Competenza di riferimento: GESTIRE IL GRUPPO CLASSE

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Competenza di riferimento: GESTIRE IL GRUPPO CLASSE Modulo: GESTIRE I BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI

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Competenza di riferimento: GESTIRE IL GRUPPO CLASSE

Modulo: GESTIRE I BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI

conoscere i più recenti riferimenti

normativi in materia di DSA (disturbi

specifici di apprendimento) e BES

(bisogni educativi speciali)

ed i principali riferimenti

metodologici per sviluppare un

approccio didattico inclusivo

«Mia madre dice che il Terzo Mondo non tiene neanche la casa

sgarrupata, e perciò non ci dobbiamo lagniare: il Terzo Mondo è

molto più terzo di noi!»

(dal tema Descrivi la tua casa contenuto in Marcello d’Orta, Io speriamo che me la

cavo. Sessanta temi di bambini napoletani, Mondadori 1994).

«…ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può

manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici, biologici,

fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è

necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta.»

(DM 27/12/2013)

«I dis sono sempre esistiti, una volta si chiamavano dis-coli, dis-

tratti, dis-attenti… sono sempre esistiti; semplicemente oggi

abbiamo delle lenti diverse per studiare la situazione…»

(Giacomo Stella)

Ci sono alcuni passaggi legislativi fondamentali che aiutano ad

inquadrare appieno sia il tema della disabilità e dei bisogni educativi

speciali nella scuola italiana sia l’evoluzione culturale legata alla trattazione

di questi temi. È necessario richiamare innanzitutto:

Per l’assistenza,

l’integrazione

sociale e i diritti

delle persone

handicappate

l’articolo 12

stabilisce che….

La Legge quadro

104/92 Atto di indirizzo

e coordinamento

relativo ai

compiti delle

unità sanitarie

locali in materia

di alunni

portatori di

handicap

Il DPR del

24/02/1994

É garantito il diritto all'educazione e all'istruzione della persona

handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle

istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni

universitarie.

L'integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità

della persona handicappata nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle

relazioni e nella socializzazione.

La legislazione

Con la legge 170 del 2010

vengono definiti come

Distrurbi Specifici di

Apprendimento DSA la

dislessia, la discalculia, la

disgrafia e disortografia e

indicate le misure didattiche e

educative di supporto che

vengono ulteriormente definite

nelle Linee guida per il diritto

allo studio degli alunni e

degli studenti con disturbi

specifici di apprendimento

(allegate al DM 5669/2011)

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La definizione di

DSA tratta dalle linee

guida allegate al DM

5669/2011

… interessano alcune specifiche abilità dell’apprendimento scolastico, in un

contesto di funzionamento intellettivo adeguato all’età anagrafica. Sono

coinvolte in tali disturbi: l’abilità di lettura, di scrittura, di fare calcoli. Sulla base

dell’abilità interessata dal disturbo, i DSA assumono una denominazione

specifica: dislessia (lettura), disgrafia e disortografia (scrittura), discalculia

(calcolo).

Secondo le ricerche attualmente più accreditate, i DSA sono di origine

neurobiologica; allo stesso tempo hanno matrice evolutiva e si mostrano come

un’atipia dello sviluppo, modificabili attraverso interventi mirati.

Posto nelle condizioni di attenuare e/o compensare il disturbo, infatti, il discente

può raggiungere gli obiettivi di apprendimento previsti. È da notare, inoltre (e ciò

non è affatto irrilevante per la didattica), che gli alunni con DSA sviluppano stili

di apprendimento specifici, volti a compensare le difficoltà incontrate a seguito

del disturbo.

(dalle LINEE GUIDA PER IL DIRITTO ALLO STUDIO DEGLI ALUNNI E DEGLI

STUDENTI CON DSA)

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Secondo la definizione proposta dal Ministero dell’Istruzione i DSA

presentano alcune caratteristiche che richiedono particolare attenzione e

che propongono un nuovo approccio educativo e didattico:

1) si tratta di disturbi di origine neurologica: pur rappresentando una

difficoltà per l’apprendimento vanno distinti in maniera chiara dalle

difficoltà di apprendimento di natura pedagogica e psicosociale;

2) hanno matrice evolutiva: interventi mirati ed un approccio educativo

finalizzato possono modificarne lo stato e la manifestazione;

3) gli alunni con DSA sviluppano stili di apprendimento volti a

compensare il disturbo: per la scuola si presenta la necessità di

approntare una didattica che favorisca i diversi stili di apprendimento.

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Osservazione

/diagnosi

Individualizzazione e

Personalizzazione

PDP - Piano

Didattico

Personalizzato

Misure

dispensative

Strumenti

compensativi

Osservazione

I DSA vengono individuati partendo dall’osservazione dell’insegnante

che saprà evidenziare eventuali prestazioni scolastiche atipiche che

possono essere il sintomo di disturbo specifico.

Individualizzazione e Personalizzazione

Con il termine individualizzazione facciamo riferimento a processi che

pur individuando obiettivi comuni per il gruppo classe stabiliscono

percorsi e attività individuali per un singolo alunno.

