Comuni d'Italia n. 1/2010

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Quanto più l’inondazione si allarga, tanto più torbida e tanto meno profonda diventa l’acqua. La rivoluzione evapora e resta solo il limo di una nuova burocrazia. I ceppi dell’umanità tormentata sono fatti di carta bollata. Franz Kafka

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La rivista “Comuni d’Italia”, dal 1962 al servizio della P.A. locale, è ancora oggi punto di riferimento per gli operatori di comuni e province nella comprensione degli istituti e dei procedimenti più complessi. “Comuni d’Italia” è uno strumento di lavoro interdisciplinare, ricco di approfondimenti e indicazioni pratiche. È in grado di affrontare, con flessibilità e grazie ad una capillare rete di autorevoli collaborazioni, tutte le problematiche più discusse ed attuali – organizzazione e responsabilità amministrativa, appaltistica e contrattualistica pubblica, personale e finanza locale, servizi pubblici e innovazione – garantendo il più qualificato approfondimento tecnico-giuridico.

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Quanto più l’inondazione si allarga, tanto più torbida e tanto meno profonda diventa l’acqua. La rivoluzione evapora e resta solo il limo di una nuova burocrazia. I ceppi dell’umanità tormentata sono fatti di carta bollata.

Franz Kafka

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Non c’è dubbio che la legge finanziaria rappresenti ogni anno lo scoglio più impegnati-vo e discusso dell’iter parlamentare: e quella di quest’anno non si sottrae alla regola, anche se di certo l’esito finale non ha raggiunto i picchi emotivi degli anni scorsi. Del resto il Ministro dell’economia aveva tenuto a specificare che si sarebbe trattato di un mero aggiornamento di quanto già previsto con la manovra triennale varata nel 2008, puntualizzando inoltre che “dalla crisi a oggi sono stati emessi 6 decreti-legge e non vediamo esigenze di altri provvedimenti di manovra”. Gli sgravi fiscali, come si legge nell’articolo 1, sono solo un’ipotetica eventualità: le maggiori disponibilità di finanza pubblica che si realizzassero nell’anno 2010 rispetto alle previsioni del Dpef sono de-stinate alla riduzione della pressione fiscale nei confronti delle famiglie con figli e dei percettori di reddito medio-basso, con priorità per i lavoratori dipendenti e pensionati. Lo evidenzia con dovizia di particolari l’articolo di Montanari che si sofferma anche sui profili di immediata ripercussione per i comuni e le province.È fin troppo scontato peraltro dire che i riflessi per gli enti locali sono di immediata rilevanza dal momento che investono numerose branche della loro attività, e non tutte di carattere strettamente finanziario come vedremo. Di certo, tuttavia, c’è il fatto che il menù servito agli enti locali – tutt’altro che appetitoso – è basato soprattutto sui tagli: tutto parte dalla riduzione di 229 milioni in tre anni dei trasferimenti erariali. Per evita-re obiezioni di costituzionalità, la manovra prevede che “in relazione ai tagli” i comuni e le province debbano ridurre assessori e consiglieri, e cancellare tutta una serie di istituti. In particolare essa contempla il taglio del 20% dei consiglieri comunali e di un assessore ogni quattro: la riduzione riguarderà inizialmente gli enti che nel corso dell’anno rinnoveranno i consigli.La novità di maggior rilievo sembra tuttavia la disposizione che contempla la cancella-zione della figura che è stata l’emblema delle istanze di rinnovamento della burocrazia italiana negli anni ’90, ovverosia il direttore generale. Se ne occupa l’articolo di Oliveri, il quale segnala anche come i riflessi ordinamentali della legge implichino anche l’ad-dio a consorzi di funzioni e difensori civici. Le disposizioni anzidette non sono per la verità un frutto isolato, ma rappresentano un segnale di una nuova tendenza riforma-trice che non manca di porre a nudo la caducità delle norme e degli istituti su cui sono intervenute: di questa e di altre presunte riforme degli anni ’90 intendiamo occuparce-ne peraltro in un lavoro a puntate, di cui la prima è contenuta in questo numero.La legge contempla peraltro – oltre ai tagli di cui si è detto – anche la previsione di somme aggiuntive per il rimborso dell’Ici, ma è probabile che esse non siano suffi-cienti a ristorare le mancate entrate su cui incombe, come noto, la verifica da parte

Buoni (lavoro) e cattivi (enti locali): ovvero come la legge finanziariapenalizzi ancora comuni e province

La manovra �nanzaria 2010 che in�uenzerà la gestione degli Enti locali in questo nuovo anno, si compone della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge �nanziaria 2010)e di una serie di altre norme che ad essa si af�ancano,in particolare: › Decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194 (c.d. decreto milleproroghe); › Legge 20 novembre 2009, n. 166 di conversione del D.L. 135/2009 (riforma servizi pubblici locali); › Decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (c.d. riforma Brunetta); › Legge 3 ottobre 2009, n. 141 di conversione del D.L. 103/2009 (c.d. decreto correttivo del decreto anticrisi); › Legge 3 agosto 2009, n. 102 di conversione del D.L. 78/2009 (c.d. decreto anticrisi); › Legge 18 giugno 2009, n. 69 (c.d. collegato su sviluppo economico, sempli�cazione, competitività e processo civile). È inoltre in discussione uno speci�co decreto sulla �nanza locale a cui sono state demandate altre norme di interesse per Enti locali, il cui commento - a cura di Elisabetta Civetta - sarà reso disponibile gratuitamente

per gli acquirenti di questo volume sul sitowww.bilancioecontabilita.it. Nel presente manuale, con l’attenzione sempre rivolta agli aspetti pratico-operativi, si prendono in esame tutte le disposizioni della manovra �no ad oggi approvate che riguarda-no gli Enti locali ed in particolare i Comuni. Suddiviso per argomenti, il volume si articola nei seguenti cinque capitoli: › disposizioni in materia di bilancio, contabilità, patto di stabilità e gestione; › disposizioniin materia di tributi locali; › disposizioni in materia �scale; › disposizioni in materia di personale degli Enti locali; › disposizioni in altre materie di competenza degli Enti locali. In apertura, la mappa di tutte le novità permette un primo inquadramento delle norme intervenute e, grazie al rinvio alle pagine di commento, rende più rapida la consultazione del testo. Il ricco corredo di postille a margine contribuiscead agevolare la lettura.

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della Corte dei conti della certificazione trasmessa al Ministero dell’interno (ai fini dell’attuazione dell’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 27.5.2008, n. 93) del man-cato gettito accertato (art. 77-bis, comma 32, del d.l. 25.6.2008, n. 112).Essa prevede altresì – accanto all’istituzione di un fondo costituito con gli introiti dello scudo fiscale (da destinare a “università e ricerca, cinque per mille, alcune voci sul la-voro, missioni di pace, altre voci di rilievo sociale, spese che consideriamo ineludibili” – lo stanziamento di 3,4 miliardi in 3 anni (in totale, 639 milioni per il 2010, 1.087 per il 2011 e per il 2012 1.680 milioni), come sottolinea l’articolo di Campalto, per il rinnovo dei contratti pubblici, il quale evidenzia inoltre i vincoli della manovra sul personale per l’anno 2010.Un altro punto di cui ci occupiamo nel presente numero della Rivista è rappresentato dal recepimento della direttiva ricorsi in materia di appalti pubblici. Come è noto, la direttiva 2007/66/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2007 ha modificato le direttive 89/665/Ce e 92/13/Ce – concernenti le procedure di ricorso in materia, rispettivamente, di aggiudicazione di appalti pubblici di lavori e forniture, e di procedure di appalto nei c.d. “settori speciali” – e ha introdotto alcune misure finaliz-zate a rafforzare l’effettività del sistema di tutela, fondato su mezzi di ricorso efficaci e rapidi avverso le decisioni delle pubbliche amministrazioni e degli altri soggetti tenuti al rispetto del diritto comunitario, in modo da garantire che l’intervento del giudice abbia luogo, per quanto possibile, in un momento in cui le violazioni possono ancora essere corrette (cfr. considerando da 1 a 4). I punti salienti sono rappresentati da:› un sistema di termini sospensivi minimi che, salvo casi eccezionali, precludono la

stipulazione del contratto di appalto prima che siano decorsi dieci o quindici giorni (a seconda degli strumenti utilizzati per le comunicazioni) dall’aggiudicazione. In caso di proposizione del ricorso, poi, la preclusione perdura sino alla pronuncia del giudice, quanto meno in sede cautelare. A questo ultimo proposito, già la diret-tiva 89/665/Ce faceva obbligo agli Stati membri di assicurare all’organo giudican-te adeguati poteri cautelari, “compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico o l’esecuzione di qualsiasi decisione presa dalle autorità aggiudicatrici”;

› la garanzia di un termine minimo per la proposizione del ricorso, pari ad almeno dieci o quindici giorni (a seconda dello strumento utilizzato per l’informativa) dalla comunicazione della decisione amministrativa, e non inferiore a trenta giorni per i ricorsi diretti a far dichiarare la c.d. “privazione degli effetti del contratto”. In questo ultimo caso, il termine decorre dalla pubblicazione dell’avviso di aggiudicazione (se contenente la motivazione) ovvero dalla comunicazione dell’avvenuta stipulazione del contratto. Secondo la direttiva, inoltre, tutte le comunicazioni indirizzate dal-le stazioni appaltanti agli interessati devono contenere una relazione nella quale l’amministrazione espone sinteticamente i motivi della propria decisione;

› un articolato sistema di sanzioni, graduate in base alla gravità della violazione del diritto comunitario in modo da assicurare “sanzioni effettive, proporzionate e dis-suasive”, con obbligo per gli Stati membri di sanzionare con la “privazione degli effetti del contratto” alcune violazioni ritenute particolarmente gravi: illegittimo affidamento diretto, ingiustificata omessa pubblicazione del preliminare dei bandi di gara nonché violazione del termine sospensivo per la sottoscrizione del contrat-to d’appalto con l’aggiudicatario. Pone in evidenza tutto ciò il pregevole articolo di

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Alesio, che evidenzia le criticità di un sistema che implementa e modifica il pur re-cente codice dei contratti, ma che con ogni probabilità impinge anche nelle norme del prossimo codice del processo amministrativo.

Un ultimo argomento di cui ci occupiamo è rappresentato dai buoni lavoro (o voucher) Inps: essi rappresentano un sistema innovativo di pagamento del lavoro occasionale accessorio, cioè di quelle prestazioni svolte in modo discontinuo e saltuario, al di fuo-ri di un normale contratto di lavoro. I committenti possono essere famiglie, privati, aziende, imprese familiari operanti nel settore del commercio turismo e servizi, im-prenditori agricoli, enti senza fini di lucro, enti pubblici (solo per lavori di emergenza e solidarietà). Il ricorso ai buoni lavoro è escluso per finalità di somministrazione e appalto di manodopera. Ce ne occupiamo nell’apposita rubrica “formulario” a cura di Contino, che non manca di segnalare come i prestatori di lavoro possano essere pensionati (titolari di trattamento pensionistico in regime obbligatorio); studenti (di età compresa tra 16 a 25 anni, regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università o istituto scolastico di ogni ordine e grado; cassintegrati, stranieri regolarmente pre-senti sul territorio nazionale; le casalinghe; i disoccupati (titolari di disoccupazione ordinaria o a requisiti ridotti o disoccupazione speciale per agricoltura ed edilizia); e i lavoratori in mobilità.Sembra quindi fin troppo ovvio, a questo punto, augurare a tutti una buona lettura e so-prattutto un buon lavoro: lavoro che si preannuncia quanto mai intenso per le difficoltà scaturenti dalle novità normative di cui ci siamo occupati nel numero.

Tiziano Tessaro

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Editoriale2 Buoni (lavoro) e cattivi (enti locali): ovvero come la legge finanziaria penalizzi ancora comuni e province

di Tiziano Tessaro

Focus – manovra finanziaria 20108 Le disposizioni d’interesse per gli enti locali dettate dalla legge finanziaria per il 2010

di Cristina Montanari

16 Finanziaria e dintorni: non c’è pace per il personale pubblico di Daniele Campalto

25 Enti locali: ordinamento in cerca di assetto

di Luigi Oliveri

35 Abolizione del direttore generale. Cosa resterà degli anni ‘90?

di Tiziano Tessaro

Contratti pubblici44 Direttiva ricorsi: il possibile scenario di modificazioni al codice dei contratti pubblici

di Massimiliano Alesio

HAnno CoLLABorAto A quEsto numEro:

MASSIMILIANO ALESIOAvvocato

DANIELE CAMPALTODirettore risorse unmane del Comune di Mira (Venezia)

EVA CONTINODirigente e Vicesegretario generale del Comune di Abano Terme

CRISTINA MONTANARIResponsabile Area finanziaria-tributi del Comune di Albinea (RE)

MARIA GRAZIA MURIANNIAvvocato

LUIGI OLIVERIDirigente coordinatore dell’Area servizi alla persona e alla comunità della Provincia di Verona

FRANCESCA PALAZZIDottore di ricerca in diritto pubblico presso l’Università di Bologna

DIrEttorE sCIEntIFICoTIZIANO TESSARO

DIrEttorE rEsPonsABILEMANLIO MAGGIOLI

ComItAto sCIEntIFICoMASSIMILIANO ALESIOGIOVANNI BALSAMODANIELE CAMPALTOROBERTO CAMPORESIRICCARDO CARPINOCATERINA CITTADINOEVA CONTINOCARLA FRANCHINILUIGI LOVECCHIOMAURIZIO LUCCALEOPOLDO MAZZAROLLI FABIO MELILLIPAOLA MENTAPAOLA MINETTIALBERTO MINGARELLIPAOLA MORIGIMARIA GIULIANA MURIANNIRICCARDO NOBILELUIGI OLIVERIFRANCESCA PALAZZIALESSANDRO PETRILLOALBERTO PIEROBONCINZIA RENNACARLO SAFFIOTIAGOSTINO TABARRINITIZIANO TESSAROFRANCESCO TRAMONTANA FABIO TROJANILUCIANO VANDELLIFRANCESCO VERBARO

CoorDInAmEnto rEDAzIonALE MARIA LETIZIA FABBRI

ProGEtto GrAFICo ALICE ALLEGRA

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sommarioCOMUNI D’ITALIA

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Formulario74 Le prestazioni occasionali di tipo accessorio e l’utilizzo dei “buoni lavoro” di Eva Contino

Il caso78 si può cacciare con un fucile dotato di mirino laser? di Maria Giuliana Murianni

rassegna tecnicaa cura di Francesca Palazzi

80 dalla Gazzetta Ufficiale

83 giurisprudenza

93 circolari & pareri

97 quesiti

I Inserto staccabile

rassegna di giurisprudenza La composizione delle giunte: quote rosa e revoca degli assessoria cura di Francesca Palazzi

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Come di consueto, la legge finanziaria per l’anno ap-pena iniziato investe svariate tematiche d’interesse, diretto e indiretto, per gli enti locali.Lo scopo di questo scritto è di evidenziare e di passa-re in rassegna, accompagnandole da un breve com-mento, le principali disposizioni della legge finanzia-ria per il 2010, vale a dire la legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante “Disposizioni per la formazione del bi-lancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finan-ziaria 2010)”, pubblicata in G.U. 30.12.2009, n. 302, s.o. n. 243, e in vigore dal 1° gennaio 2010 (1), con partico-lare riferimento ai profili fiscali, contabili, finanziari e tecnico-gestionali che attengono alla p.a.Ciò in attesa dei necessari chiarimenti che, sicura-mente, perverranno da parte degli organi sovraor-dinati.

1. Le caratteristiche della manovra finanziariaLo scorso 22 dicembre il Senato, in terza lettura, ha ap-provato in via definitiva, con 158 voti a favore, 117 con-trari e 4 astenuti, la manovra finanziaria per il 2010.Composta da soli due articoli (di cui uno, il primo, dedicato ai “Risultati differenziali”), con un totale di 257 commi, è giunta a definizione dopo essere sta-ta approvata dal Consiglio dei Ministri il 29 settem-bre 2009. Il percorso del 2010 è di gran lunga diver-so da quello dello scorso anno, ed è destinato a es-serlo anche rispetto al futuro.Mentre la finanziaria 2009 si caratterizzava per la leg-gerezza e l’essenzialità degli articoli di cui era compo-sta, con il 2010, nonostante l’anticipazione effettuata nella scorsa estate con la manovra contenuta nel de-creto-legge 1° luglio 2009, n. 78, così come convertito

(1) La legge entra in vigore il 1° gennaio 2010, eccetto la dispo-sizione di cui all’art. 2, comma 242, che entra in vigore il giorno stesso della pubblicazione della legge in G.U. (30.12.2009).

dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, si è ritornati alla da più parti alla criticata prassi di far confluire nella leg-ge di bilancio disposizioni tra le più disparate (cosid-detta finanziaria omnibus).Dall’anno prossimo, inoltre, esce di scena la “legge finanziaria”, così come la conosciamo dal 1978, per far posto alla “legge di stabilità”, che deve essere varata seguendo un nuovo calendario e attraverso un nuovo iter. Questo comporterà maggiore atten-zione ai vincoli europei e un raccordo più stretto con il federalismo fiscale. È stata confermata, però, la speditezza nella sua approvazione: come per il 2009, l’approvazione defi-nitiva è giunta con soli tre passaggi parlamentari, e senza ricorso finale al voto di fiducia.Tra le principali novità di portata generale, si segna-lano interventi d’interesse sociale, azioni per lo svi-luppo economico e interventi per il miglior funziona-mento della p.a. e per l’uso delle relative strutture.

1.2. Gli aspetti d’interesse per gli enti localiIn questa sede s’intendono evidenziare gli aspet-ti della manovra che riguardano gli enti locali, allo scopo particolare di supportare gli addetti ai lavo-ri nella redazione del bilancio di previsione annua-le 2010 e pluriennale 2010-2012 la cui approvazione, come di consuetudine, è prorogata al prossimo 30 aprile, a quadro normativo definito (2).

Art. 2, CommI 6-8Acconto Irpef 2009La finanziaria recepisce le disposizioni dettate dal decreto-legge 23.12.2009, n. 168:› ai contribuenti che alla data d’entrata in vigore

(2) Si veda, in proposito, il decreto del Ministero dell’interno 17.12.2009, pubblicato in G.U. 29.12.2009, n. 301.

Le disposizioni d’interesseper gli enti locali dettate dalla legge finanziaria per il 2010di Cristina montanari

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del decreto (24 novembre 2009), hanno già prov-veduto al pagamento dell’acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuto per il pe-riodo d’imposta 2009, senza avvalersi del diffe-rimento del versamento dell’importo corrispon-dente a venti punti percentuali dell’acconto me-desimo, compete un credito d’imposta in misura corrispondente, da utilizzare in compensazione;

› per i soggetti che si sono avvalsi dell’assistenza fiscale, i sostituti d’imposta trattengono l’accon-to, tenendo conto del differimento previsto;

› i sostituti d’imposta che non hanno tenuto conto del differimento, restituiscono le maggiori som-me trattenute nell’ambito della retribuzione del mese di dicembre 2009, e la quota eccedente ver-sata all’Erario potrà essere recuperata con i pri-mi versamenti utili.

Giova ricordare che l’Agenzia delle entrate, con ri-soluzione n. 284/E del 15.12.2009, ha istituito lo spe-cifico codice tributo 4035.

Art. 2, CommI 10-11 Ristrutturazioni edilizieProrogata al 2012 la detrazione Irpef di cui all’art. 1, comma 17, legge 24.12.2007, n. 244: 36% dell’one-re sostenuto per un importo non superiore a 48.000 euro delle spese sostenute per gli interventi di re-cupero del patrimonio edilizio e in favore di acqui-renti o intestatari di immobili facenti parte di fabbri-cati interamente ristrutturati da imprese di costru-zione o da cooperative edilizie, purché provvedano all’alienazione o assegnazione dell’immobile entro il 30 giugno 2013.Dopo una lunga serie di proroghe diventa “a regi-me” l’agevolazione fiscale di cui all’art. 1, comma 18, legge 24.12.2007, n. 244, che consente l’applica-zione dell’aliquota Iva agevolata al 10% sui lavori di recupero del patrimonio edilizio realizzati su fabbri-cati a prevalente destinazione abitativa privata. L’applicazione definitiva dell’aliquota ridotta, nor-malmente oggetto d’intervento di proroga annuale, è compatibile con la disciplina comunitaria in quan-to, con la direttiva 2009/47/Ce, i servizi ad alta inten-sità di lavoro (tra i quali le ristrutturazioni edilizie) sono stati inclusi nell’elenco dei beni e servizi che possono essere assoggettati ad aliquota agevolata.Tale disposizione si affianca e si sovrappone, senza tuttavia limitarne la validità o l’ambito d’operatività, alle altre previsioni di favore già presenti nel d.P.R. 633/1972 in ambito edilizio.Anche gli enti locali possono trovarvi quindi un certo interesse, quanto meno in caso d’interventi di ma-nutenzione ordinaria su singole unità abitative, ov-vero su edifici interi, facenti parte del proprio patri-monio immobiliare a uso residenziale.

Art. 2, CommA 12DurcLa finanziaria prevede che l’applicazione della disci-plina relativa al Documento unico di regolarità con-tributiva (Durc) al settore del commercio, esclusa in via generale per il solo commercio al dettaglio am-bulante dal testo originario, sia invece richiesta nei casi definiti dalle regioni, con riferimento al rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività. Intervenendo sull’art. 11-bis del d.l. 1.7.2009, n. 78, co-me convertito dalla legge 3.8.2009, n. 102, e “sanan-do” le due diverse interpretazioni fornite, in via ammi-nistrativa, dai Ministeri del lavoro e delle attività pro-duttive, con il comma 12 dell’art. 2 il legislatore, rico-noscendo che sull’argomento la competenza primaria ex art. 117 Cost. è delle regioni, ha affermato che que-ste ultime possono stabilire che il rilascio dell’autoriz-zazione al commercio ambulante sia condizionato dal possesso del Documento unico di regolarità contribu-tiva; la vecchia norma sarebbe dovuta entrare in vigo-re il 1° gennaio 2010.Le regioni, infatti, nell’esercizio della potestà nor-mativa in materia di disciplina delle attività economi-che, possono stabilire che l’autorizzazione all’eser-cizio dell’attività del settore commercio ambulante sia soggetta alla presentazione, da parte del richie-dente, del Durc; in tal caso possono essere altre-sì stabilite le modalità attraverso le quali i comuni possono essere chiamati al compimento di attività di verifica della sussistenza e regolarità della pre-detta documentazione, avvalendosi della collabora-zione gratuita delle associazioni datoriali di catego-ria riconosciute dal Cnel. La norma precisa, altresì, altre questioni partico-larmente importanti:a) l’autorizzazione all’esercizio dell’attività è in ogni

caso rilasciata anche ai soggetti che hanno otte-nuto dall’Inps la rateizzazione del debito contri-butivo;

b) il Durc va rilasciato anche alle imprese individuali;c) la mancata presentazione annuale del Durc, nel

caso in cui sia richiesto dalla regione per il rilascio della licenza, comporta la sospensione dell’auto-rizzazione per sei mesi.

Art. 2, CommA 16Rinnovi contrattualiI comuni dovranno accollarsi il costo dei rinnovi con-trattuali del prossimo triennio, senza aiuti da parte dello Stato.

Art. 2, CommA 23Piccoli comuniSono prorogate fino al 2012 le disposizioni di cui all’art. 1, comma 703, legge 27.12.2006, n. 296, e

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successive modificazioni, dirette ai piccoli comuni che presentano parametri critici di carattere demo-grafico (percentuale elevata di popolazione ultrases-santacinquenne o di età inferiore ai 5 anni), per com-pensare gli effetti sul fabbisogno e sull’indebitamen-to netto derivanti dal limite per le assunzioni fuori patto di stabilità; ciò, tuttavia, con una riduzione com-plessiva dei relativi stanziamenti pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2010 al 2012. Con decreto del Ministero dell’interno, di concer-to con il Ministero dell’economia e delle finanze, si provvede alla corrispondente rideterminazione dell’ammontare dei contributi spettanti agli enti in-teressati.

Art. 2, CommA 24Certificazione IciAi fini della corrispondente riduzione dei trasferi-menti erariali, i comuni trasmettono al Ministero dell’interno, entro il termine perentorio del 31 mar-zo 2010 e a pena di decadenza, un’apposita certifi-cazione del maggior gettito accertato a tutto l’an-no 2009 dell’Imposta comunale sugli immobili, de-rivante dalle misure d’incremento della base impo-nibile Ici recate dal decreto-legge 3.10.2006, n. 262, come modificato dalla legge di conversione 24 no-vembre 2006, n. 286 (art. 2, commi da 33 a 38 e da 40 a 45), con modalità e termini stabiliti con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di con-certo con il Ministero dell’interno; si tratta, in buona sostanza, degli accatastamenti ex rurali, degli ac-catastamenti categoria E e della rivalutazione ren-dite categoria B.

Art. 2, CommA 40Addizionale provinciale sul consumodi energia elettricaProrogata anche per il 2010 la disciplina, previ-sta dalla finanziaria 2007 (art. 1, comma 153, leg-ge 27.12.2006, n. 296, e successive modificazioni), per la riscossione diretta da parte di alcune Provin-ce dell’addizionale sul consumo di energia elettri-ca concernente i consumi relativi a forniture con po-tenza impegnata superiore a 200 kw.

Art. 2, CommA 42Patto di stabilità nei comuni abruzzesiPer i comuni abruzzesi colpiti dal sisma, sono esclusi dal saldo del patto di stabilità interno per l’anno 2010, per un importo complessivo non superiore a 15 milioni di euro, i pagamenti per le spese relative agli investi-menti degli enti locali per la tutela della sicurezza pub-blica nonché per gli interventi temporanei e straordi-nari di carattere sociale immediatamente diretti ad al-leviare gli effetti negativi del sisma stesso.

Art. 2, CommA 48Fondo per la tutela dell’ambiente e lo sviluppo del territorioViene riservata per il 2010 una quota di 100 milio-ni di euro delle risorse derivanti dal rimpatrio di at-tività finanziarie e patrimoniali (c.d. “scudo fisca-le”) in favore del Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, pre-visto dall’art. 13, comma 3-quater, decreto-legge 25.6.2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dal-la legge 6.8.2008, n. 133. A detto Fondo possono ac-cedere anche i comuni che intendono effettuare in-vestimenti con tali finalità.

Art. 2, comma 51Eventi atmosferici del 6 giugno 2009Viene integrato con 10 milioni di euro, per il 2010, il Fondo della protezione civile, destinando tale im-porto ai territori del Veneto e del Friuli Venezia Giu-lia colpiti da eccezionali eventi meteorologici il 6 giugno 2009.

Art. 2, CommA 52Beni confiscati alla mafiaViene riconosciuto un diritto di prelazione sulla re-lativa vendita, per l’acquisto dei beni confiscati al-la mafia, agli enti locali dove i beni sono ubicati, de-mandando la disciplina attuativa della disposizione a un apposito regolamento governativo; in altri ter-mini: in ipotesi di offerte parificate per l’acquisto di un medesimo immobile, gli enti locali a parità d’of-ferta avranno la precedenza rispetto all’altro offe-rente sull’acquisto.Vengono in tal modo apportate alcune modifiche all’art. 2-undecies della legge 31.5.1965, n. 575.

Art. 2, CommA 59Orfani vittime terrorismo e stragiPrevista l’elargizione di un contributo straordinario, per l’anno 2010, nei confronti degli orfani, già collo-cati in pensione, delle vittime di terrorismo e delle stragi di tali matrice. In merito al profilo fiscale, è disposta l’esenzione del contributo dall’Irpef e dalle relative addizionali.

Art. 2, CommI 106-126Revisione ordinamento finanziariodelle Province autonome di Trentoe di Bolzano e della Regione Trentino-Alto AdigeLa finanziaria adegua l’ordinamento finanziario del-la Regione Trentino-Alto Adige e delle Province au-tonome di Trento e di Bolzano agli obiettivi di pere-quazione e solidarietà stabiliti per le regioni a statu-to speciale e le province autonome dall’art. 27 della legge 5.5.2009, n. 42.

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Le disposizioni introdotte, in conformità a quanto di-spone l’art. 104 dello statuto speciale di autonomia (d.P.R. 31.8.1972, n. 670), costituiscono il contenuto dell’accordo sottoscritto in proposito tra il Governo, la regione e le due province autonome, in data 30 no-vembre 2009.

Art. 2, CommI 127-128Rimborso ai comuni delle minori entrate Ici per abi-tazione principaleLa finanziaria interviene in tema di rimborso ai co-muni delle minori entrate derivanti dall’Ici a seguito dell’esenzione dall’imposta dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale, disposta a decorre-re dal 2008, prevedendo l’integrazione dello stanzia-mento originariamente previsto dall’art. 1, comma 4, decreto-legge 27.5.2008, n. 93, convertito, con mo-dificazioni, dalla legge 24.7.2008, n. 126, e dall’art. 2, comma 8, decreto-legge 7.10.2008, n. 154, converti-to, con modificazioni, dalla legge 4.12.2008, n. 189:a) per l’anno 2008 di 156 milioni di euro; b) dall’anno 2009 di 760 milioni di euro annui.Per effetto di questo incremento ogni comune do-vrebbe ricevere il 100% di quanto certificato per il 2009 e circa il 90% di quanto certificato per il 2008.È soppressa la disposizione che prevedeva che in se-de di Conferenza Stato-Città e autonomie locali fos-sero stabiliti i criteri e le modalità per l’erogazione del rimborso ai comuni da parte del Ministro dell’in-terno, con proprio decreto (si tratta dell’art. 1, com-ma 4, terzo periodo, decreto-legge 27.5.2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24.7.2008, n. 126), secondo principi che tengano conto dell’ef-ficienza nella riscossione dell’imposta, del rispetto del patto di stabilità interno, per l’esercizio 2007, e della tutela dei piccoli comuni; da più parti tale sop-pressione è stata letta come un sistema per ridurre l’ambito di rappresentatività degli enti spogliati del-le originarie prerogative.

Art. 2, CommA 143Staff leasingLa finanziaria reintroduce l’operatività dell’istitu-to dello staff leasing (somministrazione di lavoro a tempo indeterminato) di cui al titolo III, capo I, d.lgs. 10.9.2003, n. 276, apportando anche modifiche al re-gime dei divieti, con l’intento di favorirne l’utilizzo.Con riguardo a questo ultimo aspetto, in particolare, due sono le novità: 1. l’ammissibilità dello staff leasing in tutti i setto-

ri produttivi, pubblici e privati, per l’esecuzione di servizi di cura e assistenza alla persona e di so-stegno alla famiglia;

2. l’estensione ai contratti collettivi aziendali (oltre a quelli nazionali o territoriali stipulati da associazioni

dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative) della possibilità di prevedere casi di ricorso alla somministrazione a tempo inde-terminato oltre a quelli definiti dalla legge.

Art. 2, CommI 148-149Lavoro accessorioLa finanziaria decreta l’apertura, anche agli enti lo-cali, del cosiddetto “lavoro accessorio”, avviata con la legge 9.4.2009, n. 33; il ricorso a prestazioni di la-voro accessorio da parte di un committente pubblico e degli enti locali, tuttavia, è consentito nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e dal patto di stabilità interno.Sono inoltre apportate modifiche all’ambito ogget-tivo e soggettivo d’applicazione della disciplina del lavoro accessorio, previsto dagli artt. 70 e ss. del d.lgs. 10.9.2003, n. 276.La struttura dell’Istituto non è affatto cambiata, e le novità possono essere così riepilogate:› la prima è rappresentata da un ampliamento di

quanto riportato alla lettera b): i lavori di giardi-naggio, pulizia e manutenzione di edifici, strade e monumenti sono sempre possibili, anche se il committente è un ente locale;

› la seconda novità riguarda i giovani under 25: con le modifiche introdotte i giovani iscritti a un istitu-to scolastico di ogni ordine e grado possono pre-stare attività occasionale e accessoria (il limite è fissato in 5.000 euro per ogni committente nell’an-no solare) in qualsiasi settore produttivo compre-si gli enti locali, le scuole e l’università, compa-tibilmente con gli obblighi scolastici, nei week-end (dalle ore 13 del venerdì alle ore 6 del lunedì), durante i periodi di vacanza estiva (1° giugno-30 settembre), nel periodo natalizio (1° dicembre-10 gennaio) e pasquale (dalla domenica delle Palme al martedì dopo Pasqua), mentre coloro che sono iscritti all’università e hanno meno di 25 anni pos-sono svolgere tali prestazioni durante tutto l’an-no; quest’ultima novità appare molto importante, atteso che ai giovani studenti universitari è con-sentito di operare, sostanzialmente, durante un arco temporale di 365 giornate e in tutti i settori;

› la terza novità riguarda le imprese familiari che, peraltro, hanno un limite fissato a 10.000 euro l’anno, ma la contribuzione per le prestazioni oc-casionali è quella del lavoro dipendente: ora la di-sposizione si applica a tutte le imprese familiari essendo scomparso il riferimento “al commercio, al turismo e ai servizi”;

› la quarta novità riguarda i pensionati: essi possono prestare attività occasionale e accessoria in tutti i settori produttivi, anche in favore degli enti locali;

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› la quinta novità concerne l’indicazione di un al-tro settore ove è possibile svolgere tale attività: è quello dei maneggi di cavalli e delle scuderie.

Anche i lavoratori regolarmente occupati con con-tratto a tempo parziale potranno svolgere lavoro ac-cessorio: ciò potrà avvenire presso qualsiasi altro committente che non sia il proprio datore di lavoro. Tale ipotesi, se da un lato è finalizzata, sostanzial-mente, a far emergere forme di lavoro sommerso particolarmente presenti in alcuni peculiari settori (si pensi ai pubblici esercizi durante il fine settima-na), dall’altro può rappresentare un incentivo per i lavoratori che percepiranno i compensi (fino a 5.000 euro netti presso ogni singolo committente) esenti da imposizione fiscale.La disposizione, che ha natura sperimentale e va-le soltanto per l’anno 2010, non è gravata da limiti di età o di settore produttivo, ma può trovare applica-zione nei confronti di chi è, semplicemente, parte di un contratto a tempo parziale, determinato o inde-terminato, orizzontale, verticale o misto.La crisi attraversata dal nostro Paese, infatti, ha fat-to sì che la misura sperimentale introdotta dall’art. 7-ter della legge 9.4.2009, n. 33 fosse prorogata an-che per l’anno 2010; da ciò ne consegue che nel limi-te di 3.000 euro complessivi (e non riferiti ai singoli committenti), i soggetti percettori di trattamento in-tegrativo, anche in deroga, potranno prestare attivi-tà occasionale e accessoria, cumulando le somme ri-scosse con il sistema dei voucher con il trattamento integrativo: l’ulteriore novità è rappresentata dal fat-to che essa può essere prestata anche in favore degli enti locali in funzione di committenti. È quest’ultima è un’innovazione particolarmente si-gnificativa nel momento in cui, a ragione, le ammi-nistrazioni locali, più a stretto contatto con la realtà delle crisi aziendali, chiedono di partecipare con ini-ziative di sostegno al reddito dei lavoratori espulsi o sospesi dai processi produttivi.Il richiamo continuo alla figura degli enti locali e, in genere, al committente pubblico, è un fatto nuo-vo; tuttavia, come detto, ciò è consentito nel rispet-to della disciplina vincolistica in materia di conteni-mento delle spese di personale e, ove previsto, del patto di stabilità interno.

Art. 2, CommI 183-186Trasferimenti erariali, amministratori, difensore civico, direttore generale, circoscrizioni di decentramento comunale, consorzi di funzioniIl contributo ordinario base spettante agli enti loca-li a valere sul fondo ordinario è ridotto per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, rispettivamente di 1 mi-lione di euro, di 5 milioni di euro e di 7 milioni di euro per le province e di 12 milioni di euro, di 86 milioni di

euro e di 118 milioni di euro per i comuni. La riduzione, proporzionale alla popolazione resi-dente, riguarda gli enti per i quali nel corso dell’an-no ha luogo il rinnovo dei rispettivi consigli. La riduzione del contributo ordinario è da porre in relazione alle nuove disposizioni che si dettano, re-canti misure atte a garantire risparmi di spesa per comuni e province, tali da assorbire la riduzione del contributo ordinario disposta in via predeterminata, e riguardante in buona misura i cosiddetti “costi del-la politica”, traendole, in buona parte, dalla propo-sta di riforma del testo unico delle leggi sull’ordi-namento degli enti locali, la cosiddetta “carta del-le autonomie”.Infatti, in relazione alle riduzioni predette:a) il numero dei consiglieri comunali è ridotto del

20%, con arrotondamento all’unità superiore; b) il numero massimo degli assessori comunali è

determinato, per ciascun comune, in misura pari a un quarto del numero dei consiglieri del comu-ne, con arrotondamento all’unità superiore;

c) il numero massimo degli assessori provinciali è determinato, per ciascuna provincia, in misura pa-ri a un quinto del numero dei consiglieri della pro-vincia, con arrotondamento all’unità superiore.

Quanto alle riduzioni di cui alla lettera a), va osserva-to che il numero dei consiglieri è attualmente fissa-to dall’art. 37 del testo unico sull’ordinamento degli enti locali (t.u.e.l.), approvato con il d.lgs. 18.8.2000, n. 267, che prevede che il consiglio comunale è com-posto dal sindaco e da un numero di membri variabi-le sulla base della popolazione: va evidenziato che la disposizione non specifica se la riduzione si riferisca al numero dei consiglieri comprensivo del sindaco o senza considerare il sindaco; quanto all’arrotonda-mento all’unità superiore, sulla base di un’interpre-tazione letterale, esso dovrebbe intendersi riferito al numero dei consiglieri da ridurre e non al numero dei consiglieri risultante dalla riduzione.Quanto alle riduzioni di cui alle lettere b) e c), va osservato che il numero degli assessori comuna-li e provinciali è attualmente disciplinato dall’art. 47 t.u.e.l., che prevede che la giunta comunale e la giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non dev’essere superiore a un terzo, arrotondato arit-meticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non supe-riore a dodici unità (3) (comma 1). Il numero degli

(3) Il limite massimo è stato ridotto da 16 a 12 unità dalla legge finanziaria 2008, con decorrenza dalle successive elezioni am-

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assessori è stabilito dallo statuto dell’ente, che può indicare un numero fisso o un numero massimo, nel rispetto dei limiti anzidetti (comma 2).L’art. 47, comma 5, t.u.e.l., detta inoltre una discipli-na transitoria da applicarsi alle province e ai comuni fino all’adozione nelle norme statutarie sul numero degli assessori (4).Si osserva che la disposizione, a differenza della di-sciplina vigente, non specifica se il numero dei con-siglieri da considerare sia comprensivo o meno del sindaco o del presidente della provincia.La determinazione per ciascun ente del numero de-gli assessori dovrebbe continuare a essere rimes-sa agli statuti (in misura fissa o come limite massi-mo), nonostante la disposizione in esame non speci-fichi, a differenza della disciplina vigente, che detto numero è “stabilito dagli statuti”, dal momento che resta in vigore l’art. 47, comma 2, t.u.e.l.Sembrerebbe peraltro superata la disciplina transi-toria per gli enti che non abbiano adottato le norme statutarie di cui all’art. 47, comma 5, t.u.e.l.Si osserva altresì che manca una disciplina transi-toria che specifichi che le riduzioni del numero dei consiglieri e assessori si applicano a decorrere dal rinnovo di ciascun consiglio, come sembra desu-mersi dal testo della norma, che riferisce la riduzio-ne del contributo agli enti per i quali in corso d’anno ha luogo il rinnovo dei consigli.La finanziaria prevede inoltre, per i comuni, l’obbli-go di adottare alcune misure volte ad assorbire la disposta riduzione del contributo ordinario; in par-ticolare:a) l’obbligo di procedere alla soppressione della fi-

gura del difensore civico, di cui all’art. 11 t.u.e.l.; b) la soppressione delle circoscrizioni di decentra-

ministrative (art. 2, comma 23, legge 244/2007).(4) In base al citato art. 47, comma 5, t.u.e.l., fino all’adozione delle norme statutarie sul numero degli assessori, le giunte co-munali e provinciali sono composte da un numero di assessori stabilito rispettivamente nelle seguenti misure:a) non superiore a 4 nei comuni con popolazione inferiore a

10.000 abitanti; non superiore a 6 nei comuni con popola-zione compresa tra 10.001 e 100.000 abitanti; non superio-re a 10 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei capoluoghi di provincia con popolazio-ne inferiore a 100.000 abitanti; non superiore a 12 nei comu-ni con popolazione compresa tra 250.001 e 500.000 abitanti: non superiore a 14 nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e 1.000.000 di abitanti e non superiore a 16 nei comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti;

b) non superiore a 6 per le province a cui sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a 8 per le province a cui sono as-segnati 30 consiglieri; non superiore a 10 per le province a cui sono assegnati 36 consiglieri; non superiore a 12 per quelle a cui sono assegnati 45 consiglieri.

mento comunale, di cui all’art. 17 t.u.e.l.; c) la possibilità di delega, da parte del sindaco,

dell’esercizio di proprie funzioni a non più di due consiglieri, in alternativa alla nomina degli asses-sori, nei comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti; si tratta di un’ulteriore possibilità di semplificazione delle giunte dei comuni di pic-cole dimensioni;

d) l’obbligo di procedere alla soppressione del-la figura del direttore generale, di cui all’art. 108 t.u.e.l.;

e) la soppressione dei consorzi di funzioni tra gli en-ti locali, di cui all’art. 31 t.u.e.l., facendo salvi i rapporti di lavoro a tempo indeterminato esisten-ti, con assunzione delle funzioni già esercitate dai consorzi soppressi e delle relative risorse e con successione ai medesimi consorzi in tutti i rap-porti giuridici e a ogni altro effetto.

Circa la soppressione dei difensori civici e dei di-rettori generali, non è chiaro, poiché la disposizio-ne non richiama le province, se devono intendersi soppresse anche dette figure delle province, oppu-re devono intendersi confermate tale figure soltan-to per le province.Per quanto concerne gli enti locali delle regioni a statuto speciale, le regioni provvedono ad adottare le disposizioni idonee a perseguire le finalità di ri-sparmio dalle misure sopraindicate, in conformità ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione.

Art. 2, CommI 187-188Comunità montaneDal 1° gennaio 2010 lo Stato cessa di concorrere al finanziamento delle comunità montane.Nelle more dell’attuazione del federalismo fiscale, il 30% delle risorse finanziarie precedentemente de-stinate alle comunità montane è assegnato ai comu-ni montani e ripartito tra gli stessi con decreto del Ministero dell’interno; a tale fine, sono considerati comuni montani quelli in cui almeno il 75% del ter-ritorio si trovi al di sopra dei 600 metri sopra il livel-lo del mare.I risparmi prodotti confluiscono nel fondo del Mi-nistero dell’economia, per finanziare interventi ur-genti e indifferibili.In relazione alla cessazione, con decorrenza imme-diata, del concorso dello Stato al finanziamento del-le comunità montane, a fronte della quale è prevista peraltro l’assegnazione di quota parte di tale risor-se ai comuni montani, sarebbe opportuno un chia-rimento in ordine agli effetti che potrebbero deter-minarsi sui vincoli giuridici, contrattuali e finanzia-ri in essere a carico delle comunità montane mede-sime (per esempio spese di personale, per fornitu-re, ecc.).

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Art. 2, CommI 189-193Fondi comuni di investimento immobiliariAllo scopo di conseguire, attraverso la valorizzazio-ne e l’alienazione degli immobili militari, le risorse necessarie a soddisfare le esigenze infrastruttura-li e alloggiative delle Forze armate, il Ministero del-la difesa è autorizzato a promuovere la costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobilia-re, d’intesa con i comuni con i quali saranno sotto-scritti gli accordi di programma per la valorizzazio-ne di detti immobili.Con uno o più decreti del Ministro della difesa sono individuati gli immobili da trasferire o da conferire ai fondi di cui trattasi, e l’inserimento degli immobili nei citati decreti ne determina la classificazione co-me patrimonio disponibile dello Stato. La deliberazione del consiglio comunale di approva-zione del protocollo d’intesa corredato dello sche-ma dell’accordo di programma, costituisce autoriz-zazione alle varianti allo strumento urbanistico ge-nerale, per le quali non occorre la verifica di confor-mità agli eventuali atti di pianificazione sovraordina-ta di competenza delle province e delle regioni, sal-va l’ipotesi in cui la variante comporti variazioni vo-lumetriche superiori al 30% dei volumi esistenti (5). Con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono disci-plinati le procedure e i criteri attraverso i quali pro-cedere all’individuazione o all’eventuale costituzione della società di gestione del risparmio per il funzio-namento e per le cessioni delle quote dei fondi.Ai comuni con i quali sono stati sottoscritti gli accordi di programma, è riconosciuta una quota non inferiore al 10% e non superiore al 20% del ricavato derivante dall’alienazione degli immobili valorizzati.Si tratta, in buona sostanza, di un’opportunità di note-vole interesse per i comuni nel cui territorio sono pre-senti immobili dismessi o da dismettere di proprietà

(5) In argomento, occorre richiamare la recente sentenza della Corte costituzionale n. 340 del 30.12.2009, che ha dichiarato l’il-legittimità costituzionale dell’art. 58, comma 2, d.l. 112/2008 con-vertito, con modificazioni, nella legge 133/2008, sancendo che:– regioni, province, comuni e altri enti locali possono continua-re a redigere il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobi-liari allegato al bilancio di previsione– l’inserimento degli immobili nel piano ne continua a determi-nare la classificazione come patrimonio disponibile e la desti-nazione urbanistica, ma non costituirà immediata variante allo strumento urbanistico generale. Pertanto, anche per il comma 191 della finanziaria 2010, ove si richiama tale articolo e, nello specifico, si sancisce che “la deliberazione del consiglio co-munale di approvazione del protocollo d’intesa corredato dello scehma dell’accordo di programma costituisce variante allo strumento urbanistico generale”, potrebbe essere ugualmente viaizata per il medesimo profilo di incostituzionalità.

del Ministero della difesa (caserme, magazzini, ecc.): è infatti prevista una procedura agevolata per la loro alienazione, alla cui base dovranno essere stipulati specifici accordi di programma con i comuni, i quali avranno un diretto ritorno economico dall’operazio-ne di vendita.

Art. 2, CommI 194-196Comune di RomaÈ prevista l’attribuzione al Comune di Roma, per l’anno 2010, di un complesso di beni per un valore pari a 600 milioni di euro, anche attraverso quote dei fondi comuni di investimento immobiliari.Fino a concorrenza dell’importo di 600 milioni, è au-torizzata la concessione, per l’anno 2010, di un’an-ticipazione di tesoreria al Comune di Roma per le esigenze connesse al piano di rientro dell’indebi-tamento del comune, per provvedere al pagamen-to delle rate di ammortamento e degli oneri di par-te corrente, relativi a oneri di personale, alla produ-zione di servizi in economia e all’acquisizione di ser-vizi e forniture; l’erogazione è estinta entro il 31 di-cembre 2010. È autorizzata in favore del Comune di Roma la spesa di ulteriori 100 milioni di euro per l’anno 2012 per la realizzazione di interventi infrastrutturali.

Art. 2, CommA 197Pagamento degli stipendi nella p.a.Allo scopo di semplificare, razionalizzare e omoge-neizzare i pagamenti delle retribuzioni fisse e ac-cessorie dei pubblici dipendenti, di favorire il moni-toraggio della spesa del personale e di assicurare il versamento unificato delle ritenute previdenziali e fiscali, a partire dal 30 novembre 2010 il pagamen-to delle competenze accessorie, spettanti al perso-nale delle amministrazioni dello Stato che per il pa-gamento degli stipendi si avvalgono di procedure in-formatiche, è disposto congiuntamente alle compe-tenze fisse mediante ordini collettivi di pagamento (cedolino unico di pagamento).La norma produce un’anticipazione della tassazione dell’Irpef sulle indennità accessorie nel corso dell’an-no, e non già in sede di conguaglio nell’anno fiscale successivo.

Art. 2, CommA 198Sisma in Abruzzo: versamenti fiscali e contributiDettate nuove modalità di recupero dei versamen-to fiscali e contributi sospesi per il periodo 6 apri-le-30 novembre 2009 a seguito del sisma in Abruz-zo: salgono da 24 a 60 il numero delle rate per la re-stituzione del debito e viene differito il termine del pagamento della prima rata da gennaio 2010 a giu-gno 2010.

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Art. 2, CommA 210TelefoniaFino all’emanazione del decreto del Ministro della giustizia relativo ai costi di tali prestazioni, il rila-scio di informazioni sul traffico telefonico è effettua-to gratuitamente. Art. 2, CommA 212Spese di giustiziaModificato il testo unico delle disposizioni legislati-ve e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al d.P.R. 30.5.2002, n. 115. In particolare:› eliminata l’esenzione dal pagamento del contri-

buto unificato:a) per il processo esecutivo mobiliare di valore in-

feriore a 2.500 euro (da ora soggetto al paga-mento di un contributo fisso di 30 euro);

b) per il processo cautelare attivato in corso di causa;

c) per il processo per regolamento di competenza e di giurisdizione;

d) per i giudizi d’opposizione a ordinanze-ingiun-zione di pagamento di sanzioni amministrative di cui all’art. 23 della legge 24.11.1981, n. 689;

e) per i giudizi di lavoro davanti alla Corte di Cas-sazione;

› prevista l’applicazione dei criteri ordinari di de-terminazione del contributo (per scaglioni di va-lore) anche per i processi in materia di locazione, comodato, occupazione senza titolo e di impugna-zione di delibere condominiali (attualmente il con-tributo fisso dovuto è pari a 103,30 euro).

Tra le esenzioni eliminate dalla finanziaria, quella si-curamente di maggiore impatto riguarda le opposi-zioni alle sanzioni amministrative per le violazioni al codice della strada.Infatti essa coinvolge un numero di procedimenti che sfiora ogni anno la soglia del milione e mezzo: un’infi-nità di ricorsi al giudice di pace che finora non costava nulla, ma che dal 2010 costringerà i ricorrenti a met-tere mano al portafoglio. Se la multa non supera i 1.100 euro, il contributo unificato dovuto sarà infatti di 30 euro, mentre per le sanzioni d’importo più alto, la tassa sarà invece di 70 euro; per queste ragioni, da più parti si è eleva-ta la critica secondo la quale l’introduzione del con-tributo unificato e delle spese fisse rappresentereb-be una compressione del diritto del cittadino a tute-larsi contro la p.a.Resta salva la possibilità, comunque, contro le mul-te per infrazioni al codice della strada, di rivolgersi al Prefetto, dove continua a non pagarsi nulla, e ove il rischio di un eccessivo carico di lavoro è limitato: in caso di bocciatura del ricorso, infatti, l’entità della multa da pagare sarà pari al doppio del minimo.

Art. 2, CommA 222PatrimonioEntro il 31 marzo 2010 tutte le pubbliche ammini-strazioni che utilizzano o detengono, a qualunque ti-tolo, immobili di proprietà dello Stato o di proprietà dei medesimi soggetti pubblici, trasmettono al Mini-stero dell’economia e delle finanze l’elenco di iden-tificazione dei predetti beni. Questo ai fini della re-dazione del rendiconto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato e del conto generale del patrimo-nio dello Stato. Entro il 31 gennaio di ciascun anno successivo a quello di trasmissione del primo elenco, le stesse pubbliche amministrazioni comunicano le eventuali variazioni intervenute. Qualora emerga l’esistenza di immobili di proprie-tà dello Stato non in gestione dell’Agenzia del dema-nio, gli stessi rientrano nella gestione dell’Agenzia. Con decreto del Ministro dell’economia e delle fi-nanze l’obbligo di comunicazione può essere este-so ad altre forme di attivo ai fini della redazione dei predetti conti patrimoniali.In caso di inadempimento dei predetti obblighi di co-municazione e di trasmissione, l’Agenzia del dema-nio ne effettua la segnalazione alla Corte dei conti. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia del demanio sono stabilite le modalità delle comunica-zioni e delle trasmissioni in argomento.

Art. 2, CommI 225-227Acquisto di beni e servizi nella p.a.Consip Spa conclude accordi quadro cui le p.a. pos-sono far ricorso per l’acquisto di beni e di servizi; in alternativa, le medesime amministrazioni adotta-no, per gli acquisti di beni e servizi comparabili, pa-rametri di qualità e di prezzo rapportati a quelli dei predetti accordi.Resta immutata la disciplina relativa all’acqui-sto di beni e servizi effettuata mediante convenzio-ni quadro Consip (art. 26, legge 23.12.1999, n. 488, e ss.mm.; art. 58, legge 23.12.2000, n. 388; art. 1, commi 449 e 450, legge 27.12.2006, n. 296; art. 2, comma 574, legge 24.12.2007, n. 244). Le convenzioni possono essere stipulate anche ai fi-ni e in sede di aggiudicazione dei contratti pubbli-ci basati su un accordo quadro concluso da Consip, per il perfezionamento/completamento dell’accordo medesimo. Nel contesto del sistema a rete costituito dalle cen-trali regionali e da Consip, in sede di Conferenza per-manente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le pro-vince autonome di Trento e di Bolzano, possono esse-re indicati criteri utili per l’individuazione delle cate-gorie merceologiche di beni e di servizi oggetto di ac-cordi quadro.

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Art. 2, CommA 218Imposta sostitutiva su redditi locazionedi immobili ubicati nella Provincia de L’AquilaAl fine di agevolare il reperimento di alloggi nelle aree colpite dagli eventi sismici del 6 aprile 2009, re-lativamente agli immobili a uso abitativo ubicati nel-la Provincia dell’Aquila, s’introduce, in via transitoria per l’anno 2010, la facoltà per i titolari di redditi di lo-cazione di immobili ivi ubicati, di applicare un regime d’imposizione sostitutivo dell’Irpef e relative addizio-nali con aliquota fissata in misura pari al 20%. Il be-neficio spetta in presenza dei seguenti requisiti:› il contratto di locazione deve essere stipulato ai

sensi dell’art. 2, comma 3, legge 9.12.1998, n. 431 (c.d. “canoni concordati”);

› le parti contraenti devono essere esclusivamen-te persone fisiche che non agiscono nell’esercizio d’impresa, arte o professione;

› l’immobile, situato nella provincia aquilana, deve essere destinato a uso abitativo.

Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, sono stabilite le mo-dalità di dichiarazione e di versamento dell’imposta sostitutiva in oggetto, nonché ogni altra disposizione utile per l’attuazione della nuova prescrizione.

Art. 2, CommI 219-220Edilizia carcerariaStanziati 500 milioni di euro per l’attuazione, an-che per stralci, del programma di edilizia carcera-ria, finalizzato alla creazione di nuove infrastruttu-re o all’aumento della capienza delle infrastrutture esistenti. All’approvazione degli interventi inseriti nel programma di edilizia provvederà il Cipe, inte-grato dal presidente della regione e dal sindaco del comune interessati all’intervento. La delibera del Cipe sostituisce ogni diverso provvedimento auto-rizzatorio previsto dalla normativa vigente; deter-mina la variazione urbanistica e il mutamento del-la destinazione d’uso dell’immobile; comporta su-gli immobili individuati per l’intervento l’assogget-tamento al vincolo preordinato all’esproprio.

Art. 2, CommA 223DemanioSostituendo i commi 436 e 437 dell’art. 1 della legge 30.12.2004, n. 311, si autorizza l’Agenzia del dema-nio ad alienare gli immobili statali con trattativa pri-vata, se i beni non superano il valore di 400.000 eu-ro; al di sopra di tale soglia, mediante asta pubblica/invito a offrire ovvero, se non aggiudicati, median-te trattativa privata. Per regioni ed enti locali ter-ritoriali sul cui territorio si trovano i beni in vendita è previsto il diritto di opzione all’acquisto, nonché il

diritto di prelazione, nell’ipotesi di procedure a of-ferta libera.

Art. 2, CommA 23Recupero trasferimenti erarialiSi ricorderà che la finanziaria per il 2003 (art. 31, commi 12 e 13, legge 27.12.2002, n. 289) aveva ridot-to i trasferimenti dal 1999 nei confronti di quegli en-ti locali per i quali ciò non era stato possibile in pre-cedenza, in attuazione di quanto stabilito dall’art. 61 del d.lgs. 15.12.1997, n. 446, dall’art. 8 della legge 3.5.1999, n. 11, e dalla legge 13.5.1999, n. 133.Si tratta di riduzioni previste da specifiche norme di legge in correlazione all’attribuzione di entrate pro-prie (in particolare, l’istituzione dell’imposta pro-vinciale sulla trascrizione; l’attribuzione ai comuni e alle province l’addizionale sul consumo di ener-gia elettrica; la disciplina del trasferimento del per-sonale scolastico ausiliario, tecnico e amministrati-vo Ata dagli enti locali alle dipendenze della pubbli-ca istruzione).Quanto premesso, le somme ancora dovute al 31 di-cembre 2009, a far data dal 1° gennaio 2010, sono versate in venti annualità, con la maggiorazione de-gli interessi al tasso legale. Il Ministero dell’interno farà pervenire agli en-ti interessati, entro il 31 marzo 2010, il nuovo piano d’estinzione del debito residuo.

