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Complementi di Analisi Matematica Alessio Borz` ı 2 giugno 2020

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Complementi di Analisi Matematica

Alessio Borzı

2 giugno 2020

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Indice

1 Analisi Complessa 51.1 Prime definizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

1.1.1 Funzoini complesse di una variabile reale . . . . . . . . . . . . . . 61.1.2 Funzioni complesse di variabile complessa . . . . . . . . . . . . . 6

1.2 Funzioni olomorfe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71.3 Integrazione di funzioni complesse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

1.3.1 Integrazione di funzioni complesse di variabile reale . . . . . . . . 91.3.2 Integrazione di funzioni complesse di variabile complessa . . . . . 9

1.4 Serie di funzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161.5 Serie bilatere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 191.6 Punti singolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211.7 Teorema dei Residui e sue applicazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

2 Trasformata e Serie di Fourier 292.1 Serie di Fourier . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 292.2 Trasformata di Fourier . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 362.3 Convoluzione e trasformata di Fourier . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 412.4 Applicazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

2.4.1 Equazione integrale di Hammerstein . . . . . . . . . . . . . . . . 432.4.2 Equazione del calore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 434.1.3 Convoluzione e trasfomata di Laplace . . . . . . . . . . . . . . . . 504.1.4 Formula di conversione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 514.1.5 Un caso di antitrasformazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51

5.2 Distribuzioni temperate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59

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Capitolo 1

Analisi Complessa

1.1 Prime definizioni

(Definizione di numeri complessi, somma e prodotto di complessi... se mai avro la voglialo faccio)

Definizione 1.1.1. Sia z = (x, y) = x+ iy ∈ C, definiamo

1. Modulo di z il numero reale

|z| =√x2 + y2 ∈ R,

(continua a valere la disuguaglianza triangolare)

2. Complesso coniugato di z come il numero complesso z = x− iy

3. Rispettivamente parte reale e coefficiente della parte immaginaria di z

• <(z) = x

• =(z) = y

4. Argomento di z 6= 0 pari all’angolo formato dal segmento OP con il semiassepositivo delle ascisse una volta individuato il numero complesso z = x + iy con ilpunto P = (x, y) nel piano di Gauss. Osserviamo che se θ e un argomento di zallora lo saranno anche tutti gli angoli del tipo θ + 2πk con k ∈ Z. Chiamiamoargomento principale quell’angolo θ ∈ [−π, π [ che e argomento di z e saraindicato con arg(z).

Osserviamo che ogni numero complesso z = x+iy 6= 0 puo essere scritto nella seguenteforma

z = ρ(cos θ + i sin θ)

dove ρ = |z| e θ = arg(z). Questa scrittura e detta forma trigonometrica del numerocomplesso z.

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Poniamo per definizione1

eiθ := cos θ + i sin θ

(parte su formule di DeMoivre, Radici n-esime, andrebbe fatta meglio ma non ho voglia)

1.1.1 Funzoini complesse di una variabile reale

Definizione 1.1.2. Sia X ⊆ R un insieme non vuoto. Una funzione complessa divariabile reale e una funzione del tipo f : X → C.Ponendo u, v : X → R con u(x) = <(f(x)), v(x) = =(f(x)) possiamo scrivere f(x) =u(x) + iv(x) riconducendoci al caso reale, cioe allo studio di funzioni reali di variabilereale.

Esempio 1.1.3. La circonferenza di centro (x0, y0) e raggio R > 0 ha equazioni parame-triche {

x(t) = x0 +R cos ty(t) = y0 +R sin t

t ∈ [0, 2π].

Queste equazioni possono essere riscritte in maniera piu compatta utilizzando la funzionecomplessa di variabile reale cosı deifinita:

f : [0, 2π]→ C f(t) = z0 +Reit ∀t ∈ [0, 2π], z0 = (x0, y0)

1.1.2 Funzioni complesse di variabile complessa

Definizione 1.1.4. Sia X ⊆ C un insieme non vuoto. Una funzione complessa divariabile complessa e una funzione del tipo f : X → C.Ponendo z = (x, y) e considerando che C = R2 quindi f(z) = f(x, y), poniamo

u, v : X → R u(x, y) = <(f(x, y))v(x, y) = =(f(x, y))

cosı facendo possiamo scrivere f(x, y) = u(x, y) + i v(x, y).

Definizione 1.1.5. Definiamo alcune funzioni complesse di variabile complessa.

1. L’esponenziale complesso: se z = (x, y) ∈ C allora

ez = ex(cos y + i sin y)

(si verifica facilmente che questa definizione e consistente con quella precedente-mente data di esponenziale di numero immaginario puro)

1Invece di utilizzare questa definizione molto artificiosa potremmo definire l’esponenziale complessoattraverso lo sviluppo in serie dell’esponenziale reale e dimostrare che la serie di numeri complessi cosıformata e convergente qualunque sia z e dimostrare sempre utilizzando gli sviluppi in serie la formuladi Eulero per i numeri complessi, che coincide con la definizione data di esponenziale di un numeroimmaginario puro.

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2. Le funzioni seno e coseno complesse: se z = (x, y) ∈ C allora

cos(z) =eiz + e−iz

2, sin(z) =

eiz − e−iz

2i.

Notiamo che le funzioni seno e coseno complesse non sono piu funzioni limitate,infatti ad esempio

limy→+∞

∣∣∣sin(π2

+ iy)∣∣∣ = +∞.

(una formula analoga puo essere trovata con coseno)

3. Sia z = (x, y) ∈ C \ {0}, chiamiamo logaritmo di z ogni numero complesso w percui ew = z. Cosı facendo, se z = ρ(cos θ + i sin θ) e w = a+ ib allora

ew = ea(cos b+ i sin b)z = ρ(cos θ + i sin θ)

ew = z ⇒

⇒{a = log(ρ)b = θ + 2πk k ∈ Z .

Cio prova che al variare di k ∈ Z esistono infiniti logaritmi di z. Se si scegliek ∈ Z in modo che θ sia l’argomento principale di z allora il numero complessow = log(ρ) + iθ si chiama logaritmo principale di z, e si scrive:

log(z) = log |z|+ i arg(z) ∀z ∈ C \ {0}.

Le componenti u(x, y) e v(x, y) della funzione log : C \ {0} → C risulteranno

u(x, y) = log(√

x2 + y2), v(x, y) =

−π + arctan

(yx

)x < 0, y ≤ 0

−π2

x = 0, y < 0arctan

(yx

)x > 0

π2

x = 0, y > 0π + arctan

(yx

)x < 0 < y

1.2 Funzioni olomorfe

Definizione 1.2.1. Sia X ⊆ C un insieme aperto, z0 ∈ X e f : X → C. Diremo che fe derivabile in z0 se

limz→z0

f(z)− f(z0)

z − z0

= l ∈ C.

In tal caso l si chiama derivata prima di f in z0 e si scrive f ′(z0) = l.

Definizione 1.2.2. Se f e derivabile in ogni punto z0 ∈ X allora diciamo che f eolomorfa in X e scriviamo f ∈ H(X).

Teorema 1.2.3. Sia X ⊆ C un insieme aperto, z0 ∈ X e f : X → C. Poniamou(x, y) = <(f(x, y)), v(x, y) = =(f(x, y)). Sono equivalenti:

1. f e derivabile in z0

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2. u, v sono differenziabili in z0 = (x0, y0) e risulta{ux(x0, y0) = vy(x0, y0)uy(x0, y0) = −vx(x0, y0)

(Condizioni di olomorfia o di Cauchy-Rienmann)

Dimostrazione.

⇒ Osserviamo che

limz→z0

f(z)− f(z0)

z − z0

= limh→0

f(z0 + h)− f(z0)

h,

per ipotesi abbiamo

limh→0

f(z0 + h)− f(z0)

h= l ∈ C.

Sia l = a+ ib e δ > 0 opportuno, poniamo

σ(h) =

{f(z0+h)−f(z0)

h− l h 6= 0 , |h| < δ

0 h = 0

avremo quindi che limh→0

σ(h) = 0, inoltre

f(z0 + h)− f(z0) = (σ(h) + l)h per |h| < δ,

se h = (α, β) allora, ponendo

∆u = u(x0 + α, y0 + β)− u(x0, y0)∆v = v(x0 + α, y0 + β)− v(x0, y0),

si ha∆u+ i∆v = σ(h)h+ (a+ ib)(α + iβ)

da cui(∆u− (aα− bβ)) + i(∆v − (bα + aβ)) = σ(h)h

se h 6= 0, |h| < δ, dividendo per |h|∆u− (aα− bβ)√

α2 + β2+ i

∆v − (bα + aβ)√α2 + β2

= σ(h)h

|h|,

per h→ 0, cioe (α, β)→ (0, 0) abbiamo

limh→0

σ(h)h

|h|= 0,

cioe

lim(α,β)→(0,0)

∆u− (aα− bβ)√α2 + β2

= 0, lim(α,β)→(0,0)

∆v − (bα + aβ)√α2 + β2

= 0.

Ne segue che u e v sono differenziabili in (x0, y0) e inoltre{ux(x0, y0) = auy(x0, y0) = −b

{vx(x0, y0) = bvy(x0, y0) = −a

da cui segue {ux(x0, y0) = vy(x0, y0)uy(x0, y0) = −vx(x0, y0)

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⇐ Il viceversa puo essere dimostrato in maniera analoga a quanto fatto finora.

Osservazione 1.2.4. Se f ′(z0) = a+ ib allora

a = ux(x0, y0) = vy(x0, y0)b = −uy(x0, y0) = vx(x0, y0)

Ne segue che

f ′(z0) = ux(x0, y0) + ivx(x0, y0) = vy(x0, y0)− iuy(x0, y0) =

= −i(uy(x0, y0) + ivy(x0, y0))

da cui ricaviamo fy(x0, y0) = ifx(x0, y0)

1.3 Integrazione di funzioni complesse

1.3.1 Integrazione di funzioni complesse di variabile reale

Definizione 1.3.1. Sia f : [a, b] → C continua. Se f(x) = u(x) + iv(x) allora poniamoper definizione ∫ b

a

f(x)dx =

∫ b

a

u(x)dx+ i

∫ b

a

v(x)dx

1.3.2 Integrazione di funzioni complesse di variabile complessa

Definizione 1.3.2. Sia A ⊆ C un insieme aperto non vuoto, f : A → C una funzionecontinua in A, γ una curva piana generalmente regolare con sostegno contenuto in A. Sef(x, y) = u(x, y) + iv(x, y) allora poniamo∫

f(z)dz =

∫+γ

udx− vdy + i

∫+γ

vdx+ udy,

dove a secondo membro intendiamo l’integrale curvilineo di seconda specie delle due formediffereziali udx−vdy, vdx+udy. Ricordando la definizione di integrale di seconda specie,se γ ha equazioni parametriche {

x = x(t)y = y(t)

t ∈ [a, b]

posto z(t) = x(t) + iy(t) possiamo scrivere∫+γ

f(z)dz =

∫ b

a

f(z(t)) · z′(t)dt

essendou · x′ − v · y′ + i(v · x′ + u · y′) = (u+ iv) · (x′ + iy′)

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Osservazione 1.3.3. Per chiarire la definizione precedente potremmo, in maniera deltutto informale, considerare dz = dx+ idy, quindi, essendo f = u+ iv, avremo

f(z)dz = (u+ iv)(dx+ idy) = udx− vdy + i(vdx+ udy)

Esempio 1.3.4. Sia z0 ∈ C, A = C \ {z0} e f : A → C con f(z) = 1z−z0 quindi

f ∈ H(A). Consideriamo R > 0 un numero reale positivo e la curva γ = ∂B(z0, R).Vogliamo calcolare l’integrale di f sulla curva γ percorsa in verso positivo (antiorario).γ ha equazioni parametriche z(t) = z0 +Reit con t ∈ [0, 2π]. Risulta quindi∫

f(z)dz =

∫ 2π

0

f(z(t))z′(t)dt =

∫ 2π

0

Rieit

z0 +Reit − z0

dt =

∫ 2π

0

idt = 2πi.

Per l’integrale di funzioni complesse di variabile complessa valgono le seguenti pro-prieta:

1.

∫af + bg = a

∫f + b

∫g (Linearita)

2.

∫+γ∪+η

f(z)dz =

∫+γ

f(z)dz +

∫+η

f(z)dz (Additivita)

3.

∫−γf(z)dz = −

∫+γ

f(z)dz

4.

∣∣∣∣∫+γ

f(z)dz

∣∣∣∣ ≤ lγ ·maxz∈γ|f(z)| (Darboux)

dove lγ e la lunghezza della curva γ, cioe lγ =

∫ b

a

|z′(t)|dt. Questa proprita e di

facile dimostrazione, infatti si ha∣∣∣∣∫+γ

f(z)dz

∣∣∣∣ =

∣∣∣∣∫ b

a

f(z(t))z′(t)dt

∣∣∣∣ ≤ ∫ b

a

|f(z(t))|·|z′(t)|dt ≤ maxz∈γ|f(z)|·

∫ b

a

|z′(t)|dt

nell’ultima disuguaglianza abbiamo utlizzato il teorema di Weierstrass in quanto fe continua e la curva γ e un compatto di C.

Riportiamo un importante risultato sugli integrali di seconda specie.

Teorema 1.3.5. (Gauss-Green)

Hp) T ⊆ R2 domninio regolare, f, g : T → R con f, g ∈ C1(T )

Ts)

∫+∂T

fdx+ gdy =

∫∫T

(gx − fy)dxdy

Teorema 1.3.6. (Cauchy-Goursat)

Hp) A ⊆ C aperto, T ⊆ A dominio regolare e f : A→ C con f ∈ H(A)

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Ts)

∫+∂T

f(z)dz = 0

(con queste sole ipotesi la dimostrazione, dovuta a Goursat, risulta molto lunga,dimostreremo il teorema con l’ipotesi aggiuntiva che se f = u + iv allora u e v siano diclasse C1 in modo da poter utilizzare il teorema di Gauss-Green)

Dimostrazione. Abbiamo che f(x, y) = u(x, y) + iv(x, y) con u, v ∈ C1(A). Ricordandoche per le condizioni di olomorfia abbiamo ux = vy e uy = −vx, quindi per definizione ein base al teorema di Guass Green abbiamo∫

+∂T

f(z)dz =

∫+∂T

udx− vdy + i

∫+∂T

vdx+ udy =

=

∫∫T

−(vx + uy)dxdy + i

∫∫T

(ux − vy)dxdy = 0

Esempio 1.3.7. (Integrali di Fresnell) Vogliamo dimostrare che∫ +∞

0

cos(t2)dt =

∫ +∞

0

sin(t2)dt =1

2

√π

2.

