, e che è sempre ad essa che bisogna

rivolgersi quando appare un problema di comunicazione con un interlocutore.

Oggi farai il contrario. Scegli una persona sulle quali ti sincronizzerai, su almeno 4 parametri a tua

scelta.

Verifica di essere in rapport ed in guida.

Fatto ciò, desincronizzati completamente, modificando tutti i parametri non verbali nello stesso

momento e osserva il risultato della tua azione sull’interlocutore (non prolungare questa fase più di

30 secondi) e poi risincronizzati. Modificare tutti i parametri insieme vuol dire che, se sei seduto

davanti al tuo interlocutore, puoi scattare in piedi, girarti di spalle e parlare a voce alta

allontanandoti.

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La sensazione più spesso provata è spiacevole, sia per sé che per l’altro. La perdita di contatto è

netta e il sentimento d’incomprensione sovente inquietante.

Ma ricordati che molto spesso le persone lo fanno inconsciamente per porre fine ad una discussione

o per dimostrare il loro disaccordo.

Ti è mai capitato che mentre facevi un colloquio scolastico con un genitore squillasse un cellulare?

Oppure che qualche collega o parente entrasse all’improvviso nella stanza?

Ora sai cosa si prova durante la desincronizzazione e sai come fanno a farlo, e quando succederà,

potrai tranquillamente risincronizzarti e scegliere il modo migliore per riprendere e proseguire la

conversazione.

L’ultimo parametro su cui puoi sincronizzarti per stabilire un buon rapport (il più potente ed

efficace) è la “respirazione”, essa può essere:

1) toracica

2) addominale

3) all’altezza del plesso

I Registri sensoriali Nel libro Flow, il biologo Mihaly Csikszentmihalyi19 afferma che siamo costantemente bombardati

da oltre 2.2 milioni di bits di informazioni al secondo attraverso i nostri sensi. Ed il sistema nervoso

non è in grado di fare attenzione a questa immensa quantità di impulsi istantaneamente senza andare

completamente in tilt!

Dunque il sistema nervoso è impegnato costantemente a eliminare tutto ciò che non è necessario.

Dai 2.2 milioni di bits di informazioni riusciamo soltanto ad elaborare circa 134 bits di informazioni

al secondo.

C’è una differenza tra questi due numeri?

Percentualmente questo significa che computiamo lo 0.000061 per cento delle informazioni che

stiamo ricevendo. Il problema è che circa il 90 per cento degli elementi che determinano il nostro

focus sono ancora a livello inconscio.

Einstein diceva che “siamo inscatolati dalle limitazioni del nostro pensiero”.

C’è una varietà infinita di esperienze e di possibilità, tutto dipende da questa domanda: Su quali

canali ti stai sintonizzando?

La gente si collega su diversi canali a seconda della loro definizione di identità, a seconda delle loro

esperienze, delle loro strategie e dei loro riferimenti.

La buona notizia è che questi elementi possono essere cambiati20.

Per una legge di economia mentale e per proteggere il cervello dal sovraccarico di informazioni

utilizziamo dei filtri per difenderci, è noto che gli esseri umani hanno esperienza di se stessi e del

mondo attraverso i 5 sensi o modalità sensoriali (vista, udito, tatto, olfatto e gusto, Fig. 521).

19 Csikszentmihalyi M., Flow, Harper Perennial,1990. 20 Per un approfondimento in materia, si veda il sito della International Isi-Cnv del Dr. Marco Paret, http://www.neurolinguistic.com. 21 Granchi G., Pirovano F., PNL Comunicare per vendere, De Vecchi editore, Milano, 2002.

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Fig. 5

Se immaginassimo di essere a casa di un conoscente ed essere colti da un blackout di notte, o di

essere in un’area urbana di traffico intenso, in un momento in cui i clacson delle auto impediscono

di udire quello che dice la persona accanto a noi, molto probabilmente l’esperienza della realtà

risulterebbe profondamente modificata.

Mancherebbe una piena percezione visiva e auditiva di quanto sta accadendo nel mondo circostante.

Questo avviene perché le persone, attraverso i 5 sensi: decodificano, organizzano e immagazzinano

i dati e gli impulsi che arrivano dalla realtà esterna.