Art. 2, CommA 239Messa in sicurezza degli edifici scolasticiLa finanziaria reca norme procedurali in merito alla realizzazione degli interventi di messa in sicurezza e adeguamento antisismico delle scuole. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigo-re della legge, previa approvazione di apposito at-to d’indirizzo delle commissioni parlamentari com-petenti nonché per i profili di carattere finanziario, devono essere individuati gli interventi immediata-mente realizzabili fino a un importo complessivo di euro 300 milioni, con la relativa ripartizione tra gli enti territoriali interessati.

Art. 2, CommA 241Trasferimento di risorse tra autorità indipendentiLa finanziaria dispone un trasferimento di risor-se tra autorità indipendenti, attribuendo maggiori mezzi all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, al Garante per la protezione dei dati perso-nali e alla Commissione di garanzia per l’attuazione delle legge sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, con contestuale riduzio-ne di quelle destinate ad altre autorità.Gli importi di cui sopra sono trasferiti annualmente dall’autorità contribuente a quella beneficiaria entro

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il 31 gennaio di ogni anno; è quindi previsto un mecca-nismo perequativo tra le autorità contribuenti e quel-le beneficiarie: con apposito d.P.R., su proposta del Ministro dell’economia, sono stabilite, senza grava-re sulla finanza pubblica, misure reintegrative a fa-vore delle autorità contribuenti a partire dal decimo anno successivo all’erogazione del contributo, a cari-co delle autorità beneficiarie che presentino un avan-zo d’amministrazione.In proposito, va segnalato che l’Autorità per la vigilan-za sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha manifestato preoccupazione per il dirottamento del-le risorse corrispostele per la partecipazione alle ga-re in favore della copertura dei deficit di altre Autori-tà, paventando che per riequilibrare la propria gestio-ne si possa procedere all’inasprimento dei contributi di pertinenza, a carico di una miriade di piccole e me-die imprese in difficoltà, che avrebbero semmai biso-gno d’alleggerimenti; ciò, in un contesto caratterizzato da una marcata crisi economica.

Art. 2, CommI 242-243Interventi di tutela a favore delle popolazioni colpi-te da eventi atmosfericiLa finanziaria destina 50 milioni di euro, a valere sulle entrate derivanti dalle sanzioni amministra-tive irrogate dall’Autorità garante della concorren-za e del mercato (art. 141 della legge 23.12.2000, n. 388), a interventi di tutela delle popolazioni colpite da eventi atmosferici avversi verificatesi nell’ultimo triennio entro l’anno 2009. La disposizione entra in vigore il giorno stesso della pubblicazione della leg-ge in G.U.

Art. 2, CommA 25Effetti del decreto-legge n. 168 del 2009Vengono dettate disposizioni dirette a conservare la validità degli atti e dei provvedimenti adottati e a rendere salvi gli effetti prodotti e i rapporti giuridi-ci sorti sulla base di quanto introdotto dal decreto-legge 23.11.2009, n. 168, entrato in vigore il 24 no-vembre 2009.

Art. 2, CommA 253Entrata in vigoreLa legge entra in vigore il 1° gennaio 2010.

2. modifiche alla finanziaria e altri interventiper enti locali e regioniIl Governo ha approvato il decreto-legge n. 2 del 25.1.2010, denominato “Interventi urgenti concer-nenti enti locali e regioni” e pubblicato sulla G.U. n. 20 del 26.1.2010, volto tra l’altro a correggere alcune norme inserite nella finanziaria 2010 e a risolvere alcune delle problematiche sollevate dalle autono-

mie, con particolare riferimento a: › taglio dei trasferimenti;› mancata approvazione del bilancio;› determinazione dei trasferimenti erariali;› contributo per estinzione mutui.Il decreto prevede, all’articolo 1, con riferimento delle disposizioni contenute nella legge finanziaria 2010 (art. 2, commi 184/186), il rinvio al 2011, esclu-sivamente agli enti che andranno alle urne, con effi-cacia dalla data di rinnovo del relativo consiglio:› della riduzione del numero di consiglieri comuna-

li, degli assessori comunali e provinciali;› della soppressione del direttore generale;› del difensore civico;› dei consorzi.Sono però confermati i tagli ai trasferimenti ordina-ri previsti dall’art. 2, comma 183, della finanziaria 2010. Tali riduzioni del contributo ordinario per l’an-no 2010 saranno distribuite su tutti gli enti locali “in proporzione alla popolazione residente”, mentre dal 2011 riguarderanno solo gli enti locali che andranno a rinnovare gli organi; un decreto ministeriale disci-plinerà la materia. Il taglio dovrebbe aggirarsi sui 13 milioni di euro complessivi: › 12 per i comuni;› 1 per le province.Infatti, con questo provvedimento, il taglio previsto per i consiglieri comunali viene esteso, sempre nel-la misura del 20%, anche per i consiglieri provinciali (art. 1, comma 2, del d.l.). In questo modo, quella che doveva divenire una semplice compensazione (mi-nori spese compensate da minori entrate da trasfe-rimenti dello Stato), peraltro solo per i pochi comuni che andavano alle elezioni nel 2010, diviene una ta-glio effettivo e generalizzato a tutti i comuni, con la precisazione che l’importo, per il 2010, previsto in 12 milioni di euro, spalmato su tutti gli enti non dovreb-be determinare tagli rilevanti.Entro tre mesi dall’entrata in vigore del decreto-leg-ge, la tabella dei collegi spettanti alle province de-ve essere ridefinita, al fine del rinnovo dei consigli provinciali che ha luogo a decorrere dal 2011; la sua mancata ridefinizione non rende però inefficace la ri-duzione del numero dei consiglieri. L’art. 3 del de-creto introduce un’altra novità con riguardo ai com-pensi dei consiglieri regionali, che non potranno su-perare quelli dei parlamentari: il tetto tocca gli sti-pendi comprensivi di indennità di carica, indennità di funzione, diaria e rimborso spese.Ai fini dell’approvazione del bilancio previsiona-le per l’anno 2010, sono riconfermate le disposizio-ni già previste precedentemente e che attribuisco-no provvisoriamente al prefetto il potere sostitutivo e d’impulso in caso d’inadempimento degli enti loca-

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li a obblighi quali l’approvazione del bilancio di previ-sione e l’adozione di provvedimenti necessari per ri-pristinarne gli equilibri, ex art. 193 t.u.e.l.; la proce-dura, introdotta dal d.l. 22.2.2002, n. 13, non è mai andata a regime, e da qui la ne-cessità di reiterarla anche per il 2010. In merito ai contributi era-riali agli enti locali, in attesa dell’attuazione del federalismo fiscale, s’individua la base an-nua (tenendo presente l’eserci-zio precedente) sulla quale il Mi-nistero dell’interno li determina e li attribuisce (art. 4, commi 1 e 2). Si attribuisce alle province delle regioni a statuto ordinario una quota di compartecipazione al gettito Irpef, per il triennio 2010-2012; tale attri-buzione, a differenza di quanto previsto per i comu-ni, non produce effetti sul bilancio dello Stato, de-terminando un’invarianza di risorse per le province,

in quanto la quota di compartecipazione assegnata corrisponde alla riduzione di trasferimenti erariali prevista per gli enti locali. Inoltre è confermato per il triennio, sia per province che comuni, un importo

massimo di 30 milioni annuo di contributi per incentivare l’uti-lizzo dell’avanzo d’amministra-zione per l’estinzione anticipata di mutui e prestiti obbligazionari (art. 4): si ricorderà, in proposi-to, che l’art. 11 del d.l. 159/2007, convertito dalla legge 222/2007, aveva previsto un apposito con-tributo, nell’ambito del fondo or-dinario, per il rimborso a provin-ce e comuni degli indennizzi pa-gati a seguito dell’estinzione an-

ticipata di mutui e prestiti obbligazionari, purché fi-nanziata dall’ente tramite utilizzo dell’avanzo di am-ministrazione; tale norma aveva però efficacia per le sole annualità dal 2007 al 2009.

Il decreto-legge 2/2010 ha prorogato al 2011 il taglio dei consigli comunali e la sop-

pressione del direttore gene-rale. Sono però confermati

i tagli ai trasferimenti ordinari

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Finanziaria e dintorni:non c’è paceper il personale pubblicodi Daniele Campalto

1. IntroduzioneNon è passato poi molto tempo dalle leggi finanzia-rie omnibus: contenitori capientissimi, erano in gra-do di accogliere disposizioni di ogni sorta e su qua-si tutte le branche dello scibile umano, e tra queste regolarmente una diversa disciplina del persona-le pubblico e del contenimento della relativa spesa. Ogni volta le nuove disposizioni erano attese con una sorta di trepidazione, e accolte non di rado con sor-presa, talvolta addirittura con sconcerto, ma alme-no con il conforto che per dodici mesi la regolazione della materia sarebbe stata più o meno stabile.Da un paio d’anni, invece, le leggi finanziarie giun-gono al traguardo magre magre e sostanzialmente prive di norme significative o di discipline organiche sul lavoro pubblico. Non che la cosa possa oltremodo dispiacere agli operatori, dopo tanto sommovimento, che ha avuto il suo apice nell’entrata in vigore a metà novembre del d.lgs. 27.10.2009, n. 150, il decreto attuativo della legge delega 4.3.2009, n. 15 sull’ottimizzazione del lavoro pubblico, per antonomasia (e per il momento) il “decreto Brunetta”. Tanto più che la sfida del de-creto, di cui nessuno può negare la portata, e il ri-levante impegno richiesto per l’avvio della sua com-plessa fase attuativa facevano presagire un periodo di concentrazione e di laborioso silenzio. Se non fosse che intanto articolati normativi so-no giunti all’approdo in Gazzetta Ufficiale, come il d.lgs. 20.12.2009, n. 198 sulla class action, ul-tima parte della delega della legge 15/2009. Di-segni di legge sono riemersi dalle secche par-lamentari per trovare spazio e priorità nella fit-ta agenda governativa in esplicito collegamen-to alla manovra finanziaria (il d.d.l. c.d. “collegato lavoro” e quello sul “codice delle autonomie”). Altri sono stati varati dal Governo con enfasi (il d.d.l. c.d. “semplificazione” o anche ”anti-burocrazia”), e se

ancora non bastasse altri provvedimenti sono an-nunciati (per esempio il d.m. di revisione delle fasce di reperibilità in malattia del 18 dicembre, misure di riforma sulle modalità concorsuali, ecc.).Insistiti interventi normativi (oggetto di puntuali campagne di comunicazione già in fase di predispo-sizione) che sembrano rispondere a un deliberato piano di comunicazione più che a una strategia coe-rente di cambiamento. Tanti da trasformare il com-pito di orientarsi nell’ambito delle regole sul perso-nale pubblico in una prova improba, degna di esplo-ratori di terre incognite.Vale la pena allora di tentare di tracciare una map-pa sommaria, a costo di rischiare l’inattualità, degli elementi principali che si stanno muovendo in mate-ria di personale nella stagione della legge finanzia-ria, per trarne insomma una geografia quantomeno provvisoria.

2. La legge finanziaria 2010La legge 23.12.2009, n. 191, che reca la finanziaria per il 2010, come già anticipato è parca di norme che riguardino il lavoro pubblico.Parca anche per quanto riguarda la messa a dispo-sizione di risorse per il rinnovo dei contratti di la-voro, come esplicitamente ammette il testo norma-tivo (art. 2, comma 20: “Al termine della fase di cui al comma 13 si provvede alla individuazione e al re-lativo stanziamento delle ulteriori risorse finanzia-rie occorrenti per i rinnovi contrattuali del triennio 2010-2012.”). Tutto è rinviato quindi alla fase suc-cessiva alla definizione del nuovo assetto contrat-tuale prefigurato dagli accordi quadro del 22 genna-io e del 30 aprile 2009 e dal d.lgs. 150/2009 (con par-ticolare riferimento alla definizione dei nuovi com-parti e aree di contrattazione), mentre per il mo-mento ci si deve accontentare della cosiddetta in-dennità di vacanza contrattuale, che gli enti devono

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comunque garantire ai sensi del nuovo art. 47-bis del d.lgs. 165/2001, introdotto dal d.lgs. 150/2009, sotto la rubrica “Tutela retributiva per i dipenden-ti pubblici”.Invece, com’è noto, la legge finanziaria ha suscita-to in sede di approvazione un certo clamore (con al-te proteste dell’Anci) per l’anticipazione di alcune di-sposizioni del d.d.l. “codice delle autonomie”, di in-cisiva (e controversa) revisione del d.lgs. 267/2000: la riduzione dei componenti dei consigli e delle giun-te comunali e la soppressione tra l’altro dei direttori generali, però soltanto negli enti al rinnovo del man-dato amministrativo.Per la verità l’intero d.d.l. sul codice autonomie – dal reale titolo assai più impegnativo: “Individuazio-ne delle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane, sempli-ficazione dell’ordinamento re-gionale e degli enti locali, non-ché delega al Governo in mate-ria di trasferimento di funzio-ni amministrative, carta delle autonomie locali, razionalizza-zione delle province e degli Uf-fici territoriali del Governo. Ri-ordino di enti e organismi de-centrati”, come da ultimo licen-ziato dal consiglio dei ministri – era stato esplicitamente di-chiarato quale “collegato” alla manovra finanziaria 2010, pro-prio con l’intenzione di assicu-rargli una corsia preferenziale per un rapido approdo all’ap-provazione.Tuttavia, sin da subito è appar-so chiaro che l’incorporazione di alcune (poche) sue parti in fi-nanziaria era volta a mere esi-genze di giustificazione contabile, cioè tale da sup-portare la riduzione di poste di spesa. Non per nul-la si è cominciato a parlare, a finanziaria appena ap-provata, di un rinvio per decreto-legge dell’applica-zione di dette disposizioni, e a metà gennaio il rinvio è cosa fatta (rinvio della sforbiciata agli organi, non di quelli ai trasferimenti agli enti locali).Non c’è spazio in questa sede per una disamina dei contenuti del d.d.l. sul codice delle autonomie rile-vanti per l’organizzazione e il lavoro pubblico, trop-po articolati e meritevoli di specifica attenzione; va-le la pena però di notare come per finalità meramen-te contabili non si sia esitato a inserire in finanzia-ria, a fianco del dimagrimento degli organismi elet-tivi dei comuni, anche l’eliminazione tout court del-la figura del direttore generale (o city manager,

come ai bei tempi veniva vezzeggiato), cioè invadendo senza scrupolo alcuno un ambito che dovrebbe es-sere rigorosamente preservato come espressione dell’autonomia organizzativa, costituzionalmente ri-conosciuta, degli enti. È un difetto, peraltro già ripe-tutamente rilevato, di questa stagione di riforme vere e di riforme annunciate, che sempre paiono muove-re da una radicale incomprensione o dal pregiudiziale misconoscimento delle dinamiche di differenziazione organizzativa all’interno della pubblica amministra-zione (a cominciare dai comuni), e dall’ansia di procu-rare una reductio ad unum, come nel caso del pur no-tevole impianto del d.lgs. 150/2009.C’è poco altro da segnalare in materia di personale nella legge 191/2009, che nel frattempo è diventata già oggetto di riscrittura (forse “l’assalto alla diligen-

za” è stato sostituito da più scaltri agguati?). Soltanto una significa-tiva sottolineatura e un ulteriore allargamento delle possibilità di utilizzazione del lavoro occasio-nale anche da parte degli enti lo-cali, con appositi ritocchi all’art. 70 del d.lgs. 276/2003. Ora sarà possibile ricorrere a questa for-mula non solo per manifestazio-ni sportive, culturali, fieristiche o caritatevoli e di lavori di emer-genza o di solidarietà, ma anche per lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici, strade, parchi e monumenti, e più in ge-nerale in tutti i settori produttivi nel caso in cui il prestatore di la-voro sia un pensionato, uno stu-dente sotto i 25 anni o un percet-tore di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito.

3. Il d.d.l. semplificazioneAnche il d.d.l. denominato “Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della pubblica ammini-strazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l’emanazione della carta dei doveri delle ammi-nistrazioni pubbliche” – poi sintetizzato nella comu-nicazione pubblica come d.d.l. di “semplificazione” o anche “anti-burocrazia” – è stato esplicitamente in-serito nel novero dei collegati alla finanziaria 2010. In realtà è stato bensì preliminarmente esaminato nel Consiglio del Ministri del 12 novembre 2009 e avreb-be dovuto poi transitare in Conferenza unificata per il parere, prima della presentazione in Parlamento. Ma forse lo stato di agitazione della rappresentanza de-gli enti locali ha fatto slittare il passaggio. Allo stato non è ancora stato calendarizzato nell’agenda

Per finalità meramente contabili, oltre alla riduzione

degli organismi elettivi, non si è esitato a eliminare

tout court la figura del direttore generale, invadendo

senza scrupolo alcuno un ambito che dovrebbe essere rigorosamente preservato

come espressione dell’auto-nomia organizzativa, costituzionalmente

riconosciuta, degli enti

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parlamentare, già peraltro assai fitta, per cui non è prevedibile una sua rapida approvazione.Eppure aveva meritato un cospicuo lancio di stam-pa, con alcuni efficaci slogan e figurazioni, tra cui il ritorno al giuramento per i dipendenti pubblici.Ma andiamo per ordine: il d.d.l. allo stato attuale si compone di 3 titoli, dei quali il primo comprende una serie di interventi di dettaglio (tra cui la ricetta me-dica e la pagella elettronica, il cambio di residen-za telematico, ecc.), la maggior parte dei quali con il lodevole intento di alleggerire i gravami burocra-tici di cittadini e imprese. E tuttavia con un investi-mento più emotivo (in termini di prescrizioni e au-spici) che materiale (in termini di risorse impiegate) sul passaggio alla digitalizzazione nella comunica-zione della e con la p.a.Il secondo titolo invece è dedicato ad alcuni inter-venti in materia di personale pubblico, per la verità assai eterogenei quanto a portata, come per esem-pio la formalizzazione dell’obbligo di comunicazio-ne al Dipartimento della funzione pubblica dei da-ti mensili concernenti le assenze per malattie con correlata sanzione per il dirigente responsabile, te-ma sempre caro e sempre caldo per il Ministro per l’innovazione e la p.a., oppure la semplificazione delle procedure per il servizio temporaneo all’este-ro di dipendenti pubblici. Tra queste disposizioni spicca proprio, all’art. 26, il giuramento di fedeltà di ciascun nuovo dipendente del-la pubblica amministrazione, che per l’appunto dovrà giurare “di essere fedele alla Repubblica, di osservar-ne lealmente la Costituzione e le leggi, di adempiere ai doveri del mio ufficio nell’interesse dell’amministra-zione per il pubblico bene”. Tale professione, se il di-segno diventerà legge, dovrà essere effettuata al mo-mento della assunzione in servizio e a pena di licenzia-mento senza preavviso.Il terzo titolo invece, il più audace se così si può di-re, traccia una nuova delega al Governo per la re-dazione di una “Carta dei doveri delle amministra-zioni pubbliche”. Ciò per raccogliere in un unico te-sto normativo con disciplina di dettaglio “i doveri ge-nerali delle amministrazioni pubbliche e dei loro di-pendenti, nei confronti dei cittadini”, tra cui il divie-to di aggravio del procedimento, l’obbligo di accet-tare le dichiarazioni sostitutive, il divieto di “mole-stie” amministrative, il dovere di usare un linguag-gio semplice e chiaro, sino a quello di cortesia e di-sponibilità. Insomma un nuovo testo unico, che non si limiterà a una compilazione delle norme già pre-senti nell’ordinamento, ma che si propone di dettare nuovi obblighi, sino ai comportamenti più volatili (la disponibilità o la cortesia), con individuazione delle sanzioni da applicare al personale in caso di manca-to adempimento.

A questo punto due osservazioni. In primo luogo, non si può non notare come lo strumento della legge delega di cui all’art. 76 Cost. stia diventando un pas-spartout per accelerare i tempi della formazione complessa, ma forse anche aggirare il sempre in-grato confronto in sede parlamentare, in alternativa all’altrettanto abusato voto di fiducia. D’altro canto, non si può tacere che forse di un nuo-vo codice, che in buona parte ribadisca ciò che è già normato da tempo con alterno successo (dalla leg-ge 241/1990, al d.P.R. 445/2000, al d.lgs. 196/2003, al d.lgs. 82/2005 e su su sino al d.lgs. 150/2009) non si sente un bisogno irrefrenabile. Segnala invece una per così dire incontinenza del legislatore, un orienta-mento a una normazione pervasiva. Iperlegificazione che risalta per contrasto alla reintroduzione del giu-ramento di fedeltà del dipendente pubblico, che rinvia invece a un codice etico, a un vincolo pre o extragiu-ridico che dovrebbe rendere superflua o addirittura controproducente l’eccessiva regolamentazione. Ma la contraddizione è soltanto apparente.Siamo di fronte a un deliberato anacronismo, ma non meno che nel caso del codice: si configura una vera e propria abiura della contrattualizzazione del lavoro pubblico, ben oltre i limiti della delega della legge 421/1992, la matrice della prima riforma degli anni ’90 (ciò che almeno in apparenza non ha inteso fare nemmeno la legge 15/2009).Resta da chiedersi se davvero i limiti delle riforme precedenti, identificati con la minorità del persona-le dirigenziale a fronte dell’invadenza della politica e dell’atteggiamento meramente rivendicativo del-le rappresentanze sindacali, possano essere davve-ro superati con una compressione di fatto degli spa-zi di autonomia degli attori della p.a.

4. Il d.d.l. lavoroÈ un testo normativo meno spendibile sul piano co-municativo ma più interessante e complesso, per certi versi addirittura eccessivamente eterogeneo.Si tratta del d.d.l. che prevede, guarda caso, ulteriori “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e per-messi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’im-piego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il la-voro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pub-blico e di controversie di lavoro”: costola di un dise-gno più compatto presentato già ad avvio di legislatu-ra e cui ora si intende dare una nuova accelerazione.È vero che non corrisponde più esattamente al suo pri-mitivo profilo. Infatti è andato via via mutando e arric-chendosi di ulteriori contenuti, e altri ne ha ceduto a provvedimenti più rapidi o fortunati. Per esempio, la controversa (e difficilmente applicabile) disposizione

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sulla territorializzazione delle procedure concorsua-li è emigrata da questo d.d.l. per approdare al d.lgs. 150/2009, così come quella della sanzione in caso di ingiustificato rifiuto alla mobilità. Viceversa, nell’ulti-ma versione ha trovato posto una disposizione corret-tiva, si badi bene, della legge 15/2009, e in particola-re in merito alla modifica del d.lgs. 196/2003, laddove l’affermazione del principio dell’accessibilità “totale” alle “notizie concernenti lo svolgimento delle presta-zioni di chiunque sia addetto a una funzione pubblica” pare abbia travalicato opportuni limiti (e infatti si sta-bilisce che “non sono ostensibili, se non nei casi previ-sti dalla legge, le notizie concer-nenti la natura delle infermità e degli impedimenti personali o fa-miliari che causino l’astensione dal lavoro, nonché le componenti della valutazione o le notizie con-cernenti il rapporto di lavoro tra il predetto dipendente e l’ammini-strazione, idonee a rivelare” da-ti sensibili). La delega al Governo prevista dal d.d.l. spazia dalla ri-definizione dei lavori usuranti al-la riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per l’impiego e del mercato del lavoro, incentivi per l’occupazione. Non è poco. A questo va aggiunta la delega al riordino della normativa su con-gedi, aspettative e permessi, in cui si esprime, per così dire, l’ir-resistibile tentazione di invadere territori già regolati dalla contrattazione collettiva (dopo la legge 15/2009 e il d.lgs. 150/2009 non ci sono più ostacoli) e di inter-venire con un dichiarato intento repressivo. Ma oltre a questo il testo tocca l’emersione del lavoro sommerso, la disciplina dei lavori socialmente utili, l’assegnazio-ne temporanea di personale, la proroga degli ammor-tizzatori sociali, la modifica alla disciplina dell’Isee, la riforma del processo del lavoro.

Insomma, è difficile disegnare un profilo lineare di questo d.d.l. Vale la pena di sottolineare un paio di passaggi interessanti o quantomeno curiosi per il pubblico impiego. Troviamo infatti nel d.d.l. un sup-plemento delle norme sul part-time introdotte all’art. 73 del d.l. 112/2008 (poi legge 133/2008) che consen-te, sorprendentemente, al datore di lavoro pubblico di poter riprendere in esame i provvedimenti di tra-sformazione dei rapporti di lavoro da tempo pieno a tempo parziale adottati prima della data di entrata in vigore del decreto. È il completamento della trasfi-gurazione del part-time, da diritto inalienabile del di-

pendente in facoltà a completa discrezione dell’amministrazio-ne. Resta da capire che ne sarà della retorica sull’armonizzazio-ne dei tempi di lavoro con i tempi di vita, in particolare per le don-ne lavoratrici. Si ritrova poi di-sciplinata una ulteriore fattispe-cie di aspettativa, fino a 12, per i dipendenti pubblici che intenda-no avviare un’attività imprendi-toriale. In questo caso sono so-spese le disposizioni in mate-ria di incompatibilità e cumulo di impieghi. Non è però chiaro se la disposizione intenda far fiori-re le potenzialità imprenditoria-li inespresse dei dipendenti pub-blici, o più prosaicamente auspi-chi che si manifestino alla luce

del sole le potenzialità già in opera ma non ufficial-mente censite. Non sarebbe male però che i talenti e le energie creatrici del personale pubblico si espri-messero nell’ambito del loro rapporto di lavoro, co-me lo stesso Ministro della p.a. Brunetta tanto prote-sta e reclama con gran profusione di norme, piutto-sto che prefigurare e agevolare un esodo verso luo-ghi senza dubbio più gratificanti. Insomma, non c’è pace all’orizzonte per il lavoro pubblico.

Se la finanziaria 2010 è parca di norme sul pubblico

impiego, il d.d.l. lavoro contie-ne numerose disposizioni:

fra queste la delega al riordi-no della normativa su

congedi, aspettative e per-messi in cui si esprime l’irre-sistibile tentazione di invadere

territori già regolati dalla contrattazione collettiva

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Tra annunci roboanti in merito all’adozione del-la “Carta delle autonomie” (con il retorico richia-mo alla Magna Charta di Giovanni Senzaterra), non-ché all’introduzione delle profonde novità derivan-ti dal “federalismo fiscale”, le modifiche dell’assetto dell’ordinamento locale oggettivamente languisco-no, soffocate dall’effetto-annuncio.Nell’estate del 2009 si era data la sensazione che la riforma del d.lgs. 267/2000 dovesse giungere pri-ma, addirittura, del d.lgs. 150/2009, nell’inseguirsi senza sosta di bozze e bozzacce del testo della Car-ta. Non se ne è fatto nulla, se non ammantare di in-certezza il mondo delle autonomie, su aspetti estre-mamente delicati, come composizione e competen-ze degli organi di governo, sistema dei controlli (per il quale occorrerebbe un minimo di coordinamento con la riforma Brunetta), status dei segretari comu-nali, sorte dei direttori generali, dei consorzi e delle comunità montane. Acclarato che in effetti la riforma dell’ordinamento locale, se si dovesse dare applicazio-ne alla legge 42/2009 sul federalismo fiscale, rappre-senterebbe un post e non un prius, la “grande riforma” del d.lgs. 267/2000 è stata accantonata. Per riprendere vigore, nell’estenuante logica dello stop and go, all’im-provviso con la legge finanziaria.Sì, perché le possibili riforme all’ordinamento locale hanno la potenzialità di determinare anche risparmi all’Erario: la riduzione dei componenti degli organi, come si ricorda, fu uno dei cavalli di battaglia sia del Governo Prodi sia dell’avvio dell’attuale Governo Ber-lusconi, come strumento principale per la lotta agli sprechi e la riduzione dei “costi della politica”.Così, da almeno 4 anni, attraverso le leggi finanziarie si tenta di ridurre i costi del sistema politico locale.Fino agli anni precedenti, i contenuti rigorosi dei di-segni di legge finanziaria venivano stroncati rego-larmente dai maxiemendamenti dell’ultima ora, che facevano sempre salvi organi e componenti.

La legge 191/2009, invece, ha fatto teoricamente sul serio. Teoricamente perché immancabilmente vi è sta-to il ripensamento: il Governo, infatti, ha approvato il testo di un decreto-legge teso a rinviare al 2011 gli ef-fetti della riforma, il n. 2 del 25.1.2010, pubblicato in G.U. n. 20 del 26.1.2010.Prima, allora, di dare conto delle conseguenze del-la posticipazione (anch’essa, comunque, caratteriz-zata dall’immancabile effetto annuncio), è opportu-no soffermarsi sui contenuti dell’articolo 2, commi da 183 a 188, della legge 191/2009, dai quali deri-verebbe (salvo i detti rinvii) la modifica parziale al d.lgs. 267/2000.

tagli al contributo ordinarioSi prevede che sia ridotto in via permanente il contri-buto ordinario base spettante agli enti locali a vale-re sul fondo ordinario di cui all’articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30.12.1992, n. 504. La riduzione, per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, sarà rispettivamente di 1 milione di euro, di 5 milio-ni di euro e di 7 milioni di euro per le province e di 12 milioni di euro, di 86 milioni di euro e di 118 milioni di euro per i comuni. Si tratta di un taglio progressivo, da connettere al ritmo dei rinnovi dei consigli dei vari enti locali.La riduzione del contributo ordinario sarà attivata da un decreto del Ministro dell’interno che per ciascuno degli anni indicati prima provvederà alla corrispon-dente riduzione. Essa sarà proporzionata alla popola-zione residente di ciascun ente che affronterà la nuova tornata elettorale.Insomma, saranno le nuove compagini politiche del-le amministrazioni locali a dover affrontare i rime-di finanziari e contabili, necessari per fare fronte al taglio del contributo ordinario. La disposizione po-ne non pochi problemi di carattere operativo e inter-pretativo. Al di là delle conseguenze del taglio, che

Enti locali: ordinamento in cerca di assettodi Luigi oliveri

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verranno analizzate specificamente nel prosieguo del presente lavoro, emergono almeno due elemen-ti di rilievo:a) la logica dell’intervento normativo, che non è di

riforma dell’ordinamento, ma di mero conteni-mento della spesa;

b) il contenuto numero di enti che andranno a elezioni.Anche se si è rilevato come la legge 191/2009 finisca per anticipare gli effetti della “Carta delle autono-mie”, a meglio vedere le cose non stanno così.Il legislatore non ha indossato le vesti del riforma-tore dell’ordinamento locale; si è limitato, invece, a svolgere il lavoro di “contabile”, inserendo nella leg-ge finanziaria tagli secchi alla spesa locale, indican-do quali conseguenze deriverebbero da essi, senza effettivamente toccare direttamente le norme del d.lgs. 267/2000. Questa è una chiave di lettura estre-mamente importante per la verifica della costituzio-nalità della legge 191/2009: si deve prendere atto che, nella realtà, essa svolge il ruolo e la funzione di legge di coordina-mento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 119 della Costitu-zione, il che consente al legisla-tore statale di incidere in maniera profonda anche sugli ordinamen-ti di enti di pari dignità istituzio-nale, data la trasversalità della materia e, dunque, la sua intrin-seca capacità di coinvolgere tut-ti i componenti della Repubblica nella produzione degli effetti.Tuttavia, non v’è una riforma dell’ordinamento locale. La leg-ge finanziaria mette in relazio-ne al taglio alcuni interventi ope-rativi, tra i quali la riduzione del numero dei componenti degli or-gani di governo, senza, però, modificare gli articoli connessi del d.lgs. 267/2000.Pertanto, la legge 191/2009 non appare una legge generale, rivolta all’intero sistema locale, bensì una misura di risparmio della finanza pubblica, finaliz-zata solo all’obiettivo di conseguire tali risparmi nei confronti di una limitata parte degli enti locali.Infatti, secondo le stime dell’Anci i comuni (enti più direttamente coinvolti dalla legge 191/2009) che an-dranno a elezioni tra il 2010 e il 2012 sono comples-sivamente 3.092, ovvero solo il 38,14% degli 8.106 co-muni esistenti al 31.12.2008. Le province nella leg-ge 191/2009 non sono nemmeno tenute ad applicare tutte le misure conseguenti alla riduzione del fon-do ordinario; solo il decreto-legge di modifica del-la legge finanziaria estende anche a loro parte degli effetti della norma.

Sembra, pertanto, di poter concludere che la legge 191/2009, nella realtà, non sia una norma di riforma dell’ordinamento locale, bensì una mera disposizio-ne di risparmio di spesa, per giunta non relativa al sistema delle autonomie, poiché finisce per coinvol-gere meno del 40% degli enti interessati e per una durata limitata a un triennio.Probabilmente, allora, il legislatore della legge 191/2009 punta molto sulla realizzazione della vera “grande riforma” mediante la Carta. Sarà con la no-vellazione del d.lgs. 267/2000 e la conseguente mo-difica delle disposizioni ivi contenute che alcune del-le disposizioni della legge finanziaria 2010 troveran-no assetto definitivo, sia istituzionale sia contabile, sicché future disposizioni normative, la stessa Car-ta o successive leggi finanziarie, dovranno preoccu-parsi di determinare gli effetti del contenimento del numero dei componenti degli organi di governo lo-cale e della possibile eliminazione di alcune figure,

come i difensori civici o i diret-tori generali. Sempre che la ri-forma dell’ordinamento loca-le confermi le indicazioni della legge finanziaria 2010.

riduzione di consiglieri e as-sessori e soppressione di en-ti e figure – problemi di costi-tuzionalitàIn “relazione” alle riduzioni del contributo ordinario, i comuni do-vranno ridurre il numero dei con-siglieri comunali del 20%, con ar-rotondamento all’unità superio-re. Non così sarebbe stato per le province, che senza l’interven-to del d.l. 2/2010 non sarebbe-ro state espressamente chiama-

te a contenere il numero dei componenti dei consigli. È presente, invece, sia per i comuni sia per le provin-ce, una riduzione obbligatoria del numero degli as-sessori. I comuni potranno fissare il numero massi-mo, mediante lo statuto, in misura pari a un quarto del numero dei consiglieri. Il numero massimo degli assessori provinciali, invece, è determinato (sempre con lo statuto) in misura pari a un quinto del numero dei consiglieri, sempre con arrotondamento all’uni-tà superiore.Il taglio al contributo postula ulteriori misure, detta-gliatamente indicate, e cioè:a) soppressione della figura del difensore civico di

cui all’articolo 11 del d.lgs. 267/2000; b) soppressione delle circoscrizioni di decentra-

mento comunale di cui all’articolo 17 del d.lgs. 267/2000;

I comuni dovranno ridurre il numero dei consiglieri

comunali del 20%. Non così le province, non espressa-

mente chiamate a contenere il numero dei componenti dei consigli. Vi sarà, invece, una riduzione obbligatoria del nu-mero degli assessori, sia per i comuni, sia per le province

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c) possibilità di delega da parte del sindaco dell’eser-cizio di proprie funzioni a non più di due consiglie-ri, in alternativa alla nomina degli assessori, nei comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti;

d) soppressione della figura del direttore generale;e) soppressione dei consorzi di funzioni tra gli enti lo-

cali, facendo salvi i rapporti di lavoro a tempo inde-terminato esistenti, con assunzione delle funzioni già esercitate dai consorzi soppressi e delle relati-ve risorse e con successione ai medesimi consorzi in tutti i rapporti giuridici e a ogni altro effetto.

L’elencazione delle misure attuative della riduzione della spesa manifesta alcuni problemi da risolvere. Il primo è la sospetta aura di incostituzionalità che connota le decisioni contenute nella legge 191/2009. Il legislatore, infatti, indica in modo puntuale e det-tagliato modalità probabilmente da considerare ob-bligatorie, che gli enti devono attuare per consegui-re i risparmi necessari al taglio al fondo ordinario; solo la delega sindacale a non più di due consiglie-ri in alternativa alla nomina degli assessori è una facoltà discrezionale. Non vi è alcun dubbio che, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera p), della Co-stituzione il legislatore nazionale disponga della po-testà legislativa esclusiva in tema di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamenta-li di comuni, province e città metropolitane. Sicché, sul piano dell’esercizio della corretta potestà legi-slativa da parte del legislatore statale non si pon-gono problemi. Tuttavia, questa constatazione non emenda da dubbi la legge finanziaria per il 2010. In-fatti, nella logica di tale legge, le modifiche impo-ste all’assetto degli enti locali non sono un nuovo di-segno dell’ordinamento istituzionale, assolutamen-te ineccepibile se posto in essere nell’intento espli-cito di modificare il d.lgs. 267/2000, come il Governo intende in effetti disporre, mediante il “codice del-le autonomie”. La nota stonata, allora, consiste nel-la circostanza che tali mezzi di attuazione del taglio sono qualificati espressamente come mezzi obbli-gatori per contenere le spese.Come ha stabilito la Corte costituzionale con la sen-tenza 417/2005, il legislatore statale può certamen-te indicare agli enti obiettivi di finanza pubblica, nell’esplicazione del potere generale di coordina-mento, ma senza indicare in modo puntuale come gli obiettivi debbano essere conseguiti. Pertanto, l’ag-gancio molto chiaro tra le misure indicate dalla finan-ziaria 2010 e i risparmi indotti dalla riduzione del con-tributo ordinario possono configurare una restrizio-ne all’autonomia di cui godono gli enti locali, ai sensi dell’articolo 114 della Costituzione.Però, come si è rilevato sopra, la legge 191/2009, per questi aspetti, persegue il coordinamento della

finanza pubblica e, dunque, potrebbe considerar-si immune da vizio di legittimità costituzionale, dal momento che esercita correttamente una funzione di orientamento della spesa pubblica, la quale po-stula necessariamente misure attuative.Vi è, tuttavia, un secondo elemento di rilievo: la di-sparità di trattamento tra enti: si nota, infatti, che le puntuali misure di “taglio”, con la sola eccezione della riduzione del numero degli assessori, avreb-bero riguardato solo i comuni, ma non le province, se non fosse intervenuto il decreto-legge correttivo. E, comunque, come visto prima, solo una percen-tuale molto limitata degli enti locali è tenuta all’ap-plicazione delle misure di contenimento della spe-sa. Ora, è evidente che consorzi di servizi nonché delega da sindaco ad assessore sono misure che ri-guardano solo i comuni. Ma il difensore civico può anche essere provinciale. E, soprattutto, le funzioni di direttore generale possono essere previste anche nelle province. Non si capisce il senso del mancato coinvolgimento delle province nell’attuazione della norma. Meno ancora è sul piano costituzionale ac-cettabile che solo alcuni comuni e province debba-no applicare le misure di contenimento della spesa. Ciò, infatti, viola certamente la pari dignità istituzio-nale tra enti disposta dall’articolo 114 della Costi-tuzione. E la natura di norma di coordinamento del-la finanza pubblica non sembra, per questo aspetto, argomento sufficiente allo scopo di ritenere insussi-stenti vizi di costituzionalità.In ogni caso, appare discutibile la scelta del legislato-re di specificare le misure concrete da attivare come conseguenza dei risparmi. Sarebbe certamente stato più coerente con l’autonomia normativa, organizzati-va e finanziaria locale imporre loro di ridurre le spe-se in conseguenza della riduzione delle entrate, sce-gliendo le misure più opportune, magari tra un nove-ro ampio, indicato ma non imposto dal legislatore.In ogni caso, se a regime non intervenisse la riforma del d.lgs. 267/2000 ci si troverebbe con alcuni enti so-lo costretti a tagliare i costi della politica, mentre al-tri “più fortunati” no. Sfugge il senso della decisione.

Direttore generaleEffetto singolare della legge 191/2009 (parzialmente corretto dal decreto-legge correttivo) è limitare la in qualche modo clamorosa soppressione della figura del direttore generale solo per i comuni ma non per le province, e, si deve ritenere, anche per le città metro-politane. Dunque, la spesa per tale funzione sarebbe da contenere solo nei comuni, ma non negli enti di di-mensione territoriale più ampia.Il legislatore pare non aver del tutto rivisto la sua posizione sulla concreta utilità e configurazione del direttore generale negli enti locali, anche se la

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norma della finanziaria 2010 ne marginalizza in mo-do chiaro l’impiego a pochi enti.È il segno di un legislatore troppo preoccupato di ap-portare tagli, meno di coordinare in modo chiaro e co-erente le norme. Gli obiettivi finanziari sembrano trop-po enfatizzati, sì da soffocare ragionate riforme su as-setti organizzativi che meritano effettivamente revi-sioni critiche, specie dopo il d.lgs 150/2009.Da anni si discute sull’utilità della presenza del diret-tore generale negli enti locali. Non è, evidentemente, solo una discussione accademica, visto che lo stes-so legislatore dimostra, con le sue iniziative, come l’organizzazione locale meriti una revisione, a partire dalla presenza di un soggetto che, è bene ricordare, è solo facoltativo e non obbligatorio. E non solo il le-gislatore mostra frequentemente più di una perples-sità sulla concreta utilità del ruolo, ma anche la giuri-sprudenza da tempo, almeno nei piccoli comuni, ha evidenziato una forte contrarietà: la procura della Corte dei conti ha chiesto la condanna del Comune di Dongo, che la Corte dei conti Lombar-dia, sezione responsabilità, con sentenza n. 296 del 23.9.2009, ha tuttavia respinto. Ma la stessa Corte dei conti, invece, ha con-dannato (sentenze 22.9.2009, n. 595 e 23.10.2009, n. 645) i sindaci dei Comuni di Consiglio di Rumo e Cremia a causa della carente motivazione alla base del confe-rimento dell’incarico, nonostan-te in quei casi il compenso attri-buito al segretario-direttore fos-se piuttosto contenuto. Già tem-po addietro, nel 2005, il TAR Ve-neto, sez. I, con la sentenza n. 726 del 21.2.2005, ha afferma-to che “l’attribuzione di funzioni e compiti propri del direttore generale, figura di nuovo conio intro-dotta nell’ordinamento degli enti locali dalla legge 127/1997, segnatamente con riguardo ai piccoli co-muni, appare come una superfetazione superflua”.D’altra parte, esperienze come quelle del Comune di Milano in tema di nomina del direttore generale, profondamente censurate dalla Corte dei conti, di-mostrano come della figura si sia fatto un uso non sempre corretto. Sicché la cancellazione anche di questa figura non apparirebbe un vulnus, conside-rando che essa, peraltro, è e resta solo facoltativa e che, nonostante l’associazione dei direttori gene-rali – che naturalmente fa il suo mestiere – “magni-fichi” gli straordinari risultati scaturenti dalla sem-plice circostanza della previsione di tale soggetto

nelle compagini locali, risulta del tutto indimostrata una correlazione diretta tra presenza della funzione del direttore generale e miglioramento dei risulta-ti degli enti locali. Questo assioma al Sud appare del tutto non documentabile.In ogni caso dissesti e commissariamenti non sono certo stati impediti in enti in cui la figura è presen-te, a conferma che non è tanto un ruolo a contare, quanto, invece, come esso è svolto. E l’esperienza fin qui mediamente accertata non porta a un giudizio di indispensabilità della figura del direttore genera-le. Anzi, come le recenti sentenze della Corte dei conti della Lombardia dimostrano, negli enti di pic-cole dimensioni essa porta a crescite non giustifica-te della spesa. E, spesso, negli altri enti la conse-guenza è anche una violazione nemmeno troppo ap-parente dei principi di separazione tra funzioni di go-

verno e gestionali, visto il lega-me eccessivamente stretto tra direttore e organi politici, anti-tetico alle sentenze della Cor-te costituzionale nn. 103/2007, 104/2007 e 161/2008.In ogni caso, la compresen-za della figura del direttore ge-nerale con quella del segre-tario comunale ha determina-to un incremento dei costi, an-che laddove le due funzioni fos-sero concentrate nel solo se-gretario comunale, al quale, co-me è noto, il sindaco può confe-rire le funzioni del direttore ge-nerale. C’è da ricordare che fino al contratto collettivo del 2001 nessuna norma ha regolato, pe-raltro, l’entità del compenso per lo svolgimento di tale funzione, compensi rimasti senza titolo. E

ancora oggi le sperequazioni tra segretari, in tema di compenso per la funzione di direttore, sono ele-vatissime, tanto da annullare in alcuni casi il percor-so di sviluppo di carriera. Allo stesso modo, la nor-mativa vigente non ha chiarito in modo esaustivo la differenza intercorrente tra le funzioni di direttore e segretario. In conseguenza di ciò il segretario spes-so è stato ridotto, se presente un direttore ester-no, a una mera figura simbolica; oppure, se incari-cato come direttore, una sorta di Giano bifronte, dal-la difficile connotazione.La poca chiarezza della norma ha portato a para-dossi evidenti: il Piano esecutivo di gestione, atto proposto dal direttore generale, è obbligatorio solo negli enti con oltre 15.000 abitanti. Per questa ragio-ne moltissimi comuni con popolazione al di sotto di

Effetto singolare della legge finanziaria è la marginalizza-zione della figura del direttore

generale. Segno di un legi-slatore preoccupato più ad

apportare tagli che di coordi-nare in modo chiaro e coeren-

te le norme, sì da soffocare ragionate riforme su assetti

organizzativi che meritano ef-fettivamente revisioni critiche, specie dopo il d.lgs. 150/2009

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tale soglia non lo adottano. Eppure tantissimi hanno egualmente incaricato il segretario come direttore generale, anche gli enti “polvere”, piccolissimi.Del resto norme come il d.lgs. 150/2009, che postula-no un ulteriore forte decentramento delle competenze gestionali e delle funzioni datoriali in capo ai dirigen-ti, rendono la figura del direttore generale nei comu-ni oggettivamente un “lusso”, proprio per la presen-za di un soggetto comunque dotato, per legge, di pote-ri di coordinamento della dirigenza, quale è il segreta-rio comunale. Naturalmente l’eventuale soppressio-ne della figura del direttore, in assenza di una chia-ra abolizione dell’articolo 108 del d.lgs. 267/2000, si presta a facili aggiramenti. Infatti è già stata eviden-ziata da più parti la possibilità di mantenere in pie-di il ruolo del direttore generale, attraverso gli inca-richi dirigenziali extradotazionali, di cui all’articolo 110, comma 2, del testo unico. E non bisogna dimen-ticare che quando la legge 127/1997 introdusse la fi-gura del direttore generale presso alcuni enti loca-li essa già operava, pur in assenza di una norma che lo consentisse. Si nota, allora, proprio per questo aspetto come l’intervento della legge 191/2009 sia parziale e insufficiente. Paradossalmente, poi, come già più volte sottolineato, solo alcuni enti dovrebbe-ro sopprimere la figura, ma altri no. E quegli enti che, pur consapevoli di andare a elezioni nei prossimi due anni, non sono in ogni caso obbligati a sopprimere la figura del direttore, nelle “more”. Inutile sottolineare la gran confusione generata dalla disposizione, ter-reno fertile degli aggiramenti e delle elusioni, tipi-che del sistema degli enti locali, spesso abbarbicato alla difesa della propria autonomia, tanto da porsi in antitesi con le disposizioni di legge, tanto più quando esse risultino così oscure e farraginose.

tagli ai costi della politicaCome visto prima, la norma prevede la riduzione del numero dei consiglieri comunali del 20% con arro-tondamento alla unità superiore, tendente, dunque, ad assicurare comunque la maggiore estensione possibile dell’organo consiliare. È il decreto-legge correttivo a estendere tale riduzione anche alle pro-vince. Vale sia per comuni, sia per province la sfor-biciata al numero degli assessori, che si ridurranno entro la soglia massima di 1/4 dei consiglieri nei co-muni e di 1/5 nelle province, sempre con arrotonda-mento all’unità superiore. Il servizio studi del Sena-to ha evidenziato come “la disposizione non specifi-ca se la riduzione sia riferita a un numero compren-sivo o meno del capo dell’esecutivo locale”. Essendo la disposizione espressamente riferita agli assessori e non, genericamente, ai “componenti” del-la giunta, nel computo il sindaco e il presidente della provincia non pare debbano rientrare.

Il problema che si pone è la decorrenza dei tagli. Per le giunte, in effetti, la questione è facilmente superabile, considerando che gli assessori non sono eletti, ma no-minati dall’organo monocratico il quale, anche in as-senza della modifica statutaria finalizzata alla riduzio-ne del tetto massimo degli assessori, a seguito del-le elezioni nel triennio 2010-2012 dovrà (non sarà una semplice facoltà) necessariamente contenere il nu-mero degli assessori nei tetti previsti dalla legge. Per il taglio dei consiglieri, invece, occorre necessa-riamente una norma che intervenga prima delle ele-zioni e non dopo il loro svolgimento. Il decreto del Vi-minale attuativo dei tagli dovrà contenere, almeno lo si auspica, specifiche disposizioni in tema di rinno-vo ed essere emanato prima dell’indizione dei comi-zi elettorali; potrebbe essere anche quella l’occasio-ne per attivare il taglio, il quale ovviamente non può che operare limitatamente ai nuovi consigli, essendo inimmaginabile la possibilità di ridurre del 20% il nu-mero dei consiglieri già eletti. Solo facoltativa la pos-sibilità attribuita al sindaco nei comuni fino a 3.000 abitanti di delegare alcuni dei suoi compiti a non più di 2 consiglieri, invece di nominare gli assessori.In questo caso sembra di essere in presenza della sublimazione della confusione normativa. Il legisla-tore non si è reso conto che gli assessori non rice-vono affatto dal sindaco deleghe operative: la parola “delega” non è assolutamente utilizzata negli artico-li 47 e 48 del d.lgs. Solo nel gergo si parla ancora im-propriamente di deleghe rivolte dal sindaco o dal pre-sidente della provincia agli assessori che, in realtà, ricevono invece solo un incarico di coadiuvare il ver-tice monocratico nell’amministrazione, partecipan-do ai lavori della giunta quale organo esclusivamente collegiale. Gli assessori non sono organi, non opera-no individualmente come tali, se non al solo scopo di esprimere direttive nei confronti della dirigenza, ov-viamente specificative di decisioni assunte a monte dalla giunta stessa. La delega, dunque, non può es-sere alternativa alla nomina degli assessori. E co-munque quello che la legge 191/2009 non chiarisce è se la giunta permanga o meno come organo dell’en-te locale, con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti. Il problema concreto è, dunque, se tale organo risul-ti operante o se, invece, tutte le competenze generali e residuali degli organi di governo, non rientranti nel-le funzioni del consiglio, siano riversate nei confronti del sindaco e da questo delegate, in parte, ai due con-siglieri. Un caravanserraglio organizzativo, del quale francamente non si sentiva alcuna necessità.

Difensori civiciTranne i difensori civici stessi, probabilmente in po-chi si dorranno della prevista soppressione, comunque secondo le stesse modalità operative viste prima, con

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riferimento ai direttori generali.È un fatto piuttosto oggettivo che la figura del difenso-re civico non ha avuto un ruolo chiaro e che sia risultata di scarsa utilità pratica. Vent’anni fa l’introduzione del cosiddetto ombudsman, difensore del cittadino contro gli abusi della pubblica amministrazione, fu considera-to uno dei punti di maggiore pregio della riforma del-le autonomie locali. Il corso del tempo, però, ha dimo-strato come si fosse trattato di una riforma sostanzial-mente priva di contenuti. Si è creata una figura solo fa-coltativa, visto che gli enti locali potevano scegliere se istituirla o meno. Ma soprattutto priva di concreti pote-ri di incidenza. L’operato dell’amministrazione pubbli-ca italiana è regolato da minute disposizioni di legge e la garanzia dei diritti dei cittadini si opera in primo luo-go attraverso l’autotutela svolta d’ufficio dalle ammini-strazioni che ritengano di revocare o annullare propri atti; oppure mediante i ricorsi giurisdizionali al tribuna-le amministrativo regionale. La funzione del difensore civico, dunque, risulta pri-va di efficacia concreta, più limitata alla persuasio-ne morale che a interventi diretti. Del resto la stes-sa giurisprudenza amministrativa è ripetutamen-te intervenuta per delimitare competenze e funzioni del difensore. Ma molto di più è stata impegnata nel risolvere controversie riguardanti la legittimità dei procedimenti di nomina, molto, troppo spesso og-getto di contestazioni e ricorsi.La scelta di eliminare il difensore civico comunale, a questo punto, appare un corretto tentativo di ra-zionalizzare l’ordinamento locale, anche allo scopo di risparmiare risorse. Peraltro ci sarebbe da capi-re quali effettive funzioni possano residuare in capo al difensore, se rimanesse operante, una volta isti-tuita la class action nella pubblica amministrazio-ne con la legge 198/2009. Infatti la strumento della class action appare molto più efficace, anche se ten-denzialmente occorre evidenziare la lesione di inte-ressi di natura collettiva, mentre il campo di azione dell’ombudsman potrebbe riguardare anche singole questioni di singoli cittadini.

Circoscrizioni e consorzi di funzioniLa soppressione di tali organismi ha evidenti fini esclusivamente di risparmio, e parte, come per i di-fensori civici, dalla considerazione – abbastanza og-gettiva – della scarsa utilità di tali soggetti.Le circoscrizioni non hanno effettivamente avvi-cinato la popolazione alla gestione, anche a causa dell’attribuzione delle competenze gestionali alla dirigenza, che rendono questi organismi particolar-mente onerosi in rapporto alle concrete competenze dei quali possono essere dotati. Per quanto riguarda i consorzi, le funzioni amministrative possono es-sere più efficacemente e con minore spesa gestite

attraverso forme associative meno onerose, quali le convenzioni. Il consorzio è un ente che richiede spe-se di funzionamento dei suoi organi e delle sue fi-gure gestionali obbligatorie. Oggettivamente man-tenere l’alternativa tra simile pesante modello as-sociativo e la flessibilità delle convenzioni appare un vulnus ai principi di buon andamento.È, allora, tanto più paradossale che anche questa mi-sura di razionalizzazione sia limitata alle sole ammi-nistrazioni che vanno a elezioni da parte della legge 191/2009. La quale, oltre tutto, pone problemi rile-vantissimi nel prevedere, senza dettare alcun crite-rio, che le funzioni dei consorzi siano assegnate, con le risorse, agli enti, prevedendo la successione di tut-ti i rapporti giuridici esistenti. Si deve dedurre che gli stessi enti consorziati, nello sciogliere il consorzio, dovranno decidere in quale quota parte assegnare ri-sorse e oneri e come gestire l’affluenza del perso-nale proveniente nelle proprie dotazioni. Sarebbe ne-cessaria una norma particolare, che escluda proprio gli effetti sui rapporti di lavoro esistenti dalle nor-me attualmente vigenti in tema di contenimento del-le spese di personale, perché è chiaro che l’attuazio-ne della soppressione dei consorzi di funzione deter-minerà un incremento della spesa di personale, tanto in termini assoluti quanto in termini di incidenza sul totale delle spese correnti. Ma questo che non è af-fatto un dettaglio trascurabile, è totalmente sfuggi-to al legislatore.

rinviiCome detto, in G.U. n. 20 del 26.1.2010 è stato pub-blicato il decreto-legge 25.1.2010, n. 2, finalizza-to a correggere in parte le disposizioni della legge 191/2009 e a rinviarne gli effetti.L’unico vero taglio al numero dei consiglieri comunali e provinciali lo si produsse nel 1993, epoca in cui con le riforme si faceva sul serio, nel bene e nel male. La legge 81/1993 modificò in modo profondo il siste-ma elettorale e istituzionale degli enti locali, con po-chi e semplici passaggi: l’elezione diretta del sinda-co e del presidente della provincia da parte dei citta-dini e non più la nomina consiliare; la costituzione di una maggioranza consiliare solida, se agganciata al-la lista del sindaco e del presidente della provincia; la configurazione delle giunte come organo collegiale di collaborazione del vertice monocratico, con la perdi-ta dell’individualità funzionale degli assessori; la ri-duzione, appunto, del numero dei consiglieri, dovuta anche alla riduzione delle competenze decisionali nel frattempo stabilita da altre norme.Nel corso dei successivi 17 anni giunte e consigli hanno perso ulteriori competenze e funzioni, per-ché le attività gestionali sono passate alla dirigenza. Tuttavia, il numero dei loro componenti non è mai

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diminuito. Al contrario vari interventi normativi han-no permesso l’aumento dei componenti delle giun-te. Che nei comuni con oltre 15.000 abitanti e nelle province è piuttosto utile per estendere la compagi-ne politica, poiché la carica di assessore è incompa-tibile con quella di consigliere: dunque, spazio ai pri-mi dei non eletti per sostituire i consiglieri nominati come assessori. Solo nei confronti di gettoni di pre-senza e indennità, sia pure con continue contraddi-zioni, in questi ultimi due anni il legislatore è riusci-to a mettere un freno.Il modello organizzativo del 1993 è di stampo vertici-stico. Un sacrificio parziale alla rappresentatività e alla collegialità per attribuire a sindaco e presidente della provincia poteri di indirizzo politico forti e sle-gati dalle gabbie degli equilibri partitici. Si era pen-sato che i vertici, eletti direttamente dal corpo elet-torale, non avrebbero dovuto più subire l’influenza di partiti e correnti, disponendo pienamente della pos-sibilità di nominare e modificare lo staff degli asses-sori. Insomma, al di là del potere politico dei vertici locali dei partiti, sindaci e presidenti della provincia direttamente eletti avrebbero dovuto avere il diritto/dovere di determinare autonomamente le linee di go-verno, scegliere con piena libertà lo staff, guidare, in-somma, l’ente locale in modo da non dover usare il manuale Cencelli per ogni scelta e mossa.Non è stato così. Nonostante il sistema elettorale sindaci e presidenti delle province non hanno avuto la capacità o la forza di agire effettivamente con l’auto-nomia che, pure, la riforma aveva loro riservato. Sa-rebbe bastato questo da solo per rendere evidente la pletoricità soprattutto delle giunte. In un quadro ver-ticistico e con la forza di rappresentatività del sinda-co, la presenza di giunte estremamente ampie risul-ta una contraddizione in termini. Anche perché giun-te molto ampie, caratteristica specifica degli enti di grandi dimensioni e delle province, comportano un ampio distanziamento tra sindaco e presidente del-la provincia rispetto alle strutture amministrative e l’acquisizione in capo agli assessori, come singoli di una forza di direttiva e di guida della compagine ec-cessiva, che cozza con la configurazione della giunta quale organo solo collegiale e con l’assenza assoluta in capo agli assessori di specifici poteri non solo ge-stionali, ma anche politico-amministrativi. Ma è at-traverso la presenza degli assessori in giunta che i

partiti continuano a controllare i vertici monocratici, condizionandone le decisioni. Una riduzione, allora, della giunta a mero collegio di supporto al sindaco, composto da non più di 6 assessori sarebbe coeren-te col sistema. E anche la contrazione del numero dei consiglieri non apparirebbe scandalosa, consi-derando le ridotte competenze dell’organo consilia-re. In ogni caso, gli effetti del decreto-legge non pro-ducono problemi minori di quelli causati dalla finan-ziaria 2010. È vero, si armonizza anche per le province il taglio del 20% dei consiglieri. Ma risulta complesso il sistema dei risparmi e non si capisce più se esso operi a regime o meno. Infatti, il taglio per il 2010 propor-zionato alla popolazione residente non sarebbe più limitato ai soli enti che vanno a elezioni. Questa pre-cisazione varrà solo per gli anni 2011 e 2012. Si do-vrebbe, dunque, dedurre che tutti gli enti locali sa-ranno coinvolti nel taglio 2010, mentre solo quelli per i quali si rinnovano i consigli per gli anni 2011 e 2012. Ma nel 2010 nessuna modalità attuativa risul-terà obbligatoria. Infatti, il decreto-legge sposta al 2011 la decorrenza dei vari strumenti attuativi ana-lizzati prima, stabilendo che le disposizioni conte-nute nei commi 184, 185 e 186 dell’articolo 2 della legge 191/2009 “si applicano a decorrere dal 2011 ai singoli enti per i quali ha luogo il rinnovo del rispet-tivo consiglio, con efficacia dalla data del medesi-mo rinnovo”.Quindi:a) tutti gli enti subiranno il taglio nel 2010;b) nessun ente, nel 2010, dovrà applicare le misure di ri-

sparmio previste nei commi 184-186 dell’articolo 2;c) solo gli enti che andranno a elezioni nel 2011 do-

vranno adottare le misure di contenimento della spesa viste sopra, ma non gli altri.

