COMPAGNI DI VIAGGIO - Diocesi di Trapani

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+ Pietro Maria Fragnelli, Vescovo di Trapani COMPAGNI DI  VIAGGIO Sinodali e Solidali Orientamenti Pastorali 2016-2017

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+ Pietro Maria Fragnelli, Vescovo di Trapani

COMPAGNI

DI 

VIAGGIO

Sinodali e Solidali

Orientamenti Pastorali 2016-2017

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In copertina:

Janet Brooks-Gerloff, In cammino verso Emmaus,

Pittura a olio (1992)

Chiostro dell'Abbazia benedettina di Kornelimünster (Aachen)

Grafica: Cristina Martinico

Stampa: Litotipografia Abate Michele - Paceco (Tp)

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Carissimi,entriamo nel nuovo anno liturgico (Avvento2016) con piena fiducia (cum omni fiducia). Ar-ricchiti del prezioso dono del Giubileo della Mi-sericordia, riprendiamo il cammino con la cer-tezza che, se vogliamo, possiamo fermarci e nu-trirci spiritualmente “in maniera adeguata nel si-lenzio e nella parola, nell’incontro e nella dona-zione, nell’ascolto e nella preghiera”, cancellan-do “l’abitudinario fast-food religioso” (José To-lentino Mendonça). Camminando insieme, sulleorme del Vangelo di san Matteo, desideriamocrescere nella capacità di ‘sinfonia’ e di servizionel nome di Gesù che è in mezzo a noi come co-lui che serve. Il nostro percorso comunitario trasinodalita e solidarietà ci aiuterà a pensarci dav-vero come ‘Chiesa inquieta’, vicina agli abban-donati e capace di annunciare tanto nei solchi fe-condi ed accoglienti della vita che si apre alla ri-cerca dell’assoluto quanto nelle periferie della vi-ta spesso dimenticate, l’amore che consola, per-dona, genera.

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INTRODUZIONE

Voglio augurare a tutti un “buon anno insie-me”. Vogliamo crescere nell’autentica “sensibi-lità ecclesiale”, sviluppando una maggiore at-tenzione agli aspetti interni della vita religiosadi ognuno e coltivando un vivo interesse per lastoria quotidiana della nostra Chiesa locale. Vo-gliamo riconoscere e “tentare di indagare la mi-steriosa azione dello Spirito Santo nel cuore deicredenti”(1). Non ci basta occuparci degli aspettiesterni e della dimensione istituzionale della vitadiocesana; seguendo il concilio Vaticano II e pa-pa Francesco, nel nostro cammino insieme, so-prattutto in questo tempo di crisi economica edetica, vogliamo tener presente l’esempio dei no-stri santi e dei testimoni, le indicazioni pastoralidei ministri ordinati (vescovi, presbiteri e dia-

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——1. C. Naro, Introduzione (edizione 1987) in P. Gheda (a cura

di), Marianna Amico Roxas, Lettere, Rubbettino, 2015, p. 19.

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coni) e le varie correnti di spiritualità, che ripro-pongono continuamente i tesori della Misericor-dia divina nel nostro territorio. Vogliamo presta-re attenzione al concreto vissuto di devozionedel nostro popolo, alla fantasia della carità fe-riale ed efficace della nostra gente che accogliegli immigrati e ogni tipo di emarginato, allosforzo - di credenti e non - per la promozionedella legalità e la ricerca sincera della giustizia,alla nuova fioritura del volontariato giovanile eadulto. Siamo tutti impegnati a ‘scrivere’ la no-stra storia partendo dal basso, da fonti ed espe-rienze familiari e periferiche, non ufficiali. Pen-so ai diari e alle lettere dei nostri credenti, al vis-suto e ai documenti umili forniti dai nostri ar-chivi parrocchiali, diocesani e anche privati. Dalmicrocosmo quotidiano e locale, ben oltre ilquadro spesso superficiale dei social, emerge ilconcreto vissuto di fede delle singole persone,di comunità e associazioni antiche e nuove. Neviene fuori una realtà nascosta, che è molto edi-ficante per tutti, specialmente per i giovani e perquanti sono impegnati nel campo della forma-zione delle nuove generazioni.