E possibile dimostrare, utilizzando il teorema di Liouville, che questi integrali non sonocalcolabili elementarmente.Mostriamo che essi esistono e sono finiti. Applichiamo la formula di integrazione perparti al seguente integrale∫ p

1

1

t2sin(t2)dt =

[−1

tsin(t2)

]p1

−∫ p

1

−1

t2t cos(t2)dt =

=

[−1

tsin(t2)

]p1

+ 2

∫ p

1

cos(t2)dt⇒

⇒∫ p

1

cos(t2)dt =1

2

([−1

tsin(t2)

]p1

+

∫ p

1

1

t2sin(t2)dt

)si puo verificare che per p → +∞ il secondo membro dell’ultima uguaglianza converge.Pertanto, essendo ∫ +∞

0

cos(t2)dt =

∫ 1

0

cos(t2)dt+ limp→+∞

∫ p

1

cos(t2)dt

abbiamo dimostrato che l’integrale

∫ +∞

0

cos(t2)dt esiste ed e finito (dimostrazione analoga

puo essere fatta per

∫ +∞

0

sin(t2)dt).

Adesso calcoliamo gli integrali di Fresnell considerando la funzione f(z) = e−z2

la qualee olomorfa in tutto C. Consideriamo il dominio regolare T consistente in un settore

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circolare di ampiezza π4

e raggio R > 0. La frontiera di T puo essere quindi parametrizzatain tre pezzi:

T1 : z(t) = t t ∈ [0, R]T2 : z(t) = Reit t ∈ [0, π

4]

T3 : z(t) = teiπ4 t ∈ [0, R]

in base al teorema di Cauchy-Goursat abbiamo∫+∂T

f(z)dz =

∫+∂T1

f(z)dz +

∫+∂T2

f(z)dz +

∫−∂T3

f(z)dz =

=

∫ R

0

e−t2

dt+

∫ π4

0

e−R2ei2tRieitdt−

∫ R

0

e−t2ei

π2 ei

π4 dt = 0

per R→ +∞ abbiamo

√2

2(1 + i)

∫ +∞

0

e−it2

dt =

∫ +∞

0

e−t2

dt =

√π

2

ponendo

A =

∫ +∞

0

cos(t2)dt, B =

∫ +∞

0

sin(t2)dt

si ha

(1 + i)(A− iB) =

√π

2

A+B + i(A−B) =

√π

2⇒

⇒{A+B =

√π2

A−B = 0⇒ A = B =

1

2

√π

2.

Corollario 1.3.8. (1a formula integrale di Cauchy) Siano A ⊆ C un insieme apertonon vuoto, T ⊆ A un dominio regolare, z0 ∈ T . Se f : A → C e una funzione olomorfain A allora

f(z0) =1

2πi

∫+∂T

f(z)

z − z0

dz

Dimostrazione. Sia T a p+ 1 contorni

∂T = C0 ∪

(p⋃i=1

Ci

)

siccome z0 ∈ T allora dk = d(z0, Ck) > 0 ∀k ∈ {0, . . . , p}. Sia quindi 0 < r < min0≤k≤p

dk,

allora B(z0, r) ⊆ T , T ′ = T \B(z0, r) e un dominio regolare a p+ 2 contorni. La funzione

g(z) = f(z)z−z0 e olomorfa in T ′ pertanto per il teorema di Cauchy-Goursat abbiamo∫

+∂T ′

f(z)

z − z0

dz = 0

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cioe ∫+∂T

f(z)

z − z0

dz =

∫+∂B(z0,r)

f(z)

z − z0

dz (1.1)

quest’ultima uguaglianza vale ∀r > 0. Mostriamo che per r → 0+ il secondo terminedell’ultima uguaglianza tende a 2πif(z0). Infatti, essendo

2πi =

∫+∂B(z0,r)

1

z − z0

dz

risulta ∣∣∣∣∫+∂B(z0,r)

f(z)

z − z0

− 2πif(z0)

∣∣∣∣ =

∣∣∣∣∫+∂B(z0,r)

f(z)− f(z0)

z − z0

∣∣∣∣ .Osserviamo adesso che essendo f ∈ H(A) essa e anche continua, quindi ∀ε > 0∃δ > 0 :∀z ∈ B(z0, δ) risulta |f(z) − f(z0)| < ε

2π. Dalla precedente uguaglianza, utilizzando la

proprieta di Darboux otteniamo∣∣∣∣∫+∂B(z0,r)

f(z)− f(z0)

z − z0

∣∣∣∣ ≤ max|z−z0|=r

|f(z)− f(z0)||z − z0|

2πr <ε

2π2π = ε

quindi per qualunque r < δ otteniamo∣∣∣∣∫+∂B(z0,r)

f(z)

z − z0

− 2πif(z0)

∣∣∣∣ < ε

pertanto considerando la (1.1) per r → 0+ abbiamo∫+∂T

f(z)

z − z0

dz = 2πif(z0)

Teorema 1.3.9. (Teorema fondamentale dell’algebra) Ogni polinomio p(z) = a0zn+

a1zn−1 + . . . + an ∈ C[z] a coefficienti in C, con a0 6= 0, n ∈ N, n ≥ 1 ha almeno una

radice in C.

1a Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che p(z) 6= 0 ∀z ∈ C. Allora la funzionef(z) = 1

p(z)e definita e olomorfa in tutto C. Sia R > 0, per la 1a formula integrale di

Cauchy abbiamo

f(0) =1

2πi

∫+∂B(0,R)

f(z)

zdz ∀R > 0.

Per la proprieta di Darboux si ha∣∣∣∣∫+∂B(0,R)

f(z)

zdz

∣∣∣∣ ≤ 2πRmax|z|=R

∣∣∣∣f(z)

z

∣∣∣∣ = 2πmax|z|=R

∣∣∣∣ 1

p(z)

∣∣∣∣ .Osserviamo adesso che

p(z) = zn ·(a0 +

a1

z+ . . .+

anzn

)13

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da cui

|p(z)| = |z|n ·∣∣∣a0 +

a1

z+ . . .+

anzn

∣∣∣ ≥ |z|n · (|a0| −∣∣∣a1

z+ . . .+

anzn

∣∣∣) ≥≥ |z|n ·

(|a0| −

∣∣∣a1

z

∣∣∣− ∣∣∣a2

z2+ . . .+

anzn

∣∣∣) ≥ . . . ≥ |z|n ·(|a0| −

(∣∣∣a1

z

∣∣∣+∣∣∣a2

z2

∣∣∣+ . . .+∣∣∣anzn

∣∣∣))quindi per |z| = R otteniamo

|p(z)| ≥ Rn ·(|a0| −

(|a1|R

+|a2|R2

+ . . .+|an|Rn

)),

pertanto per R → +∞ abbiamo |p(z)| → +∞ quindi 1|p(z)| → 0. Dunque, per quanto

scritto prima avremo che per R→ +∞

|f(0)| = 1

∣∣∣∣∫+∂B(0,R)

f(z)

zdz

∣∣∣∣ ≤ 1

2π2πmax|z|=R

∣∣∣∣ 1

p(z)

∣∣∣∣→ 0⇒

⇒ f(0) = 0⇒ 1

an= 0

che e assurdo.

Corollario 1.3.10. (2a formula integrale di Cauchy) Siano A ⊆ C un insieme apertonon vuoto, T ⊆ A un dominio regolare, z0 ∈ T . Se f : A → C e una funzione olomorfain A allora

f ′(z0) =1

2πi

∫+∂T

f(z)

(z − z0)2dz

Dimostrazione. Per ipotesi abbiamo che

f ′(z0) = limz→z0

f(z)− f(z0)

z − z0

.

Dato che zo ∈ T allora ∃δ0 > 0 : B(z0, δ0) ⊆ T (quindi B(z0, δ0) ⊆ T ). Per la primaformula integrale di Cauchy si ha

f(z) =1

2πi

∫+∂T

f(w)

w − zdw

f(z0) =1

2πi

∫+∂T

f(w)

w − z0

dw.

Le formule precedenti valgono ∀z ∈ B(z0, δ0) \ {z0}. Sostituendo otteniamo

f(z)− f(z0)

z − z0

=1

2πi

∫+∂T

f(w)

z − z0

(1

w − z− 1

w − z0

)dw =

1

2πi

∫+∂T

f(w)

(w − z)(w − z0)dw

da cui

f ′(z0) = limz→z0

f(z)− f(z0)

z − z0

= limz→z0

1

2πi

∫+∂T

f(w)

(w − z)(w − z0)dw =

1

2πi

∫+∂T

f(w)

(w − z0)2dw

14

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Teorema 1.3.11. Siano A ⊆ C un insieme aperto non vuoto, T ⊆ A un dominioregolare, z0 ∈ T . Se f : A→ C e una funzione olomorfa in A allora ∀n ∈ N, ∃f (n)(z0) erisulta

f (n)(z0) =n!

2πi

∫+∂T

f(z)

(z − z0)n+1dz.

(la dimostrazione, che omettiamo, si basa sul teorema di Cauchy-Goursat)

Osservazione 1.3.12. Una immediata conseguenza del precedente teorema e che se A ⊆C e un aperto non vuoto e f ∈ H(A) con f = u+ iv allora u, v ∈ C∞(A).

Definizione 1.3.13. Diremo che una funzione f : C→ C e intera se e olomorfa in C.

Teorema 1.3.14. (Teorema di Liouville) Se f e una funzione intera e limitata, cioeche ∃K > 0 : |f(z)| ≤ K ∀z ∈ C con f ∈ H(C), allora f e costante.

Dimostrazione. Basta provare che ∀z1, z2 ∈ C con z1 6= z2 si ha f(z1) = f(z2). SiaR > max{|z1|, |z2|}, allora z1, z2 ∈ B(0, R). Per la prima formula integrale di Cauchyabbiamo

f(z1) =1

2πi

∫+∂B(0,R)

f(z)

z − z1

dz

f(z2) =1

2πi

∫+∂B(0,R)

f(z)

z − z2

dz,

da cui

f(z1)− f(z2) =1

2πi

∫+∂B(0,R)

f(z)

(z1 − z2

(z − z1)(z − z2)

)dz,

utilizzando la proprieta di Darboux

|f(z1)− f(z2)| = 1

∣∣∣∣∫+∂B(0,R)

f(z)

(z1 − z2

(z − z1)(z − z2)

)dz

∣∣∣∣ ≤≤ 1

2π2πRmax

|z|=R|f(z)| |z1 − z2|

|z − z1||z − z2|≤ RK|z1 − z2|max

|z|=R

1

|z − z1||z − z2|.

Osserviamo che |z−z1| ≥ |z|− |z1| da cui 1|z−z1| ≤

1|z|−|z1| , quindi per quanto scritto prima

abbiamo

|f(z1)− f(z2)| ≤ RK|z1 − z2|max|z|=R

1

(|z| − |z1|)(|z| − |z2|)=

= K|z1 − z2|(

R

(R− |z1|)(R− |z2|)

),

da cui per R→ +∞ otteniamo |f(z1)− f(z2)| ≤ 0 cioe f(z1) = f(z2).

Teorema 1.3.15. Se f e una funzione intera non costante allora la sua immagine f(C)e densa in C.

15

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Dimostrazione. Supponiamo per assurdo che esistano w ∈ C e r > 0 tali che si abbiaB(w, r) ⊆ C \ f(C), cio vuol dire che

∀z ∈ C |f(z)− w| > r ⇒∣∣∣∣ 1

f(z)− w

∣∣∣∣ < 1

r

quindi, definendo la funzione g(z) = 1f(z)−w essa e intera e limitata, quindi per il teorema

di Liouville e costante, da cui anche f sarebbe costante, contro le ipotesi.

Osserviamo che il precedente risultato e equivalente al teorema di Liouville, in quantoquest’ultimo puo essere visto come corollario del precedente teorema. Una generalizza-zione di questo teorema e data dal

Teorema 1.3.16. (Piccolo teorema di Picard) Una funzione f : C → C intera noncostante ha come immagine C o C \ {z0} per qualche z0 ∈ C.

1.4 Serie di funzioni

Definizione 1.4.1. Sia A ⊆ C aperto non vuoto e fn : A→ C con n ∈ N una successionedi funzioni complesse. Definiamo ∀m ∈ N la funzione

Sm =m∑i=1

fi.

Si chiama serie di funzioni complesse la coppia ((fn), (Sn)) e verra indicata con ilsimbolo

+∞∑n=1

fn(z). (1.2)

Diremo che la serie (1.2) converge puntualmente [uniformemente] in B ⊆ A se(Sn) converge puntualmente [uniformemente] in B. Diremo che la serie (1.2) convergeassolutamente in B ⊆ A se la serie

+∞∑n=1

|fn(z)|

converge puntualmente in B. Diremo che la serie (1.2) converge totalmente in B ⊆ Ase

1. fn e limitata in B per ogni n ∈ N,

2. la serie+∞∑n=1

supz∈B|fn(z)| e convergente.

Ricordiamo che il teorema di Weierstrass sulle serie di funzioni ci assicura che laconvergenza totale implica quella uniforme e assoluta.

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Definizione 1.4.2. Sia (an)n∈N ⊆ C una successione di numeri complessi e z0 ∈ C. Sichiama serie di potenze di centro z0 la serie di funzioni

+∞∑n=0

an(z − z0)n ∀z ∈ C (1.3)

(si ponga eventualmente per convenzione 00 = 1). Consideriamo l’insieme

H =

{h ∈ [0,+∞[ :

+∞∑n=0

|an|hn sia convergente

}⊆ R+

0 .

Osserviamo che 0 ∈ H 6= ∅, quindi H ammette l’estremo superiore

r = sup(H) ∈ [0,+∞] = R+0 ∪ {+∞}.

r e detto raggio di convergenza della serie (1.3).

Teorema 1.4.3. Se+∞∑n=0

an(z − z0)n e una serie di potenze con raggio di convergenza r,

allora

1. r = 0La serie converge solo per z = z0.

2. 0 < r < +∞La serie converge assolutamente in B(z0, r), non converge in C \ B(z0, r), mentrenon possiamo dire nulla sul comportamento della serie in ∂B(z0, r).Inoltre in ogni insieme chiuso e limitato contenuto in B(z0, r) la serie convergetotalmente.

3. r = +∞La serie converge assolutamente in C.Inoltre in ogni insieme chiuso e limitato la serie converge totalmente

Definizione 1.4.4. Siano A ⊆ C aperto e non vuoto, f : A→ C e z0 ∈ A. Diremo chef e analitica in z0 se esistono δ > 0 e {an}n∈N ⊆ C tali che B(z0, δ) ⊆ A e

f(z) =+∞∑n=0

an(z − z0)n ∀z ∈ B(z0, δ).

Diremo che f e analitica in B ⊆ A se e analitica in ogni punto z ∈ B (quando nonspecifichiamo l’insieme in cui f e analitica sottointendiamo in tutto il suo dominio).

Sappiamo che una funzione reale analitica e di classe C∞, ma non vale il viceversa:

f e analitica in R ⇒: f ∈ C∞(R).

Il prossimo teorema mostra come nel caso delle funzioni complesse in un certo senso valgaanche il viceversa.

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Teorema 1.4.5. Siano A ⊆ C aperto non vuoto e f : A→ C. Si ha

f ∈ H(A)⇐⇒ f e analitica in A

Dimostrazione.

⇒ Siano z0 ∈ A e δ > 0 : B(z0, δ) ⊆ A. Dato che f ∈ H(A) per la prima formulaintegrale di Cauchy si ha

f(z) =1

2πi

∫+∂B(z,ρ)

f(w)

w − zdw =

1

2πi

∫+∂B(z,ρ)

f(w)

w − z0

· 1

1− z−z0w−z0

dw.