Le modalità sensoriali in PNL vengono anche definite “sistemi rappresentazionali” poiché si

riferiscono al modo in cui le persone rappresentano la realtà a loro stesse.

Durante la comunicazione con un soggetto è utile comprendere i processi attivati per interpretare gli

eventi, i comportamenti e le esperienze, e come reagisce ad essi, o meglio, quale rappresentazione

ne dà. Identificare i sistemi rappresentazionali usati dal paziente è uno dei modi che il medico ha

per avvicinarsi a comprendere la mappa della realtà del suo interlocutore.

Ogni persona utilizza uno o più sistemi rappresentazionali in modo prevalente rispetto ad altri (e

quindi privilegia la modalità visiva, auditiva, tattile, olfattiva e gustativa) a seconda del momento

che sta vivendo, dell’esperienza che sta facendo, delle condizioni fisiche e psicologiche in cui si

trova e così via.

Il senso, usato in maniera prevalente, per gestire le informazioni, viene chiamato “sistema

rappresentazionale primaio o preferenziale” e include anche l’utilizzo degli altri sensi, anche se in

maniera minore.

Non abbiamo ritenuto di esaminare in particolare i sensi del gusto e dell’olfatto in questo libro

perché, almeno nella nostra cultura, non trovano impiego preminente nelle strategie organizzative22,

pur essendo efficacissimi per dare innesco a 4-ple23 del passato. Un certo odore o un certo gusto ci

possono catapultare rapidamente in una ricerca transderivazionale.

Comprendere se il genitore o lo studente stia elaborando le informazioni utilizzando immagini,

suoni o sensazioni è uno strumento ulteriore per riuscire a “connettersi” con lui: vale a dire, per

fargli sentire che viene ascoltato, compreso, seguito, e quindi per renderlo più disponibile a

collaborare attivamente ad una rapida risoluzione del problema, migliorando sensibilmente la

compliance.

Vi sono persone che prediligono elaborare le informazioni attraverso le immagini, i suoni o le

sensazioni.

Ad esempio, dopo aver visto un film, in un gruppo di persone ci saranno alcuni che hanno prediletto

la colonna sonora o gli effetti acustici, altri la scenografia o gli effetti speciali, altri la “vibrazione” e

22 Per strategie si intende una sequenza di attività che si svolgono nei nostri sistemi rappresentazionali sensoriali. Per un approfondimento sulle

strategie in PNL si veda: Bandler R., Grinder J., Programmazione Neuro Linguistica, op. Cit. 23 La 4-pla (o quadrupla) prevede che tutti i nostri sensi (VAKO) stiano elaborando in ogni momento qualche rappresentazione, proveniente tanto da

fonti interne quanto da fonti esterne.

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l’atmosfera che si è creata grazie al film. Gli esseri umani si rappresentano il mondo attraverso tre

criteri differenti: il “sistema visivo”, quello “auditivo” e quello “cenestesico”, legato alle sensazioni.

I tre sistemi rappresentazionali, in realtà lavorano in sinergia, tuttavia ogni essere umano “si

specializza” in uno di questi, questa preferenza influenza profondamente il modo di pensare, le

forme linguistiche ed il comportamento. Interpretando l’orientamento rappresentazionale

dell’interlocutore, si sarà in grado di calibrare la propria comunicazione nei confronti della sua

realtà soggettiva, costruendo quindi un’interazione comunicativa basata sul “rapport inconscio”.

I 5 sensi oltre a funzionare come filtro di input, operano anche come filtri di output, essi si

manifestano esteriormente attraverso:

a) LEM (Lateral eyes movements);

b) Utilizzo dei Predicati;

c) Paraverbale;

d) Movimenti delle mani;

e) Modalità di respirazione.

Lateral Eye Movements

Robert Dilts e suo padre hanno osservato che i movimenti involontari degli occhi non erano diretti a

caso in questa o quella direzione, ma erano correlati al nostro modo di pensare.

