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Una classe per comporre un dizionario Claudio Beccari, Heinrich Fleck Sommario In questo articolo descriviamo la storia, lo sviluppo e le principali caratteristiche delle classi dictionary- SCR e xdictionarySCR, che permettono di comporre, rispettivamente con pdfL A T E XeX E L A T E X, dizionari tematici in una varietà di discipline. Abstract In this article we describe the history, the devel- opment, and the most relevant characteristics of classes dictionarySCR and xdictionarySCR, that al- low to typeset, by means pdfL A T E X and X E L A T E X respectively, thematic dictionaries in a variety of disciplines. 1 Premessa Nel 2010 abbiamo presentato un articolo sui mark (Beccari e Fleck, 2010) (parola che non abbia- mo voluto tradurre in italiano, perché ‘marca’ o ‘marchio’ non ci sembrano adeguati) che abbiamo usato in diversi modi durante la creazione della nostra classe dizionarioSCR, trovando poi finalmen- te una soluzione quasi ottimale, secondo le nostre necessità. Nello stesso tempo il Dizionario di Astronomia 1 , per il quale la classe veniva preparata, ha comin- ciato a circolare in bozza fra i cultori di questa scienza, ed è arrivato alle orecchie di un utente che aveva bisogno di scrivere un dizionario sullo scintoismo giapponese, settore disciplinare comple- tamente diverso dall’astronomia. Per adattare la classe alle sue esigenze, cioè di inserire nei lemmi in italiano anche delle brevi locuzioni in giappone- se, in cinese e in devanagari (sanscrito), abbiamo adattato la classe all’uso con X E L A T E X. Le classi in realtà erano due distinte per lavorare l’una con pdfL A T E X e l’altra con X E L A T E X; il nome è cambia- to in dictionarySCR, e finalmente è documentata (in inglese) con il file dictionarySCR.dtx. Per lavorare con X E L A T E X la classe si chiama xdictionary ed è documentata nel file xdictionary.dtx. Le due classi sono quasi identiche; le differenze riguardano solo il diverso trattamento delle lingue, (con il pacchetto babel con pdfL A T E X e con polyglossia in X E L A T E X), e il trattamento dei font (Type 1 con pdfL A T E X e OpenType con X E L A T E X). Questa duplicazione 1. Questo Dizionario di Astronomia non è ancora stato pubblicato, anche perché non è ancora finito; Heinrich Fleck lo ha cominciato nel 2009 e da allora vi sta lavorando sopra più per sua passione che per il desiderio di vederlo pubblicato. Chissà, forse in futuro. . . della classe non sarebbe necessaria se non si fos- sero voluti usare i font greci che con pdfL A T E X sono gestiti attraverso il pacchetto teubner; que- sto pacchetto però, non è ancora completamente compatibile con X E L A T E X. Per altro ora stiamo la- vorando ad una unificazione delle due classi in una sola, in modo che sappia gestirsi autonomamente con entrambi i programmi di composizione. Vale la pena di notare che le classi “inglesi” sono nate dalla originaria classe “italiana” e questo si riflette nel fatto che tutti i comandi specifici delle classi dictionarySCR e xdictionarySCR sono bilingui, come per esempio \vedilemma e \seeentry. Qui raccontiamo le nostre esperienze e mostria- mo alcune parti del codice. Lo scopo di questo articolo è mostrare che cosa la classe sia capace di fare. La classe non è ancora resa pubblica, perché secondo noi è ancora al livello “alpha”, non ancora al livello “beta”. Può darsi che la classe e un “cam- pione” del Dizionario compilato ma fornito assieme al codice sorgente, vengano posti a disposizione dei soci del g u It, nella sezione dei “Template”, di cui si è parlato nei giorni in cui stavamo scrivendo questo articolo. 2 Specifiche richieste per la compi- lazione dizionario Il nostro dizionario doveva essere composto su carta in formato A4, con una front matter composta a piena pagina, una main matter composta a due colonne, e una back matter di nuovo composta a piena pagina, in quanto avrebbe contenuto delle grandi e lunghe tabelle contenenti degli estratti dai cataloghi di stelle. La bibliografia e l’indice dei nomi degli astronomi e di vari altri personaggi storici, che avevano avuto importanza diretta o indiretta in astronomia, andavano messi nella parte finale del dizionario come ultimi elementi, entrambi composti di nuovo a due colonne. I lemmi del dizionario, ordinati alfabeticamente, sarebbero stati contenuti in apposite sezioni, al livello dei capitoli, il cui titolo consistesse nell’ini- ziale corrispondente. Tale lettera sarebbe dovuta apparire anche in ogni pagina del “capitolo” come /emphunghia 2 posta nel margine esterno sia sulle pagine di destra sia su quelle di sinistra. 2. In certi dizionari, in molte Bibbie, spessissimo in quel tipo di libretto che chiamiamo “rubrica”, dove il materiale è separato secondo la lettera iniziale oppure secondo i nomi abbreviati convenzionali dei Libri Sacri, queste informazioni vengono stampate nel margine esterno delle pagine di destra; spesso le pagine precedenti hanno un intaglio semicircolare in modo che il simbolo della lettera o del Libro Sacro appaia 31

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Una classe per comporre un dizionario

Claudio Beccari, Heinrich Fleck

SommarioIn questo articolo descriviamo la storia, lo sviluppoe le principali caratteristiche delle classi dictionary-SCR e xdictionarySCR, che permettono di comporre,rispettivamente con pdfLATEX e X ELATEX, dizionaritematici in una varietà di discipline.