Avendo scelto ρ ∈ R+ tale che |z − z0| < ρ < δ in modo che risulti∣∣∣ z−z0w−z0

∣∣∣ < 1.

Adesso utilizzando la serie geometrica

1

1− q=

+∞∑n=0

qn

ponendo q = z−z0w−z0 (il fatto che |q| < 1 ci assicura che la serie sia convergente)

otteniamo

1

2πi

∫+∂B(z,ρ)

f(w)

w − z0

· 1

1− z−z0w−z0

dw =1

2πi

∫+∂B(z,ρ)

f(w)

w − z0

·+∞∑n=0

(z − z0

w − z0

)ndw =

=+∞∑n=0

(1

2πi

∫+∂B(z,ρ)

f(w)

(w − z0)n+1dw

)(z − z0)n

dove nell’ultima uguaglianza abbiamo utilizzato il teorema di integrazione per serie.Dunque ponendo

an =1

2πi

∫+∂B(z,ρ)

f(w)

(w − z0)n+1dw

possiamo scrivere

f(z) =+∞∑n=0

an(z − z0)n.

Osserviamo infine che dalle formule di integrazione per funzioni olomorfe risulta

an =f (n)(z0)

n!.

⇐ Per ipotesi si ha che per ogni z ∈ A esistono δ > 0 e {an}n∈N ⊆ C tali cheB(z0, δ) ⊆ A e

f(z) =+∞∑n=0

an(z − z0)n ∀z ∈ B(z0, δ).

Dunque, se z = x+ iy, z0 = x0 + iy0, f(x, y) = u(x, y) + iv(x, y) otteniamo

fx(z) =+∞∑n=1

nan(z − z0)n−1 · 1

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fy(z) =+∞∑n=1

nan(z − z0)n−1 · i

quindi fy(z) = ifx(z), cioe f soddisfa le condizioni di olomorfia di Cauchy-Rienmannquindi f ∈ H(A).

Corollario 1.4.6. Ogni funzione f ∈ H(A), con A ⊆ C aperto non vuoto, e sviluppabilein serie di Taylor in ogni z0 ∈ A.

Teorema 1.4.7. (Teorema di Hermite)

Hp) f ∈ H(C),∃k > 0, ν > 0 : |f(z)| ≤ k|z|ν ∀z ∈ C

Ts) f e un polinomio di grado minore o uguale a [ν]

Dimostrazione. Sia z0 ∈ C, dato che f ∈ H(C) in base al precedente teorema possiamoscrivere

f(z) =+∞∑n=0

an(z − z0)n ∀z ∈ C.

Inoltre ∀R > |z0| si ha

an =f (n)(z0)

n!=

1

2πi

∫+∂B(0,R)

f(w)

(w − z0)n+1dw,

da cui, utilizzando la proprieta di Darboux otteniamo

|an| =1

∣∣∣∣∫+∂B(0,R)

f(w)

(w − z0)n+1dw

∣∣∣∣ ≤ 1

2π2πRmax

|z|=R

∣∣∣∣ f(z)

(z − z0)n+1

∣∣∣∣ ≤≤ Rmax

|z|=R

k|z|ν

(|z| − |z0|)n+1=

kRν+1

(R− |z0|)n+1,

da cui se ν + 1 < n + 1, cioe per ν < n, al tendere di R a +∞ l’ultimo termine tendea zero, per cui n > ν ⇒ an = 0, questo prova che f e un polinomio di grado minore ouguale a [ν].

1.5 Serie bilatere

Definizione 1.5.1. Consideriamo una successione di numeri complessi definita negliinteri {an}n∈Z ⊆ C (piu formalmente, una funzione h : Z→ C dove indichiamo h(n) = ane h(Z) = {an}n∈Z ⊆ C). Il simbolo ∑

n∈Z

an (1.4)

si dice serie bilatera. Diciamo che (1.4) converge quando le due serie

+∞∑n=0

an,

+∞∑n=1

a−n

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convergono, in tal caso si pone∑n∈Z

an =+∞∑n=0

an ++∞∑n=1

a−n.

Siano R1, R2 ∈ R+0 ∪ {+∞} con R1 < R2 e z0 ∈ C. Poniamo

C(z0, R1, R2) = {z ∈ C : R1 < |z − z0| < R2}.

L’insieme definito, nel caso in cui R1, R2 ∈ R+, non e altro che la corona circolare dicentro z0, raggio interno R1 e raggio esterno R2.

Teorema 1.5.2. (Teorema di Laurent)

Hp) f ∈ H(C(z0, R1, R2))

Ts) ∃!{an}n∈Z ⊆ C : f(z) =∑n∈Z

an(z − z0)n ∀z ∈ C(z0, R1, R2).

Inoltre an =1

2πi

∫+∂B(z0,ρ)

f(z)

(z − z0)n+1dz ∀n ∈ Z,∀ρ ∈ ]R1, R2[

(osserviamo che l’ultimo integrale scritto non dipende da ρ grazie al teorema diCauchy-Goursat)

Definizione 1.5.3. Utilizzando la stessa notazione del teorema precedente, diamo leseguenti definizioni.

La serie∑n∈Z

an(z − z0)n si chiama serie di Laurent di f in C(z0, R1, R2).

La serie+∞∑n=0

an(z − z0)n si dice parte regolare dello sviluppo.

La serie+∞∑n=1

a−n(z − z0)n

si dice parte singolare dello sviluppo.

Esempio 1.5.4. Siano α, z0 ∈ C con α 6= z0. Consideriamo la funzione f : C \ {α} → Ccon f(z) = 1

z−α . Troviamo lo sviluppo in serie di Laurent di f con centro z0 nelle duecorone circolari

C = {z ∈ C : 0 < |z − z0| < |α− z0|}C ′ = {z ∈ C : |α− z0| < |z − z0|}

in cui f e olomorfa.

1. Sviluppiamo la funzione f in serie di Laurent in C. Abbiamo per z ∈ C1

z − α=

1

z − z0 + z0 − α=

1

z0 − α· 1

1 + z−z0z0−α

.

Dal momento che | z−z0z0−α | < 1 ne segue

1

z − α=

1

z0 − α· 1

1 + z−z0z0−α

=1

z0 − α

∞∑n=0

(z − z0

z0 − α

)n(−1)n =

∞∑n=0

(−1)n

(z0 − α)n+1(z−z0)n

20

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2. Sviluppiamo la funzione f in serie di Laurent in C ′. Abbiamo per z ∈ C ′

1

z − α=

1

z − z0 + z0 − α=

1

z − z0

· 1

1 + z0−αz−z0

.

Dal momento che | z0−αz−z0 | < 1 ne segue

1

z − α=

1

z − z0

· 1

1 + z0−αz−z0

=1

z − z0

∞∑n=0

(z0 − αz − z0

)n(−1)n =

∞∑n=0

(α−z0)n1

(z − z0)n+1

1.6 Punti singolari

Definizione 1.6.1. Siano A ⊆ C un aperto non vuoto ed f ∈ H(A). Ogni punto z ∈ Asi dice punto regolare di f . I punti z ∈ ∂A si dicono punti singolari di f . I puntiisolati di ∂A si dicono punti singolari isolati. L’insieme C \ A si chiama regionelacunare.

Prima di passare a un esempio proviamo che

ez = 1⇔ z = 2πik k ∈ Z.

Sia z = a+ ib tale che ez = 1, per definizione abbiamo

ea+ib = ea cos(b) + i ea sin(b) = 1 + i0

da cui {ea cos(b) = 1

ea sin(b) = 0

dalla seconda otteniamo sin(b) = 0 cioe b = hπ con h ∈ Z. Adesso se h e dispari otteniamocos(b) = −1, ma dato che ea > 0 si avrebbe 0 > ea cos(b) = 1 che e impossibile, quindih dev’essere pari, cioe ∃k ∈ Z : h = 2k con cos(b) = 1. Dalla prima equazione delprecedente sistema si ha ea = 1⇒ a = 0. Quindi{

a = 0

b = 2πk k ∈ Z=⇒ z = 2πik k ∈ Z.

Esempio 1.6.2. Mostriamo che se z ∈ C \ {0} allora

sin(πz

)= 0⇔ z =

1

kk ∈ Z \ {0},

infatti scriviamo

sin(πz

)=eiπz − e−iπz

2i= 0⇔ ei

πz − e−i

πz = 0⇔ e

2πiz = 1

per quanto mostrato prima otteniamo

2πi

z= 2πik ⇒ z =

1

kk ∈ Z \ {0}.

21

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Adesso consideriamo l’insieme A = C \ ({0} ∪ { 1k

: k ∈ Z \ {0}}), la funzione

f : A→ C f(z) =1

sin(πz

)e l’insieme dei punti singolari di f

∂A = {0} ∪{

1

k: k ∈ Z \ {0}

}.

La funzione f costituisce un esempio di funzione che ha un’infinita di punti singolariisolati e ha 0 ∈ C come punto singolare non isolato.

Definizione 1.6.3. Siano A ⊆ C aperto non vuoto, f ∈ H(A) e z0 ∈ ∂A un puntosingolare isolato di f . Si puo dimostrare che ∃δ0 > 0 : B∗(z0, δ0) = B(z0, δ0) \ {z0} ⊆ A.Essendo f olomorfa in B∗(z0, δ0) possiamo considerare il suo sviluppo in serie di Laurentdi centro z0

f(z) =∑n∈Z

an(z − z0)n ∀z ∈ B∗(z0, δ0).

Il coefficiente a−1 si dice residuo di f in z0 e si scrive

Resz=z0

f(z) = a−1.

Inoltre z0 si dice punto singolare

1. fittizio se an = 0 ∀n < 0;

2. polo di ordine n ∈ N \ {0} quando a−n 6= 0 e ak = 0 ∀k < −n;

3. essenziale quando an 6= 0 per infiniti n ∈ Z, n < 0.

Un polo di ordine 1 e anche detto polo semplice.

Teorema 1.6.4. Siano A ⊆ C un aperto non vuoto e f ∈ H(A). Se z0 ∈ ∂A e un puntosingolare isolato di f allora

z0 e singolarita fittizia ⇐⇒ ∃ limz→z0

f(z) = l ∈ Cz0 e un polo di ordine n ∈ N \ {0} ⇐⇒ ∃ lim

z→z0(z − z0)nf(z) = l ∈ C \ {0};

z0 e singolarita essenziale ⇐⇒ @ limz→z0

f(z);

Teorema 1.6.5. Siano A ⊆ C un aperto non vuoto e f ∈ H(A). Se z0 e un polo diordine n ∈ N per f allora il residuo di f in z0 e pari a

Resz=z0

f(z) = a−1 =1

(n− 1)!limz→z0

Dn−1(

(z − z0)nf(z))

Definizione 1.6.6. Siano A ⊆ C un aperto non vuoto, z0 ∈ A e f : A→ C. Il punto z0

si chiama zero di ordine n ∈ N per f se esiste g : A→ C tale che

1. g(z0) 6= 0.

22

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2. f(z) = (z − z0)ng(z) ∀z ∈ A.

Uno zero di ordine 1 e anche detto zero semplice.

Osservazione 1.6.7. Osserviamo che z0 ∈ A e uno zero di ordine n ∈ N per f ∈ H(A)con f(z) 6= 0 ∀z ∈ A \ {z0} se e solo se z0 e un polo di ordine n per 1

f(z).

Corollario 1.6.8. Siano A ⊆ C un aperto non vuoto e f, g ∈ H(A). Se z0 ∈ A e unozero semplice per g e g(z) 6= 0 ∀z ∈ A \ {z0} allora ha senso considerare la funzione

h(z) = f(z)g(z)

∀z ∈ A \ {z0}. Sotto queste ipotesi z0 e un punto singolare fittizio per h(z),

oppure un polo semplice di h(z), in ogni caso

Resz=z0

h(z) =f(z0)

g′(z0)

Dimostrazione. (Cenno) Se z0 e un polo semplice di h allora

Resz=z0

h(z) = a−1 = limz→z0

(z − z0)h(z) = limz→z0

f(z)g(z)−g(z0)z−z0

=f(z0)

g′(z0)

in quanto g(z0) = 0.

1.7 Teorema dei Residui e sue applicazioni

Teorema 1.7.1. (Teorema dei residui)

Hp) Sia A ⊆ C un aperto non vuoto, f ∈ H(A), z1, z2, . . . , zp ∈ ∂A punti singolari isolati

di f , T ⊆ C dominio regolare tale che z1, z2, . . . , zp ∈ T e T \ {z1, z2, . . . , zp} ⊆ A.

Ts)

∫+∂T

f(z)dz = 2πin∑k=1

Resz=zk

f(z).

Dimostrazione. Poniamo

δ′ = min{|zh − zk| : h, k = 1, . . . , p con h 6= k},δ′ = min{d(zh, ∂T ) : h = 1, . . . , p},δ = min{δ′, δ′′},

e consideriamo il dominio regolare

T ′ = T \p⋃i=1

B(zk, δ) ⊆ A.

Per il teorema di Cauchy-Goursat abbiamo∫+∂T ′

f(z)dz = 0,

cioe ∫+∂T

f(z)dz =

p∑k=1

∫+∂B(zk,δ)

f(z)dz =

p∑k=1

2πiResz=zk

f(z)

(l’ultima uguaglianza deriva dal teorema di Laurent).

23

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Vediamo una prima applicazione del teorema dei residui. Sia B ⊆ R2 con [−1, 1]2 ⊆ Be ϕ : B → R continua. Supponiamo di voler calcolare l’integrale∫ 2π

0

ϕ(sin t, cos t)dt.

Dalla formula di Eulero possiamo scrivere∫ 2π

0

ϕ(sin t, cos t)dt =

∫ 2π

0

ϕ

(eit − e−it

2i,eit + e−it

2

)dt,

avendo posto z = eit con t ∈ [0, 2π], il precedente integrale diventa∫ 2π

0

ϕ(sin t, cos t)dt =

∫+∂B(0,1)

ϕ

(z − z−1

2i,z + z−1

2

)dz

iz.

Adesso per il calcolo dell’ultimo integrale possiamo utilizzare il teorema dei residui.

Prima di vedere una seconda applicazione del teorema dei residui diamo le seguentidefinizioni.

Definizione 1.7.2. Sia f : R → R una funzione. Se f e integrabile secondo Rienmannin [0,+∞[ e ]−∞, 0], cioe e esistono finiti i limiti

α = lima→+∞

∫ 0

−af(x)dx ∈ R,

β = lima→+∞

∫ a

0

f(x)dx ∈ R,

allora si pone per definizione ∫ +∞

−∞f(x)dx = α + β. (1.5)

Se invece esiste il limite

lima→+∞

∫ a

−af(x)dx

allora f si dice integrabile secondo Cauchy e si pone

(PV )

∫ +∞

−∞f(x)dx = lim

a→+∞

∫ a

−af(x)dx. (1.6)

1.6 e detto anche integrale al valore principale.

Osserviamo che l’integrabilita della 1.5 implica quella della 1.6, ma non vale il vice-versa, basta considerare la funzione f : R→ R con f(x) = x.