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PARTE PRIMA

MEMORIA RICONOSCENTE

1. Stile sinodalePer iniziare mi viene spontanea una doman-

da: come comincia il nuovo anno liturgico perte e per la tua famiglia, per la tua parrocchia ocomunità religiosa? Come comincia per le isti-tuzioni e le associazioni del nostro territorio?Per me Vescovo voglio che cominci anzituttocon un sincero grazie al Signore per l’anno tra-scorso. Non è vero che spesso trascuriamo diringraziarLo, come se tutto fosse scontato e do-vuto? In secondo luogo voglio che cominci conun sentimento di profonda gratitudine a tutti voi,piccoli e grandi: abbiamo camminato insiemenell’Anno Santo della Misericordia, in tanti per-corsi verso mete di sempre più grande maturitàpersonale, sociale ed ecclesiale. Vi esorto a rin-

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graziare con me tutti coloro che ci hanno aiutatoanche con la vicinanza, con la comunione nellapreghiera e con la correzione fraterna. Se il bi-lancio dell’anno non è negativo, lo dobbiamo acoloro che si sono fatti compagni di viaggio ehanno condiviso il cammino della sinodalità, delnostro essere “comitiva” che cresce nella gioiadi vivere insieme, di pregare sempre e di serviregli altri con gioia. A volte siamo “accompagna-tori nel cammino” senza sapere quello che suc-cede profondamente nell’intimo dei nostri com-pagni di viaggio. Gli uomini che facevano ilcammino (syn-odeuo) con Saulo – racconta sanLuca - si erano fermati ammutoliti, sentendo lavoce, ma non vedendo nessuno (cfr Atti degli

Apostoli 9,7). Siamo “sinodia”, popolo in cam-mino, attento ai fratelli che camminano con noie allo Spirito che fa risuonare in noi la chiamataalla conversione, a un nuovo umanesimo.

Il concetto di sinodalità – spiegano i teologi- va oltre quello di collegialità, perché “copre unsignificato più ampio: esprime quel ‘camminareinsieme’ dell’intero popolo di Dio che in sécomprende e attiva l’esercizio articolato dei di-versi carismi e ministeri, esercitati secondo lo

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spirito e il metodo della comunione e del reci-proco servizio alla missione” (Piero Coda). Aconclusione del Convegno Ecclesiale Nazionaledi Firenze si è parlato di stile sinodale: “Èl’amore misericordioso che genera la Chiesa eche ci porta a camminare insieme. L’assunzionedi uno stile sinodale – perché giunga ad avviareprocessi – richiede precisi atteggiamenti, che di-cono anzitutto il nostro modo di porci di fronteal volto dell’altro, e indicano nella prospettivadella relazione e dell’incontro la strada di unacontinua umanizzazione. Ancora: uno stile sino-dale esige anche un metodo, all’insegna dellaconcretezza, del confrontarsi insieme sulle que-stioni che animano le nostre comunità. Vive dicura per l’ascolto, di pazienza per l’attesa, diapertura per l’accoglienza di posizioni diverse,di disponibilità a lavorare insieme. Infine, perdare concretezza al discernimento, uno stile si-nodale deve sapersi dare obiettivi verso i qualitendere: di qui l’importanza di riprendere in ma-no l’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium”(Card. Angelo Bagnasco). Stile sinodale comerelazioni personali di qualità, come metodo dilavoro, come insieme di obiettivi comuni con-

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creti. In quanti modi ogni giorno possiamo vi-vere e crescere nella sinodalità! In quanti modipossiamo combattere il peccato di autoreferen-zialità, sempre presente in noi e attorno a noi!Nel nuovo anno vogliamo sperimentare sempredi più questa dimensione che fa la qualità spiri-tuale e sociale del nostro essere Chiesa in cam-mino.

2. L’eco dell’Anno SantoDiamo ora uno sguardo all’anno pastorale

trascorso. Già a ottobre 2015 abbiamo mirato al-l’imminente apertura dell’Anno Santo straordi-nario della Misericordia con due eventi: l’ordi-nazione di tre diaconi permanenti (Vito Carini,Andrea Misuraca e Vito Schifano) e il convegnosulla storia della diocesi, volto a far meglio co-noscere il vescovo Francesco Maria Raiti, nostropastore dal 1906 al 1932. Egli levò la sua voceaccorata da Trapani contro la Grande Guerra,definita “l’inutile strage” dal papa BenedettoXV. Mons. Raiti esortò tutta la diocesi alla con-versione e alla ricerca della pace nell’incontrocon la misericordia di Dio. Nello scorso annopastorale abbiamo varcato la Porta Santa insie-