AbstractIn this article we describe the history, the devel-opment, and the most relevant characteristics ofclasses dictionarySCR and xdictionarySCR, that al-low to typeset, by means pdfLATEX and X ELATEXrespectively, thematic dictionaries in a variety ofdisciplines.

1 PremessaNel 2010 abbiamo presentato un articolo sui mark(Beccari e Fleck, 2010) (parola che non abbia-mo voluto tradurre in italiano, perché ‘marca’ o‘marchio’ non ci sembrano adeguati) che abbiamousato in diversi modi durante la creazione dellanostra classe dizionarioSCR, trovando poi finalmen-te una soluzione quasi ottimale, secondo le nostrenecessità.

Nello stesso tempo il Dizionario di Astronomia1,per il quale la classe veniva preparata, ha comin-ciato a circolare in bozza fra i cultori di questascienza, ed è arrivato alle orecchie di un utenteche aveva bisogno di scrivere un dizionario sulloscintoismo giapponese, settore disciplinare comple-tamente diverso dall’astronomia. Per adattare laclasse alle sue esigenze, cioè di inserire nei lemmiin italiano anche delle brevi locuzioni in giappone-se, in cinese e in devanagari (sanscrito), abbiamoadattato la classe all’uso con X ELATEX. Le classiin realtà erano due distinte per lavorare l’una conpdfLATEX e l’altra con X ELATEX; il nome è cambia-to in dictionarySCR, e finalmente è documentata (ininglese) con il file dictionarySCR.dtx. Per lavorarecon X ELATEX la classe si chiama xdictionary ed èdocumentata nel file xdictionary.dtx. Le due classisono quasi identiche; le differenze riguardano solo ildiverso trattamento delle lingue, (con il pacchettobabel con pdfLATEX e con polyglossia in X ELATEX),e il trattamento dei font (Type 1 con pdfLATEXe OpenType con X ELATEX). Questa duplicazione

1. Questo Dizionario di Astronomia non è ancora statopubblicato, anche perché non è ancora finito; Heinrich Flecklo ha cominciato nel 2009 e da allora vi sta lavorandosopra più per sua passione che per il desiderio di vederlopubblicato. Chissà, forse in futuro. . .

della classe non sarebbe necessaria se non si fos-sero voluti usare i font greci che con pdfLATEXsono gestiti attraverso il pacchetto teubner; que-sto pacchetto però, non è ancora completamentecompatibile con X ELATEX. Per altro ora stiamo la-vorando ad una unificazione delle due classi in unasola, in modo che sappia gestirsi autonomamentecon entrambi i programmi di composizione.

Vale la pena di notare che le classi “inglesi” sononate dalla originaria classe “italiana” e questo siriflette nel fatto che tutti i comandi specifici delleclassi dictionarySCR e xdictionarySCR sono bilingui,come per esempio \vedilemma e \seeentry.

Qui raccontiamo le nostre esperienze e mostria-mo alcune parti del codice. Lo scopo di questoarticolo è mostrare che cosa la classe sia capace difare. La classe non è ancora resa pubblica, perchésecondo noi è ancora al livello “alpha”, non ancoraal livello “beta”. Può darsi che la classe e un “cam-pione” del Dizionario compilato ma fornito assiemeal codice sorgente, vengano posti a disposizionedei soci del guIt, nella sezione dei “Template”, dicui si è parlato nei giorni in cui stavamo scrivendoquesto articolo.

2 Specifiche richieste per la compi-lazione dizionario

Il nostro dizionario doveva essere composto su cartain formato A4, con una front matter composta apiena pagina, una main matter composta a duecolonne, e una back matter di nuovo composta apiena pagina, in quanto avrebbe contenuto dellegrandi e lunghe tabelle contenenti degli estrattidai cataloghi di stelle. La bibliografia e l’indicedei nomi degli astronomi e di vari altri personaggistorici, che avevano avuto importanza diretta oindiretta in astronomia, andavano messi nella partefinale del dizionario come ultimi elementi, entrambicomposti di nuovo a due colonne.

I lemmi del dizionario, ordinati alfabeticamente,sarebbero stati contenuti in apposite sezioni, allivello dei capitoli, il cui titolo consistesse nell’ini-ziale corrispondente. Tale lettera sarebbe dovutaapparire anche in ogni pagina del “capitolo” come/emphunghia2 posta nel margine esterno sia sullepagine di destra sia su quelle di sinistra.

2. In certi dizionari, in molte Bibbie, spessissimo in queltipo di libretto che chiamiamo “rubrica”, dove il materialeè separato secondo la lettera iniziale oppure secondo i nomiabbreviati convenzionali dei Libri Sacri, queste informazionivengono stampate nel margine esterno delle pagine di destra;spesso le pagine precedenti hanno un intaglio semicircolarein modo che il simbolo della lettera o del Libro Sacro appaia

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Claudio Beccari, Heinrich Fleck ArsTEXnica Nº 14, Ottobre 2012

Siccome il dizionario avrebbe finito per esse-re consultato prevalentemente come documentoPDF direttamente sullo schermo, abbiamo ritenu-to opportuno realizzare i riferimenti incrociati deilemmi mediante collegamenti ipertestuali. Usareil pacchetto hyperref implica assoggettarsi alle sueidiosincrasie, perfettamente giustificate quando sene conosca il meccanismo interno, ma talvolta unpoco fastidiose; fra queste idiosincrasie c’è quellache tutto ciò che deve venire collegato in modoipertestuale deve essere identificato in modo univo-co, ovviamente, e hyperref risolve questo problemausando i numeri degli oggetti che il compilatore haassegnato loro anche se questo numero non com-pare nel documento finale; per esempio: la terzaequazione (numerata) che compare nel trecento-quindicesimo lemma (il cui numero non appare)della sezione ‘C ’ riceve dal programma di compi-lazione l’identificativo univoco ‘C.315.3’ e questastringa, oltre ad altre informazioni, viene usatada hyperref per costruire l’ancora e il bersaglio(anchor e target) dei riferimenti ipertestuali. I co-mandi \label, \ref e \pageref (oltre a quellidefiniti dal pacchetto varioref il cui funzionamen-to, però, non è affidabile come quello dei comandioriginali di LATEX) vengono ridefiniti da hyperrefin modo da contenere e interpretare anche le in-formazioni accessorie necessarie per la costruzionecorretta delle ancore e dei bersagli.