Sia adesso f : R → R integrabile secondo Cauchy. Supponiamo di voler calcolarel’integrale

(PV )

∫ +∞

−∞f(x)dx.

24

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Sia P = {z ∈ C : =(z) ≥ 0} e ϕ ∈ H(P \ {z1, . . . , zk}) con z1, . . . , zk ∈ P e supponiamoche <(ϕ(x)) = f(x) ∀x ∈ R. Sia R > max{|zh| : h = 1, . . . , k} e C(R) = {z ∈ C : |z| <R,=(z) ≥ 0}, per il teorema dei residui risulta∫

+∂C(R)

ϕ(z)dz = 2πik∑

h=1

Resz=zh

ϕ(z),

da cui, avendo posto γR = P ∩ ∂B(0, R), ne segue∫ R

−Rf(x)dx+

∫+γR

ϕ(z)dz = 2πik∑

h=1

Resz=zh

ϕ(z).

Se

∃ limR→+∞

∫+γR

ϕ(z)dz = l ∈ C

allora per R→ +∞ si ha

(PV )

∫ +∞

−∞f(x)dx = −l + 2πi

k∑h=1

Resz=zh

ϕ(z).

Lemma 1.7.3. (Lemma del grande cerchio)

Hp) Siano r ≥ 0, α, β ∈ [0, 2π] con α ≤ β, S = {z ∈ C : |z| ≥ r, α ≤ arg(z) ≤ β},ϕ : S → C continua tale che ∃ lim

z→∞zϕ(z) = λ ∈ C, γR = S ∩ ∂B(0, R).

Ts) limR→+∞

∫+γR

ϕ(z)dz = iλ(β − α).

Nell’ipotesi in cui ϕ ha un punto singolare sull’asse reale il metodo di calcolo finoraesposto fallisce. Tuttavia, detto zj ∈ R il punto singolare di ϕ sull’asse reale, possiamogeneralizzare tale procedimento calcolando l’integrale lungo il bordo di C(R) \ B(z, ε) esuccessivamente far tendere ε a zero.

Lemma 1.7.4. (Lemma del piccolo cerchio)

Hp) Siano r ≥ 0, α, β ∈ [0, 2π] con α ≤ β, z0 ∈ C, S = {z ∈ C : 0 < |z − z0| <r, α ≤ arg(z − z0) ≤ β}, ϕ : S → C continua tale che ∃ lim

z→z0(z − z0)ϕ(z) = λ ∈ C,

γε = S ∩ ∂B(z0, ε).

Ts) limε→0+

∫+γε

ϕ(z)dz = iλ(β − α).

Lemma 1.7.5. (Lemma di Jordan)

Hp) Siano r ≥ 0, α, β ∈ [0, π] con α ≤ β, S = {z ∈ C : |z| ≥ r, α ≤ arg(z) ≤ β},ϕ : S → C continua tale che ∃ lim

z→∞ϕ(z) = 0, µ > 0, γR = S ∩ ∂B(0, R).

Ts) limR→+∞

∫+γR

eiµzϕ(z)dz = 0.

25

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(N.B. il lemma di Jordan puo essere applicato, con le opportune modifiche, anche nelcaso α, β ∈ [π, 2π] e µ < 0).

Esempio 1.7.6. Calcoliamo l’integrale∫ +∞

0

sinx

xdx.

La funzione sinxx

e integrabile in [0,+∞] in quanto, utilizzando la formula di integrazioneper parti, si ha∫ +∞

0

sinx

xdx =

∫ 1

0

sinx

xdx+ lim

a→+∞

∫ a

1

sinx

xdx =

∫ 1

0

sinx

xdx+ lim

a→+∞

([−cosx

x

]a1−∫ a

1

cosx

x2dx

).

Dunque possiamo scrivere∫ +∞

0

sinx

xdx =

1

2(PV )

∫ +∞

−∞

sinx

xdx =

1

2=(

(PV )

∫ +∞

−∞

eix

xdx

).

Calcoliamo

(PV )

∫ +∞

−∞

eix

xdx.

Poniamo ϕ : C \ {0} → C con ϕ(z) = eiz

z, ϕ e olomorfa in C \ {0}. Siano R > ε > 0 due

numeri reali eS = {z ∈ C : =(z) ≥ 0}

C(R, ε) = (S ∩B(0, R)) \B(0, ε)γR = S ∩ ∂B(0, R)γε = S ∩ ∂B(0, ε).

Per il teorema di Cauchy-Goursat abbiamo che∫+∂C(R,ε)

ϕ(z)dz = 0⇒

⇒∫ −ε−R

eix

xdx−

∫+γε

eiz

zdz +

∫ R

ε

eix

xdx+

∫+γR

eiz

zdz = 0.

Osserviamo che limz→0

(z − 0)ϕ(z) = limz→0

eiz = 1 quindi, applicando il lemma del piccolo

cerchio, risulta

limε→0+

∫+γε

eiz

zdz = iπ,

pertanto, per ε→ 0+, l’equazione precedente diventa∫ 0

−R

eix

xdx− iπ +

∫ R

0

eix

xdx+

∫+γR

eiz

zdz =

∫ R

−R

eix

xdx− iπ +

∫+γR

eiz

zdz = 0.

Il limite limz→∞

zϕ(z) = limz→∞

eiz non esiste, quindi non possiamo applicare il lemma del gran-

de cerchio per calcolare l’ultimo termine della precedente equazione. Tuttavia possiamoutilizzare il lemma di Jordan in quanto esiste il limite lim

z→∞1z

= 0, pertanto

limR→+∞

∫+γR

eiz1

zdz = 0,

26

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ottenendo infine ∫ R

−R

eix

xdx− iπ = 0 ∀R > 0,

da cui per R→ +∞

(PV )

∫ +∞

−∞

eix

xdx = iπ

ne segue ∫ +∞

0

sinx

xdx =

1

2

∫ +∞

−∞

sinx

xdx =

1

2=(∫ +∞

−∞

eix

xdx

)=π

2.

27

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Capitolo 2

Trasformata e Serie di Fourier

2.1 Serie di Fourier

Definizione 2.1.1. Una funzione f : R→ R si dice periodica di periodo T > 0 se

f(x+ T ) = f(x) ∀x ∈ R

Definizione 2.1.2. Sia f : [a, b[→ R. Si chiama prolungamento per periodicita dif e di indica con f# la funzione

f# : R→ R con f#(x) = f(x− k(b− a)

)∀x ∈

[a+ k(b− a), b+ k(b− a)

], k ∈ Z

Definizione 2.1.3. Una funzione f : [a, b] → R si dice continua a tratti in [a, b]quando esiste una decomposizione D = {a = x0, x1, . . . , xn = b} di [a, b] tale che

1. f e continua in [a, b] \D.

2. Esistono finiti i limiti

limx→a+

f(x), limx→x±j

f(x), limx→b−

f(x) ∀j = 1, . . . , n− 1.

Una funzione f : R → R si dice continua a tratti in R se e tale in ogni intervallo[a, b] ⊆ R.

Osserviamo che la condizione (1) della precedente definizione equivale a richiedere chela funzione f sia generalmente continua in [a, b]. Dunque ogni funzione continua a trattiin [a, b] e anche generalmente continua nello stesso intervallo.

Definizione 2.1.4. Una funzione f : [a, b] → R continua a tratti in [a, b] con decompo-sizione D si dice regolare a tratti in [a, b] se esiste una decomposizione D∗ = {a =y0, y1, . . . , ym = b} di [a, b] tale che

1. D ⊆ D∗ e f e derivabile in [a, b] \D∗.

2. Esistono finiti i limiti

limx→a+

f ′(x), limx→x±j

f ′(x), limx→b−

f ′(x) ∀j = 1, . . . ,m− 1.

29

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Una funzione f : R → R si dice regolare a tratti in R se e tale in ogni intervallo[a, b] ⊆ R.

Definizione 2.1.5. Sia f : R→ R una funzione continua a tratti e periodica di periodoT = 2π. Poniamo ∀n ∈ N

an =1

π

∫ π

−πf(x) cos(nx)dx

bn =1

π

∫ π

−πf(x) sin(nx)dx,

i numeri reali an e bn si dicono coefficienti di Fourier di f . La serie di funzionidefinite in R

a0

2+

+∞∑n=1

[an cos(nx) + bn sin(nx)

](2.1)

si chiama serie di Fourier della funzione f . Denotata con S(x) la sua somma, f sidice sviluppabile in serie di Fourier nel punto x quando la (2.1) converge e risultaf(x) = S(x).

Dalla definizione si vede subito che nel caso in cui f e pari allora bn = 0 ∀n ∈ N eanalogamente se f e dispari allora an = 0 ∀n ∈ N.

Osservazione 2.1.6. Il termine generale della serie di Fourier puo essere riscritto uti-lizzando la formula di Eulero come segue

an cos(nx) + bn sin(nx) = aneinx + e−inx

2+ bn

einx − e−inx

2i=

=

(an − ibn

2

)einx +

(an + ibn

2

)e−inx ∀n ∈ N \ {0}.

Pertanto, avendo posto

cn =

an − ibn

2n ≥ 0

a−n + ib−n2

n < 0

(n ∈ Z)

la (2.1) si riscrive ∑n∈Z

cneinx.

Osservazione 2.1.7. Piu in generale, se f : R → R e continua a tratti e periodica diperiodo T allora la funzione g : R → R con g(x) = f( T

2πx) risultera continua a tratti e

periodica di periodo 2π, infatti

g(x+ 2π) = f

(T

2π(x+ 2π)

)= f

(T

2πx+ T

)= f

(T

2πx

)= g(x) ∀x ∈ R.

30

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Dunque ha senso considerare la serie di Fourier della funzione g

a0

2+

+∞∑n=1

[an cos(nx) + bn sin(nx)

];

i coefficienti an e bn risulteranno

an =1

π

∫ π

−πg(x) cos(nx)dx =

1

π

∫ π

−πf

(T

2πx

)cos(nx)dx

bn =1

π

∫ π

−πg(x) sin(nx)dx =

1

π

∫ π

−πf

(T

2πx

)sin(nx)dx,

da cui effettuando il cambio di variabile x = 2πTt otteniamo

an =1

π

∫ T2

−T2

f(t) cos

(2π

Tnt

)2π

Tdt =

2

T

∫ T2

−T2

f(t) cos

(2π

Tnt

)dt

bn =1

π

∫ T2

−T2

f(t) sin

(2π

Tnt

)2π

Tdt =

2

T

∫ T2

−T2

f(t) sin

(2π

Tnt

)dt.

Le precedenti formule sono una generalizzazione dei coefficienti di Fourier a una qualsiasifunzione f : R→ R continua a tratti periodica di periodo T . In modo analogo la serie diFourier risultera

a0

2+

+∞∑n=1

[an cos

(2π

Tnt

)+ bn sin

(2π

Tnt

)]. (2.2)

Lemma 2.1.8. Per ogni n ∈ N e t ∈ [−π, π] risulta

1

2+ cos(t) + cos(2t) + . . .+ cos(nt) =

sin[(n+ 1

2

)t]

2 sin(t2

)(osserviamo che t = 0 per la funzione a secondo membro e un punto di discontinuitaeliminabile).

Dimostrazione. Per ogni k ∈ N dalle formule di prostaferesi abbiamo

sin[(k + 1

2

)t]− sin

[(k − 1

2

)t]

= 2 sin(t2

)cos(

2kt2

).

Pertanto

k = 0 sin(t2

)− sin

(− t

2

)= 2 sin

(t2

)k = 1 sin

(3t2

)− sin

(t2

)= 2 sin

(t2

)cos(t)

...

k = n sin[(n+ 1

2

)t]− sin

[(n− 1

2

)t]

= 2 sin(t2

)cos(nt),

sommando membro a membro le precedenti n+ 1 uguaglianze otteniamo

sin[(n+ 1

2

)t]− sin

(− t

2

)= 2 sin

(t2

) (1 + cos(t) + cos(2t) + . . .+ cos(nt)

)da cui segue facilmente la tesi.

31

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Lemma 2.1.9. (Disuguaglianza di Bessel)

Hp) f : R→ R continua a tratti e periodica di periodo T = 2π.

Ts)a2

0

2+

+∞∑n=1

a2n + b2

n ≤1

π

∫ π

−πf(x)2dx

Dimostrazione. Consideriamo la successione delle somme parziali

sn(x) =a0

2+

n∑k=1

[ak cos(kx) + bk sin(kx)

],

si ha ∫ π

−π[sn(x)− f(x)]2dx ≥ 0 ∀n ∈ N∫ π

−πsn(x)2dx− 2

∫ π

−πsn(x)f(x)dx+

∫ π

−πf(x)2dx ≥ 0∫ π

−πf(x)2dx ≥ 2

∫ π

−πsn(x)f(x)dx−

∫ π

−πsn(x)2dx.

Calcoliamo i due termini del secondo membro della precedente disuguaglianza∫ π

−πsn(x)f(x)dx =

∫ π

−π

[a0

2+

n∑k=1

(an cos(kx) + bk sin(kx)

)]f(x)dx =

=a0

2

∫ π

−πf(x)dx+

n∑k=1

[ak

∫ π

−πcos(kx)f(x)dx+ bk

∫ π

−πsin(kx)f(x)dx

]=

2a2

0 +n∑k=1

(πa2

k + πb2k

)= π

(a2

0

2+

n∑k=1

(a2k + b2

k)

),

∫ π

−πsn(x)2dx =

∫ π

−π

[a0

2+

n∑k=1

(ak cos(kx) + bk sin(kx)

)]2

dx =

=a2

0

42π +

n∑k=1

[a2k

∫ π

−πcos2(kx)dx+ b2

k

∫ π

−πsin2(kx)dx

]+

+2a0

2

n∑k=1

∫ π

−π

(ak cos(kx) + bk sin(kx)

)dx+

n∑h,k=1h6=k

∫ π

−πahbk cos(hx) sin(kx)dx.

Il terzo termine della precedente somma si verifica facilmente essere nullo; dal momentoche cos(hx) e una funzione pari e sin(kx) e una funzione dispari ne segue che anche l’ultimotermine e nullo; inoltre si puo verificare facilmente che

∫ π−π cos2(hx)dx =

∫ π−π sin2(kx)dx =

π, pertanto si ha ∫ π

−πsn(x)2dx = π

[a2

0

2+

n∑k=1

(a2k + b2

k)

]

32

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da cui ∫ π

−πf(x)2dx ≥ π

[a2

0

2+

n∑k=1

(a2k + b2

k)

]∀n ∈ N

infine per n→ +∞ risulta

1

π

∫ π

−πf(x)2dx ≥ a2

0

2+

+∞∑k=1

(a2k + b2

k)

Corollario 2.1.10. Nelle ipotesi del lemma precedente

limn→+∞

an = limn→+∞

bn = 0

Dimostrazione. Dal lemma sappiamo che la serie

+∞∑n=1

(a2n + b2

n)

converge, quindi limn→+∞

(a2n + b2

n) = 0⇔ limn→+∞

√a2n + b2

n = 0, inoltre

|an|, |bn| ≤√a2n + b2

n

pertanto limn→+∞

|an| = limn→+∞

|bn| = 0⇔ limn→+∞

an = limn→+∞

bn = 0.