Un puzzle inestricabile la cui razionalità non è faci-le cogliere. Nel 2010 gli enti saranno liberi di deter-minare autonomamente le misure per rimediare al-la riduzione del contributo. Nel 2011 invece no, solo per quelli che andranno a elezioni. Eppure il taglio, almeno per il 2010, riguarderà tutti.Insomma, se la Corte costituzionale non interver-rà presto nel chiarire le tante aporie della legge 191/2009, è proprio da auspicare l’urgente appro-vazione di una riforma seria e meditata dell’ordina-mento locale, che rimedi alle troppe e inaccettabili incoerenze della finanziaria 2010.

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1. Premessa introduttivaC’è da chiedersi cosa leghi, tra loro, le varie disposi-zioni delle leggi finanziarie succedutesi negli ultimi anni. Di certo non si può dire sia agevole rintraccia-re un fil rouge in grado di spiegare razionalmente il vorticoso andirivieni di norme e istituti, contrabban-dati come innovazioni destinate a migliorare il volto della pubblica amministrazione.Probabilmente anche per le riforme degli anni ’90, che erano state salutate come autentiche panacee per i mali strutturali da cui è afflitta la pubblica ammini-strazione italiana, il de profundis che è stato intonato con i vari provvedimenti di questi anni dimostra anche la caducità delle logiche che li permeavano e la fragi-lità delle basi teoriche su cui poggiavano.

2. L’abolizione della figura del direttore generaleUna vicenda emblematica dello svolgersi di questo molto presunto processo riformatore è dato dalla vi-cenda dell’abolizione della figura dei direttori gene-rali. La legge finanziaria 2010, come noto, anticipa al-cuni contenuti della riforma delle autonomie locali nota come disegno di legge Calderoli, tra i quali, oltre al taglio di difensori civici, circoscrizioni e consorzi di funzioni locali, consiglieri e assessori, spicca l’aboli-zione della figura del direttore generale. Credo che in molti ricordino le vicende tormentate degli anni ’90. Va ricordato come questa figura sia stata introdotta nel nostro ordinamento dalla legge 15.5.1997, n. 127: essa oggi trova disciplina nell’art. 108 del d.lgs. 267/2000, con il preciso intendimento del legislatore di rappre-sentare la cerniera tra apparato politico e appara-to burocratico del comune o della provincia, in ba-se a competenze esplicantesi in due diversi momenti. Ovvero: da un lato, nella fase di programmazione at-traverso soprattutto la proposta del Piano esecutivo di gestione, da approvarsi dalla giunta, e la formula-zione del piano dettagliato degli obiettivi; dall’altro,

nella fase di attuazione degli obiettivi attraverso il perseguimento degli stessi, coordinando l’attività dei dirigenti dell’ente. L’incarico è conferito a tempo determinato dal sindaco o dal presidente della pro-vincia, previa deliberazione della giunta comunale o provinciale, la quale sarà quindi chiamata a esprime-re in materia un preventivo parere. Per questo moti-vo la durata dell’incarico del direttore generale non potrà essere superiore alla durata del mandato del capo dell’amministrazione che l’ha nominato, e per il medesimo motivo anche l’eventuale revoca del di-rettore generale competerà al sindaco o al presiden-te della provincia, previa, anche in questo caso, deli-berazione della giunta.In questo modo, con l’introduzione della figura del direttore generale, si sosteneva che, in base alla legge 142/1990 che ha indicato “alcuni principi ge-stionali finalizzati ad aziendalizzare i comuni, tra i quali l’economicità di gestione, l’efficacia ed effi-cienza, la professionalità e responsabilità, si supe-ra quella cultura degli atti, del rispetto formale (ba-sta che le carte siano a posto!)” (1). Insomma, si dice che con il direttore generale, di nomina del sindaco e a termine, che assume le funzioni di sovrintenden-za sull’attività operativa gestionale ed è responsabi-le dell’attuazione degli obiettivi dell’amministrazio-ne, la gestione si orienti ai risultati aziendali e alla produttività. La separazione della sfera politica dal-la sfera burocratica rappresenta quindi la conditio sine qua non per la realizzazione della riforma del-la dirigenza pubblica, a cui corrisponde necessaria-mente un aumento di responsabilità propria (di ri-sultato) in capo al dirigente (2)..

(1) Conte G., La responsabilità gestionale del segretario comu-nale, in “Comuni D’Italia”, 1997, n. 1, p. 41 ss.(2) Cfr. BusCema A., Il baricentro si sposta sui titolari degli uffici,

Abolizione del direttore generale. Cosa resterà degli anni ’90?di tiziano tessaro

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Al direttore generale competeva quindi uno spazio proprio per il raggiungimento del risultato (non più analizzato sotto lo schematismo di un’azione for-malmente corretta, ma sostanzialmente inidonea al raggiungimento degli obiettivi che sono questi ulti-mi, invece, il metro di analisi) indicato dall’organo politico a cui compete il potere della riconferma o rimozione, mentre – si diceva – l’amministrazione potrà beneficiare di una figura permanente di con-sulente legale nel segretario comunale, con compi-ti di collaborazione e assisten-za concorrendo a determina-re il quadro giuridico di riferi-mento, per l’attività gestionale che rientra, invece, nella sfera di competenza del direttore ge-nerale (3). Tutto questo nel dise-gno di un legislatore che aveva il preciso obiettivo di privilegia-re la netta separazione dei ruo-li tra politica e amministrazio-ne, tra una funzione di indirizzo (programmazione e controllo) e una funzione di esecuzione (ge-stione tecnica e raggiungimen-to dei risultati) e delle relative competenze proprio in virtù di una scelta per così dire ideolo-gica a fronte di un sistema del-la valutazione dei risultati eco-nomici della gestione e del rag-giungimento degli obiettivi aziendali che era un con-cetto sconosciuto (4). Certo, non erano mancati i ri-schi nella prassi di una involuzione del principio. In-fatti, è ben noto il fatto che “a seguito della distin-zione delle responsabilità tra organi tecnici e orga-ni politici si potrebbe instaurare una situazione di

in “Il Sole 24 Ore”, 4.8.1997, n. 213, p. 25. Cfr. al riguardo anche GenGhi F., Responsabilità del segretario comunale e dei dirigen-ti dei servizi, in “Nuova Rassegna”, 1996, n. 21-22; Politano I.W., La nuova contabilità, la separazione delle funzioni e il controllo di gestione, in “L’amministrazione italiana”, 1997, n. 5, p. 7-15 ss.; terraCCiano G., La contrattualizzazione del rapporto di pub-blico impiego, in “Enti Pubblici”, 1995, n. 4, p. 402 ss.(3) tauro L., Il Segretario comunale tra la funzione di governo dell’Ente, la gestione e la spinta efficientista, in “La Voce del-le Autonomie”, 1997, n. 1-2, p. 34 ss.; esPosito P., Piemontese F., Il Segretario comunale e provinciale e la dirigenza negli enti locali territoriali, in “La Voce delle Autonomie”, 1997, n. 1-2, p. 40 ss; esPosito P., Piemontese F., Il ruolo del Segretario comu-nale nell’attuale assetto, in “La Voce delle Autonomie”, 1997, n. 1-2, p. 47 ss.; Chiarello M., Responsabilità dei dirigenti e dei segretari comunali, in “La Voce delle Autonomie”, 1997, n.1-2, p. 128 ss. (4) Conte G., op.cit.

intimidazione nei confronti degli organi amministra-tivi per l’emanazione di atti anche non regolari fa-cendo forza ai «criteri» di difficile qualificazione con le conseguenze che da tali disposizioni possano de-rivare l’accentuazione dei timori e delle paure di re-sponsabilità amministrativa per danno da parte dei dipendenti, nonché un’involuzione negli stessi com-portamenti dei dipendenti i quali tenderanno a una maggiore ricerca della mera regolarità formale dei provvedimenti adottati. In definitiva, tale disposi-

zione, dettata dall’esigenza di escludere il necessario coinvol-gimento sul piano delle respon-sabilità per danno degli orga-ni politici per fatti tecnici o am-ministrativi della cui regolari-tà non possono venire facilmen-te a conoscenza, potrebbe fini-re per accentuare la sudditanza psicologica dei dipendenti degli enti locali di fronte alle pressio-ni degli organi politici a rischio di una responsabilità perso-nale e diretta dinanzi alla Cor-te dei conti ovvero a rallentare tempi di svolgimento dell’atti-vità amministrativa all’interno degli enti stessi” (5). Ora, il ve-nir meno della figura del diret-tore generale in nome di dichia-rate esigenze di risparmio pone

dubbi inquietanti sui motivi effettivi dell’introduzio-ne della figura suddetta all’interno dell’ordinamen-to locale, posto che le anzidette esigenze di efficien-za gestionale non sono certo venute meno nel frat-tempo. E a l di là di chi surrogherà nei fatti il ruo-lo del direttore generale (su cui tra poco ci dilun-gheremo), viene spontaneo il quesito sui motivi rea-li che hanno portato a spendere somme ingenti per retribuire dirigenti provenienti per lo più dal mondo privato. Certamente si possono trarre alcune con-clusioni. La prima è che sovrapposizioni, confusio-ne e incertezze nella guida dell’ente rappresenta-vano e rappresentano il vero problema organizza-tivo di molti comuni e province. Questo testimonia da un lato della vacuità della scelta legislativa del ’97, dall’altro del fatto che spesso i sindaci hanno sciolto il nodo gordiano scegliendo di affidare ai se-gretari comunali – spesso con caratteristiche sog-gettive spiccatamente “manageriali” idonei ad as-sumere il ruolo di direttore generale – la direzio-ne generale nell’intento di evitare contrapposizioni

(5) BusCema A., op.cit.

Il problema sarebbe se in questo vuoto di potere

creatosi dall’abolizione della figura del direttore generale

si dovesse inserire la vecchia figura del sindaco fasotuto-mì. Sarebbe il segno assai preoccupante del ritorno

della politica in ambito ge-stionale sotto più pericolose

(perché mentite) spoglie

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perniciose all’ente. Ma anche e soprattutto per ga-rantire nei fatti spesso una composizione tra le esi-genze di legittimità e quelle di efficienza.Il problema vero sarebbe, invece, se in questo vuo-to di potere creatosi dall’abolizione della figura del direttore generale si dovesse inserire la vecchia fi-gura del sindaco fasotutomì, come avveniva prima dell’introduzione della anzidetta riforma. In partico-lare verrebbe meno il paradigma di distinzione dei ruoli tra gli organi politici e la struttura professio-nale, in cui la mancata previsione di una figura di co-ordinamento (direttore generale o segretario a que-sto punto poco importa) sarebbe il segno assai pre-occupante del ritorno della politica in ambito gestio-nale sotto più pericolose (perché mentite) spoglie.Insomma, non sarebbe propriamente auspicabile che fosse il sindaco a voler essere il vero direttore generale del comune.La disposizione della legge finanziaria 2010 non può essere quindi interpretata come un caso margina-le e irrilevante: è in discussione proprio il principio di distinzione tra indirizzo politico e gestione ammi-nistrativa. In realtà tutto ciò sembra tradire il se-gnale di una tendenza più generale alla dilatazione del “campo d’azione” della politica, che autolegitti-ma se stessa attraverso il richiamo all’investitura popolare, così travolgendo lo stesso fondamentale principio di distinzione tra poteri e negando al con-tempo, in virtù dell’anzidetto richiamo, qualsiasi au-tonomia di azione agli organi (amministrativi, giuri-sdizionali) che siano privi di un’investitura democra-tica. I segnali di questa tendenza sono assai forti e hanno portato a superare in alcuni casi la forma di reclutamento prevista dalla Costituzione, ricondu-cendola a un sistema di nomina che porta con sé i germi di una pericolosa involuzione.In realtà ciò che fa ancor più riflettere l’interprete è che questa repentina e non comprensibile inver-sione di rotta del legislatore si cumula con le recen-ti considerazioni della giurisprudenza amministra-tiva, secondo cui in fondo la menzionata disciplina

della figura del segretario comunale “del resto non [è] dissimile dalla previgente legge comunale e pro-vinciale (t.u. n. 383 del 1934) e non diversa dall’at-tuale ordinamento (art. 17 della legge n. 127 del 1997 e, successivamente, art. 97 del d.lgs. 18 ago-sto 2000 n. 267)”, dal momento che “prevede in capo a tale «funzionario» la specifica funzione ausiliaria di garante della legalità e correttezza amministra-tiva dell’azione dell’ente locale: infatti, anche il t.u. n. 267 del 2000 ha assegnato al segretario dell’ente locale, in linea generale, oltre agli altri compiti indi-cati all’art. 97 del t.u. citato, le «funzioni di collabo-razione e di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell’ente in ordine alla confor-mità dell’azione amministrativa alle leggi, allo sta-tuto e ai regolamenti» e quelle di «sovrintendere al-lo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e di coor-dinarne l’attività».È vero che, rispetto al passato, il rapporto di im-piego insorge tra il segretario comunale e l’Agen-zia autonoma per la gestione dell’albo dei segreta-ri comunali e provinciali, ma il rapporto di servizio, che è poi quello organico, intercorre tra il segretario e l’ente locale che si avvale della sua opera e che lo nomina e lo retribuisce, nel rispetto delle previsio-ni ora del t.u.e.l. n. 267/2000 e del d.P.R. n. 465/1997, secondo le previsioni dello specifico contratto col-lettivo nazionale di lavoro dei segretari comunali e provinciali” (6).Viene da chiedersi nuovamente, quindi, perché si siano succedute in questi anni le riforme.L’interprete certamente trova difficoltà a individua-re una ratio univoca del susseguirsi di norme e con-seguenti polemiche intorno al ruolo della figura di vertice delle amministrazioni locali e degli stessi segretari comunali, nonché sullo stesso significato concreto delle riforme.

(6) Cons. Stato, sez. IV, 24.12.2009, n. 8750.

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COMUNI D’ITALIA contratti pubblicila direttiva ricorsi

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1. PremessaÈ appena iniziato un anno di sicura “intensità” per il codice dei contratti pubblici (1), e soprattutto per gli operatori, di qualsivoglia genere e livello, chiama-ti ad applicarlo.La raffica di novità, introdotte nell’estate dello scor-so anno (2), non ha dato tregua al codice, che ne esce ulteriormente e sensibilmente modificato in parti nevralgiche. Una sorta di “quarto correttivo” si è così determinato a seguito della frenetica e copiosa se-rie di innovazioni disseminate nei vari provvedimen-ti anticongiunturali, sicurezza, sviluppo e attuazio-ne di obblighi comunitari, seguiti al d.lgs. 152/2008 (il terzo e ultimo “correttivo” in senso tecnico). La ri-forma dei servizi pubblici locali costituisce, poi, un altro importante capitolo, in corso di definizione, per gli enti locali chiamati a riconfigurare in tempi brevi l’organizzazione delle modalità gestionali in essere.Invero, la novità di maggiore rilievo, per le sorti del codice, è costituita dall’entrata in vigore nel nostro ordinamento della nuova direttiva ricorsi 2007/66, il

(1) Approvato con d.lgs. 12.4.2006, n. 163, di seguito denominato “codice”.(2) Si intende alludere alle diverse modificazioni al codice in-trodotte durante l’estate del 2009: a) l’articolo 17 della leg-ge 18.6.2009, n. 69, “Misure di semplificazione delle pro-cedure relative ai piccoli appalti pubblici” (abrogazione del divieto di partecipazione congiunta del consorzio stabile e di tut-ti i consorziati); b) l’articolo 2, comma 19, della legge 15.7.2009, n. 94 ha introdotto un nuovo requisito generale di partecipazione alle pubbliche gare; c) sempre l’articolo 2, comma 19, della legge 15.7.2009, n. 94, ha introdotto un’innovativa ipotesi di esclusione. In altri termini, tutte le fattispecie preclusive, disciplinate dall’arti-colo 38, non trovano applicazione nei riguardi delle aziende e delle società: – sottoposte a sequestro o confisca, ai sensi dell’articolo 12-sexies del d.l. 8.6.1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7.8.1992, n. 356, o della legge 31.5.1965, n. 575; – e affidate ad un custode o amministratore giudiziario o finanziario.

cui termine di recepimento è scaduto il 20 dicem-bre 2009. L’entrata in vigore della direttiva 2007/66 determinerà un significativo impatto nella gestio-ne dell’attività contrattuale delle pubbliche ammini-strazioni, per effetto del rafforzamento della tutela dei concorrenti, dell’introduzione di nuovi obblighi ri-cadenti sulle stazioni appaltanti (rispetto del termi-ne sospensivo tra aggiudicazione e stipula del con-tratto) e dell’intensificarsi dei correlativi profili di re-sponsabilità per i soggetti coinvolti nel ciclo realizza-tivo dell’appalto. Certamente molto dipenderà dalle scelte che saranno operate dal legislatore dell’ema-nando decreto di recepimento al di là della trasposi-zione delle prescrizioni minime obbligatorie.Come noto, la direttiva 2007/66/Ce è stata emana-ta per rispondere alle criticità, riscontrate dalla Co-munità, nell’attuazione delle precedenti direttive 89/665/Ce e 92/13/Ce. Come ben illustrato nei diver-si “considerandi” della direttiva (3), le consultazio-ni con le parti interessate e la giurisprudenza della Corte di giustizia hanno evidenziato una serie di la-cune nei meccanismi di ricorso esistenti negli Sta-ti membri. A causa di tali carenze i pregressi mec-canismi di tutela, cioè quelli previsti dalle diretti-ve 89/665/Cee e 92/13/Cee, non hanno assicurato, con l’auspicata frequenza, il rispetto delle disposi-zioni comunitarie, soprattutto in una fase in cui le violazioni possono ancora essere corrette. Di con-seguenza, le esigenze di trasparenza e di non discri-minazione devono essere rafforzate, al fine prima-rio di garantire che la Comunità, nel suo complesso, benefici pienamente degli effetti positivi dovuti alla modernizzazione e alla semplificazione delle norme sull’aggiudicazione degli appalti pubblici, operate

(3) I “considerandi” rappresentano la motivazione delle direttive comunitarie.

Direttiva ricorsi: il possibile scenario di modificazioni al codice dei contratti pubblicidi massimiliano Alesio

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dalle precedenti direttive 2004/18/Ce e 2004/17/Ce. Da ciò, dunque, la necessità di modificare le diret-tive 89/665/Cee e 92/13/Cee, integrandole delle più innovative prescrizioni, frutto dei recenti sviluppi elaborativi dottrinari e giurisprudenziali.Tra le principali misure introdotte dalla direttiva meri-tano di essere segnalate, in anteprima, le seguenti:a) un sistema di termini sospensivi minimi, i quali, sal-

vo casi eccezionali, precludono la stipulazione del contratto di appalto prima che siano decorsi 10 o 15 giorni (a seconda degli strumenti utilizzati per le co-municazioni) dall’aggiudicazione. In caso di propo-sizione del ricorso, poi, la preclusione perdura si-no alla pronuncia del giudice, quanto meno in sede cautelare (4);

b) la garanzia di un termine minimo per la proposi-zione del ricorso, pari ad almeno 10 o 15 giorni (a seconda dello strumento utilizzato per l’informa-tiva) dalla comunicazione della decisione ammi-nistrativa, e non inferiore a 30 giorni per i ricorsi diretti a far dichiarare la c.d. “privazione degli ef-fetti del contratto” (artt. 2-quater e 2-septies del-la direttiva) (5);

c) un articolato sistema di sanzioni, graduate in ba-se alla gravità della violazione del diritto comu-nitario, in modo da assicurare “sanzioni effetti-ve, proporzionate e dissuasive” (considerando n. 13), con obbligo per gli Stati membri di sanzionare con la “privazione degli effetti del contratto” alcu-ne violazioni ritenute particolarmente gravi: ille-gittimo affidamento diretto, ingiustificata omessa pubblicazione del preliminare dei bandi di gara, nonché violazione del termine sospensivo per la sottoscrizione del contratto d’appalto con l’aggiu-dicatario.

Il legislatore italiano, sia in quanto consapevole dell’importanza della direttiva, sia per scongiura-re possibili condanne per inadempimenti agli obbli-ghi imposti dal diritto comunitario, ha inserito, nel-la legge comunitaria 2008 (6), una disposizione di delega per l’adozione delle misure di recepimento

(4) Al riguardo, occorre segnalare che già la direttiva 89/665/Ce faceva obbligo agli Stati membri di assicurare all’organo giudicante adeguati poteri cautelari, “compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudi-cazione di un appalto pubblico o l’esecuzione di qualsiasi deci-sione presa dalle autorità aggiudicatrici” (art. 2).(5) In questo ultimo caso, il termine decorre dalla pubblicazio-ne dell’avviso di aggiudicazione (se contenente la motivazio-ne) ovvero dalla comunicazione dell’avvenuta stipulazione del contratto. Secondo la direttiva, inoltre, tutte le comunicazioni indirizzate dalle stazioni appaltanti agli interessati devono con-tenere una relazione nella quale l’amministrazione espone sin-teticamente i motivi della propria decisione.(6) Legge 7.7.2009, n. 88.

necessarie (art. 44). Come vedremo, la delega con-ferita al Governo ha però portata più ampia e com-prende anche disposizioni riguardanti altri istituti, come l’accordo bonario e l’arbitrato. Dunque, si palesa necessario esaminare e collocare in modo coerente tutte le tessere del mosaico, che sono costituite da:› riforma del processo amministrativo;› direttiva comunitaria sui ricorsi in materia di ap-

palti pubblici; › principi e criteri direttivi della legge delega;› lo schema di decreto di recepimento con le con-

nesse modificazioni al codice.

2. La riforma del 2000Come noto, con la legge 21.7.2000, n. 205, il legisla-tore ha inteso perseguire quattro precisi obiettivi.In primo luogo, una chiara distribuzione delle com-petenze tra giudice civile e giudice amministrativo, perseguendo la “concentrazione” della tutela in ca-po a un unico giudice. Invero, occorre partire dal de-creto legislativo 31.3.1998, n. 80 (7), il quale ha da-to luogo a due interventi assai significativi: il comple-tamento della devoluzione al giudice ordinario delle controversie sull’impiego pubblico, restituendo, co-sì, il giudice amministrativo alla sua originaria fun-zione di rendere giustizia ai cittadini nei confronti dei pubblici poteri (8), e il trasferimento, sempre al me-desimo giudice, di tutte le controversie che riguar-dano servizi pubblici e urbanistica. Nel sistema ita-liano la tutela giudiziaria dei cittadini è ripartita tra giudice civile e giudice amministrativo, quale giudice “specializzato” nella valutazione degli atti della pub-blica amministrazione. Tale assetto di competenze, fino a oggi, ha comportato sovente la necessità di un “doppio processo”, dinanzi al giudice civile e a quel-lo amministrativo, per ottenere piena e definitiva tu-tela. La legge n. 205 del 2000 ha cercato di rimedia-re a questo grave inconveniente, prendendo le mosse dall’evidente considerazione che è inconcepibile, per una stessa vicenda sostanziale, che il cittadino deb-ba rivolgersi a due giudici per ottenere tutela defini-tiva. Per far ciò si è operato con due meccanismi: si è utilizzato, nel riparto delle competenze tra i due giu-dici, un moderno criterio “per materia”, in modo che, una volta identificato il giudice competente, tutte le

(7) “Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rap-porti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11, comma 4, della l. 15 marzo 1997, n. 59” (8) Occorre osservare che più della metà del contenzioso del giudice amministrativo era relativa a cause tra amministrazio-ne e suoi dipendenti.

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controversie che possono insorgere sono decise solo da quel giudice, indipendentemente dal tipo di prov-vedimento che il cittadino richiede. Di conseguenza, il giudice amministrativo, in tutte le materie in cui ha competenza, può non solo annullare i provvedimen-ti illegittimi, ma anche condannare l’amministrazione al risarcimento del danno, senza che il cittadino deb-ba iniziare un nuovo e lungo processo dinanzi al giu-dice civile. In secondo luogo, il legislatore ha inteso rendere più tempestivo lo svolgimento del processo. Non si è trattato di una riscrittura totale del processo ammi-nistrativo, ma di una serie, non indifferente, di “mi-sure mirate” che agiscono sui punti maggiormente critici dell’esperienza giudiziaria. In particolare: a) concentrazione in un solo processo dei giudi-

zi sugli atti connessi. D’ora in avanti il cittadi-no, che impugni un provvedimento (per esem-pio, l’esclusione da un con-corso), non dovrà più propor-re un separato ricorso, sop-portando i relativi costi, con-tro un secondo provvedimen-to adottato dall’amministra-zione e connesso al primo (per esempio approvazione della graduatoria del concor-so), ma potrà impugnare an-che il secondo provvedimen-to nell’ambito del giudizio già iniziato;

b) rimedio contro l’inerzia del-la p.a. entro 30 giorni. È stato previsto un processo abbre-viato per dichiarare illegit-timo il silenzio dell’ammini-strazione e, per i casi di per-sistente inerzia, si autorizza il giudice a nominare un com-missario ad acta (9);

c) motivazione in forma abbreviata. È stato previ-sto, laddove la causa sia di agevole soluzione, che il giudice si limiti a una succinta motivazione circa le ragioni della decisione, in modo da abbreviare i tempi di relazione e deposito delle sentenze;

d) estinzione del giudizio con semplice decreto. È stato introdotto un meccanismo, quasi automa-tico, per verificare la persistenza dell’interesse alla decisione per cause particolarmente vecchie;

(9) Prima, invece, erano necessari due gradi di giudizio, solo per dire che l’amministrazione ha l’obbligo di pronunciarsi su un’istanza; più altri due, per la possibile impugnazione del provvedimento esplicito.

se tale interesse non è confermato, il giudizio si estingue;

e) facilitazione delle notifiche anche attraverso il ricorso alla via telematica o al telefax, così da semplificare e snellire le relative procedure;

f) dimezzamento dei tempi processuali per deter-minate materie, tra cui appalti, privatizzazioni, au-torità indipendenti. In queste materie si richiedo-no decisioni particolarmente celeri, vista l’impor-tanza degli interessi coinvolti. La riforma prevede una procedura accelerata, disponendo il dimezza-mento dei tempi processuali, la fissazione imme-diata dell’udienza per la decisione e la pubblica-zione celere della sentenza entro 7 giorni (in luo-go degli ordinari 45 giorni). Si estende, in definiti-va, un modello di tutela abbreviato che ha già dato buoni frutti in passato per il settore degli appalti e dell’accesso ai documenti amministrativi;

g) estensione del giudizio di ottemperanza anche alle sen-tenze di primo grado. Mentre in passato, il privato, per poter pretendere l’esecuzione effetti-va della decisione favorevole di primo grado, doveva aspettare che la sentenza diventasse defi-nitiva (e, quindi, attendere l’esi-to dell’appello), adesso il privato medesimo può attivare un mec-canismo che costringe da subito l’amministrazione ad adeguar-si alla pronuncia del tribunale, anche nominando un commis-sario ad acta che si sostituisce all’amministrazione inerte;h) introduzione della con-sulenza tecnica. Si rafforzano i poteri istruttori del giudice am-ministrativo, sinora ben più li-

mitati di quello civile. Si introduce, per esempio, la possibilità per il g.a. di disporre perizie e con-sulenze tecniche laddove la questione sottoposta al suo esame presenti aspetti complessi dal pun-to di vista tecnico.

Inoltre, il legislatore ha posto in essere una radicale riforma della fase cautelare, attraverso le seguen-ti misure:› pluralità e celerità delle misure cautelari. In

passato l’unica misura cautelare adottabile dal giudice amministrativo, per evitare al cittadino danni gravi e irreparabili, era la cosiddetta “so-spensione” del provvedimento impugnato.

Con la riforma del 2000 il giudice amministrativo potrà, come quello civile, adottare tutte le misure

Le direttive 89/665/Cee e 92/13/Cee si sono occupate di prevedere e imporre un

sistema giudiziale, ammini-strativo o giurisdizionale, che garantisse adeguata tutela

cautelare e annullatoria delle decisioni illegittime, oltre che una tutela risarcitoria delle posizioni comunitariamente

rilevanti e lese

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ritenute necessarie per evitare detti danni (10). In casi di particolare urgenza, misure cautela-

ri provvisorie potranno essere adottate dal pre-sidente del tribunale, senza attendere la riunione del collegio;

› decisione, durante l’esame della questione cau-telare, anche del merito della controversia. Que-sta rivoluzionaria novità è stata già positivamente sperimentata per il settore degli appalti dal 1997. In pratica, si estende ora a tutti i processi il mec-canismo secondo cui il giudice, investito di una ri-chiesta cautelare, se ritiene di avere a disposizio-ne tutti gli elementi necessari di giudizio, potrà emanare la sentenza definitiva, anziché limitarsi alla misura provvisoria. È ben evidente il benefi-cio, oltre che per i cittadini, anche per la pubblica amministrazione, che conoscerà immediatamen-te il destino, positivo o negativo, dei propri prov-vedimenti, evitando una paralisi della sua attivi-tà, sovente di anni, in attesa dell’udienza di meri-to, dopo la fase cautelare;

› condanna alle spese per la fase cautelare. Un’ul-tima novità è data dalla possibilità di condannare alle spese la parte soccombente, con l’ordinanza cautelare, in modo da scoraggiare la presentazio-ne di istanze infondate e temerarie.

Infine, il legislatore della riforma del 2000 si è oc-cupato anche dell’ammodernamento dell’organiz-zazione della giustizia amministrativa. Ciò attraver-so un aumento dell’organico dei magistrati dei TAR e del Consiglio di Stato, in modo da consentire al-la magistratura amministrativa di affrontare il ri-levante carico di lavoro e la maggiore complessità delle questioni, sottoposte alla sua competenza, e una riforma del consiglio di presidenza della giusti-zia amministrativa (11).

3. La mini-riforma del 2008Con l’art. 20, comma 8, del decreto-legge 29.11.2008, n. 185 (12), convertito in legge 28.1.2009, n. 2, il le-gislatore è nuovamente intervenuto in materia di

(10) Per esempio, potrà emettere ingiunzioni di pagamento, emanare ordini di fare o divieti, disporre cauzioni, accantonare posti in concorsi od ordinare la ripetizione di prove di esame. (11) Per l’organo di autogoverno della magistratura ammini-strativa, omologo del C.S.M. per la magistratura ordinaria, è prevista la partecipazione di quattro componenti laici, ossia estranei alla magistratura, designati tra avvocati e professori in materie giuridiche. Si consente, così, una positiva integra-zione culturale e si alimenta il dialogo tra mondo della magi-stratura amministrativa e altri operatori qualificati del mondo della giustizia.(12) “Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupa-zione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il qua-dro strategico nazionale”.

processo amministrativo, attraverso la previsione di una serie di innovative disposizioni, che spazia-no anche al di là del mero settore processuale. Ta-li innovazioni ruotano attorno alla figura, non certo incontroversa, degli “investimenti pubblici di com-petenza statale” (13). Precisamente le principali di-sposizioni, relative agli indicati investimenti, posso-no essere così sintetizzate:› i provvedimenti adottati in materia di “investimen-

ti pubblici di competenza statale” sono comunica-ti agli interessati a mezzo fax o posta elettronica (14);

› l’accesso agli atti del procedimento è consentito entro 10 giorni dall’invio della comunicazione del provvedimento;

› il termine per la notificazione del ricorso al TAR, avverso i provvedimenti emanati, è di 30 giorni dalla comunicazione o dall’avvenuta conoscenza, comunque acquisita. Il ricorso principale va depo-sitato presso il TAR entro 5 giorni dalla scadenza del termine di notificazione del ricorso (15);

› le altre parti si costituiscono entro 10 giorni dalla notificazione del ricorso principale ed entro lo stes-so termine possono proporre ricorso incidentale;

› il ricorso incidentale va depositato con le modali-tà e i termini previsti per il ricorso principale;

› i motivi aggiunti possono essere proposti entro 10 giorni dall’accesso agli atti e notificati e depositati con le modalità previste per il ricorso principale;

› il processo viene definito a una udienza da fissarsi entro 15 giorni dalla scadenza del termine per la costituzione delle parti diverse dal ricorrente;

› il dispositivo della sentenza è pubblicato in udienza;› la sentenza è redatta in forma semplificata, con

i criteri previsti dall’articolo 26, comma 4, della legge 6.12.1971, n. 1034;

› le misure cautelari e l’annullamento dei provvedi-menti impugnati non possono comportare, in al-cun caso, la sospensione o la caducazione degli effetti del contratto già stipulato, e, in caso di an-nullamento degli atti della procedura, il giudice

(13) Ivi inclusi quelli di pubblica utilità, con particolare rife-rimento agli interventi programmati nell’ambito del Quadro Strategico Nazionale programmazione nazionale, ritenuti prio-ritari per lo sviluppo economico del territorio nonché per le im-plicazioni occupazionali e i connessi riflessi sociali, nel rispetto degli impegni assunti a livello internazionale.(14) I predetti investimenti sono individuati con d.P.C.M., su pro-posta del ministro competente per materia di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.(15) In luogo della prova della notifica, può essere depositata attestazione dell’ufficiale giudiziario che il ricorso è stato con-segnato per le notifiche; la prova delle eseguite notifiche va de-positata entro 5 giorni da quando è disponibile.

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può esclusivamente disporre il risarcimento de-gli eventuali danni, ove comprovati, solo per equi-valente. Il risarcimento per equivalente del danno comprovato non può, comunque, eccedere la mi-sura del decimo dell’importo delle opere che sa-rebbero state eseguite se il ricorrente fosse risul-tato aggiudicatario, in base all’offerta economica presentata in gara.

Inoltre deve essere menzionato il comma 8-bis, il qua-le stabilisce che, per la stipulazione dei contratti, re-lativi sempre agli investimenti pubblici di competenza statale, non trova applicazione il termine di 30 giorni, previsto dall’articolo 11, comma 10, del codice (16).La mini-riforma del 2008, a un attento esame, si ri-leva di discussa applicazione, in considerazione del-le forzature ivi contenute.Infatti, le nuove disposizioni sembrano configura-re un’area di atti, genericamente relativi a “investi-menti pubblici o di pubblica utilità”, la cui concre-ta individuazione è, peraltro, rimessa alla scelta so-stanzialmente discrezionale delle stesse ammini-strazioni interessate. Gli effetti dei provvedimen-ti, connessi agli indicati investimenti, indipendente-mente dalla gravità dei vizi dai quali possono essere afflitti, sono assolutamente blindati, resistendo an-che al sindacato giurisdizionale. In netto contrasto con i principi ispiratori della direttiva 2007/66, i con-tratti, diretti all’attuazione degli investimenti con-templati dalla legge, non soltanto non sono minima-mente incisi nella loro efficacia dall’eventuale so-spensione e/o annullamento degli atti amministrati-vi presupposti, ma, per evitare il rischio che un ope-ratore particolarmente solerte, assistito da un av-vocato particolarmente efficiente, possa adire il giu-dice e ottenere una tutela almeno cautelare prima del decorso dello standstill period, sono espressa-mente sottratti all’osservanza di tale periodo mini-mo di sospensione. Siffatta previsione appare esse-re in contrasto con le garanzie imposte in sede co-munitaria e costituzionale. Queste ultime, non sol-tanto per contenuto proprio, in relazione agli artico-li 24 e 113 Cost., ma anche attraverso l’espresso ri-chiamo al diritto comunitario operato dal nuovo ar-ticolo 117, comma 1, Cost.Nella formula risultante a seguito della legge di conversione, il ricorso avverso gli atti adottati de-ve essere notificato entro 30 giorni dalla relativa

(16) Precisamente, ai sensi dell’indicata disposizione normati-va, il contratto non può essere stipulato prima di 30 giorni dalla comunicazione ai controinteressati del provvedimento di ag-giudicazione, salvo motivate ragioni di particolare urgenza, che non consentono alla stazione appaltante di attendere il decorso del predetto termine.

comunicazione ai soggetti interessati a mezzo fax o con posta elettronica all’indirizzo da essi indica-to, o dall’avvenuta conoscenza, comunque acquisita. Ora, ricordato che la direttiva comunitaria identifica la conoscenza dell’atto, idonea a far decorrere i ter-mini di ricorso, con quella del suo contenuto motiva-zionale, con conseguente inidoneità della mera no-tizia della decisione lesiva, appare evidente che gli strumenti di comunicazione individuati dalla novella normativa non appaiono adeguati a fornire una pie-na garanzia della data effettiva di ricezione. Inoltre, deve essere segnalata l’eccessiva contrazione dei termini a difesa, la quale risulta ancora più grave se il richiamato termine di 10 giorni, per la proposizio-ne dei motivi aggiunti, potesse intendersi riferito an-che all’impugnazione degli atti connessi a quello og-getto del ricorso principale, rispetto ai quali non vi sa-rebbe neppure il termine per effettuare l’accesso.Analoga incertezza si riscontra sulle forme della notificazione: incomprensibilmente, nel restringere a soli 5 giorni dal termine ultimo per la notifica quel-lo per il deposito del ricorso, il legislatore, mentre opportunamente consente il deposito della mera at-testazione dell’ufficiale giudiziario di aver ricevuto l’atto da notificare (17), omette ogni riferimento agli strumenti alternativi della notifica attraverso i mes-si comunali o in via diretta a mezzo posta. Ancora, la contrazione dei termini a difesa investe in modo grave le altre parti interessate, le quali devo-no costituirsi entro 10 giorni dalla notifica del ricor-so principale. Il Consiglio di Stato ha, ancora recen-temente, ricordato che il principio di parità delle ar-mi nel processo, enunciato dall’articolo 6 CEDU e ri-preso dall’articolo 111 Cost., impone che le parti ab-biano gli stessi termini per svolgere le proprie dife-se (18). Le nuove disposizioni appaiono, anche sotto questo profilo, non pienamente compatibili con l’or-dinamento costituzionale ed europeo.Infine, non può che segnalarsi il vero “pezzo forte” della nuova disciplina: l’espressa e drastica previ-sione che “le misure cautelari e l’annullamento de-gli atti impugnati non possono comportare, in al-cun caso, la sospensione o la caducazione del con-tratto già stipulato e, in caso di annullamento de-gli atti della procedura, il giudice può esclusivamen-te disporre il risarcimento degli eventuali danni, ove comprovati, solo per equivalente”. Come corretta-mente segnalato da taluni studiosi (19), il legislatore

(17) Aderendo, così, alla posizione recentemente assunta sul punto dalla giurisprudenza: Cons. Stato, sez. VI, 13.5.2008, n. 2.218. (18) Cons. Stato, sez. V, 2.2.2009, n. 558.(19) tulumello G. e A. Bartolini, in forum rivista www.giustamm.

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esclude, in questo modo, la risarcibilità del danno patrimoniale subito dall’impresa illegittimamente esclusa o pretermessa, nonché per ogni altra even-tuale forma di danno non patrimoniale, direttamen-te conseguenti alla illegittima attività provvedimen-tale. Senza considerare, poi, l’obiettiva difficoltà di comprovare il danno subito nei tempi ridotti, fissa-ti dalle nuove disposizioni in riferimento a un’azio-ne di mero risarcimento e la correlata inconciliabi-lità di tale azione con la decisione in forma sempli-ficata. Siffatte disposizioni processuali non sembra-no essere integralmente in linea con i vigenti princi-pi europei in materia di responsabilità e, in partico-lare, con la giurisprudenza della Corte di giustizia, secondo cui la quantificazione del danno deve tener conto del principio di adeguatezza, così che il risto-ro sia adeguato al danno subito, al fine di garantire l’effettività della tutela dei diritti dei soggetti lesi. Di conseguenza, alla luce del principio di effettività e, soprattutto, di adeguatezza del danno, la quantifica-zione del risarcimento deve tener conto anche del lucro cessante e in particolar modo delle occasioni di profitto sfumate (20).

4. Le direttive 89/665/Cee e 92/13/Ceee la disciplina nazionalePrima delle direttive 89/665/Cee e 92/13/Cee, in ma-teria di ricorsi giurisdizionali, la tutela del concorrente pretermesso in procedure di gara illegittime di appalti pubblici costituiva, davvero, poca cosa.Infatti, secondo una giurisprudenza pressoché costan-te del giudice ordinario (21), l’annullamento dell’ag-giudicazione non comportava mai il travolgimento del contratto. Questo poteva essere annullato, a sua vol-ta, solo in base a un’ulteriore azione che solo l’ammi-nistrazione era legittimata a proporre (e che in con-creto non proponeva pressoché mai) davanti al giudi-ce ordinario. Si trattava di soluzione largamente in-soddisfacente, perché il ricorrente vittorioso non po-teva raggiungere mai il risultato di vedersi aggiudi-cato il contratto, in luogo di chi lo aveva già stipula-to. E, inoltre, non aveva strumenti concreti, idonei a impedire, attraverso la proposizione di un tempesti-vo ricorso, la stipulazione del contratto. Non esisteva, all’epoca, né è esistito mai fino a tempi recentissimi, un intervallo temporale, imposto tra l’aggiudicazio-ne e la stipulazione del contratto, che consentisse di

it.(20) Corte giust. Ce, 5.3.1996, C-46/93 e C-48/93, Brasserie du pêcheur e Factortame Ltd, punti 82 e 86-88.(21) La tesi è stata sostenuta, ancor di recente, per esempio da Cass., sez. I, 13.11.2000, n. 14901; Cass., sez. II, 8.5.1996, n. 4269; Cass., sez. I, 29.3.1996, n. 2848.

attivare in tempo i poteri inibitori, per giungere alla de-cisione di merito prima che la situazione fosse com-promessa. Il deficit di tutela era, poi, aggravato dal-la mancanza di un’effettiva protezione risarcitoria (22), che impediva, comunque, di poter ottenere un ristoro commisurato al mancato guadagno dell’appalto, che in ipotesi il ricorrente avesse titolo a ottenere.Le direttive 89/665/Cee e 92/13/Cee si sono occupa-te di prevedere e imporre un sistema giudiziale, am-ministrativo o giurisdizionale, che garantisse ade-guata tutela cautelare e annullatoria delle decisioni illegittime, oltre che una tutela risarcitoria delle po-sizioni comunitariamente rilevanti e lese.Il nostro legislatore ha dato attuazione essenzialmen-te soltanto a quest’ultimo aspetto delle direttive, evi-dentemente ritenendo che il nostro sistema già pre-sentasse adeguati strumenti cautelari e demolito-ri. Viceversa non si è dato carico di stabilire le conse-guenze dell’annullamento della procedura ammini-strativa sull’appalto, salvo il caso particolare delle in-frastrutture strategiche, addossando così interamen-te il problema alla dottrina e alla giurisprudenza.Per quanto riguarda la tutela risarcitoria, l’artico-lo 13 della legge 19.2.1992, n. 142 dispose che “la domanda di risarcimento è proponibile dinanzi al giudice ordinario da chi ha ottenuto l’annullamen-to dell’atto lesivo con sentenza del giudice ammini-strativo”. A parte l’aspetto della doppia giurisdizio-ne”, tale disciplina confermava, nel nostro ordina-mento, la c.d. “pregiudiziale amministrativa”, con-formemente, del resto, a un’opzione espressamen-te prevista dalle due Direttive (art. 2, par. 5, della di-rettiva 89/665/Cee e art. 2, par. 1, lett. d), comma 2, della direttiva 92/13/Cee). Intervenendo in mate-ria di risarcimento del danno subito dal concorrente pretermesso, titolare di una posizione di interesse legittimo pretensivo e non di diritto soggettivo, tale disciplina superò le presunte preclusioni teoriche, che esistevano in materia (23), fornendo un formida-bile impulso alla risarcibilità generale degli interes-si legittimi. Nel contempo, si registrò un’importan-te accelerazione normativa, intorno agli anni 1998-2000. Ci si intende riferire, anzitutto, all’attribuzione della giurisdizione esclusiva al giudice amministra-tivo in ordine alle procedure di affidamento di appal-ti pubblici di lavori servizi e forniture e, in particola-re, al generale potere decisorio in tema di risarci-mento dei danni attribuito al medesimo giudice am-ministrativo, nell’ambito della sua giurisdizione, con

(22) A parte i casi problematici di responsabilità precontrattuale.(23) Cass., ss.uu., 10.11.1993, n. 11077, in Foro it., 1994, I, 3138, che peraltro ha configurato tale risarcibilità come eccezione rispetto alla regola.

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conseguente abrogazione della doppia tutela giuri-sdizionale (24). In tale contesto, il giudice ammini-strativo non si è più limitato a pronunciarsi sull’an-nullamento dell’aggiudicazione, ma si è interrogato sempre più spesso sulla sorte del contratto, anche per poter decidere sul risarcimento del danno, in forma specifica o per equivalente. Da qui, persisten-do l’assenza di una disciplina generale in proposito, si svilupparono le più svariate teorie sulla tematica della sorte del contratto. E da qui anche la reiterata remissione della questione all’adunanza plenaria.Al riguardo occorre ricordare che l’adunanza plena-ria, definendo il contrasto sorto all’interno della giu-risprudenza amministrativa, ma soprattutto con le sezioni unite della Cassazione (25), che avevano co-stantemente ribadito la competenza del giudice or-dinario a conoscere delle vicende relative al contrat-to e, quindi, anche alla sua eventuale sopravvenuta inefficacia o invalidità, in quanto relative a diritti sog-gettivi, con la sentenza n. 9/2008 aveva individuato una possibile soluzione nei seguenti termini:› il g.a. non può pronunciare sull’inefficacia del

contratto perché, in ragione dello spartiacque co-stituzionale in materia di interessi legittimi e di-ritti soggettivi (art. 103, primo comma, Cost.), la materia rientra nella giurisdizione del giudice or-dinario, solo competente a decidere con effetti di giudicato sull’inefficacia del contratto;

› pertanto, non è nemmeno possibile la condanna, da parte del g.a. al risarcimento in forma specifi-ca, mediante l’aggiudicazione dell’appalto, consi-derato che la stessa viene direttamente a incide-re sul contratto;

› tale limitazione non significa, però, diminuzione dell’effettività della tutela per l’interessato giac-ché, a seguito della sentenza, sorge in capo alla pubblica amministrazione l’obbligo di conformar-si alla pronuncia;

› l’annullamento dell’aggiudicazione è, infatti, “co-stitutivo di un vincolo permanente e puntuale sul-la successiva attività dell’amministrazione, il cui contenuto non può prescindere dall’effetto cadu-catorio del contratto stipulato”;

› pertanto, in sede di esecuzione della sentenza, la p.a. “non può non rilevare la sopravvenuta ca-ducazione del contratto conseguente all’annulla-mento dell’aggiudicazione” e orientare in tal sen-so la sua azione;

› ove la p.a. non si conformi ai principi contenuti nella sentenza, o in caso di inerzia, l’interessato potrà adire il giudice dell’ottemperanza.

(24) Cfr. art. 7, della legge 21.7.2000, n. 205.(25) Sentenze nn. 19805/2008 e 27169/2007.

In quella sede, infatti, trattandosi di giurisdizio-ne di merito, il g.a. potrà sindacare, in modo pie-no e satisfattivo per il ricorrente, l’attività della p.a., eventualmente nominando un commissario ad acta, per assicurargli il bene della vita, e cioè l’aggiudicazione dell’appalto, accertando inciden-talmente l’inefficacia del contratto medio tempo-re stipulato (26).

Invero, a parte i ricorrenti conflitti di giurisdizioni, occorre ricordare l’importante innovazione legisla-tiva contenuta nell’articolo 1, comma 136, della leg-ge 311/2004 (legge finanziaria per il 2005). Tale di-sposizione normativa stabilisce che “Al fine di con-seguire risparmi o minori oneri finanziari per le am-ministrazioni pubbliche, può sempre essere dispo-sto l’annullamento di ufficio di provvedimenti am-ministrativi illegittimi, anche se l’esecuzione degli stessi sia ancora in corso. L’annullamento di cui al primo periodo di provvedimenti incidenti su rappor-ti contrattuali o convenzionali con privati deve tene-re indenni i privati stessi dall’eventuale pregiudizio patrimoniale derivante, e comunque non può esse-re adottato oltre tre anni dall’acquisizione di effica-cia del provvedimento, anche se la relativa esecu-zione sia perdurante”.Siffatta disposizione pare implicare la caducazione automatica del contratto, stipulato sulla base di un’ag-giudicazione anti-economica, oltre che anti-giuridica. Ma, coll’imporre di indennizzare l’eventuale pregiudi-zio patrimoniale del contraente, indica anche un limi-te e un onere, che deve sempre accompagnare l’eser-cizio del potere di autotutela (sull’aggiudicazione), a contratto già stipulato; sicché pare costituire un ido-neo contrappeso all’esercizio di un potere con effet-ti caducanti sul contratto, che, altrimenti, risulterebbe esorbitante e difficilmente giustificabile anche su di un piano di legittimità costituzionale.

5. La direttiva comunitaria sui ricorsiin materia di pubblici appaltiIn tale scenario sinteticamente tratteggiato irrom-pe la direttiva 11.12.2007, n. 66 (2007/66/Ce), che si presenta come direttiva modificativa e integrati-va delle precedenti due (89/665/Cee e 92/13/Cee) e che è destinata, per il suo contenuto innovativo, a in-cidere profondamente sugli ordinamenti degli Stati membri. Si tratta del resto di una delle pochissime

(26) In caso di inerzia della p.a., il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza n. 3070 del 2009, ha sostenuto che è possibile adire il giudice dell’ottemperanza, il quale, grazie ai maggiori poteri del giudizio di merito, può provvedere a reintegrare effettiva-mente il ricorrente nelle sue legittime aspettative, facendogli ottenere anche il bene della vita, rappresentato dall’aggiudica-zione dell’appalto.

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direttive basate esclusivamente sull’articolo 95 del Trattato Ce e, dunque, di una direttiva che, in quan-to opera da strumento di armonizzazione e ravvicina-mento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri, contribuirà a for-nire un impulso significativo al processo di formazio-ne del c.d. “diritto amministrativo comune europeo”, che allo stato attuale risulta solo abbozzato.La direttiva ha introdotto importanti innovazioni, te-se a migliorare l’efficacia delle procedure di ricorso proposte in caso di violazione delle norme in mate-ria di aggiudicazione degli appalti pubblici. La neo-direttiva, approvata nel novembre e pubblicata nel-la G.U.C.E. a fine dicembre 2007, modifica le c.d. “di-rettive ricorsi” (direttive 89/665/Cee e 92/13/Cee), che coordinano le disposizioni nazionali relative ai rimedi applicabili, in caso di violazione delle diret-tive sugli appalti pubblici. La direttiva si basa, in-vero, su di una valutazione d’impatto approfondita, che cerca di trovar rimedio a due problemi princi-pali: la mancanza di ricorsi ef-ficaci contro la prassi degli affi-damenti diretti illegittimi di ap-palti pubblici e la stipula affret-tata dei contratti di appalto, da parte dei soggetti aggiudicatori, che privano di fatto gli operato-ri economici della possibilità di proporre ricorsi efficaci prima della conclusione del contrat-to. La direttiva, di conseguenza, non ritiene “efficace” una tutela di carattere meramente risarci-torio (27). Le nuove disposizioni comunitarie devono essere re-cepite dalle legislazioni nazio-nali entro il 20 dicembre 2009. Si elencano di seguito le principali novità introdotte dalla direttiva.A. La sospensione automatica della possibilità di stipulare il contratto di appalto in presenza di ri-corsi (nuovo art. 2, par 3, delle dir. n. 89/665/Cee e n. 92/13/Cee). Viene stabilito il principio di sospensione automatica della possibilità di stipulare il contratto di appalto, nel caso in cui il provvedimento di aggiu-dicazione sia stato previamente impugnato presso l’autorità giurisdizionale in primo grado o, comun-que, presso un organismo indipendente dall’ammi-nistrazione aggiudicatrice.

(27) Del resto, l’articolo 2 della direttiva pone la tutela risarcito-ria solo al terzo posto tra le diverse forme di tutela e l’articolo 2-sexies considera la tutela risarcitoria medesima come inido-nea a valere come sanzione alternativa alla cessazione di effetti del contratto.

