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Comune di Genzano di Roma Sala delle Armi 27/09/2014

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Comune di Genzano di Roma

Sala delle Armi 27/09/2014

Negli ultimi anni si è verificato un aumento del consumo di pesce crudo, favorito da diversi fattori, quali la ricerca di nuove proposte gastronomiche, lo sviluppo del turismo internazionale,l’ampliamento degli scambi culturali, le nuove mode alimentari e la cosidetta ”ristorazione di tendenza”. Il suo consumo tuttavia comporta, sicuramente, un maggior rischio di intossicazioni e infezioni causate da batteri patogeni e di infezioni da parte di parassiti che provocano sintomi gastroenterici (problema relativo non solo al pesce crudo, ma anche ad altri alimenti come carni,uova, latticini).

Particolarmente importanti, soprattutto nella stagione estiva che favorisce gite anche di tipo gastronomico, sono le infezioni da Salmonella e le zoonosi causate dalla Anisakiasi e l’Opistorkiasi Queste patologie diffuse in passato in realtà geografiche circoscritte (Giappone, Paesi Scandinavi) si stanno diffondendo anche nel nostro Paese causa anche la internazionalizzazione degli scambi importativi di alimenti e di mode alimentari.

Nuove abitudini alimentari e rischio infettivo

Le infezioni causate dalla Salmonella di per sé non sono gravi presentando la classica sintomatologia data da diarrea, febbre, vomito e nausea , anche se, in alcuni casi, come quelli verificatesi in America - aprile 2012 e provocati dalla ingestione di tonno contaminato, hanno portato al ricovero ospedaliero per la particolare aggressione dei sintomi addominali quali diarrea e vomito.

Il 23 aprile 2012 la US National Focal Point RSI ha riferito all'OMS il primo focolaio di Salmonella e un totale di 200 persone sono state infettate con i ceppi epidemici di Salmonella Bareilly o Salmonella Nchanga Sforzi investigativi con collaborazioni di stato, locali e federali agenzie di sanità pubblica americane hanno portato alla conclusione che il prodotto grezzo congelato tonno pinna gialla, noto come Scrape Nakaochi, importato da Moon Marine USA Corporation, Cupertino, in California, è stata la fonte probabile di questo focolaio.

Questo prodotto proveniva da un unico impianto di lavorazione del tonno, la Luna pesca Pvt. Ltd., in Aroor, in India. Lo Scrape Nakaochi è backmeat di tonno che può essere utilizzato per la preparazione di sushi, sashimi e piatti simili e può essere presentato nei ristoranti anche come una tartare di tonno.

Il Ministero della Salute ha pubblicato la relazione 2013 sul Sistema di Allerta Rapido Comunitario (RASFF). I principali rischi notificati attraverso il RASFF sono i contaminanti microbiologici, i contaminanti chimici e altre irregolarità quali immissione sul mercato di Novel food non autorizzati e la presenza di sostanze allergiche non dichiarate in etichetta. Tra i contaminanti biologici, un elevato numero di notifiche riguardano il riscontro della Salmonella (482 notifiche contro le 409 del 2012 e 396 del 2013). Nel corso dell’anno c’è stato, se riferito al 2012 e 2011, un incremento di notifiche riguardanti il riscontro di E. coli e Norovirus in prodotti alimentari. Tale incremento è probabilmente collegato ad un maggior controllo mirato per la ricerca di questi patogeni . Nel 2013 si è verificata una flessione di notifiche di Anisakis in controtendenza rispetto agli anni precedenti.