A seconda che noi formiamo delle immagini mentali (costruzione, ricezione e formazione delle

immagini, trancio sensoriale “V”, visivo), che ci parliamo (e quindi ci diciamo qualcosa, chiamato

accesso oculare di dialogo interno “Di”), che ricordiamo o immaginiamo dei suoni, delle canzoni,

delle frasi (modalità auditiva “A”) o che proviamo delle emozioni (“K” cenestesico24), dirigiamo i

nostri occhi in certe direzioni piuttosto che in altre (Fig. 6).

24 Si definisce cenestesico tutto ciò che concerne le sensazioni e le emozioni, per esempio, avere la gola serrata, aver caldo, sentirsi triste, prendere in

mano la situazione.

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Fig. 6 Lateral Eye Movement

I LEM non ci informano per nulla su ciò che la persona pensa, ma unicamente sul sistema che

utilizza, in quel preciso momento, per rappresentarsi e formare il pensiero che ha trasmesso in

parole. L’osservazione dei LEM (Lateral Eye Movement) serve principalmente ad adattarsi meglio

al nostro interlocutore adottando una modalità di comunicazione appropriata alla sua modalità di

rappresentazione delle cose.

Conoscere tali informazioni è utile per rapportarci all’interlocutore, infatti, potremo parlare

accordandoci con la sua specifica maniera di ragionare. Facendo leva sull’utilizzo del sistema

sensoriale, ci troveremo automaticamente a comporre frasi che si accordano con le sue attitudini

mentali. Globalmente, e per la maggior parte delle persone (per i mancini sono invertiti), le

rappresentazioni mentali visive si accompagnano a movimenti degli occhi, sia verso l’alto che

davanti a sé.

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Visivo: Verso l’alto, lo sguardo può andare a sinistra, al centro o a destra (Fig. 7). Davanti a sé,

corrisponde all’espressione “avere gli occhi nel vago”, lo sguardo è sfocato, le pupille sono spesso

un po’ dilatate, in alto a Sinistra è probabile che l’interlocutore stia immaginando una scena o la stia

costruendo, in alto a Destra è probabile che l’interlocutore stia ripescando un’immagine dalla

memoria e la stia ricordando. Questi movimenti, chiamati accessi visivi, sono molto variabili, più o

meno lunghi e più o meno marcati.

Fig. 7

Auditivo: Gli occhi si muovono sullo stesso asse orizzontale (Fig. 8), spesso i movimenti sono

ridotti e a livello. A livello a sinistra l’interlocutore spesso sta costruendo un suono, una parola o

delle note musicali, a livello a destra l’interlocutore sta ricordando un suono, un discorso, una

musica ecc.

Fig. 8

Dialogo interno: Quando una persona si parla interiormente, in modo particolare quando è immersa

nei suoi pensieri (Fig. 9), tende sovente a dirigere gli occhi in basso a destra (o posizione del

telefono), nel “Di” troviamo: le voci parentali, ripetersi la domanda, ascoltare la propria voce…

Cenestesico: Quando l’interlocutore ritrova o vive dei sentimenti o delle sensazioni, si può vederla

dirigere lo sguardo in basso a sinistra (Fig. 9).

N.b. le emozioni non si possono ricordare, ma si vivono sempre al presente, quando si pensa ad una

sensazione passata, presente o futura, la viviamo al momento, al qui e ora.

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Fig. 9

N.B.

I LEM non ci informano per nulla su ciò che la persona pensa, ma unicamente sul sistema che ha

utilizzato, in quel preciso momento, per rappresentarsi e formare il pensiero che ci ha trasmesso in

parole.

Punto Per Punto 1) L’essere umano ha esperienza del mondo attraverso i suoi 5 sensi.

2) I registri sensoriali possono essere riassunti nel VAK (Visivo, Auditivo e Cenestesico).

3) Ogni essere umano predilige uno dei sensi per interpretare il mondo.

4) I movimenti degli occhi sono uno strumento per individuare quale registro il nostro

interlocutore sta utilizzando.

5) Gli occhi in alto indicano il registro visivo, a livello orizzontale indicano l’auditivo e in

basso indicano o il cenestesico o il dialogo interno.

6) Capire il registro utilizzato dal nostro interlocutore ci permette di capire come pensa e

quindi di riuscire a spiegarci in modo tale da essere immediatamente compresi.