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me a famiglie con malati o figli in cielo, a pre-sbiteri e consacrati, ministri straordinari dellacomunione, ministranti, operatori pastorali econfraternite, ceti e associazioni di categoria,giornalisti, professionisti, militari e tanti altri.Porte Sante sobrie ed evocatrici ci hanno accoltoa Trapani (Cattedrale e Santuario della Madon-na), Alcamo (Matrice e Santuario Madonna deiMiracoli), Calatafimi (Madonna del Giubino),Custonaci (Santuario della Madonna di Custo-naci), Castellammare del Golfo (Madonna delSoccorso), Valderice (Madonna della Misericor-dia), Erice (S. Pietro). In quaresima abbiamo po-tuto riscoprire alcuni testimoni di misericordiafioriti nel nostro territorio, da Teresa Fardella,fondatrice trapanese delle Suore dell’Incoronata,a Mons. Filippo Jacolino, nostro vescovo dal1948 al 1950, dai sacerdoti Benedetto Vivona diCalatafimi e Bartolomeo Palumbo di Alcamo alpiccolo Manuel Foderà (2001-2010). Il Signoreè stato ricco di tenerezza e misericordia con noi.È cresciuto in tutta la nostra Chiesa il “desiderioinesauribile di offrire misericordia”, come dicePapa Francesco nell’esortazione apostolicaEvangelii Gaudium (24). Offrirla specialmente

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al nostro territorio, protagonista e vittima insie-me di tanta cultura dell’egoismo e del sospetto;offrirla con la testimonianza di credenti adultinella fede, credibili nel nostro mondo e nella re-altà universale in cui siamo immersi.

3. La misericordia continuaNel riprendere il cammino, ci chiediamo: ci

siamo sforzati di non comportarci come battitoriliberi? Abbiamo cercato di “guardare bene” larealtà della nostra Chiesa trapanese di cui fac-ciamo parte? Abbiamo cercato di “costruirla in-sieme” e di “allietarla sempre”? Ciascuno esa-mini se stesso con onestà spirituale e intellettua-le. Possiamo dire con San Paolo che “ci è statausata misericordia”? Possiamo dire che GesùCristo, nostro Signore, Volto della misericordiadel Padre, ci ha fortificato e ci ha giudicati degnidi fiducia? Ci è diventato più chiaro il nostro po-sto nel suo Disegno, nella Chiesa e nella socie-tà? Conosciamo e amiamo di più la nostra vo-cazione di padre e di madre, di figlio e di figlia,di fratello e di sorella? È diventata sempre piùuna vocazione al servizio di persone bisognoseo confuse, ammalate o emarginate, disoccupate

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o immigrate? Possiamo dire di avere fatto il no-stro dovere di cittadini e di cristiani? Se in unao più cose ci troviamo manchevoli, chiusi o re-sistenti all’Amore, sporchi di egoismo e di vio-lenza, cerchiamo la misericordia di Gesù, venu-to per salvare i peccatori. Riconosciamo con SanPaolo che i “primi peccatori” siamo noi. Cosìanche noi otterremo misericordia, perché CristoGesù ha voluto dimostrare “tutta la sua magna-nimità” (cfr. 1Timoteo 1,12-16) proprio nella no-stra miseria. Così ci avviamo a chiudere benel’anno della Misericordia. Con Papa Francescodomandiamo “il dono di una fede grande per di-ventare anche noi segni e strumenti di miseri-cordia” (Udienza, 7 settembre 2016).

Camminiamo, nel nuovo anno e sempre,sulle orme della recente lettera di papa France-sca a chiusura del Giubileo della misericordia:“Questo è il tempo della misericordia. Ognigiorno del nostro cammino è segnato dalla pre-senza di Dio che guida i nostri passi con la forzadella grazia che lo Spirito infonde nel cuore perplasmarlo e renderlo capace di amare. È il tempodella misericordia per tutti e per ognuno, perchénessuno possa pensare di essere estraneo alla vi-

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cinanza di Dio e alla potenza della sua tenerez-za. È il tempo della misericordia perché quantisono deboli e indifesi, lontani e soli possano co-gliere la presenza di fratelli e sorelle che li sor-reggono nelle necessità. È il tempo della mise-ricordia perché i poveri sentano su di sé losguardo rispettoso ma attento di quanti, vintal’indifferenza, scoprono l’essenziale della vita.È il tempo della misericordia perché ogni pec-catore non si stanchi di chiedere perdono e sen-tire la mano del Padre che sempre accoglie estringe a sé” (Misericordia et misera, 21).

Carissimi, è il momento di dare spazio a tut-ta la creatività della nostra Chiesa, perché la mi-sericordia ricevuta in quest’anno allontani dalnostro cuore ogni indifferenza e sostenga il no-stro impegno ecclesiale a vivere una solidarietàconcreta e disinteressata.