Definizione 2.1.11. Sia f : R→ R continua a tratti in R. Poniamo ∀x ∈ R

f(x+) = limt→x+

f(t), f(x−) = limt→x−

f(t).

Ovviamente f e continua in x ∈ R⇐⇒ f(x+) = f(x−) = f(x).

Teorema 2.1.12. (convergenza puntuale)

Hp) f : R→ R regolare a tratti e periodica di periodo T = 2π.

Ts) La serie di Fourier di f converge puntualmente in R e si ha

S(x) =1

2

(f(x+) + f(x−)

)∀x ∈ R

(ossia, f e sviluppabile in serie di Fourier in ogni x ∈ R dove f e continua).

Dimostrazione. (Schema)Dal lemma precedente abbiamo che per ogni n ∈ N e t ∈ [−π, π] risulta

1

2+ cos(t) + cos(2t) + . . .+ cos(nt) =

sin[(n+ 1

2

)t]

2 sin(t2

)33

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da cui

1

2π +

∫ 0

−πcos(t) +

∫ 0

−πcos(2t) + . . .+

∫ 0

−πcos(nt) =

∫ 0

−π

sin[(n+ 1

2

)t]

2 sin(t2

)1

2=

1

π

∫ 0

−π

sin[(n+ 1

2

)t]

2 sin(t2

) (2.3)

e analogamente otteniamo1

2=

1

π

∫ π

0

sin[(n+ 1

2

)t]

2 sin(t2

) . (2.4)

Dal momento che

sn(x) =a0

2+

n∑k=1

[akcos(kx) + bksin(kx)] =

=1

∫ π

−πf(t)dt+

n∑k=1

[1

π

∫ π

−πf(t) cos(kt) cos(kx)dt+

1

π

∫ π

−πf(t) sin(kt) sin(kx)dt

]=

=1

π

∫ π

−πf(t)

[1

2+

n∑k=1

cos(k(t− x))

]dt =

effettuiamo il cambiamento di variabile y = t− x

=1

π

∫ π−x

−π−xf(x+ y)

[1

2+

n∑k=1

cos(ky)

]dy =

(in generale, se f e una funzione di periodo T allora∫ T

0f(x)dx =

∫ T+a

af(x)dx∀a ∈ R,

da cui)

=1

π

∫ π

−πf(x+ y)

[1

2+

n∑k=1

cos(ky)

]dy =

1

π

∫ π

−πf(x+ y)

sin[(n+ 1

2

)y]

2 sin(y2

) dy.

Dunque infine otteniamo

sn(x) =1

π

∫ π

−πf(x+ y)

sin[(n+ 1

2

)y]

2 sin(y2

) dy (2.5)

(che e detta Formula di Dirichlet). Adesso e sufficiente provare che ∀x ∈ R

limn→+∞

[sn(x)− f(x−) + f(x+)

2

]= 0.

Da (2.3),(2.4) e (2.5) si ha

sn(x)− 1

2f(x−)− 1

2f(x+) =

=1

π

∫ 0

−πf(x+ y)

sin[(n+ 1

2

)y]

2 sin(y2

) dy − f(x−)1

π

∫ 0

−π

sin[(n+ 1

2

)y]

2 sin(y2

) dy+

34

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+1

π

∫ π

0

f(x+ y)sin[(n+ 1

2

)y]

2 sin(y2

) dy − f(x+)1

π

∫ π

0

sin[(n+ 1

2

)y]

2 sin(y2

) dy =

=1

π

[∫ 0

−π

f(x+ y)− f(x−)

2 sin(y2

) sin[(n+ 1

2

)y]dy +

∫ π

0

f(x+ y)− f(x+)

2 sin(y2

) sin[(n+ 1

2

)y]dy

]=

=1

π

∫ π

−πF (y)sin

[(n+ 1

2

)y]dy

dove

F (y) =

f(x+y)−f(x+)

2 sin( y2 )0 < y < π

0 y = 0f(x+y)−f(x−)

2 sin( y2 )−π < y < 0

inoltre, dal momento che f e regolare a tratti, F risultera continua a tratti. Adessoscriviamo

sn(x)− 1

2f(x−)− 1

2f(x+) =

1

π

∫ π

−πF (y)sin

[(n+ 1

2

)y]dy =

=1

π

∫ π

−πF (y)cos

(y2

)sin(ny)dy +

1

π

∫ π

−πF (y)sin

(y2

)cos(ny)dy =

=1

π

∫ π

−πG(y) sin(ny)dy +

1

π

∫ π

−πH(y) cos(ny)dy,

avendo posto G(y) = F (y)cos(y2

)e H(y) = F (y)sin

(y2

). Essendo gli ultimi due termini

dell’ultima uguaglianza i coefficienti della serie di Fourier delle funzioni G ed H, in basealla disuguaglianza di Bessel risulta

limn→+∞

1

π

∫ π

−πG(y) sin(ny)dy = lim

n→+∞

1

π

∫ π

−πH(y) sin(ny)dy = 0,

da cui

limn→+∞

[sn(x)− f(x−) + f(x+)

2

]= 0.

Lemma 2.1.13. Sia f : R → R una funzione continua, regolare a tratti e periodica diperiodo T = 2π. Siano an e bn i coefficienti di Fourier di f e a′n e b′n i coefficienti diFuorier di f ′. Sotto queste ipotesi risulta

a′n = nbn, b′n = −nan.

Dimostrazione. Proviamo la prima uguaglianza, la seconda e analoga. Si ha

a′n =1

π

∫ π

−πf ′(x) cos(nx)dx =

1

π[f(x) cos(nx)]π−π + n

1

π

∫ π

−πf(x) sin(nx)dx =

=1

π[f(π) cos(nπ)− f(−π) cos(−nπ)] + nbn =

=1

π[f(π) cos(nπ)− f(π) cos(nπ)] + nbn = nbn

(in quanto, essendo f periodica di periodo 2π si ha f(−π) = f(−π + 2π) = f(π)).

35

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Teorema 2.1.14. (convergenza totale)

Hp) f : R→ R continua, regolare a tratti e periodica di periodo T = 2π.

Ts) La serie di Fourier di f converge totalmente in R.

Dimostrazione. Osserviamo che(n|an| −

1

n

)2

≥ 0⇒ n2an2 − 2|an|+

1

n2≥ 0⇒ 2|an| ≤ b′n

2+

1

n2⇒

⇒ |an| ≤1

2

(b′n

2+

1

n2

)in modo analogo otteniamo

|bn| ≤1

2

(a′n

2+

1

n2

)da cui risulta

|an cos(nx) + bn sin(nx)| ≤ |an|+ |bn| ≤1

2

(a′n

2+ b′n

2+

2

n2

).

Adesso ci basta osservare che la serie

+∞∑n=1

[2

n2+ a′n

2+ b′n

2

]converge perche somma di una serie armonica generalizzata di potenza 2 e di una serieconvergente (in base alla disuguaglianza di Bessel applicata alla funzione f ′).

Teorema 2.1.15. (integrazione per serie)

Hp) f : R→ R regolare a tratti e peiodica di periodo T = 2π, x0, x ∈ [−π, π].

Ts)

∫ x

x0

f(t)dt =a0

2(x− x0) +

+∞∑n=1

∫ x

x0

(an cos(nx) + bn sin(nx))dt

2.2 Trasformata di Fourier

Definizione 2.2.1. Sia p ≥ 1 e L p(R) l’insieme delle funzioni f : R→ R tali che

1. f e misurabile.

2.

(∫ +∞

−∞|f(x)|pdx

) 1p

∈ R (integrale secondo Lebesgue).

Tali funzioni sono anche dette funzioni a p-esima potenza sommabile. Sia inveceL∞(R) l’insieme delle funzioni f : R→ R misurabili e limitate.

36

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Osserviamo che gli spazi L p(R) e L∞(R) sono spazi normati. Infatti possiamointrodurre in tali spazi una norma come segue

‖f‖p =

(∫ +∞

−∞|f(x)|pdx

) 1p

‖f‖∞ = ess supx∈R|f(x)| = inf{C ∈ R+

0 : |f(x)| ≤ C per quasi ogni x ∈ R}.

Inoltre e possibile dimostrare che

‖f‖∞ = limp→+∞

‖f‖p .

Definizione 2.2.2. Sia f ∈ L 1(R). Poniamo ∀y ∈ R

f(y) =

∫ +∞

−∞e−2πiyxf(x)dx.

Osserviamo che f(y) e ben definito per ogni y ∈ R in quanto∣∣∣∣∫ +∞

−∞e−2πiyxf(x)dx

∣∣∣∣ ≤ ∫ +∞

−∞|e−2πiyx| · |f(x)|dx =

∫ +∞

−∞|f(x)|dx ∈ R.

Il numero complesso f(y) si chiama trasformata di Fourier di f nel punto y ∈ R.La funzione f : R → C si chiama funzione trasformata di Fourier di f e si scrivef = F (f).

Proposizione 2.2.3. Se f ∈ L 1(R) allora F (f) ∈ L∞(R) con

‖F (f)‖∞ ≤ ‖f‖1

Dimostrazione. Per ogni y ∈ R abbiamo

|F (f)(y)| =∣∣∣∣∫ +∞

−∞e−2πiyxf(x)dx

∣∣∣∣ ≤ ∫ +∞

−∞|f(x)|dx = ‖f‖1 ∈ R

quindi F (f) e limitata e inoltre

‖F (f)‖∞ = supy∈R

F (f)(y) ≤ ‖f‖1.

Proposizione 2.2.4. Se f ∈ L 1(R) allora F (f) e uniformemente continua in R.

Dimostrazione. Dobbiamo provare che

∀ε > 0 ∃δ > 0 : ∀x1, x2 ∈ R, |x1 − x2| < δ ⇒ |f(x1)− f(x2)| < ε.

Per ogni y1, y2 ∈ R risulta

f(y1)− f(y2) =

∫ +∞

−∞

[e−2πiy1x − e−2πiy2x

]f(x)dx,

37

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da cui

|f(y1)− f(y2)| ≤∫ +∞

−∞|e−2πiy1x − e−2πiy2x||f(x)|dx =

=

∫ +∞

−∞|e−2πiy2x||e−2πi(y1−y2)x − 1||f(x)|dx =

∫ +∞

−∞|e−2πi(y1−y2)x − 1||f(x)|dx.

Fissiamo ε > 0. Dalla continuita verso il basso abbiamo

limR→+∞

∫|x|≥R

|f(x)|dx = 0,

pertanto esiste R∗ > 0: ∫|x|≥R∗

|f(x)|dx < ε

4,

dalla disuguaglianza precedente risulta

|f(y1)− f(y2)| ≤∫|x|<R∗

|e−2πi(y1−y2)x − 1||f(x)|dx+

∫|x|≥R∗

|e−2πi(y1−y2)x − 1||f(x)|dx.

In base alla formula di Eulero abbiamo

sin(t) =eit − e−it

2i

−2i sin(t) = e−it − 1

e−it

e−2it − 1 = −2ie−it sin(t)

|e−2it − 1| = 2| sin(t)|

da cui ∫|x|<R∗

|e−2πi(y1−y2)x − 1||f(x)|dx =

∫|x|<R∗

2| sin(π(y1 − y2)x)||f(x)|dx ≤

≤∫|x|<R∗

2|π(y1 − y2)||x||f(x)|dx < 2πR∗|y1 − y2|∫|x|<R∗

|f(x)|dx.

Dunque, posto δ = ε2M

, con M = 2πR∗∫|x|<R∗ |f(x)|dx, se |y1 − y2| < δ = ε

2Mallora

|f(y1)− f(y2)| ≤∫|x|<R∗

|e−2πi(y1−y2)x − 1||f(x)|dx+

∫|x|≥R∗

|e−2πi(y1−y2)x − 1||f(x)|dx <

< 2πR∗|y1 − y2|∫|x|<R∗

|f(x)|dx+ 2

∫|x|≥R∗

|f(x)|dx < ε

2MM + 2

ε

4= ε.

Proposizione 2.2.5.

Hp) f1, f2 ∈ L 1(R), λ1, λ2 ∈ C.

38

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Ts) F (λ1f1 + λ2f2) = λ1F (f1) + λ2F (f2).

Proposizione 2.2.6. (Rienman-Lebesgue)

Hp) f ∈ L 1(R).

Ts) limψ→±∞

[F (f)](ψ) = 0.

Posto C00(R) = {g ∈ C0(R) : lim

x→±∞g(x) = 0}, in base alle proposizioni precedenti la

trasformata di Fourier puo essere vista come una funzione lineare F : L 1(R)→ C00(R).

Lemma 2.2.7. (disuguaglianza di Holder) Siano p, q ≥ 1 tali che 1p

+ 1q

= 1 (nel

caso in cui p = 1 si considera q = ∞ e viceversa) e I ⊆ R un intervallo. Se u ∈ L p(I)e v ∈ L q(I) allora uv ∈ L 1(I) e risulta∫

I

|u(x)v(x)|dx ≤(∫

I

|u(x)|pdx) 1

p(∫

I

|v(x)|qdx) 1

q

.

Lemma 2.2.8. (derivazione sotto il segno di integrale) Siano I, J ⊆ R due inter-valli, ϕ(x, y) : I × J → R tale che

1. ϕ(·, y) ∈ L 1(I) ∀y ∈ J .

2. ϕ(x, ·) ∈ C1(J) ∀x ∈ I.

3. Se esistono g1, g2 ∈ L 1(I) per cui |ϕ(x, y)| ≤ g2(x),∣∣∣∂ϕ(x,y)

∂y

∣∣∣ ≤ g2(x) ∀x ∈ I,

avendo posto

Φ(y) =

∫I

ϕ(x, y)dx ∀y ∈ J

allora Φ ∈ C1(J) e risulta

Φ′(y) =

∫∂ϕ(x, y)

∂ydx ∀y ∈ J.

Teorema 2.2.9.

Hp) Sia f ∈ L 1(R), n ∈ N tale che xnf(x) ∈ L 1(R).

Ts) F (f) e derivabile n volte in R e risulta

DkF (f)(y) = (−2πi)kF (xkf(x))(y) ∀k ∈ {0, 1, . . . , n}.

Dimostrazione. Supponiamo n = 1. Dato che

F (f)(y) =

∫ +∞

−∞e−2πiyxf(x)dx ∀y ∈ R,

e risulta|e−2πiyxf(x)| = |f(x)| con f ∈ L 1(R)

39

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∣∣∣∣∂(e−2πiyxf(x))

∂y

∣∣∣∣ = |e−2πiyx(−2πix)f(x)| = 2π|xf(x)| ∈ L 1(R)

allora il lemma precedente assicura che

F (f)′(y) =

∫ +∞

−∞e−2πiyx(−2πix)f(x)dx = (−2πi)F (xf(x))(y)

da cui la tesi.Sia ora n > 1. Proviamo che xkf(x) ∈ L 1(R) ∀k ∈ {1, . . . n−1}. Poniamo p = n

k, q = n

n−kquindi 1

p+ 1

q= 1, inoltre(|x|k|f(x)|

kn

)p= |x|n|f(x)| ∈ L 1(R)⇒ |x|k|f(x)|

kn ∈ L p(R),(

|f(x)|1−kn

)q= |f(x)| ∈ L 1(R)⇒ |f(x)|1−

kn ∈ L q(R),

quindi possiamo utilizzare la disuguaglianza di Holder∫ +∞

−∞|xkf(x)|dx =

∫ +∞

−∞|x|k|f(x)|

kn |f(x)|1−

kndx ≤

≤(∫ +∞

−∞|x|n|f(x)|dx

) 1p(∫ +∞

−∞|f(x)|dx

) 1q

∈ R,

pertanto per ogni k ∈ {1, 2, . . . , n− 1} si ha xkf(x) ∈ L 1(R). Possiamo adesso applicareiterativamente la formula ottenuta per n = 1, in questo modo risulta

DkF (f)(y) = (−2πi)kF (xkf(x))(y).