Cerchiamo di migliorarci giorno per giorno.

Evolviamo.

Le realtà dipende dal punto di vista dalla quale si guarda.

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I Predicati Che cosa sono i Predicati?

Questa parola designa l’insieme dei sostantivi, verbi, aggettivi, avverbi, appartenenti al registro

sensoriale utilizzato da una persona quando parla.

Ci interessa nella misura in cui rinvia a una modalità di rappresentazione del mondo che la persona

privilegia. Quando qualcuno ti dice “vedo bene che il nostro progetto si svolge come lo abbiamo

immaginato”, puoi essere quasi sicuro che il tuo interlocutore ha davvero costruito una o più

immagini mentali di questo progetto.

Tutto ciò che non rientra nel VACO (Visivo-Auditivo-Cenestesico e Olfattivo/Gustativo) fa parte di

predicati “neutri”.

Tutti i discorsi tecnici e politici ne sono infarciti.

Identificare i predicati serve a comprendere come il nostro interlocutore vive ciò che racconta.

In un dialogo, sia terapeutico, sia commerciale o semplicemente amichevole, essere attenti ai

predicati permette di riformulare i discorsi che ci vengono fatti e di porre delle domande, con tatto,

nello stesso registro sensoriale.

Questo contribuisce a facilitare il dialogo senza destabilizzare il nostro interlocutore, ma anzi ad

aumentare fluidità e ricchezza.

I predicati si differenziano tra loro a seconda dei differenti sistemi di rappresentazione utilizzati dai

soggetti (Tab. 5).

Visivo

Quadro, sfondo, quadrare, vedere, guardare, mostrare, nascondere, chiarire, illuminare, visualizzare, prospettive, immagine, chiaro, lampo, luminoso, scuro, brillante, colorato, sfocato, vedere tutto rosa, punto di vista, scena, a prima vista, è inimmaginabile, è chiaro che, chiaramente, apparire, apparizione, arrossire, brillante, buio, colorito, comparire, cristallino, focalizzare, fotografica, illuminante, illuminazione, incupirsi, inquadrare, luccicante, luminoso, mostrare, opaco, oscuro, osservare, panoramica, prospettare, giallo (tutti i colori), scena, scintillante, sguardo, specchiata, splendido, rispecchiare, trasparire, visione, visto...

Auditivo

Sentire, parlare, dire, ascoltare, raccontare, suonare, dialogo, beninteso, accordo, disaccordo rumore, suono, sonoro, tonalità, nota, melodioso musicale, discordante, rumorosamente, questo suona giusto, questo non mi dice niente, silenzioso, voce, mi suona bene, accentuato, altisonante, armonico, ascoltare, assordante, boato, brusio, cacofonico, chiacchierare, clamoroso, convocare, dialogo, discussione, eco, fragoroso, frastornato, grido, inaudito, interlocutore, melodioso, musicale, muto, rauco, richiamo, risuonare, roboante, scampanellio, sconcertato, scricchiolio, sgridare, silenzioso, sinfonia, sintonia, stordito, stridulo, sonoro, suonare, stonare, sussurro, tonalità, udire, zittire…

Cenestesico

Il nucleo dell’azione, saltare di palo in frasca, prendere in mano la situazione, pelle d’oca, afferrare, troncare, tappare, tastare, palpare, toccare con mano, galleggiare, pressione, in contatto con, relax, concreto, (in)sensibile, tenero solido, molle, ferire, aderire, afferrare, affilato, agguantare, caldo, caloroso, consistenza, crollare, duro, freddura, glaciale, impatto, impressionare, liscio, maneggiare, mellifluo, morbido, pesante, presentimento, pressione, pungente, rigido, ritmo, ruvido, sensibile, sgusciare, soffice, solido, solleticare, sondare, soppesare, tensione, toccare, viscerale, viscoso...

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Olfattivo

Odore, subodorare, profumo, la cosa mi puzza, pecunia non olet, fiutare, profumo di casa, odore acre

Gustativo

gustare, salivare, assaporare, degustare, disgustoso, sapore succoso, zuccherato, non è uno zuccherino, è un conto salato, sbavare dietro, dolce, salato, acido

Neutro

Pensare, capire, sapere, imparare, riflettere, ricordarsi, credere, rendersi conto, gestire, creare, fallire, cosciente, scegliere, interiorizzare, metabolizzare, dividere, comprendere, interessarsi, etc.