Nella personalizzazione invece anche gli obiettivi stabiliti assumono

carattere specifico in quanto tesi allo sviluppo delle particolari capacità

di ciascuno.

PDP - Piano Didattico Personalizzato

È il documento che la scuola redige e attraverso il quale definisce gli

interventi che intende mettere in atto nei confronti degli alunni.

Le Linee guida indicano i contenuti minimi del PDP che va predisposto

entro il primo trimestre scolastico.

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Strumenti compensativi

Si tratta di strumenti didattici e tecnologici che permettono di far

raggiungere agli alunni buone prestazioni poiché tesi a ridurre le difficoltà

funzionali derivanti dal disturbo; i più comuni sono la calcolatrice, il

registratore, i libri parlati, PC con programmi di video-scrittura, correttore

ortografico e sintesi vocale.

Misure dispensative

Sono modificazioni delle attività didattiche che dispensano gli alunni con

DSA da alcune prove o attività. Le misure dispensative consentono ad alunni

con DSA di non svolgere alcune prestazioni che, a causa del disturbo,

risultano particolarmente difficoltose e che non migliorano il loro

apprendimento.

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Il concetto di Bisogni Educativi Speciali – BES – deriva dalla definizione

anglosassone di Special Educational Needs SEN (rapporto Warnock del

1978).

Per identificare i Bisogni Educativi Speciali è necessario evolvere da un

modello bio-medico ed integrarlo con una visione più complessa della

salute e del benessere individuale.

Secondo la definizione che propone Dario Ianes (2005) i BES sono:

«…qualsiasi difficoltà evolutiva, permanente o transitoria, in ambito

educativo e/o apprenditivo, espressa in un funzionamento problematico

(come risultato dell’interazione dei vari ambiti della salute secondo il

modello ICF dell’OMS), che risulta tale anche per il soggetto, in termini di

danno, ostacolo o stigma sociale, indipendentemente dall’eziologia, e che

necessita di educazione speciale individualizzata».

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Il modello ICF, International

Classification of Functioning,

Disability and Health, descrive lo

stato di salute in relazione ai

contesti di vita.

Questo modello mira a fornire

un’analisi dello stato di salute del

singolo, ponendolo in relazione con

l’ambiente.

L’analisi proposta dal modello ICF è

il risultato dell’intreccio tra le

condizioni fisiche individuali, le

strutture e le funzioni corporee, le

attività personali e la

partecipazione sociale in relazione

al contesto, ambientale e personale,

in cui il soggetto è inserito.

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Con la Direttiva del 27 dicembre 2012 il Ministero dell’Istruzione

fornisce indicazioni per la presa in carico di alunni e studenti con

Bisogni Educativi Speciali nella prospettiva di una strategia inclusiva.

La direttiva definisce chi sono gli alunni e gli studenti con Bisogni

Educativi Speciali.

Nomina la formazione dei docenti e definisce l’organizzazione dei

Centri Territoriali di Supporto.

Con la Circolare Ministeriale n. 8 del 6 marzo 2013 e con la Nota

2563 del 22 novembre 2013 vengono fornite ulteriori indicazioni per

la gestione operativa dei Bisogni Educativi Speciali.

Per concludere questa prima

parte si consiglia la visione

del video in cui il prof. Dario

Ianes delinea le prospettive

pedagogiche e didattiche

nella gestione di una classe

che includa alunni con

Bisogni Educativi Speciali, a

partire dalle disposizioni

legislative.

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A. Il Contesto

C. La Didattica

B. La Cultura

Il contesto si riferisce agli eventi che accadono prima, durante e

dopo le attività degli alunni e studenti nelle classi di appartenenza.

Il contesto così concepito include pertanto tutti i fattori che

potrebbero influenzare la qualità del tempo che gli studenti

trascorrono a scuola: l’organizzazione delle attività curricolari, le

relazioni nella classe e nella scuola nel suo insieme, le relazioni della

scuola con la comunità della quale fa parte.

Il Contesto è dunque molto più di un ambiente come spazio fisico.

Si tratta quindi di riconoscere l’importanza dell’ambiente/contesto

scolastico quale supporto, per ogni studente, nel raggiungimento di

migliori risultati.

Rendere soddisfacente e piacevole l’esperienza di apprendimento;

Migliorare le relazioni insegnante-studenti e studenti-studenti;

Ridurre le inuguaglianze e la competitività;

Integrare le differenze;

Migliorare gli apprendimenti;

Costruire fiducia.

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La cultura del contesto si fonda su valori ispirati al rispetto reciproco, alla

accettazione delle differenze, all’affermazione di principi di inclusività.

La cultura dell’inclusione comprende quindi anche la professionalità del

docente, che viene chiamato ad una evoluzione del suo ruolo.

In un contesto inclusivo il docente progetta e organizza la classe per

generare sviluppo e autonomia, indipendentemente dalle condizioni di

partenza di ciascuno.

La cultura dell’inclusione diviene quindi – per la scuola e per il docente –

una filosofia dell’accettazione, capace di fornire una cornice entro la quale

gli alunni – a prescindere da abilità, genere, linguaggio, origine etnica o

culturale – possono essere ugualmente valorizzati, trattati con rispetto e

forniti di uguali opportunità.