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PARTE SECONDA

DOVE DUE O TRE

1. Con Gesù maestro Nel nuovo anno pastorale la Chiesa ci invita

a leggere il Vangelo di san Matteo, una vera mi-niera per scoprire meglio e amare di più la Chie-sa, per innamorarci veramente di Gesù e dellaMadonna, per appassionarci e motivarci forte-mente al servizio reciproco. Cercheremo di co-noscere a fondo e di mettere in pratica la gioiadel Vangelo consegnata da San Matteo in 28 ca-pitoli, ma sosteremo più a lungo sul capitolo 18contenente il cosiddetto ‘discorso ecclesiale’ o‘comunitario’. Per San Matteo Gesù è anzituttoil maestro: “Voi non fatevi chiamare ‘rabbì’,perché uno solo è il vostro maestro e voi sietetutti fratelli” (Matteo 23,8). L’evangelista orga-nizza l’insegnamento di Gesù in cinque discorsi,che strutturano la parte centrale del Vangelo: il

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discorso della Montagna nei capitoli 5-7 all’in-terno del programma del Regno (capitoli 3-7);il discorso apostolico nel capitolo 10 alla finedella sezione dedicata ai missionari del Regno(capitoli 8-10); il discorso parabolico del capi-tolo 13 nella sezione dedicata ai misteri del Re-gno (capitoli 11,1-13,52); il discorso ecclesialedel capitolo 18 nella parte dedicata all’organiz-zazione del Regno (capitoli 13,53-18,35); il di-scorso escatologico dei capitoli 24-25 nella se-zione dedicata al compimento del Regno (capi-toli 19-25). Ai cinque discorsi si aggiungono laparte iniziale dedicata all’infanzia (capitoli 1-2)e la parte finale dedicata alla morte e risurrezio-ne del Signore (capitoli 26-28). L’evangelistaMatteo ha tenuto presente la tradizione dei libridel primo Testamento: la struttura del Vangeloin cinque discorsi è come un’eco dei cinque libridel Pentateuco, dei cinque libri del Salterio e deicinque rotoli liturgici (meghillot) del canonegiudaico (Cantico, Rut, Lamentazioni, Qoelet edEster). Il senso di questo richiamo al primo Te-stamento viene espresso da Gesù stesso: “Noncrediate che io sia venuto ad abolire la Legge oi Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare

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pieno compimento” (Matteo 5,17). Per San Mat-teo la conoscenza del primo Testamento è ne-cessaria per ben comprendere il nuovo. Il suo in-tento didattico è ben evidente nel capitolo 18,che invita ad essere tutti protagonisti nella co-struzione di una comunità che trova compimen-to nel perdono.

Nella parola di Gesù si ritrova la radice del-la raccomandazione del Papa: “L’architrave chesorregge la vita della Chiesa è la misericordia.La credibilità della Chiesa passa attraverso lastrada dell’amore misericordioso e compassio-nevole” (Misericordiae Vultus, 10). Il vangelodi San Matteo è tra i più citati da papa Francesconella bolla con cui ha indetto l’Anno Santo. Al-meno dieci volte: “Gesù, dinanzi alla moltitudi-ne di persone che lo seguivano, vedendo cheerano stanche e sfinite, smarrite e senza guida,sentì fin dal profondo del cuore una forte com-passione per loro (cfr Matteo 9,36). In forza diquesto amore compassionevole guarì i malatiche gli venivano presentati (cfr Matteo 14,14),e con pochi pani e pesci sfamò grandi folle (cfrMatteo 15,37). Ciò che muoveva Gesù in tuttele circostanze non era altro che la misericordia,

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con la quale leggeva nel cuore dei suoi interlo-cutori e rispondeva al loro bisogno più vero”. IlPapa evidenzia come l’agire di Gesù deve di-ventare stile di vita dei suoi discepoli: “Provo-cato dalla domanda di Pietro su quante volte fos-se necessario perdonare, Gesù rispose: ‘Non tidico fino a sette volte, ma fino a settanta voltesette’ (Matteo 18,22), e raccontò la parabola del‘servo spietato’. Gesù afferma che la misericor-dia non è solo l’agire del Padre, ma diventa ilcriterio per capire chi sono i suoi veri figli. In-somma, siamo chiamati a vivere di misericordia,perché a noi per primi è stata usata misericordia”(Misericordiae Vultus, 8).

2. Con Gesù servoLa frase del ‘discorso ecclesiale’ che ci farà

da guida è questa: “In verità io vi dico ancora:se due di voi sulla terra si metteranno d’accordoper chiedere qualunque cosa, il Padre mio che ènei cieli gliela concederà. Perché dove sono dueo tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo aloro” (Matteo 18, 19-20). Poche parole conten-gono un mare di speranza e di certezze: l’unitàminima della società e della Chiesa – due per-

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sone - diventa protagonista di riconciliazione.Dopo il brano della correzione fraterna (Matteo

18, 15-18), la formula ‘mettersi d’accordo’ tra-duce il verbo greco syn-foneo, termine bello eprovocatorio che evoca la sinfonia delle relazio-ni tra i discepoli di Gesù, il ‘con-senso’ (così latraduzione latina) che si costruisce insieme gior-no dopo giorno. Lo sforzo di riconciliazione, diaccordo e di consenso si trasforma in invocazio-ne fiduciosa al Padre, che è pronto a concederequanto richiesto. Egli concede nel senso che fa sì che ‘avvenga’ per noi il nostro vero bene.Questa la sfumatura: il cammino insieme versola riconciliazione da parte dei discepoli di Gesùè già la risposta divina, il dono del Padre. Nelnome di Gesù prende forma la nostra vita eccle-siale: due o tre discepoli così riuniti da lui sonoepifania della sua presenza salvifica, della suaincarnazione.