Le figure e certe tabelle possono avere delle dida-scalie senza un numero visibile, ma debbono avereun’ancora univoca legata al numero invisibile dellemma a cui si riferiscono. Le didascalie delle figuresono collocate sopra o sotto la figura a secondadella scelta del compositore; l’idea è che se unafigura o una tabella compare in testa ad una colon-na, deve o dovrebbe avere la didascalia di sopra,mentre se cade alla base della colonna la didascaliadovrebbe apparire sotto l’oggetto.

Abbiamo previsto anche che alcune tabelle, piùlarghe di una colonna, ma non tanto larghe da ri-chiedere uno spazio a piena pagina, possano esten-dersi nel margine esterno; perciò abbiamo dovutoideare un meccanismo per scoprire se la figura sitrova nel punto giusto e si estenda nel margine giu-sto. Visto che il testo è a due colonne, nelle paginedi sinistra la tabella in questione può estendersisolo a sinistra e quindi essere nella colonna di sini-stra, mentre nelle pagine di destra deve succedereil contrario.

Le figure delle pagine 33 e 36 mostrano due esem-pi di pagine affacciate del dizionario in cui vengono

anche a libro chiuso. Evidentemente questo tipo di informa-zioni serve per trovare l’inizio della sezione che interessa,senza bisogno di consultare un indice; la forma dell’intaglioricorda quello di un’unghia e per traslato si chiama cosìnon solo l’intaglio, ma anche il segno che l’intaglio lasciaapparire; il segno conserva il nome di unghia anche se l’in-taglio manca. In inglese la parola thumbnail indica lo stessoconcetto, e addirittura fa riferimento all’unghia del pollice.

mostrate molte delle caratteristiche descritte inquesto paragrafo.

In particolare si osserva la posizione dell’unghia,una figura a piena pagina e due figure in colonnacon la didascalia sopra o sotto a seconda dellascelta del compositore; si vede un medaglione a duecolonne una delle quali è scritta in greco classico,mentre l’altra contiene la traduzione. Le testatinecontengono i nomi dei lemmi in vigore all’iniziodella colonna di sinistra e alla fine della colonna didestra, con il numero della pagina al centro. Questaparticolare coppia di pagine non contiene equazioni,ma contiene una piccola tabella a sfondo coloratoalla fine della seconda colonna della seconda pagina;contiene riferimenti ipertestuali ad altri lemmi che,nella versione originale, hanno i testi cliccabili perspostare la visione sul lemma citato e sono coloratidi rosso; nella stampa in bianco e nero appaionoin grigio chiaro.Invece nello spread della pagina 36 si possono

osservare sia una tabella sporgente e con lo sfon-do colorato, sia, nella voce “atlante”, dei titolinimarcati mediante un triangolo nero con la puntaa destra; all’inizio della voce “atlante” c’è anche ilmini indice relativo a questo lemma, ma siccomela sua descrizione occupa diverse pagine affaccia-te, non lo si è riportato completamente per ovvimotivi di economia di spazio.

3 Soluzioni trovateDopo diverse prove abbiamo trovato che la clas-se più adatta su cui costruire la classe dictionary-SCR era la classe scrbook della collezione KomaScript. Abbiamo provato anche la classe standardbook, che avrebbe però richiesto un lavoro maggio-re, e la classe memoir (Wilson, 2011), altamenteconfigurabile, ma con le sue rigidezze.3

La collezione delle classi Koma Script (Kohm eMorawski, 2012) dispone di un comodo coman-do \areaset con il quale è possibile stabilire omodificare la geometria dello specchio di stampacon facilità. Quindi non è stato difficile creare legeometrie per le pagine iniziali, intermedie e finali,che si è rivelata un’operazione di routine.

3.1 I titoli dei capitoli, i mark e le unghie

Più delicata è stata l’operazione di comporre l’un-ghia con la lettera iniziale del gruppo di lemmi;questo ha richiesto la ridefinizione del comando\@chapter con il quale viene effettivamente com-posto il titolo del capitolo, affinché non scriva il nu-

3. Tra le altre cose volevamo usare la procedura fornitadal pacchetto imakeidx (Beccari e Gregorio, 2012) percomporre l’indice dei nomi sempre in modo sincrono conla compilazione del dizionario, e a quel tempo la classememoir e il pacchetto imakeidx erano ancora incompatibili;ora imakeidx contiene il necessario per lavorare anche conmemoir, ma ormai siamo troppo avanti per ricominciaredaccapo ed adattare la nostra classe all’uso di memoir.

