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Comportamento meccanico dei materiali Intagli © 2006 Politecnico di Torino 1 Comportamento meccanico dei materiali 2 Intagli e meccanica della frattura Intagli Cenni di meccanica della frattura

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Comportamento meccanico dei materiali Intagli

© 2006 Politecnico di Torino 1

Comportamento meccanico dei materiali

2

Intagli e meccanica della frattura

Intagli Cenni di meccanica della frattura

Comportamento meccanico dei materiali Intagli

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Intagli e meccanica della frattura

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Intagli

Fattori di concentrazione delle tensioni Verifica di componenti con intagli Tensioni residue dovute a sovraccarichi

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Intagli

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Definizione di taglio (1/2)

INTAGLI = variazioni della sezione resistente di un pezzo in una zona limitata, in genere legati a necessità di progetto e con geometria nota

D d

r

D d

r

D d

tr

D d

tr

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Definizione di taglio (2/2)

INTAGLI = variazioni della sezione resistente di un pezzo in una zona limitata, in genere legati a necessità di progetto e con geometria nota

La presenza di un intaglio provoca delle variazioni dello stato di tensione rispetto a quanto calcolato con la teoria di de Saint Venant

D d

r

D d

r

D d

tr

D d

tr

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Principio di de St. Venant (1/3)

Le modalità con cui si applicano carichi e vincoli influenzano solo una zona limitata del componente

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Principio di de St. Venant (2/3)

Le modalità con cui si applicano carichi e vincoli influenzano solo una zona limitata del componenteVariazioni di geometria localizzate causano solo perturbazioni di carattere locale nella distribuzione delle tensioni

10

Principio di de St. Venant (3/3)

Le modalità con cui si applicano carichi e vincoli influenzano solo una zona limitata del componenteVariazioni di geometria localizzate causano solo perturbazioni di carattere locale nella distribuzione delle tensioniAd una distanza pari a circa la dimensione trasversale del solido la distribuzione delle tensioni non è influenzata dalla modalità di applicazione del carico o dalla presenza di un intaglio

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Fattore di concentrazione delle tensioni (1/5)

dD

z

r

F

F

r

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Fattore di concentrazione delle tensioni (2/5)

dD

z

r

F

F

r

321

nσσ

n

z

σσ

2ndF4

π=σ

∫ =σA

Z FdA

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Fattore di concentrazione delle tensioni (3/5)

dD

z

r

F

F

r

321

nσσ

n

z

σσ

n

c

σσ

2ndF4

π=σ

∫ =σA

Z FdA

14

Fattore di concentrazione delle tensioni (4/5)

dD

z

r

F

F

r

321

nσσ

n

z

σσ

n

c

σσ

n

r

σσ

2ndF4

π=σ

∫ =σA

Z FdA

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Fattore di concentrazione delle tensioni (5/5)

dD

z

r

F

F

r

321

nσσ

n

z

σσ

n

c

σσ

n

r

σσ

2ndF4

π=σ

nom

max

tKσσ

=

∫ =σA

Z FdA

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Determinazione di K – metodi analitici (1/4)

Si utilizza la teoria dell’elasticità cercando le opportune soluzioni

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Determinazione di K – metodi analitici (2/4)

Si utilizza la teoria dell’elasticità cercando le opportune soluzioniI primi studi risalgono a Kirsh (1898) che studiò lo stato di tensione nell’intorno di un foro in una piastra di dimensioni molto grandi

18

Determinazione di K – metodi analitici (3/4)

Si utilizza la teoria dell’elasticità cercando le opportune soluzioniI primi studi risalgono a Kirsh (1898) che studiò lo stato di tensione nell’intorno di un foro in una piastra di dimensioni molto grandiUn notevole contributo è stato dato da Neuber che negli anni ’30 analizzò diverse geometrie

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Determinazione di K – metodi analitici (4/4)

Si utilizza la teoria dell’elasticità cercando le opportune soluzioniI primi studi risalgono a Kirsh (1898) che studiò lo stato di tensione nell’intorno di un foro in una piastra di dimensioni molto grandiUn notevole contributo è stato dato da Neuber che negli anni ’30 analizzò diverse geometrie.Purtroppo non sempre vi sono soluzioni analitiche in forma chiusa