Scrive il politico focolarino Igino Giordani:“Due uniti ottengono in terra ogni dono dal cie-lo: stabiliscono una comunione tra cielo e terra,nella quale, si potrebbe dire, si comunica agliuomini l’onnipotenza, per partecipazione. Da luiviene l’efficacia di tale unità, ché egli interviene,

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ispira e partecipa a questa unione fatta così didue mortali e un Immortale. Si pensi al caso piùfrequente: di due. Con Gesù in mezzo, essi fan-no tre persone: un frutto dell’incarnazione diGesù stesso, per la quale deità e umanità s’uni-scono in una trinità umano-divina: io, il fratelloe Dio(2)”.

Gesù sta in mezzo. Come? Esattamente co-me colui che serve: “Chi è più grande, chi sta atavola o chi serve? Non è forse colui che sta atavola? Eppure io sto in mezzo a voi come coluiche serve” (Luca 22,27). Come Vescovo ho lagioia e il dovere di essere in mezzo a voi comeservitore di tutti e di accogliere volentieri e be-nedire coloro che in tutta la nostra diocesi si fa-ranno servitori dei fratelli, decidendo in cuor lo-ro di entrare nell’unità minima della riconcilia-zione e rivolgendosi al Padre nel nome di Gesù.Questi ci ha fatto conoscere il sogno del Padre:offrire uno spazio di riconciliazione, di amiciziae di costruzione a coloro che si radunano nel suonome.

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——2. I . Giordani, La socialità di Gesù in mezzo in Michel Vande-

leen (a cura di) “Egli è vivo! La presenza del Risorto nellacomunità cristiana” , Città Nuova, Roma, 2006

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3. Con Gesù fratelloGesù è maestro e servo in una comunità di

fratelli. Egli ci dà il benvenuto nella Chiesa, il‘luogo’ in cui ci si può riunire, ritrovare, respi-rare aria di libertà e di dono reciproco, aria diterra e di cielo. Anche la nostra Chiesa è scuolae dono di fraternità.

Do il mio benvenuto anzitutto ai piccoli, cheGesù mette al centro della nostra attenzione, ser-vi umili e deboli che cercano non solo affetto eattenzione, ma anche coerenza ed esempio; ben-venuto alle coppie di sposi, accolte in questa ca-sa della vita che fiorisce nel Suo nome; benve-nuto ai figli che cercano di colorare di autenticasperanza il loro futuro; benvenuto agli anziani,che cercano il luogo delle supreme confidenze esperimentano tra noi la vertigine del compimen-to della loro storia; benvenuto agli uomini dellalegge e ai detenuti, che cercano la difesa del benecomune nelle vie della legalità e nel migliora-mento delle persone; benvenuto ai datori di la-voro e ai loro operai, che si sforzano di trovarel’equilibrio tra giustizia e responsabilità; benve-nuto ai fidanzati che cercano una vera comunio-ne di vita che va oltre le facili ‘trasferte’ e le oc-casioni d’incontro fugaci.

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Benvenuto ai migranti che si muovono daun luogo di sofferenza in cerca di una casa eduna umanità accogliente; benvenuto agli amma-lati nel corpo e nello spirito, che cercano il sensodella sofferenza e la guarigione; benvenuto aviandanti e turisti, che non si rassegnano a cer-care solo l’inedito e l’insolito, ma desiderano unvero nutrimento culturale e un autentico riposospirituale; benvenuto ai fratelli e alle sorelle checi hanno lasciato per sempre, in questo anno, mache conservano un legame immortale con noipellegrini sulla terra; benvenuto agli uomini ealle donne della scienza, del micro e del macro-cosmo, che coltivano sogni immensi e illimitati,ma riconoscono la finititudine dell’umano; ben-venuto a quanti non si rassegnano ai danni dellasuperbia e dell’ambizione, ma cercano fratellicon cui camminare insieme, nell’unico popolodi Dio. Chi ci muove è lo Spirito di Cristo Ri-sorto, che raduna tutti gli uomini in una casa sul-la terra e nel cielo. Chi ci dà il benvenuto è Ge-sù, presente in mezzo a coloro che si radunanoe camminano insieme nel Suo nome.