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ArsTEXnica Nº 14, Ottobre 2012 Una classe per comporre un dizionario

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59

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33

Claudio Beccari, Heinrich Fleck ArsTEXnica Nº 14, Ottobre 2012

mero ma nello stesso tempo definisca il significatodel comando \unghia:

1 \newcommand*\unghia{}2

3 \def\@chapter[#1]#2{%4 \ifnum \c@secnumdepth >\m@ne5 \if@mainmatter6 \refstepcounter{chapter}%7 \typeout{\@chapapp\space8 \thechapter.}%9 \addcontentsline{toc}{chapter}{#1}%

10 \fi11 \fi12 \chaptermark{}%13 \if@twocolumn14 \if@at@twocolumn15 \@makechapterhead{#2}%16 \else17 \@topnewpage[%18 \@makechapterhead{#2}]%19 \fi20 \else21 \@makechapterhead{#2}%22 \@afterheading23 \fi24 \label{chap:#1}%25 \def\unghia{#1}%26 }

Nel codice precedente la maggior parte delle ri-ghe sono repliche inalterate del comando internodella classe scrbook; le poche, ma essenziali mo-difiche riguardano la riga 12, dove il commando\chaptermark, che serve normalmente per scrive-re nella testatina di sinistra il titolo del capitolo,non produce nessun testo per la testatina a cuipenseranno i comandi per inserire i lemmi. Invecele righe 24 e 25 sono state aggiunte; il comando\label serve per attribuire una etichetta di defaultad ogni capitolo; l’etichetta è formata dalla stringachap: agglutinata alla lettera iniziale (maiuscola)del lemmi di quel capitolo. Il successivo comandodefinisce il contenuto dell’unghia, di quella letteranel margine esterno che aiuta a vedere subito inquale sezione di lemmi ci si trovi4. Tutti gli altricomandi un po’ criptici non meritano una spiega-zione che, per altro, si trova nei file .dtx di quasitutte le classi, nel nostro caso della classe scrbook.

Questo, però, non basta; bisogna anche definirele testatine affinché usino correttamente l’infor-mazione contenuta in \unghia. A questo scopoabbiamo ridefinito il comando che definisce lo stileheadings, cambiandogli anche il nome, per usarela testatina come punto di riferimento fisso a cuiagganciare la posizione dell’unghia da collocareper mezzo dei comandi dell’ambiente picture; si èusato un ambiente picture di dimensioni nulle e poi

4. Si veda la nota 2.

si è usato \put per collocare l’unghia nel puntopreciso della pagina in cui si desidera che appaia.

Naturalmente questa ridefinizione delle testatinenon serve solo per collocare l’unghia, ma ancheper mettere i mark giusti nella testatina; questadeve contenere un mark a sinistra, il numero dellapagina al centro e l’altro mark a destra: a sinistrail titolo della prima voce della colonna di sinistra odella voce che è ancora in vigore all’inizio di quellacolonna, mentre a destra il titolo della voce la cuidescrizione è in vigore alla fine della colonna didestra5. È noto, però, che nella composizione adue colonne, la routine di uscita non gestisce benei mark e, per ovviare, è necessario apportare unamodifica ai comandi interni di LATEX, fornita dalpacchetto fixltx2e. Nel caso del dizionario non basta;mentre il \leftmark è risultato sempre corretto, il\rightmark non lo è stato sempre; per correggerequesto difetto abbiamo dovuto definire il comando\getcorrectrightmark come appare nel codiceche segue. Per questo la definizione dei comandi\getcorrectrightmark e \ps@dizionario6, sonostati definiti nel modo seguente:

1 \newcommand*\getcorrectrightmark{%2 \let\protect\noexpand3 \edef\@tempA4 {\expandafter\@leftmark\topmark5 \@empty\@empty}%6 \edef\@tempB7 {\expandafter\@leftmark\botmark8 \@empty\@empty}%9 \let\protect\relax

10 \ifx\@tempA\@tempB\leftmark11 \else\rightmark\fi}12 %13 % nuovo stile di pagina «diziaonario»14 %15 \def\ps@dizionario{%16 \let\@mkboth\@gobbletwo17 \let\chaptermark\@gobble18 \let\sectionmark\@gobble19 \def\@oddhead{%20 \underline{\makebox[\textwidth]{\strut21 \bfseries\makebox[\z@][l]{%22 \getcorrectrightmark}\hfill23 \thepage\hfill\makebox[\z@][r]{%24 \leftmark}%25 \begin{picture}(0,0)%26 \put(20,-2){\makebox(0,0)[lb]{%27 \HUGE\sffamily\mdseries\unghia}}%28 \end{picture}}}}%29 \def\@evenhead{%

5. Nel manuale della classe memoir, così come nelle docu-mentazioni di altri pacchetti e classi, per il mark di sinistraviene normalmente indicato di scrivere il nome del primolemma che cade nella pagina; secondo noi questo non ècorretto, specialmente in presenza di lemmi lunghi6. Questo è lo stile di pagina, simile allo stile headings,

adattato alle necessità del dizionario; ne abbiamo creatoanche l’alias in inglese, dictionary.

34

ArsTEXnica Nº 14, Ottobre 2012 Una classe per comporre un dizionario

30 \underline{\makebox[\textwidth]{%31 \begin{picture}(0,0)%32 \put(-20,-2){\makebox(0,0)[rb]{%33 \HUGE\sffamily\mdseries\unghia}}%34 \end{picture}%35 \strut\bfseries\makebox[\z@][l]{%36 \getcorrectrightmark}\hfill\thepage37 \hfill\makebox[\z@][r]{\leftmark}}}}%38 \def\@oddfoot{}%39 \def\@evenfoot{}%40 }41 % Lo stile della pagina può essere42 % chiamato indifferentemente dictionary43 % o dizionario44 \let\ps@dictionary\ps@dizionario