Teorema 2.2.10.

Hp) f : R→ C derivabile n volte in R e tale che f, f ′, f ′′, . . . , f (n) ∈ L 1(R).

Ts) F (f (n))(y) = (2πi)nynF (f)(y)

Dimostrazione. Nel caso in cui n = 1 si ha

F (f ′)(y) =

∫ +∞

−∞e−2πiyxf ′(x)dx =

[e−2πiyxf(x)

]+∞−∞ −

∫ +∞

−∞e−2πiyx(−2πiy)f(x)dx.

Adesso, dato che f ∈ L 1(R) allora limx→±∞

f(x) = 0 (fatto che non dimostriamo) per cui

abbiamo

F (f ′)(y) = 2πiy

∫ +∞

−∞e−2πiyxf(x)dx.

Per ottenere il caso generale basta applicare iterativamente la precedente formula.

Proposizione 2.2.11. (antitrasformazione)

Hp) f,F (f) ∈ L 1(R).

40

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Ts) f(x) =

∫ +∞

−∞e2πiyxF (f)(y)dy per quasi ogni x ∈ R.

Proposizione 2.2.12. (antitrasformazione)

Hp) f ∈ L 1(R), f regolare a tratti in R.

Ts)f(x+) + f(x−)

2=

∫ +∞

−∞e2πiyxF (f)(y)dy ∀x ∈ R.

2.3 Convoluzione e trasformata di Fourier

Definizione 2.3.1. Siano f, g : R → C due funzioni misurabili. Per ogni x ∈ R fissatola funzione y → f(x− y)g(y) y ∈ R e misurabile. Se essa e sommabile allora poniamoper definizione

(f ∗ g)(x) =

∫ +∞

−∞f(x− y)g(y)dy,

f ∗ g si dice prodotto di convoluzione di f e g.

Teorema 2.3.2. (disuguaglianza di Young)

Hp) 1 ≤ p ≤ +∞, f ∈ L p(R), g ∈ L 1(R).

Ts) 1. (f ∗ g)(x) e ben definita per quasi ogni x ∈ R.

2. f ∗ g ∈ L p(R).

3. ‖f ∗ g‖p ≤ ‖f‖p‖g‖1.

Dimostrazione. Dividiamo la dimostrazione in 3 casi:

• p = 1. Fissiamo x ∈ R, la funzione h(x, y) = |f(x − y)||g(y)| e misurabile e nonnegativa, pertanto in base al teorema di Tonelli risulta∫

R

(∫R|f(x− y)||g(y)|dy

)dx =

∫∫R2

h(x, y)dxdy =

=

∫R

(∫R|f(x− y)||g(y)|dx

)dy =

∫R|g(y)|

(∫R|f(x− y)|dx

)dy =

ponendo t = x− y otteniamo

=

∫R|g(y)|

(∫R|f(t)|dt

)dy =

∫R|g(y)|dy

∫R|f(t)|dt ∈ R

da cui segue che la funzione x → f(x − y)g(y) e sommabile per quasi ogni x ∈ R.Inoltre anche la funzione x →

∫R |f(x − y)||g(y)|dy e sommabile in R e dato che

|(f ∗ g)(x)| ≤∫R |f(x− y)||g(y)|dy abbiamo anche f ∗ g ∈ L 1(R). Infine

‖f ∗ g‖1 =

∫R|(f ∗ g)(x)|dx =

∫R

∣∣∣∣∫Rf(x− y)g(y)dy

∣∣∣∣ dx ≤41

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≤∫R

(∫R|f(x− y)||g(y)|dy

)dx =

∫R

(∫R|f(x− y)||g(y)|dx

)dy =

=

∫R|g(y)|

(∫R|f(x− y)|dx

)dy =

∫R|g(y)|

(∫R|f(t)|dt

)dy =

=

∫R|g(y)|dy

∫R|f(t)|dt = ‖f‖1‖g‖1,

cioe‖f ∗ g‖1 ≤ ‖f‖1‖g‖1.

• 1 < p < +∞. Si usa la disuguaglianza di Holder.

• p = +∞. Dato che |f(t)| ≤ ‖f‖∞ per quasi ogni t ∈ R allora

|(f ∗ g)(x)| ≤∫R|f(x− y)||g(y)|dy ≤ ‖f‖∞

∫R|g(y)|dy = ‖f‖∞‖g‖1.

Vediamo adesso alcune proprieta del prodotto di convoluzione.

Proposizione 2.3.3. Siano f, g, h ∈ L 1(R).

1. f ∗ g = g ∗ f (commutativa)

2. (f ∗ g) ∗ h = f ∗ (g ∗ h) (associativa)

Dimostrazione. (dimostriamo solo la 1.)

(f∗g)(x) =

∫ +∞

−∞f(x−y)g(y)dy = −

∫ −∞+∞

f(t)g(x−t)dt =

∫ +∞

−∞f(t)g(x−t)dt = (g∗f)(x)

dove abbiamo posto t = x− y.

Proposizione 2.3.4. Se f, g ∈ L 1(R) allora

F (f ∗ g)(z) = F (f)(z)F (g)(z) ∀y ∈ R.

Dimostrazione. Per definizione e dal teorema di Fubini risulta

F (f ∗ g)(z) =

∫ +∞

−∞

(e−2πizx

∫ +∞

−∞f(x− y)g(y)dy

)dx =

=

∫ +∞

−∞

(∫ +∞

−∞e−2πizxf(x− y)g(y)dx

)dy =

∫ +∞

−∞e−2πizyg(y)

(∫ +∞

−∞e−2πiz(x−y)f(x− y)dx

)dy =

=

∫ +∞

−∞e−2πiz(x.y)g(y)

(∫ +∞

−∞e−2πiztf(t)dt

)dy =

∫ +∞

−∞e−2πiztf(t)dt

∫ +∞

−∞e−2πizyg(y)dy =

= F (f)(z)F (g)(z),

dove abbiamo posto t = x− y.

Proposizione 2.3.5. Se f, g ∈ L 1(R) allora∫ +∞

−∞F (f)(y) · g(y)dy =

∫ +∞

−∞f(y) ·F (g)(y)dy.

42

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2.4 Applicazioni

2.4.1 Equazione integrale di Hammerstein

Sia k ∈ L 1(R). L’equazione integrale di Hammerstein e il problema di trovare unafunzione u ∈ L 1(R) tale che

u(x) = k(x) +

∫ +∞

−∞k(x− y)u(y)dy ∀x ∈ R.

Utilizzando la trasformata di Fourier si ha

u(x) = k(x) + (u ∗ k)(x)

F (u)(z) = F (k)(z) + F (u)(z) ·F (k)(z)

F (u)(z) =F (k)(z)

1−F (k)(z)

u(x) = F−1

(F (k)(z)

1−F (k)(z)

)(x).

2.4.2 Equazione del calore

L’equazione del calore nel semipiano R+0 × R e il problema di trovare una funzione

u(x, t) : R+0 × R→ R tale che

ut = uxx in R+0 × R

u(x, 0) = u0(x) ∀x ∈ R

con u0 ∈ L 1(R) funzione assegnata. Cerchiamo soluzioni u(x) tali che

u(·, t), ux(·, t), uxx(·, t) ∈ L 1(R) ∀t ∈ R+0 .

Si ha

ut(x, t) = uxx(x, t)

F (ut)(z) = F (uxx)(z) = (2πi)2z2F (u)(z)

−4π2z2F (u)(z) = F (ut)(z) =

∫ +∞

∞e−2πizxut(x, t)dx =

=d

dt

(∫ +∞

∞e−2πizxu(x, t)dx

)=

d

dt(F (u)(z)) ,

per avere l’ultima uguaglianza dobbiamo aggiungere le ipotesi aggiuntive per la deriva-zione sotto il segno di integrale. Adesso supponiamo z fissato e poniamo U(t) = F (u)(z).Risulta

U ′(t) = −4π2z2U(t)

U(t) = c e−4π2z2t

43

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dove c e una costante (che dipende da z) da determinare. Si ha

c = U(0) = F (u(x, 0))(z) =

∫ +∞

−∞e−2πizxu(x, 0)dx =

=

∫ +∞

−∞e−2πizxu0(x)dx = F (u0)(z).

Pertanto

U(t) = F (u0)(z)e−4π2z2t

F (u)(z) = F (u0)(z)e−4π2z2t

u(x, t) = F−1(F (u0)(z)e−4π2z2t

).

Adesso dal momento che

e−4π2z2t = F

(e−

x2

4πt1

2π√t

)(z),

risulta

u(x, t) = F−1

(F (u0)(z)F

(e−

x2

4πt1

2π√t

)(z)

)=

=1

2π√tF−1

(F (u0 ∗ e−

x2

4πt )(z))

=1

2π√t(u0 ∗ e−

x2

4πt )(x)

da cui otteniamo infine

u(x, t) =1

2π√t

∫ +∞

−∞u0(y) e−

(x−y)24πt dy,

che e chiamata soluzione fondamentale dell’eqauzione del calore.

44

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Trasformata di Laplace

Definizione 4.1.1. Sia f : R→ C una funzione misurabile. Diciamo che f e localmen-te sommabile in R e scriviamo f ∈ L 1

loc(R) quando f ∈ L 1([a, b]) per ogni intervallo[a, b] ⊆ R.

Ad esempio le funzioni sin(x), cos(x), ex non sono sommabili ma sono localmentesommabili. Inoltre ovviamente L 1(R) ⊆ L 1

loc(R).

Definizione 4.1.2. La funzione

H(x) =

{1 x ≥ 0

0 x < 0∀x ∈ R

e detta funzione di Heaviside (o funzione gradino).

Definizione 4.1.3. Siano f ∈ L 1loc(R) e s0 ∈ C. Se esiste finito il limite

limx→+∞

∫ x

0

e−s0tf(t)dt

allora f si dice trasformabile secondo Laplace (o L -trasformabile) in s0 e si pone

L (f)(s0) = limx→+∞

∫ x

0

e−s0tf(t)dt =

∫ +∞

0

e−s0tf(t)dt

Osservazione 4.1.4. Osserviamo che, per ogni f ∈ L 1loc(R), se f e trasformabile secondo

Laplace in s0 ∈ C allora

L (f(t))(s0) = L (H(t)f(t))(s0).

Inoltre se e−s0tf(t) ∈ L 1(R+0 ) allora f e trasformabile secondo Laplace in s0. In generale

pero non vale il viceversa.

Alla luce della precedente osservazione diamo la seguente definizione.

Definizione 4.1.5. Una funzione f : R → C e assolutamente L tasformabile ins0 ∈ C se e−s0tf(t) ∈ L 1(R+

0 ) e definiamo L (f)(s0) come prima.

Teorema 4.1.6. Siano s0 ∈ C, f ∈ L 1loc(R

+0 ). Se f e L -trasformabile in s0 allora f e

L -trasformabile in ogni s ∈ C tale che <(s) > <(s0).

45

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Dimostrazione. Fissiamo s ∈ C con <(s) > <(s0) e poniamo

ϕ0(T ) =

∫ T

0

e−s0tf(t)dt.

Per ipotesi limT→+∞

ϕ0(T ) = l ∈ C. Si ha

∫ T

0

e−stf(t)dt =

∫ T

0

e−(s−s0)te−s0tf(t)dt =

∫ T

0

e−(s−s0)tϕ′0(t)dt =

=[e−(s−s0)tϕo(t)

]T0−∫ T

0

−(s−s0)e−(s−s0)tϕ0(t)dt = e−(s−s0)Tϕ0(T )+(s−s0)

∫ T

0

e−(s−s0)tϕ0(t)dt.

Osserviamo chelim

T→+∞e−(s−s0)Tϕ0(T ) = 0

in quanto limT→+∞

ϕ0(T ) = l ∈ C e <(s) > <(s0), inoltre

limT→+∞

∫ T

0

e−(s−s0)tϕ0(t)dt = L

poiche ϕ0 e limitata in [0,+∞[ e la funzione g(t) = e−(s−s0)t e sommabile in [0,+∞[,pertanto

limT→+∞

∫ T

0

e−stf(t)dt = L ∈ C.

Utilizzando la notazione precedente diamo la seguente definizione.

Definizione 4.1.7. L’insieme

Sf = {s ∈ C : f e L -trasformabile in s}

e detto semipiano di convergenza. Se Sf 6= ∅ allora il numero

ρf = inf{<(s) : s ∈ Sf}

si chiama ascissa di convergenza della trasformata di Laplace di f .

Corollario 4.1.8. Sia f ∈ L 1loc(R

+0 ). Se f e L -trasformabile in s0 ∈ C allora

1. f e L -trasformabile in ogni s ∈ C con <(s) > ρf .

2. f non e L -trasformabile in ogni s ∈ C con <(s) < ρf .

Esempio 4.1.9. Calcoliamo la trasformata della funzione di Heaviside H(t).

• Se s = 0 allora

limT→+∞

∫ T

0

e−stH(t)dt = limT→+∞

∫ T

0

dt = limT→+∞

T = +∞,

pertanto H(t) non e L -trasformabile in s = 0.

46

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• Se s 6= 0 allora

limT→+∞

∫ T

0

e−stH(t)dt = limT→+∞

∫ T

0

e−stdt = limT→+∞

[−e−st

s

]T0

= limT→+∞

1− e−sT

s.

Il precedente limite esiste ed e finito se e solo se <(s) > 0. In questo caso abbiamo

L (H(t))(s) =1

s.

La trasformata di Laplace gode delle seguenti proprieta:

1. Linearita. Se f1, f2 ∈ L 1loc(R

+0 ), λ1, λ2 ∈ C con fi L -trasformabile per <(s) > ρi

(i = 1, 2), allora λ1f1 + λ2f2 e L -trasformabile per <(s) > max{ρ1, ρ2} e

L (λ1f1 + λ2f2)(s) = λ1L (f1)(s) + λ2L (f2)(s)

2. Traslazione in t. Se f ∈ L 1loc(R

+0 ) e L -trasformabile per <(s) > ρ e h > 0, allora

f(t+ h) e L -trasformabile per <(s) > ρ e risulta

L (f(t+ h))(s) = e−hsL (f)(s)

3. Traslazione in s. Se f ∈ L 1loc(R

+0 ) ed e L -trasformabile per <(s) > ρ e h ∈ C

allora e−htf(t) e L -trasformabile per <(s) > ρ−<(h) con

L (e−htf(t))(s) = L (f)(s+ h)

4. Riscalamento. Se f ∈ L 1loc(R

+0 ) ed e L -trasformabile per <(s) > ρ e A > 0 allora

f( tA

) e L -trasformabile per <(s) > ρA

con

L (f( tA

))(s) = AL (f)(As)

Teorema 4.1.10. Se f ∈ L 1loc(R

+0 ) assolutamente L -trasformabile per <(s) > ρ e ρ0 > ρ

allora L (f) e limitata nel semipiano <(s) > ρ0 e risulta

lims→+∞

L (f)(s) = 0.