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Determinazione di K – metodi numerici (1/3)

Si utilizza o il metodo degli elementi finiti (FEM) o quello degli elementi di contorno (BEM) meno diffuso

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Determinazione di K – metodi numerici (2/3)

Si utilizza o il metodo degli elementi finiti (FEM) o quello degli elementi di contorno (BEM) meno diffusoLe soluzioni ottenute sono però approssimate; si devono fare delle analisi di convergenza dei risultati con un aumento del numero di elementi e conseguente costo del calcolo

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Determinazione di K – metodi numerici (3/3)

Si utilizza o il metodo degli elementi finiti (FEM) o quello degli elementi di contorno (BEM) meno diffusoLe soluzioni ottenute sono però approssimate; si devono fare delle analisi di convergenza dei risultati con un aumento del numero di elementi e conseguente costo del calcoloQuando gli intagli sono molto acuti (raggio di fondo intaglio piccolo) è difficile ottenere un risultato valido

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Det. di K – metodi sperimentali I (1/2)

METODO FOTOELASTICO: si basa sulle proprietàottiche di alcuni materiali che cambiano le loro caratteristiche di birifrangenza con le sollecitazioni applicate (molto utilizzato per questo scopo negli anni ’30 da Frocht)

24

Det. di K – metodi sperimentali I (2/2)

METODO FOTOELASTICO: si basa sulle proprietàottiche di alcuni materiali che cambiano le loro caratteristiche di birifrangenza con le sollecitazioni applicate (molto utilizzato per questo scopo negli anni ’30 da Frocht)

METODO ESTENSIMETRICO (gli estensimetri elettrici a resistenza sono nati nel 1939): la maggiore difficoltà è il corretto posizionamento degli estensimetri nelle geometrie più piccole

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Det. di K – metodi sperimentali II (1/2)

Realizzazione di simulacri in materiale fragile(ad esempio gesso): Kt è il rapporto fra il carico di rottura di un componente non intagliato e il carico di rottura del simulacro con la stessa sezione minima

26

Det. di K – metodi sperimentali II (2/2)

Realizzazione di simulacri in materiale fragile(ad esempio gesso): Kt è il rapporto fra il carico di rottura di un componente non intagliato e il carico di rottura del simulacro con la stessa sezione minima

Vernici fragili: funzionamento analogo al precedente; viene deposta un sottile strato di vernice fragile che si rompe prima dello snervamento dell’oggetto....

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Det. di K – metodi sperimentali III (1/2)

Le tecniche sperimentali spesso non sono in grado di valutare lo stato di tensione completo (in particolare le tensioni principali diverse dalla massima – dette tensioni secondarie)

28

Det. di K – metodi sperimentali III (2/2)

Le tecniche sperimentali spesso non sono in grado di valutare lo stato di tensione completo (in particolare le tensioni principali diverse dalla massima – dette tensioni secondarie)

Inoltre richiedono personale specializzato e hanno un costo notevole...

Attualmente nella pratica industriale risultano piùconvenienti i metodi numerici, eventualmente validati con prove sperimentali mirate

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Diagrammi di Kt

2.72.62.52.42.32.22.12.01.91.81.71.61.51.41.31.21.11.0

21.51.21.051.01

0.10.0 0.2 0.3r/d

D/dKt

D d PP

r

2ndP4

π=σ

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Diagrammi di Kt – esempio utilizzo (1/2)

D 60 mmd 50 mmr 4 mm

===

D d PP

r

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Diagrammi di Kt – esempio utilizzo (2/2)

D 60 1.2d 50r 4 0.08d 50

= =

= =

D 60 mmd 50 mmr 4 mm

===

D d PP

r

32

Diagrammi di Kt – risultato esempio

2.72.62.52.42.32.22.12.01.91.81.71.61.51.41.31.21.11.0

21.51.21.051.01

0.10.0 0.2 0.3r/d

D/dKt

D d PP

r

2ndP4

π=σ

85.1Kt ≈

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Effetto scala

Kt non dipende dalle dimensioni assolute del componente, ma solo dal rapporto fra le dimensioni e dalla modalità di carico (sforzo normale, momento flettente, momento torcente)