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PARTE TERZA

COMUNITÀ DI FRATELLI

1. Piccoli e riconciliati La comunità di Gesù è una “comunità di fra-

telli”, la cui vita è raccontata da San Matteo intrentacinque versetti del capitolo 18. Il primodi sette brani avvia la riflessione con la doman-da: chi è il più grande nel Regno (vv. 1-5)? Gesùinsegna che la grandezza è dei piccoli (paidion),che egli mette al centro. Duplice è il significato.Anzitutto i discepoli devono diventare come ipiccoli. Abbiamo il dovere della conversione perpoter entrare nel Regno dei cieli. In secondo luo-go dobbiamo accogliere i piccoli nel nome diGesù, perché ciò significa accogliere Gesù. Ilsecondo brano ci mostra come entrare nella vitaeterna (vv. 6-9). Gli scandali, cioè gli ostacoli,le pietre d’inciampo sono occasione di cadutaper i piccoli in un mondo reso schiavo dal Ma-

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ligno. Sono ostacoli inevitabili, che rendono te-nebrosa la situazione. S’intuisce l’influsso di Sa-tana. Il testo rimanda ad un altro noto passo diSan Matteo: “La zizzania sono i figli del Mali-gno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo”(Matteo 13-39). Scandalizzare i piccoli è impe-dire loro di perseverare nel legame con Gesù.Perciò la sorte di chi affoga in mare è ritenutapreferibile a quella di chi pone ostacoli sul cam-mino dei piccoli (Matteo 18,6). Nella ‘comunitàdi Gesù’ non deve essere così. Non bisognascandalizzare neanche se stessi: meglio sacrifi-care una mano o un occhio piuttosto che caderein questa colpa che esclude dalla possibilità diprendere parte alla vita eterna. Il terzo brano svi-luppa il tema seguente: nessuno dei piccoli siperda (vv. 10-14). I piccoli non vanno disprez-zati: i loro angeli sono alla presenza del Padre.Essi vanno custoditi con cura dalla comunità.Vanno cercati se si smarriscono. Il pastore e lacomunità sono tutti impegnati nella ricerca dellapecora smarrita.

Il quarto brano è dedicato alla responsabilitàverso il fratello che pecca (vv. 15-18). Gesù rac-comanda una grande pedagogia di speranza. Il

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suo atteggiamento è molto diverso da quellopraticato a Qumran dalla setta degli Esseni, dovealla colpa di un membro segue subito l’espul-sione. Gesù invita a ripetere i tentativi di media-zione. Bisogna cercare di guadagnare il fratello,cioè aiutarlo a ritrovare la comunione con i fra-telli. La correzione fraterna è un evento comu-nitario. Il potere delle chiavi - legare e sciogliere- è allargato ai Dodici e a tutti i lettori del Van-gelo: “Tutti i tentativi sono da interpretare noncome procedura dettata da propositi punitivi. Ilcontesto manifesta l’intenzione di voler a tutti icosti recuperare chi pecca. Le varie iniziativeche si succedono vanno viste come la traduzioneecclesiale del proposito divino che vuole cercarela pecora smarrita e non accetta che uno solo deipiccoli si perda”(3). In caso di rifiuto della manooffertagli, egli va considerato come “pagano opubblicano”, cioè persona che non ha niente ache fare con la comunità. Tuttavia egli non vieneabbandonato dal Padre, che non vuole sacrifici,ma misericordia (cfr Matteo 9,13). I due versetti

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——3. M. Grilli, Nota a Matteo 18,25-26 in “La Bibbia”, Piemme,

Casale Monferrato 1995.

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seguenti sono come l’esito positivo dell’impe-gno per la riconciliazione (cfr Matteo 18,19-20).

2. Condonati e servitori Segue il brano sul perdono fraterno che im-

pegna fino a settanta volte sette (cfr Matteo

18,21-22). Pietro si avvicina a Gesù: è un avvi-cinamento qualitativo. La risposta che Gesù esi-ge dal primo degli apostoli deve rendere mani-festo con la vita il valore rivoluzionario del per-dono evangelico. Gesù capovolge la logica ven-dicativa dell’inno di Lamech (cfr Genesi 4,23-24) in un’illimitata possibilità di perdono. L’ul-timo brano del capitolo presenta la parabola delservo spietato, il cui comportamento stride inmodo impressionante con quello misericordiosodel suo padrone verso di lui (cfr Matteo 18,23-35). Il rendiconto è tra il Signore (il Kyrios) e iservi (i douloi). Servo indica qui un uomo di fi-ducia, non uno schiavo. La somma di diecimilatalenti di debito, che è pari a circa cinquantamilaeuro, dice l’impossibilità di riscatto da parte delservo, condannato ad essere venduto comeschiavo insieme alla famiglia. Solo la pietà, lacommozione viscerale del padrone lo salva. Qui

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c’è un’allusione alla preghiera del Padre nostro,cui chiediamo di rimettere i debiti che non pos-siamo ‘assolvere’ da noi. La parabola continuaraccontando come il servo ampiamente graziatodal padrone non condona il debito di un altroservo che gli deve cento denari, equivalenti adappena cinque euro. Che sproporzione tra le duesomme! Il servo malvagio, denunciato dai col-leghi, viene punito: la sua chiusura lo escludedalla comunità dei fratelli, condonati dal Padrenel nome di Gesù.