È, poi, lasciato alla facoltà degli Stati membri sta-bilire, in sede di recepimento, se tale sospensione debba cessare quando sia stata adottata una deci-sione in ordine alla domanda di provvedimenti cau-telari, ovvero se perduri sino alla decisione nel me-rito (e in ogni caso, non prima dello scadere di ter-mine minimo di pausa, a decorrere dalla notifica del provvedimento di aggiudicazione della gara ai con-trointeressati). Al riguardo, deve essere osservato che non sembra assolutamente irragionevole l’in-troduzione di un principio di sospensione automati-ca della possibilità di stipulare il contratto, fino al-la pronuncia sulla domanda cautelare, anche per-ché, di fatto, molte stazioni appaltanti già orienta-no la propria prassi in tal senso. Tale meccanismo, infatti, offre al ricorrente una reale tutela, in quan-to ha il pregio di preservare l’interesse sostanziale del ricorrente all’affidamento dell’appalto per tut-to il tempo, in realtà breve, occorrente per ottenere una pronuncia cautelare. Viceversa, maggiori per-

plessità si potrebbero rinveni-re laddove la norma venisse re-cepita, prevedendo che l’effetto sospensivo perduri sino all’ado-zione di una pronuncia di meri-to sul ricorso, dal momento che, com’è noto, in Italia, detta pro-nuncia viene adottata con tempi piuttosto lunghi. A ben vedere, tale istituto costituisce una ve-ra e propria novità nel nostro si-stema processuale, che è desti-nata a mettere in crisi o, comun-que, a far ripensare il carattere dell’esecutività, come connota-to tipico dell’atto amministrati-

vo. Quel che par certo, comunque, è che la sua intro-duzione nel nostro ordinamento renderà pressoché superfluo l’intervento cautelare monocratico ante causam e inaudita altera parte. Dunque, il provvedi-mento di aggiudicazione, oltre a essere condizionato alla verifica del possesso dei requisiti prescritti per l’appaltatore (art. 11, comma 8, codice), è subordi-nato, altresì, a un termine iniziale variabile, a secon-da che il provvedimento medesimo sia impugnato o meno. In caso di impugnazione, esso si aggiunge al termine soprassessorio minimo iniziale che presso di noi è di 30 giorni e deve essere tale da assicurare l’intervento, cautelare o di merito, del giudice com-petente, consentendo così all’iniziativa del ricorren-te ampi margini per una tutela effettiva e satisfatto-ria, prima della conclusione del contratto.B. Il termine sospensivo minimo (c.d. standstill period) (nuovo articolo 2-bis delle dir. n. 89/665/Cee e n. 92/13/Cee). Viene previsto che la stipula del

La direttiva 2007/66/Ce ha introdotto importanti

innovazioni, tese a migliorare l’efficacia delle procedure

di ricorso proposte in caso di violazione delle norme in materia di aggiudicazione

degli appalti pubblici

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contratto di appalto non possa avvenire prima dello scadere di un termine di almeno 10 giorni, a decor-rere dal giorno successivo alla data in cui la deci-sione relativa all’aggiudicazione della gara, debita-mente motivata, sia stata inviata agli offerenti/can-didati interessati. Ciò se la comunicazione è avve-nuta per fax o per via elettronica; qualora, invece, la comunicazione sia avvenuta con altri mezzi di co-municazione, il termine sospensivo è pari ad alme-no 15 giorni a far data dal giorno successivo dall’in-vio della stessa ai soggetti interessati, ovvero ad al-meno 10 giorni dal giorno successivo alla data del-la sua ricezione da parte dei medesimi. Il legislato-re comunitario ha introdotto il cennato termine so-spensivo, al fine di dare agli interessati un congruo periodo di tempo per esaminare la decisione di ag-giudicazione, onde valutare se sia opportuno o me-no proporre un ricorso, senza correre il rischio che, nel frattempo, le amministrazioni procedano a “cri-stallizzare” i risultati di gara, stipulando il contrat-to di appalto. A ben vedere, l’intero istituto potrebbe apparire privo di particolare ripercussione nel no-stro ordinamento, visto che, ai sensi dell’articolo 11, comma 10, del codice, è già previsto il ben più ampio termine dilatorio di 30 giorni. Tuttavia, ferma restando la congruità del termine di 30 giorni, non si deve pensare che l’istituto comuni-tario sia privo di portata innovativa e che non neces-siterà, pertanto, di particolare adeguamento. Ciò per la primaria ragione che, mentre il nostro ter-mine inizia a decorrere dalla mera comunicazione ai controinteressati del “provvedimento” di aggiudica-zione, ben più complesso è l’onere previsto dalla di-rettiva comunitaria. Infatti, ai sensi dell’articolo 2-bis, par. 2, comma 4, la comunicazione della decisione di aggiudicazione a ogni offerente e candidato interes-sato deve essere accompagnata non solo dalla preci-sa indicazione del termine sospensivo ai fini della sti-pulazione del contratto, ma anche da una “relazione sintetica dei motivi pertinenti”, ai sensi dell’articolo 41, par. 2, della direttiva 2004/18/Ce. Dunque, si deve trattare di una relazione in cui siano indicati, per ogni candidato escluso, i motivi del ri-getto della sua candidatura o della sua offerta, non-ché, per ogni offerente che abbia presentato un’of-ferta selezionabile, “le caratteristiche e i vantaggi relativi dell’offerta selezionata” e, in quanto tale, ri-sultata aggiudicataria. Si tratta, come è facilmen-te comprensibile, di un onere di comunicazione ben più complesso (28) ed è agevole prevedere che esso

(28) Invero, occorre ricordare che anche secondo l’articolo 79 del codice devono essere fornite analoghe informazioni. Tutta-via, ciò solo “su richiesta scritta della parte interessata” (com-

darà luogo, nella pratica, a contestazioni e dispute in ordine al dies a quo del termine sospensivo fin qui trattato. Tale termine si differenzia dalla disciplina nazionale, anche per i casi in cui è possibile dero-garvi. Infatti, mentre l’articolo 11, comma 10, parla soltanto di “motivate ragioni di particolare urgenza”, ben diversa è la disciplina comunitaria in materia. L’articolo 2-ter consente tale facoltà di deroga so-lo se prevista normativamente dallo Stato membro e con riferimento ai casi di appalti, per i quali non è imposta la previa pubblicazione del bando, ovvero di appalti aggiudicati in base a un accordo quadro o a un sistema dinamico di acquisizione. Ne deriva che le “motivate ragioni di particolare urgenza” potran-no, se del caso, avere rilievo solo all’interno delle specifiche fattispecie ora richiamate. Ma non po-tranno più valere come causa di esenzione dell’ap-plicazione del termine sospensivo, utilizzabile nella generalità delle procedure di gara. Un secondo ter-mine sospensivo è previsto dal novellato articolo 1, par. 5, della direttiva 89/665/Cee. Esso riguarda i casi in cui gli Stati membri esigano che il soggetto interessato proponga in primo luogo un ricorso presso l’amministrazione aggiudicatrice. Si tratta, dunque, di un termine sospensivo, della durata minima sempre di 10 giorni, che si inserisce in un istituto facoltativo, che il nostro ordinamento finora non prevede. Esso, infatti, attiene a una sorta di esigenza di definitività della decisione da impugna-re che il nostro ordinamento ha, da tempo, abbando-nato come presupposto processuale per l’accesso al-la tutela giurisdizionale. Invero, non pare il caso di ri-pristinarlo, solo perché ne è data la facoltà; si tratte-rebbe, infatti, di una lungaggine aggiuntiva, priva di particolare efficacia per il ricorrente e produttiva di ulteriori rallentamenti per l’amministrazione e l’ag-giudicatario. Del resto la stazione appaltante detiene sempre i suoi poteri di annullamento d’ufficio, alme-no fino alla stipulazione del contratto (art. 11, comma 2, codice). Sicché potrebbe ben esercitarli una volta che, con la proposizione del ricorso da parte del con-corrente “interessato”, si convinca della fondatezza delle censure avanzate. Il che ben si concilia col pre-detto istituto sospensivo, previsto dalla direttiva e la cui introduzione è obbligatoria, almeno nel caso di impugnazione dell’aggiudicazione.C. Deroghe al termine sospensivo (nuovo art. 2-ter delle dir. n. 89/665/Cee e n. 92/13/Cee). In via facol-tativa, gli Stati membri possono prevedere che il ter-mine sospensivo non trovi applicazione in talune

ma 3), mentre la comunicazione d’ufficio riguarda soltanto l’esito della gara (comma 4).

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fattispecie, espressamente indicate (quali, per esem-pio, i casi in cui le direttive 2004/18/Ce e 2004/17/Ce, ai fini dell’affidamento, non prevedano la previa pub-blicazione del bando nella G.U.C.E.; ovvero in talu-ne ipotesi di appalti in esecuzione di un accordo qua-dro o di un sistema dinamico di acquisizione; o an-che nell’ipotesi di appalto affidato tramite procedura in cui sia stata presentata un’unica offerta, poi risul-tata aggiudicataria). D. Privazione di effetti del contratto (nuovo art. 2-quinquies delle dir. n. 89/665/Cee e n. 92/13/Cee). Viene stabilito che, qualora la stazione appaltante sti-puli il contratto in violazione del c.d. standstill period, oppure in violazione della c.d. “sospensione automa-tica” in caso di preventivo ricorso, il contratto sia da ritenersi, in linea di principio, privo di effetti. Analoga conseguenza è sancita nel caso di appalti, per i quali non opera la deroga al c.d. standstill period, prevista per gli appalti in esecuzione di un accordo quadro o di un sistema dinamico di acquisizione. La privazione di effetti è prevista anche quando l’amministrazione ab-bia aggiudicato un appalto senza previa pubblicazio-ne del bando nella G.U.C.E., in assenza dei presuppo-sti previsti per tale ipotesi dalle direttive nn. 2004/18/Ce e 2004/17/Ce (29). Tale sanzione, tuttavia, non ha luogo qualora la stazione appaltante, ritenendo che l’aggiudicazione diretta dell’appalto fosse consentita dalle direttive, abbia pubblicato un avviso volontario sulla G.U.C.E., in cui manifesta l’intenzione di conclu-dere il contratto e quest’ultimo sia stato concluso do-po almeno 10 giorni dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell’avviso stesso. La privazione di ef-fetti del contratto, peraltro, non è automatica, poten-do essere disposta unicamente da un organo di ricor-so indipendente dall’amministrazione aggiudicatrice (per esempio, il giudice amministrativo). La disciplina delle conseguenze di un contratto privo di effetto vie-ne rinviata alla legislazione nazionale. In particolare, è stabilito che gli Stati membri, in fase di recepimen-to, possano scegliere se prevedere la soppressione con effetto retroattivo di tutti gli obblighi contrattuali (ex tunc) o viceversa limitare la portata della sop-pressione agli obblighi che rimangono ancora da adempiere (ex nunc). Viene altresì lasciato all’opzio-ne del legislatore nazionale se consentire all’organo,

(29) Sinteticamente: a) stipulazione del contratto in violazione del c.d. standstill period; b) stipulazione del contratto in vio-lazione della c.d. sospensione automatica in caso di preventi-vo ricorso; c) appalti, per i quali non opera la deroga al c.d. standstill period, prevista per gli appalti in esecuzione di un accordo-quadro o di un sistema dinamico di acquisizione; d) aggiudicazione disposta senza previa pubblicazione del bando nella G.U.C.E., in assenza dei presupposti previsti per tale ipo-tesi dalle direttive nn. 2004/18/Ce e 2004/17/Ce.

chiamato a decidere sul ricorso, la possibilità di non disporre la privazione di effetti del contratto di appal-to o di riconoscerne, in parte o in toto, gli effetti nel tempo quando ciò, per circostanze eccezionali, sia ri-tenuto necessario per il rispetto di alcune esigenze imperative, connesse a un interesse generale (di ca-rattere non unicamente economico. Invero, l’alterna-tiva, che spetta al legislatore nazionale sembra risol-versi nella scelta tra una pronuncia dichiarativa e una pronuncia costitutiva. Ma, forse, non si tratta di una vera alternativa. Infatti, l’ipotesi di una pronuncia meramente dichiarativa appare smentita dal caratte-re non automatico (o ope legis) dell’inefficacia e dalla necessaria intermediazione di un organo autonomo di ricorso (“la carenza di effetti non dovrebbe essere automatica, ma dovrebbe essere accertata da un or-gano di ricorso indipendente”: considerando n. 13). Inoltre, la tendenzialmente limitata legittimazione attiva (considerando n. 17) e la sussistenza di termini tutto sommato brevi per l’azione (art. 2-septies) non consentono di assimilare l’inefficacia prevista dalla direttiva alla nostra nullità ex art. 1418 c.c. Tutto ciò pare orientare il complessivo discorso verso una pro-nuncia costitutiva o di accertamento costitutivo. E non pare casuale che la direttiva parli in proposito di “annullamento dell’appalto” (considerando n. 23). In-fatti, trattandosi di vizio genetico e non di un’altera-zione sopravvenuta del sinallagma contrattuale, non pare appropriato richiamare l’istituto della risoluzio-ne (30), anziché quello dell’annullamento. Al più si dovrà distinguere tra annullamento totale o parziale del contratto, con effetti ex tunc o meno, a seconda delle varie soluzioni consentite dalla direttiva mede-sima. Per quel che concerne, poi, le fattispecie appli-cative, occorre sottolineare che esse riguardano per lo più violazioni delle procedure di aggiudicazione e, dunque, atti che noi definiamo di evidenza pubblica, con un proprio e ben noto regime amministrativo (il-legittimità-annullabilità). Si pone, dunque, il proble-ma se tale regime non risulti modificato e anzi tra-sformato dalla disciplina dell’articolo 2-quinquies, par. 1. Tanto più se si considera che alcuni segmenti delle medesime fattispecie riguardano illegittimità proprie del contratto. Infatti, se si prende in conside-razione il caso dell’articolo 2-quinquies, par. 1, lett. b), si deve rilevare che l’inefficacia è ricollegata non solo a un vizio del procedimento di aggiudicazione, ma anche a un vizio proprio del contratto, che dopo l’aggiudicazione non ha rispettato i termini sospensi-vi. Tutto ciò crea ulteriori delicati problemi, sia in or-dine alla ricostruzione complessiva della figura, sia

(30) In tal senso: liPari M., Annullamento dell’aggiudicazione ed effetti del contratto, in “Federalismi”, n. 9/2008, p. 16.

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in ordine al giudice competente a pronunciarsi su detta inefficacia. In ogni caso, la disciplina delle vio-lazioni sopra elencate è molto severa, anche se non conduce ineluttabilmente alla inefficacia del contrat-to. E tale severità la si riscontra anche in ordine ai termini di impugnazione delle procedure di aggiudi-cazione inficiate dai vizi anzidetti. Infatti, mentre i ter-mini per la proposizione di qualsiasi mezzo di ricorso sono disciplinati dall’articolo 2-quater e prevedono in generale un termine minimo di almeno 10 giorni, i termini per ricorrere nei casi delle violazioni contem-plate dall’articolo 2-quinquies, par. 1, sono discipli-nati dall’articolo 2-septies. Il quale, in tal caso, preve-de un termine non inferiore a 6 mesi dal giorno suc-cessivo alla data di stipula del contratto (art. 2-sep-ties, par. 1, lett. b)) e un termine (che pare cumulativo e non alternativo) di almeno 30 giorni dalla pubblica-zione dell’avviso di aggiudicazione (contenente le ra-gioni dell’affidamento senza previa pubblicazione di un bando) o dalla comunicazione della stipula del contratto agli offerenti o ai candidati interessati (art. 2-septies, par. 1, lett. a)). Tutto ciò potrebbe compor-tare impugnazioni anche a distanza di molto tempo. La maggior durata del termine di impugnazione, uni-ta al regime sostanziale della inefficacia del contrat-to, manifestano, comunque, il particolare rigore con cui la direttiva intende trattare le fattispecie di cui all’articolo 2-quinquies, par. 1. E manifestano, altresì, che ciò che la direttiva intende particolarmente colpi-re è il sotterfugio (mancata applicazione dei termini sospensivi) o le operazioni nascoste (per mancanza di pubblicità), che sono nell’ottica comunitaria le viola-zioni più gravi perché possono comportare affida-menti diretti illegittimi (31) e non consentono la tute-la preventiva, rispetto alla conclusione del contratto, né da parte dei potenziali concorrenti “interessati”, né da parte della Commissione, attraverso il c.d. “meccanismo correttore”, previsto dall’articolo 3. Si è fatto già cenno, peraltro, che l’inefficacia del con-tratto non è una conseguenza ineluttabile, pur in pre-senza dei vizi indicati nel par. 1 dell’articolo 2-quin-quies. A parte il rilievo che spetta allo Stato membro

(31) Ai sensi del considerando n. 13, “Per contrastare l’aggiu-dicazione di appalti mediante affidamenti diretti illegittimi, che secondo la Corte di giustizia rappresenta la violazione più grave del diritto comunitario degli appalti pubblici da parte di un’amministrazione aggiudicatrice o di un ente aggiudicato-re, è opportuno prevedere sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive. Pertanto, un contratto risultante da un’aggiudica-zione mediante affidamenti diretti illegittimi dovrebbe esse-re considerato in linea di principio privo di effetto”. Anche la giurisprudenza comunitaria, si è occupata del problema: Corte Giust. sez. II, 18 luglio 2007, in causa C-503/04, Commissione c. Germania.

stabilire cosa s’intenda per contratto privo di effetti e, dunque, se l’inefficacia operi ex tunc o a partire da al-tro momento (art. 2-quinquies, par. 2), il singolo Sta-to membro può anche prevedere che il contratto non sia considerato privo di effetti, ove un organo di ricor-so indipendente accerti l’esistenza di “esigenze im-perative connesse a un interesse generale”, che im-pongono il mantenimento del contratto (art. 2-quin-quies, par. 3, comma 1). La direttiva non precisa cosa si debba intendere per esigenze imperative connesse a un interesse generale. Ma si limita solo a precisare che tali non sono, normalmente, gli interessi econo-mici legati direttamente al contratto: di cui opera una meticolosa elencazione, sia pur meramente esempli-ficativa (art. 2-quinquies, par. 3, commi 2 e 3). Tutto ciò non deve far pensare a una attenuazione del rigo-re della direttiva per quelli che essa considera i casi più gravi di violazione. Se è pur vero, infatti, che gli Stati membri possono attenuare o escludere, ricor-rendo particolari circostanze, l’inefficacia ex tunc del contratto, è vero d’altra parte che in tali casi devono ricorrere a sanzioni alternative, che a loro volta devo-no essere effettive, proporzionate e dissuasive . Il medesimo punto 21 giunge a prevedere che “il diritto nazionale dovrà determinare inoltre le conseguenze riguardanti il possibile recupero delle somme even-tualmente versate nonché ogni altra forma di possi-bile restituzione, compresa la restituzione in valore, qualora la restituzione in natura non sia possibile”. Il che, oltre a richiamare alla mente l’intransigente di-sciplina applicata nel settore degli aiuti di Stato co-munitariamente incompatibili, evoca l’ulteriore pro-blematica delle conseguenze ripristinatorie dell’inef-ficacia del contratto. Nell’ambito delle quali si inne-sta, peraltro, tutta una serie di altri istituti (per esem-pio arricchimento senza causa), che difficilmente consentiranno quelle “restituzioni”, che viceversa so-no la regola per il settore degli aiuti.E. Le sanzioni alternative alla privazione di effet-ti (nuovo art. 2-sexies delle dir. n. 89/665/Cee e n. 92/13/Cee). La nuova direttiva dà facoltà agli Stati membri di introdurre, per talune circostanze (tra le quali, per esempio, le violazioni del. c.d. standstill period, a cui non si aggiunga anche l’inosservanza delle norme comunitarie in materia di appalti) l’ir-rogazione di misure alternative alla privazione di ef-fetti del contratto di appalto, consistenti in sanzio-ni pecuniarie da corrispondere a un organismo indi-pendente dall’amministrazione aggiudicatrice, op-pure nella riduzione della durata del contratto. In-vero, non si tratta di novità in senso assoluto. In-fatti, già la direttiva 92/13/Cee prevedeva all’arti-colo 2, par. 1, lett. c), in alternativa alla sospensio-ne e all’annullamento delle decisioni illegittime, la possibilità di “imporre il pagamento di una somma

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determinata nel caso in cui l’infrazione non venga riparata o evitata”. Il nostro legislatore non si è av-valso di tale facoltà. E non senza ragione: essa im-plicherebbe la difficoltà di individuare l’organo cui conferire tale potere. Analoghe difficoltà e proble-matiche applicative comportano le nuove sanzioni “alternative”, ora previste dall’articolo 2-sexies, par. 2. Esse, infatti, consistono o nell’irrogazione di san-zioni pecuniarie a carico dell’amministrazione ag-giudicatrice, ovvero nella riduzione della durata del contratto. Con l’ulteriore precisazione che la loro applicazione spetta all’“organo di ricorso”, al quale è riconosciuta, o può essere riconosciuta, un’ampia discrezionalità nella relativa modulazione “al fine di tener conto di tutti i fattori rilevanti”. I problemi che tali sanzioni alternative pongono al nostro sistema derivano, come già si anticipava, dall’ovvia considerazione che il nostro organo di ri-corso indipendente è un giudice (32), che non è strut-turato, né costituzionalmente preordinato a svolge-re funzioni sostanzialmente amministrative e tanto meno funzioni sanzionatorie. Ne deriva che, a meno che il nostro legislatore non riesca a risolvere il pro-blema in altro modo (33), il nostro ordinamento non potrà avvalersi mai delle sanzioni alternative. Il che significherebbe che, per i casi di cui al par. 1 dell’articolo 2-quinquies, l’inefficacia ex tunc del contratto non potrebbe mai essere evitata (neppu-re ricorrendo “esigenze imperative connesse a un interesse generale”). E significherebbe, altresì, che anche nel caso previsto dall’articolo 2-sexies, par. 1, e, cioè, nel caso della violazione dei termini so-spensivi, meno grave di quella prevista dall’articolo 2-quinquies, par. 1, lett. b), perché non accompagna-ta dalla violazione di una qualche disciplina sostan-ziale, imposta dalle direttive 2004/18/Ce e 2004/17/Ce, l’Italia non potrebbe mai avvalersi della facol-tà di scelta, ivi prevista, tra privazione di effetti del contratto e sanzioni alternative. Ma anche se così fosse, non pare che le conseguen-ze risulterebbero inaccettabili o sproporzionate. Come si è accennato, i casi previsti dall’articolo 2-quinquies, par. 1 (34), sono i più gravi in un’ottica

(32) Amministrativo o civile, non importa in tale contesto.(33) Per esempio prevedendo, ma solo come sanzione alterna-tiva, la riduzione della durata del contratto, ovvero rimettendo l’applicazione concreta della sanzione pecuniaria all’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici, che tuttavia non è un organo di ri-corso indipendente.(34) Giova ricordarli: a) stipulazione del contratto in violazione del c.d. standstill period; b) stipulazione del contratto in vio-lazione della c.d. sospensione automatica in caso di preventi-vo ricorso; c) appalti, per i quali non opera la deroga al c.d. standstill period, prevista per gli appalti in esecuzione di un

comunitaria e sono tutto sommato molto circoscrit-ti. Sicché se il nostro sistema non potesse avvalersi di sanzioni alternative, che sono imposte solo ove si volesse attenuare il regime dell’inefficacia ex tunc e senza eccezioni del contratto, non si realizzerebbe nulla di particolarmente sconvolgente, rispetto al-le conseguenze che sono allo stato prevalentemente accettate nel nostro sistema e con riferimento, tra l’altro, a qualunque tipo di illegittimità della proce-dura di evidenza pubblica preordinata al contratto. Viceversa, la direttiva comunitaria non giunge af-fatto a tali indiscriminate conseguenze. Tant’è che, nelle fattispecie indicate nei parr. 4 e 5 del mede-simo articolo 2-quinquies, esclude l’inefficacia del contratto, senza neppure la necessità di ricorrere in tal caso alle sanzioni alternative, che tanti pro-blemi potrebbero porre. I casi previsti dai parr. 4 e 5 riguardano violazioni gravi, in quanto concernono la mancata pubblicazione del bando e la mancanza di un confronto concorrenziale, ma tuttavia sono ac-compagnate da circostanze esimenti, che, per tale ragione, non conducono all’inefficacia del contratto. Invero, al riguardo, occorre tener conto di un’impor-tante disposizione, che pare attenuare fortemente le conseguenze paralizzanti, che possono derivare dall’inefficacia di un contratto d’appalto. Il punto 23 del preambolo precisa, infatti, che “in casi eccezio-nali” è consentita l’utilizzazione della procedura ne-goziata, senza pubblicazione di un bando, “immedia-tamente dopo l’annullamento dell’appalto”. Vero è che si tratta, appunto, di casi eccezionali in cui “per esigenze imprescindibili di carattere tecni-co o di altro tipo, i restanti obblighi contrattuali pos-sono essere in tale fase rispettati dall’operatore economico al quale è stato aggiudicato il contratto”. Parimenti vero è, comunque, che si tratta di una val-vola di sicurezza, per evitare sempre, appunto, in ta-li casi che l’opera, il servizio o la fornitura risulti-no frustrati e immolati definitivamente alle esigenze della trasparenza e della par condicio comunitaria.F. Il termine di prescrizione o decadenza dei ricor-si proposti per far dichiarare la privazione di effet-ti del contratto di appalto (nuovo art. 2-septies delle dir. n. 89/665/Cee e n. 92/13/Cee). Al fine di garanti-re il principio di certezza del diritto, la direttiva pre-scrive l’introduzione di un termine minimo di deca-denza o prescrizione dei ricorsi proposti per far di-chiarare il contratto privo di effetti, prevedendo che, in ogni caso, tali ricorsi possano essere proposti al

accordo-quadro o di un sistema dinamico di acquisizione; d) aggiudicazione disposta senza previa pubblicazione del bando nella G.U.C.E., in assenza dei presupposti previsti per tale ipo-tesi dalle direttive nn. 2004/18/Ce e 2004/17/Ce.

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massimo entro 6 mesi dal giorno successivo alla da-ta di stipula del contratto.G. I ricorsi amministrativi preventivi (nuovo art. 1, par. 5, delle dir. n. 89/665/Cee e n. 92/13/Cee). È la-sciato alla facoltà degli Stati membri prevedere che, prima del ricorso in via giurisdizionale, venga pre-sentato un ricorso amministrativo presso la stazio-ne appaltante. In tal caso, il ricorso amministrati-vo ha un effetto sospensivo automatico sulla conclu-sione del contratto di appalto.H. misure accessorie. La direttiva dispone la tacita abrogazione di alcuni rimedi previsti dalla previgen-te direttiva ricorsi per gli appalti nei settori specia-li, rimasti pressoché sempre inutilizzati, quali l’at-testazione degli enti aggiudicatori (consistente nella possibilità per le autorità pubbliche di far attestare la conformità delle loro procedure di aggiudicazione degli appalti) e il meccanismo di conciliazione (ovve-ro la procedura comunitaria di composizione ami-chevole delle controversie).

6. Gli effetti della direttiva in temadi pregiudizialità amministrativa e giudice compe-tente in tema di sorte del contrattoIllustrata la disciplina della nuova direttiva ricorsi, è possibile trarre qualche indicazione sull’influenza che essa può operare su taluni nodi problematici del nostro sistema nazionale, in particolare in relazione alla questione della cosiddetta “pregiudizialità am-ministrativa” e alla questione del giudice competen-te a conoscere della sorte del contratto per le viola-zioni della disciplina sulle procedure di aggiudica-zione (direttive 2004/18/Ce e 2004/17/Ce) e dell’ul-teriore disciplina imposta dalla medesima direttiva 2007/66/Ce. Per quanto concerne la pregiudizialità amministrativa e la connessa necessaria impugna-zione degli atti della procedura di aggiudicazione, ai fini del risarcimento del danno, appare chiaro che l’istituto risulti rafforzato e non sminuito dalla di-rettiva in esame. E non già soltanto perché l’artico-lo 2, comma 6, prevede espressamente che gli Sta-ti membri possano imporre il previo annullamento della decisione contestata, ma anche per la parti-colare configurazione dei termini di ricorso previsti dalla direttiva medesima, nel quadro di una tutela “quanto più rapida possibile” (35). La prima enunciazione, in ordine alla facoltà degli Stati membri di imporre il previo annullamento del-la decisione contestata, riconduce il problema della pregiudizialità amministrativa a una scelta di diritto positivo e confuta le impostazioni che escludono tale

(35) L’articolo 1, par. 1, comma 3 parla, più esattamente di “un ricorso efficace e, in particolare, quanto più rapido possibile”.

pregiudizialità, perché incompatibile con la ormai ri-conosciuta risarcibilità degli interessi legittimi, alla luce anche di esigenze interpretative “costituzional-mente orientate” (36). Trattandosi di scelta di diritto positivo, essa può desumersi anzitutto dal ruolo pre-cettivo riconosciuto all’atto amministrativo nel nostro ordinamento. È possibile trovare testuale conferma nell’articolo 7, comma 3, della legge 1034/1971, così come introdotto dalla legge 205/2000, dato che non è necessario distorcerne il significato, per pretese ne-cessità di ordine più generale. E, in realtà, la nostra Corte di Cassazione è giunta a escludere la pregiu-dizialità amministrativa sulla base del rilievo che “Ammettere la necessaria dipendenza del risarci-mento dal previo annullamento dell’atto illegittimo e dannoso, anziché dal solo accertamento della sua illegittimità significherebbe restringere la tutela che spetta al privato di fronte alla pubblica ammini-strazione e assoggettare il suo diritto al risarcimen-to del danno, anziché alla regola generale della pre-scrizione, a una Verwirkung amministrativa, tutta italiana” (37). Invero, è proprio la nuova direttiva ri-corsi a confutare tale impostazione. Infatti, l’articolo 2-quater prevede un termine unico minimo per tutti i tipi di mezzi di ricorso, salvo quanto previsto dall’ar-ticolo 2-septies e, dunque, un termine minimo non solo per l’azione impugnatoria, ma anche per l’azio-ne risarcitoria (38). Né si può ritenere che il termi-ne minimo ivi indicato riguardi solo l’azione caute-lare e quella di annullamento, perché sono le uni-che rivolte specificamente contro una decisione. An-che l’azione risarcitoria per illegittimità comunita-ria di una procedura di aggiudicazione è, infatti, de-scritta dalla direttiva come diretta avverso una de-cisione illegittima. Infatti, l’articolo1, par. 1, comma 5, statuisce che “Gli Stati membri adottano i provve-dimenti necessari per garantire che […] le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particola-re, quanto più rapido possibile, secondo le condizio-ni previste negli articoli da 2 a 2-septies della pre-sente direttiva , sulla base del fatto che hanno viola-to il diritto comunitario in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici o le norme nazionali che lo re-cepiscono”. E l’azione risarcitoria, prevista dall’arti-colo 2, par. 1, rientra pienamente in tale contesto di garanzie di tutela, che infatti il medesimo articolo 2, par. 1, richiama espressamente.

(36) In tal senso: Cass. civ., ss.uu., ord. n. 13659/2006.(37) Ibidem.(38) Infatti, l’articolo 2-quater si riferisce a “qualsiasi ricorso avverso una decisione presa da un’amministrazione aggiudi-catrice”.

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E riguarda, dunque, pur sempre un ricorso avente come oggetto, sia pure nel senso lato ora indicato, una decisione comunitariamente illegittima. Vero è che si tratta, appunto, di un termine minimo che gli Stati membri possono ben ampliare. Ma è, parimen-ti, vero che si tratta di un termine assai breve e, si direbbe, bruciante. Così, dimostrando che l’esigen-za di una tutela “quanto più rapida e possibile” non riguarda solo la posizione del concorrente “interes-sato”, ma anche le altre parti del giudizio, a comin-ciare dalla medesima amministrazione aggiudica-trice. In tal quadro, l’esigenza rappresentata dalla Cassazione che il risarcimento del danno sia sem-pre e comunque soggetto a un autonomo termine di prescrizione quinquennale, non condizionato dal rispetto di un breve termine di decadenza, appare ampiamente smentita. Se, infatti, il termine minimo previsto dalla direttiva è di appena 10 giorni, ben sa-rà compatibile con esso il nostro termine di impu-gnazione di 60 giorni. E così la pregiudizialità ammi-nistrativa, che tale termine impone di osservare per poter chiedere risarcimento dei danni, non appare affatto in contrasto col sistema comunitario che si viene delineando. Al riguardo non appaiono fonda-ti gli scrupoli di legittimità costituzionale, avanza-ti dalla medesima Cassazione, a conforto dell’oppo-sta conclusione. La nuova direttiva comunitaria, che si ispira dichiaratamente (considerando n. 36) alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare per quel che concerne il diritto “a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale” (art. 47 Carta) non pare proprio che pregiudichi in alcun mo-do la tutela giurisdizionale. Anzi, essa risulta particolarmente attenta a evita-re che comportamenti elusivi delle amministrazio-ni aggiudicatrici possano pregiudicare detta tutela. In realtà, tutto lo sforzo della disciplina comunitaria è concentrato al perseguimento di un chiaro fine: la tutela giurisdizionale dei “candidati interessati” non deve essere frustrata dalla carenza di tempestiva informazione, né dai tempi tecnici per proporre ri-corso e per ottenere una decisione re adhuc integra (39). Ma, una volta salvaguardate tali necessità, la disciplina comunitaria non appare affatto indulgen-te per quel che concerne i termini (minimi) di ricor-so, pretendendo all’evidenza ogni adeguata diligen-za, da parte dei candidati o concorrenti interessati. Tale assunto, calato nel nostro ordinamento, ove il termine di ricorso è ben più ampio di quello mini-mo previsto in sede comunitaria, non pare conflig-gere con alcun precetto superprimario, costituzio-nale o meno che sia.

(39) Essendo la questione non ancora compromessa o decisa.

L’onere di una tempestiva contestazione dell’ille-gittimità di un atto amministrativo, sia pure ai fini del risarcimento del danno per equivalente, non pa-re infatti sproporzionato, né lesivo dei diritti di di-fesa del cittadino, come l’esperienza ultrasecola-re in tema di atti ablatori ha dimostrato. Tale onere, inoltre, dovrebbe meglio garantire “il rispetto del-le disposizioni comunitarie, soprattutto in una fase in cui le violazioni possono ancora essere corrette” (considerando n. 3). Per quanto riguarda la diversa questione del giudice competente in tema di sorte del contratto, sembra che risulti rafforzata anche la giurisdizione del giudice amministrativo in ordi-ne alla sorte del contratto (40). Vero è che l’articolo 2, comma 2, prevede che i poteri decisori (sia quelli indicati nel par. 1 dello stesso art. 2, sia quelli indi-cati negli artt. 2-quinquies e 2-sexies) “possono es-sere conferiti a organi distinti responsabili di aspetti differenti della procedura di ricorso”. Ma, parimenti, vero è che l’organo di ricorso, preordinato a pronun-ciarsi sulla efficacia o inefficacia del contratto nei casi previsti dalla direttiva, non pare possa essere diverso dall’organo investito dell’azione di annulla-mento dell’aggiudicazione (nel nostro caso il giudi-ce amministrativo). Infatti, se è consentito al giudi-ce, pur in presenza dell’accertata sussistenza di una delle fattispecie più gravi di illegittimità comunita-ria, di non considerare il contratto privo di effetti in ragione di “esigenze imperative connesse a un inte-resse generale” (art. 2-quinquies, par. 3, tale giudi-ce non può essere (presso di noi) che il giudice am-ministrativo, al quale istituzionalmente è demanda-to l’accertamento, diretto o indiretto che sia, di esi-genze di tal genere. Vero è che i problemi relativi alla sorte del contratto scaturiscono non solo dal-la illegittimità dell’aggiudicazione, ma in alcuni ca-si anche (art. 2-quinquies, par. 1, lett. b)), o soltan-to (art. 2-sexies, par. 1), da un vizio proprio del con-tratto, stipulato in violazione dei termini di sospen-sione, ove lo Stato membro non preveda sanzioni al-ternative. E vero è che il giudizio così delineato pare costituire un giudizio di impugnazione diretta anche, o soltanto, del contratto. Al riguardo, occorre tener conto che il considerando n. 25 parla di “ ricorsi allo scopo di far stabilire che il contratto è privo di effet-ti”. Sembrerebbe, pertanto, che il contratto sia con-siderato pressoché come l’atto terminale della pro-cedura di affidamento dell’appalto e non come un atto giuridicamente e qualitativamente differenzia-to dall’aggiudicazione. Il che, ove non adeguatamen-te precisato o adattato alle nostre categorie in se-de di attuazione, potrebbe aprire delicati problemi

(40) In tal senso v. liPari, op. cit., p. 19 e ss.

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dogmatici di diritto sostanziale, anche perché sem-brerebbe attenuarsi, per tali profili, la differenza tra contratto a evidenza pubblica e accordi, ai sen-si dell’articolo 11 della legge 241/1990 (41). Il tema meriterebbe un forte approfondimento. Tuttavia, in linea di prima approssimazione, si può dire che l’as-similazione con gli accordi non è consentita per la natura schiettamente privatistica del contratto. Per converso, va rilevato che la categoria dei contratti a evidenza pubblica pare conservare, anche a seguito della nuova direttiva, una sua specifica valenza dog-matica, che esclude una lettura meramente priva-tistica dell’intero istituto. Basti considerare che, a parte lo specifico problema costituito dalla privazio-ne degli effetti del contratto, la procedura di aggiu-dicazione conserva i suoi ben noti caratteri pubbli-cistici e i suoi atti sono suscettibili di impugnazione ai fini dell’annullamento come qualunque atto am-ministrativo. E ciò vale, si badi, anche per quei vi-zi della procedura, contemplati nell’articolo 2-quin-quies, par. 1, ove non risultino totalmente realizza-te le fattispecie ivi indicate; per esempio: perché al-la violazione della direttiva sostanziale 2004/18/Ce non si accompagni la violazione del termine di so-spensione previsto dalla lettera b), ovvero sussista-no i presupposti stabiliti nei parr. 4 e 5 del medesi-mo art. 2-quinquies per la conservazione del con-tratto. Tali vizi, infatti, possono, comunque, essere denunciati con idonee impugnazioni, ai fini dell’an-nullamento dell’aggiudicazione, con ogni ulteriore conseguenza, per esempio, di tipo risarcitorio. Tutto ciò non è privo di rilievo ai fini del riparto delle giu-risdizioni, anche per quel che concerne le fattispe-cie dell’art. 2-quinquies, par. 1. Perché, se anche in tal caso dovesse essere esperita, ai fini dell’ineffi-cacia del contratto, la previa impugnazione dell’ag-giudicazione, non v’è dubbio che giudice competente per l’impugnazione sarebbe il giudice amministrati-vo. Invero, tale giudice risulterebbe competente an-che per il mero accertamento dell’illegittimità del-la procedura di aggiudicazione, ove si ritenesse che, contrariamente ai nostri schemi, l’articolo 2-quin-quies, par. 1 (privazione di effetti del contratto), non contempli ovvero escluda la previa impugnazione. Un accertamento di tal genere rientra, infatti, sicu-ramente nella sua giurisdizione esclusiva in ordi-ne alle procedure di affidamento degli appalti (42) e

(41) Per una valutazione unitaria dei due istituti, che prescinde dalla direttiva in commento, v. minervini, La patologia dei con-tratti con la Pubblica Amministrazione, in “I contratti con la Pubblica amministrazione”, a cura di Franchini, tomo I, Torino 2007, p. 583 e ss.(42) Infatti “i ricorsi allo scopo di far stabilire che il contratto è privo di effetti” mettono in discussione “la certezza giuridica

non può per tale ragione essere demandata ad altro giudice. Nell’uno e nell’altro caso, poi, la giurisdizio-ne del giudice amministrativo si estenderebbe sul-la sorte (inefficacia) del contratto. Perché l’organo di ricorso indipendente preordinato a giudicare sul-la illegittimità della procedura di affidamento, non-ché sull’inefficacia del contratto, comprese le ille-gittimità proprie di quest’ultimo, non può che essere unico, così come è chiaramente indicato dal medesi-mo articolo 2-quinquies, par. 1. Infatti, i casi di inef-ficacia contemplati dalla direttiva sono stati previ-sti al deliberato scopo di “ripristinare la concorren-za e creare nuove opportunità commerciali per gli operatori economici che sono stati illegittimamente privati della possibilità di competere” (consideran-do n. 14). Il che significa che, in tali casi, il riaffida-mento deve essere quanto più celere possibile. Ri-sulterebbe, pertanto, incompatibile in tal quadro la previsione di un secondo e diverso giudizio, affida-to ad altro giudice, per accertare quale sorte abbia avuto il contratto (43). In conclusione, pare emer-gere dalla nuova direttiva l’assoluta necessità della contestualità della decisione in ordine alla illegitti-mità della procedura e alla inefficacia del contratto, con conseguente concentrazione delle due questioni presso un unico giudice. E, dunque, presso il giudice amministrativo, che risulterà così deputato a cono-scere non solo dell’impugnazione dell’aggiudicazio-ne, ma anche della sorte del contratto. Pertanto, la novella normativa comunitaria finisce, così, per in-cidere non solo sulla dogmatica dell’evidenza pub-blica, ma anche e, soprattutto, sui nostri problemi di riparto di giurisdizione e, in particolare, sulla giuri-sdizione esclusiva del giudice amministrativo in ma-teria di affidamenti di appalti pubblici.

7. I principi e i criteri direttivi della legge delegaIl meritevole intento del legislatore di codificare le vi-genti regole processuali amministrative non può non tener conto dello scenario, indubbiamente complica-to, sin qui delineato. Si tratta di affrontare una serie di problematiche, in parte già disciplinate, con normati-ve non sempre pienamente aderenti ai principi comu-nitari e costituzionali, come ora evidenziato.In ogni modo, il Governo è ora, espressamente e for-malmente, delegato ad adottare, entro un anno, uno o più decreti legislativi, finalizzati al riassetto del processo, al fine di adeguarlo, come un po’ pompo-samente affermato, alla giurisprudenza della Corte

delle decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici e da-gli enti aggiudicatori” (punto 25 del preambolo).(43) In tal senso v. liPari M., op.cit., p. 20.

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costituzionale e delle giurisdizioni superiori (44).Precisamente, con l’articolo 44 della legge 18.6.2009, n. 69, contenente disposizioni in materia di sviluppo economico, semplificazione, competitivi-tà e processo civile, il Parlamento ha delineato una serie di precisi principi e criteri direttivi, cui dovrà ispirarsi e attenersi il Governo, per la formulazione di una disciplina di riassetto generale del proces-so amministrativo. Con tale articolo il Governo na-zionale è, dunque, delegato a redigere, entro un an-no dall’entrata in vigore della legge, il nuovo codice, attraverso l’emanazione di uno o più decreti legisla-tivi. L’articolo stabilisce che, nella redazione del co-dice, il Governo può avvalersi dei medesimi magi-strati amministrativi, i quali per legge possono rive-stire il ruolo di consulenti del legislatore. Più preci-samente, si tratterebbe di una commissione ad hoc, da istituire dopo il via libera dell’adunanza generale del Consiglio di Stato e del Con-siglio di presidenza (l’organo di autogoverno della magistratu-ra amministrativa), della qua-le farebbero parte consiglieri di Stato, giudici dei TAR, espo-nenti dell’avvocatura e dell’uni-versità. Invero, come evidenzia-to da Pasquale de Lise (45), “la necessità del codice del proces-so amministrativo nasce dal fat-to che non ne abbiamo uno”. Af-fermazione che, per la sua evi-dente ovvietà, potrebbe appari-re scontata, ma che invece co-glie una diffusa esigenza, quale quella, appunto, di una codifica-zione delle regole del processo amministrativo, ora disperse in variegati testi, taluni anche molto vetusti.La codificazione delle disposizioni in materia di pro-cesso amministrativo dovrà avvenire nel rispetto e in attuazione dei seguenti principi e criteri direttivi: 1. assicurare snellezza, concentrazione ed effettivi-

tà della tutela, al fine di garantire la ragionevole durata del processo, anche mediante il ricorso a procedure informatiche e telematiche;

2. assicurare la razionalizzazione dei termini pro-cessuali, l’estensione delle funzioni istruttorie

(44) Oltre che coordinare le norme processuali vigenti con le norme del codice di procedura civile, in quanto espressione di principi generali, e di assicurare la concentrazione delle tute-le.(45) Presidente aggiunto del Consiglio di Stato, nonché presi-dente della famosa commissione, che ha dato la luce al recente codice dei contratti pubblici, approvato con il d.lgs. 163/2006.

esercitate in forma monocratica e l’individuazio-ne di misure, anche transitorie, di eliminazione dell’arretrato;

3. disciplinare le azioni e le funzioni del giudice, at-traverso le seguenti linee di azione:a) riordino delle norme vigenti sulla giurisdizione

del giudice amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni;

b) riordino dei casi di giurisdizione estesa al me-rito, anche mediante soppressione delle fatti-specie non più coerenti con l’ordinamento vi-gente;

c) disciplina e riduzione eventuale dei termini di decadenza o prescrizione delle azioni esperibili e della tipologia dei provvedimenti del giudice;

d) previsione di pronunce dichiarative, costitutive e di condanna, idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa.

4. procedere alla revisione e razionalizzazione dei riti speciali e delle materie, cui essi si appli-cano (46);5. razionalizzare e unificare le norme vigenti per il proces-so amministrativo sul conten-zioso elettorale, prevedendo il dimezzamento, rispetto a quel-li ordinari, di tutti i termini pro-cessuali, il deposito preventivo del ricorso e la successiva noti-ficazione in entrambi i gradi;6. introdurre la giurisdizio-ne esclusiva del giudice ammini-strativo nelle controversie con-cernenti atti del procedimen-to elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Ca-

mera dei deputati e del Senato della Repubblica, mediante la previsione di un rito abbreviato in ca-mera di consiglio, che consenta la risoluzione del contenzioso in tempi compatibili con gli adempi-menti organizzativi del procedimento elettorale e con la data di svolgimento delle elezioni;

7. razionalizzare e unificare la disciplina della rias-sunzione del processo e dei relativi termini;

8. riordinare la tutela cautelare, anche generaliz-zando quella ante causam, nonché il procedimen-to cautelare innanzi al giudice amministrativo in caso di ricorso per cassazione avverso le senten-ze del Consiglio di Stato (47);

(46) Eccetto quelli previsti dalle norme di attuazione dello sta-tuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige.(47) In tal caso deve essere previsto che: a) la domanda di tutela

Dalla nuova direttiva pare emergere l’assoluta

necessità della contestualità della decisione in ordi- ne alla illegittimità della

procedura e alla inefficacia del contratto, con conse-guente concentrazione

delle due questioni presso un unico giudice

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9. riordinare il sistema delle impugnazioni, indivi-duando le disposizioni applicabili, mediante rin-vio a quelle del processo di primo grado, e disci-plinando la concentrazione delle impugnazioni, l’effetto devolutivo dell’appello, la proposizione di nuove domande, prove ed eccezioni.

Come è ben possibile desumere dagli indicati principi e criteri direttivi, il campo di azione della complessiva e programmata operazione di riassetto è ben ampio. Invero, una delle più marcate problematiche, che i decreti delegati intendono affrontare, è quella del-la lunghezza del giudizio, che nel rito amministrati-vo soffre di una vistosa peculiarità.È certamente vero, infatti, che anche il contenzioso civile conosce tempi lunghissimi. Tempi che possono facilmente coprire l’intera vita attiva di una perso-na. Tuttavia, nel processo civile almeno vi è una data certa: quella della successiva udienza. Le numerose riforme che hanno toccato il processo amministra-tivo non hanno inciso su uno dei suoi elementi origi-nari: ancor oggi il processo viene introdotto con una domanda diretta al giudice (48), e l’udienza di tratta-zione, sollecitata dall’istanza della parte, viene fis-sata dal giudice con larghissima discrezionalità. Il tutto, poi, è stato aggravato dall’articolo 9 della leg-ge 205/2000, con cui è stato prescritto che l’istanza di fissazione debba essere rinnovata personalmen-te dalla parte, decorso un decennio dal deposito del ricorso, pena la perenzione. Tutto ciò comporta una serie di distorsioni, indubbiamente negative, per la tutela dei legittimi interessi del cittadino. Infatti, egli non sa quando il suo processo verrà discusso. A ri-gore, stanti le conseguenze dell’efficacia decennale dell’istanza di fissazione, non è ben certo neppure se il suo ricorso verrà mai, davvero, deciso. Gli avvoca-ti sono pienamente consapevoli con quale imbaraz-zo essi affrontano il cliente, allorché questi chiede che sorte abbia mai avuto il proprio ricorso, ormai depositato da anni e relativamente al quale il TAR non ha dato ancora alcun riscontro. E decorsi die-ci anni dall’instaurazione del giudizio, quanti saran-no ancora i ricorrenti che intenderanno rinnovare

interinale non può essere trattata fino a quando il ricorrente non presenta istanza di fissazione di udienza per la trattazione del merito; b) in caso di istanza cautelare ante causam, il ricor-so introduttivo del giudizio è notificato e depositato, unitamente alla relativa istanza di fissazione di udienza per la trattazione del merito, entro i termini di decadenza previsti dalla legge o, in difetto di essi, nei sessanta giorni dalla istanza cautelare, perdendo altrimenti ogni effetto la concessa tutela interinale; c) nel caso di accoglimento della domanda cautelare, l’istanza di fissazione di udienza non può essere revocata e l’udienza di merito è celebrata entro il termine di un anno.(48) C.d. vocatio iudicis.

l’istanza di fissazione con riguardo a una controver-sia i cui effetti, nella realtà storica, si sono probabil-mente già esauriti da tempo o sono divenuti da tem-po irrimediabili?Invero, costituisce fatto notorio che l’unico modo per avvicinare il giudice, con riguardo a una data con-troversia, consiste nel presentare l’istanza cautela-re. Tuttavia, proprio in questo modo, vengono a ve-rificarsi le preannunciate distorsioni, giacché non si può non tener conto dei seguenti elementi:a) il ricorrente è sollecitato a presentare l’istanza

cautelare quando non ne sussistono i presupposti, specialmente sotto il profilo del periculum in mo-ra. Con la conseguenza che il passaggio in camera di consiglio rischia di esaurirsi in un’iniziativa im-produttiva di effetti, pur essendo, magari, il ricorso assistito da un ben consistente fumus boni iuris;

b) conseguentemente, poiché lo scopo dell’istanza cautelare è quello di ottenere una pronuncia, altri-menti rimandata a tempo indefinito, il rimedio viene utilizzato con scopi diversi da quelli che sarebbero a lui propri e che, lo si ricorda, consistono nel preve-nire che il tempo del processo abbia a influire in mo-do irrimediabile sull’esito della controversia;

c) poiché è del tutto imprevedibile quando verrà fis-sata l’udienza di merito, il reale sindacato sulla controversia è, nei fatti, svolto in sede di esame dell’istanza cautelare, quando cioè il giudice non ha ancora potuto acquisire tutti gli elementi, ar-gomentativi e probatori, necessari;

d) nella valutazione della domanda cautelare il giudi-ce è tenuto a valutare un elemento, che pesa alme-no per il 50% sull’esito dell’istanza di sospensione, ma che in sede di definizione della lite non ha inve-ce nessun rilievo: la sussistenza del danno grave e irreparabile. Il che comporta che, se la causa è e effettivamente decisa al momento della decisione cautelare, la causa è effettivamente decisa anche sulla base di elementi, che sono estranei alla me-ra legittimità dell’azione amministrativa;

e) nella stessa valutazione del periculum, il giudi-ce opera talora una valutazione comparativa tra il danno subito dal ricorrente e quello che subireb-be l’amministrazione; e poiché il danno è il rifles-so negativo dell’interesse, quella operata dal giu-dice, in questi casi, è né più né meno che una va-lutazione comparativa di interessi;

f) il rimedio cautelare non è a disposizione di tutte le parti, ma quasi esclusivamente del ricorrente. Può così venire a verificarsi una violazione del principio di parità delle armi, paradossalmente a vantaggio di chi ricorre. Infatti l’azione, priva di istanza di so-spensione, potrebbe essere promossa con finalità meramente strumentali e, poi, giacere, con il cari-co d’incertezza che a essa si accompagna, a tempo

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indefinito. A questa situazione l’amministrazione resistente può spesso porre rimedio avvalendosi dei propri poteri imperativi, sul piano della fattispe-cie sostanziale. Ma questo certamente non è con-sentito al controinteressato;

g) la verifica sulla correttezza delle decisioni caute-lari è assai più problematica di quella sulla cor-rettezza delle sentenze.

L’auspicio forte di tutti gli operatori del settore è che la programmata codificazione preveda soluzioni adeguate ai problemi sin qui delineati.

8. Lo schema di decreto di recepimentodella “direttiva ricorsi”Nella seduta n. 72 del 27 novembre 2009 il Consi-glio dei Ministri ha approvato uno schema di decreto legislativo, volto al recepimento della “direttiva ri-corsi” 2007/66/Ce. Il testo è attualmente all’esame del Consiglio di Stato, per poi essere visionato dalle competenti commissioni parlamentari. In aderenza a una precisa indicazione, contenuta nella legge delega, lo schema di decreto legislati-vo provvede a un vero e proprio riordino del conten-zioso in materia di contratti pubblici introducendo, fra l’altro, alcune disposizioni, dirette ad agevolare e potenziare gli strumenti di risoluzione alternati-vi alla tutela giurisdizionale, specie in fase di esecu-zione del contratto. Si allude, in particolare, all’in-troduzione di una esplicita clausola di esonero dal-la responsabilità erariale, per il caso di adesione integrale alla proposta di accordo bonario, nonché all’evidente favore per la reintroduzione di clausole compromissorie nei contratti pubblici.Presumibilmente, proprio perché si è inteso dare corpo a un sistema di regole non solo processuali, il legislatore delegato ha preferito non collocare il re-cepimento della direttiva 2007/66/Ce nell’ambito del-la riforma del processo amministrativo attualmente in itinere, seppur fortemente collegata, optando, in-vece, per la diversa soluzione di introdurre modifiche e integrazioni al codice, soprattutto nella sua parte IV, dedicata al contenzioso (49). Quest’ultima risulta ora suddivisa fra un titolo I, rubricato “Strumenti di definizione delle liti diversi dal ricorso giurisdiziona-le” (artt. 239-243) e un titolo II dedicato a “Giurisdizio-ne e norme processuali” (artt. 244 e ss.).Lo schema di decreto legislativo diffuso costituisce

(49) Lo schema di decreto si intitola, infatti: “Modifiche appor-tate al codice dei contratti pubblici in forze dello schema legi-slativo recante attuazione della delega di cui agli articoli 1, 2 e 44, legge 7 luglio 2009, n. 88, recante «Disposizioni per l’adem-pimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – legge comunitaria 2008» – recepimento della direttiva 2007/66/Ce”.

una bozza provvisoria, certamente soggetta a modi-fiche e integrazioni. Le principali novità, che emergono con chiara evi-denza, risultano essere le seguenti.Ambito soggettivo e oggettivo di applicazione del-le nuove disposizioni. La direttiva obbliga gli Sta-ti membri a introdurre efficaci procedure di ricorso per gli appalti, disciplinati dalle direttive 17 e 18 del 2004 e, quindi, autorizza discipline differenziate per gli appalti sotto e sopra soglia. In attuazione della delega conferita dal legislatore nazionale, vicever-sa, lo schema di decreto legislativo adotta una so-luzione unificata per tutte le procedure di ricorso in materia di contratti pubblici, estendendo così l’am-bito di applicazione delle disposizioni comunitarie, senza alcuna distinzione in base al valore dell’ap-palto ovvero all’appartenenza del contratto ai setto-ri c.d. “speciali” (50). Sotto il profilo soggettivo, poi, viene introdotta una nozione più ampia di “stazio-ne appaltante” (art. 3, comma 33, codice), che, ai fi-ni della parte IV, comprende non solo tutti i sogget-ti che sono amministrazioni aggiudicatrici o sogget-ti aggiudicatori, ai sensi della parte II (art. 32 codice) e della parte III (art. 207, codice) ma, altresì, con una disposizione di chiusura, “ogni altro soggetto tenu-to, secondo il diritto comunitario o nazionale, al ri-spetto di procedure o principi di evidenza pubblica nell’affidamento dei contratti relativi a lavori, ser-vizi o forniture” (art. 3, comma 33, codice). La nuo-va disciplina del contenzioso, dunque, dovrebbe tro-vare applicazione anche nei confronti dei concessio-nari di servizi e delle diverse forme di partenariato pubblico-privato (PPP) (51), riconosciute dal diritto comunitario, ma non disciplinate dalle direttive su-gli appalti pubblici.termine sospensivo (standstill period). Il termine sospensivo (che secondo la direttiva non può essere inferiore a 10 o 15 giorni, a seconda degli strumenti utilizzati per le comunicazioni) viene individuato dal legislatore italiano in 35 giorni dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudica-zione definitiva. Precisamente, il novello comma 10 dell’articolo 11 stabilisce che “il contratto non può comunque essere stipulato prima di trentacinque

(50) Ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del codice, i “settori spe-ciali” dei contratti pubblici sono i settori del gas, energia termi-ca, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica.(51) In linea generale, con il termine Partenariato pubblico pri-vato (PPP), si definiscono le diverse forme di cooperazione tra settore pubblico e settore privato, attraverso le quali le rispet-tive competenze e risorse si integrano per realizzare e gestire opere infrastrutturali in funzione delle diverse responsabilità e obiettivi.