Tab. 5

L’importanza dell’utilizzo di predicati adeguati all’interlocutore consiste nel permettere alla persona

di capire al meglio ciò che gli viene detto.

Per rendere ancora meglio l’idea ti scrivo alcuni modi di dire che ho sentito, se ti vengono in mente

altre frasi puoi arricchire la lista (più ne scrivi, più avrai la libertà di poter utilizzare i predicati

sensoriali più adeguati alla situazione che vivi):

Visivi: mettere in luce, messa in scena, già me lo prefiguro, figurati, dà un’occhiata a questo, tieni

d’occhio quello, ci sono buone prospettive di crescita, mettere a fuoco, dal mio punto di vista, alla

luce di ciò, vediamo un po’ cosa si può fare, immagina, è chiaro, è lampante, fammi un quadro della

situazione, è un tipo brillante, schiarisciti le idee, dopo la litigata si sono chiariti, vedo un futuro

roseo, ho passato una notte in bianco, non ci vedo più dalla fame, l’amore è cieco, ne ha fatte di tutti

i colori...

Auditivi: è inaudito, è un vecchio detto, sono tutte dicerie, apri bene le orecchie, dar voce a chi non

può, voci di corridoio, corre voce che, farlo in sordina, dare il la, ha avuto una clamorosa occasione,

sei monotono, sono tutt’orecchi, moneta sonante, gli gridai un tonante “vai a quel paese”, ha un

titolo altisonante, come ti suona? sono sconcertato, abbassate i toni, mi brontola lo stomaco, muto

come un pesce, sei un brontolone, e come disse il saggio, riecheggia nell’eternità...

Cinestesici e olfatto-gustativi: quel ragazzo è una testa calda, che amarezza, mi sta simpatico a

pelle, ha sempre avuto un gran naso, tieni duro, c’è stato qualche dissapore, lavorare sodo, toccare

con mano, questa situazione mi puzza, non me la sento, con quel primario devi pesare le parole, è

pieno di sé, è cotta di me, mi sono già scottato una volta, mi hai passato la patata bollente, questo

aumento me lo sono sudato, ne porto il peso sulle spalle, prendi le cose con più leggerezza, ha un

passo felpato, non l’ho digerita, avere l’acquolina in bocca...

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Per padroneggiare ancora meglio i predicati immagina di essere una di queste scimmiette.

Come ti esprimeresti se NON potessi usare uno dei tuoi sensi?

Se non potessi utilizzare la tua vista diresti cose del tipo: “Sei una persona luminosa”; “Sei verde

d’invidia”; “Alla prossima riunione ti farò il quadro della situazione”; “Il rosso del sole al

tramonto”?

E negli altri casi?

N.B. Molto spesso i predicati sono nel registro neutro. Ma la struttura e il tema del discorso che

seguono un movimento oculare possono confermare il tipo di rappresentazione al quale la persona

ha fatto appello. Puoi quindi riuscire a guidare la conversazione ed aiutare la persona a chiarire i

propri pensieri.

Ti è mai capitato di discutere animatamente con una persona per poi scoprire che stavate dicendo la

stessa cosa?

A volte capita che noi parliamo solo col nostro sistema principale senza preoccuparci di constatare

se l’altro utilizza gli stessi nostri codici.

Se non utilizzi gli stessi predicati dei tuoi interlocutori spesso ti capiterà di dire le stesse cose e

magari anche discutere e infine dire: “quella persona proprio non mi capisce”.

Se la pensi così, ti chiediamo: chi guida l’autobus della tua vita?

Ricorda: l’effetto della comunicazione è nel responso che si ottiene, se la persona non ti capisce sii

flessibile perché probabilmente non ti stai esprimendo al meglio.

Non deputiamo all’esterno da noi la responsabilità della nostra vita, sarebbe come dare il potere

sulla tua vita al primo che passa, iniziamo ad essere noi gli autisti dell’autobus della nostra vita.