Cultura dell’inclusione è ciò che avviene quando ognuno sente di essere

apprezzato, che la sua partecipazione è gradita e che si stanno compiendo

tutte le azioni necessarie al suo successo formativo.

L’organizzazione della classe inclusiva richiede una didattica

indirizzata a differenziare i percorsi, considerando i principi di

individualizzazione e personalizzazione, in modo tale che ognuno

abbia – in modo diverso – i medesimi contenuti ed informazioni.

Una didattica inclusiva riconosce e valorizza alunni e studenti come

risorsa, considerando la diversità come un punto di forza sia della

socializzazione che dell’apprendimento.

Nel caso dei BES, la didattica inclusiva ricorre ad una vasta gamma di

strumenti compensativi e misure dispensative, che trovano anche

forma nell’uso delle tecnologie.

Una didattica inclusiva permette ad ogni alunno e studente di sentire

che c’è fiducia nei suoi confronti e nelle sue possibilità di successo.

Una didattica inclusiva interpreta la classe come un laboratorio che è

al contempo un luogo fisico, ambientale e strumentale ed un contesto

inteso come spazio cognitivo ed emotivo, dove le interazioni con gli

altri determinano la qualità delle relazioni e le prospettive di crescita

di ciascuno.

Il laboratorio riflette molteplici facce: è naturalmente orientato alla

ricerca, è riflessivo sulle esperienze – cognitive, emotive, di

apprendimento – è interdisciplinare, è spazio della memoria, che si

evolve continuamente, attraverso le esperienze, è luogo di

progettualità e di creatività.

Nel laboratorio ci si aiuta a risolvere problemi – relazionali, di studio,

di partecipazione – si attivano reti di prossimità, flussi comunicativi,

appartenenze, attraverso le quali si generano forme di apprendimento

tra pari, di tutoraggio e di reciproco sostegno.

Peer

tutoring

Centri di

interesse

Cooperative

learning

La metodologia del peer tutoring si fonda sull’aiuto

reciproco tra pari.

L’aiuto reciproco è riconosciuto come una tecnica di lavoro

individualizzato, basata sulla creazione di situazioni

organizzate, nelle quali vi sia l’impegno di insegnare ed

imparare da parte di alunni che hanno i ruoli di esperto

(tutor) ed allievo (tutee).

I ruoli sono scambievoli e possono favorire lo sviluppo di

risorse e potenzialità.

Il peer tutoring permette attività individualizzate e persegue

contemporaneamente il raggiungimento dell’inclusione.

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Attraverso i centri di interesse gli insegnanti possono

organizzare la classe a zone, nelle quali gli alunni e gli

studenti affrontano compiti di apprendimento in forme

differenti. Lo stesso tema potrà essere affrontato studiando

testi, oppure osservando, oppure sperimentando….

Gli studenti possono anche “girare” per centri di interesse

sperimentando tutte le forme predisposte dall’insegnante.

Un riferimento teorico dei centri di interesse è quello delle

Intelligenze Multiple di Gardner.

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Lavoro

individualizzato

Lavvoro

individualizzato

Lavoro

individualizzato

Lavoro

individualizzato

Lavoro

individualizzato

Lavvoro

individualizzato

Lavoro

individualizzato

Lavoro

individualizzato

Lavoro

individualizzato

Lavvoro

individualizzato

Lavoro

individualizzato

Lavoro

individualizzato

Lavoro

individualizzato

Lavvoro

individualizzato

Lavoro

individualizzato

Lavoro

individualizzato

Lavoro

individualizzato

Lavvoro

individualizzato

Lavoro

individualizzato

Lavoro

individualizzato

Lavoro

individualizzato

Lavvoro

individualizzato

Lavoro

individualizzato

Lavoro

individualizzato

Stazione

Individualizzata

Stazione

Sociale

Stazione

Problema tema (a

Stazione

Problema tema (b

Stazione

Problema (c

Stazione

Tutoring

L’apprendimento cooperativo – o cooperative learning – costituisce una tra le più significative metodologie da utilizzare per l’inclusione: offre infatti architetture per attivare classi socialmente coese, stimolanti e coinvolgenti, aiutando gli studenti a padroneggiare le competenze necessarie.

Il cooperative learning si basa sul lavoro a coppie o a piccoli gruppi dove, attraverso l’assegnazione di ruoli e compiti, ogni studente è risorsa per gli altri.

Il lavoro in gruppo del cooperative learning è un lavorare insieme per realizzare obiettivi condivisi, all’interno di situazioni cooperative, dove ogni membro del gruppo cerca di ottenere risultati per se stesso e per gli altri.

Nella prospettiva dei BES, l’apprendimento cooperativo è pratica sia compensativa che dispensativa.

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Apprendimento

Cooperativo

Interdipendenza

positiva

Interazione promozionale

faccia a faccia

Responsabilità

individuale Azione di competenze

sociali e di cittadinanza

Revisione dei processi e

valutazione autentica

Interazione simultanea

Eterogeneità e controllo

status

Prodotto

complesso

Equa partecipazione