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giorni dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva ai sensi dell’articolo 79” (52). Lo standstill period preclude non solo la sottoscrizione del contratto, ma altresì l’esecuzione anticipata delle prestazioni in via di ur-genza (art. 11, comma 9, codice, così come modifi-cato dall’art. 2, comma 1, lettera e), d.lgs. 31.7.2007, n. 113). Dunque, lo standstill period è stato, anzitut-to, esteso all’esecuzione di urgenza del contratto prima della stipula del contratto, emendando in tal senso l’ultima parte dell’articolo 11, comma 9. Dallo standstill resta, naturalmente, esclusa l’ipotesi del-la gara senza bando qualora legislativamente previ-sta, nonché la fattispecie dell’immediata esecuzio-ne dell’aggiudicazione, in presenza di grave nocu-mento all’interesse pubblico. Le due ipotesi non so-no, però, assimilabili: la prima è scontata, vertendo-si in fattispecie nella quali la normativa europea non si applica se non in via di principio, mentre la secon-da è di considerevole ampiezza e di difficile defini-zione, implicando, ovviamente, margini di discrezio-nalità ampi in favore della stazione appaltante, che richiederanno un’attenta considerazione da parte del giudice amministrativo. La durata della sospen-sione è stata quantificata, tenendo conto dei tempi tecnici connessi agli obblighi di informativa imposti dall’articolo 79 del codice (5 giorni), nonché del ter-mine di decadenza, introdotto per la proposizione del ricorso giurisdizionale. Poiché, tuttavia, la pre-clusione assolve la precisa funzione di consentire ai concorrenti non aggiudicatari di valutare se propor-re ricorso e, in caso affermativo, di presentarlo pri-ma della sottoscrizione del contratto, essa non tro-va applicazione nei casi in cui non vi siano potenzia-li interessati al ricorso (in presenza di una sola of-ferta o nelle altre ipotesi indicate dal nuovo comma 10-bis dell’art. 11) (53). La disciplina dello standstill

(52) Il pregresso comma 10 stabiliva, invece, che: “Il contrat-to non può comunque essere stipulato prima di trenta giorni dalla comunicazione ai controinteressati del provvedimento di aggiudicazione, ai sensi dell’articolo 79, salvo motivate ragioni di particolare urgenza che non consentono all’amministrazione di attendere il decorso del predetto termine. La deroga di cui al periodo precedente non si applica ai contratti relativi a infra-strutture strategiche e insediamenti produttivi, di cui alla parte II, titolo III, capo IV”.(53) Articolo 11, comma 10-bis: “Il termine dilatorio di cui al comma 10 non si applica nei seguenti casi: a) se, a seguito di pubblicazione di bando o avviso con cui si indice una gara, o inoltro degli inviti nel rispetto del presente codice, è stata pre-sentata una sola offerta che è risultata aggiudicataria, e non sono state tempestivamente proposte impugnazioni del bando o della lettera-invito, o queste impugnazioni, se proposte, risul-tano già respinte con decisione giurisdizionale definitiva; b) se, a seguito di pubblicazione di bando o avviso con cui si indice una

period dovrebbe trovare applicazione anche nel ca-so di contratti relativi a progetti facenti parte del piano strategico nazionale, disciplinati dall’artico-lo 20, commi 8 e 8-bis, d.l. 29.11.2008, n. 185, con-vertito, con modificazioni, dalla legge 28.1.2009, n. 2. Quindi, una significativa novità è costituita dal co-ordinamento del termine di sospensione della stipu-lazione, attualmente portato da 30 a 35 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione definitiva, con il termine di proposizione del ricorso giurisdizionale ridotto a 30 giorni. L’intento è stato quello di supera-re, una volta per tutte, l’inconveniente manifestato-si nell’applicazione del codice, a causa della diver-sità del termine di standstill da quello prescritto per proporre ricorso avverso l’aggiudicazione. I 60 gior-ni previsti dall’articolo 23-bis della legge 1034/1971 consentivano alla partecipante esclusa dalla gara di proporre ricorso 30 giorni dopo la scadenza del termine di standstill e richiedere il risarcimento del danno anche quando fossa stato già stipulato il con-tratto. Con la nuova norma il contratto viene stipu-lato dopo lo standstill e quando il termine di ricor-so giurisdizionale tendenzialmente è già spirato. Ri-sulta di difficile inquadramento, nell’ambito delle il-lustrate novità, la possibilità di proporre, in alterna-tiva al ricorso giurisdizionale, il rimedio giustiziale del ricorso straordinario al Presidente della Repub-blica che, a causa di un termine per la relativa pro-posizione eccessivamente lungo (120 giorni), mal si coordina con le esigenze di celerità sottese alla di-rettiva comunitaria n. 66/2007.obbligo di informazione, a carico delle stazioni ap-paltanti. Quanto agli oneri di informativa, il novellato articolo 79 del codice prevede che, entro 5 giorni, le stazioni appaltanti devono comunicare ai soggetti in-teressati (aggiudicatario, secondo classificato, can-didati che hanno presentato un’offerta ammessa, o che abbiano impugnato la propria esclusione ovve-ro ancora il bando di gara) l’aggiudicazione definiti-va, la decisione di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro, nonché l’avve-nuta sottoscrizione del contratto, inviando per iscrit-to compiuta informativa, della quale viene indicato in maniera analitica il contenuto minimo. Per quanto concerne le forme di comunicazione, il novello comma 6 stabilisce che le comunicazioni so-no fatte per iscritto, con lettera raccomandata con

gara, o inoltro degli inviti nel rispetto del presente codice, pur essendo state presentate più offerte, è stata ammessa una sola offerta che è risultata aggiudicataria, e non sono state tempe-stivamente proposte impugnazioni del bando, o della lettera-invito, o dei provvedimenti di esclusione degli altri concorrenti, o queste impugnazioni, se proposte, risultano già respinte con decisione giurisdizionale definitiva”.

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avviso di ricevimento, o mediante notificazione, o me-diante posta elettronica certificata, ovvero median-te fax, se l’utilizzo di quest’ultimo mezzo è espressa-mente autorizzato dal concorrente, al domicilio elet-to o all’indirizzo di posta elettronica o al numero di fax indicato dal destinatario in sede di candidatura o di offerta. La comunicazione è accompagnata, eccet-to l’ipotesi prevista al comma b-ter (data di avvenuta stipulazione del contratto), dal provvedimento e dalla relativa motivazione. Questa deve contenere quanto-meno una relazione sintetica circa le caratteristiche e i vantaggi dell’offerta selezionata; l’onere di sinteti-ca relazione può essere assolto anche mediante l’in-vio dei verbali di gara. Nel caso di cui al comma 5, let-tera b-ter), la comunicazione è accompagnata da una relazione sintetica circa le caratteristiche e i vantag-gi dell’offerta selezionata. L’ultimo comma del novel-lo articolo 79 introduce, altresì, una forma semplifi-cata e accelerata di accesso agli atti, che deve essere consentito entro 10 giorni lavorativi, senza necessità di proporre istanza scritta né di ottenere un provve-dimento di assenso (54).Comunicazione alla stazione appaltante dell’intento di proporre ricorso. Secondo quanto espressamen-te consentito dalla direttiva comunitaria, lo schema di decreto legislativo all’articolo 243-bis prevede che chi intende proporre ricorso giurisdizionale ne dia pre-ventiva comunicazione alla stazione appaltante. Trat-tasi di una comunicazione sottoscritta dall’interessa-to, o da un suo rappresentante, che reca una sintetica e sommaria indicazione dei presunti vizi di illegittimi-tà e dei motivi di ricorso che si intendono articolare in giudizio. La comunicazione può essere presentata fi-no a quando l’interessato non abbia notificato un ricor-so giurisdizionale. La comunicazione può anche esse-re fatta inserire in un verbale della commissione di ga-ra in seduta pubblica, quale quello con cui si ammet-tono o escludono taluni concorrenti o si dichiara l’ag-giudicazione provvisoria. In tal caso il verbale è sot-toscritto dall’interessato o da un suo rappresentante. La commissione di gara ne informa immediatamente

(54) Comma 8: “Fermi i divieti e differimenti dell’accesso pre-visti dall’articolo 13, l’accesso agli atti del procedimento in cui sono adottati i provvedimenti oggetto di comunicazione ai sensi del presente articolo, è consentito entro dieci giorni lavorati-vi dall’invio della comunicazione dei provvedimenti medesimi, mediante visione ed estrazione di copia. Non occorre istanza scritta di accesso e provvedimento di ammissione, salvi i prov-vedimenti di esclusione o differimento dell’accesso adottati ai sensi dell’articolo 13. Le comunicazioni di cui al comma 5 indi-cano se ci sono atti per i quali l’accesso è vietato o differito, e indicano l’ufficio presso cui l’accesso può essere esercitato, e i relativi orari, garantendo che l’accesso sia consentito durante tutto l’orario in cui l’ufficio è aperto al pubblico o il relativo per-sonale presta servizio”.

il responsabile del procedimento. È importante os-servare che la comunicazione in esame non impedi-sce l’ulteriore corso del procedimento di gara, né il de-corso del termine dilatorio per la stipulazione del con-tratto, fissato dall’articolo11, comma 10, né il decor-so del termine per la proposizione del ricorso giurisdi-zionale. Tale onere informativo è chiaramente ispira-to a una ratio deflattiva: la comunicazione, infatti, deve contenere l’individuazione della presunta illegittimità e dell’intenzione di proporre ricorso giurisdizionale, in modo da consentire alla stazione appaltante di valuta-re la posizione dell’interessato e, ove ne ravvisi i pre-supposti, di evitare il giudizio, revocando tempestiva-mente la propria decisione. Ciò anche, eventualmen-te, all’esito di un procedimento di autotutela. La co-municazione può essere inviata sino alla proposizione del ricorso e non rappresenta una condizione di pro-cedibilità dell’azione: la sua assenza, infatti, costitui-sce comportamento valutabile dal giudice nel succes-sivo giudizio ai fini dell’eventuale condanna alle spese nonché dell’accertamento della gravità della colpa e dei danni risarcibili ex art. 1227 c.c.Il ricorso giurisdizionale: rimedi esperibili, termini per la proposizione e atti impugnabili. Anche l’arti-colo 245 del codice presenta importanti novità, che sembrerebbero ispirate all’esigenza di assicurare certezza in tempi brevi. In particolare si stabilisce quanto segue: › gli atti delle procedure di affidamento, nonché i

provvedimenti connessi eventualmente adottati dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, so-no impugnabili esclusivamente con ricorso al giu-dice amministrativo. Sembra, dunque, soppressa la facoltà di impugnare gli atti con ricorso stra-ordinario al Capo dello Stato, strumento che rap-presenta, nel nostro ordinamento, un rimedio a carattere generale disciplinato con legge ordina-ria (d.P.R. 24.11.1971, n. 1199) e privo di copertura costituzionale. Infatti, al comma 1 del novello arti-colo 245 si utilizza l’avverbio “unicamente”. L’abo-lizione dell’istituto per la materia dei contratti pubblici potrebbe, tuttavia, suscitare perplessità sotto un diverso profilo, in quanto non trova espli-cito fondamento nella legge delega; in compen-so, la soluzione ha l’indubbio pregio di eliminare le incertezze, insite nella pendenza di un ricorso tendente all’annullamento degli atti di gara;

› oggetto di impugnazione possono essere, alter-nativamente: – i bandi di gara o, in assenza, gli avvisi o inviti che danno avvio alla procedura, se autonomamente lesivi; – i provvedimenti di esclu-sione e quelli di aggiudicazione definitiva.

A parte queste categorie di provvedimenti, che “devono essere impugnati autonomamente”, tut-ti gli altri atti della procedura, compresi i bandi o

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avvisi non immediatamente lesivi e aggiudicazio-ne provvisoria, vanno contestati solo all’esito del-la procedura e, dunque, unitamente all’aggiudica-zione definitiva;

› il ricorso giurisdizionale deve essere proposto nel termine perentorio di 30 giorni, decorrenti dalla ri-cezione della comunicazione della decisione am-ministrativa ovvero, nel caso di bandi autonoma-mente lesivi, dalla loro pubblicazione. Nel suddet-to termine, il ricorso deve essere notificato alla stazione appaltante e ad almeno un controinteres-sato; in caso di intervenuta aggiudicazione, anche provvisoria, l’aggiudicatario sembra dover essere, comunque (anche ove sia in discussione la legitti-mità dell’esclusione di un candidato), essere evo-cato in giudizio;

› vengono dettate, altresì, le principali norme di procedura per i giudizi di fronte al TAR e al Con-siglio di Stato in questa materia. Il giudizio è di-sciplinato sulla scorta dell’attuale articolo 23-bis della legge 1034/1971, che viene contestualmen-te abrogato nella parte in cui include il contenzio-so sull’affidamento dei contratti pubblici, con ab-breviazione di tutti i termini processuali e dispo-sizioni volte ad assicurare la massima semplifica-zione e concentrazione del giudizio. A titolo esem-plificativo: – il termine per il deposito del ricorso è di 5 giorni dall’ultima notifica; – il termine per la proposizione del ricorso incidentale è di 30 giorni dalla ricevuta notifica, mentre quello per la noti-ficazione dei motivi aggiunti è di 15 giorni dall’ac-cesso agli atti o dalla piena conoscenza di essi; – il processo viene definito, anche in assenza di istanza di parte, in una udienza da tenersi entro 30 giorni dalla scadenza del termine delle parti diverse dal ricorrente; – il dispositivo è pubblicato in udienza o, al più tardi, entro 7 giorni; la senten-za è redatta, di regola, in forma semplificata. In sintesi, l’intero grado di giudizio può consumarsi in 75 giorni dalla notifica del ricorso principale;

› la tutela cautelare è concessa nei casi di estrema gravità e urgenza, tali da non consentire l’attesa dell’udienza fissata per la definizione della cau-sa; l’ordinanza cautelare è pubblicata in udienza o il giorno feriale successivo ed è impugnabile nel termine di 15 giorni. È rimasta immutata la possi-bilità della tutela cautelare provvisoria ante cau-sam, già consentita dalla disposizione per i giudi-zi di primo grado.

La preclusione alla stipula nel caso di impugnazio-ne dell’aggiudicazione definitiva con contestuale ri-chiesta di misure cautelari. Conformemente alle in-dicazioni della direttiva comunitaria, in caso di effetti-va proposizione di un ricorso giurisdizionale lo stand- still period si trasforma e diventa preclusione alla

stipulazione del contratto, in attesa della pronuncia del giudice, in sede cautelare o di merito. A questa ipo-tesi è dedicato il novello articolo 245-bis. Innanzitutto, recependo i criteri, introdotti dalla legge delega nazio-nale, lo schema di decreto legislativo prevede la pre-clusione a stipulare il contratto esclusivamente qualo-ra il ricorso abbia come oggetto l’aggiudicazione defi-nitiva, contenga la domanda cautelare e sia rivolto al giudice amministrativo competente per territorio. A tale ultimo proposito l’articolo 245-bis introduce, in-fatti, una peculiare ipotesi di competenza territoriale inderogabile, che impedisce l’adozione di una pronun-cia cautelare da parte di un giudice incompetente. L’in-competenza deve essere rilevata anche d’ufficio e vie-ne dichiarata con sentenza nella prima udienza (o ca-mera di consiglio), con possibilità di riassumere entro 30 giorni il giudizio al TAR indicato come competente all’atto della declinatoria. In secondo luogo, la preclu-sione opera dal momento della “ricezione della notifi-cazione del ricorso”, sino all’adozione della pronuncia cautelare collegiale di primo grado, ovvero alla pub-blicazione del dispositivo di sentenza nel caso di pas-saggio dalla fase cautelare alla decisione di merito. Essa viene meno nell’ipotesi di rinuncia, anche tacita, all’istanza cautelare, ovvero nel caso in cui il giudice si pronunci negativamente in sede di dispositivo di sen-tenza, di pronuncia cautelare di primo grado non im-pugnata o di pronuncia cautelare di appello. Inoltre, “al solo fine dell’operatività della preclusione alla stipula-zione del contratto” nei confronti delle amministrazio-ni che si avvalgono del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, il ricorso deve essere notificato anche al domi-cilio reale della stazione appaltante. Considerato l’at-tuale tenore letterale della disposizione, sembra leci-to presumere che detta notifica non abbia rilievo ai fi-ni del decorso del termine di decadenza per la propo-sizione del ricorso; non sono chiare, tuttavia, le conse-guenze derivanti dalla sua omissione.Privazione degli effetti del contratto e sanzioni al-ternative. L’articolo 245-ter disciplina la privazio-ne degli effetti del contratto e le sanzioni alterna-tive (55). La direttiva comunitaria pone alcuni vin-coli precisi, consistenti essenzialmente nell’imposi-zione della privazione degli effetti del contratto co-me sanzione dovuta per le violazioni più gravi del di-ritto comunitario, con la precisazione che tale priva-zione “non dovrebbe essere automatica ma dovreb-be essere accertata da un organo di ricorso indipen-dente o dovrebbe essere il risultato di una decisione di quest’ultimo” (considerando n. 13) e può essere

(55) La previsione della privazione degli effetti del contratto o delle sanzioni alternative si cumula con l’azione di danno per equivalente dovuto ad altro titolo (art. 245-ter, comma 13).

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omessa in casi eccezionali (rectius: sostituita da sanzioni alternative). Per le altre violazioni del di-ritto comunitario gli Stati membri hanno facoltà di estendere la privazione degli effetti del contratto ovvero di introdurre sanzioni alternative, come il pa-gamento di somme di denaro ovvero l’abbreviazione della durata del contratto, aggiuntive rispetto al ri-sarcimento danni, considerato da solo misura non adeguata ai fini della direttiva (nuovo art. 2-sexies dir. 89/665/Ce). Spetta, altresì, agli Stati membri de-terminare se la privazione degli effetti del contrat-to debba valere ex tunc ovvero essere limitata al-le sole prestazioni da eseguire e individuare i pote-ri spettanti in concreto agli organi giudicanti investi-ti della decisione.Come è facilmente intuibile, il recepimento di ta-li disposizioni rappresenta uno dei profili più deli-cati della nuova disciplina ed è destinato a incide-re profondamente sul sistema di giustizia ammini-strativa e sul riparto di giurisdizione con il giudice ordinario. A tale proposito, la legge delega naziona-le esprime un’opzione precisa: quella di affidare la pronuncia sulla privazione degli effetti del contrat-to, sulla sua decorrenza effettiva e sull’applicazio-ne di sanzioni alternative alla valutazione in sede di bilanciamento degli interessi coinvolti dall’annulla-mento dell’aggiudicazione definitiva, “nell’ambito di una giurisdizione esclusiva e di merito”. Questa so-luzione non può dirsi imposta dal diritto comunita-rio, che consente di attribuire i poteri in questione a “organi distinti responsabili di aspetti differenti del-la procedura di ricorso” (nuovo art. 2, comma 2, di-rettiva 89/665/Ce) ed è chiaramente improntata a un principio di unicità della giurisdizione.Secondo lo schema di decreto legislativo delegato, la domanda di annullamento del provvedimento di ag-giudicazione si intende sempre comprensiva della do-manda di conseguire l’aggiudicazione e il contratto, nonché della domanda di privazione di effetti del con-tratto, ove nel frattempo stipulato, anche in difetto di espressa indicazione (art. 245-bis, comma 2). Il giudi-ce amministrativo, che annulli il provvedimento di ag-giudicazione definitiva, dichiara la privazione degli ef-fetti del contratto (purché non ricorrano esigenze im-perative connesse a un interesse generale, che impon-gano di mantenerlo in vita e con una serie di possibili temperamenti), nei casi in cui è obbligatoria per il dirit-to comunitario, indicando, altresì, se detta privazione sia retroattiva o limitata alle prestazioni da eseguire. La privazione degli effetti deve essere dichiarata an-che nelle controversie relative a procedure di proget-tazione, approvazione, e realizzazione delle infrastrut-ture e degli insediamenti produttivi (art. 246 codice). Nei casi in cui non sia tenuto a dichiarare la privazio-ne degli effetti del contratto, il giudice si pronuncia,

comunque, sulla sorte del contratto in sede di bilancia-mento degli interessi, secondo i criteri indicati dall’ar-ticolo 245-ter, indicando la decorrenza dell’eventuale privazione ovvero, e in via subordinata, riconoscendo il risarcimento del danno subito e comprovato. La deci-sione del giudice è adottata, contestualmente, all’an-nullamento dell’aggiudicazione. È, tuttavia, consentita la pronuncia di una sentenza parziale, che assegna un congruo termine alla stazione appaltante per rideter-minarsi sull’aggiudicazione e sugli effetti del contrat-to, rinviando ad altra udienza successiva la definizione del giudizio. Il decreto delegato nulla dice in merito al-la natura dei poteri attribuiti al giudice amministrativo in questi casi e sugli effetti della sentenza.Certo è, tuttavia, che il giudice, formalmente chia-mato a irrogare sanzioni, in sostanza può interveni-re direttamente sui rapporti scaturenti dalla proce-dura di affidamento senza essere tenuto a rispetta-re la riserva di amministrazione, tipica del nostro si-stema processuale. Non è un caso che a questi po-teri corrisponda l’introduzione di una parentesi di giurisdizione “esclusiva e di merito” all’interno del giudizio di annullamento, anticipando in questo mo-do valutazioni, che sembrerebbero proprie del giu-dizio di ottemperanza (al quale competono, comun-que, le questioni relative alla mancata esecuzione, in tutto o in parte, del capo di sentenza che irroga le sanzioni: art. 245-ter, comma 11). Appare altret-tanto certo, inoltre, che il legislatore nazionale pre-figuri la privazione degli effetti del contratto come una possibile conseguenza sostanzialmente natura-le – benché oggetto di pronuncia esplicita da parte del giudice – dell’annullamento dell’aggiudicazione, senza alcuna preventiva graduazione delle sanzioni in rapporto alla natura e gravità del vizio rilevato. È, dunque, teoricamente possibile che il contratto ven-ga dichiarato privo di effetti anche in assenza di gra-vi vizi sostanziali (per esempio per effetto di carenze documentali meramente formali). L’analisi dell’arti-colo 245-ter deve essere integrato con le disposizio-ni introdotte dal successivo articolo 245-quater, per le ipotesi, previste dal legislatore comunitario, nel-la quali è necessario assicurare la possibilità di ri-correre per la privazione di effetti di un contratto già stipulato entro un termine più lungo (6 mesi) ovvero decorrente dalla effettiva conoscenza delle decisio-ni dell’amministrazione. Si tratta di casi eccezionali (per esempio: procedure indette senza pubblicazio-ne di bandi o avvisi, ovvero negoziate senza preven-tiva pubblicazione di bando, ecc.), nei quali vi può es-sere una sostanziale impossibilità di proporre ricor-so nei termini ordinarimodifiche all’accordo bonario e disposizioni in ma-teria di arbitrato. Il legislatore ha introdotto alcu-ne misure che non attengono al recepimento della

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normativa comunitaria e che sono chiaramente vol-te a favorire la risoluzione accelerata, e non giuri-sdizionale, del contenzioso, specie di quello insorto in fase di esecuzione del contratto.Viene così ampiamente modificato l’articolo 240 del codice, dedicato all’accordo bonario. Tra le novi-tà più significative, oltre al potenziamento del ruo-lo dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici e all’introduzione di un mediatore unico, come al-ternativa all’organo collegiale (commissione), vi è da segnalare la seguente disposizione (comma 12): “In ogni caso di accettazione integrale della propo-sta motivata di accordo bonario formulata alle par-ti dalla commissione o dal mediatore unico, è esclu-sa la gravità della colpa dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di con-tabilità pubblica, ai sensi e per gli effetti dell’artico-lo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20”. Trattasi di novità che non trova preciso riscontro nella legge delega, anche se ha l’innegabile pre-gio di rimuovere uno dei maggiori ostacoli al ricorso all’accordo bonario. Secondo la scelta operata nella legge delega, poi, le stazioni appaltanti non posso-no stipulare compromessi, ma hanno facoltà di indi-care nel bando di gara (ovvero, in assenza, nell’avvi-so di indizione della procedura o nella lettera di invi-to) se il contratto conterrà o meno la clausola com-promissoria, con facoltà per l’aggiudicatario di ricu-sare tale clausola entro 20 giorni dalla conoscenza dell’aggiudicazione (art. 241 codice). Il concorrente può, però, rinunciare in fase di ga-ra alla declinatoria della clausola compromissoria, con l’effetto di poter offrire un ulteriore autonomo ribasso (non rilevante ai fini della soglia di sospetta anomalia), giustificato con i minori oneri finanziari derivanti dalla maggiore celerità di risoluzione del-le controversie relative all’esecuzione del contratto (art. 82, comma 5, codice). Risultano numerose an-che le modifiche alla disciplina dell’arbitrato, conte-nute nel nuovo articolo 242. Si segnala, fra l’altro: › il lodo si ha per pronunciato con la sua ultima sot-

toscrizione mentre il deposito presso l’Autorità di vigilanza diviene condizione di sua efficacia;

› l’impugnazione per nullità del lodo è proposta nel termine di 30 giorni dalla sua notificazione e non è più proponibile decorsi 120 giorni dalla data dell’ultima sottoscrizione;

› è disciplinato un procedimento per la sospensio-ne dell’efficacia del lodo.

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Le prestazioni occasionalidi tipo accessorioe l’utilizzo dei “buoni lavoro”di Eva Contino

Chiunque conosca l’attività di un ente locale è consa-pevole della quantità e varietà dei compiti in cui gli uf-fici “si cimentano” e che sono riconducibili alla natura di “ente a finalità generali” del comune (art. 3, comma 2, t.u.e.l.). L’amministrazione comunale, infatti, non so-lo realizza opere pubbliche, gestisce il territorio, svol-ge attività di polizia locale, assicura i servizi anagrafi-ci, ecc., ma organizza eventi culturali, turistici, sporti-vi, patrocina e supporta le più svariate iniziative di as-sociazioni, parrocchie, enti pubblici e privati. Nulla di male, se non fosse che ognuna di queste attività richie-de, inevitabilmente, prestazioni lavorative che per lo più sono caratterizzate da una scarsa specializzazio-ne (assistenza alla manifestazione/iniziativa, distribu-zione del materiale promozionale, facchinaggio, alle-stimento e disallestimento degli spazi, pulizia, acco-glienza, vigilanza) e che, soprattutto, vanno svolte in orari diversi da quelli d’ufficio (fine settimana, ore se-rali, ecc.). Cosa questo comporti è facilmente intuibi-le: il comune sopperisce a queste necessità attraver-so alcuni istituti quali: a) il lavoro straordinario del pro-prio personale (operatori tecnici, addetti agli uffici che si occupano di cultura e manifestazioni, agenti di poli-zia locale), incontrando evidentemente difficoltà lega-te ai limiti dei fondi per remunerare queste prestazio-ni e della stessa disponibilità dei dipendenti; b) l’ester-nalizzazione, con affidamento di alcuni servizi a ditte, con conseguente notevole aumento dei costi; c) il ricor-so all’associazionismo e al volontariato, espressioni di quello che è ormai noto come principio di “sussidia-rietà orizzontale”, una soluzione ottimale ma che non sempre assicura la necessaria affidabilità e che può dare origine a prestazioni di lavoro “irregolari”.D’altro canto anche l’affidamento di incarichi di col-laborazione occasionale attraverso contratti di lavo-ro autonomo ha vissuto, specialmente negli ultimi due anni, alterne vicende, atteso che le modifiche appor-tate all’art. 7 del d.lgs. 165/2001 hanno reso il confe-rimento degli incarichi da parte delle amministrazioni pubbliche una vera corsa a ostacoli escludendo di fat-to l’affidamento di quelli relativi a prestazioni “ordina-rie” o comunque non altamente qualificate. Si pensi in

particolare ai requisiti della “particolare e comprova-ta specializzazione universitaria” dell’incaricato con le sole eccezioni del comma 6, o alla necessità di proce-dure comparative per l’individuazione del prestatore. La finanziaria 2010 prova a complicare ulteriormen-te il quadro delle prestazioni occasionali che possono essere svolte a favore degli enti Locali. Modificando in sostanza la legge Biagi, già oggetto di numerosi inter-venti legislativi successivi (da ultimo il d.l. 112/2008), l’art. 1, commi 148 e 149, della legge 191/2009 ha este-so agli enti locali l’ambito di applicazione degli articoli 70 e 72 della legge medesima, disciplinanti le presta-zioni occasionali di tipo accessorio rese da particola-ri soggetti e i cosìddetti “buoni lavoro”. Secondo il nuo-vo testo i comuni potrebbero ricorrere a particolari ca-tegorie di prestatori (studenti di età inferiore a 25 an-ni, pensionati, casalinghe, cassintegrati, lavoratori in mobilità) per svolgere attività nel campo dei lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici, strade, parchi e monumenti, manifestazioni sportive, culturali, fieristiche o caritatevoli ecc., remunerandoli attraver-so i voucher acquistati presso l’Inps che, di fatto, assi-curano la copertura previdenziale e assicurativa e so-no totalmente esentasse, per importi netti inferiori ai 5mila euro nell’anno solare. Una gran bella idea, a pri-ma vista. Soprattutto per lo svolgimento delle attività di cui abbiamo parlato prima. Resta da capire se con questa modifica normativa siano cadute e preceden-ti indicazioni del legislatore ossia che la pubblica am-ministrazione può affidare incarichi di lavoro autono-mo (occasionali o continuativi) solo a esperti di com-provata specializzazione universitaria e per prestazio-ni altamente qualificate, e previa procedura compara-tiva, perché è evidente che quelli di cui all’art. 70 della legge Biagi (legge 276/2003) e remunerabili con i vou-cher hanno caratteristiche del tutto diverse. Resta il fatto che per mansioni connotate da un modesto gra-do di specializzazione questo istituto potrebbe rivelar-si utile sia per l’ente locale sia per i soggetti prestatori, ed è per tale ragione che in questo numero del formu-lario affronteremo il provvedimento con il quale disci-plinare questo tipo di prestazioni occasionali.

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COMUNE DI………………………….(Provincia di………………………)

Modifica del regolamento comunale sull’ordinamento degli uffici e dei servizi (*)

LA GIUNTA COMUNALE

RICHIAMATO l’art. 89 del d.lgs. 267/2000, il quale dispone che gli enti locali disciplina-no con propri regolamenti l’ordinamento generale degli uffici e dei servizi, in conformità dello statuto ed in base a criteri di autonomia, funzionalità ed economicità di gestione e secondo principi di professionalità e responsabilità, e che tra le materie oggetto di potestà regolamentare vi sono i procedimenti di selezione per l’accesso al lavoro e di avviamento al lavoro;

VISTA la legge 191/2009 (legge finanziaria per il 2010) che ai commi 148 e 149 ha mo-dificato l’art. 70 del d.lgs. 276/2003 (legge Biagi), estendendo agli enti locali la facoltà di avvalersi di “prestazioni occasionali di tipo accessorio rese da particolari soggetti”, remu-nerabili – ai sensi del successivo art. 72 – attraverso i “buoni lavoro”;

RITENUTO opportuno avvalersi di questo genere di prestazioni occasionali, regolamentan-do il ricorso alle stesse e assicurando il coordinamento di questo istituto con la discipli-na generale degli incarichi a soggetti esterni all’amministrazione adottata in applicazione dell’art. 7, commi 6 e seguenti, del d.lgs. 165/2001;

VISTO il vigente regolamento comunale sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, appro-vato con deliberazione di G.C. n. … del … e successive modifiche e integrazioni, e in particolare il capo … disciplinante il conferimento di incarichi (continuativi e occasionali) a soggetti estranei all’amministrazione;

RITENUTO dunque necessario integrare tale normativa con una disciplina apposita del-le prestazioni di cui all’art. 70 del d.lgs. 276/2003, con l’avvertenza che l’utilizzo di tale istituto è consentito nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e di patto di stabilità interno;

ACQUISITO il parere favorevole in ordine alla regolarità tecnica ai sensi dell’art. 49 del d.lgs 267/2000;

VISTI il d.lgs. 165/2001, il d.lgs. 276/2003;

CON voti unanimi favorevoli espressi nei modi di legge;

DELIBERA

1) di inserire all’interno del regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi un arti-colo … avente il seguente tenore:

(*) Il regolamento sull’ordina-mento degli uffici e dei servizi è indubbiamente la sede cor-retta per disciplinare il ricorso all’istituto delle prestazioni ac-cessorie.

Il regolamento, infatti, già contiene la disciplina del conferimento di incarichi a soggetti estranei all’ammini-strazione, ai sensi dell’art. 7, comma 6-ter, del d.lgs. 165/2001.

Il comma 149 della finanzia-ria 2001, infatti, ha specificato chiaramente questo vincolo, inserendo un comma 2-ter nell’art. 70 della legge Biagi.

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Articolo …Prestazioni occasionali di tipo accessorio rese da particolari soggetti

Il comune si avvale di attività lavorative di natura occasionale, ai sensi dell’art. 70 del d.lgs. 276/2003, nei seguenti ambiti.

a) lavori di giardinaggio;b) lavori di pulizia e/o manutenzione di edifici, strade, parchi e monumenti;c) manifestazioni sportive, culturali, fieristiche, turistiche, caritatevoli;d) lavori di emergenza e solidarietà;e) attività di vigilanza di spazi pubblici ivi compresa la sorveglianza dell’entrata e

dell’uscita degli scolari dalle scuole.Il ricorso alle prestazioni occasionali negli ambiti predetti è ammesso soltanto per esigenze specifiche e temporanee, rimanendo escluso l’utilizzo dei prestatori per sopperire alle ne-cessità ordinarie dell’ente.Per lo svolgimento delle attività di cui al comma 1 il comune può avvalersi delle seguenti categorie di soggetti:

1) disoccupati da oltre un anno;2) casalinghe;3) pensionati;4) disabili e soggetti in comunità di recupero;5) lavoratori extracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia nei sei mesi successivi

alla perdita del lavoro;6) studenti regolarmente iscritti ad un corso di studi; per gli studenti non universitari

limitatamente ai periodi di vacanza;7) limitatamente al 2010, i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno

del reddito (art. 70, comma 1-bis, del d.lgs. 276/2003);8) limitatamente al 2010, prestatori di lavoro a tempo parziale presso datori di lavoro

diversi dal comune.Il comune si rivolge, per l’individuazione dei prestatori da incaricare, ai serviziper l’impiego territorialmente competenti specificando eventualmentela categoria di soggetti richiesta o ritenuta idonea oltre alle caratteristicheritenute indispensabili ai fini dello svolgimento delle prestazioni. Il comunesi riserva di sottoporre i prestatori inviati a semplici prove di idoneitàalle mansioni richieste.

Poiché il d.lgs. 165/2001 richiede procedure comparative per il conferimento di qualsiasi incarico di collaborazione (art. 7, comma 6-bis), ed è evidente che non è affatto semplice comparare pre-statori scarsamente specializzati, sembra ragionevole affidarsi ai Centri per l’impiego, che ai sensi dell’art. 71 della legge Biagi sono gli organismi deputati a raccogliere i nominativi dei soggetti ap-partenenti alle categorie già citate che sono interessati a svolgere prestazioni di lavoro accessorio. Per selezionare ulteriormente i prestatori più adeguati, il comune potrà eventualmente sottoporre i soggetti indicati dai Centri provinciali a semplici prove di idoneità in analogia con quanto già avviene per l’assunzione di personale di categoria B, che vengono “avviati” al lavoro dagli Uffici di col-locamento.

Questo istituto appare utilizza-bile per incaricare e remune-rare i “nonni-vigile”, pensiona-ti incaricati della sorveglianza degli scolari all’ingresso e all’uscita delle scuole.

Sembra necessario coordinare la previsione dell’art. 70 della legge Biagi con il divieto, chia-rissimo, di utilizzare collabo-ratori esterni per far fronte a “funzioni ordinarie”, a pena di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipula-to i contratti. Lo dice espres-samente l’art. 7, comma 6, del d.lgs. 165/2001. Ne deriva che, per esempio, non sarebbe possibile utilizzare questi con-tratti per provvedere alle ma-nutenzioni ordinarie spettanti al comune (per esempio il ver-de pubblico o la pulizia degli edifici comunali, per i quali è necessario stipulare appositi contratti di appalto), mentre è ben possibile ricorrere agli stessi per prestazioni tempo-ranee (pulizia di aree pubbli-che dopo una manifestazione, allestimento e disallestimento di spazi per una specifica e temporanea iniziativa, ecc.). D’altro canto i limiti posti al compenso dei prestatori limi-tano chiaramente il tipo di uti-lizzo dei lavoratori.

Si veda l’art. 71 della legge Biagi.

Si tratta dei periodi indicati dal Ministero del lavoro con circo-lare 4/2005: dal 1° dicembre al 10 gennaio (“vacanze nata-lizie”), dalla domenica delle Palme al martedì successivo al lunedì dell’Angelo (“vacanze pasquali”); dal 1° giugno al 30 settembre (“vacanze estive”).

I prestatori di cui ai numeri 7 e 8 sono contemplati solo per il 2010, secondo quanto stabilito dalla finanziaria per il 2010.

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Il limite del compenso per ciascun percettore nel corso dell’anno solare è quantifica-bile in euro 5.000,00. Per i percettori di cui al comma 2, n. 7, il limite è fissato in euro 3.000,00 per anno solare.I prestatori di cui al presente articolo stipulano con il Comune di … apposito contratto di lavoro che specifichi oggetto, durata della prestazione e compenso previsto, e sono remunerati attraverso i buoni lavoro di cui all’art. 72 del d.lgs. 276/2003, nei limiti di cui al comma precedente. Tali buoni sono comprensivi dei contributi previdenziali e assicurativi e sono esenti da qualsiasi imposizione fiscale. I compensi percepiti non incidono sullo stato di disoccupato o inoccupato del prestatore.

I voucher o “buoni lavoro” sono lo strumento ideato dal legislatore per rendere sem-plice la gestione dei rapporti di lavoro occasionale ed evi-tare il ricorso al lavoro irre-golare. Si tratta di buoni con valore nominale di 10 euro, che comprendono la contri-buzione Inps (13%), l’assicura-zione Inail (7%) e un compen-so all’Inps per la gestione del servizio (5%), sicché il valore netto a favore del prestato-re (che lo riscuote presso le Poste Italiane) è di 7,50 euro, esente da qualunque imposi-zione fiscale. L’attuale valore nominale del voucher è stato fissato con d.m. 12.3.2008 e viene periodicamente aggior-nato tenendo conto della me-dia delle retribuzioni rilevate per le attività lavorative affini a quelle di cui all’art. 70, com-ma 1, della legge Biagi. Tutte le informazioni necessarie al datore per utilizzare i buoni lavoro sono reperibili nella circolare Inps n. 104 del 2008 e sul sito www.buonilavoro.it.

Secondo l’indirizzo espresso dall’Inps, le somme indica-te sono da considerare come somme “nette, ossia quelle effettivamente percepite (cir-colare 88/2009), ragion per cui il limite lordo erogabile diven-ta rispettivamente 6.600 euro annui e 3.960 euro annui.

È evidente che, in ogni caso, sarà necessario stipulare ap-positi contratti con i prestatori.

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Il casodi Maria Giuliana Murianni 1/2010

si può cacciare con un fucile dotato di mirino laser?

La Cassazione ha risposto negativamenteCassazione, sez. III, 13 luglio 2009, n. 28511

Durante un controllo della Polizia forestale viene sottoposto a verifica un grup-po di quattro cacciatori. Uno di essi viene trovato in possesso di un fucile dal-la “forma inconsueta”, sulla cui canna, nella parte finale e in posizione coassia-le con essa, era stato montato un mirino-puntatore laser. Il congegno risulta-va apposto in maniera fissa, tanto che per smontarlo era necessario utilizzare appositi attrezzi. Il congegno di mira dell’arma “sembrava” modificato, in quanto era stato artigianalmente montato sulla parte superiore della canna “un sistema di puntamento tipo tacca di mira-mirino totalmente diverso dai mirini presenti nella totalità dei fucili semiautomatici per uso caccia a canna liscia”. Ritenendo l’arma così modificata non consentita per l’attività venatoria, in quan-to idonea ad aumentarne la potenzialità offensiva, la p.g. procedeva al sequestro di essa, delle cartucce, del puntatore laser e della selvaggina abbattuta. Il Gip, su tempestiva richiesta del p.m., convalidava il sequestro eseguito in via d’urgen-za dalla p.g. e ordinava il sequestro preventivo del solo fucile Franchi matr. n. (omissis), ravvisando l’astratta configurabilità del reato di cui alla legge n. 157 del 1992, art. 30, comma 1, lett. h), e l’esigenza preventiva di evitare che il pro-prietario di esso proseguisse nell’attività venatoria. Successivamente dispone-va anche il sequestro del puntatore e delle cartucce. Entrambi i provvedimenti di sequestro erano impugnati dal proprietario del fucile modificato. Il tribunale del riesame revocava il sequestro del fucile e del puntatore. A fon-damento delle decisioni osservava che l’adozione di un sistema di puntamento più avanzato rispetto a quello tradizionale non alterava la portata offensiva del fucile in questione, in quanto la norma applicabile alla fattispecie, ossia la leg-ge n. 157 del 1992, art. 13, si riferisce solo al munizionamento e al caricamen-to; che il silenzio serbato dal legislatore in merito al sistema di puntamento non autorizzava a ritenere di genere vietato ciò che non era di uso frequente per il principio di stretta legalità vigente nella materia penale. Il procuratore della Repubblica ricorre in cassazione, deducendo: la violazione dell’art. 13 della legge n. 152 del 1992 assume che devono considerarsi consen-tite sole le armi aventi le caratteristiche indicate nella norma e, pertanto, tut-te quelle aventi caratteristiche diverse devono considerarsi vietate; l’utilizzo di mezzi accessori o comunque diversi da quelli di cui l’arma è stata già dotata dal costruttore integra il reato di cui all’art. 30, comma 1, lett. h), della legge n. 157

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del 1992, perché viola il divieto di cui all’art. 13, comma 5, della legge n. 157 del 1992; inoltre l’uso del puntatore laser durante la pratica venatoria si deve con-siderare vietato dall’art. 8 della direttiva 79/409/Cee recepita dall’art. 1, com-ma 4, della legge n. 157 del 1992, in quanto rientra tra i mezzi vietati elenca-ti nell’allegato IV e più precisamente quale dispositivo per illuminare il bersa-glio, posto che i puntatori laser vengono utilizzati di notte per sparare sulla pre-da grazie al fascio di luce dallo stesso emanato. La Cassazione ha accolto il ricorso.La normativa nazionale in tema di mezzi di caccia, all’art. 13, prescrive l’utilizzo di armi particolari, con un divieto espresso di far uso di ogni altra arma o mezzo per l’esercizio venatorio non espressamente ammessi dalla norma. La disposizio-ne vieta al comma 5, con un’espressione quanto mai omnicomprensiva, “tutte le armi e tutti i mezzi per l’esercizio venatorio non esplicitamente ammessi dal pre-sente articolo”, specificando poi il divieto, ad abundantiam, all’art. 21. Correlate a questi divieti e a quelli più specifici dell’art. 21, vi sono le sanzioni di cui all’art. 30, lett. e) e h), volte appunto a reprimere comportamenti di caccia vietati e specifica-mente tipizzati, l’utilizzo di mezzi di caccia specificamente interdetti, oppure l’uti-lizzo di richiami al di fuori dei casi consentiti o di richiami vivi accecati o mutila-ti. La disposizione include anche il divieto di fare uso di richiami acustici a funzio-namento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico. I fucili da caccia con-sentiti nella pratica venatoria sono solo quelli costituiti dai meccanismi assembla-ti dal costruttore che garantiscono il funzionamento dell’arma. Qualsiasi modifi-cazione apportata dal detentore per rendere l’arma più offensiva o più efficace per l’abbattimento della preda si deve ritenere vietata. In definitiva si devono ritenere vietati non solo tutti i mezzi diretti ad abbattere la fauna selvatica diversi da quelli specificamente ammessi, ma anche tutti quegli accessori che il detentore aggiun-ge all’arma per renderla più offensiva. Invero il legislatore, allorché ha indicato le caratteristiche che l’arma deve avere per essere lecita, prende in considerazione solo quelle realizzate dal produttore. Qualsiasi modificazione accessoria o sosti-tutiva di quella propria dell’arma rende questa diversa da quella prevista dal legi-slatore e perciò non consentita. In questa materia non vige la regola in forza del-la quale tutto ciò che non è espressamente vietato deve considerarsi consentito, ma quella opposta in base alla quale tutto ciò che non è espressamente consenti-to deve considerarsi vietato. Tale soluzione trova altresì conforto negli artt. 12 e 21 della legge n. 157 del 1992. A tal fine, preliminare a ogni ulteriore considerazione è l’esatta definizione del con-cetto di “esercizio venatorio”, poiché solo ai mezzi utilizzati per tale attività si rife-risce l’art. 13. All’uopo l’art. 12, comma 2, statuisce che “costituisce esercizio ve-natorio ogni atto diretto all’abbattimento o alla cattura di fauna selvatica median-te l’impiego dei mezzi di cui all’art. 13” e, ancora il comma 3, “è considerato altre-sì esercizio venatorio il vagare od il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa della medesima per abbat-terla”. Emerge, quindi, che per esercizio venatorio si intende qualsiasi atto diretto o strumentale all’abbattimento, rientrandovi quindi anche l’atto prodromico di ri-cerca e di individuazione della preda. In base a una concezione rigorosa e restrit-tiva dei mezzi di caccia e delle forme di caccia consentite e, viceversa, della corre-

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lata applicazione estensiva dei divieti di far uso di mezzi di caccia non consentiti, dottrina e giurisprudenza hanno per lungo tempo, sino alla fine degli anni ’90, con-siderato che debba ritenersi esercizio venatorio non solo ogni atto diretto all’ab-battimento e alla cattura degli animali selvatici, ma anche l’attività prodromica di appostamento e di ricerca della fauna, come dispone appunto l’art. 12, commi 2 e 3, della legge n. 157 del 1992. Inoltre, le norme citate e lo stesso art. 13, nell’im-porre una serie di limitazioni anche alle caratteristiche strutturali dei fucili, dimo-strano che non è indifferente il modo con cui si arriva all’abbattimento della fau-na, in quanto l’abbattimento è lecito solo nel rispetto del più autentico spirito spor-tivo, non essendo consentiti quei mezzi che trasformano un’attività sportiva in una mattanza di animali. Siffatto orientamento restrittivo condiviso dalla prevalente dottrina è stato recepito anche dalla giurisprudenza di legittimità fino alla pronun-cia della Corte costituzionale n. 95 del 1995, citata nel provvedimento impugnato e richiamata dal difensore nella difesa davanti a questa corte. La Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità degli artt. 30, comma 1, lett. h), e 13 della legge n. 157 del 1992, nella parte in cui, secondo l’in-terpretazione corrente dianzi evidenziata, sanzionava penalmente l’uso di qual-siasi mezzo ancorché ausiliario, non espressamente considerato lecito, con rife-rimento all’uso del cane, ha dichiarato manifestamente infondata la questione, in quanto l’uso del cane è vietato solo per la caccia al camoscio e, quindi, implicita-mente deve considerarsi ammesso per la caccia ad altri animali. Ha tuttavia sotto-lineato nella motivazione che, in base all’art. 13 della legge citata, il divieto sanzio-nato penalmente deve essere circoscritto ai mezzi diretti all’abbattimento e non esteso ai mezzi ausiliari, come per esempio i richiami vivi non espressamente vie-tati. Su questa distinzione si fondano in definitiva il provvedimento impugnato e la tesi sostenuta all’udienza dal difensore del proprietario del fucile modificato per escludere l’illiceità penale dell’uso del puntatore laser. L’assunto non può essere recepito per varie ragioni. Anzitutto perchè lo strumen-to utilizzato (puntatore laser), essendo stato incorporato nell’arma, era divenu-to parte essenziale della stessa e rendeva l’arma stessa più idonea alla cattu-ra diretta degli animali in tempo notturno. Pertanto non può considerarsi estra-neo all’uso dell’arma stessa che è un mezzo diretto di esercizio venatorio. In se-condo luogo perchè la distinzione tra “mezzi diretti alla caccia e mezzi ausiliari all’esercizio della caccia” può assumere rilevanza allorché il mezzo ausiliario non è espressamente vietato dalla legge. Nella fattispecie, invece, il puntatore laser al pari di qualsiasi altro dispositivo per illuminare il bersaglio è espressamente vie-tato dall’allegato IV, lett. a), della direttiva comunitaria n. 79/409 del 2.4.1979, la quale fa parte integrante della legge. Dispone invero l’art. 1, comma 4, della leg-ge n. 157 del 1992 che le direttive n. 79/409/Ce del 2.4.1979 del Consiglio, n. 85/411/Cee della Commissione del 25.7.1985 e n. 91/244 della Commissione del 6.3.2001, con i relativi allegati, concernenti la conservazione degli uccelli selvatici, sono in-tegralmente recepite e attuate nei modi e nei termini previsti dalla presente legge. La riprova della sussistenza di esplicito divieto si desume anche da alcune legisla-zioni regionali le quali hanno esplicitamente vietato l’uso del puntatore laser (cfr. a titolo esemplificativo l’art. 49, lett. f), della l.r. Piemonte n. 70 del 1996).

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circolari & pareriquesiti

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dalla Gazzetta ufficialegiurisprudenza

circolari & pareriquesiti

a cura dell’avv. Francesca Palazzi

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dalla Gazzetta ufficiale16 NOVEMBRE 2009-15 GENNAIO 2010

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTUREE DEI TRASPORTIDecreto 19 agosto 2009

Modalità di utilizzo del Fondo per l’adeguamento dei prezzi di materiali da costruzione di cui all’articolo 1, comma 11 del decreto-legge n. 162 del 23 ottobre 2008

G.U. n. 267 del 16 novembre 2009

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO Circolare 4 novembre 2009, n. 5185

Modalità per l’applicazione nel 2010 della legge 29 luglio 1981, n. 394, articolo 10, e successive modificazioni, concernente la concessione di contri-buti alle spese relative a programmi promozionali dei consorzi agroalimen-tari, turistico-alberghieri ed agro-ittico-turistici, nonché la rendicontazione dell’attività

G.U. n. 269 del 18 novembre 2009

COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICADeliberazione 31 luglio 2009

Programma delle infrastrutture strategiche. Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scola-stici (articolo 80, comma 21, legge n. 289/2002). (Deliberazione n. 61/2009)

G.U. n. 270 del 19 novembre 2009

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – DIPARTIMENTO PER LO SVILUPPO E LA COMPETITIVITà DEL TURISMOCircolare 16 novembre 2009, n. 1

Integrazione della circolare 8 luglio 1987, n. 1/VI/Tur., del Ministero del turismo e dello spettacolo, recante: «Istruzioni per la presentazione delle istanze e l’assegnazione di contributi per iniziative e manifestazioni turisti-che a carattere pluriregionale, di cui alla legge n. 702 del 1955»

G.U. n. 272 del 21 novembre 2009

PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Decreto 6 ottobre 2009

Istituzione del registro dei Gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT)

G.U. n. 273 del 23 novembre 2009

LEGGE 24 novembre 2009, n. 167

Conversione in legge, con modifica-zioni, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134, recante disposizioni urgenti per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo per l’anno 2009-2010

G.U. n. 274 del 24 novembre 2009

DECRETO-LEGGE 23 novembre 2009, n. 168

Disposizioni urgenti in materia di acconti di imposta, nonché di trasferimenti erariali ai comuni

G.U. n. 274 del 24 novembre 2009

PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Decreto 19 novembre 2009

Proroga dello stato di emergenza per proseguire le attività di contrasto e di gestione dell’afflusso di extracomunitari

G.U. n. 274 del 24 novembre 2009

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO Decreto 7 agosto 2009

Disposizioni per promuovere l’effi-cienza e la concorrenza del mercato all’ingrosso del gas naturale, favorendo la conseguente riduzione di oneri per imprese e famiglie per l’anno termico 2009-2010

G.U. n. 274 del 24 novembre 2009

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTUREE DEI TRASPORTICircolare 12 novembre 2009, n. 4649

Chiarimenti in ordine all’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 253, comma 15-bis, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163

G.U. n. 274 del 24 novembre 2009

LEGGE20 novembre 2009, n. 166

Conversione in legge, con modifica-zioni, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee

G.U. n. 274 del 24 novembre 2009 (s.o. n. 215)

MINISTERO DELL’ECONOMIAE DELLE FINANZEDecreto 30 ottobre 2009

Quantificazione dell’ammontare effet-tivo delle riduzioni di spesa consegui-bili al 31 dicembre 2008 derivanti, per ciascun ente territoriale, dall’attuazio-ne delle disposizioni di cui ai commi da 23 a 31 dell’articolo 2, della legge 24 dicembre 2007, n. 244

G.U. n. 276 del 26 novembre 2009

DECRETO-LEGGE 27 novembre 2009, n. 170

Disposizione correttiva del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2009, n. 167, in materia di concorsi per dirigenti scolastici

G.U. n. 277 del 27 novembre 2009

MINISTERO DELL’INTERNODecreto 4 novembre 2009

Modalità di pubblicazioni dei provvedi-menti emessi in caso di insussistenza dei presupposti per la proposta di

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scioglimento dei consigli comunali e provinciali, ai sensi dell’articolo 143, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come sostituito dall’articolo 2, comma 30, della legge 15 luglio 2009, n. 94

G.U. n. 278 del 28 novembre 2009

AGENZIA DEL TERRITORIOProvvedimento 17 novembre 2009

Estensione delle procedure telemati-che di cui all’articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 463, ad altri pubblici ufficiali

G.U. n. 279 del 30 novembre 2009

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO Decreto 19 novembre 2009

Modifiche al modello di comunicazione unica per la nascita dell’impresa

G.U. n. 282 del 3 dicembre 2009

CENTRO NAZIONALE PER L’INFORMATICA NELLA P.A.Deliberazione 21 maggio 2009

Regole per il riconoscimento e la verifica del documento informatico. (Deliberazione n. 45)

G.U. n. 282 del 3 dicembre 2009

PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Ordinanza 27 novembre 2009

Disposizioni urgenti di protezione civile. (Ordinanza n. 3829)

G.U. n. 285 del 7 dicembre 2009

MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALIOrdinanza 26 novembre 2009

Ordinanza ministeriale contingibile e urgente recante misure per prevenire la diffusione della rabbia nelle regioni del nord-est italiano

G.U. n. 285 del 7 dicembre 2009

MINISTERO DELL’ECONOMIAE DELLE FINANZEDecreto 28 ottobre 2009

Regioni a statuto ordinario – Contributi dovuti all’Aran per l’anno 2010

G.U. n. 286 del 9 dicembre 2009

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTUREE DEI TRASPORTIDecreto 13 novembre 2009

Riparto delle risorse del Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione, relative all’annualità 2009

G.U. n. 288 dell’11 dicembre 2009

GARANTE PER LA PROTEZIONEDEI DATI PERSONALIDeliberazione 19 novembre 2009

Linee guida in tema di referti on-line.(Deliberazione n. 36)

G.U. n. 288 dell’11 dicembre 2009

MINISTERO DELL’INTERNODecreto 4 novembre 2009

Approvazione del modello di carta d’identità bilingue italiano-ladino

G.U. n. 289 del 12 dicembre 2009

DECRETO-LEGGE 1° dicembre 2009, n. 177

Riorganizzazione del Centro nazionale per l’informatica nella pubblica ammi-nistrazione, a norma dell’articolo 24 della legge 18 giugno 2009, n. 69

G.U. n. 290 del 14 dicembre 2009

DECRETO-LEGGE 1° dicembre 2009, n. 178

Riorganizzazione della Scuola supe-riore della pubblica amministrazione (SSPA), a norma dell’articolo 24 della legge 18 giugno 2009, n. 69

G.U. n. 290 del 14 dicembre 2009

DECRETO-LEGGE 1° dicembre 2009, n. 179

Disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene in-dispensabile la permanenza in vigore, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246

G.U. n. 290 del 14 dicembre 2009 (s.o. n. 243)

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTUREE DEI TRASPORTIDecreto 18 novembre 2009

Individuazione degli interventi di cui all’articolo 1, comma 1, lettera f), del Piano nazionale di edilizia abitativa, allegato al decreto del Presidente del

Consiglio dei Ministri 16 luglio 2009, ammessi a finanziamento

G.U. n. 293 del 17 dicembre 2009

MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALIOrdinanza 3 dicembre 2009

Misure urgenti in materia di protezione AH1N1v

G.U. n. 296 del 21 dicembre 2009

MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALIOrdinanza 3 dicembre 2009

Misure urgenti in materia di conte-nimento dell’impatto dell’influenza pandemica A (H1N1) sulle scorte di sangue ed emocomponenti per il fabbisogno trasfusionale nazionale, in attuazione della direttiva 2009/135/Ce della Commissione europea del 3 novembre 2009

G.U. n. 296 del 21 dicembre 2009

MINISTERO DELLE SVILUPPO ECONOMICO Circolare 16 dicembre 2009, n. 985

Attività di valutazione sugli interventi di sostegno alle attività economiche e produttive

G.U. n. 296 del 21 dicembre 2009

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTUREE DEI TRASPORTICircolare 11 dicembre 2009

Entrata in vigore delle norme tecniche per le costruzioni di cui al decreto mi-nisteriale 14 gennaio 2008. Circolare 5 agosto 2009 – Ulteriori considerazioni esplicative

G.U. n. 297 del 22 dicembre 2009

MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLATUTELA DEL TERRITORIO E DEL MAREComunicato

Bando per il finanziamento di progetti di ricerca finalizzati ad interventi di efficienza energetica e all’utilizzo delle fonti di energia rinnovabile in aree urbane

G.U. n. 297 del 22 dicembre 2009

PRESIDENTE DELLA REPUBBLICADecreto 30 luglio 2009, n. 189

Regolamento concernente il

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riconoscimento dei titoli di studio ac-cademici, a norma dell’articolo 5 della legge 11 luglio 2002, n. 148

G.U. n. 300 del 28 dicembre 2009

LEGGE 21 dicembre 2009, n. 190

Conversione in legge, con modifica-zioni, del decreto-legge 27 novembre 2009, n. 170, recante disposizione correttiva del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2009, n. 167, in materia di concorsi per dirigenti scolastici

G.U. n. 301 del 29 dicembre 2009

MINISTERO DELL’INTERNODecreto 17 dicembre 2009

Proroga del termine per la delibe-razione del bilancio di previsione per l’anno 2010 degli enti locali

G.U. n. 301 del 29 dicembre 2009

DECRETO-LEGGE 29 dicembre 2009, n. 193

Interventi urgenti in materia di funzio-nalità del sistema giudiziario

G.U. n. 302 del 30 dicembre 2009

DECRETO-LEGGE 29 dicembre 2009, n. 194

Proroga di termini previsti da disposizioni legislative

G.U. n. 302 del 30 dicembre 2009

AGENZIA DEL TERRITORIO Comunicato

Elenco dei comuni per i quali è stata completata l’operazione di aggior-namento della banca dati catastale, eseguita sulla base del contenuto delle dichiarazioni presentate nell’an-no 2009 agli organismi pagatori, riconosciuti ai fini dell’erogazione dei contributi agricoli

G.U. n. 302 del 30 dicembre 2009

LEGGE 23 dicembre 2009, n. 191

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)

G.U. n. 302 del 30 dicembre 2009 (s.o. n. 243)

DECRETO-LEGGE 20 dicembre 2009, n. 198

Attuazione dell’articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici

G.U. n. 303 del 31 dicembre 2009

LEGGE 31 dicembre 2009, n. 196

Legge di contabilità e finanza pubblica

G.U. n. 303 del 31 dicembre 2009(s.o. n. 245)

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTUREE DEI TRASPORTIDecreto 18 dicembre 2009

Direttive e calendario per le limita-zioni alla circolazione stradale fuori dai centri abitati per l’anno 2010 nei giorni festivi e particolari, per veicoli di massa superiore a 7,5 tonnellate