La definizione di \getcorrectrightmark recuperai contenuti di sinistra dei mark chiamati \topmarke \botmark e li confronta; lavorare con i markè complesso, ma la spiegazione completa apparenel nostro precedente articolo (Beccari e Fleck,2010) e vi si rinvia il lettore. Lo scopo di questoconfronto è appunto quello di usare per il mark disinistra il contenuto della voce in vigore all’iniziodella colonna di sinistra di ciascuna pagina, e nonquello della prima voce che compare nella colonnadi sinistra.Nella definizione dello stile di pagina (il cui no-

me inglese page style giustifica il prefisso ps@ nelnome della macro che definisce ogni stile di pagina)si noti che in entrambe le testatine (\@oddhead latestatina delle pagine dispari e \@evenhead per lepagine pari) i mark sono collocati dentro scatoledi larghezza nulla (righe 21, 23 e 35, 37 del codi-ce), affinché il numero della pagina resti sempreal centro della testatina e non si sposti a destrao a sinistra a seconda della lunghezza del testodei mark. Probabilmente questo stesso risultatosi sarebbe ottenuto usando il pacchetto fancyhdr(van Oostrum, 2004), ma avevamo già risolto ilproblema da soli.Nella parte di sinistra delle testatine delle pa-

gine pari e, viceversa, nella parte di destra delletestatine delle pagine dispari, compare l’apertu-ra e la chiusura dell’ambiente picure che definisceun disegno di dimensioni nulle; è vero che questoambiente è poco alla moda, ma è l’ambiente grafi-co nativo di LATEX che permette di fare in modosemplicissimo operazioni utili, come quella qui ese-guita di mettere l’unghia fuori della testatina verae propria, nel margine esterno, in una posizionefissa di 20 punti verso l’esterno e ribassata di 2punti rispetto alla linea di base della testatina; insostanza la la lettera che costituisce l’unghia vienecollocata dove si vuole senza che il disegno che la“contiene” che è di dimensioni nulle, occupi spazionella testatina stessa.Di conseguenza mentre lo stile delle pagine per

la parte iniziale rimane quello definito dalla classedi supporto scrbook, per la parte intermedia e per

la parte finale bisogna provvedere ridefinendo icomandi \mainmatter e \backmatter:

1 \renewcommand*\mainmatter{%2 \if@twoside\cleardoubleoddpage3 \else\clearpage\fi4 \@mainmattertrue\pagenumbering{arabic}%5 \pagestyle{dictionary}%6 \renewcommand*\chapterpagestyle7 {dictionary}%8 \twocolumn9 }

10 \renewcommand*\backmatter{%11 \if@openright\cleardoubleoddpage12 \else\clearpage\fi\@mainmatterfalse13 \pagestyle{headings}14 \renewcommand*\chapterpagestyle{plain}15 }

3.2 I lemmiI lemmi sono trattati come paragrafi da introdurrecon l’equivalente di un comando \section e sonoquindi numerati, anche se il numero corrispondentenon sarà visibile.Particolare attenzione, inoltre, richiedono quei

lemmi che, come spesso accade, contengono terminicon diacritici, o traslitterati nell’alfabeto latino daaltri alfabeti, o scritti direttamente con un alfabetodiverso da quello latino. Infatti, il pacchetto hyper-ref non permette di gestire agevolmente i caratterispeciali richiesti e quindi il compositore (l’uten-te) deve provvedere un titolo alternativo privo didiacritici e scritto con l’alfabeto latino. In altreparole il titolo alternativo deve essere scritto con icaratteri ASCII a 7 bit, indipendenti da qualsiasicodifica di ingresso: tale titolo alternativo vienespecificato nell’argomento opzionale del comando\lemma; per esempio il lemma relativo a ÅngstrømAnders Jonas, va introdotto con:

\lemma[Angstrom Anders Jonas]%{Ångstrøm Anders Jonas}

Inoltre per fare riferimento a un lemma, visto chenon si può fare riferimento ad un numero, bisognadefinire un comando \vedilemma che eventualmen-te faccia riferimento al nome senza diacritici, e inogni caso produca un testo cliccabile che contengail nome con diacritici. Perciò per i comandi \lemmae \vedilemma sono necessarie diverse impostazionie ridefinizioni dei comandi interni di scrbook:

1 \newlength\abovesectionskip2 \abovesectionskip=3.5ex \@plus 1ex3 \@minus .2ex4 \newlength\belowsectionskip5 \belowsectionskip=2.3ex \@plus.2ex6

7 \renewcommand\section{%8 \@startsection{section}{1}{\z@}%9 {-\abovesectionskip}%

35

Claudio Beccari, Heinrich Fleck ArsTEXnica Nº 14, Ottobre 2012

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36

ArsTEXnica Nº 14, Ottobre 2012 Una classe per comporre un dizionario

10 {\belowsectionskip}%11 {\ifnum \scr@compatibility>12 \@nameuse{scr@[email protected]}\relax13 \setlength{\parfillskip}14 {\z@ plus 1fil}\fi15 \raggedsection\normalfont\sectfont16 \nobreak\size@section}%17 }18

19 \newcommand\lemma[2][]{%20 \ifx\currentlemma\empty21 \def\currentlemma{#2}\fi22 \markboth{\currentlemma}{\currentlemma}%23 \ifblank{#1}{%24 \label{lm@#2}\section{#2}}{%25 \label{lm@#1}%26 \section{\texorpdfstring{#2}{#1}}}%27 \markboth{#2}{#2}%28 \def\currentlemma{#2}\ignorespaces}29 \let\paragraph\lemma\let\entry\lemma30

31 \newcommand*\vedilemma[2][]{%32 \ifblank{#1}{{\hyperref[lm@#2]{#2}}}{%33 {\hyperref[lm@#1]{#2}}}}34 \let\seeentry\vedilemma