Noi siamo gli osservatori e, l’osservato, dipende dal nostro punto di vista.

Se fai questi esercizi vedrai, udirai e sentirai un cambiamento nelle persone che ti circondano, molti

rapporti verranno risanati e avrai la possibilità di spiegarti al meglio.

Punto Per Punto 1) Verbalmente le persone si esprimono attraverso le parole.

2) I predicati che le persone utilizzano ci indirizzano sul loro modo di interpretare il mondo.

3) Sincronizzarci sul modo di parlare ci permette di farci capire da chi ci ascolta.

4) Spesso i libri, gli articoli di giornale e le persone parlano attraverso predicati neutri.

5) Per essere capiti è utile e giusto esprimerci attraverso i predicati sensoriali.

6) Diventiamo gli autisti dell’autobus della nostra vita.

Per poter cambiare, migliorare e diventare un’altra cosa

dobbiamo prima sapere cosa siamo e come pensiamo

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Indicatori non verbali Un altro parametro per individuare il registro sensoriale è il movimento delle mani, è curioso notare

come alcune persone gesticolano o toccano gli oggetti, alcuni li sfiorano, altri li tengono con le

estremità delle dita, altri li afferrano saldamente. Le mani sono un’estensione della nostra persona e

le utilizziamo per sottolineare i discorsi che facciamo, le usiamo per indicare, per cercare

approvazione. Facendo gli esercizi precedenti sulla sincronizzazione gestuale avrete notato quanto

possono essere diversi i modi di gesticolare.

I visivi fanno spesso uso di una modalità indicatoria. Nella loro mente tende a crearsi un’immagine

completa ed i gesti della mano tenderanno perciò ad “indicare” quello che nasce dalle loro

immagini mentali, dunque hanno l’indice puntato oppure la mano tagliente.

Gli auditivi (o superlogici), tendono a mettere le dita a cerchio o a muoverle con piccolissimi

movimenti, spesso è possibile trovarli nella tipica “posizione al telefono”. Sono riflessivi e spesso

stanno in Di (Dialogo interno). L’indole di questo tipo di persona lo porta ad analizzare le situazioni

in maniera logica, a far largo uso del “perché”, a ragionare sulle cose, a dare molta importanza ai

dati e alle spiegazioni strettamente logiche.

Avete mai notato quanta gente abbia un atteggiamento del genere?

Generalmente giocherellano con le dita, effettuano piccoli movimenti con le mani.

A volte giocherellano con oggetti. Un altro gesto frequente è il girare la matita o la biro su sé stessa.

Normalmente dobbiamo utilizzare il linguaggio logico per vincere la loro confidenza.

A volte un superlogico, può diventare indicatorio quando ha un’idea. Diciamo questo per aiutarvi a

comprendere come la comunicazione non verbale è qualcosa di fluido, ed una posizione

comunicazionale può essere seguita da un’altra. I cenestesici vogliono ottenere approvazione per il

risultato ottenuto, in genere hanno le mani con il palmo verso l’alto e generalmente separate, con

gesti molto lenti.

La persona cenestesica (tendenzialmente o in un particolare momento) è propiziatrice, vive ed

esprime la sua emozionalità in tale maniera e ricerca un contatto fisico con l’interlocutore, vi è mai

capitato un paziente che parla molto lentamente e che vi tocca quando vi parla?

RESPIRAZIONE: Molto bene, nel fare gli esercizi precedenti non so se hai fatto caso anche a

come è diverso il modo di respirare delle tre tipologie V-A-K.

I visivi o indicatori hanno un respirazione “alta”, cioè respirano con la parte alta del petto (fig. 10),

mentre gli auditivi o superlogici respirano con la parte “mediana” del petto (all’altezza dello

sterno), i cenestesici respirano con la parte “bassa” (con l’addome).

Fig. 10

COMUNICAZIONE MeDAMS 2018

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Punto per Punto

1) Le mani possono indicarci molto sul canale sensoriale della persona con la quale stiamo

parlando;

2) Le mani possono aiutarci ad individuare un tipo indicatorio (V), un superlogico (A) o

propiziatorio (K);

3) Il respiro può essere alto (V), medio (A) o basso (K);

4) Il ricalco sul respiro è uno dei parametri più potenti per sincronizzarsi.