Teorema 4.1.11. Se f : R+0 → C e una funzione periodica di periodo T > 0 con

f ∈ L 1loc(R

+0 ) allora

L (f)(s) =1

1− e−Ts

∫ T

0

e−stf(t)dt per <(s) > 0.

Dimostrazione. Si ha

L (f)(s) =

∫ +∞

0

e−stf(t)dt =+∞∑n=0

∫ (n+1)T

nT

e−stf(t)dt =

47

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poniamo t = τ + nT

=+∞∑n=0

[∫ T

0

e−s(τ+nT )f(τ + nT )dτ

]=

+∞∑n=0

[e−snT

∫ T

0

e−sτf(τ)dτ

]=

=

(∫ T

0

e−sτf(τ)dτ

) +∞∑n=0

(e−sT

)n=

1

1− e−Ts

∫ T

0

e−stf(t)dt

(nell’ultima uguaglianza abbiamo utilizzato il fatto che e−sT < 1 in quanto <(s) > 0).

Se f ∈ L 1loc(R

+0 ) e L -trasformabile per <(s) > ρ allora poniamo

F (s) = L (f)(s) ∀s ∈ C,<(s) > ρ

ottenendo una funzione F : Sρ → C. Vogliamo studiare le condizioni per le quali lafunzione F risulti olomorfa in Sρ.

Lemma 4.1.12.∀δ > 0,∃Cδ > 0 : t ≤ Cδe

δt ∀t ∈ R+0 .

Dimostrazione. Fissiamo δ > 0. Dato che

limt→+∞

t

eδt= 0

allora esiste σ > 0 tale che

∀t ≥ σt

eδt≤ 1⇒ t ≤ eδt.

La funzione f(t) = teδt

e continua in R+0 . Per il teorema di Weierstrass ∃aδ > 0 tale che

∀t ∈ [0, σ]t

eδt≤ aδ ⇒ t ≤ aδe

δt.

Adesso basta prendere Cδ = max{aδ, 1} per avere

∀t ∈ R+0 t ≤ Cδe

δt.

Lemma 4.1.13. ∣∣∣∣ez − 1

z

∣∣∣∣ ≤ e|z| ∀z ∈ C \ {0}.

Dimostrazione. Si ha

ez =+∞∑n=0

zn

n!∀z ∈ C

ez − 1 =+∞∑n=1

zn

n!∀z ∈ C

ez − 1

z=

+∞∑n=1

zn−1

n!∀z ∈ C \ {0}

48

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da cui otteniamo ∣∣∣∣ez − 1

z

∣∣∣∣ ≤ +∞∑n=1

|z|n−1

n!≤

+∞∑n=1

|z|n−1

(n− 1)!=

+∞∑n=0

|z|n

n!= e|z|.

Teorema 4.1.14. Se f ∈ L 1loc(R

+0 ) e assolutamente L -trasformabile in ogni s ∈ C con

<(s) > ρ allora F (s) = L (f)(s) e olomorfa nel semipiano <(s) > ρ e risulta

F ′(s) = −L (tf(t))(s) ∀s ∈ C,<(s) > ρ.

Dimostrazione. Sia s ∈ C con <(s) > ρ. Se h ∈ C \ {0} con |h| < <(s) − ρ (quindi|<(h)| ≤ |h| < <(s)− ρ, cioe ρ−<(s) < <(h) < <(s)− ρ⇒ <(s+ h) > ρ), allora

F (s+ h)− F (s)

h=

∫ +∞

0

e−(s+h) − e−st

hf(t)dt =

∫ +∞

0

e−ht − 1

−ht(−t)e−stf(t)dt.

Nel caso in cui sia lecito il passaggio a limite sotto il segno di integrale otteniamo

limh→0

F (s+ h)− F (s)

h=

∫ +∞

0

e−st(−tf(t))dt = −L (tf(t))(s).

Facciamo vedere che tale passaggio a limite e lecito. Dai lemmi precedenti sappiamo che∣∣∣∣e−ht − 1

−ht

∣∣∣∣ |e−st|| − tf(t)| ≤ e|h|te−<(s)t t |f(t)| =

= t e−(<(s)−|h|)t|f(t)| ≤ Cδe−(<(s)−|h|−δ)t|f(t)| ∀t > 0,

per qualche δ > 0. Adesso dal momento che |h| < <(s)− ρ abbiamo

<(s)− |h| − ρ > 0,

pertanto possiamo scegliere δ > 0 tale che

<(s)− |h| − δ > ρ,

di modo che la funzione g(t) = Cδe−(<(s)−|h|−δ)t|f(t)| risulti sommabile in R+

0 . Dunquepossiamo usare il teorema della convergenza dominata.

Applicando il teorema precedente n volte otteniamo il seguente risultato.

Corollario 4.1.15. Sia f ∈ L 1loc(R

+0 ) assolutamente L -trasformabile per <(s) > ρ

allora, sapendo che la funzione F (s) = L (f(t))(s) e olomorfa, si ha

F (n)(s) = (−1)nL (tnf(t))(s) ∀n ∈ N,<(s) > ρ.

Esempio 4.1.16. Per <(s) > 0 abbiamo

L (tn)(s) = L (tnH(t))(s) = (−1)nDn

(1

s

)= (−1)n(−1)n

n!

sn+1=

n!

sn+1,

quindi

L (tn)(s) =n!

sn+1<(s) > 0.

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Teorema 4.1.17. (trasformata di una derivata)

Hp) f ∈ C0(R+0 ) regolare a tratti, assolutamente L -trasformabile per <(s) > ρ e f ′

assolutamente L -trasformabile per <(s) > ρ′.

Ts) L (f ′)(s) = sL (f)(s)− f(0) <(s) > max{ρ, ρ′}.

Dimostrazione. Per ogni T > 0 e <(s) > max{ρ, ρ′} si ha∫ T

0

e−stf ′(t)dt =[e−stf(t)

]T0−∫ T

0

(−s)e−stf(t)dt

(la formula di integrazione per parti vale solo se le funzioni con cui lavoriamo sono as-solutamente continue; l’esponenziale e assolutamente continua, inoltre le ipotesi su f cigarantiscono l’assoluta continuita). Dalla precedente uguaglianza otteniamo

e−sTf(T ) = f(0) +

∫ T

0

e−stf ′(t)dt− s∫ T

0

e−stf(t)dt

per T → +∞ risulta

limT→+∞

e−sTf(T ) = f(0) + L (f ′)(s)− sL (f)(s).

Dal momento che e−stf(t) ∈ L 1(R+0 ) abbiamo

limT→+∞

e−sTf(T ) = 0

da cui infineL (f ′)(s) = sL (f)(s)− f(0).

4.1.3 Convoluzione e trasfomata di Laplace

Definizione 4.1.18. Siano f, g ∈ L 1loc(R

+0 ) con f(t) = g(t) = 0 ∀t < 0. Poniamo

(f ∗ g)(t) =

∫ t

0

f(τ)g(t− τ)dτ t ≥ 0

0 t < 0.

(osserviamo che se τ ∈ [0, t] allora t− τ > 0).

Analogamente a quanto fatto nella serie di Fourier otteniamo

1. (f ∗ g)(t) ha senso per quasi ogni t ≥ 0.

2. (f ∗ g) ∈ L 1loc(R

+0 )

3. Valgono le proprieta associativa, commutativa e distributiva.

Teorema 4.1.19.

50

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Hp) f, g ∈ L 1loc(R

+0 ), f assolutamente L -trasformabile per <(s) > ρ1 e g L -trasformabile

per <(s) > ρ2

Ts) f ∗ g e L -trasformabile per <(s) > max{ρ1, ρ2} e si ha

L (f ∗ g) = L (f)L (g).

Corollario 4.1.20. (teorema del valore finale)

Hp) f ∈ C0(R+0 ) regolare a tratti in R+

0 , L -trasformabile per <(s) > ρ, con ρ ≤ 0, f ′ eassolutamente L -trasformabile per <(s) > ρ′ e lim

t→+∞f(t) = l ∈ C

Ts) ∃ lims→0

sL (f)(s) = l.

4.1.4 Formula di conversione

Sia f ∈ L 1loc(R

+0 ) con f(t) = 0 ∀t < 0, f L -trasformabile per <(s) > ρ. Se s = x + iy

allora

L (f)(x+ iy) =

∫ +∞

0

e−(x+iy)tf(t)dt =

∫ +∞

0

e−iyt[e−xtf(t)

]dt =

=

∫ +∞

−∞e−2πi( y

2π )t[e−xtf(t)]dt = F (e−xtf(t))

( y2π

),

a patto che e−xtf(t) sia sommabile in R.Sia x > ρ. Se e−xtf(t) ∈ L 1(R) ed e regolare a tratti allora in base alla formula diinversione per la trasformata di Fourier si ha

e−xtf(t+) + f(t−)

2= (PV )

∫ +∞

−∞e2πiztF (e−xtf(t))(z)dz =

= (PV )

∫ +∞

−∞eiytF (e−xtf(t))

( y2π

) dy2π

=1

2π(PV )

∫ +∞

−∞eiytL (f)(x+ iy)dy.

Dunque ottniamo infine

f(t+) + f(t−)

2=

1

2π(PV )

∫ +∞

−∞e(x+iy)tL (f(t))(x+ iy)dy

4.1.5 Un caso di antitrasformazione

Siano A(s), B(s) due polinomi in s di grado rispettivamente m ed n con m < n. Detteα1, α2, . . . , αr le radici distinte di B ed m1,m2, . . . ,mr le rispettive molteplicita, si ha

A(s)

B(s)=

r∑h=1

(mh∑k=1

βh,k(s− αh)k

).

51

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Dunque

L −1

(A(s)

B(s)

)=

r∑h=1

(mh∑k=1

βh,keαht

tk−1

(k − 1)!

).

Nel caso in cui mh = 1 per ogni h = 1, . . . , r allora r = n e

L −1

(A(s)

B(s)

)=

n∑h=1

βh,1eαht =

n∑h=1

A(αh)

B′(αh)eαht.

La precedente e detta formula di Heaviside.

52

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Distribuzioni

Definizione 5.1.21. Sia v ∈ C∞(R). Poniamo

supp(v) = {x ∈ R : v(x) 6= 0},

l’insieme supp(v) si dice supporto di v. La funzione v si dice a supporto compatto inR quando l’insieme supp(v) e compatto (cioe chiuso e limitato). Indicheremo tale classedi funzioni con il simbolo C∞0 (R).

Osserviamo che C∞0 (R) e uno spazio vettoriale su R (o C).

Definizione 5.1.22. Consideriamo la successione di funzioni {vk} ⊆ C∞0 (R). Diciamoche vk → 0 quando

1. Esiste [a, b] ⊆ R tale che per ogni k ∈ N supp(vk) ⊆ [a, b].

2. Per ogni p ∈ N v(p)k → 0 uniformemente in R.

Sia adesso v ∈ C∞0 (R), diciamo che vk → v quando (vk − v)→ 0. L’insieme C∞0 (R) conla convergenza data si denota con D(R) e si chiama spazio delle funzioni test.

Esempio 5.1.23. Sia ϕ : R→ R con

ϕ(x) =

{e

1x2−1 |x| < 1

0 |x| ≥ 1.

Consideriamo la successione di funzioni test vk(x) = ϕ(kx)2k

. Proviamo che vk → 0 inD(R). Per ogni k ∈ N abbiamo supp(vk) =

[− 1k, 1k

]⊆ [−1, 1]. Sia p ∈ N e poniamo

M = max[−1,1] |ϕ(p)(kx)|, si ha

∀x ∈ R |v(p)k (x)| = |ϕ(p)(kx)|k

p

2k≤M

kp

2k→ 0,

pertanto v(p)k (x) converge uniformemente alla funzione nulla per ogni p ∈ N. Dunque

abbiamo vk → 0 in D(R).

Definizione 5.1.24. Sia T : D(R)→ C tale che

1. T e lineare.

2. T e continuo, cioe ∀{vk} ⊆ D(R) e v ∈ D(R) per cui vk → v in D(R) risultaT (vk)→ T (v).

53

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allora T si chiama distribuzione. L’insieme delle distribuzioni verra denotato conD ′(R).

Sia f ∈ L 1loc(R), cioe f : R→ C misurabile e tale che f ∈ L 1([a, b]) ∀[a, b] ⊆ R. Se

v ∈ D(R) allora ∃[a, b] ⊆ R tale che supp(v) ⊆ [a, b] e v ∈ C0([a, b]). Sotto queste ipotesif(x)v(x) e sommabile in [a, b], quindi esiste finito l’integrale∫

Rf(x)v(x)dx =

∫ b

a

f(x)v(x)dx.

Proposizione 5.1.25. Sia f ∈ L 1loc(R). L’applicazione Tf : D(R)→ C definita da

Tf (v) =

∫Rf(x)v(x)dx ∀v ∈ D(R)

e una distribuzione.

Dimostrazione. Ovviamente Tf e lineare. Proviamo che se vk → v in D(R) allora T (vk)→T (v). Per ipotesi esiste [a, b] ⊆ R tale che supp(vk) ⊆ [a, b] ∀k ∈ N. Inoltre vk → vuniformemente in R. Dunque

1. f(x)vk(x)→ f(x)v(x) puntualmente in R.

2. |f(x)vk(x)| ≤M |f(x)| ∀k ∈ N, con M = supk∈N(maxx∈[a,b] |vk(x)|

)< +∞.

(M < +∞ poiche vk → v uniformemente in [a, b] e vk ∈ C0([a, b])∀k ∈ N).

Essendo la funzione M |f(x)| ∈ L 1([a, b]) possiamo applicare il teorema della convergenzadominata

limk→+∞

∫ b

a

f(x)vk(x)dx =

∫ b

a

f(x)v(x)dx,

cioe

limk→+∞

Tf (vk) = Tf (v).

Da quanto detto diamo la seguente definizione.

Definizione 5.1.26. Sia f ∈ L 1loc(R). La distribuzione Tf : D(R)→ C definita da

Tf (v) =

∫Rf(x)v(x)dx v ∈ D(R)

e detta distribuzione funzione di f .

Il seguente esempio mostra che non tutte le distribuzioni sono delle distribuzioni diqualche funzione f ∈ L 1

loc(R).

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Esempio 5.1.27. Sia δ : D(R)→ C cosı definita

δ(v) = v(0) ∀v ∈ D(R).