G.U. n. 2 del 4 gennaio 2010

PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Decreto 26 ottobre 2009

Autorizzazione a bandire procedure di reclutamento a tempo indeterminato ai sensi dell’articolo 35, comma 4, del decreto legislativo n. 165/2001 in favore di varie amministrazioni

G.U. n. 3 del 5 gennaio 2010

PRESIDENZA DEL CONSIGLIODEI MINISTRI-DIPARTIMENTODELLA GIOVENTùDecreto 2 novembre 2009

Riparto delle risorse finanziarie del Fondo per le politiche giovanili, per l’anno 2009

G.U. n. 3 del 5 gennaio 2010

CONFERENZA PERMANENTE PER I RAPPORTI TRA LO STATO LE REGIONIE LE PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E BOLZANOProvvedimento 3 dicembre 2009

Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano con-cernente il nuovo Patto per la salute per gli anni 2010-2012. (Repertorio n. 243/CSR)

G.U. n. 3 del 5 gennaio 2010

PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Decreto 13 novembre 2009

Disposizioni relative all’assegnazione dei premi della cultura

G.U. n. 6 del 9 gennaio 2010

MINISTERO DELL’ECONOMIAE DELLE FINANZEDecreto 16 dicembre 2009

Certificazione relativa al rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno per l’anno 2008 delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano

G.U. n. 8 del 12 gennaio 2010

MINISTERO DELL’ECONOMIAE DELLE FINANZEDecreto 16 dicembre 2009

Monitoraggio e certificazione relativa al rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno per l’anno 2009 delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano

G.U. n. 8 del 12 gennaio 2010

MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALIDecreto 11 dicembre 2009

Istituzione del sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità

G.U. n. 8 del 12 gennaio 2010

MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MAREDecreto 17 dicembre 2009

Istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai sensi dell’articolo 189 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell’articolo 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009 con-vertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009

G.U. n. 9 del 13 gennaio 2010 (s.o. n. 10)

MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALIDecreto 2 settembre 2009

Criteri e modalità di utilizzo, da parte di taluni beneficiari, della «Carta Acquisti»

G.U. n. 10 del 14 gennaio 2010

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giurisprudenzaCOMUNI D’ITALIA

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giurisprudenza

APPALtI E ContrAttI

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V,sentenza 24 novembre 2009, n. 7353

Componenti delle commissioni di gara d’appalto

Contratti della p.a. – Gara per l’affi-damento degli interventi per la mes-sa in sicurezza di emergenza di un si-to inquinato – Commissione giudica-trice – Composizione – Illegittimità – Fattispecie

È illegittima la deliberazione di nomi-na della commissione giudicatrice una gara per l’affidamento degli interventi per la messa in sicurezza di emergen-za di un sito inquinato, la quale risul-ti composta dal responsabile dell’Uf-ficio tecnico comunale, con il diplo-ma di geometra, dal segretario comu-nale, laureato in legge, e dal respon-sabile del Servizio finanziario del co-mune, con diploma di ragioneria, con-siderato che l’art. 84, comma 2, del d.lgs. 12.4.2006, n. 163, stabilisce che, per le gare, come quella oggetto della presente controversia, da aggiudica-re con il criterio dell’offerta economi-camente più vantaggiosa, la commis-sione giudicatrice debba essere com-posta da un numero dispari di com-ponenti (massimo da cinque compo-nenti) “esperti nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contrat-to”. Nessuno dei componenti la com-missione ha quindi una qualificazione professionale idonea alle valutazioni e alle scelte da effettuare in relazione all’oggetto dell’appalto, rappresen-tato dalla messa in sicurezza e dalla

bonifica di un sito inquinato, che com-porta valutazioni di carattere pretta-mente tecnico sia sulla idoneità delle imprese concorrenti, per quanto con-cerne il personale e le attrezzature, sia sulle modalità da queste rappre-sentate di attuazione degli interven-ti necessari per eseguire l’appalto. Ed invero, fatta eccezione per il presiden-te della commissione giudicatrice che, in base al comma 3, può essere un di-rigente della stazione appaltante o, in mancanza, un funzionario con posizio-ne apicale nominato dall’organo com-petente, quindi anche un funzionario non appartenente a ruoli tecnici spe-cificamente specializzato nel setto-re, gli altri componenti devono esse-re necessariamente muniti della qua-lificazione professionale nel partico-lare settore cui si riferisce l’oggetto dell’appalto.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V,sentenza 12 novembre 2009, n. 7042

Criteri di valutazione delle offerte di gara d’appalto

1. Contratti della p.a. – Appalti – Gara – Potere di autotutela volto a elimina-re illegittimità precedentemente veri-ficatesi – Comunicazione della riaper-tura del procedimento di gara – Ne-cessità – Va esclusa2. Contratti della p.a. – Appalti – Gara – Commissione – Organo straordina-rio e temporaneo dell’amministrazio-ne aggiudicatrice – Potere della com-missione di riesaminare nell’eserci-zio del potere di autotutela il proce-dimento di gara già espletato – Prima del provvedimento di aggiudicazione

definitiva – Sussiste 3. Contratti della p.a. – Appalti – Gara – Fase di valutazione tecnica delle of-ferte – Principio di pubblicità delle se-dute – Applicabilità – Va esclusa 4. Contratti della p.a. – Appalti – Gara – Criteri di valutazione delle offerte – Previsione di un arrotondamento nella formulazione dei ribassi di offerta – Ap-plicabilità anche per la determinazione della soglia di anomalia – In assenza di esplicita prescrizione – Va esclusa5. Contratti della p.a. – Appalti – Gara – Criteri di valutazione delle offerte – Arrotondamenti – Sono ammessi solo se espressamente previsti dalle nor-me speciali della gara

1. La riapertura del procedimento di gara ai fini dell’esercizio del potere di autotutela volto a eliminare illegit-timità precedentemente verificatesi non costituisce un nuovo procedimen-to amministrativo, essendo unico il procedimento di gara per la scelta del contraente nei pubblici appalti che ha inizio con il bando di gara e si conclu-de solo con l’aggiudicazione definitiva, con la conseguenza che non è neces-saria la comunicazione della riaper-tura del procedimento di gara e delle successive attività della commissio-ne ma solo la comunicazione della da-ta in cui la commissione procede al ri-esame (Cons. Stato, sez. IV, 5.10.2005, n. 5360).2. La commissione di gara è un organo straordinario e temporaneo dell’am-ministrazione aggiudicatrice (Cons. Stato, sez. IV, 4.2.2003, n. 560; C.G.A., 6.9.2000, n. 413; e non già una figu-ra organizzativa autonoma e distin-ta rispetto a essa, Cons. Stato, sez. V, 14.4.1997, n. 358), la cui attività acqui-

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sisce rilevanza esterna solo in quan-to recepita e approvata dagli orga-ni competenti della predetta ammi-nistrazione appaltante. Infatti, essa svolge compiti di natura essenzial-mente tecnica, con funzione prepara-toria e servente, rispetto all’ammini-strazione appaltante, essendo investi-ta della specifica funzione di esame e valutazione delle offerte formulate dai concorrenti, finalizzata alla individua-zione del miglior contraente possibile, attività che si concreta nella c.d. ag-giudicazione provvisoria. Com’è intui-tivo, la funzione di detta commissione si esaurisce soltanto con l’approvazio-ne del proprio operato da parte degli organi competenti dell’amministra-zione appaltante e, cioè, con il provve-dimento di c.d. “aggiudicazione defini-tiva”: nel periodo intercorrente tra ta-li atti non può fondatamente negarsi il potere della stessa commissione di ri-esaminare nell’esercizio del potere di autotutela il procedimento di gara già espletato, anche riaprendo il procedi-mento di gara per emendarlo da erro-ri commessi e da illegittimità verifica-tesi, anche in relazione all’eventuale illegittima ammissione o esclusione dalla gara di un’impresa concorren-te. Tale potere di riesame, infatti (che pur potrebbe essere esercitato anche indirettamente, informando cioè del dubbio di legittimità del proprio stesso operato il competente organo dell’am-ministrazione appaltante investito del potere di approvazione degli atti di ga-ra e invitandolo, pertanto, a sospende-re il procedimento finalizzato all’aggiu-dicazione definitivo e a rimettere gli at-ti alla stessa commissione di gara per il riesame delle questioni dubbie), co-stituisce concreta attuazione dei prin-cipi costituzionali di legalità, impar-zialità e buon andamento (consacrati dall’articolo 97 della Costituzione) che devono informare qualsiasi attività del-la Pubblica amministrazione e che im-pongono, conseguentemente, l’adozio-ne di atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire (Cons. Stato, sez. V, 2.7.2001, n. 3610) e che, nel caso di spe-cie, si configura proprio come autotu-tela (Cons. Stato, sez, V, 28.2.2002, n. 1224; 3.2.2000, n. 661).3. Deve escludersi che possa confi-gurarsi un autonomo procedimen-to nell’ipotesi di annullamento, in via di autotutela decisoria, del prece-dente verbale (della commissione di

gara) recante l’ammissione dei con-correnti (autonomo procedimento cui ricollegare l’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento), unitario essendo il procedimento per la scelta del contraente privato da parte della Pubblica amministrazione (tra le tante, Cons. Stato, sez. V, 2.4.2001, n. 1909; 19.3.2001, n. 1642; 7.3.2001, n. 1344), procedimento che, sebbene articolato in varie fasi, si conclude soltanto con l’aggiudicazione definitiva, con la con-seguenza che non è configurabile l’ob-bligo di comunicazione dell’avvio del procedimento (ai concorrenti) nel ca-so di riesame delle precedente deter-minazioni assunti dalla commissione di gara circa l’ammissione alla gara di alcuni concorrenti, sempreché non sia già intervenuto il provvedimento di aggiudicazione definitiva (non dovendo tuttavia confondersi la comunicazione di avvio del procedimento, non neces-saria, con l’obbligo di comunicare la data di nuova riunione della commis-sione, indispensabile ai fini del rispet-to dei principi di pubblicità e traspa-renza che pure devono presiedere al-lo svolgimento delle pubbliche gare). Il principio di pubblicità delle sedute tut-tavia non riguarda le fasi delle valuta-zioni tecniche delle offerte in quan-to appare funzionale al rispetto delle esigenze di imparzialità e trasparenza che sono proprie di ogni attività am-ministrativa, sicché la pubblicità del-le sedute assurge a principio genera-le della materia dei contratti pubblici, con esclusione però della fase di valu-tazione tecnica delle offerte.4. Il fatto che l’amministrazione non ab-bia specificato che la regola fissata per le offerte debba valere anche per la de-terminazione della soglia di anomalia (nel caso di specie il bando di gara non conteneva alcuna prescrizione in ordi-ne alle cifre decimali da calcolare per l’accertamento della media delle of-ferte ai fini della determinazione della soglia di anomalia), depone per la ap-plicabilità della regola solamente alla formulazione delle offerte, che è mo-mento differente dal calcolo della so-glia di anomalia. L’arrotondamento dei ribassi offerti ha, infatti, il solo scopo di assicurare la loro omogeneità, che può risultare più comoda, ancorché non sia necessaria, atteso che si possono con-frontare anche valori dotati di un nu-mero diverso di decimali. Ben diver-sa è la realtà dei calcoli successivi, che

contengono quozienti e che quindi pos-sono comportare un numero di deci-mali anche elevato. In questo caso, l’in-troduzione dell’arrotondamento può falsare il risultato e, pertanto, appare illogica la pretesa che la previsione di un arrotondamento nella formulazione dei ribassi di offerta debba potersi au-tomaticamente applicare anche “in tut-ti i suoi ulteriori sviluppi”, in nome di un identico modus operandi. Non è da-to, infatti, intravedere alcun rigido colle-gamento tra la formulazione dei ribas-si di offerta e i calcoli successivi per la determinazione della soglia di anoma-lia, per cui appare errata la tesi la qua-le sostiene che se per i ribassi è previsto un arrotondamento, lo stesso arroton-damento deve essere adottato per i cal-coli successivi, ovvero che se invece per i ribassi non è previsto arrotondamento, esso non deve essere previsto neppure per “gli ulteriori sviluppi” (Cons. Stato, sez. VI, n. 6561 del 2006). 5. Nella delicata fase di individuazio-ne dell’offerta più bassa e di esclusione delle offerte ricadenti automaticamente oltre la soglia di anomalia, ogni arroton-damento costituisce una deviazione dal-le regole matematiche da applicare in via automatica; ciò premesso, deve rite-nersi che gli arrotondamenti siano con-sentiti solo se espressamente previsti dalle norme speciali della gara. Nel ca-so di specie, dette disposizioni prevede-vano la sola indicazione dei ribassi sino alla terza cifra decimale (senza peraltro specificare se si trattava di vero e pro-prio arrotondamento o di una limitazio-ne nella presentazione dell’offerta, fer-ma restando la rispondenza tra prez-zo e ribasso); nessun arrotondamento è stato invece previsto per il calcolo delle medie utile ai fini della determinazione della soglia di anomalia. L’amministra-zione avrebbe quindi dovuto calcolare le medie dei ribassi e le medie degli scar-ti senza procedere ad alcun arrotonda-mento alla seconda cifra decimale; con-seguentemente anche la soglia di ano-malia doveva essere determinata senza il predetto arrotondamento (Cons. Sta-to, sez. VI, n. 1277 del 2003).

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI,sentenza 12 novembre 2009, n. 6997

“specifiche tecniche” negli appalti di forniture

1. Atto amministrativo – motivazione – integrazione in corso di giudizio con

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la specificazione di elementi di fatto – possibilità – va esclusa2. Contratti della p.a. – appalti di for-niture – specifiche tecniche – riferi-mento a prodotti che menzionino pro-dotti di una fabbricazione o di una pro-venienza determinata – limiti 3. Contratti della p.a. – appalti di for-niture – specifiche tecniche – indivi-duazione – criteri

1. La motivazione del provvedimento non può essere integrata nel corso del giudizio con la specificazione di ele-menti di fatto, dovendo la motivazione precedere e non seguire ogni provve-dimento amministrativo; ne consegue che l’illegittimità della motivazione postuma, la quale trova fondamento nella tutela del buon andamento am-ministrativo e nell’esigenza di delimi-tazione del controllo giudiziario. (Cons. Stato , sez. VI, 29.5.2008, n. 2555).2. Ai sensi dell’art. 19, comma 5, d.lgs. n. 158 del 1995, non possono esse-re introdotte specifiche tecniche che menzionino prodotti di una fabbrica-zione o di una provenienza determi-nata o procedimenti particolari aven-ti l’effetto di favorire o eliminare talu-ne imprese, a meno che tali specifiche tecniche siano giustificate dall’ogget-to dell’appalto. (Cons. Stato, sez. VI, 19.9.2007, n. 4884).3. In sede di gara pubblica per l’appal-to di fornitura l’amministrazione ag-giudicatrice può individuare particola-ri caratteristiche tecniche dei prodot-ti ritenuti idonei allo svolgimento del-le attività cui destinare le forniture, purché l’individuazione di tali speci-fiche caratteristiche sia effettuata fa-cendo riferimento a elementi davve-ro significativi per distinguere netta-mente l’oggetto della fornitura, senza determinare alcuna discriminazione a favore o contro le imprese produttri-ci di determinati beni, mentre nei ca-si in cui le specifiche tecniche risulti-no tutte incentrate sul riferimento al prodotto già confezionato dalle impre-se produttrici, il riferimento tecnico deve essere necessariamente corret-to attraverso il riferimento al concet-to di “equivalenza” (Cons. Stato, sez. V, 24.7.2007, n. 4138); l’art. 8, comma 6, d.lgs. 24.7.1992, n. 358, stabilisce in via generale il divieto di introdurre nelle clausole contrattuali specifiche tecni-che che facciano riferimento espres-so a prodotti di una determinata fab-bricazione o provenienza: tuttavia,

è possibile derogare a tale divieto in considerazione dell’oggetto dell’ap-palto allorquando le amministrazio-ni aggiudicatrici non possano fornire una descrizione dell’oggetto del con-tratto mediante specifiche sufficiente-mente precise e comprensibili da par-te i tutti gli interessati; pertanto, è giu-stificata la scelta del comune di inse-rire due clausole siffatte dirette a ot-tenere la partecipazione di operato-ri in grado di disporre correttamente dei prodotti di marche caratterizzate da una presenza importante sul mer-cato per garantire un alto livello di af-fidabilità della fornitura di computer e la sua compatibilità con i sistemi in-formatici già in dotazione presso l’am-ministrazione e collegati in rete non-ché l’esigenza di un’immediata ed ef-fettiva reperibilità dei pezzi di ricam-bio. (Cons. Stato, sez. V, 18.12.2002, n. 7050). Scopo primario e “tradizionale” delle procedure evidenziali applicate ai contratti passivi stipulati dalle am-ministrazioni è quello di garantire che l’amministrazione si aggiudichi beni e servizi di migliore qualità a un mino-re prezzo (oltreché quello di garantire che le imprese offerenti operino in re-gime di equilibrata concorrenza). De-ve quindi essere recisamente escluso, in via di principio che un prodotto mi-gliorativo sotto il profilo tecnico, pos-sa essere giudicato inadeguato perché non rispettoso di specifiche tecniche a loro volta non “essenziali”: ciò confi-gurerebbe una inammissibile aporia e vulnus alla stessa ratio delle procedu-re evidenziali.

ATTIVITÀ PRODUTTIVE

CORTE COSTITUZIONALE,sentenza 20 novembre 2009, n. 308Istituzione di fondi per l’innovazione e principio di leale collaborazione

Finanziamenti pubblici – Art. 4, com-ma 1, d.l. 112/2008, convertito con modif. dalla legge 133/2008 – Istitu-zione di fondi di investimento destina-ti alla realizzazione di iniziative pro-duttive con elevato contenuto di inno-vazione – Questione di legittimità co-stituzionale – Infondatezza

Non è fondata la questione di legitti-mità costituzionale dell’art. 4, comma 1, del decreto-legge 25.6.2008, n. 112 (“Disposizioni urgenti per lo svilup-po economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della

finanza pubblica e la perequazione tri-butaria”), convertito, con modificazio-ni, dalla legge 6.8.2008, n. 133, solle-vata in riferimento all’art. 117, commi terzo e quarto, della Costituzione e al principio di leale collaborazione, nella parte in cui non prevede il ricorso al-lo strumento dell’intesa allorché de-manda a un decreto del Ministro del-lo sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finan-ze, la disciplina delle modalità di costi-tuzione e funzionamento dei fondi che possono essere istituiti per lo sviluppo di programmi di investimento destinati alla realizzazione di iniziative produt-tive con elevato contenuto di innova-zione. La disposizione censurata ha un contenuto sostanzialmente program-matico, limitandosi a indicare la me-ra possibilità di istituire fondi “per lo sviluppo di programmi di investimen-to destinati alla realizzazione di inizia-tive produttive con elevato contenuto di innovazione”, senza predisporre ef-fettive risorse finanziarie da impiega-re per il raggiungimento delle finalità indicate, peraltro, in modo estrema-mente generico. Il comma 1 dell’art. 4 del citato decreto-legge non costi-tuisce, dunque, una forma di finan-ziamento diretto e vincolato, da parte dello Stato, per la realizzazione di sco-pi rientranti in materie di competenza concorrente o residuale delle regioni. Infatti, non risultano stanziate nell’an-no in corso somme dirette alla costitu-zione dei suddetti fondi di investimen-to né vi è alcuna quantificazione delle somme che dovranno nei futuri anni di esercizio finanziario essere agli stes-si attribuite. Inoltre, la mera previsio-ne della possibilità di istituire fondi di investimento per lo sviluppo di inizia-tive produttive non è idonea a ledere le competenze regionali neppure sot-to il profilo della leale collaborazio-ne, potendo “la lesione derivare non già dall’enunciazione del proposito di destinare risorse per finalità indica-te in modo così ampio e generico, ben-sì (eventualmente) dalle norme nel-le quali quel proposito si concretizza, sia per entità delle risorse sia per mo-dalità di intervento sia, ancora, per le materie direttamente e indirettamen-te implicate da tali interventi” (senten-ze n. 453 e n. 141 del 2007).

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DIFEnsorE CIVICo

TAR TOSCANA, SEZ. II,sentenza 20 novembre 2009, n. 1811

Poteri sostitutivi ex art. 136 t.u.e.l.

1. Enti locali – Poteri sostitutivi – Art. 136 t.u.e.l. – Difensore civico regiona-le – Commissario ad acta – Nomina – Illegittimità – Fattispecie 2. Enti locali – Poteri sostitutivi – Art. 136 t.u.e.l. – Presupposti – Individua-zione

1. È illegittimo l’atto con cui il difen-sore civico regionale, avvalendosi dei poteri di cui all’art. 136 del d.lgs. n. 267/2000, ha nominato un commissa-rio ad acta incaricato di “procedere al completamento della procedura am-ministrativa relativa all’adeguamen-to al Prae dello strumento urbanisti-co”, qualora il comune abbia stabili-to di non approvare la variante urba-nistica già adottata in precedenza, mo-tivando ampiamente la propria scel-ta. Invero, come risulta dal tenore let-terale dell’art. 136 t.u.e.l., questo pre-suppone l’inerzia dell’amministrazio-ne sostituita, ma non che questa abbia posto in essere atti di contenuto diver-so, ben potendo in tal caso essere atti-vati, da chi vi abbia interesse, l’eserci-zio dei rimedi giurisdizionali appresta-ti dall’ordinamento.2. Pur dovendosi ammettere la perma-nenza nell’ordinamento di poteri sosti-tutivi ulteriori rispetto a quelli previ-sti ex art. 120 Cost., questi devono co-munque essere considerati eccezio-nali, “in considerazione dell’incidenza dell’intervento sull’ordine delle com-petenze e sull’autonomia costituzio-nale dell’ente sostituito” (Corte. cost. 27.1.2004, n. 43; id. 15.6.2004, n. 173; id., 21.10.2003, n. 313). Conclusione che appare supportata anche dall’en-trata in vigore della riforma del titolo V della Costituzione che, in qualche mo-do, rafforza la soggettività e l’autono-mia degli enti locali ai quali, nel caso di specie, la legge affida il potere di piani-ficazione del territorio (si veda in parti-colare l’art. 118, comma primo, Cost.). La ratio alla base di tale orientamento è che i poteri di controllo sostitutivo si configurano quali strumenti necessari per la formazione di un modello istitu-zionale caratterizzato dalla valorizza-zione delle autonomie locali e fondato

sul principio di sussidiarietà: essi in-troducono infatti un meccanismo di flessibilità indispensabile per garanti-re la salvaguardia di interessi afferen-ti a enti di livello territoriale superiore, ma non possono tradursi, surrettizia-mente, in un mezzo ordinario di con-trollo sulla legalità e sull’efficienza dell’azione amministrativa. Si è, anzi, perfino dubitato, alla luce della piena e pari dignità riconosciuta dal legislato-re costituzionale a tutte le componen-ti della Repubblica, come individuate dal novellato art. 114, comma primo, Cost., della persistenza di tale pote-re in capo al difensore civico regionale (TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. I, 25.10.2004, n. 3687). In senso contra-rio è stata avanzata la tesi che il fon-damento costituzionale dell’art. 136, t.u. enti locali, sia nell’art. 117, com-ma secondo, lett. p), della Costituzio-ne, nel senso che il potere sostitutivo in esame sarebbe espressione di po-testà legislativa esclusiva dello Sta-to relativa alla disciplina delle funzio-ni fondamentali e degli organi di go-verno dell’ente territoriale (cfr. TAR Abruzzo, L’Aquila, 30.7.2005, n. 667). In ogni caso, affinché l’esercizio del po-tere sostitutivo possa considerarsi le-gittimo è necessario che siano garan-tite adeguate modalità procedimen-tali che consentano all’ente sostituito di poter intervenire nell’iter che con-duce alla sostituzione e, quindi, occor-re che l’atto di controllo sia precedu-to da una diffida con un termine con-gruo per provvedere, nell’osservan-za del principio di leale collaborazione tra enti (cfr. Corte. cost. 21.10.2003, n. 313). Ma, soprattutto, è indispensabile che sussista un vero e proprio obbligo giuridico, per l’ente locale, relativo al compimento di un particolare atto, do-vendo essere preclusa ogni possibilità di scelta circa l’an, e rimanendo per-ciò al di fuori dell’ambito del potere di controllo il sindacato sul quomodo, ov-vero sul contenuto dell’atto.

TAR PUGLIA-LECCE, SEZ. I,sentenza 18 novembre 2009, n. 2762Elezione del difensore civico comu-nale

Enti locali – Difensore civico – Requisiti

di elezione – Possesso dei requisiti di eleggibilità a consigliere comunale – Art. 60, comma 1, n. 5, d.lgs. n. 267 del 2000 – Ineleggibilità dei titolari di or-gani che esercitano poteri di control-lo istituzionale sull’amministrazione – Applicabilità a colui che svolge le fun-zioni di componente del “nucleo per il controllo strategico e per la valuta-zione” del comune – Va affermata

Non è eleggibile alla carica di difenso-re civico colui che svolge le funzioni di componente del “nucleo per il control-lo strategico e per la valutazione” del comune, nel caso in cui lo statuto co-munale preveda che il difensore civi-co debba “inoltre, possedere i requi-siti di eleggibilità a consigliere comu-nale”; si tratta di un preciso riferimen-to ai requisiti di eleggibilità (e non alle ipotesi di incompatibilità) a consiglie-re comunale previsti dall’art. 60 del d.lgs. 18.8.2000, n. 267 (t.u. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) e in particolare, per quello che rileva ai fini della presente fattispecie, dal n. 5 del primo comma che prevede l’ineleggi-bilità “a sindaco, presidente della pro-vincia, consigliere comunale, provin-ciale e circoscrizionale […] (dei) titola-ri di organi individuali […] (e dei) com-ponenti di organi collegiali che eser-citano poteri di controllo istituziona-le sull’amministrazione del comune o della provincia nonché i dipenden-ti che dirigono o coordinano i rispettivi uffici”. La previsione in discorso si ap-plica anche a colui che, alla data della delibera di elezione del difensore civi-co, svolgeva le funzioni di componen-te del “nucleo per il controllo strategi-co e per la valutazione” del comune. In primo luogo, la formulazione dell’art. 60, comma 1, n. 5, del d.lgs. 18.8.2000, n. 267 non reca, infatti, alcuna partico-lare accentuazione che possa portare a restringere l’ambito operativo della previsione ai soli controlli eseguiti da organi esterni all’ente locale (oggi de-cisamente recessivi) e non ai controlli interni all’ente (come quello effettua-to dal nucleo di valutazione); si tratta, quindi, di un generico riferimento al-la funzione di controllo che può esse-re ritenuto comprensivo anche delle diverse forme di cd. controllo interno che trovano esplicazione all’interno dell’ente locale, secondo le modalità previste dal d.lgs. 30.7.1999, n. 286. In secondo luogo e con riferimento anche alla ratio sostanziale della previsione

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dell’art. 60, comma 1, n. 5, del d.lgs. 18.8.2000, n. 267, non si può manca-re di rilevare come la giurisprudenza del giudice ordinario che si è forma-ta sulla disposizione in questione (e sulla normativa previgente di analo-ga formulazione) abbia affermato so-lo la necessità di circoscrivere l’ope-ratività della previsione “agli organi esercenti un controllo in senso tecni-co sull’amministrazione, a ciò istitu-zionalmente preposti, ossia che abbia-no tale funzione come esclusiva o pre-valente. In altri termini, l’ineleggibi-lità non può riguardare i soggetti che facciano parte di enti di amministra-zione attiva, ovvero abbiano una mera ingerenza e-o vigilanza su talune atti-vità del comune: non esercitino, quin-di, un’attività espressione di un’istitu-zionale funzione di amministrazione di controllo” (Cass. civ., sez. I, 25.1.2001, n. 1073; 15.4.2005, n. 7925); nella fatti-specie che ci occupa, il Nucleo di valu-tazione e controllo strategico del Co-mune assume solo istituzionali fun-zioni di controllo (e non di amministra-zione attiva) sulla complessiva attivi-tà del comune e dei dirigenti degli uffi-ci (e non solo su alcuni atti) e quindi ri-entra perfettamente anche nell’inter-pretazione restrittiva della previsione dell’art. 60, comma 1, n. 5, del d.lgs. 18.8.2000, n. 267 prospettata dalla giurisprudenza.

EntrAtE

TAR PUGLIA-LECCE, SEZ. II,sentenza 16 novembre 2009, n. 2693

ripartizione dei proventi delle san-zioni amministrative per violazioni del codice della strada

Codice della strada – Art. 208 – San-zioni amministrative – Ripartizione dei proventi – Obbligo per i comuni di destinare parte dei proventi alle fina-lità di assistenza e previdenza degli appartenenti al Corpo di polizia muni-cipale – Insussistenza

L’art. 208 del codice della strada non pone a carico dei comuni l’obbligo di destinare parte dei proventi alle finali-tà di assistenza e previdenza degli ap-partenenti al Corpo di polizia munici-pale, mantenendo integra la sfera del-la loro discrezionalità nell’operare la ripartizione, con il solo limite della de-stinazione di almeno il 10 per cento

a interventi per la sicurezza strada-le. Quanto alla previsione contenuta all’art. 17 del C.c.n.l., essa presuppo-ne che a monte sia stata effettuata la scelta di destinare parte dei proventi alle finalità assistenziali e previden-ziali del personale di polizia municipa-le, regolando la gestione del relativo fondo, senza poter evidentemente as-surgere a fonte dell’obbligo non stabi-lito dalla legge.

GIuntE E ConsIGLI

TAR PUGLIA-BARI, SEZ. I,Sentenza 19 novembre 2009, n. 2774

Competenze del consiglio comunale in materia di acquisti e alienazioni immobiliari

1. Enti locali – Decisioni in tema di ac-quisti, alienazioni e permute immobi-liari – Collegate all’attuazione di inter-venti di finanza di progetto – Compe-tenza – Spetta al consiglio comunale2. Contratti della p.a. – Project finan-cing – Valutazione di fattibilità delle proposte – Discrezionalità della p.a. – Sindacato giurisdizionale – Limiti

1. Le decisioni in tema di acquisti, alienazioni e permute immobiliari, quand’anche collegate all’attuazione di interventi di finanza di progetto, ri-entrano senza dubbio tra le compe-tenze dell’organo consiliare dell’en-te locale ai sensi dell’art. 42 del d.lgs. 18.8.2000, n. 267.2. La valutazione di fattibilità delle proposte di project financing è rimes-sa unicamente alle scelte discrezionali dell’amministrazione in ordine all’in-teresse pubblico al loro accoglimen-to e tali valutazioni sono sottratte al sindacato del giudice amministrativo, se non sono manifestamente irragio-nevoli o affette da macroscopico erro-re di fatto (così, tra molte, Cons. Stato. sez. V, 20.5.2008, n. 2355; 10.11.2005, n. 6287).

orDInAnzE

TAR SARDEGNA, SEZ. II,Sentenza 4 novembre 2009, n. 1598

ordinanze di rimozione di rifiuti ab-bandonati

Enti locali – Ordinanza di rimozione di rifiuti abbandonati – Ex art. 14, comma 3, d.lgs. n. 22 del 1997 – Competenza

– Spetta ai dirigenti – Anche dopo l’adozione del d.lgs. 152/2006

La disposizione di cui all’art. 14, com-ma 3, del d.lgs. 5.2.1997, n. 22, affida al sindaco il potere in ordine alla adozio-ne delle ordinanze di rimozione dei ri-fiuti abbandonati ma, in virtù del prin-cipio sulla separazione tra funzioni di indirizzo politico e funzioni gestiona-li, di cui all’art. 107 del t.u. delle leg-gi sull’ordinamento degli enti locali, la norma che attribuisce la competen-za al sindaco va ora letta alla luce del nuovo principio per il quale spetta ai dirigenti tutta l’attività di gestione, tra cui è ricompresa quella sulla rimozio-ne dei rifiuti abbandonati di cui al cita-to articolo 14. La soluzione non cam-bia neppure dopo l’adozione del d.lgs. 3.4.2006, n. 152, il cui articolo 192, comma 3, ultima parte, riproduce, con identica formulazione, la disposizione di cui all’art. 14, comma 3, ultimo pe-riodo. (in senso conforme, cfr. TAR Ba-silicata, sentenza n. 457 del 23.5.2007, nella quale si legge che “l’adozione dell’ordinanza ex art. 14, comma 3, d.lgs. 22/1997, trattandosi di un atto di gestione (più precisamente di un prov-vedimento sanzionatorio), rientra nel-la competenza del dirigente comunale e non del sindaco”).

ProCEDImEnto AmmInIstrAtIVo

TAR PIEMONTE, SEZ. II,sentenza 28 novembre 2009, n. 3160

ratifica del provvedimento viziato da incompetenza

Atti e provvedimenti amministrativi – Sospensione cautelare dal servizio di un dirigente – Atto del sindaco – In-competenza – Ratifica della giunta co-munale – Necessità di reiterare il pro-cedimento o di rinnovare la motivazio-ne – Va esclusa

È legittima la deliberazione della giun-ta comunale che, richiamando lo sta-tuto comunale nella parte in cui attri-buisce alla giunta la competenza ad adottare i provvedimenti di sospensio-ne dalla Funzione del personale comu-nale, ratifica il precedente atto del sin-daco che ha disposto la sospensione cautelare dal servizio di un dirigente, richiamandolo espressamente quale sua “parte integrante”, e quindi rece-pendone l’intero contenuto motivazio-nale e dispositivo, considerato che nel

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convalidare gli effetti di un provvedi-mento viziato da sola incompetenza, è sufficiente l’intento dell’organo ammi-nistrativo competente di condividere il contenuto dell’atto e i presupposti sot-tostanti alla sua emanazione, senza la necessità di reiterare il procedimen-to o di rinnovare la motivazione (Cons. Stato, sez. VI, 19.2.2003, n. 932; Cons. Stato, sez. IV, 12.12.2000, n. 65844; TAR Marche 19.9.2003, n.1005).

TAR LAZIO-ROMA, SEZ. II-BIS,Sentenza 27 novembre 2009, n. 11946Preavviso di rigetto

1. Procedimento amministrativo – Art. 10-bis, legge 241 del 1990 – Preavviso di rigetto – Finalità – Contenuti – Rap-porto con il provvedimento finale2. Procedimento amministrativo – Art. 10-bis, l. n. 241 del 1990 – Preavviso di rigetto – Successiva produzione di nuovi scritti e nuovi documenti – Con-seguenze sul provvedimento finale3. Procedimento amministrativo – Di-niego di condono edilizio – Previa co-municazione dei motivi ostativi all’ac-coglimento dell’istanza – Generico ri-ferimento al “superamento dei limiti volumetrici del fabbricato” – Provve-dimento finale fondato su motivi ulte-riori e diversi – Illegittimità 4. Atti e provvedimenti amministrativi – Annullamento d’ufficio – Presuppo-sti – Individuazione

1. La comunicazione del c.d. “preavvi-so di rigetto” ex art. 10-bis della leg-ge n. 241 del 1990 e ss.mm.ii., avente natura di atto endoprocedimentale, si colloca nella fase predecisoria costi-tuendo un elemento procedurale do-veroso nei procedimenti a iniziativa di parte e mediante il quale la p.a., an-che al fine di deflazionare le possibi-li iniziative contenziose, instaura un contraddittorio a carattere necessa-rio con il privato. E così, con tale at-to l’amministrazione rende noto il pro-prio intendimento, peraltro provviso-rio, di determinarsi negativamente in ordine all’istanza presentata dal pri-vato consentendo allo stesso di pre-sentare, in tempi certi, osservazioni e documenti, onde far mutare even-tualmente avviso all’amministrazio-ne medesima (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12.9.2007, n. 4828; TAR Lazio, Ro-ma, sez. III, 25.1.2007, n. 563; idem, 2.2.2007, n. 777; TAR Puglia, Bari, sez. II, 29.5.2006, n. 2125). Avendo riguardo

alla finalità dell’istituto, appare evi-dente come non sia richiesta una cor-rispondenza puntuale e di dettaglio tra il contenuto del preavviso di rigetto (ossia le ragioni ostative indicate con il medesimo) e quello del provvedimento conclusivo del procedimento, essendo del tutto legittimo che l’amministra-zione possa ritenere nel provvedimen-to finale di dover meglio precisare le proprie posizioni giuridiche, in relazio-ne alle osservazioni del privato e an-che autonomamente (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. I, 10.4.2006, n. 2553; TAR Campania, sez. II, 23.5.2008, n. 4969). Tuttavia, anche se non deve sussistere un rapporto di identità, nel senso so-pra precisato, tra i due atti, è neces-sario però che il contenuto del prov-vedimento conclusivo di diniego si in-scriva nello schema delineato dal pre-avviso di rigetto, il quale deve conte-nere la motivazione della decisione in nuce dell’amministrazione, dovendosi ritenere precluso all’amministrazio-ne fondare il diniego definitivo su ra-gioni del tutto nuove, non enucleabili dalla motivazione dell’atto endoproce-dimentale, frustrando così irrimedia-bilmente la funzione partecipativa e di dialogo che la legge assegna all’atto di preavviso (cfr. TAR Piemonte, sez. I, 7.2.2008, n. 503).2. La comunicazione del preavviso di ri-getto seguita dalla produzione di nuo-vi scritti e da nuovi documenti da parte dell’interessato dà luogo a un ulteriore sviluppo dell’istruttoria procedimenta-le; pertanto, il provvedimento finale di rigetto o di accoglimento dell’istanza, scaturisce comunque da tale ulterio-re istruttoria all’esito della quale è ne-cessario che emergano con chiarezza e puntualità le ragioni ulteriori che han-no determinato l’amministrazione in un senso o nell’altro (cfr. Cons. Stato, sez. II, 11.6.2008, n. 760).3. È illegittimo, per violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 e ss.mm.ii., il provvedimento di rigetto dell’istanza di condono edilizio, nel caso in cui la comunicazione dei motivi osta-tivi all’accoglimento della domanda fac-cia si riferisca genericamente al “supe-ramento dei limiti volumetrici del fab-bricato” e non risulti corrispondente agli ulteriori e diversi motivi ed elemen-ti contenuti nell’atto definitivo di diniego riguardanti anche altre istanze (e sog-getti) non espressamente indicati nel predetto atto di preavviso di rigetto.

4. Il potere di annullamento in autotu-tela dell’amministrazione è uno stru-mento riconosciuto alla stessa come “potestà”, ossia un potere-dovere al quale è chiamata quando una corret-ta valutazione dell’interesse pubblico lo richieda, che – alla luce dei princi-pi fissati dalla legge sul procedimen-to amministrativo, come da ultimo in-tegrata e modificata – incontra il limi-te dell’affidamento legittimo (e, quin-di, dell’interesse alla conservazione del vantaggio/bene/utilità consegui-to dal privato grazie ad atti della p.a. all’uopo diretti) e dell’ elemento “tem-po”, il cui decorso tende ad attenua-re progressivamente l’interesse pub-blico ad annullare, riducendone l’at-tualità e la concretezza e favorendo il consolidamento progressivo dell’affi-damento ingenerato dall’atto in meri-to alla legittimità del provvedimento e, quindi, l’assetto degli interessi privati. In tal senso, l’art. 21-nonies della leg-ge n. 241 del 1990, recante la discipli-na dell’annullamento d’ufficio, ha sta-bilito che il potere di ritiro di un atto illegittimo o inopportuno venga usa-to entro un termine ragionevole, valu-tando di volta in volta l’esistenza di un interesse pubblico alla sua eliminazio-ne, diverso dal semplice ristabilimen-to della legalità violata, tenendo con-to degli interessi antagonisti dei desti-natari e dei controinteressati; di tutto ciò deve darsi conto nella motivazione contenuta nel detto atto di ritiro (cfr., in tal senso, ex multis, Cons. Stato, sez. V, 7 gennaio 2009, n. 17; TAR Lom-bardia, sez. II, 11.11.2008, n. 5308; TAR Campania, Napoli, sez. II, 23.9.2008, n. 10620; idem, sez. VIII, 1.10.2008, n. 12321; idem, sez. III, 14.5.2009, n. 2657).

TAR LAZIO-ROMA, SEZ. II-TER,sentenza 26 novembre 2009, n. 11753

opposizione all’accesso da parte dei soggetti controinteressati

1. Diritto di accesso ai documenti am-ministrativi – Titolare di un eserci-zio commerciale – Legittimazione ad accedere agli atti amministrativi au-torizzatori relativi all’apertura di un nuovo centro commerciale anche in un comune vicino – Sussiste 2. Diritto di accesso ai documenti am-ministrativi – Atto con cui l’ammini-strazione avvisa l’istante di aver co-municato al controinteressato la pre-

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sentazione dell’istanza di accesso – Impugnabilità – Va esclusa3. Diritto di accesso ai documenti am-ministrativi – Diniego – motivazIone – Mancanza del consenso all’accesso da parte dei controinteressati – Illegitti-mità – Ragioni

1. Il titolare di un’autorizzazione am-ministrativa vanta sicuramente un in-teresse personale e concreto per la tu-tela di situazioni giuridicamente rile-vanti a conoscere gli atti amministra-tivi concernenti l’esercizio, da parte dell’ente pubblico, del potere autoriz-zatorio relativo al medesimo settore di attività commerciale, con riferimen-to all’ambito territoriale all’interno del quale si radica la posizione giuri-dica del richiedente, a fronte di possi-bili lesioni (ancorché non attuali) del-la sua posizione, qualificata e differen-ziata, di controinteresse all’illegittimo allargamento della concorrenza (TAR Lombardia, Milano, sez. III, 27.12.2001, n. 8217; TAR Campania, sez. III, Napoli, 4.6.1996, n. 470). Pertanto il titolare di un esercizio commerciale è legittima-to ad accedere agli atti amministrati-vi autorizzatori relativi all’apertura di un nuovo centro commerciale anche in un comune vicino, che possa rivelar-si un polo di potenziale sottrazione di clientela (cfr sul punto TAR Lombar-dia, Brescia, 13.1.2003, n. 24).2. Non è impugnabile l’atto con cui l’amministrazione avvisa l’istante di aver comunicato al controinteressa-to, ai sensi e per gli effetti dell’art. 3, d.P.R. 12.4.2006, n. 184, la presentazio-ne dell’istanza di accesso, trattando-si di mero atto interlocutorio che non esclude la possibilità di accoglimento dell’istanza (TAR Lazio, Latina, sez. I, 26.9.2008, n. 1247).3. Illegittimamente l’amministrazione nega l’accesso agli atti ponendo a fon-damento del diniego la mancanza del consenso all’accesso da parte dei con-trointeressati, e sostenendo che non avrebbe potuto valutare diversamente la questione, potendo solo uniformarsi alla volontà degli stessi, a tutela della loro riservatezza, in quanto la norma-tiva in materia di accesso agli atti, lun-gi dal rendere i controinteressati arbi-tri assoluti delle richieste che li riguar-dino, rimette sempre all’amministra-zione destinataria della richiesta di ac-cesso il potere di valutare la fondatez-za della richiesta stessa, anche in con-trasto con l’opposizione eventualmente

manifestata dai controinteressati (in tal senso TAR Sicilia, Catania, sez. IV, 20.7.2007, n. 1277).

TAR LOMBARDIA-MILANO, SEZ. III,Sentenza 12 novembre 2009, n. 5022

Partecipazione al procedimento am-ministrativo

1. Procedimento amministrativo – Partecipazione – Art. 7 della legge 241/1990 – Comunicazione di avvio del procedimento – Forme di equipollen-za – Qualsiasi carteggio intervenuto tra l’amministrazione e il soggetto in-teressato – Esclusione2. Procedimento amministrativo – Partecipazione – società già titolare del servizio di stampa del periodico comunale – Provvedimento di esclu-sione da gare future – Adottato in mancanza della comunicazione di av-vio del procedimento – Illegittimità

1. Per integrare gli estremi dell’avviso voluto dall’art. 7 della legge 241/1990 non basta che prima della adozione del provvedimento conclusivo dell’iter pro-cedimentale sia intervenuto fra l’am-ministrazione e il soggetto interessato un qualsiasi carteggio. A tal fine occor-re invece che l’amministrazione mani-festi in modo univoco quale sia il potere che intende in concreto esercitare, poi-ché solo in tal modo è possibile per il cittadino attuare il proprio diritto di di-fesa e per l’ente pubblico ricevere ade-guati apporti collaborativi.2. L’omissione dell’avviso di avvio del procedimento assume rilevanza in tut-ti quei casi in cui, a causa dei limiti co-gnitori o istruttori che caratterizzano il processo amministrativo, nell’ambi-to dello stesso non sia possibile esclu-dere o affermare con certezza la spet-tanza di un certo bene della vita in ca-po al ricorrente. Si tratta delle ipote-si in cui le deduzioni che il ricorrente avrebbe potuto opporre all’ammini-strazione attraverso la partecipazio-ne procedimentale attengano a profi-li di merito sui quali al g.a. è preclusa ogni valutazione. Ma può anche trat-tarsi di deduzioni relative a profili di fatto che, a causa dei limitati mezzi istruttori di cui dispone il giudice am-ministrativo, non possono essere pie-namente dimostrati nell’ambito del processo di legittimità, ma che, inve-ce, avrebbero potuto trovare adeguato svolgimento in sede procedimentale.

A tale ipotesi può riportarsi il caso di una società nei confronti della qua-le il comune ha adottato un provve-dimento di esclusione dalla parteci-pazione a future gare indette dall’en-te locale (per lo svolgimento del servi-zio di stampa del periodico comunale, di cui la società stessa era titolare) la quale, accanto alla denunciata viola-zione dell’art. 7 della legge 241/1990, deduce che gli inadempimenti conte-stati sarebbero dipesi non da sua col-pa ma dai ritardi e dalla disorganici-tà con cui il comune committente le trasmetteva il materiale da pubblica-re. Si tratta di deduzioni che, nel ca-so di fisiologico svolgimento del pro-cedimento, avrebbero dovuto esse-re adeguatamente prese in conside-razione e valutate dall’amministrazio-ne prima di assumere il provvedimen-to di esclusione dalle gare. Tale omis-sione comporta la perdita di uno stru-mento di tutela a cui non può porre ri-medio il processo sia perché, in sede di legittimità, il giudice amministrati-vo non può sostituirsi all’amministra-zione nel ponderare la rilevanza del-le difese del destinatario del provve-dimento, sia per il fatto che nell’ambi-to del suddetto giudizio non sono am-messi strumenti istruttori che non ab-biano carattere documentale (fatta ec-cezione per la consulenza tecnica che, nel caso di specie, non potrebbe avere alcuna utilità). Ne consegue che è il-legittimo il provvedimento di esclusio-ne dalle gare future adottato in man-canza della comunicazione di avvio del procedimento.

TAR VENETO, SEZ. II,sentenza 29 ottobre 2009, n. 2668

silenzio della p.a.

1. Giustizia amministrativa – Ricorso per l’annullamento di ordinanze con-tingibili e urgenti – Giudizio – Parti ne-cessarie – Nel caso in cui insieme alla domanda di annullamento venga azio-nata anche la tutela risarcitoria – Mi-nistero dell’interno – Estensione del contraddittorio – Necessità2. Silenzio della p.a. – Formazione – Presupposti – Obbligo giuridico della p.a. di provvedere – Derivate da ragio-ni di giustizia ed equità – Possibilità 3. Silenzio della p.a. – Formazione – Presupposti – Istanza di messa in si-curezza di un muro di contenimento – Obbligo della p.a. di provvedere

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4. Silenzio della p.a. – Rito speciale ex art. 21-bis della legge 1034/1971 – Azione risarcitoria – Inammissibilità 5. Silenzio della p.a. – Art. 2-bis leg-ge n. 241/1990, introdotto con legge 69/2009 – Risarcimento del danno da ritardo – Applicabilità a situazioni an-tecedenti alla data di entrata in vigore – Va esclusa

1. Per quanto concerne la corretta indi-viduazione delle parti pubbliche neces-sarie nel giudizio proposto per l’annul-lamento di ordinanze contingibili e ur-genti, la costante giurisprudenza for-matasi in materia distingue due ipote-si: quella in cui nel giudizio venga pro-mossa solo l’azione di annullamento e quella in cui, unitamente a tale azione venga azionata anche la tutela risar-citoria. Nel primo caso, la citata giuri-sprudenza ha affermato che il sindaco, quando agisce come ufficiale di Gover-no, non diventa ipso iure organo di una amministrazione dello Stato, restando incardinato nel complesso organizzati-vo dell’ente locale, con la conseguenza che, essendosi in presenza di un feno-meno di imputazione giuridica allo Sta-to degli effetti di atti di un organo del comune, la notifica del ricorso è cor-rettamente effettuata presso la casa comunale. Nella seconda ipotesi, inve-ce, si ritiene necessaria la notificazione del ricorso o, comunque, l’estensione del contraddittorio al Ministero dell’in-terno, affinché lo Stato non venga chia-mato a rispondere dei danni senza aver potuto tempestivamente difendersi. Ciò in quanto la giurisprudenza del-la Corte di Cassazione a sezioni unite è da tempo assestata sull’orientamen-to secondo cui lo Stato (e non il comu-ne) è l’unico soggetto legittimato passi-vo dell’azione risarcitoria proposta per il ristoro dei danni derivanti dall’eserci-zio delle funzioni di ufficiale di Governo di cui il sindaco è attributario.2. Mentre secondo l’originario orienta-mento restrittivo della giurisprudenza, il silenzio può formarsi solo ove un ob-bligo giuridico di provvedere derivi da una norma di legge, da un regolamento o da un atto amministrativo (cfr. Cons. Stato, ad. plen., 10.3.1978, n. 10; Cons. Stato, sez. VI, 27.3.1984, n. 180), secon-do una più recente opzione interpre-tativa, tale obbligo non deve necessa-riamente derivare da una disposizione puntuale e specifica, ma può desumer-si anche da prescrizioni di carattere ge-nerico e dai principi generali regolatori

dell’azione amministrativa (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 11.5.2007, n. 2318; Cons. Stato, sez. IV, 14.12.2004, n. 7975; Cons. Stato, sez. V, 15.3.1991, n. 250; TAR Puglia, Lecce, sez. III, 23.7.2009, n. 1930; TAR Campania, Sa-lerno, sez. II, 20.7.2009, n. 4133; TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 11.6.2009, n. 3200). Sicché, può affermarsi che, a prescindere dall’esistenza di una spe-cifica disposizione normativa impositi-va dell’obbligo, quest’ultimo sussiste in tutte quelle fattispecie particolari nel-le quali ragioni di giustizia e di equità impongano l’adozione di un provvedi-mento; quindi, tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legit-tima aspettativa a conoscere il conte-nuto e le ragioni delle determinazioni, qualunque esse siano, di quest’ultima.3. Il criterio distintivo tra istanza – ido-nea a radicare il dovere di provvede-re – e mero esposto deve essere rav-visato nell’esistenza in capo al priva-to di uno specifico e rilevante interes-se che valga a differenziare la sua po-sizione da quella della collettività; oc-corre, in altri termini, che il comporta-mento omissivo dell’amministrazione sia stigmatizzato da un soggetto qua-lificato, in quanto titolare di una situa-zione di specifico e rilevante interesse che lo differenzia da quello generaliz-zato di per sé non immediatamente tu-telabile (cfr., TAR Lazio Roma, sez. II, 6.5.2009, n. 4744). In particolare, sus-siste l’obbligo dell’amministrazione di fornire riscontro all’istanza di messa in sicurezza di un muro a secco di si-gnificative dimensioni avente funzione di contenimento del compendio immo-biliare in proprietà, collocato nel cen-tro storico cittadino su un terrapie-no collinare, rispetto al sottostante piano strada, qualora la serietà delle rappresentate documentazioni risul-ti comprovata dai crolli medio tempore occorsi e l’amministrazione, nell’eser-cizio della discrezionalità propria di ta-li fattispecie, abbia ritenuto di interve-nire con i mezzi ordinari in luogo del ri-corso, da parte del Sindaco, all’eserci-zio del potere di ordinanza di cui all’art. 54, comma 2, del t.u.e.l.4. L’azione risarcitoria è inammissibi-le nel rito speciale ex art. 21-bis del-la legge 1034/1971 in quanto quest’ul-timo, per la sua natura accelerata e semplificata, può riferirsi solo all’ac-

certamento dell’obbligo dell’ammi-nistrazione di provvedere, e non con-sente l’esame di domande ulteriori, quale quella di risarcimento del dan-no, che devono trovare la loro colloca-zione nell’ambito del rito ordinario, in pubblica udienza, e non in camera di consiglio (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 28.4.2008, n. 1873; TAR Lazio, sez. II, 5.12.2007, n. 12568; TAR Lom-bardia, Milano, sez. IV, 28.5.2007, n. 4696; TAR Campania, Salerno, sez. II, 16.6.2006, n. 847; TAR Lazio, Roma, sez. III, 18.5.2006, n. 3555; TAR Pu-glia, Bari, sez. III, 8.2.2006, n. 399). Né l’art. 2-bis della legge 241 del 1990, in-trodotto con la recente legge n. 69 del 2009, può fondare una riconsiderazio-ne dell’orientamento giurisprudenzia-le che esclude il cumulo di domande nel ricorso ex art. 21-bis: l’azione ri-sarcitoria deve essere perciò dichia-rata inammissibile. 5. L’art. 2-bis della legge n. 241 del 1990, introdotto con la recente legge n. 69 del 2009, costituisce una disposizione dal carattere evidentemente sostanziale, ampliando il novero delle situazioni tu-telabili, e non può dunque trovare ap-plicazione a situazioni antecedenti alla data della sua entrata in vigore.