I riferimenti ai numeri delle equazioni, che rico-minciano da 1 ad ogni lemma, devono avere untesto cliccabile che faccia riferimento anche al tito-lo del lemma. Bisogna sfoltire il riferimento internogenerato dal comando \label che è stato pesan-temente modificato dal pacchetto hyperref; questoriferimento interno contiene 5 campi o argomentiracchiusi fra graffe e bisogna essere in grado di acce-dere agli argomenti giusti; ecco quindi che bisognadefinire una macro, qui chiamata \lemmaref checontenga solo al terzo argomento del comando inter-no. Il compositore dovrebbe usare semplicemente\equref ed otterrebbe in lingua l’equivalente di“equazione 1 sub lemma Alpha Carinae”, conle parti in neretto cliccabili. Qui l’intera definizio-ne di \equref svolge questi compiti: nella riga 1,tramite il comando speciale \ifcsdef, disponibilemediante il pacchetto etoolbox (Lehman, 2011), siverifica se al momento dell’esecuzione del comandointerno l’etichetta a cui fare riferimento è associataal riferimento interno con i cinque argomenti. Ilrisultato di questo test decide se eseguire i coman-di del primo gruppo (righe da 2 a 8) o quello delsecondo (riga 9). Se sono da eseguire i comandi delprimo gruppo definisce la macro \lemmaref conil contenuto del terzo argomento (vedi più sottonelle righe 14 e 15, la definizione di \LemmaRef)che contiene il titolo del lemma. Usa poi questanuova macro per definire l’argomento da passareal comando \hyperref, il comando definito dalpacchetto hyperref che crea il collegamento iperte-stuale. Si usano le definizioni ‘espanse’ per usare icontenuti correnti delle varie macro; questa è unadelle forme di programmazione accessibile solo me-

diante i comandi primitivi di TEX e non si possonousare i comandi di LATEX.

1 \newcommand*\equref[1]{\ifcsdef{r@#1}{%2 \edef\lemmaref{\expandafter\LemmaEqu3 \csname r@#1\endcsname}%4 \edef\argomentoperhyperref{%5 [lm@\lemmaref]{\lemmaref}}%6 \textbf{\autoref{#1}} \ofentry\7 \textbf{\expandafter\hyperref8 \argomentoperhyperref}%9 }{eq.~??}}

10

11 \def\diz@thirdoffive#1#2#3#4#5{#3}12 \def\diz@secondoffive#1#2#3#4#5{#2}13 \def\diz@firstoffive#1#2#3#4#5{#1}14 \def\LemmaEqu#1{%15 \expandafter\diz@thirdoffive#1}

Complicato? Sì, ma funziona correttamente.

3.3 Tabelle che fuoriescono nel margineesterno

Sono stati creati sia un comando sia un ambienteper collocare le tabelle leggermente più larghe siuna colonna in modo che fuoriescano nel margineesterno. Ciascuno presenta vantaggi e svantaggi;l’ambiente consente di mantenere la tabella mobileinserendola dentro un ambiente table e, almenoal secondo passaggio del compilatore, dovrebbelasciar sporgere la tabella dal lato giusto rispettoalla parità del numero della pagina, non necessa-riamente rispetto alla colonna esterna che non sipuò conoscere prima dell’esecuzione della routined’uscita. Il comando, invece, non produce una ta-bella mobile, e l’utente deve scegliere la posizionenel file sorgente in modo che la tabella sporga dallato giusto.Per risolvere il problema avremmo potuto ri-

correre al pacchetto wrapfig, ma quando abbiamoscritto questa classe questo pacchetto non era anco-ra documentato convenientemente. Oggi potremmoriscrivere questa parte della classe, ma siccome quelche abbiamo fatto funziona in modo soddisfacente,riteniamo che non sia il caso di modificare ciò chefunziona abbastanza bene. Ricordiamo inoltre chele figure avvolte dal testo di wrapfig presentanonon pochi inconvenienti descritti dall’autore delpacchetto nella sua documentazione. Non dico chela nostra soluzione sia migliore di quella di DonaldArsenau (Arsenau, 2003), ma presenta difetti di-versi e, forse perché ci abbiamo fatto l’abitudine,ci sembrano meno importanti di quelli di wrapfig.Qui ci limitiamo a descrivere l’ambiente, che

funziona pressappoco come tabular e deve essereinserito dentro un ambiente table con il quale sipuò inserire la didascalia al solito modo. L’uso diquesto ambiente segue la sintassi seguente:

\begin{table}\caption[〈didascalia breve〉]{〈didascalia〉}

37

Claudio Beccari, Heinrich Fleck ArsTEXnica Nº 14, Ottobre 2012

\label{〈etichetta〉}\begin{Wtabular}{〈specifiche delle colonne〉}〈filetti e righe della tabella〉\end{Wtabular}\end{table}

Al posto della didascalia numerata, che si ottienecon il comando \caption, si possono usare, senzaargomento facoltativo, i comandi \scaptiona e\scaptionb che consentono di comporre una dida-scalia senza numero e collocata sopra (above) osotto (below) l’oggetto a cui si riferisce.Nel codice che realizza questo ambiente prima

bisogna aver definito alcuni registri dimensionalie un comando il cui contenuto è il numero dellapagina corrente, se è la prima volta che l’ambienteviene usato; altrimenti è il secondo argomento dellalista interna di argomenti generati dal comando\label con la sua ridefinizione da parte di hyperref.Dopo, l’ambiente Wtabular è definito in modo dafarne l’uso corretto così da far sporgere la tabelladal lato giusto:

1 \newsavebox{\widebox}2 \newcount\t@bella \t@bella=\z@3 \newcount\p@gina4 \def\PaginaTabella#1{\ifx#1\relax5 \value{page}\else6 \expandafter\diz@secondoffive#1\fi}7

8 \newenvironment{Wtabular}[2][c]{%9 \widet@ble\linewidth

10 \advance\widet@ble\columnsep11 \advance\widet@ble\marginparwidth12 \global\advance\t@bella\@ne13 \edef\@tempB{dzt@\the\t@bella}%14 \expandafter\label15 \expandafter{\@tempB}%16 \begin{lrbox}{\widebox}%17 \begin{tabular}{#2}%18 }{%19 \end{tabular}\end{lrbox}%20 \p@gina=21 \expandafter\PaginaTabella%22 \expandafter{23 \csname r@\@tempB\endcsname}%24 \ifodd\p@gina25 \def\@tempA{l}26 \else27 \def\@tempA{r}28 \fi29 \ifdim\wd\widebox>\widet@ble30 \ClassWarning{dictionarySCR}%31 {Table is too wide!}%32 \fi33 \makebox[\linewidth][\@tempA]%34 {\box\widebox}%35 \ignorespaces}

Come si vede nelle righe 29-34, l’ambiente com-pone la tabella sporgente dal lato opportuno, ma

quando la tabella è troppo larga si limita a emet-tere un avviso; in questo caso basta togliere la Wdal nome dell’ambiente nel file sorgente dove si eraintrodotto il codice per la tabella larga; si aggiungeanche un asterisco all’ambiente table circostante,che diventa l’ambiente table*, e la tabella, troppolarga per una colonna e il suo margine, diventatranquillamente una tabella a piena pagina senzabisogno di apportare correzioni importanti. Si notiper altro che la tabella sporgente, grazie al suo am-biente Wtabular può sporgere nel margine esternoanche se la tabella viene composta a piena paginamediante l’ambiente table*.Si noti ancora che l’etichetta interna generata

con la costruzione sintattica delle righe 14-15 ècostituita dal prefisso dzt@ seguito dal numero chel’ambiente ha creato aggiungendo l’unità (\@ne) alcontatore TEX \t@bella; è importante che questoaumento di una unità sia globale, in modo che ognisuccessiva tabella larga, dovunque si trovi lungotutta la serie di file che costituiscono il dizionario,abbia il suo numero univoco, affinché l’etichetta siaunivoca; per questo è specificata la dichiarazione\global. Questo non sarebbe stato necessario se sifosse definito un contatore LATEX, diciamo t@bella,perché con quello si sarebbe potuto specificarel’aumento di una unità mediante l’espressione:

\stepcounter{t@bella}

che in LATEX produce l’incremento unitario in modoglobale. Il contatore LATEX avrebbe richiesto unaprogrammazione leggermente più complessa neglialtri punti della definizione dell’ambiente, ed è perquesto che abbiamo scelto un contatore TEX.

4 Altre considerazioniLa classe dictionarySCR presenta molte altre carat-teristiche; per ragioni di brevità qui ne abbiamoesposte e descritte solo alcune, secondo noi le piùimportanti.Ma ci sono anche mezzi per “strutturare” lem-

mi con descrizioni lunghe creando loro una speciedi mini-indice iniziale e dei comandi per i titolinirelativi alle sezioni in cui è strutturato il lemmain questione. Ci sono modi di inserire medaglionicon sfondo colorato; per comporre i cataloghi dellestelle in modo che le righe della tabella, piuttostolarghe perché hanno un decina di colonne, sianoalternativamente su uno sfondo leggermente colo-rato oppure bianco, al fine di aiutare l’occhio arestare sulla riga giusta; sullo schermo l’effetto ègradevole; stampato a colori su carta è altrettantogradevole, ma in tonalità di grigio le ombreggia-ture di sottofondo forse sono troppo chiare. Lefigure in colonna possono avere didascalie sopra osotto; ogni didascalia presenta una grossa puntadi freccia diretta verso la figura a cui la didascaliasi riferisce.

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ArsTEXnica Nº 14, Ottobre 2012 Una classe per comporre un dizionario

Si possono comporre di default testi e citazioniin diverse lingue che includono oltre all’italiano,l’inglese, il francese, il tedesco, il latino e il gre-co classico; la lingua principale è specificata nelleopzioni di \documentclass. A seconda della lin-gua specificata, il comando \ofentry che comparenella definizione di \equref verrà modificato auto-maticamente in corrispondenza alla lingua scelta:“sub lemma”, “sub entry”, “sous l’article”, “untendas Stichwort”, e anche le traduzioni latina “sublemmate” e greca “ὑπὸ τὸν εἴσοδον”. Queste due ul-time traduzioni sono evidentemente delle forzature,visto che non immaginiamo che venga compostoun dizionario in latino o in greco classico, ma l’ab-biamo fatto per simmetria e per coerenza; e poinon si sa mai. . .