Risale al 20 maggio 2012 la segnalazione di casi di infezione da Anisakis in Spagna con un aumento pari al 39% rispetto all’anno 2011 per consumo di pesce crudo o poco cotto pescato nell’atlantico il che ha condotta Società Spagnola di Parassitologia ad avviare uno studio epidemiologico in collaborazione con l'Università Complutense di Madrid che ha evidenziato che le infestazioni di larve di Anisakis nell'Atlantico nel 2012 sono quadruplicate “

I PRINCIPALI RISCHI MICROBIOLOGICI NOTIFICATI ATTRAVERSO IL RASFF (FONTE MINISTERO DELLA SALUTE RELAZIONE 2013 SUL SISTEMA DI ALLERTA)

L’Anisakiasi è una zoonosi causata dall’ingestione di pesce crudo o poco cotto contaminato da larve di un nematode (Anisakis Simplex). Questo nematode (ovvero, piccolo verme) ha la caratteristica di migrare dalle viscere del pesce alle sue carni se, quando catturato, non viene prontamente eviscerato. E’ lungo da uno a tre centimetri, di colore bianco o rosato, sottile come un capello, e lo si può riconoscere, anche ad occhio nudo nelle viscere dei pesci perchè tende a presentarsi spesso arrotolato su se stesso. Quando l’uomo mangia pesce crudo, non completamente cotto o in salamoia, le larve, se presenti, possono impiantarsi sulla parete dell’apparato gastrointestinale, dallo stomaco fino al colon attaccando le mucose arrivando addirittura a perforarle, causando una parassitosi acuta o cronica.

Dal 1960 ad oggi, sono stati descritti più di 20.000 casi nel mondo, il 90% dei quali in Giappone (2000 l’anno) ed il 10% distribuiti tra Paesi Bassi, Germania, Francia, Spagna, Cile, Nuova Zelanda, Egitto, Usa ed Italia. L’infestazione nell’uomo si può manifestare con diverse forme cliniche: sistemiche o gastrointestinali. Le forme sistemiche presentano essenzialmente sintomi allergici di gravità variabile, che vanno da una forma orticarioide fino allo shock anafilattico e sono causate da una reazione allergica nei confronti delle proteine del parassita.

Le manifestazioni gastrointestinali sono invece dovute alla formazione di granulomi eosinofili nella parete gastro-intestinale che si forma come reazione alla presenza delle larve del parassita o di parti di esso. I sintomi possono variare da disturbi tipo quelli associati ad un ulcera duodenale, quando le larve sono presenti nella mucosa gastro-duodenale, fino a coliche con manifestazioni diarroiche quando invece la mucosa interessata è quella intestinale. In qualche caso, fortunatamente raro, le larve possono perforare la parete intestinale manifestando un addome acuto che può simulare un’appendicite o un ileite terminale ad evoluzione stenosante.

La diagnosi è diretta, per osservazione

macroscopica (endoscopia) o

microscopica tramite l’esame bioptico di

frammenti prelevati tramite l’endoscopia

o indiretta per riscontro di anticorpi

specifici (IgE, IgG).

Per quanto riguarda le specie ittiche più a rischio di infestazione, da una ricerca dell’ Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia A. Mirri, Palermo da gennaio 2007- luglio 2009 (diffusione di anisakis sp. in teleostei della regione sicilia e valutazione del potenziale zoonotico - antonella costa, anna maria di noto, aldo migliazzo, paola palumbo, santo caracappa), presentata all’ISS durante il VII Workshop Nazionale Enter-net Italia Sistema di sorveglianza delle infezioni enteriche, 4 –5 Novembre 2009, ha dimostrato, su 335 teleostei freschi: spatole, naselli, sgombri, suri e alici che nel 28,1% (94/335) dei pesci esaminati è stata riscontrata la presenza di larve vive appartenenti al genere Anisakis. Le prevalenze di infestazione (P) sono risultate variabili con valori più alti nelle spatole (100%) e nei suri (74,5%), seguiti dagli sgombri (43,3%) e dai naselli (24,0%). La P osservata nelle alici è stata dell'1,7%.