PuBBLICo ImPIEGo

CORTE COSTITUZIONALE,sentenza 13 novembre 2009, n. 293stabilizzazione del personale precario

1. Pubblico impiego – Stabilizzazione del personale precario – Art. 1, l.r. Ve-neto n. 3 del 2008 (Interpretazione au-tentica dell’art. 2 della l.r. 16.8.2007, n. 22 “Disposizioni di riordino e sem-plificazione normativa – collegato al-la legge finanziaria 2006 in materia di personale, affari istituzionali, rappor-ti con gli enti locali”, dell’art. 96 della l.r. 27.2.2008, n. 1 “Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2008” e mo-difiche alla l.r. 10.1.1997, n. 1 “Ordina-mento delle funzioni e delle struttu-re della Regione” e successive modi-ficazioni) – Illegittimità costituzionale – Va dichiarata2. Pubblico impiego – Stabilizzazione del personale precario – Art. 4, com-mi 1, 2 e 4 l.r. Veneto n. 3 del 2008 (In-terpretazione autentica dell’art. 2 del-la l.r. 16.8.2007, n. 22 “Disposizio-ni di riordino e semplificazione nor-mativa – collegato alla legge finanzia-ria 2006 in materia di personale, af-fari istituzionali, rapporti con gli enti

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locali”, dell’art. 96 della l.r. 27.2.2008, n. 1 “Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2008” e modifiche alla l.r. 10.1.1997, n. 1 “Ordinamento delle fun-zioni e delle strutture della Regione” e successive modificazioni) – Illegittimi-tà costituzionale – Va dichiarata

1. Va dichiarata l’illegittimità costitu-zionale dell’art. 1 della legge della Re-gione Veneto n. 3 del 2008, in base al quale le parole “personale precario del Servizio sanitario regionale”, con-tenute nell’art. 2 della legge della Re-gione Veneto n. 22 del 2007 – il qua-le a sua volta prevede che “in attuazio-ne dell’articolo 1, comma 565, lettera c), della legge 27.12.2006, n. 296 (leg-ge finanziaria 2007), la giunta regiona-le è autorizzata ad adottare disposi-zioni per la stabilizzazione a domanda, con la necessaria gradualità, del per-sonale precario del Servizio sanitario regionale, ivi compreso quello medico e veterinario” – devono intendersi ri-ferite, in base alla norma impugnata, “anche a tutti i profili professionali di-rigenziali del ruolo sanitario, oltre che i medici e veterinari”. L’effetto della di-sposizione censurata, al di là della sua autoqualificazione, è quello di amplia-re l’ambito dei beneficiari della stabi-lizzazione, includendovi alcune cate-gorie di personale dirigenziale in pre-cedenza escluse (farmacisti, biologi, chimici, fisici e psicologi, restando in-vece ancora esclusi i dirigenti dei ruo-li professionale, tecnico e amministra-tivo). L’ipotesi di stabilizzazione conte-nuta nella norma impugnata “non of-fre sufficienti garanzie per assicura-re che la disposta trasformazione del rapporto di lavoro riguardi soltan-to soggetti che siano stati seleziona-ti ab origine mediante procedure con-corsuali”. Una simile condizione non è espressamente prevista dalla discipli-na legislativa regionale impugnata, né da quella statale cui il legislatore ve-neto ha inteso dare attuazione, la qua-le, anzi, espressamente ammette al-la stabilizzazione anche personale as-sunto a tempo determinato mediante procedure che non hanno natura con-corsuale. Inoltre, la stabilizzazione in ruolo prevista dalla norma regionale impugnata non è “subordinata all’ac-certamento di specifiche necessità funzionali dell’amministrazione”, per il soddisfacimento delle quali risponda a esigenze di buon andamento ricorrere

esclusivamente a soggetti in posses-so di esperienze professionali matu-rabili soltanto all’interno della stessa amministrazione. La stabilizzazione in esame si riferisce, all’opposto, a figu-re professionali, come i dirigenti sani-tari, per le quali assume una partico-lare importanza il pieno rispetto della selezione concorsuale, sia per la loro qualifica dirigenziale, sia per l’“indub-bio rilievo” che le loro prestazioni ri-vestono “per la migliore organizzazio-ne del servizio sanitario”. Per tali ra-gioni, dunque, l’art. 1 della legge della Regione Veneto n. 3 del 2008 introduce una deroga al principio costituzionale del concorso, in mancanza di peculia-ri e straordinarie esigenze di interesse pubblico in grado di giustificarla.2. Va dichiarata l’illegittimità costitu-zionale dell’art. 4, commi 1, 2 e 4, della legge della Regione Veneto 26.6.2008, n. 3, il quale dispone l’applicabilità della stabilizzazione, prevista da una precedente norma regionale (art. 96 della legge della Regione Veneto n. 1 del 2008), a sua volta attuativa della disciplina legislativa statale, ad alcu-ne categorie di dipendenti degli uffici di diretta collaborazione di organi po-litici regionali. La norma si riferisce, in particolare, al personale dei gruppi consiliari e dei gabinetti e delle segre-terie del presidente e dei componenti dell’Ufficio di presidenza del consiglio regionale, nonché del presidente, vice presidente e membri della giunta re-gionale. Le disposizioni legislative cen-surate prevedono ipotesi di accesso ai pubblici impieghi che derogano pale-semente al criterio del concorso pub-blico, e non sono giustificate da pecu-liari e straordinarie ragioni di interes-se pubblico. Dalle funzioni del perso-nale di diretta collaborazione degli or-gani politici, infatti, non è “desumibile [...] alcuna peculiarità che possa giu-stificare una prevalenza dell’interesse a una sua stabilizzazione [...] rispetto a quello di assicurare l’accesso all’im-piego pubblico dei più capaci e merite-voli” (sentenza n. 81 del 2006). Al con-trario, la stabilizzazione del persona-le degli uffici di diretta collaborazio-ne non solo non è funzionale al buon andamento dell’amministrazione, ma contrasta con la specifica funzione cui questo personale deve assolvere, cioè

quella di consentire al titolare dell’or-gano politico di avvalersi di persona-le nominato intuitu personae. La sta-bilizzazione di questa specifica cate-goria di personale, infatti, impedireb-be ai titolari degli organi politici nella successiva legislatura “di potersi va-lere, per la durata del mandato, di col-laboratori di loro fiducia”, diversi cioè da quelli stabilizzati, “se non accettan-do che il nuovo personale così assunto si aggiunga a essi, con inevitabile ag-gravio del bilancio regionale” (senten-za n. 277 del 2005). Né può sostenersi che il principio costituzionale del con-corso pubblico possa tollerare dero-ghe proprio per consentire l’assunzio-ne di personale di fiducia degli orga-ni di direzione politica. Simili deroghe, infatti, potrebbero ritenersi ammissi-bili, sempre che vi siano criteri di va-lutazione idonei a garantire la compe-tenza e professionalità dei soggetti di-screzionalmente prescelti (sentenza n. 252 del 2009), precisamente alla con-dizione che si riferissero all’assunzio-ne di personale a tempo determinato, destinato a cessare dal servizio al rin-novo dell’organo politico che lo ha no-minato. Ma in questo caso non vengo-no censurate norme che consentono di assumere senza concorso persona-le di fiducia del titolare dell’organo po-litico per il solo tempo in cui questi re-sta in carica. Vengono, invece, impu-gnate norme che stabilizzano succes-sivamente in ruolo, senza concorso, quel personale.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V,sentenza 19 novembre 2009, n. 7248

scorrimento delle graduatorie di con-corso

1. Concorsi pubblici – Atto di indizione – motivazione – Necessità – Va esclusa 2. Concorsi pubblici – Procedura se-lettiva interna – Indizione – Senza avere prima esaurito gli idonei di una precedente graduatoria ancora effi-cace – Legittimità – Ragioni 3. Concorsi pubblici – Passaggio a una fascia funzionale superiore – Forma di reclutamento che permetta un se-lettivo accertamento delle attitudini – Necessità

1. A norma dell’art. 3, comma 2, l. n. 241 del 1990, l’atto recante il bando di

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concorso, ancorché a posti riserva-ti dell’organico, in quanto atto genera-le, rivolto a un numero incerto di de-stinatari (quale è quello dei dipenden-ti di una struttura pubblica), è sottrat-to all’obbligo della motivazione, diver-samente dagli atti successivi del pro-cedimento concorsuale; a fortiori ta-le conclusione vale per la determina-zione dell’amministrazione di indire il concorso (se distinta dal bando): anche tale manifestazione di volontà provve-dimentale, infatti, oltre che avere una platea di destinatari finali indeter-minata (i possibili candidati, interni o esterni che siano), nella parte in cui si rivolge ad altri organi o uffici della me-desima amministrazione è atto interno e come tale non deve essere accompa-gnato da alcuna motivazione, non es-sendo ex se impugnabile (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. V, 11.5.2009, n. 2876).2. In forza del principio generale evin-cibile dall’art. 97 Cost., u.c., Cost. è lo scorrimento delle graduatorie che de-ve essere congruamente motivato non già l’indizione delle ordinarie procedu-re concorsuali o di selezione verticale interna per il passaggio da un’area infe-riore a una superiore; l’istituto dell’uti-lizzazione di una graduatoria per la co-pertura dei posti successivamente re-sisi disponibili ha pur sempre caratte-re eccezionale rispetto alla regola se-condo cui i posti devono essere coper-ti, previo apposito concorso, dai vincito-ri della procedura, con la conseguenza che tale utilizzazione non è obbligatoria per l’amministrazione, ma è puramen-te facoltativa, costituendo il frutto di valutazioni discrezionali in vista dell’in-teresse pubblico realizzabile nella sin-gola fattispecie (alle stesse conclusio-ni, invero, era pervenuta la giurispru-denza su fattispecie antecedenti la leg-ge n. 241 del 1990, cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 luglio 1998, n. 1019). È pertanto le-gittima la scelta del comune di indi-re una procedura selettiva interna an-ziché scorrere gli idonei di una prece-dente graduatoria ancora efficace.3. Alla stregua del vigente quadro co-stituzionale come derivante dall’art. 97 Cost. nella lettura di “diritto viven-te” operata dalla Corte costituziona-le (ai pubblici uffici, che debbono esse-re organizzati in modo da assicurare il buon andamento della pubblica ammi-nistrazione, si accede “mediante con-corso salvi i casi stabiliti dalla legge”), si impone che il concorso costituisca la

regola generale per l’accesso a ogni ti-po di pubblico impiego, anche a quello inerente a una fascia funzionale supe-riore, essendo lo stesso il mezzo mag-giormente idoneo e imparziale per ga-rantire la scelta dei soggetti più capa-ci e idonei ad assicurare il buon anda-mento della pubblica amministrazio-ne (cfr. Corte cost. n. 2 del 2001/ord.; n. 487 del 1991; n. 453 del 1990; n. 161 del 1990); in altre parole, nel nostro conte-sto costituzionale il passaggio a una fa-scia funzionale superiore, nel quadro di un sistema come quello oggi in vigo-re che non prevede carriere o le pre-vede entro ristretti limiti, deve essere attuato mediante una forma di reclu-tamento che permetta un selettivo ac-certamento delle attitudini, anche lad-dove si tratti di progressione verticale di carriera.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V,sentenza 5 novembre 2009, n. 6872

Commissioni di concorso negli enti locali

1. Enti locali – Commissioni di con-corso – Presidente – Dirigente di altra amministrazione – Legittimità 2. Concorsi pubblici – Valutazione del-le prove – Punteggio numerico – Le-gittimità – Condizioni 3. Concorsi pubblici – Valutazione dei titoli – Criteri – Determinazione dopo che la Commissione abbia preso co-noscenza dei nominativi dei candida-ti ammessi – Possibilità 4. Concorsi pubblici – Accertamento della conoscenza di materie giuridi-che limitato alla sola prova orale – In-tegrazione della commissione in sede di tale prova – Legittimità 5. Concorsi pubblici – Commissione di concorso – Seduta di insediamento – Dichiarazioni dei componenti di non possedere vincoli di parentela entro il terzo grado con i partecipanti – Ver-balizzazione – Deve ritenersi sostitu-tiva delle singole dichiarazioni di in-compatibilità 6. Concorsi pubblici – Commissione di concorso – Componenti – Obbligo di astensione – Fattispecie 7. Concorsi pubblici – Verbali – Man-cata sottoscrizione foglio per foglio – Irregolarità – Va esclusa 8. Concorsi pubblici – Commissione di concorso – Componenti – Sostitu-zione – Natura – Contrarius actus ri-servato alla competenza dell’organo

che vi ha originariamente provvedu-to – Esclusione – Atto del dirigente – Legittimità

1. L’attribuzione ai dirigenti, da par-te dell’art. 107, comma 3, lett. a), d.lgs. 267/2000 (testo unico delle leg-gi sull’ordinamento degli enti locali), di tutti i compiti di attuazione degli obiet-tivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo […] tra i quali in particolare […] a) la presidenza delle commissioni di gara e di concorso […] deve intender-si soggetta al duplice limite delle mo-dalità stabilite dallo statuto o dai rego-lamenti dell’ente e dell’efficienza, effi-cacia e imparzialità dello svolgimento della procedura, soggetta alla regola del buon andamento dei cui all’art. 97 Cost. L’affermazione secondo cui l’or-dinamento degli enti locali impone ai dirigenti di presiedere le commissio-ni di gara e di concorso assumendo la responsabilità delle relative procedure (Cons. Stato, sez. V, 16.9.2004 , n. 6029; 20.3.2006, n. 1444) deve infatti essere intesa nel senso della sussistenza di un vero e proprio dovere per il dirigente di assumere la presidenza della commis-sione solo se ciò risulti dal regolamen-to o dallo statuto dell’ente e sia confor-me al raggiungimento degli anzidetti obiettivi di efficienza e buon andamen-to, ma non può trasformarsi in un ob-bligo insormontabile dell’ente a pre-porre alla presidenza delle commissio-ni di concorso i propri dirigenti. Pertan-to, in assenza di una disposizione rego-lamentare o statuaria diretta a stabilire che le presidenze delle commissioni di concorso nel comune debbano essere assunte dai dirigenti dell’ente e in pre-senza di una espressa deliberazione di designazione a presidente della com-missione giudicatrice di un dirigente appartenente ad altra amministrazio-ne, l’operato del comune non è suscet-tibile di censura.2. La valutazione delle prove scritte nei concorsi tramite impiego del pun-teggio numerico a fungere da motiva-zione va risolta, non in astratto, ma in concreto: è perciò insufficiente il pun-teggio numerico nel caso in cui tali cri-teri non siano rigidamente predetermi-nati; opposta è la conclusione nel caso in cui il punteggio sia accompagnato da un giudizio sulle prove, ancorché sinte-tico (Cons Stato, sez. V, 16.12.2004 , n. 8095; sez. VI, 22.6.2004, n. 4409).3. Il fatto che i criteri per la valutazio-ne dei titoli siano stati determinati dopo

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che la commissione abbia preso cono-scenza dei nominativi dei candidati am-messi, non vale a inficiarne l’operato, in quanto tale conoscenza è strettamen-te finalizzata all’individuazione di even-tuali motivi d’incompatibilità dei com-ponenti rispetto ai partecipanti.4. Qualora l’accertamento della co-noscenza di materie giuridiche sia li-mitato alla sola prova orale, la com-missione può essere integrata anche in sede di tale prova, considerato che ai sensi dell’art. 9 del d.P.R. n. 487 del 1994 possono essere individuati mem-bri aggregati per la lingua straniera e per le materie speciali.5. Qualora nel corso della seduta di in-sediamento, tutti i componenti della commissione abbiano dichiarato di non possedere vincoli di parentela entro il terzo grado con i partecipanti, la ver-balizzazione è pienamente sostitutiva delle singole dichiarazioni dei compo-nenti della commissione esaminatri-ce di non versare nelle situazioni di in-compatibilità con i concorrenti.6. Il fatto che la vincitrice di un concor-so abbia svolto incarichi presso l’en-te di appartenenza del dirigente cui è stato conferito l’incarico di presidente della commissione esaminatrice non implica che sia istaurato un rappor-to tale da compromettere l’imparzia-lità del Presidente in seno alla Com-missione. La lunga e quotidiana fre-quentazione per ragioni di ufficio, ta-le da influenzare il giudizio dei com-missari, non è infatti presumibile da eventuali e accidentali contatti inge-nerati da motivi professionali o di stu-dio, data la natura causale e non pre-ordinata di tali evenienze, dovute al-la specialità delle conoscenze comu-ni a entrambe. Del resto, i “gravi moti-vi” di cui all’art. 196 c.p.c., valutati al-la stregua delle gravi ragioni di conve-nienza nelle quali è ravvisato l’obbli-go di astensione, consistono nella pre-sunzione certa di rapporti e di lunga e quotidiana frequentazione anche per ragioni di ufficio, oltre che di amicizia o di frequentazione privata (trib. To-rino, 14.1.2002; trib. Napoli, 8.3.1996, trib. Milano 11.6.1979).7. Deve escludersi l’irregolarità della verbalizzazione delle operazioni con-corsuali nel caso in cui i commissa-ri non abbiano proceduto alla sotto-scrizione foglio per foglio, considerato che non è prescritto dalla legge, né dal bando di concorso, nel caso di specie,

che la verbalizzazione delle operazio-ni concorsuali debba essere effettua-ta con la sottoscrizione foglio per fo-glio del documento da parte dei com-missari.8. La sostituzione di un componente la commissione di concorso successiva-mente dichiaratosi indisponibile non si configura come un contrarius actus ri-servato alla competenza dell’organo che vi ha originariamente provvedu-to, ma come un provvedimento di or-dinaria amministrazione, necessario a garantirne il corretto funzionamen-to e la continuità. Può pertanto essere emanato anche dall’organo burocrati-co dell’ente, nell’esercizio dei poteri o organizzazione degli uffici e dei servi-zi, propri dei dirigenti ai sensi dell’art. 107 del d.lgs. 267/2000.

TAR PIEMONTE, SEZ. II,sentenza 28 novembre 2009, n. 3162

Rideterminazione della dotazione or-ganica

1. Pubblico impiego – Personale – Deli-berazione comunale di rideterminazio-ne della dotazione organica – Natura – Atto di programmazione e pianificazio-ne – Motivazione tipica ex art. 3, legge 241/1990 – Necessità – Va esclusa2. Pubblico impiego – Personale – De-liberazione comunale di ridetermina-zione della dotazione organica – Con-tenuti

1. La deliberazione comunale di ride-terminazione della dotazione organica (all’epoca di competenza del consiglio comunale) è il principale atto di pro-grammazione e pianificazione che, sul-la base della definizione degli obietti-vi generali dell’azione amministrativa, concorre alla definizione di un siste-ma complessivamente efficace ed effi-ciente di gestione delle risorse. Si po-ne come atto terminale di un comples-so e articolato procedimento, nel quale vengono coinvolte sin dalla fase iniziale le oo.ss. e la cui formazione costituisce frutto di una complessa ed esauriente istruttoria tecnica. È evidente, pertan-to, che si tratta di un tipico atto di pia-nificazione/programmazione a conte-nuto generale, per il quale non è pre-dicabile la particolare motivazione ti-pica di un provvedimento amministra-tivo puntuale e concreto, come del re-sto esplicitamente prevede l’articolo 3,

comma 2, della legge 7.8.1990, n. 241 che esclude dall’obbligo di motivazio-ne gli atti normativi e quelli a contenu-to generale. Ne deriva che le varie sta-tuizioni costituiscono mera esplicazio-ne delle scelte organizzative comples-sivamente effettuate e vanno lette al-la luce delle ragioni che reggono l’at-to nella sua globalità. 2. La dotazione organica è il principa-le atto di pianificazione/programma-zione in materia di personale, che co-stituisce al tempo stesso giustificazio-ne e limite per l’approvazione e l’at-tuazione, nei limiti di spesa consenti-ti, del piano triennale delle assunzio-ni. È evidente, pertanto, che la corret-ta previsione nella dotazione organica dei profili ritenuti rispondenti alle esi-genze dell’ente è funzionale al miglio-ramento organizzativo e alla raziona-lizzazione della spesa.

TAR PIEMONTE, SEZ. II,sentenza 14 novembre 2009, n. 2490Prove preselettive nei concorsi

1. Concorsi pubblici – Prova preselet-tiva – Motivazione specifica – Neces-sità – Va esclusa – Candidati interni – Esonero dalla prova preselettiva – Possibilità – Va esclusa – Ragioni 2. Concorsi pubblici – Candidati inter-ni – Riserva di posti – Esonero dalla prova preselettiva – Possibilità – Va esclusa

1. La decisione di avviare la procedu-ra preselettiva costituisce esercizio di una facoltà prevista dalla normativa regolatrice della materia che non ri-chiede specifica motivazione (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 26.8.2008, n. 5080). In particolare, la legge non prevede l’obbligo dell’amministrazio-ne di esonerare dall’eventuale prese-lezione i candidati “interni” dell’ente, e anzi l’ordinamento giuridico, alla lu-ce delle coordinate costituzionali, mo-stra un chiaro favor per l’accesso con-corsuale esterno e per l’affermazio-ne della piena par condicio fra i con-correnti, esterni o interni che siano. E persino nei casi in cui è stata ritenuta legittima la riserva in favore degli in-terni di alcuni dei posti messi a con-corso, la giurisprudenza ha ritenuto che, non di meno, essa possa essere applicata soltanto all’esito dell’inte-ra procedura concorsuale e non pos-sa implicare, in particolare, l’esonero

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degli interni dall’espletamento del-la prova preselettiva, atteso il carat-tere ontologicamente unitario della procedura concorsuale (v. Cons. Sta-to 5080/2009 cit.).2. Nessuna norma di legge impone all’amministrazione di riservare ai candidati interni una quota dei posti messi a concorso; in ogni caso, anche un’eventuale riserva di posti non eso-nererebbe i candidati interni dall’ob-bligo di sottoporsi alla preselezione.

TAR ABRUZZO-PESCARA, SEZ. I, Sentenza 10 novembre 2009, n. 730

regolarizzazione documentale nei concorsi pubblici

Concorsi pubblici – Candidati in con-dizione di parità di punteggio – Invito a produrre i titoli di preferenza – Comu-nicazione via e-mail del titolo di pre-ferenza con riserva di inviarne copia – Possibilità – Va riconosciuta

A seguito di quanto stabilito dall’art. 6, lett. b), della legge 7.8.1990, n. 241, an-che nei concorsi pubblici possono es-sere successivamente integrate, so-stituite o rettificate dichiarazioni o do-cumenti incompleti: nel caso speci-fico, la mail tempestivamente invia-ta dalla candidata invitata a produrre i titoli di preferenza, a parità di pun-teggio con altri candidati, ai fini della formulazione della graduatoria fina-le, espressamente menzionava il tito-lo di preferenza di cui era in posses-so e, quindi, costituiva pur sempre un principio di prova della sua effettività, senz’altro incompleto ma affatto ine-sistente o del tutto inidoneo allo sco-po, dal momento che ciò che mancava era l’allegazione di una copia del tito-lo stesso o della sua autocertificazio-ne sostitutiva.

soCIEtÀ PArtECIPAtE

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V,sentenza 12 novembre 2009, n. 7024

nomine dei rappresentanti comunali presso enti, aziende e istituzioni

1. Enti locali – Nomina dei rappresen-tanti comunali presso enti, aziende e istituzioni – Art. 50, comma 8, d.lgs. 267/2000 – Natura fiduciaria – Cessa-zione del mandato del sindaco e/o del presidente della provincia – Effetti 2. Enti locali – Nomina dei rappresen-tanti comunali presso enti, aziende e istituzioni – Art. 50, comma 8, d.lgs. 267/2000 – Fattispecie relativa alla nomina del consiglio di amministra-zione di una fondazione

1. La norma contenuta nell’art. 50, comma 8, d.lgs. 8.8.2000, n. 267 – in forza del quale “sulla base degli indi-rizzi stabiliti dal consiglio il sindaco e il presidente della provincia provvedo-no alla nomina, alla designazione e al-la revoca dei rappresentanti del comu-ne e della provincia presso enti, azien-de ed istituzioni – non si limita a fissare, nella materia, le attribuzioni del sinda-co e del presidente della provincia, ma definisce anche la regola, di portata ge-nerale (e prevalente sulle norme statu-tarie anteriori dei diversi enti, aziende e istituzioni, eventualmente difformi), secondo cui le nomine e le designazio-ni di rappresentanti delle amministra-zioni locali presso altri enti, rispetti-vamente, di competenza del sindaco e del presidente della provincia, devono considerarsi di carattere fiduciario, nel senso che riflettono il giudizio di affida-bilità espresso attraverso la nomina, ovvero la fiducia sulla capacità del no-minato di rappresentare gli indirizzi di chi l’abbia designato.

Il fenomeno è reso ancor più evidente da casi in cui (come nella specie) la nor-ma interna dell’ente di destinazione ri-chiede che, dei rappresentanti dell’en-te locale, uno costituisca espressio-ne della minoranza consiliare, con ciò oscurando totalmente il requisito della capacità tecnica del designato, ed esal-tando, al contrario, quello dell’apparte-nenza politica. Ciò risponde alle regole di diritto comune, le quali esigono non soltanto che i poteri del rappresentan-te siano conferiti dal rappresentato, ma anche che persista il rapporto fiducia-rio fra l’uno e l’altro. Ne consegue che la cessazione del mandato del sindaco e/o del presidente della provincia e lo scioglimento del consiglio comunale fi-niscono necessariamente con il travol-gere tutte le nomine effettuate durante il mandato elettivo.2. La natura fiduciaria della designa-zione dei rappresentanti comuna-li presso enti, aziende e istituzioni e l’immanenza del potere di revoca, nel rapporto che lega il rappresentante all’ente locale che lo abbia nominato, costituiscono gli anelli del sistema che evidenziano l’illegittimità dell’operato della regione, che ha provveduto alla presa d’atto della designazione, allor-ché non soltanto il sindaco designan-te era decaduto dalla carica, e il con-siglio comunale era stato sciolto, con conseguente commissariamento, ma erano già state svolte le elezioni am-ministrative per il rinnovo del sindaco e del consiglio comunale, persisten-do nel proprio comportamento ille-gittimo, con la nomina del consiglio di amministrazione della fondazione sul-la base della designazione in parola, quando già l’elettorato aveva espres-so il nuovo sindaco e il nuovo consiglio comunale.

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circolari e pareriCOMUNI D’ITALIA

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circolari & pareri

MINISTERO DELL’INTERNOParere 27 novembre 2009

sostituzione sindaco in caso di con-testuale assenza o impedimento del vicesindaco

Con la nota cui si risponde è stato chiesto un parere in ordine alla de-libera n. 50 del 6.7.2009, con la qua-le la giunta del comune di […] ha sta-bilito che, in caso di assenza o impe-dimento del vicesindaco, le funzio-ni vicarie sono svolte da un asses-sore comunale come ivi individuato. Al riguardo si evidenzia anzitutto che la disciplina relativa agli organi di Go-verno degli enti locali è riservata alla competenza legislativa esclusiva del-lo Stato ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. p), della Costituzione e, pertan-to, è da escludersi qualsiasi interven-to normativo da parte dell’ente locale, tanto più attraverso lo strumento della delibera di giunta, utilizzato dall’ente.Per il profilo considerato, la normati-va statale di riferimento si riconduce agli artt. 46, comma 2, e 53, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000; il primo impu-ta esclusivamente al sindaco la com-petenza a nominare gli assessori “tra cui un vicesindaco”, in aderenza al si-stema di governo dell’ente locale deli-neato dalla legge n. 81/1993 che con-figura la giunta quale organo di colla-borazione dell’organo di vertice il qua-le, nella scelta dei componenti fruisce della massima discrezionalità (Cass. civ., sent. 6.3.2000, n. 2490). Il secon-do prevede che il sindaco sia sostitui-to, nei casi ivi indicati (tra cui l’assenza o l’impedimento temporaneo) dal solo vicesindaco.Ne consegue che non sono ammissi-bili ulteriori figure istituzionali che lo

possano sostituire nelle competenze spettatigli quale organo monocratico ovvero quale capo della giunta.

MINISTERO DELL’INTERNOParere 11 novembre 2009

Proposta di dichiarazione di notevo-le interesse pubblico di aree del Co-mune di […], ai sensi dell’art. 136 del d.lgs. n. 42/2004

È stato chiesto il parere della scriven-te circa “l’obbligatorietà o meno di una delibera consiliare in merito alla pro-posta di dichiarazione di notevole inte-resse pubblico” di un’area del Comune di […]. Nel caso di specie il sindaco, con nota del 1° ottobre 2008, ha indirizza-to ai competenti uffici della Regione e della Soprintendenza la richiesta di di-chiarazione di notevole interesse pub-blico di cui all’art. 136, lett. c) e d), del d.lgs. n. 42/2004. Ai fini della rispo-sta occorre chiarire che, nell’ambito della complessa procedura delineata dal quadro normativo di riferimento, il ruolo dell’amministrazione comuna-le si rinviene nella fase dell’avvio del procedimento di dichiarazione di note-vole interesse pubblico (art. 138).Ai sensi della normativa contenuta nel capo II del d.lgs. n. 42/2004 (artt. 136-142) la formulazione delle proposte per la dichiarazione di notevole inte-resse pubblico degli immobili indica-ti alle lettere a) e b) dell’art. 136 e del-le aree indicate alle lettere c) e d) del comma 1 del medesimo articolo, rien-tra nelle competenze delle commissio-ni appositamente istituite ai sensi del successivo art. 137. Nell’ambito di ta-le procedura il comune, può assumere l’iniziativa della proposta de qua quale

ente pubblico territoriale interessato, ovvero essere consultato dalla com-missione procedente al fine di acquisi-re informazioni utili per la valutazione della decisione se dare seguito all’atto di iniziativa, attraverso la formale pro-posta alla regione. La giurisprudenza amministrativa (cfr. TAR Sardegna n. 127/2008) in ordine al-la procedura de qua ha affermato che “la norma statale a ragione dispone che il procedimento si apra con una propo-sta, volendo raggiungere il risultato di articolare su più autorità definite la re-sponsabilità della decisione. In altri termini è stato lucidamente affermato che in tali casi l’interesse primario ri-ceve due ponderazioni, l’una nell’atto di iniziativa, l’altra nell’atto di decisio-ne. La proposta, che si configura come atto di volontà parzialmente vincolante, comporta un giudizio iniziale sull’inte-resse primario, in cui si accentua la va-lutazione tecnico-discrezionale, l’atto di decisione comporta una ponderazio-ne politico-amministrativa”.Prosegue lo stesso TAR nel senso che “la commissione non svolge un’attività meramente istruttoria o preparatoria, ovvero secondo la migliore dottrina, un mero atto di iniziativa del procedimen-to d’ufficio, ma è chiamata ad effettuare scelte decisive e discrezionali […] al fi-ne di una corretta formazione della vo-lontà collegiale”. Nell’ambito della pro-cedura sopra delineata si evidenzia che la fase di iniziativa esercitata dall’en-te territoriale interessato è finalizzata ad un altro atto di natura preparatoria, la proposta che la commissione di cui all’art. 137 decide di formulare alla re-gione, atto che può dare l’avvio al pro-cedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico (art. 138).

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Per inciso si evidenzia che, sotto un profilo giuridico, un atto di impul-so proveniente da un soggetto diver-so dall’amministrazione cui è attribu-ito il potere di provvedere si esplica in una richiesta, consistente in una ma-nifestazione di volontà anche con con-tenuto valutativo, con cui si richiede al soggetto pubblico competente l’espli-cazione di una certa attività ovvero l’emanazione di un determinato atto amministrativo […].Sotto tale profilo, l’istanza avanza-ta dal Sindaco assume una peculia-re connotazione, propedeutica rispet-to alla successiva ed eventuale dichia-razione di pubblico interesse da par-te della regione, ed influente, benché non di immediata incidenza, sulla pia-nificazione comunale in caso di positi-va determinazione regionale.In effetti, la dichiarazione di notevo-le interesse pubblico, ai sensi dell’art. 140 del codice dei beni culturali, “co-stituisce parte integrante del piano paesaggistico” e le aree oggetto del-la dichiarazione, ai sensi dell’art. 32 della l.r. Toscana n. 1/2005 recante le “Norme sul governo del territorio”, sono comprese nello statuto del piano strutturale del comune, di cui al suc-cessivo art. 53.In tal senso si pone quale atto prepa-ratorio nell’ambito di un più articolato procedimento che coinvolge la compe-tenza di diversi soggetti amministrati-vi e, ove approdi alla dichiarazione di notevole interesse pubblico, si colle-ga anche alla successiva pianificazio-ne dell’amministrazione comunale.Tutto ciò posto su un piano astratta-mente giuridico, valutare se occor-re una previa deliberazione comunale non è questione di semplice od univo-ca soluzione.Infatti da un lato, occorre considera-re che le competenze del consiglio so-no tassativamente indicate nell’art. 42 e tra queste non compare espres-samente la richiesta di dichiarazione di interesse pubblico di aree comuna-li. Inoltre, tale atto d’impulso non è di per sé parte integrante della pianifica-zione paesaggistica, come invece lo è il provvedimento regionale relativo a detta dichiarazione (art. 140 succita-to), né, come sopra esplicitato, è di per sé, in questa fase preparatoria, parte integrante della pianificazione territo-riale del comune.D’altro lato non può tuttavia sottacer-

si come l’iniziativa del sindaco, sup-portata da uno studio paesaggistico del territorio da parte di un esperto e da una definita planimetria, abbia una propria valenza programmatoria in quanto volta, in prospettiva, ad incide-re sulla gestione degli strumenti ur-banistici del territorio comunale.In tal senso potrebbe ammettersi che siffatta richiesta, in quanto influen-te sulla successiva pianificazione ter-ritoriale del comune, avrebbe potu-to costituire oggetto di valutazione da parte del consiglio comunale, ai sen-si dell’art. 42, lett. b), recante l’attivi-tà programmatoria del consiglio in va-ri ambiti di competenza. Peraltro, la stretta interazione tra i due livelli di pianificazione, regionale e co-munale, emerge anche dalla sentenza n. 182/2006 della Corte costituzionale laddove, pronunciandosi proprio sul-la legittimità della legge regionale To-scana succitata, ha affermato che “ la legge toscana sul governo del territo-rio tende al superamento della sepa-ratezza tra pianificazione territoriale ed urbanistica, da un lato, e tutela pa-esaggistica dall’altro, facendo rientra-re la tutela del paesaggio nell’ambi-to del sistema della pianificazione del territorio e rendendo pertanto parte-cipi anche i livelli territoriali inferio-ri di governo nella disciplina di tutela del paesaggio”. A giudizio della Corte il principio di fondo di questo sistema, condivisibile nella misura in cui gli en-ti locali sono chiamati a contribuire al-la pianificazione ed in cui gli strumenti di pianificazione territoriale dei livel-li sub-regionali di governo perseguo-no obiettivi di tutela e di valorizzazio-ne del paesaggio, deve però pur sem-pre coordinarsi con il rispetto del pa-esaggio e della relativa pianificazione quale valore primario e imprescindibi-le, attraverso un indirizzo unitario che superi la pluralità degli interventi del-le amministrazioni locali.

MINISTERO DELL’INTERNOParere 16 ottobre 2009

Competenza a deliberare in materia di convenzione tra Comune e opera-tori economici per l’installazione e la gestione di parchi eolici. quesito

Il direttore generale del Comune di […], con la allegata nota ha chiesto un parere in ordine alla competenza a de-

liberare lo schema di convenzione per l’ installazione nel territorio comunale di impianti eolici.Al riguardo, si comunica quanto segue.Come è noto, la materia è disciplinata dal regolamento della Regione Puglia n. 16 del 4.10.2006, emanato ai sensi della l.r. 12 aprile 2001, n. 11 (recan-te la disciplina di valutazione dell’im-patto ambientale). L’articolo 4, nel de-terminare il contenuto e le modalità di approvazione dei piani regolatori co-munali ed intercomunali per l’instal-lazione di impianti eolici, al comma 5, prevede la stipulazione di una conven-zione tra il comune in cui ricade l’area di intervento e il soggetto proponente. Ciò posto, ai fini della individuazio-ne dell’organo competente per siffat-to adempimento, occorre richiama-re l’art. 42 del d.lgs. n. 267/2000 che, nel delineare tassativamente le fun-zioni del consiglio comunale in base al principio secondo cui l’organo elet-tivo è chiamato ad esprimere gli indi-rizzi politici e amministrativi di rilie-vo generale, attribuisce allo stesso, al comma 2, lett. e), il potere di delibera-re in ordine all’ “affidamento di attivi-tà o servizi mediante convenzione”; ciò in quanto materia incidente sulle scel-te fondamentali dell’ente.Ne consegue che spetta al consiglio comunale l’approvazione dello sche-ma di convenzione in esame.Pertanto, si invita codesta prefettu-ra, qualora non vi siano ulteriori ele-menti o valutazioni da aggiungere, a trasmettere analoga comunicazione all’ente interessato, nelle forme rite-nute più opportune.

AUTORITà GARANTE DELLA CONCOR-RENZA E DEL MERCATOParere 18 novembre 2009

Affidamento del servizio di igiene ur-bana e servizi connessi

Con riferimento alla richiesta in ogget-to, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella sua adunanza del 18 novembre 2009, ha ritenuto che, per quanto di propria competenza, non ri-corrano le condizioni per il rilascio del parere ai sensi dei commi 3 e 4 dell’ar-ticolo 23-bis a causa della evidente mancanza dei requisiti fondamenta-li per la configurabilità stessa dell’af-fidamento in house. Infatti, occorre os-servare che le previsioni statutarie

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riguardanti le possibili tipologie di ser-vizi rientranti nell’oggetto sociale e la possibilità per […] di fornire servizi a favore di altri enti pubblici e di sogget-ti privati oltre che provvedere, tra l’al-tro, alla progettazione e costruzione di impianti e infrastrutture per conto di terzi con vere e proprie finalità im-prenditoriali, conferisce alla società menzionata la possibilità di effettua-re determinati investimenti di risor-se economiche in altri mercati – anche non contigui – in vista di una eventuale espansione in settori diversi da quelli rilevanti per l’ente pubblico conferen-te. Tali circostanze, attribuendo alla società affidataria un’ampia vocazione commerciale che travalica le funzioni richieste per l’espletamento del ser-vizio affidato, non consentono di rite-nere sussistente il requisito della pre-valenza dell’attività oggetto di affida-mento nei confronti dell’ente pubblico affidante. […]

AUTORITà GARANTE DELLA CONCOR-RENZA E DEL MERCATOParere 12 novembre 2009

Affidamento del servizio di neve

Con riferimento alla richiesta in og-getto, l’Autorità garante della concor-renza e del mercato, nella sua adu-nanza del 12 novembre 2009, ha preso atto delle informazioni fornite dall’en-te richiedente per la valutazione del caso e, sulla base delle medesime, esprime le seguenti considerazioni, ai sensi dell’articolo 23-bis, comma 4, del d.l. 112/2008, convertito in legge 133/2008. La normativa citata ha sta-bilito che il conferimento della gestio-ne dei servizi pubblici locali debba av-venire, in via ordinaria, a favore di sog-getti individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica. La stessa norma ha tuttavia previsto che a tale principio generale si possa de-rogare, nel rispetto dei principi del-la disciplina comunitaria, qualora – in presenza di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e ge-omorfologiche del contesto territoria-le di riferimento – non sia possibile un efficace ed utile ricorso al mercato.Nel caso in esame, si ritiene, sotto un primo profilo, che il fatto che la società […] possa fornire tutte le attività pre-viste dall’oggetto sociale in via diret-ta o indiretta, anche tramite incarichi

professionali e di appalto, a tal fine co-stituendo o assumendo partecipazio-ni e interessenze in altri enti, associa-zioni, consorzi, società a capitale pub-blico, misto o privato o imprese, sia italiane che straniere, aventi oggetto analogo, affine o complementare e po-tendo prestare garanzie reali e/o per-sonali per obbligazioni, connesse al-lo svolgimento dell’attività sociale, sia proprie che di terzi lascia presume-re una evidente propensione dell’im-presa ad effettuare determinati inve-stimenti di risorse economiche in altri mercati – anche non contigui – in vista di una eventuale espansione in setto-ri diversi da quelli rilevanti per l’ente pubblico conferente. La suddetta cir-costanza pare idonea in sé ad esclude-re il possesso in capo alla società de qua dei requisiti fondamentali per la configurabilità stessa dell’affidamen-to in house. Da ultimo, in punto di merito, anche a prescindere dall’ulteriore valutazio-ne circa l’effettiva natura del servizio oggetto di affidamento, la documen-tazione in atti non ha dimostrato l’esi-stenza nel comune istante di caratte-ristiche sociali, ambientali e geomor-fologiche tali da impedire il ricorso al mercato. Anche sotto il profilo econo-mico, la documentazione appare del tutto inidonea a dimostrare l’impossi-bilità del ricorso al mercato; l’analisi fornita dal comune si riferisce, infat-ti, ad un periodo temporale differente (2000/2003) da quello oggetto di affi-damento (2009/2011) e, per tale ragio-ne, non pare in grado di rappresenta-re la situazione attuale del mercato in-teressato e di consentire, quindi, una valutazione di carattere comparativo della gestione in house rispetto ad al-tre forme di affidamento e gestione del servizio. Inoltre, particolarmente defi-citario risulta anche l’aspetto relati-vo alla pubblicità che l’ente deve da-re alla propria intenzione di procede-re all’affidamento in house; anche in questo caso, il formulario predisposto fa esclusivo riferimento ad una delibe-ra di giunta comunale del 2004 pubbli-cata sull’albo pretorio. […]

AUTORITà PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI DI LAVORI, SER-VIZI E FORNITUREParere 5 novembre 2009

Affidamento del servizio di gestione,

esercizio, manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti di illumi-nazione pubblica e semaforica

Il ConsiglioVista la relazione dell’Ufficio del Pre-contenziosoConsiderato in fattoIn data 17 giugno 2009 perveniva all’Au-torità una prima istanza di parere pre-sentata dal Comune di […], sull’appli-cabilità dell’art. 23-bis, comma 9, del-la legge n. 133 del 2008 alla […], capo-gruppo del Raggruppamento tempora-neo di imprese provvisoriamente ag-giudicatario, in veste di società già ti-tolare di affidamenti “diretti” di servi-zi pubblici locali, stante la sua partico-lare composizione societaria. Premes-so che il divieto a partecipare alle ga-re, posto dal citato art. 23-bis, a cari-co delle società già affidatarie di ser-vizi pubblici locali mediante il sistema dell’in house providing in deroga alle procedure a evidenza pubblica, non si applica alle “società quotate in merca-ti regolamentati”, la stazione appaltan-te faceva presente che la […] era stata ammessa alla gara in quanto sogget-to partecipato e controllato da società quotata in borsa – la […], ritenendo che l’art. 23-bis non troverebbe applicazio-ne non solo nei confronti delle società quotate in mercati regolamentati, ma anche nei confronti delle società da es-se controllate o partecipate.La […], seconda in graduatoria, pre-sentava istanza di intervento e di par-tecipazione al procedimento e conte-stava l’affidamento in favore della […] per violazione del richiamato art. 23-bis, osservando: che la […] risultava affidataria “diretta” del servizio di ge-stione e manutenzione degli impianti del nuovo Palazzo di Giustizia del Co-mune di […]; che il divieto di acquisi-re ulteriori servizi, oltre a quelli affi-dati attraverso il sistema del cosiddet-to in house providing, non si applica soltanto alle società quotate in merca-ti regolamentati; che l’unica eccezio-ne ammessa dal legislatore, riferita alle società quotate, non trova appli-cazione nei confronti delle società che siano da esse controllate o partecipa-te; che la […], in quanto soggetto diver-so e distinto dalla società controllan-te, non quotato in borsa, andava esclu-sa dalla gara. La controinteressata […] replicava di aver già provveduto – in sede di verifica

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del possesso dei requisiti di parteci-pazione alla gara – a fornire all’ammi-nistrazione comunale, alla data del 3 giugno 2009: i dati relativi alla compo-sizione della società – detenuta al 51% da […] e al 49% da […] (allegava, al ri-guardo copia della visura societaria alla data del 10 aprile 2009); l’elenco e la documentazione relativa ai servi-zi pubblici locali ad essa affidati me-diante regolari procedure ad eviden-za pubblica; apposita dichiarazione di non essere affidataria “diretta” di ser-vizi pubblici locali. Faceva, infine, pre-sente che le preclusioni, di cui al cita-to art. 23-bis, comma 9, della legge n. 133 del 2008, non si applicano né al-la […], proprio in quanto soggetto non titolare di affidamenti in house, né al-le due società detentrici del capitale azionario ad essa intestato (vale a dire, la […], società quotata in borsa; la […], società a capitale interamente privato anch’essa non titolare di alcun affida-mento in house). Successivamente, in data 17 luglio 2009 la […] presentava sulla stes-sa procedura di gara una propria au-tonoma richiesta di parere, eccepen-do la violazione dell’art. 13 della leg-ge n. 248 del 2006. Al riguardo, la pre-detta istante sosteneva che alla data di presentazione dell’offerta – 18 maggio 2009 – […] aveva già rilevato le quote azionarie di […].; che a seguito di tale cessione, […] è diventata società a ca-pitale maggioritario pubblico; che es-sa, come tale, non poteva concorre-re a gare bandite da amministrazio-ni diverse da quelle che ne possede-vano il capitale; che la giurisprudenza del Consiglio di Stato e dei TAR in ma-teria è pacifica nell’escludere la pos-sibilità che società interamente pub-bliche possano partecipare ad appal-ti extraterritoriali o extra moenia; che questa stessa Autorità con la delibe-razione n. 135 del 9.5.2007 ha stabili-to che le società indirettamente parte-cipate non possono prendere parte a gare indette da amministrazioni diver-se da quelle che ne detengono il capi-tale; che […] andava, pertanto, esclusa dalla gara. Presentava, infine, istanza di audizione e di riunione con l’altra ri-chiesta di parere.A riscontro della seconda istruttoria procedimentale, la controinteressata […] osservava che l’art. 13 della legge n. 248 del 2006 non si applica ai “servi-zi pubblici locali”; che il servizio di ge-

stione, esercizio, manutenzione ordi-naria e straordinaria degli impianti di illuminazione pubblica, oggetto della gara, rientra per costante orientamen-to giurisprudenziale tra i servizi pub-blici locali di cui all’art. 112 del t.u.e.l.; che l’ambito oggettivo del citato art. 13 resta limitato alle attività strumenta-li dell’ente e riguarda – in altri termini – solo i servizi resi all’ente locale; che la […] è partecipata solo indirettamen-te da enti locali; che […], proprietaria al 51% del capitale azionario di […], è controllata con una quota del 62,691% del capitale da […], la quale è, a sua volta, partecipata dai Comuni di […] e di […]; che, pur consapevole dell’at-teggiamento restrittivo di questa Au-torità (parere n. 61 del 2009), condiviso dal conforme orientamento del giudice amministrativo, occorre una rimedita-zione dell’interpretazione fin qui segui-ta, secondo cui il divieto, posto dal più volte citato art. 13, si estenderebbe alle forme di partecipazione indiretta o me-diata; che alcune più recenti decisio-ni della giurisprudenza del Consiglio di Stato e del giudice di prime cure con-sentono una lettura evolutiva dell’art. 13 (Cons. Stato, sez. IV, n. 215/2009 e TAR Liguria, sez. II, n. 39/2009); che il richiamato art. 13 non può, infine, tro-vare applicazione nel caso di spe-cie anche perché a seguito dell’en-trata in vigore dell’art. 71, comma 1, lett. b), della legge 18 giugno 2009, n. 69, gli enti locali possono legittima-mente assumere e mantenere parte-cipazioni “indirette” in società “aventi ad oggetto attività di produzione di be-ni e servizi non strettamente necessa-rie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali”, di tal ché sarebbe del tutto illogica e irragionevole un’in-terpretazione che consentirebbe di estendere a tali società “indirettamen-te” partecipate dagli enti locali il divieto di partecipare alle gare di cui al richia-mato art. 13. ritenuto in diritto In via preliminare va disposta la riunio-ne delle due istanze indicate in epigra-fe per evidenti ragioni di connessione soggettiva e oggettiva, stante l’identità sostanziale delle richieste.Le questioni all’esame attengono all’in-dividuazione dei limiti di operatività del divieto a partecipare a gare pubbliche posto: - dall’art. 23-bis, comma 9, del decreto-legge n. 112 del 2008, conver-tito dalla legge n. 133 del 2008, a carico

dei soggetti, titolari di affidamenti “di-retti”, il cui capitale azionario sia dete-nuto da società quotate in mercati re-golamentati; – dall’art. 13 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito dal-la legge n. 248 del 2006, a carico delle società a capitale interamente pubbli-co o misto, aventi ad oggetto lo svolgi-mento di servizi strumentali all’attività dell’ente locale di riferimento, in rela-zione a procedure di gara extraterrito-riali indette da amministrazioni diver-se da quelle che ne detengono il capi-tale azionario.Le fattispecie in esame sono, in parte, riconducibili ad altre questioni già esa-minate da questa Autorità con i pareri n. 61/2009, n. 92/2008 e n. 213/2008 in materia di applicabilità dell’art. 13 del-la legge n. 248 del 2006; con il parere n. 201/2008 in tema di definizione di servi-zio pubblico locale; con la deliberazio-ne n. 135 del 2007 in materia di divieto posto alle società indirettamente par-tecipate di prendere parte a gare indet-te da amministrazioni diverse da quelle che ne detengono il capitale. Per quanto riguarda la prima delle due questioni, relativa all’applicabilità o meno dell’art. 23-bis, comma 9, del de-creto-legge n. 112 del 2008, converti-to dalla legge n. 133 del 2008, alla […], stante la sua composizione azionaria, preme innanzitutto evidenziare che il divieto, di cui al citato comma 9 (nel te-sto vigente ratione temporis), si applica esclusivamente alle società titolari di affidamenti “diretti” di servizi pubbli-ci locali a rilevanza economica e non anche alle “società quotate in merca-ti regolamentati”, come si evince dal tenore letterale della disposizione in questione che recita “I soggetti titola-ri della gestione di servizi pubblici lo-cali non affidati mediante le procedu-re competitive di cui al comma 2, non-ché i soggetti cui è affidata la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali degli enti loca-li, qualora separata dall’attività di ero-gazione dei servizi, non possono ac-quisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, né svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, né direttamente, né tramite loro controllanti o altre socie-tà che siano da essi controllate o par-tecipate, né partecipando a gare. Il di-vieto di cui al periodo precedente non si applica alle società quotate in mer-cati regolamentati”.

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Premesso che il ricorso agli affida-menti “diretti”, mediante il sistema del cosiddetto in house providing o in “au-toproduzione” senza confronto con-correnziale, è consentito solo in pre-senza di talune specifiche condizioni (che l’ente affidante eserciti sulla so-cietà affidataria un controllo analogo a quello dallo stesso esercitato sui pro-pri servizi e che questa realizzi la par-te più importante della propria attività nei confronti dell’ente o degli enti che la controllano), va osservato che la fi-nalità del divieto, di cui al citato art. 23-bis, è di evitare che soggetti par-ticolarmente qualificati, già titolari di affidamenti “diretti” e di un rapporto privilegiato con l’ente di riferimento – proprio in relazione alla stretta conti-guità dei rapporti in essere con il sog-getto pubblico – possano lucrare, in questa loro veste di enti “strumenta-li”, ulteriori rendite di posizione in altri mercati o servizi pubblici locali a dan-no del libero gioco della concorrenza.Nel caso di specie, la […], aggiudicata-ria del servizio, è partecipata solo in-direttamente da enti locali, in quanto controllata da […], la quale, quotata in borsa, è a sua volta controllata con una quota del 62,691% del capitale dalla so-cietà […], la quale è, a sua volta, parte-cipata dai Comuni di […] e […]. Ad essa la […] contesta di essere tito-lare di affidamento “diretto” del ser-vizio di gestione e manutenzione degli impianti del nuovo Palazzo di Giustizia del Comune di […]. In effetti, dalla documentazione versa-ta in atti risulta che tale servizio vie-ne svolto in base a contratto, che nel corso degli anni ha formato oggetto di rinnovi (dall’1.1.2001 al 31.12.2004 e dall’1.1.2005 al 31.12.2008) e di suc-cessive proroghe (sino al 30.4.2009 e al 31.12.2009).Tuttavia, sotto il profilo oggettivo, il servizio in questione non sembra po-tersi annoverare nella nozione di ser-vizio pubblico locale, trattandosi del servizio di gestione e manutenzio-ne degli impianti del nuovo Palazzo di Giustizia, per cui le prestazioni previ-ste sono dirette unicamente al comu-ne, che ne fruisce alla stregua di qual-siasi altro soggetto, e non alla collet-tività (cfr., in tal senso, parere dell’Au-torità n. 201 del 17 luglio 2008 e Cons. Stato, sez, V, sentenza 10 marzo 2003, n. 1289). Inoltre, nella determinazio-ne del Comune di […] n. 2009/48/0027

del 28.4.2009 di proroga del servizio al 31.12.2009, è evidenziato che: “Non è possibile nella fattispecie l’affidamen-to diretto in house non avendo […] i re-quisiti per tale tipo di affidamento”.Anche dall’elenco dei servizi espleta-ti negli ultimi anni da parte di […], non si ricava alcun elemento caratteriz-zante eventuali affidamenti in house con le amministrazioni comunali che la controllano indirettamente (Comu-ne di […] e di […]). Su di essa nessuno dei due enti comunali sembra, infat-ti, esercitare alcun potere di influen-za determinante con riferimento tan-to agli obiettivi strategici, quanto al-le decisioni societarie. Essa, inoltre, sembra operare con spirito impren-ditoriale di fuori dei rapporti di “stru-mentalità necessaria” con le ammini-strazioni comunali che indirettamente la controllano. Ad essa, in quanto so-cietà non affidataria “diretta” di alcun servizio pubblico locale, non si appli-ca, pertanto, il citato art. 23-bis. Impregiudicata ogni questione relati-va all’estensione dell’eccezione – va-levole per le società quotate – alle so-cietà da queste partecipate o control-late, che, incidentalmente, questa Au-torità ritiene comunque non operante, stante la natura eccezionale della pre-visione derogatoria, l’operato dell’am-ministrazione è – nei limiti indicati – conforme alla normativa di settore.Per quanto riguarda la seconda del-le due questioni, relativa all’applica-bilità, ai sensi dell’art. 13 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 2006 (cosiddetto de-creto Bersani vigente all’epoca dei fat-ti) alla […], in veste di società a capita-le maggioritario pubblico, del divieto a partecipare a procedure di gara extra-territoriali, indette da amministrazioni diverse da quelle che ne detengono il capitale azionario, va, in via prelimina-re, chiarito che detto art. 13 non si ap-plica alle procedure di affidamento di servizi pubblici locali.Nel caso di specie, il servizio di gestio-ne, esercizio, manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti di illumi-nazione pubblica e semaforica del Co-mune di […] è, per sua stessa natura, rivolto a fini sociali e destinato a sod-disfare direttamente e in via immedia-ta esigenze generali della collettività. Come tale, ha, quindi, natura, ai sensi dell’art. 112 del t.u.e.l., di servizio pub-blico locale.

Trattandosi di servizio pubblico locale, l’art. 13 della legge n. 248 del 2006, non trova, quindi, nel caso di specie, appli-cazione. Tanto premesso, resta assor-bita ogni altra questione, siccome evi-denziata nelle istanze di parere e nel-le controdeduzioni di parte, fermo re-stando la validità dell’orientamento già assunto da questa Autorità in materia, secondo cui anche per le società par-tecipate in via indiretta da altre società a capitale interamente pubblico o misto sussiste il divieto di partecipare a gare extraterritoriali al di fuori del territorio dell’ente locale di riferimento o aventi ad oggetto finalità ad esso estranee – cosiddette extra moenia. Conclusivamente, ritiene questa Auto-rità che nel caso di specie la società ag-giudicataria non riveste alcuno dei re-quisiti o delle condizioni preclusive po-ste dalle citate disposizioni di legge, at-teso che dalla documentazione e dal-le dichiarazioni in essere, risulta che la stessa non è titolare di affidamen-ti “diretti” di servizi pubblici locali e che il servizio oggetto di gara ha natura di “servizio pubblico locale”. In ultima analisi, preme, comunque, evidenzia-re che il divieto a partecipare alle gare posto dall’art. 23-bis, comma 9, del de-creto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, opera nei confronti dei soggetti, titolari di affida-menti “diretti” di servizi pubblici loca-li e delle società possedute o controlla-te da società quotate nei mercati rego-lamentati, mentre il divieto di parteci-pazione posto dall’art. 13 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito dal-la legge n. 248 del 2006 (a carico del-le società a capitale interamente pub-blico o misto, aventi ad oggetto lo svol-gimento di servizi strumentali all’atti-vità dell’ente locale di riferimento, in relazione a procedure di gara extrater-ritoriali, indette da amministrazioni di-verse da quelle che ne detengono il ca-pitale azionario) non opera nel merca-to dei servizi pubblici locali e il divie-to a partecipare a gare extraterritoria-li o extra moenia si applica, invece, an-che alle società – indirettamente o me-diamente – possedute o controllate da società a capitale interamente pubbli-co o misto. In base a quanto sopra consideratoIl Consiglioritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’operato della stazione appaltante è conforme alla normativa di settore.

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COMUNI D’ITALIAcircolari e pareri

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COMMISSIONE PER L’ACCESSOAI DOCUMENTI AMMINISTRATIVIParere 8 settembre 2009

richiesta di documenti amministrati-vi in formato elettronico

Il Comando generale dell’Arma dei Ca-rabinieri ha chiesto a questa Commis-sione se sia possibile nell’esercizio del diritto di accesso da parte dei cittadi-ni, ottenere copia di documenti ammi-nistrativi in formato elettronico facen-do ricorso a supporti informatici per-sonali ovvero attraverso il servizio di posta elettronica certificata (c.d. Pec) e se sia previsto un costo per i diritti di ricerca e visura. Quanto alla possibilità di esercitare l’accesso per via telematica, la Com-missione osserva che tale facoltà è espressamente prevista dall’art. 13 d.P.R. n. 184/2006, disposizione che rinvia all’art 38 del d.P.R. n. 445/2000, per quanto riguarda le modalità di in-vio telematico delle domande e relati-ve sottoscrizioni, nonché agli articoli 4 e 5 del d.P.R. n. 68/2005, recante di-sposizione per l’invio di posta elettro-nica, ed al decreto legislativo 82/2005 relativo al “codice dell’amministrazio-ne digitale”. In particolare, il predetto codice, ove è raccolto per la prima vol-

ta in modo organico il tema dell’utiliz-zo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle pubbliche amministrazioni nonché la discipli-na dei fondamentali principi giuridici applicabili al documento informatico, sancisce in favore di cittadini ed im-prese il diritto di chiedere ed ottenere l’uso delle tecnologie telematiche nel-le comunicazioni con le pubbliche am-ministrazioni (art. 3); il diritto alla par-tecipazione al procedimento ammini-strativo e il diritto di accesso median-te le tecnologie informatiche (art. 4); il diritto all’utilizzo della posta elettro-nica certificata per ogni scambio di do-cumenti ed informazioni (art. 6) non-ché la possibilità per le singole am-ministrazioni di disciplinare “l’acces-so telematico a dati, documenti e pro-cedimenti […] secondo le disposizioni del presente codice e nel rispetto delle disposizioni di legge e di regolamento in materia di protezione dei dati perso-nali, di accesso ai documenti ammini-strativi, di tutela del segreto e di divie-to di divulgazione” (art. 52).Inoltre, le singole amministrazioni, nell’esercizio dei poteri generali or-ganizzatori occorrenti per l’esercizio del diritto di accesso previsto dall’art. 1, comma 2, del suddetto d.P.R. n.

184/2006, devono attenersi al conte-nuto minimo stabilito dal successivo art. 8, lett. c) e d), dello stesso rego-lamento, che riguardano, rispettiva-mente, l’ammontare dei diritti e spese da corrispondere per il rilascio di co-pie dei documenti e l’accesso ad infor-mazioni contenute in strumenti infor-matici, da rilasciare anche su supporti forniti dal richiedente. In base a tale quadro normativo, la Commissione è del parere che l’ac-cesso in via telematica può essere consentito, anche gratuitamente (ov-vero prevedendo ad es. un corrispetti-vo fisso omnicomprensivo in relazione all’entità dei mb trasmessi), mediante i supporti informatici personali dei ri-chiedenti, a meno che il provvedimen-to organizzatorio della singola ammi-nistrazione, di cui all’art. 1 anzidetto, non abbia individuato i costi per tale forma di accesso.Va, infine, ricordato che, secondo l’art. 25 della legge 241/1990, norma di ran-go primario rispetto alle disposizio-ni regolamentari, il rilascio di copia è subordinato unicamente al costo di riproduzione, salve le disposizioni in materia di bollo nonché i diritti di ri-cerca e visura.

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quesitiCOMUNI D’ITALIA

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quesitiSPESE LEGALIE IMPEGNO DI SPESA INCAPIENTE

Quesito Quale è il trattamento delle spese legali per le controversie quando l’impegno di spesa è incapiente al sod-disfacimento delle stesse? Devono es-sere considerate alla stregua dei debiti fuori bilancio o no?