Se si vogliono inserire citazioni in lingue scrittecon ideogrammi bisogna compilare con X ELATEXusando la classe xdictionarySCR, avendo cura di spe-cificare nel preambolo i font giusti e in particolarel’associazione lingua-font; per esempio, una riga diideogrammi giapponesi può venire semplicementescritta dentro un ambiente japanese (da definireda parte dello scrittore), cosicché il programmafaccia tutto da solo. La difficoltà, caso mai, non ètanto nel comporre, quanto nel conoscere la linguaorientale da scrivere, il giapponese nell’esempiospecifico; inoltre l’immissione di caratteri kataka-na, hiragana e kanji con una tastiera occidentalenon è la cosa più facile di questo mondo; il sistemaoperativo Mac OS X delle macchine Macintoshconsente di usare una tastiera virtuale e per ilgiapponese offre un metodo particolare di scrittu-ra; l’editor emacs (forse anche l’editor Aquamacs)consente una modalità particolare di immissionedegli ideogrammi orientali, ma il problema resta enon può essere risolto con la classe. Certo si puòprovare ad eseguire la tecnica del copia e incollada altri testi, ma è possibile che il metodo falli-sca se non c’è una perfetta corrispondenza fra gliideogrammi contenuti nel file da cui si copia congli ideogrammi contenuti nel font usato per com-porre il documento dove si incolla. Questi, però,sono problemi che lasciamo volentieri a coloro checonoscono il giapponese e che desiderano scrivereun dizionario che contenga parti in questa lingua.

Naturalmente non è una cosa straordinaria checi siano stati dei problemi quando si affronta unprogetto così complesso. In realtà non è molto com-plesso costruire e usare una classe per comporreun dizionario; è complesso comporre il Dizionariodi Astronomia a causa delle lingue, degli alfabe-ti, delle informazioni strutturate sotto forma diequazioni, tabelle, e simili. Uno dei due autori hacominciato a scrivere un Dizionario di TerminiMarinareschi nel comporre il quale non incontrale difficoltà del primo dizionario, grazie al fattoche in questo secondo non è necessario ricorrere amolta informazione fortemente strutturata.

Ecco perché la classe è ancora al livello “alpha”.Anche durante la stesura di questo articolo abbia-mo avuto necessità di fare qualche piccolo aggiusta-mento di “fine tuning” di alcune macro che presen-tavano ancora alcuni difettucci nati, per esempio,da aggiornamenti della distribuzione TEX Live allaversione del 2012: un caso tipico è stato l’aggior-namento di hyperref, che ha richiesto di modificarequalche nostra macro. Anche se ormai la cosa suc-cede molto raramente (e nel secondo dizionarionon è successo mai), talvolta i mark delle testatinenon corrispondono a quello a cui dovrebbero cor-rispondere. Nonostante tutte le cure, è proprio ilconcetto stesso di dizionario a due colonne che tal-volta mette in crisi il programma di composizione.Abbiamo messo in opera tutti i patch di cui siamostati capaci, ma in qualche raro caso nel Dizionariodi Astronomia presenta qualche problema dovutoall’algoritmo asincrono che usano i programmi dicomposizione per spezzare il testo in colonne epredisporre la pagine per il file di uscita.Questo processo asincrono produce anche delle

nuove rigidezze nel sistemare le numerose figure etabelle e abbiamo cercato di trovare il modo piùdelicato possibile per convincere il programma anon lasciare colonne mozze. Tutto sommato siamoabbastanza soddisfatti e abbiamo anche la grati-ficazione che il nostro lavoro abbia potuto essereusato per comporre altri dizionari di cui uno inuna disciplina come lo scintoismo, che non ha nul-la a che vedere con il dizionario tematico da cuieravamo partiti.Elenchiamo molto succintamente alcuni degli

altri piccoli problemi che abbiamo incontrato: ilproblema della impostazione corretta dei comandiper scrivere in greco, che inizialmente, senza volerattivare tutti i marchingegni di babel, avevamoridefinito completamente per poi ricorrere a solu-zioni trovate sul Forum guIt (grazie a tutti coloroche hanno usato il Forum sia per domandare siaper rispondere); la colorazione di background delletabelle; le tabelle mobili poco sporgenti nel margi-ne esterno, di cui abbiamo creato diversi comandi oambienti, non solo quello descritto qui; le didasca-lie da inserire sopra o sotto gli oggetti mobili a cuisi riferiscono, ma indipendentemente dal tipo dioggetto; la gestione del font di default in modo dapoter usare un comando equivalente a \HUGE, chenon fa parte dei comandi predefiniti né nelle classistandard, né nelle classi Koma Script; nonostanteun certo numero di lingue fossero precaricate, laloro corretta gestione in modo che fosse il compo-sitore a decidere quale fosse la lingua principalesenza dover editare la classe stessa. In un modo onell’altro li abbiamo risolti tutti.Attualmente stiamo lavorando all’unione del-

le due classi, quella per pdfLATEX e quella perX ELATEX, in modo che sia quest’unica nuova classea decidere quali pacchetti caricare e quali macro

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Claudio Beccari, Heinrich Fleck ArsTEXnica Nº 14, Ottobre 2012

usare a seconda del motore di composizione; lalingua greca in questo caso è il problema maggiore;con pdfLATEX si possono usare facilmente moltedelle strutture già usate in precedenza, ma bisognaaggiungere la possibilità di usare la codifica utf8per poter eventualmente introdurre il testo diretta-mente in greco; con X ELATEXnon ci sono problemi aintrodurre direttamente il testo greco, ma bisognaanche adattare al dizionario la stessa traslittera-zione in lettere latine corrispondente alla codificaLGR; oggi si dispone di pacchetti adatti a questoscopo, ma bisogna eseguire degli adattamenti peril (nostro) dizionario e la nostra classe.

Riferimenti bibliograficiIn questa lista di riferimenti bibliografici $TEXMFindica la cartella radice sul proprio hard diskdell’albero della distribuzione del sistema TEX.

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van Oostrum, P. (2004). «Page layout in LATEX».URL $TEXMF/doc/latex/fancyhdr/fancyhdr.pdf.

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. Claudio BeccariVillarbasse (TO)claudio dot beccari at gmaildot com

. Heinrich FleckTodi (PG)heinrich dot fleck at yahoodot it

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