3. Oranti e accoglientiI versetti 19 e 20 del capitolo 18 di San Mat-

teo, molto cari ai discepoli di tutte le generazio-ni, donano anche a noi la certezza dell’efficaciadell’accordo tra i fratelli e della preghiera, pog-giata sulla fiducia nella presenza di Gesù inmezzo a noi. I discepoli vengono da Lui riuniti,raccolti, radunati, ospitati con-gregati / syn-eg-

mènoi. C’è convergenza tra “mettersi d’accor-do” e ‘lasciarsi radunare’. Di fronte all’azionedi Gesù non si può rimanere neutrali. Da Luicoinvolti, siamo invitati a ‘raccogliere’ con Luiper non disperdere (cfr Matteo 12,30). Chi si la-

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scia riunire da Lui, morto e risorto, sa che Dio,per mezzo di Gesù, “radunerà con lui coloro chesono morti” (1Tessalonicesi 4,14). Il nome diGesù indica la nostra confessione di fede e la di-rezione del nostro cammino: ci muoviamo in-contro alla sua persona e alla sua missione. Nelnome di Gesù si realizza l’accoglienza dei pic-coli, nei quali accogliamo Gesù stesso e il Padreche l’ha mandato: “Chi accoglie uno solo diquesti bambini nel mio nome, accoglie me; e chiaccoglie me, non accoglie me, ma colui che miha mandato” (Marco 9,37). Accoglierlo è acco-gliere la sua presenza e il suo servizio: “Chi èpiù grande, chi sta a tavola o chi serve? Non èforse colui che sta a tavola? Eppure io sto inmezzo a voi come colui che serve” (Luca

22,27). È il suo nome che assicura la guarigione dei

discepoli: “Chi è malato, chiami presso di sé ipresbiteri della Chiesa ed essi preghino su di lui,ungendolo con olio nel nome del Signore” (Gia-

como 5,14). Il nome di Gesù è dono del Padreche lo consegna a tutti gli uomini. Ce lo fa me-ditare l’inno cristologico della lettera di Paoloai Filippesi: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti

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di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizio-ne di Dio, non ritenne un privilegio l’essere co-me Dio, ma svuotò se stesso assumendo unacondizione di servo, diventando simile agli uo-mini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo,umiliò se stesso facendosi obbediente fino allamorte e a una morte di croce. Per questo Dio loesaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogninome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchiosi pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ognilingua proclami: ‘Gesù Cristo è Signore!’, a glo-ria di Dio Padre” (Filippesi 2,5-11).

Nel nome di Gesù camminiamo come co-munità che prega e che accoglie, che vive la so-lidarietà come “modo di fare la storia” (PapaFrancesco) e di trasformare le relazioni.

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PARTE IV

IN MISSIONE

1. Annunciare la ParolaLa nostra missione, vissuta nello stile sino-

dale, deve partire sempre dall’ascolto della Pa-rola di Dio: dobbiamo “restare fedeli all’abitu-dine antica di lasciarci stimolare e interrogaredal Vangelo del giorno, nella consapevolezzache se la liturgia oggi ci propone questo Vangeloè perché ha qualcosa da dirci” (Card. Carlo M.Martini). Molti cristiani hanno imparato a me-ditare le letture bibliche del giorno, servendosidi volumetti molto pratici o di messalini corre-dati anche di notizie sui santi del giorno. Alcunepersone amano dedicarsi alla lectio continua diun libro biblico, altre stanno imparando il me-todo del ‘confronto meditativo’ tra lectio divina

e lectio humana. Le comunità religiose e quelleparrocchiali, le associazioni e le famiglie cresca-

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no nella capacità di proporre la lettura orantedella Bibbia. Tale lettura insegna gradualmenteil discernimento dei saggi di Israele che “si eser-cita prima di tutto nella vita di ogni giorno ... co-me atteggiamento umano e religioso insieme, undono e un compito; anzi, è un atteggiamento re-ligioso proprio perché umano: è infatti nella vitaquotidiana, e a partire da essa, che il saggio èchiamato a scorgere la presenza di Dio”(4).