Il Flusso della voce

Gli ultimi due parametri utili ad individuare il registro sensoriale utilizzato dal vostro interlocutore

sono il “flusso” della voce e la posizione del corpo nello spazio.

Il flusso della voce lo abbiamo già incontrato negli esercizi sulla sincronizzazione.

Per flusso, si intende la velocità con la quale una persona parla, specificatamente il flusso può

andare da molto veloce a molto lento.

I visivi/indicatori parlano molto velocemente, le immagini nella loro mente scorrono più veloci

delle parole che emettono.

Gli auditivi/superlogici hanno due modi di parlare, il primo è un flusso molto regolare a velocità

media, non so se vi è mai capitato all’università di incontrare il professore che durante le sue lezioni

parlava sempre allo stessa velocità utilizzando sempre lo stesso tono di voce. Il secondo modo è

molto irregolare, passa da una velocità media ad una bassa o alta molto rapidamente, parla

velocemente poi fa delle pause e poi riprende, oppure modula il volume della voce da alto a basso

in modo irregolare e improvviso. Il cenestesico invece parla molto lentamente, sembra che soppesi

ogni parola che dice e, nel momento in cui esprime le sue sensazioni, le vive (ecco perché parla più

lentamente).

La postura nello spazio

L’ultimo parametro a nostra disposizione è la postura nello spazio.

- I visivi/indicatori in genere prediligono guardare l’interlocutore nella sua interezza, si posizionano

davanti alle persone per avere il “campo visivo” libero e per poter indicare oggetti e persone.

- Gli auditivi/superlogici in genere si posizionano al lato dell’interlocutore oppure davanti, ma con

la testa inclinata verso l’interlocutore per poter “porgere l’orecchio migliore”, la distanza può essere

anche ravvicinata ma sufficiente per poter passare nella “posizione al telefono”.

- I cenestesici/propiziatori amano stare molto vicini all’interlocutore spesso lo toccano e amano

farsi toccare, con loro la distanza può essere molto ravvicinata ed è consigliabile toccarli quando si

parla loro.

Se non fai questi esercizi rimarrai nel circolo vizioso della comunicazione mediocre, se finora hai

comunicato sempre allo stesso modo e hai ottenuto dei risultati non-desiderati non è il caso di

cambiare o no? Se fai questi esercizi allarghi la tua mappa ed estendi il tuo orizzonte.

Otterrai dei nuovi risultati che ti aiutano ad evolverti, a migliorare te stesso ed il mondo.

COMUNICAZIONE MeDAMS 2018

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Punto per Punto

Visivo Auditivo Cenestesico

LEM In alto e veloci A livello e piccoli In basso a sinistra e lenti

PREDICATI La vedo nera,

immagina il tuo futuro

scintillante…

Ti dico una cosa, ti racconto cosa è

successo…

È una sensazione opprimente, leggero

come una piuma…

MANI Indicatoria o di taglio,

abbondante, centrifuga,

descrittiva, veloce

M° Orchestra: dita a cerchio o

movimenti a bacchetta

Diapason: Lineare

Palmi verso l’altro e separati, gestualità

ridotta, centripeta, corporea, lenta

RESPIRAZIONE Alta - veloce Media e variabile o regolare Bassa - lenta

FLUSSO Velocità: alta

Volume: alto

Tono: alto

M° Orchestra – Diapason

Velocità: Irregolare o Regolare

Volume: Irregolare o Regolare

Tono: Irregolare o Regolare

(monotono)

Velocità: lenta

Volume: basso

Tono: profondo

POSTURA Frontali e campo visivo

sgombro

Di lato, porgono l’orecchio migliore o

posizione al telefono

Molto vicini, frontali o di lato, tendono

a toccare le persone.

Tab. 6

Se fai quello che hai sempre fatto

otterrai quello che hai sempre ottenuto

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N.B. Dott. Claudio Pensieri esperto di comunicazione sanitaria e bioetica. Tutto il materiale didattico distribuito durante il corso è coperto da copyright del

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