Uguali D/d e r/d ⇒ uguale Kt

D d PP

r

D dPP

r

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Considerazioni

Nel caso di momento torcente risulta:

La maggiore raccolta di diagrammi dei fattori di concentrazione delle tensioni si trova in:

R.E. Peterson – Stress concentration factors – J.Willey & Son 1974

max

tnom

K τ=τ

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Intagli

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Soll. uniassiali – materiali fragili

Materiali fragili (A<5%)

maxt nom eHK Rσ = ⋅ σ <

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Materiali duttili – meccanismo di cedimento

Stato di tensione uniassiale senza gradiente

Ipotesi semplificativa:materiale elastico-perfettamente plastico

ε

σRe

PPh

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Distr. tensioni all’aumentare del carico (1/4)

Stato di tensione uniassiale senza gradiente

a)

Re

maxeRσ <

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Distr. tensioni all’aumentare del carico (2/4)

Stato di tensione uniassiale senza gradiente

Re

a) b)

Re

maxeRσ < max

eRσ =

40

Distr. tensioni all’aumentare del carico (3/4)

Stato di tensione uniassiale senza gradiente

Re

a) b) c)

Re Re

maxeRσ < e

n et

RR

K< σ <max

eRσ =

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41

Distr. tensioni all’aumentare del carico (4/4)

Stato di tensione uniassiale senza gradiente

Re

a) b) c) d)

Re Re

maxeRσ < e

n et

RR

K< σ <

Re

maxeRσ = n eRσ ≥

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Materiali duttili – verifiche (1/3)

Stato di tensione uniassiale senza gradienteCEDIMENTO PER PRIMO SNERVAMENTO:

maxt nom eK Rσ = ⋅ σ <

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Materiali duttili – verifiche (2/3)

Stato di tensione uniassiale senza gradienteCEDIMENTO PER PRIMO SNERVAMENTO:

CEDIMENTO PER FORMAZIONE DI “CERNIERA PLASTICA” (completa plastificazione):

maxt nom eK Rσ = ⋅ σ <

nom eRσ <

44

Materiali duttili – verifiche (3/3)

Stato di tensione uniassiale senza gradienteCEDIMENTO PER PRIMO SNERVAMENTO:

CEDIMENTO PER FORMAZIONE DI “CERNIERA PLASTICA” (completa plastificazione):

CEDIMENTO PER ROTTURA DUTTILE:

maxt nom eK Rσ = ⋅ σ <

nom eRσ <

nom mRσ <

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Sol. con gradiente – flessione (1/3)

Sezione rettangolare

Primo snervamento:2 2

ps eH t nombh bhM R K6 6

= = ⋅ σ

Re

46

Sol. con gradiente – flessione (2/3)

Sezione rettangolare

Primo snervamento:2 2

ps eH t nombh bhM R K6 6

= = ⋅ σ

Cerniera plastica:

Acp eHbh hM y dA R2 2

∫= σ ⋅ ⋅ = ⋅

Re

y

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Sol. con gradiente – flessione (3/3)

Sezione rettangolare

Primo snervamento:2 2

ps eH t nombh bhM R K6 6

= = ⋅ σ

Cerniera plastica:

2 2

eH eHbh bhR R 1.54 6

= = ⋅ ⋅

Acp eHbh hM y dA R2 2

∫= σ ⋅ ⋅ = ⋅

Re

y

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Tensione limite per la cerniera plastica (1/4)

2

cp eHbhM R 1.56

= ⋅ ⋅

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Tensione limite per la cerniera plastica (2/4)

Tensione nominale che porta alla cerniera plastica:

nom eH1.5 Rσ = ⋅

2

cp eHbhM R 1.56

= ⋅ ⋅

50

Tensione limite per la cerniera plastica (3/4)

Tensione nominale che porta alla cerniera plastica:

Il calcolo effettuato con una sezione circolare porta allo stesso risultato. Con altre sezioni il coefficiente può essere diverso da 1.5

nom eH1.5 Rσ = ⋅

2

cp eHbhM R 1.56

= ⋅ ⋅

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51

Tensione limite per la cerniera plastica (4/4)

Tensione nominale che porta alla cerniera plastica:

Il calcolo effettuato con una sezione circolare porta allo stesso risultato. Con altre sezioni il coefficiente può essere diverso da 1.5

Per la torsione di una sezione circolare il calcolo porta allo stesso risultato, anche se in questo caso il meccanismo reale è più complesso

nom eH1.5 Rσ = ⋅

2

cp eHbhM R 1.56

= ⋅ ⋅

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Verifica a rottura duttile (1/2)

Per le verifiche rispetto alla rottura duttile di componenti soggetti a flessione si pone convenzionalmente:

nom mRσ ≤

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Verifica a rottura duttile (2/2)

Per le verifiche rispetto alla rottura duttile di componenti soggetti a flessione si pone convenzionalmente:

Nel caso della torsione la verifica convenzionale a rottura duttile si effettua considerando la tensione ideale; assumendo l’ipotesi di Tresca risulta:

nom mRσ ≤

id nom m2 Rσ = ⋅ τ ≤

54

Sollecitazioni multiassiali

Alberi:

maxflex t(flex) nom(flex)

maxnorm t(norm) nom(norm)

maxt(tors) nom

K

K

K

σ = ⋅ σ

σ = ⋅ σ

τ = ⋅ τ

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55

Soll. multiassiali – materiali duttili (1/2)

Verifica (convenzionale) a snervamento

( )2max max max 2id flex norm e3( ) Rσ = σ + σ + τ ≤

56

Soll. multiassiali – materiali duttili (2/2)

Verifica (convenzionale) a snervamento

Verifica (convenzionale) contro la rottura duttile

( )2max max max 2id flex norm e3( ) Rσ = σ + σ + τ ≤

( )2 2id nom(flex) nom(norm) nom m3 Rσ = σ + σ + τ ≤

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Intagli

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Tensione residue (1/9)

P P

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59

Tensione residue (2/9)

P P

B

60

Tensione residue (3/9)

P P

Re

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61

Tensione residue (4/9)

P P

Re

62

Tensione residue (5/9)

P P

A

Re σ

ε

Punto A

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63

Tensione residue (6/9)

P P

A

B

Re σ

ε

ε

σ

Punto A

Punto B

64

Tensione residue (7/9)

P P

A

B

Re σ

ε

ε

σ

Punto A

Punto B

dA 0∫ σ ≠

Non in equilibrio

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Tensione residue (8/9)

P P

A

B

Re σ

ε

ε

σ

σresidua

σresidua

εresidua

Punto A

Punto B

66

Tensione residue (9/9)

P P

A

B

Re σ

ε

ε

σ

σresidua

σresidua

εresidua

Punto A

Punto B

dA 0∫ σ =

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Stima della tensione residua I

Carico Pmax ⇒

P P

max ee nom

t

P RR

A K⎛ ⎞> σ = >⎜ ⎟⎝ ⎠

maxmax e(P ) Rσ =

Re

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Stima della tensione residua II (1/4)

P=Pmax

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69

Stima della tensione residua II (2/4)

P=Pmax

+

P=-Pmax

max maxmax t t nom

P( P ) K K

A−

σ − = ⋅ = − ⋅ σ

maxmax e(P ) Rσ =

70

Stima della tensione residua II (3/4)

P=Pmax

+ =

P=0P=-Pmax

max maxresidua max max e t nom(P ) ( P ) R Kσ = σ + σ − = − σ

max maxmax t t nom

P( P ) K K

A−

σ − = ⋅ = − ⋅ σ

maxmax e(P ) Rσ =

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71

Stima della tensione residua II (4/4)

P=Pmax

+ =

P=0P=-Pmax

dA 0∫ σ =

max maxresidua max max e t nom(P ) ( P ) R Kσ = σ + σ − = − σ

max maxmax t t nom

P( P ) K K

A−

σ − = ⋅ = − ⋅ σ

maxmax e(P ) Rσ =