L’Opistorchiasi è una parassitosi causata da elminti del genere Opisthorchis, il cui ciclo si mantiene attraverso la trasmissione tra pesci della famiglia Ciprinidae e carnivori ittiofagi In Italia nel periodo compreso tra il 2003 e il 2008 sono stati diagnosticati 31 casi di parassitosi per consumo di pesce crudo pescato e nel lago Trasimeno e in quello di Bolsena .

Di questi pazienti 21 soggetti sono stati ospedalizzati presso l’Ospedale di Viterbo con diagnosi di infestazione da Opisthorchis felineus. In tale circostanza L’IZSLT, in collaborazione con le ASL di Viterbo ed RMF, l’Università di Tor Vergata e l’ISS,hanno attivato un progetto di ricerca per studiare diffusione e ciclo di O. felineus nell’ecosistema dei laghi laziali ove insistono attività di pesca professionale. Per l’indagine epidemiologica si è lavorato sui laghi di Bolsena e Bracciano esaminando un campione di pesci calcolato sulla base della quantità annuale di pescato.

Epidemiologia dei focolai di opistorchiasi in Italia dal 2003 al 2100

Nel 2007-2008 sono stati campionati 897 pesci di 12 specie, 87 campioni fecali di 5 specie di carnivori ittiofagi e 4935 gasteropodi del genere Bithynia, e la tinca è l’unica specie ittica risultata positiva, con una prevalenza totale dell’88,5% ed un rischio di infestazione 7 volte maggiore a Bracciano che a Bolsena. Il coregone è risultato non infetto (317 campioni testati).

I dati scientifici raccolti dall’IZS Lazio e Toscana tra il 2007 ed il 2010 permettono di sostenere come la Tinca sia considerata ad oggi la sola specie ittica infestata. Nel 2011 sono stati accertati sierologicamente 33 casi di parassitosi la cui indagine anamnestica e epidemiologica ha evidenziato il consumo di Coregone crudo filettato con lo stesso coltello con il quale era stata filettata la Tinca

1. Monitorare la prevalenza di Opistorchis spp nelle tinche pescate nei laghi di Bracciano e Bolsena;

2. Confermare la negatività al parassita delle altre specie ittiche di interesse commerciale

3. Monitorare la prevalenza della parassitosi negli ospiti definitivi, in particolare nei gatti delle colonie feline censite nei comuni circumlacali dei due laghi maggiori del Lazio

4. Vigilare sul mantenimento delle norme nazionali e regionali in essere per contenere il rischio di trasmissione dell’Opistarchiasi all’uomo tramite la filiera del pesce di lago

PIANO REGIONE LAZIO PER LA SORVEGLIANZA SULL'OPISTORCHIASI

2012-2014

La sintomatologia presentata dai pazienti, nella cui anamnesi si rileva il consumo di pesce crudo , è generalmente molto sfumata (febbre, dolori addominali, mal di testa, astenia, artralgia, diarrea, nausea) o del tutto assente

All’esame sierologico richiesto è presente eosinofilia ed aumento degli enzimi epatici,. nei casi avanzati si possono sviluppare ipertensione portale, infiammazione cronica ed iperplasia dell’epitelio delle vie biliari, compresa la possibile invasione del dotto pancreatico. La diagnosi nell’uomo si effettua mediante la ricerca microscopica delle uova nelle feci .

Diventa dirimente quindi che il medico, a cui un paziente segnali sintomi gastrointestinali associato o non a sintomi allergici, chieda anche, durante l’anamnesi,se sia stato consumato pesce crudo o sottoposto a pratiche culinarie tipo la marinatura o affumicatura che non prevedono la cottura.