L’applicazione δ si dice delta di Dirac centrata in zero. δ e ovviamente lineare. Sup-poniamo che vk → v in D(R), allora vk → v puntualmente in R, quindi vk(0) → v(0),cioe δ(vk) → δ(v). Dunque δ e una distribuzione. Supponiamo per assurdo che esistaf ∈ L 1

loc(R) per cui δ(v) = Tf (v) per ogni v ∈ D(R), cioe

v(0) =

∫Rf(x)v(x)dx ∀v ∈ D(R). (5.6)

Consideriamo adesso la successione di funzioni test vk(x) = ϕ(kx) ∀k ∈ N,∀x ∈ R,dove

ϕ(x) =

{e

1x2−1 |x| < 1

0 |x| ≥ 1.

Abbiamo vk(0) = 1e∀k ∈ N. D’altra parte f(x)vk(x) → 0 puntualmente in R \ {0}

essendo supp(vk) ⊆[− 1k, 1k

]∀k ∈ N. Inoltre |f(x)vk(x)| ≤ |f(x)| e f ∈ L 1([−1, 1])

quindi possiamo applicare il teorema di convergenza dominata ottenendo

limk→+∞

∫Rf(x)vk(x)dx = 0,

cioe in corrispondenza di 1e

esiste k ∈ N tale che

vk(0) =1

e>

∫Rf(x)vk(x)dx,

che contraddice la (5.6), assurdo.

Definizione 5.1.28. Sia x0 ∈ R, la distribuzione δx0 : D(R) → C definita da δx0(v) =v(x0) ∀v ∈ D(R) e detta delta di Dirac centrata in x0.

Teorema 5.1.29. Siano f1, f2 ∈ L 1loc(R). Se Tf1(v) = Tf2(v) per ogni v ∈ D(R) allora

f1(x) = f2(x) quasi ovunque in R.

Definizione 5.1.30. Sia {Tk} ⊆ D ′(R) e T ∈ D ′(R). Diciamo che Tk → T in D ′(R)quando per ogni v ∈ D(R) risulta Tk(v)→ T (v) in C.

Teorema 5.1.31. Se {fk} ⊆ L 1loc(R) e una successione di funzioni tale che

1. ∀k ∈ N fk(x) ≥ 0 quasi ovunque in R.

2. ∀k ∈ N∫Rfk(x)dx = 1.

3. ∀α > 0 risulta limk→+∞

∫ α

−αfk(x)dx = 1.

Allora Tfk → δ.

55

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Dimostrazione. Sia v ∈ D(R), proviamo che Tfk(v)→ δ(v), cioe che

limk→+∞

∫Rfk(x)v(x)dx = v(0).

In base alla 2. risulta

v(0) =

∫Rfk(x)v(0)dx,

quindi basta provare che

limk→∞

∫Rfk(x)(v(x)− v(0))dx = 0.

Fissiamo ε > 0. Dal momento che v e continua esiste α > 0 tale che

|v(x)− v(0)| < ε

6∀x ∈ [−α, α].

In corrispondenza di ε > 0 e α > 0 per la 3. esiste ν1 ∈ N tale che per ogni k > ν1 si ha∫ α

−αfk(x)dx < 2

da cui ∫ α

−α|v(x)− v(0)|fk(x)dx <

ε

6

∫ α

−αfk(x)dx <

ε

62 =

ε

3.

Sia M = maxx∈R |v(x)|, in corrispondenza di ε > 0 e α > 0 in base alla 3. esiste ν2 ∈ Ntale che per ogni k > ν2 risulta ∣∣∣∣1− ∫ α

−αfk(x)dx

∣∣∣∣ < ε

6M,

da cui∫ +∞

α

|v(x)− v(0)|fk(x)dx ≤ 2M

∫ +∞

α

fk(x)dx = 2M

[∫Rfk(x)dx−

∫ α

−∞fk(x)dx

]=

= 2M

[1−

∫ α

−∞fk(x)dx

]≤ 2M

[1−

∫ α

−αfk(x)dx

]< 2M

ε

6M=ε

3.

In modo del tutto analogo possiamo procedere con

∫ −α−∞|v(x)− v(0)|fk(x)dx, ottenendo

infine, per ogni k > ν2, le seguenti disuguaglianze∫ +∞

α

|v(x)− v(0)|fk(x)dx <ε

3,∫ −α

−∞|v(x)− v(0)|fk(x)dx <

ε

3.

56

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Dunque per ogni k > max{ν1, ν2} risulta∣∣∣∣∫R(v(x)− v(0))fk(x)dx

∣∣∣∣ ≤ ∫R|v(x)− v(0)|fk(x)dx =

=

∫ −α−∞|v(x)− v(0)|fk(x)dx+

∫ α

−α|v(x)− v(0)|fk(x)dx+

∫ ∞α

|v(x)− v(0)|fk(x)dx <

3+ε

3+ε

3= ε.

Definizione 5.1.32. Siano {fk} ⊆ L 1loc(R) ed f ∈ L 1

loc(R). Diciamo che fk → f inL 1loc(R) quando per ogni intervallo [a, b] ⊆ R risulta

limk→+∞

∫ b

a

|fk(x)− f(x)|dx = 0

Teorema 5.1.33. Se {fk} ⊆ L 1loc(R) ed f ∈ L 1

loc(R) sono tali che fk → f in L 1loc(R)

allora Tfk → Tf in D ′(R).

Dimostrazione. Sia v ∈ D(R), quindi supp(v) ⊆ [a, b] per qualche intervallo [a, b] ⊆ R.Dimostriamo che Tfk(v)→ Tf (v). Sia M = maxx∈R |v(x)|, per ipotesi fk → f in L 1

loc(R),quindi fissato ε > 0 esiste ν ∈ N tale che per ogni k > ν si ha∫ b

a

|fk(x)− f(x)|dx < ε

M

da cui

|Tfk(v)− Tf (v)| =∣∣∣∣∫

R(fk(x)− f(x))v(x)dx

∣∣∣∣ ≤ ∫R|fk(x)− f(x)||v(x)|dx ≤

≤∫ b

a

|fk(x)− f(x)||v(x)|dx ≤M

∫ b

a

|fk(x)− f(x)|dx < Mε

M= ε.

Definiamo alcune operazioni riguardanti le distribuzioni.

1. Combinazione Lineare. Siano c1, c2 ∈ C, T1, T2 ∈ D ′(R), poniamo

(c1T1 + c2T2)(v) = c1T1(v) + c2T2(v) ∀v ∈ D(R).

2. Prodotto di una funzione C∞(R). Siano α ∈ C∞(R) e T ∈ D ′(R), poniamo

(αT )(v) = T (αv) ∀v ∈ D(R).

3. Composizione con funzioni affini. Siano ψ(x) = ax+b ∀x ∈ R, a, b ∈ R(a 6= 0)e T ∈ D ′(R), definiamo

(T ◦ ψ)(v) = T

(1

|a|v

(x− ba

))∀v ∈ D(R).

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Quest’ultima definizione puo essere giustificata a partire da considerazioni sulledistribuzioni funzioni. Infatti se T = Tf per qualche f ∈ L 1

loc(R) allora

(T ◦ ψ)(v) =

∫R(f ◦ ψ)(x)v(x)dx =

∫ +∞

−∞f(ax+ b)v(x)dx =

=a

|a|

∫ +∞

−∞f(y)v

(y − ba

)1

ady =

∫ +∞

−∞

1

|a|f(y)v

(y − ba

)dy = Tf

(1

|a|v

(y − ba

))dove abbiamo posto y = ax + b ed il termine a

|a| e dovuto al cambiamento degliestremi di integrazione in base al segno di a.

Definizione 5.1.34. Sia T ∈ D ′(R), poniamo

T ′(v) = −T (v′) ∀v ∈ D(R).

Si verifica subito che T ′ : D(R)→ C e una distribuzione detta derivata prima di T nelsenso delle distribuzioni.

Osservazione 5.1.35. La precedente osservazione puo essere giustificata nel seguentemodo. Se T = Tf ′ per qualche f ∈ L 1

loc(R) derivabile in tutto R allora sia v ∈ D(R) consupp(v) ⊆ [a, b], si ha

Tf ′(v) =

∫Rf ′(x)v(x)dx =

∫ b

a

f ′(x)v(x)dx =

=[f(x)v(x)

]ba−∫ b

a

f(x)v′(x)dx = −∫ b

a

f(x)v′(x)dx = −Tf (v′).

Possiamo ricorsivamente definire le derivate di ordine superiore al primo.

Definizione 5.1.36. Sia T ∈ D ′(R) e n ∈ N, poniamo

T (n+1)(v) = −T (n)(v′) ∀v ∈ D(R).

In questo modo si ottiene

T (n)(v) = (−1)nT(v(n))∀v ∈ D(R).

Esempio 5.1.37. Calcoliamo la derivata della distribuzione funzione di H(x). Sia v ∈D(R) con supp(v) ⊆ [a, b], si ha

(TH)′(v) = −TH(v′) = −∫RH(x)v′(x)dx =

=

∫ +∞

0

v′(x)dx =

0 = v(0) b < 0

−∫ b

0v′(x)dx = v(0) a < 0 < b

0 = v(0) 0 < a < b

= v(0) = δ(v).

Dunque (TH)′ = δ. In generale per x0 ∈ R in modo analogo si prova che (TH(x−x0))′ = δx0.

Teorema 5.1.38. Se f ∈ C0(R) e regolare a tratti in R allora

(Tf )′ = Tf ′ .

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Teorema 5.1.39. Se f ∈ C0(R\{x0}) e regolare a tratti in R e s = f(x+0 )−f(x−0 ) allora

(Tf )′ = Tf ′ + sδx0

Dimostrazione. Poniamo g(x) = f(x) − sH(x − x0). E facile verificare che g e continuain R, infatti

limx→x−0

g(x) = limx→x−0

f(x) = f(x−0 ),

limx→x+0

g(x) = limx→x+0

f(x)− f(x+0 ) + f(x−0 ) = f(x−0 ).

Inoltre g′(x) = f ′(x) per ogni x ∈ R in cui f (e quindi g) e derivabile, pertanto g e regolarea tratti. Dal teorema precedente segue che (Tg)

′ = Tg′ = Tf ′ . Dunque sia v ∈ D(R), siha

(Tf )′(v) = −Tf (v′) = −

∫Rf(x)v′(x) =

= −∫Rg(x)v′(x)dx+ s

(−∫RH(x− x0)v′(x)dx

)=

= −Tg(v′) + s(−TH(x−x0)(v′)) = (Tg)

′(v) + s(TH(x−x0))′(v) =

= Tf ′(v) + sδx0(v).

5.2 Distribuzioni temperate

Definizione 5.2.1. Sia v ∈ C∞(R). Diciamo che v e a decrescenza rapida quando

∀p, q ∈ N, ∃cp,q > 0 : |xpv(q)(x)| ≤ cp,q ∀x ∈ R.

Lo spazio delle funzioni a decrescenza rapida si chiama spazio di Schwarz e si denotacon S(R).

Osservazione 5.2.2. Se v ∈ S(R) allora v ∈ L p(R) con p ∈ {1, 2, . . . ,∞}. Infatti,posto M = max[−1,1] |v(x)| sia

ϕ(x) =

{M |x| ≤ 1cp,0|x|p |x| > 1

.

In particolare v ∈ L 1(R), quindi possiamo calcolare la trasformata di Fourier F (v) div ∈ S(R).

Osservazione 5.2.3. Si ha D(R) ( S(R), infatti si verifica facilmente che ogni funzionetest e a decrescenza rapida. Non vale il viceversa, infatti basta considerare la funzionee−x

2che e a decrescenza rapida ma non e a supporto compatto.

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Definizione 5.2.4. Sia {vk} ⊆ S(R). Diciamo che vk → 0 in S(R) quando

∀p, q ∈ N xpv(q)k → 0 uniformemente in R.

Se v ∈ S(R) diciamo che vk → v in S(R) se (vk − v)→ 0.

Osservazione 5.2.5. Sia {vk} ⊆ D(R). Se vk → 0 in D(R) allora vk → 0 anche inS(R). Infatti per ipotesi supp(vk) ⊆ [a, b] ∀k ∈ N. Posto M = max[a,b] x

p si ha

|xpv(q)k (x) ≤M |v(q)

k (x)| → 0 uniformemente in R.

Tuttavia non vale il viceversa. Basta considerare la successione di funzioni vk(x) = ϕ(x/k)2k

dove

ϕ(x) =

{e

1x2−1 |x| < 1

0 |x| ≥ 1.

Si ha supp(vk) ⊆ [−k, k] quindi vk ∈ D(R). Tuttavia non esiste un intervallo [a, b] taleche supp(vk) ⊆ [a, b] ∀k ∈ N. Dunque la succession {vk} non converge in D(R) mentresi puo provare facilmente che vk → 0 in S(R).

Definizione 5.2.6. Una distribuzione temperata e un’applicazione T : S(R) → Ctale che

1. T e lineare.

2. T e continuo, cioe se vk → v in S(R) allora T (vk)→ T (v) in C.

Lo spazio delle distribuzioni temperate si denota con S ′(R).

Esempio 5.2.7. Consideriamo δ : S(R)→ C cosı definita

δ(v) = v(0) ∀v ∈ S(R).

δ e una distribuzione temperata, infatti se abbiamo {vk} ⊆ S(R) con vk → 0 allora

∀p, q ∈ N xpv(q)k (x)→ 0 uniformement in R.

Dunque per p = q = 0 vk(x) → 0 uniformemente in R, in particolare vk(0) → 0, cioeδ(vk)→ δ(0) = 0.

Definizione 5.2.8. Una funzione f : R → C si dice a crescita lenta se esiste unpolinomio p(x) e una funzione f1 ∈ L 1(R) tali che

f(x) = p(x)f1(x) quasi ovunque in R.

Lemma 5.2.9. Se f : R→ C e a crescita lenta allora fv ∈ L 1(R) ∀v ∈ S(R).

Dimostrazione. Per ipotesi esistono un polinomio p(x) e una funzione f1 ∈ L 1(R) taliche f(x) = p(x)f1(x) quasi ovunque in R. Sia n = deg p(x) e sia m > n + 1 pari. PostoM = max|x|≤1 |p(x)v(x)| risulta

|f(x)v(x)| ≤ |p(x)v(x)f1(x)| ≤M |f1(x)| |x| ≤ 1.

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Inoltre ponendo H = sup|x|>1

∣∣∣p(x)xm

∣∣∣ si ha

|f(x)v(x)| = |p(x)v(x)f1(x)| ≤∣∣∣∣p(x)

xm

∣∣∣∣ |xmv(x)||f1(x)| ≤ Hcm,0|f1(x)| |x| > 1.

In base alle due disuguaglianze scritte fv ∈ L 1(R).

Teorema 5.2.10. Se v ∈ S(R) allora

1. F (v) ∈ S(R).

2. L’applicazione F : S(R) → S(R) che associa v � F (v) e lineare e continua, nelsenso che se vk → 0 in S(R) allora F (vk)→ 0 in S(R).

Osserviamo che la ”continuita” dell’operatore F stavolta si riferisce alla stessa con-vergenza in S(R).

Definizione 5.2.11. Sia T ∈ S ′(R). Poniamo

F (T )(v) = T (F (v)) ∀v ∈ S(R).

F (T ) in base al precedente teorema risultera una distribuzione temperata detta trasfor-mata temperata di Fourier di T .

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