Risposta I pareri delle varie sezioni re-gionali di controllo della Corte dei con-ti sono propensi a riconoscere il debito fuori bilancio qualora rispetto a un im-pegno iniziale la parcella finale sia di importo superiore. In particolare si cita: › il parere n. 7/2008 della Corte dei

conti Veneto, secondo cui il debito fuori bilancio ha finalità essenzial-mente finanziarie da assoggettare alle regole giuriscontabili che pon-gono l’accento sulla specifica obbli-gazione giuridica da determinarsi a priori e che deve trovare corrispon-denza in un pari impegno di spesa; conseguentemente la parcella di un avvocato che supera l’importo impe-gnato inizialmente dà luogo a un de-bito fuori bilancio;

› il parere n. 2/2007 della Corte conti Sicilia, secondo cui, pur in presen-za di impossibilità o difficoltà a de-terminare l’esatto ammontare del-le spese, non è possibile esimersi dall’obbligo di effettuarne una sti-ma quanto più possibile e pruden-ziale. Pertanto, il comune che im-pegna e copre finanziariamente so-lo la spesa necessaria per corri-spondere l’acconto al legale dovrà riconoscere successivamente il de-bito fuori bilancio.

Qualora, invece, l’ente abbia acqui-sito un preventivo di massima del-le spese che complessivamente si potranno verificare e conseguen-temente si sia proceduto all’impe-gno di spesa, l’eventuale differen-za tra somme impegnate e quelle risultanti dalla liquidazione finale potrebbe essere contabilizzata tra le “passività pregresse” senza pro-cedere al riconoscimento del debi-to fuori bilancio.

SPESE DEL PERSONALE E LIMITI ALLE ASSUNZIONI

Quesito Questo ente gestisce servizi sociali in convenzione con altri comu-ni senza aver costituito alcun soggetto dotato di propria personalità giuridica. Dovendo procedere all’assunzione – in qualità di capofila – di nuovi dipenden-ti a tempo determinato per la funziona-lità dei predetti servizi, si può detrarre dal calcolo delle spese di personale la percentuale di quelle che, in base alla convenzione, vengono svolte per conto e nella sede degli altri enti? E dunque, in base alla convenzione stessa, ver-ranno rimborsate?

Risposta Nel caso segnalato, ritenia-mo che possa essere data una rispo-sta positiva.Secondo gli orientamenti delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti e della sezione delle autono-mie (in particolare, delibera n. 3 del 14.3.2008), emerge, tra l’altro, con chiarezza il seguente criterio di cal-colo delle spese del personale: de-vono essere escluse quelle relative alla utilizzazione del personale i cui oneri siano posti a carico del bilancio di altri enti. Come conseguenza, si ri-cava anche il seguente ulteriore prin-cipio: l’ente che rimborsa oneri per il personale che presta servizio in altri enti deve porre a carico del proprio bilancio detti oneri e ricomprenderli nell’ambito del tetto di spesa annuale del personale.

CONFERIMENTO DI INCARICO DIRIGENZIALE

Quesito Alla luce della modifica appor-tata all’art. 19 del d.lgs 165/2001 da parte dell’art. 40 del d.l. 150/2009, un comune può conferire un incarico di-rigenziale ex art. 110, comma 1, del t.u.e.l. a proprio dipendente previo col-locamento dello stesso in aspettati-va senza assegni? Se sì, la procedura comparativa di conferimento dell’inca-rico deve essere una procedura di evi-

denza pubblica, oppure è possibile pre-vedere una procedura riservata esclu-sivamente al personale interno in pos-sesso dei requisiti richiesti per l’acces-so alla qualifica dirigenziale?

Risposta L’art. 19, comma 6-ter, del d.lgs. n. 165 del 2001, come modifica-to dal d.lgs. 150 del 2009, prevede che nei confronti di tutte le pubbliche am-ministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 165 (compresi quindi anche gli enti locali) trova appli-cazione la disciplina del comma 6 e del comma 6-bis. Non trova, quindi, appli-cazione, la disciplina del comma 1-bis che tratta della pubblicazione dei posti da conferire e dell’esame delle istanze dei candidati.Pertanto si ritiene che l’ente non sia obbligato a pubblicare i posti di diri-gente che devono essere coperti me-diante contratto a tempo determinato.

PROGRESSIONI VERTICALI

Quesito Il comandante di Polizia muni-cipale dipendente inquadrato in cat. D3 economica, in possesso del diploma di scuola superiore, ha chiesto il passag-gio nella cat. D3 giuridica, previo esple-tamento di colloquio di idoneità. Si ri-chiede se l’operazione è da inquadrar-si come progressione verticale e la fat-tibilità tecnica del passaggio alla cat. D3 giuridica anche alla luce del recente d.lgs. 27.10.2009, n. 150.

Risposta Preme chiarire, anzitutto, che il passaggio alla posizione giuridica D3 costituisce sempre una ipotesi di progressione verticale da effettuare nel rigoroso rispetto dei vincoli previ-sti dall’art. 4 del C.c.n.l. dell’1.4.1999. Non ci risulta che sia consentito ta-le forma di progressione mediante un “colloquio di idoneità”, anche se il sog-getto interessato già si trova colloca-to nella posizione economica D3 come sviluppo di progressione orizzontale dalla posizione giuridica D1.Anche la posizione giuridica D3 ha una propria valenza come posizione di

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COMUNI D’ITALIAquesiti

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accesso anche dall’esterno e può esse-re oggetto anche di selezione pubblica, ove l’ente ritenga di coprire una vacan-za di organica con questa modalità.Inoltre, per effettuare le progressioni verticali occorre che nella program-mazione dei fabbisogni siano previsti almeno un numero di posti identici da destinare a concorso pubblico; questo nel rispetto del vincolo di adeguato ac-cesso dall’esterno che la Corte costi-tuzionale ha ritenuto più volte che non possa essere inferiore a una percen-tuale del 50%.Circa gli effetti derivanti dalle nuove disposizioni contenute nel d.lgs. n. 150 del 2009, si ritiene che il divieto di ef-fettuare progressioni verticali per gli enti locali dovrebbe essere efficace dal 31 dicembre 2010. L’art. 31, com-mi 1 e 4, infatti, affermano che gli en-ti locali devono adeguare i propri ordi-namenti entro il 31 dicembre 2009; ciò vuol dire che fino a questa data posso-no considerarsi in vigore le regole del precedente ordinamento.

CANONE PER L’AFFIDAMENTO DEI SERVIZI GAS E IGIENE URBANA

Quesito Premesso che questo ente ha trasferito i servizi gas e igiene urbana alla società a partecipazione totalmen-te pubblica e riceve annualmente dal-la stessa un canone per l’affidamento di detti servizi, e che il canone percepi-to è stato considerato ai fini fiscali fuori dal campo di applicazione dell’Iva non rinvenendo in detto rapporto il requi-sito soggettivo nell’attività posta in es-sere dal comune e non esercitando più nessuna attività riferita ai servizi in ar-gomento (sono state cancellate le po-sizioni Iva relative a detti servizi); ana-lizzata la risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 348/E del 7.8.2008 che nella sostanza afferma che: 1) nel caso analizzato il comune non agisce in veste di pubblica autorità in quanto l’ente locale non ha operato nel proprio ambito autoritativo; 2) la verifica della sussistenza del pro-filo soggettivo, ai fini dell’applicazione dell’Iva, va fatta osservando se “il co-mune […] realizzi un’organizzazione di mezzi e risorse funzionali al raggiungi-mento di un risultato economico”.Considerato che i servizi sono sta-ti esternalizzati attraverso la procedu-ra in house providing e quindi attraver-so un provvedimento di natura autori-tativa che modifica unilatermente la si-tuazione giuridica del destinatario; che quindi contrariamente alla situazione

analizzata nella richiamata risoluzio-ne n. 348/2008, nella quale l’individua-zione del soggetto aggiudicatario av-veniva tramite gara pubblica-procedu-ra ristretta, fra le parti risulta insussi-stente un rapporto di natura bilaterale, configurante sostanzialmente una mo-dalità di gestione tipica degli operatori economici privati, regolato da norme e modelli negoziali di tipo civilistico.Si ritiene che nel nostro finora descrit-to le modalità di affidamento dei servi-zi sia avvenuta in un contesto in cui il comune abbia agito in veste di pubbli-ca autorità.A supporto di quanto sopra si richiama quanto riportato nelle premesse del contratto di servizio per l’affidamen-to dei servizi in oggetto: “l’amministra-zione comunale riconosce come pro-prie esclusivamente le funzioni di ti-tolare dei servizi, da esercitare in ter-mini di indirizzo e controllo, mentre ri-tiene estranee al proprio ruolo le atti-vità e funzioni di gestione d’impresa e di organizzazione operativa dei servi-zi attraverso la combinazione dei fatto-ri produttivi. Le funzioni e le attività ge-stionali e organizzative sono di stretta pertinenza della società quale sogget-to giuridico dotato di personalità giuri-dica, autonomia gestionale, capacità di svolgere incombenze soggette al natu-rale rischio d’impresa”.Si chiede pertanto se alla luce di quan-to precisato il comune agisca corretta-mente non assoggettando a Iva il cano-ne percepito per l’affidamento dei ser-vizi in oggetto.

Risposta In relazione a quanto desumi-bile dalla richiesta, quanto sostenuto dall’Agenzia delle entrate nella riso-luzione n. 348/E del 7 agosto 2008 si ritiene condivisibile, in quanto codesto comune affidando in concessione un servizio non opera come pubblica au-torità ma produce un atto che va a inci-dere direttamente su assetti economici e concorrenziali di un certo mercato. Poco rilevante appare il riferimento al fatto che il soggetto affidatario sia una propria società partecipata al 100%, in quanto il concetto di affidamento in house e i principi che ne derivano trovano applicazione esclusivamente all’ambito giuridico dell’affidamento del servizio pubblico, non avendo alcu-na ripercussione di carattere fiscale.

ICI – REQUISITI DI RURALITà

Quesito Una cooperativa agricola pos-siede solamente un immobile acca-tastato con categoria catastale D7, di

rendita catastale pari a 8.618 euro at-tribuita a partire dal 6.5.2003, in cui provvede all’essicazione del mais e non risulta proprietaria di alcun terre-no. È ragionevole ritenere che il mais che viene conferito alla cooperativa in questione derivi anche dalla colti-vazione dei terreni posseduti dai so-ci della cooperativa stessa. Si richie-de se esistano le condizioni per consi-derare rurale o comunque non assog-gettabile a imposta Ici l’immobile D7. Si evidenzia che la cooperativa non è proprietaria di alcun terreno agricolo e che non ha fatto nessun versamento Ici per le annualità 2004-2005-2006-2007. La situazione cambierebbe se il mais venisse conferito solo dai soci della cooperativa stessa?

Risposta In riferimento al quesito po-sto si precisa che l’art. 42-bis del d.l. n. 159/2007, convertito dalla legge n. 222/2007, ha modificato l’art. 9, commi 3 e 3-bis, del d.l. n. 557/1993 che sta-biliscono i criteri per il riconoscimen-to della ruralità. Con specifico riferimento al caso po-sto nel quesito si fa presente che l’art. 9, comma 3-bis, lettera i), del d.l. n. 557 del 1993 stabilisce che ai fini fi-scali deve riconoscersi carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’atti-vità agricola di cui all’art. 2135 c.c. e in particolare destinate alla manipola-zione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazio-ne dei prodotti agricoli, anche se ef-fettuate da cooperative e loro consor-zi di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 228/2001. Riguardo alle annualità pregresse si ricorda che l’art. 23, comma 1-bis, del d.l. 207/2008, convertito, dalla leg-ge n. 14/2009, ha stabilito, in via inter-pretativa, che l’art. 2, comma 1, lette-ra a), del d.lgs. n. 504/1992, deve in-tendersi nel senso che non si consi-derano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i re-quisiti di ruralità di cui all’art. 9 del d.l. n. 557/1993. Il trattamento fiscale, ovviamente, ri-mane lo stesso anche nell’ipotesi in cui il mais fosse conferito solo dai soci della cooperativa anche perché questa rappresenta proprio l’organo espo-nenziale dei soci che la compongono.

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COMMERCIO SU AREA PUBBLICA – SU-BINGRESSO MORTIS CAUSA – MANCA-TA COMUNICAZIONE

Quesito In caso di mancata presenta-zione della comunicazione di subin-gresso per causa di morte (trascor-so un anno dalla data del decesso del dante causa) nell’ambito di un posteg-gio decennale nel mercato settimana-le, quali sono le sanzioni da applicare? Se in questo caso l’erede si presenta al mercato settimanale e occupa il po-steggio di cui era titolare il padre, qua-le fattispecie di violazione si configura e quali sanzioni si applicano?

Risposta Nell’ipotesi di subingresso per mortis causa, l’erede può conti-nuare l’attività del defunto alla sola condizione che presenti al comune la domanda di subingresso, secondo le modalità stabilite dal comune nel pro-prio regolamento, entro un anno dal-la morte del titolare, come indicato dall’articolo 74 del codice regionale n. 28/2005. Superato tale termine l’uffi-cio dovrà provvedere alla comunica-zione di decadenza del titolo autoizza-tivo. L’erede che non abbia presenta-to, nei termini previsti, comunicazio-ne di subingresso non può esercitare l’attività che, se esercitata, deve esse-re considerata del tutto abusiva e co-me tale sanzionata ai sensi dell’artico-lo 104 del codice. Anche se la decadenza è ope legis sa-rebbe comunque opportuno, per limi-tare gli eventuali danni da ricorso, in-viare un avvio di procedimento e poi di-chiarare, con un atto esplicito del diri-gente competente, che l’autorizzazio-ne è da ritenersi decaduta.

SALA GIOCHI – SOMMINISTRAZIONE – NUMERO APPARECCHI INSTALLABILI

Quesito Un esercente bar intende ces-sare l’attività per avviare una sala gio-chi congiuntamente all’attività di som-ministrazione di tipologia C, di cui alla legge 287/1991.Questo al fine di poter installare un maggior numero di gio-chi di cui all’art. 110 del t.u.l.p.s., com-ma 6. Si chiede se è possibile fare que-sta operazione, oppure deve essere sempre soggetto al contingentamen-to più ristretto che un pubblico eser-cizio, anche se di tipo C, prevede. Ov-vero, se nel caso che l’attività di sala giochi è prevalente, prevale invece la possibilità di installare giochi – com-ma 6 – sempre secondo la tipologia del decreto interdirettoriale 27.10.2003.

Risposta Previa revoca dell’autorizza-zione esistente, l’interessato può pre-sentare due nuove Dia, una per l’eser-cizio dell’attività di somministrazione prevista dall’articolo 3, comma 6, let-tera d),della legge 287/1991 e una per l’esercizio dell’attività di sala giochi ai sensi dell’articolo 86 del t.u.l.p.s. L’in-teressato dovrà indicare la misura delle superfici che verranno dedica-te alle due diverse attività, mantenen-do però il carattere di prevalenza per quella dedicata ai giochi. Il numero di apparecchi installabili di cui all’articolo 110, commi 6 o 7, risul-terà dalle disposizioni del decreto 18 gennaio 2007 in relazione alla super-ficie dedicata per la sala giochi, ovvero quella dichiarata nella Dia.

USO DEL CELLULARE DURANTE LA GUIDA DA PARTE DEGLI AGENTI DEL-LA POLIZIA MUNICIPALE

Quesito Se a un appartenente alla Po-lizia municipale, mentre si trova alla guida di un veicolo di servizio, suona il cellulare e dal numero di telefono che gli appare vede che è la centrale ope-rativa che lo sta chiamando, il suddet-to conducente del veicolo può rispon-dere al cellulare?

risPosta Attualmente tale caso è espres-samente disciplinato dall’art. 173 del codice della strada, che prevede una espressa deroga al divieto di fare uso durante la marcia di apparecchi radio-telefonici ovvero di usare cuffie sonore; infatti, per tale obbligo è fatta eccezio-ne per i conducenti dei veicoli delle for-ze armate e dei corpi di cui all’art. 138, comma 11, e di polizia nonché per i con-ducenti dei veicoli adibiti ai servizi delle strade, delle autostrade e al trasporto di persone in conto terzi. Per corpi di poli-zia non si intendono le forze di polizia e quindi possono rientrare in tale generi-ca classificazione anche i corpi di poli-zia locale. Ovviamente, per tutti vale la più generale regola del neminem laede-re, vale a dire che tale esenzione, al pa-ri di quella prevista dall’articolo 177 del codice della strada, non deve creare pe-ricolo per la circolazione. Pertanto, pur essendo possibile rispondere al cellula-re durante la marcia, è comunque con-sigliabile, ove possibile, accostarsi ed effettuare la fermata per rispondere, anche per dare un messaggio educativo agli altri utenti della strada, fermo re-stando che per qualsiasi corpo di polizia è concesso l’uso del cellulare anche du-rante la marcia.

PISTA CICLABILE IN SENSO CONTRA-RIO LUNGO UNA STRADA A SENSO UNICO

Quesito Lungo una strada a un senso di marcia è legittimo creare: 1) una pista ciclabile in direzione contraria al sen-so di marcia; 2) una pista ciclabile con il doppio senso di marcia?

risPosta L’articolo 6, comma 2, lett. a), del decreto ministeriale n. 557 del 30.11.1999, “Regolamento per la defi-nizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili”, stabilisce che le piste ciclabili, a unico o doppio senso di marcia, possono essere realizzate in senso contrario a quello della con-tigua corsia per i veicoli a motore sol-tanto qualora la sede sia fisicamente separata attraverso idonei spartitraf-fico longitudinali fisicamente invalica-bili. Il comma 4 dell’articolo 7 del me-desimo decreto ha specificato che “La larghezza dello spartitraffico fisica-mente invalicabile che separa la pista ciclabile in sede propria dalla carreg-giata destinata ai veicoli a motore, non deve essere inferiore a 0,50 m”.Inoltre, in merito al doppio senso di marcia, occorre evidenziare che il com-ma 4 dell’articolo 6 prevede che “Sal-vo casi particolari, per i quali occorre fornire specifica dimostrazione di vali-dità tecnica della loro adozione ai fini della sicurezza stradale, specialmen-te con riferimento alla conflittualità su aree di intersezione, non è consentita la realizzazione di piste ciclabili a dop-pio senso di marcia con corsie ubicate entrambe sullo stesso lato della piat-taforma stradale”. Pertanto, qualora si intenda garantire una circolazione ciclabile in entrambi i sensi di marcia, di norma occorre realizzare una pista per ogni senso nei lati opposti della carreggiata, salvo, appunto, casi par-ticolari per i quali è però indispensa-bile fornire una dimostrazione di vali-dità tecnica, soprattutto ai fini della si-curezza della circolazione dei ciclisti e degli altri utenti della strada.

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R a s s e g n a d i g i u R i s p R u d e n z aa cura di Francesca Palazzi

La composizione delle giunte:quote rosa e revoca degli assessoriLe disposizioni contenute nella legge finanziaria 2010 contengono modifiche molto rilevanti per l’ordinamento degli enti locali, tra le quali la riduzione del 20% dei consiglieri comunali e la fissa-zione di una soglia massima degli assessori comunali e provinciali (determinata in misura pari, ri-spettivamente per ciascun comune e per ciascuna provincia, a un quarto del numero dei consiglieri comunali e a un quinto del numero dei consiglieri provinciali). Il tema della composizione degli organi comunali e provinciali torna pertanto di stretta attualità. In particolare, il nuovo profilo della composizione numerica, sul quale la dottrina più attenta ha già evidenziato problemi interpretativi e applicativi (1), potrebbe pertanto affiancarsi ad altri aspetti, sempre inerenti alla composizione delle giunte, che molto spesso finiscono al vaglio dei giudici amministrativi. È il caso, per esempio, del mancato rispetto delle quote rosa e della revoca degli assessori. In questo numero della Rivista si propone quindi una rassegna di giurisprudenza che segnala, da un lato, le più recenti ordinanze dei TAR intervenute in merito al necessario rispetto del principio delle pari opportunità nella nomi-na dei componenti della giunta e, dall’altro, offre un aggiornamento giurisprudenziale sull’istituto della revoca degli assessori (si richiama, al riguardo, la rassegna specificamente dedicata a questo tema, pubblicata nel numero 4/2007 di questa Rivista).

(1) Proprio al fine di precisare tempestivamente e in modo univoco la decorrenza dell’efficacia delle disposizioni contenute nella legge finanziaria per il 2010 relative alla riduzione degli organi e degli apparati amministrativi, il Governo ha approvato il 13 gennaio 2010 un decreto-legge, recante “Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni” (in attesa di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale), che rinvia al 2011 la decorrenza dell’efficacia delle predette disposizioni.

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› Parte I

normativa di riferimentoart. 6, comma 3, d.lgs. n. 267 del 2000“Gli statuti comunali e provin-ciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125, e per promuovere la pre-senza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti”.

TAR MoLIse, sez. I,ordinanza 4 novembre 2009, n. 300Enti locali – Giunta provinciale – Decreto di nomina – Violazio-ne delle norme previste a tutela della rappresentanza femminile – Consiglieri provinciali di sesso maschile – Legittimazione al ri-corso – Va esclusa – Ragioni

Non appare assistito da sufficienti profili di fondatezza il ricorso per l’annullamento del decreto pre-sidenziale di nomina della giunta provinciale in quanto i consiglie-ri provinciali di sesso maschile che hanno proposto il gravame non appaiono legittimati a doler-si della violazione delle norme previste a tutela della rappre-

sentanza femminile in seno agli organi collegiali della provincia. In particolare, la legittimazione ad agire in giudizio in qualità di consiglieri deve ritenersi limitata alle ipotesi in cui venga in rilievo un’istanza di tutela dello ius ad officium; deve del pari escludersi la legittimazione dei ricorrenti in qualità di cittadini elettori non es-sendo prevista in subiecta mate-ria un’azione popolare. Infine, per le medesime ragioni, non appare sussistere neppure l’interesse all’impugnativa atteso che in ipo-tesi di accoglimento del gravame i ricorrenti, consiglieri ed elettori di sesso maschile, non potrebbe-ro trarne alcuna concreta utilità giuridica essendo loro preclusa

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la possibilità di aspirare a nomi-ne riservate a soggetti di sesso femminile.

TAR PUGLIA, Lecce, sez. I,ordinanza 21 ottobre 2009, n. 792Enti locali – Giunta comunale – Decreto di nomina degli as-sessori tutti di sesso maschile – Sospensione – Va disposta – Fattispecie

Va sospesa l’efficacia dei decre-ti con cui il sindaco ha nominato gli assessori facenti parte della giunta comunale, in violazione della disposizione statutaria che impone l’obbligo di assicurare la presenza in giunta di assessori di entrambi i sessi, non essendo as-solutamente sufficiente un sem-plice “sforzo” teso a raggiungere un simile risultato; si tratta, per-tanto, di una tipica obbligazione “di risultato” e non “di diligenza” che viene a integrare un vincolo alla scelta degli assessori e che non può essere derogata dagli accordi politici (cfr. TAR Puglia, Lecce, sez. I, ord. 23.9.2009, n. 740). Inoltre, l’applicazione della previsione statutaria non trova ostacolo nel fatto che le due don-ne presenti in consiglio comuna-le abbiano declinato l’offerta di entrare a far parte della giunta comunale, per motivi personali; la presenza in giunta di assesso-ri di entrambi i sessi può, infatti, essere assicurata anche attra-verso il ricorso alla possibilità di nominare esterni al consiglio co-munale prevista dalla normativa e dalla statuto.

TAR PUGLIA, Lecce, sez. I,ordinanza 23 settembre 2009, n. 740Enti locali – Giunta provinciale – Decreto di nomina degli assessori tutti di sesso maschile – Sospen-sione – Va disposta – Fattispecie

La previsione dello statuto pro-vinciale secondo la quale “il pre-

sidente della provincia nomina i componenti della giunta, tra cui un vicepresidente, secondo le modalità previste per legge e nel rispetto del principio delle pari opportunità, ai sensi dell’art. 27 della legge 25.3.1993, n. 81, sì da assicurare la presenza nella giunta di entrambi i sessi”, appare essere evidentemente caratteriz-zata dalla natura precettiva e non programmatica; deve pertanto essere assicurata la presenza in giunta di assessori di entrambi i sessi, non essendo assoluta-mente sufficiente un semplice “sforzo” teso a raggiungere un simile risultato; si tratta, pertan-to, di una tipica obbligazione “di risultato” e non “di diligenza” che viene a integrare un vincolo alla scelta degli assessori e che non può essere derogata dagli accordi politici (nel caso di specie, in acco-glimento dell’istanza cautelare di sospensione del decreto di nomi-na degli assessori – tutti di sesso maschile – della giunta provincia-le, il TAR ha ordinato al presidente della provincia di procedere alla modificazione della composizione della giunta provinciale, in modo tale da assicurare la presenza di entrambi i sessi).

TAR PUGLIA, BARI, sez. III, sentenza 18 dicembre 2008, n. 2913Enti locali – Giunta comunale – Composizione – Decreto del sin-daco di nomina degli assessori – Scelta di persone tutte di sesso maschile – Illegittimità – Fatti-specie

La norma dello statuto comunale secondo la quale “il sindaco, nella formazione della giunta, assicura la presenza dei due sessi” deve essere interpretata nel senso che essa impone al sindaco di porre in essere tutte le attività utili e necessarie affinché l’organo ese-cutivo del comune – cioè la giun-ta – risulti composto da persone appartenenti ad ambo i sessi,

nonché di dare conto, nel prov-vedimento con il quale designa gli assessori, dell’espletamento delle attività svolte e delle ragioni per le quali esse, eventualmente, non hanno sortito il risultato uti-le, e cioè di avere la disponibilità di persone di ambo i sessi per la formazione della giunta. In tal senso è evidente che lo sta-tuto indubbiamente limita la di-screzionalità di cui il sindaco gode nella scelta dei propri assessori, scelta che, per tale ragione, non deve necessariamente privilegia-re il dato politico. Ne consegue la illegittimità del decreto con il quale il sindaco ha nominato i componenti della giunta comuna-le scegliendoli, tutti, tra persone di sesso maschile, qualora il sin-daco abbia adottato un criterio di massima per la individuazione dei futuri assessori (chiamata dei consiglieri dello schieramen-to eletti con il maggior numero di voti) e, una volta preso atto che tale criterio portava alla indivi-duazione dei futuri assessori solo in persone di sesso maschile, egli – erroneamente ritenendo di non esservi tenuto – non abbia posto in essere alcuna ulteriore attività allo scopo di verificare la disponi-bilità, tra le persone a lui legate da rapporto di fiducia, di donne disponibili ad assumere la carica di assessore. con ciò facendo il sindaco ha palesemente disatteso il portato dello statuto comunale.

TAR PUGLIA, BARI, sez. III,ordinanza 12 settembre 2008, n. 474Enti locali – Giunta comunale – Composizione – Principio delle pari opportunità – Decreto sin-dacale di nomina degli assessori tutti di sesso maschile – Sospen-sione – Fattispecie

La previsione dello statuto co-munale che preclude al sindaco di scegliere tutti gli assessori tra persone del medesimo sesso, anche in una lettura costituzio-

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nalmente orientata, non limita la discrezionalità del sindaco nella nomina dei componenti la giunta; piuttosto, deve ritenersi che la nor-ma in esame faccia carico al sinda-co di adoperarsi al fine di favorire la rappresentanza di entrambi i sessi all’interno del predetto orga-no. L’effettiva esplicazione di tale attività del sindaco, ove non si con-cretizzi nella nomina di persone di sesso diverso in seno alla giunta municipale, deve trovare almeno un riscontro effettivo nella motiva-zione dei provvedimenti di nomina dei vari assessori, la quale deve il-lustrare le ragioni che impediscono l’attuazione del principio delle pari opportunità (nel caso di specie, il giudice ha disposto la sospensione dell’efficacia del decreto di nomina dei componenti della giunta, tutti di sesso maschile, e ordinato al sin-daco di provvedere, entro 8 giorni dalla comunicazione del provvedi-mento, alla rinnovazione delle no-mine dei componenti della giunta, attenendosi ai principi indicati).

› Parte II

normativa di riferimentoart. 46, comma 4, d.lgs. n. 267 del 2000“Il sindaco e il presidente della provincia possono revocare uno o più assessori, dandone motiva-ta comunicazione al consiglio.”

TAR PUGLIA, Lecce, sez. I,ordinanza 21 ottobre 2009, n. 788Enti locali – Assessori comuna-li – Revoca – Presupposti – Fat-tispecie – Decreto di revoca che trova giustificazione nell’accor-do in ordine all’alternanza tra due assessori raggiunto in seno a una delle forze politiche che sostengono il sindaco – Istanza di sospensione – Va accolta

La revoca dell’assessore è carat-terizzata da una natura essenzial-mente differente dal provvedimen-to di nomina (che è espressione di pura scelta politica) e costituisce comunque un modo per dare ap-plicazione alle previsioni costitu-zionali dell’imparzialità e del buon andamento della p.a. previste dall’art. 97 della costituzione. In questa prospettiva, la revoca può essere pertanto giustificata da fatti tali da porre in pericolo l’efficienza dell’azione ammini-strativa o da fatti di apprezzabile rilevanza politica, fatta comun-que salva la necessaria garanzia di una effettiva collegialità e della possibile discussione delle scelte amministrative.In questa prospettiva, il decreto di revoca della nomina ad assessore non può certamente trovare giu-stificazione nell’accordo in ordine all’alternanza alla carica di asses-sore raggiunto in seno a una delle forze politiche che sostengono il sindaco. A prescindere da ogni problemati-ca relativa alla validità di un simile accordo (validità che si presenta al-tamente problematica, in conside-razione dell’innegabile contrasto di un simile accordo con interessi pubblicistici di indubbio rilievo, come quello al buon andamento dell’amministrazione o al rispetto della volontà del corpo elettorale), la sezione non può, infatti, manca-re di rilevare come nella fattispe-cie siano del tutto assenti, a diffe-renza di altre vicende decise dal TAR, quei rischi per la compattezza della maggioranza che potrebbero giustificare un provvedimento di revoca (nella fattispecie concreta è, infatti, del tutto indubbio come la problematica dell’alternan-za tra i due assessori costituisca una vicenda puramente interna a una delle componenti della mag-gioranza e non influisca per nulla sulla determinazione di detta forza politica di sostenere l’attuale am-ministrazione comunale).

coNsIGLIo dI sTATo, sez. V, sentenza 12 ottobre 2009, n. 62531. Enti locali – Assessori comu-nali – Revoca – Obbligo di motiva-zione – Valutazione – Criterio2. Enti locali – Assessori comu-nali – Revoca – Comunicazione di avvio del procedimento – Neces-sità – Va esclusa

1. La revoca dell’incarico di as-sessore è posta essenzialmente nella disponibilità del sindaco o del presidente della provincia e la comunicazione motivata è ten-denzialmente diretta al mante-nimento di un corretto rapporto collaborativo tra sindaco-giunta/presidente provincia-giunta e il consiglio comunale o provinciale, il quale potrebbe eventualmente opporsi a un atto del genere, ma con l’estremo rimedio della mo-zione di sfiducia motivata (art. 37, legge 142/1990, come sostituito dall’art. 18, legge 81/1993, e art. 52 d.lgs. 267/2000), che però com-porta in caso di approvazione lo scioglimento del consiglio stesso; l’obbligo di motivazione del prov-vedimento di revoca dell’incarico di un singolo assessore (o di più assessori) va valutato nel de-scritto quadro normativo, ed esso può senz’altro basarsi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico-amministrative, rimesse in via esclusiva al sindaco o al pre-sidente della provincia, tenendo conto sia di esigenze di carattere generale, quali per esempio rap-porti con l’opposizione o rapporti interni alla maggioranza consi-liare, sia di particolari esigenze di maggiore operosità ed efficienza di specifici settori dell’ammini-strazione locale o per l’affievolirsi del rapporto fiduciario tra il capo dell’amministrazione e singolo assessore; tenendo presente che trattasi non di un tipico procedi-mento sanzionatorio ma di una revoca di un incarico fiduciario difficilmente sindacabile in sede di legittimità se non sotto i profili

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formali e l’aspetto dell’evidente arbitrarietà, in relazione all’am-pia discrezionalità spettante al capo dell’amministrazione locale (cfr., con riferimento alla revoca del presidente del consiglio co-munale e alla revoca di un con-sigliere comunale componente di una comunità montana, le recenti decisioni di questa sezione, ri-spettivamente, 3.4.2004, n. 1042 e 7.9.2004, n. 5864)”. d’altro canto, all’atto della nomina ad assessore nessuna particola-re motivazione è stata richiesta e neppure una disamina di titoli o una loro comparazione tra più aspiranti (se ciò accade nelle se-grete stanze non ha comunque rilievo per la designazione e l’in-vestitura). si tratta di riconosci-menti conseguiti in sede politica e rispetto ai quali valgono le regole generali di quest’ultima: rispon-dere cioè ogni contegno a valu-tazioni ampiamente e sostanzial-mente discrezionali. così inquadrato il fenomeno, ben si comprende come l’unico de-stinatario di una comunicazione motivata sia l’organo consiliare perché in quella sede possano assumersi le determinazioni poli-tiche inerenti le scelte del prepo-sto all’amministrazione. sarebbe invero contrario a qualsiasi logica che, dopo aver dato alla figura sin-dacale una autonomia e una per-sonificazione del potere di rara incidenza nell’assetto istituziona-le, si debbano poi assoggettare i profili più squisitamente organiz-zativi dell’azione di quel soggetto a una serie di vagli di tipo esclusi-vamente formale, quale è in fon-do l’esternazione di un discorso giustificativo. La prassi politica usa, quando oc-corre, le motivazioni in senso en-fatico e non strutturale, per sotto-lineare gli assunti e non per dare una spiegazione logica e comples-siva delle decisioni prese.2. La revoca dell’incarico di as-sessore comunale è immune dalla

previa comunicazione dell’avvio del procedimento in considerazione della specifica disciplina normati-va vigente in materia. si è precisato che (cfr. decisione n. 209/2007): “le prerogative della partecipazione possono essere in-vocate quando l’ordinamento pren-de in qualche modo in considera-zione gli interessi privati in quanto ritenuti idonei a incidere sull’esito finale per il migliore perseguimen-to dell’interesse pubblico, mentre tale partecipazione diventa indif-ferente in un contesto normativo nel quale la valutazione degli inte-ressi coinvolti è rimessa in modo esclusivo al sindaco, cui compete in via autonoma la scelta e la re-sponsabilità della compagine di cui avvalersi per l’amministrazio-ne del comune nell’interesse della comunità locale, con sottopozione del merito del relativo operato uni-camente alla valutazione del con-siglio comunale (è sostanzialmen-te in tal senso il parere di questo consiglio, sez. I, n. 4391/2005)”.

TAR cALABRIA, cATANzARo, sez. II,sentenza 8 ottobre 2009, n. 10361. Enti locali – Assessori comunali – Potere di revoca attribuito al sin-daco dall’art. 46 d.lgs. 267/2000 – Natura amministrativa2. Enti locali – Assessori comu-nali – Revoca – Motivazione – Ve-nire meno del rapporto fiducia-rio – Legittimità3. Enti locali – Assessori comu-nali – Revoca – Comunicazione di avvio del procedimento – Neces-sità – Non sussiste

1. Il potere di interrompere il rap-porto in corso con l’assessore o con gli assessori che fanno parte della giunta, attribuito al sindaco dall’art. 46 del d.lgs. 18.8.2000, n. 267, ha natura amministrativa e non politica. (cons. stato, sez. V, 23.1.2007, n. 209).2. È legittimo il decreto del sin-daco con il quale è stata revocata la nomina di un assessore comu-

nale, a causa del venir meno del rapporto fiduciario. Tale motivazione deve ritenersi sufficiente in ragione dell’ampio potere discrezionale di cui gode l’organo di governo titolare del po-tere di revoca (tra le altre, cons. stato, sez. V, 21.1.2009, n. 280). In particolare, l’obbligo della mo-tivazione può senz’altro “ritenersi assolto ove la motivazione si fondi sulle più ampie valutazioni di op-portunità politico-amministrati-ve, rimesse in via esclusiva al sin-daco o presidente della provincia, attinenti a esigenze sia di carat-tere generale (quali i rapporti con l’opposizione od i rapporti interni alla maggioranza consiliare), sia di carattere particolare (quali la necessità di maggiore operosità ed efficienza in specifici setto-ri dell’amministrazione locale o l’affievolirsi del rapporto fiducia-rio tra il capo dell’amministra-zione e singolo assessore), senza che occorra specificare i singoli comportamenti addebitati all’in-teressato; tanto avuto riguardo alla natura del procedimento, non tipico sanzionatorio bensì di revoca di un incarico fiduciario, insindacabile in sede di legittimi-tà – se non sotto profili formali e di manifesta irragionevolezza od illogicità – stante l’anzidetta, am-pia discrezionalità spettante al capo del governo locale” (cons. stato, sez. V, n. 280/2009 cit.).3. Il provvedimento di revoca della nomina di un assessore comunale non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento, in quanto “le prerogative della partecipazione possono essere invocate quando l’ordinamento prende in qualche modo in considerazione gli in-teressi privati in quanto ritenuti idonei a incidere sull’esito fina-le per il migliore perseguimento dell’interesse pubblico, mentre tale partecipazione diventa indif-ferente in un contesto normativo nel quale la valutazione degli

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interessi coinvolti è rimessa in modo esclusivo al sindaco, cui compete in via autonoma la scelta e la responsabilità della compa-gine di cui avvalersi per l’ammi-nistrazione del comune nell’in-teresse della comunità locale, con sottoposizione del merito del relativo operato unicamente alla valutazione del consiglio co-munale” (cons. stato, sez. V, n. 280/2009 cit.).

TAR PUGLIA, Lecce, sez. I,ordinanza 23 settembre 2009, n. 741Enti locali – assessori comunali – revoca – presupposti – indivi-duazione – fattispecie

La revoca dell’assessore è carat-terizzata da una natura essenzial-mente differente dal provvedimen-to di nomina (che è espressione di pura scelta politica) e costituisca comunque un modo per dare ap-plicazione alle previsioni costitu-zionali dell’imparzialità e del buon andamento della p.a. previste dall’art. 97 della costituzione; in questa prospettiva, la revoca può essere pertanto giustificata da fatti tali da porre in pericolo l’effi-cienza dell’azione amministrativa o da fatti di apprezzabile rilevanza politica, fatta comunque salva la necessaria garanzia di una effet-tiva collegialità e della possibile discussione delle scelte ammini-strative. Ne consegue che va di-sposta la sospensione del decreto di revoca, motivato con riferimen-to al fatto che l’assessore avreb-be presuntamene manifestato “in pubblico disprezzo nei confronti del sindaco con ripercussioni sul prestigio e sull’operato dell’at-tività amministrativa”, qualora emerga pienamente come i fatti posti a base della revoca non ab-biano alcun riscontro nella realtà e la documentazione depositata in giudizio evidenzi chiaramente la sostanziale mancanza di contra-sto politico, amministrativo o per-sonale tra il sindaco e l’assesso-

re revocato, fino all’adozione del provvedimento impugnato.

coNsIGLIo dI sTATo, sez. V,ordinanza 23 agosto 2009, n. 4378Enti locali – Assessori comunali – Revoca – Natura – Atto sinda-cale connotato dalla più ampia discrezionalità di carattere poli-tico-amministrativo – Particola-re motivazione – Necessità – Va esclusa

La revoca degli assessori costi-tuisce, non diversamente dalla nomina, atto sindacale connotato dalla più ampia discrezionalità di carattere politico-amministrativo e non abbisogna di una partico-lare motivazione (cfr., tra le più recenti, ord. n. 4015/2009 e dec. n. 280/2009).

TAR eMILIA-RoMAGNA, BoLoGNA,sez. ii, sentenza 6 aprile 2009, n. 3961. Enti locali – Assessori comu-nali – Revoca – Natura giuridica – Individuazione2. Enti locali – Assessori co-munali – Revoca – Comunica-zione di avvio del procedimen-to – Necessità – Va esclusa 3. Enti locali – Assessori comunali – Revoca – Motivazione – Criterio4. Enti locali – Assessori comu-nali – Revoca – Legittimità – Fat-tispecie

1. L’atto di revoca dell’assessore comunale non rientra fra gli atti politici e perciò non impugnabile davanti al giudice amministra-tivo alla stregua dell’art. 31 t.u. sul consiglio di stato di cui al regio decreto 26.6.1924, n. 1054; di conseguenza, deve ritenersi ammissibile l’impugnativa di un atto del genere davanti al giudice amministrativo, in quanto posto in essere da un’autorità ammi-nistrativa e nell’esercizio di un potere amministrativo, sia pure ampiamente discrezionale (cons. stato, sez. V, n. 209/2007).

2. L’atto di revoca dell’incarico di assessore non è soggetto all’ob-bligo della comunicazione di av-vio del relativo procedimento in considerazione della specifica disciplina normativa che regola i rapporti sindaco-assessore. Inve-ro, le norme in materia di parteci-pazione possono essere invocate quando l’ordinamento prende in qualche modo in considerazione gli interessi privati in quanto rite-nuti idonei a incidere sull’esito fi-nale per il migliore perseguimen-to dell’interesse pubblico, mentre tale partecipazione diventa indif-ferente in un contesto normativo nel quale la valutazione degli inte-ressi coinvolti è rimessa in modo esclusivo al sindaco, cui compete in via autonoma la scelta e la re-sponsabilità della compagine di cui avvalersi per l’amministrazio-ne del comune nell’interesse della comunità locale, con sottopozione del merito del relativo operato unicamente alla valutazione del consiglio comunale. Per questo il relativo procedimento è sempli-ficato al massimo per consenti-re un’immediata soluzione della crisi intervenuta nell’ambito del governo locale, articolandosi nei seguenti passaggi: valutazione della situazione da parte del sin-daco, scelta sindacale di modifi-care la composizione della giunta nell’interesse della comunità lo-cale e comunicazione motivata di ciò al consiglio comunale, senza l’interposizione della comunica-zione dell’avvio del procedimento all’assessore assoggettato alla revoca, la cui opinione è irrile-vante per la normativa attuale salvo che non venga fatta propria dal consiglio comunale (si veda cons. stato, sez. V, n. 209/2007).3. La revoca dell’incarico di as-sessore è posta essenzialmente nella disponibilità del sindaco e la comunicazione al consiglio è tendenzialmente diretta al man-tenimento di un corretto rapporto collaborativo tra sindaco-giunta

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e il consiglio comunale, il quale potrebbe eventualmente oppor-si a un atto del genere, ma con l’estremo rimedio della mozio-ne di sfiducia motivata (art. 37, legge 142/1990, come sostituito dall’art. 18, legge 81/1993 e art. 52 d.lgs. 267/2000), che però comporta in caso di approvazio-ne lo scioglimento del consiglio stesso; l’obbligo di motivazio-ne del provvedimento di revoca dell’incarico di un singolo asses-sore (o di più assessori), quindi, va valutato nel suesposto quadro normativo ed esso può senz’altro basarsi sulle più ampie valutazio-ni di opportunità politico-ammi-nistrativa, rimesse in via esclu-siva al sindaco, tenendo conto sia di esigenze di carattere generale, quali per esempio dei rapporti con l’opposizione o rapporti in-terni alla maggioranza consilia-re, sia di particolari esigenze di maggiore operosità ed efficienza di specifici settori dell’ammini-strazione locale o dell’affievolirsi del rapporto fiduciario tra il capo dell’amministrazione e il singolo assessore (cfr. cons. stato, sez. V, n. 209/2007 e, con riferimen-to alla revoca del presidente del consiglio comunale e alla revoca di un consigliere comunale com-ponente di una comunità monta-na, cons. stato, sez. V, 3.4.2004, n. 1042 e 7.9.2004, n. 5864).4. È legittimo l’atto di revoca dell’incarico di assessore motiva-to con riferimento al venir meno del rapporto di fiducia a seguito dell’atto di remissione delle dele-ghe e, inoltre, a seguito di un giu-dizio non positivo circa l’espleta-mento delle funzioni in materia di sanità per scarsità di tempo dispo-nibile e circa la necessità di sosti-tuzione in sede di trattazione delle problematiche di bilancio. Invero già la remissione delle deleghe è di per sé è sufficiente a giusti-ficare il venir meno del rapporto fiduciario e a escludere aspetti di arbitrarietà nel provvedimento.

TAR cALABRIA, cATANzARo, sez. II, sentenza 16 marzo 2009, n. 285Enti locali – Assessori comuna-li e provinciali – Revoca – Moti-vazione – Esistenza di “mutate esigenze programmatiche” – Il-legittimità

È illegittimo il provvedimento di revoca della nomina ad asses-sore comunale motivato con ri-ferimento all’esistenza di “mu-tate esigenze programmatiche”, considerato che tale motivazione deve ritenersi solo apparente. La genericità dell’affermazione non è, infatti, idonea a consen-tire un controllo giurisdizionale finalizzato a verificare la non ar-bitrarietà dell’esercizio del po-tere (cfr. TAR Puglia, Lecce, sez. I, 22.11.2007, n. 3958). Il cambia-mento della strategia di governo, è bene puntualizzare, potrebbe di per sé giustificare astrattamente la revoca ma soltanto se il sinda-co, da un lato, espliciti quali sia-no gli indirizzi politici che hanno subito una variazione nell’azione del governo locale, dall’altro in-dichi quali siano le ragioni per le quali gli assessori in carica non risultino più “compatibili” con tali mutate esigenze. In altri termini il provvedimento di revoca deve specificare le cause “che hanno fatto venire meno il rapporto di carattere fiduciario” (cons. sta-to, sez. V, 1.2.2000, n. 539). In mancanza di tale esternazione non è possibile effettuare alcun controllo giurisdizionale volto a verificare la non arbitrarietà dell’esercizio del potere e dunque la congruenza dello stesso con la funzione tipica del potere stesso.

TAR cALABRIA, cATANzARo, sez. II, sentenza 17 febbraio 2009, n. 1541. Enti locali – Assessori comuna-li e provinciali – Provvedimento di revoca – Natura amministra-tiva – Controllo giurisdizionale – Strumenti

2. Enti locali – Assessori comu-nali e provinciali – Provvedimen-to di revoca – Motivazione –Mu-tate esigenze programmatiche

1. La revoca dell’assessore comu-nale o provinciale, ai sensi dell’art. 45 del d.lgs. 18.8.2000, n. 267, è un provvedimento amministrativo che, in ragione del principio di le-galità-indirizzo, deve perseguire gli interessi pubblici previsti dalla legge e concretizzati nel corso del procedimento amministrativo che conduce all’emanazione dell’atto finale. Al contempo, la natura del rapporto esistente tra il sindaco e l’assessore e la ampiezza dei fini che caratterizza l’azione am-ministrativa della giunta comu-nale giustifica in capo al sindaco un ampio potere discrezionale. Tale ampiezza di potere non deve però debordare in arbitrio deci-sionale dovendo pur sempre il suo esercizio essere finalizzato a perseguire l’interesse pubbli-co previsto dalla legge. In questa prospettiva, si spiega il disposto dell’art. 46, comma 4, secondo cui il sindaco deve dare “motiva-ta comunicazione al consiglio” (corsivo aggiunto). In mancanza di altri vincoli posti dal legislatore a “garanzia” della sfera giuridica del destinatario del provvedimen-to di revoca, l’unico strumento per consentire il controllo giu-risdizionale è quello di valutare e sindacare l’iter motivazionale espresso nel provvedimento.2. È illegittimo il provvedimento di revoca dalla carica di assesso-re comunale, motivato con rife-rimento all’esistenza di “mutate esigenze programmatiche”; la genericità dell’affermazione, a prescindere da quali siano i “sog-getti destinatari” della stessa, non è, infatti, idonea a consen-tire un controllo giurisdizionale finalizzato a verificare la non ar-bitrarietà dell’esercizio del po-tere (cfr. TAR Puglia, Lecce, sez. I, 22.11.2007, n. 3958). Il cambia-

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mento della strategia di governo, è bene puntualizzare, potrebbe di per sé giustificare astrattamente la revoca ma soltanto se il sinda-co, da un lato, espliciti quali sia-no gli indirizzi politici che hanno subito una variazione nell’azione del governo locale, dall’altro in-dichi quali siano le ragioni per le quali gli assessori in carica non risultino più “compatibili” con tali mutate esigenze. In altri termini, il provvedimento di revoca deve specificare le cause “che hanno fatto venire meno il rapporto di carattere fiduciario” (cons. stato, sez. V, 1.2.2000, n. 539).

coNsIGLIo dI sTATo, sez. V,sentenza 21 gennaio 2009, n. 280

1. Enti locali – Assessori comunali e provinciali – Revoca – Comuni-cazione di avvio del procedimento – Necessità – Va esclusa2. Enti locali – Assessori comunali e provinciali – Revoca – Motivazio-ne – Fattispecie

1. La revoca dell’incarico di as-sessore comunale è immune dal-la previa comunicazione dell’avvio del procedimento in considerazio-ne della specifica disciplina nor-mativa vigente in materia, giacché “le prerogative della partecipazio-ne possono essere invocate quan-do l’ordinamento prende in qual-che modo in considerazione gli interessi privati in quanto ritenuti idonei a incidere sull’esito fina-le per il migliore perseguimento dell’interesse pubblico, mentre tale partecipazione diventa indif-ferente in un contesto normativo nel quale la valutazione degli inte-ressi coinvolti è rimessa in modo esclusivo al sindaco, cui compete in via autonoma la scelta e la re-sponsabilità della compagine di cui avvalersi per l’amministrazio-ne del comune nell’interesse della comunità locale, con sottoposizio-ne del merito del relativo operato unicamente alla valutazione del

consiglio comunale”. Perciò, al fine di consentire di risolvere im-mediatamente la crisi verificatasi nell’ambito del governo locale, il procedimento in questione è “sem-plificato al massimo” e si articola nella valutazione della situazione da parte del sindaco, nella scelta sindacale di modificare la compo-sizione della giunta nell’interes-se della comunità locale e nella comunicazione motivata di ciò al consiglio comunale, “senza l’in-terposizione della comunicazione dell’avvio del procedimento all’as-sessore assoggettato alla revoca, la cui opinione è irrilevante per la normativa attuale salvo che non venga fatta propria dal consiglio comunale”.2. Il provvedimento di revoca di un assessore comunale fondato espressamente sul venir meno del rapporti di fiducia tra il sin-daco e l’assessore, nella consi-derazione che il medesimo “ha assunto in varie occasioni, anche pubbliche, un atteggiamento non consono ai doveri di pubblico am-ministratore” e “ha tenuto com-portamenti contrari alla lealtà nei confronti del sindaco e della giunta incidendo negativamente sull’operato e immagine di tali organi e creando un clima di ten-sione interno alla maggioranza politica” deve ritenersi legittimo, in quanto tale motivazione va ap-prezzata come congrua, adegua-ta e quindi valida a sorreggere lo stesso provvedimento, il quale mostra che l’esercizio da parte del sindaco del potere conferito-gli dall’art. 46, ultimo comma, del d.lgs. n. 267 del 2000 è giustifica-to da ragioni di opportunità poli-tico-amministrative di carattere, si, particolare, stanti i contrasti insorti tra sindaco e assessore e nell’ambito della giunta, ma anche generale, stanti i riflessi esterni della manifestazione an-che in occasioni pubbliche di tali contrasti; contrasti già di per sé utili ad accreditare l’enunciazione

del venir meno di quel giudizio, espresso attraverso gli atti di no-mina e di delega, di fiducia sulla idoneità del nominato a rappre-sentare gli indirizzi del sindaco delegante e a perseguirne gli obiettivi programmatici.

TAR LoMBARdIA, MILANo, sez. I,sentenza 28 luglio 2008, n. 30451. Enti locali – Assessore comu-nale – Revoca – Comunicazione di avvio del procedimento – Ne-cessità2. Enti locali – Assessore comu-nale – Revoca – Annullamento in s.g. – Domanda di risarcimento del danno all’immagine – Non può essere accolta – Fattispecie

1. Anche se la natura di rappor-to fiduciario consente al sindaco di revocare in qualsiasi momen-to l’atto di nomina ad assessore, l’obbligo di far precedere l’atto di revoca da una comunicazione di avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 7 della legge 7.8.1990, n. 241, trova pur sempre appli-cazione anche nella fattispecie in esame prescindendo, “in linea di principio” dall’urgenza e/o dalle modalità del tipo di contrasto in-sorto tra il sindaco e l’assessore; ne consegue che è illegittimo il provvedimento con il quale il sin-daco dispone la revoca della no-mina di un assessore comunale nel caso in cui tale provvedimento non sia preceduto dalla comuni-cazione all’interessato dell’inizio del procedimento e non esplichi le concrete ragioni che hanno indotto per esigenze di celerità a omettere la comunicazione di cui all’art. 7 della legge 7.8.1990, n. 241 (TAR Molise, 28.3.2006, n. 235; TAR Friuli Venezia Giulia 20.5.2005, n. 478; nel senso che l’avviso di avvio del procedimen-to debba concedere al destinata-rio un termine “non simbolico o minimale” per poter contraddire agli assunti della p.a. cfr. TAR La-zio, sez. II, 7.11.2007, n. 13361).

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2. Non può essere accolta la do-manda di risarcimento del danno all’immagine derivante provo-cato dalla revoca dell’incarico di assessore comunale, dovendosi ritenere che gli effetti, per ipo-tesi, lesivi derivanti dalla revoca dell’incarico siano elisi dalla sen-tenza che annullando la rimozio-ne, ripristina lo status quo ante, tenuto anche conto della celerità del giudizio.

TAR cALABRIA, cATANzARo, sez. II, sentenza 16 maggio 2008, n. 508

1. Enti locali – Assessore provin-ciale – Revoca – Atto del presi-dente della provincia – In vigen-za dell’art. 16 della l. n. 81/1993 – Legittimità 2. Enti locali – Assessore provin-ciale – Revoca – Comunicazione di avvio del procedimento – Omis-sione – Legittimità – Fattispecie

1. In materia di nomina e revo-ca degli assessori, anche nella vigenza dell’art. 16 della legge 25.3.1993, n. 81 – il quale testual-mente stabiliva che: “1. L’art. 34 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è sostituito dal seguente: «Art. 34 (elezione del sindaco e del presidente della provincia – No-mina della giunta). 1. Il sindaco e il presidente della provincia sono eletti dai cittadini a suffra-gio universale e diretto secondo le disposizioni dettate dalla legge e sono membri dei rispettivi con-sigli. 2. Il sindaco e il presidente della provincia nominano i com-ponenti della giunta, tra cui un vicesindaco e un vicepresidente, e ne danno comunicazione al con-

siglio nella prima seduta succes-siva alla elezione unitamente alla proposta degli indirizzi generali di governo. Il consiglio discute e approva in apposito documento gli indirizzi generali di governo. 3. chi ha ricoperto in due mandati consecutivi la carica di assessore non può essere nel mandato suc-cessivo ulteriormente nominato assessore. 4. Il sindaco può revo-care uno o più assessori, dandone motivata comunicazione al consi-glio.»” – deve ritenersi legittimo l’atto con il quale il presidente della provincia ha revocato il con-ferimento della carica di compo-nente della giunta provinciale, in quanto anche se effettivamente la norma citata attribuisce esclusi-vamente al sindaco o al presiden-te della provincia, non più eletto dal consiglio, ma designato dal corpo elettorale, la potestà di no-minare uno o più assessori, pre-vedendo di darne solo motivata comunicazione al consiglio, pure se la disposizione si riferiva let-teralmente solo al sindaco, – per la revoca degli assessori – era in-dubbiamente estensibile anche al presidente della provincia.2. È legittimo l’atto di revoca di un assessore provinciale in caso di omissione della comunicazione di avvio del procedimento qualora il presidente della provincia abbia in più di una occasione invitato l’assessore interessato a tenere un atteggiamento maggiormente in linea con le scelte politico – amministrative dell’ente cosicché nessun utile apporto alla vicenda avrebbe potuto aver luogo con la richiesta comunicazione di avvio del procedimento di revoca.

TAR PUGLIA, Lecce, sez. I,ordinanza 9 gennaio 2008, n. 121. Enti locali – Assessori comu-nali e provinciali – Dimissioni – Revoca dell’assessore non di-missionario – Illegittimità 2. Enti locali – Assessori co-munali e provinciali – Revoca dall’incarico in ragione dell’an-nunciata composizione della giunta con elementi a scelta c.d. “tecnica” – Illegittimità3. Enti locali – Assessori comunali e provinciali – Revoca – Manca-to riferimento al venir meno del rapporto di fiducia con il sindaco e alla inadeguatezza a svolgere l’at-tività conferita – Illegittimità

1. Le dimissioni presentate da al-tri componenti della giunta non giustificano di per sé la revoca dell’assessore che non ha aderito al medesimo comportamento ab-dicatario.2. È illegittimo l’atto di revoca dall’incarico di assessore adottato in ragione dell’annunciata compo-sizione della giunta con elementi a scelta c.d. “tecnica”, che non può essere ragione di per sé valida e sufficiente a togliere la legitti-mazione alla gestione della cosa pubblica ai consiglieri eletti diret-tamente dai cittadini sulla base del programma politico-amministrati-vo dagli stessi proposto agli eletto-ri con l’adesione a una lista.3. È illegittimo l’atto di revoca dall’incarico di assessore che non reca alcun rilievo a lui riferibile né in termini di venuta meno della fi-ducia con il sindaco, né in termini di sua inadeguatezza a svolgere nell’interesse pubblico l’attività a esso conferita con la nomina.

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