NORME PER GLI OPERATORI DEL SETTORE ALIMENTARE PER LA PREVENZIONE DELLE PARASSITOSI CAUSATE DA CONSUMO DI PRODOTTI DELLA PESCA DESTINATI AD ESSERE CONSUMATI CRUDI O PRATICAMENTE CRUDI

Al fine di tutelare i consumatori, in Italia è in vigore l’Ordinanza Ministeriale del 12/05/1992 (Misure urgenti per la prevenzione delle parassitosi da Anisakis) che vieta a ristoranti e punti di ristorazione collettiva di servire pesce crudo, marinato o affumicato a freddo a meno che non sia stato precedentemente congelato (-20°C) per almeno 24 ore

Il regolamento CE n. 853/04 ha esteso l’obbligo di tale pratica a tutti i prodotti ittici destinati ad essere consumati crudi o sottoposti a trattamenti di marinatura o salatura non in grado di inattivare le larve. IL Ministero della Salute ha emanato la Circolare n. 4379-P del 17/02/2011 avente come oggetto: Chiarimenti concernenti alcuni aspetti applicativi del Regolamento CE n. 853/2004 in materia di vendita e somministrazione di preparazioni gastronomiche contenenti prodotti della pesca destinati ad essere consumati crudi o praticamente crudi.

Nella circolare viene evidenziato l’obbligo previsto dal regolamento europeo di congelare (trattamento di bonifica preventiva) ad una temperatura non superiore a -20 °C e per 24 ore, il pesce (anche di acqua dolce) destinato ad essere somministrato crudo.

PREVENZIONE

La circolare specifica inoltre, che i prodotti della pesca, che hanno subito il trattamento di bonifica preventiva mediante congelamento a – 20°C, debbano sempre essere accompagnati, nel momento della immissione sul mercato, da un’attestazione del produttore che indichi il trattamento al quale sono stati sottoposti. Le registrazioni devono essere tenute agli atti ed esibite su richiesta degli organi di controllo

DECRETO MINISTERO DELLA SALUTE 17 luglio 2013

Informazioni obbligatorie a tutela del consumatore di pesce e cefalopodi freschi e di prodotti di acqua dolce

L'operatore del settore alimentare che offre in vendita al consumatore finale pesce anche di acqua dolce e cefalopodi freschi, sfusi o preimballati per la vendita diretta ai sensi dell'art. 44 del regolamento (CE) 1169/2011 deve esporre apposito cartello con le

informazioni riportate all'allegato 1.

Prevenzione casalinga Nel caso specifico dell’Anisakis il parassita è molto resistente agli acidi (aceto, limone ed acido cloridrico dello stomaco), ma è molto sensibile alla cottura (almeno 10 minuti a temperatura superiore a 60C°) o al congelamento (secondo le indicazioni indicate dal Ministero). Questi trattamenti assicurano la completa inattivazione delle forme larvali. La marinatura con limone o aceto, la salagione, l’affumicatura a temperatura inferiore a 60°C non sono sufficienti a devitalizzare le larve di Anisakis Per il consumo di pesce di lago, considerato la maggiore resistenza al congelamento dell’ Opisthorchis, una corretta prassi igienica è rappresentata dalla congelazione a meno 20°C per almeno una settimana

TERAPIA OPISTORCHIASI

1. Praziquantel (Biltricide), compresse da 600 mg):75 mg/kg di peso corporeo, suddivisi in tre somministrazioni, per un solo giorno.

2. Albendazolo (Zentel, compresse da 400 mg): 10 mg/kg di peso corporeo in due somministrazioni al dì per 7 giorni.

TERAPIA ANISAKIASI consiste generalmente nella rimozione del parassita

dall’organismo, mediante endoscopia o intervento chirurgico.

In alcuni casi invece l’infezione guarisce ricorrendo unicamente alla terapia sintomatica,

Sono stati infine riportati casi di efficacia di una terapia non chirurgica a base di albendazolo (Zentel, compresse da 400 mg): 10 mg/kg di peso corporeo in due somministrazioni al dì per 7 giorni.

La sindrome emolitico-uremica (SEU) è una malattia rara che si osserva soprattutto negli anziani e nei bambini, in particolare nei primi anni di vita. È caratterizzata dalla comparsa di tre sintomi tipici: anemia emolitica microangiopatica, piastrinopenia (ridotto numero di piastrine) e insufficienza renale acuta a causa della quale molto spesso è necessario ricorrere alla dialisi. Nei bambini la SEU può avere un decorso grave fino ad essere, talvolta, mortale.

LA SINDROME EMOLITICO-UREMICA (SEU)

Nell'80-90% dei casi la SEU è una complicanza di un'infezione intestinale batterica, sostenuta da ceppi di Escherichia coli produttori di una potente tossina detta vero-citotossina o Shiga-tossina (VTEC), e trasmessa per via alimentare o oro-fecale. Generalmente i casi di SEU si presentano in forma sporadica. Focolai epidemici possono manifestarsi sia in ambito familiare che in comunità (asili nido, scuole, ecc) e sono riconducibili all'esposizione a fonti comuni di infezione da VTEC.

Nelle forme tipiche, l'infezione esordisce con diarrea, spesso emorragica, vomito e intenso dolore addominale anche se nelle fasi precoci la diarrea è del tutto aspecifica e talvolta può mancare. Se l'infezione evolve verso la SEU, si manifestano i sintomi e i segni clinici riconducibili all'insufficienza renale (oliguria, anuria), all'anemia acuta e alla trombocitopenia. Nei casi più gravi possono comparire manifestazioni di carattere neurologico come confusione, obnubilamento sensorio e convulsioni.

Clinica, sintomatologia e diagnosi

La diagnosi di SEU si basa sulla sintomatologia clinica, sulla valutazione dei parametri ematologici e di funzionalità renale. Anche se non compaiono i sintomi precoci riconducibili a una enterite, in presenza dei sintomi tipici della SEU va sempre sospettata l'infezione da VTEC, diagnosticabile attraverso metodiche speciali, non eseguite di routine dai laboratori microbiologici ospedalieri. In fase acuta, i test rilevano la tossina circolante o per isolamento da coprocoltura. Più tardivamente si può ricorrere alla diagnosi sierologica basata sul rilevamento di anticorpi sierogruppo-specifici.

Il decorso della SEU può essere assai rapido e pertanto è molto importante intervenire tempestivamente ricorrendo a centri ospedalieri specializzati, in grado di fornire un'adeguata terapia. Durante la fase di insufficienza renale è infatti indispensabile il ricovero presso un centro specializzato in nefrologia che possa garantire la dialisi e la plasmaferesi. Va sottolineato che la terapia antibiotica non è necessaria e può perfino risultare dannosa poiché potrebbe favorire, da parte dei VTEC, la liberazione intestinale e l'azione sistemica della tossina. E' invece opportuno monitorare la funzione renale dei pazienti con sospetta infezione intestinale da VTEC poiché a rischio di sviluppare la SEU. La chiave per la prevenzione della SEU è evitare l'esposizione alle possibili fonti di infezione da VTEC. Come per le altre infezioni trasmesse da alimenti o per via orofecale

Terapia e prevenzione

(SEU)

1. evitare il consumo di carne poco cotta, specialmente se macinata, e di latte non

pastorizzato o suoi derivati (ad esempio, formaggi freschi da latte non pastorizzato).

2. evitare in cucina la contaminazione di alimenti pronti per il consumo (come insalate, ecc) con carne cruda, per esempio usando lo stesso coltello o lo stesso tagliere

3. come per altre infezioni intestinali, è opportuno allontanare le persone con diarrea, soprattutto bambini, dalla comunità fino a risoluzione dell'episodio. Qualora si abbia un caso di infezione intestinale da VTEC, soprattutto se si tratta di un bambino, sia il paziente che i suoi familiari devono osservare attente norme igieniche.

4. Le normali operazioni di pulizia ambientale e di igiene personale (il lavaggio delle mani) sono sufficienti a evitare la diffusione dell'infezione.

è quindi necessario:

Grazie per l’attenzione