Quello che papa Francesco ha raccomanda-to di recente alle consacrate di vita contempla-tiva, per tanti versi vale anche per noi: “La lectio

divina o lettura orante della Parola è l’arte cheaiuta a compiere il passaggio dal testo biblicoalla vita, è l’ermeneutica esistenziale della SacraScrittura, grazie alla quale possiamo colmare ladistanza tra spiritualità e quotidianità, tra fede evita. Il processo messo in atto dalla lectio divinaintende portarci dall’ascolto alla conoscenza edalla conoscenza all’amore” (Vultum Dei Quae-

rere, 20). “Oggi – dice il Papa - la lectio divina

deve aiutare a coltivare un cuore docile, saggio

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——4. L. Mazzinghi, Apprendere a vivere: il tema del discernimento

nella tradizione sapienziale di Israele, in Parola, Spirito e Vi-ta, 71/2015, p. 77.

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e intelligente (cfr 1Re 3,9.12), per discernere ciòche viene da Dio e ciò che invece può portarelontano da Lui; ad acquisire quella sorta d’istin-to soprannaturale, che ha permesso ai fondatorie fondatrici di non conformarsi alla mentalità delmondo, ma di rinnovare la propria mente, ‘perpoter discernere la volontà di Dio, ciò che è buo-no, a lui gradito e perfetto’ (Romani 12,2)” (ivi).

Bisogna fare in modo che, come per i mo-nasteri, anche per le varie realtà pastorali – te-nuto conto delle diversità – si possa arrivare a‘costruire insieme’ comunità e fraternità che sia-no ‘scuole dove la Parola viene ascoltata, vissutae annunciata’. In questo continueranno ad esseredi grande aiuto i diaconi permanenti, le inse-gnanti, gli insegnanti di religione e i catechistiimpegnati nell’Apostolato Biblico. In prospetti-va la nostra scuola “Una casa per narrare”, giun-ta al suo secondo anno di vita, con i suoi docentie i suoi frequentatori, contribuirà ad alimentareil desiderio e la familiarità del nostro popolo conla Parola di Dio. L’ascolto maturo genererà unadinamica ecclesiale che giunge a compimentonell’azione: ci porterà a farci dono per gli altrinella carità, con abbondanti frutti nel cammino

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di conformazione a Cristo, meta di tutta la nostravita.

Con san Matteo la comunità che Cristo ra-duna attorno a sé si qualifica anzitutto come co-munità dell’ascolto e dell’annuncio che viveininterrottamente la relazione con Dio nella suadimensione verticale e sacerdotale; in secondoluogo come comunità di fratelli, impegnati nellerelazioni fraterne (servizio reciproco, orizzonta-le e regale ad intra); e infine come popolo apertoal mondo ed in cammino verso il Regno (rela-zione orizzontale, regale e profetica ad extra),con lo sguardo rivolto alla vita eterna (relazioneverticale).

2. Trasformare le relazioniQuesti due versetti del Vangelo (19-20) ci

aprono a una triplice verifica circa la nostra re-lazione con Cristo, con la Chiesa e con la mis-sione. Non si può essere cristiani da soli.

Mi domando: sono consapevole che il cri-stiano è chiamato a trasformare le relazioni dalmomento in cui entra a far parte del ‘gregge’ ediventa un con-gregato? In famiglia, in parroc-chia, nelle associazioni come vivo e propongo

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questa nostra identità di radunati da Cristo? So-no consapevole che non si può essere cristianinel nome di qualcuno che non sia Gesù? Chi miconvoca? Chi sto seguendo o ascoltando? Comevivo la centralità di Gesù? Sono consapevoleche con la sua presenza in mezzo a noi si guari-scono le nostre ‘malattie’ relazionali e spiritualie si rinnovano le nostre risorse? Sono pronto aimitare Gesù che sta in mezzo a noi come coluiche serve? La mia identità è quella dei servi?Nella forza dello Spirito, impariamo lo stile si-nodale anzitutto nella qualità diaconale di tuttele relazioni. Nella Chiesa, in qualunque postosiamo radunati, il servizio ai fratelli non devemai perdere di vista la totalità delle mansioni ela complementarietà delle vocazioni.

Vale anche per noi il principio secondo cuiin un cammino in comunione “la parola ricon-ciliazione è più importante della parola succes-so” e “la nostra opzione fondamentale è a favoredei ‘piccoli’ e di coloro che si trovano ai margi-ni” (Klaus Hemmerle). Come Gesù anche la no-stra Chiesa vuole sempre essere in mezzo al-l’umanità come colei che serve. È urgente co-minciare dagli ultimi, con i loro linguaggi, ade-

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guando il nostro passo al loro. La nostra Chiesavuole mettersi al servizio degli adolescenti e deigiovani del nostro territorio, a partire da quelliche non frequentano i nostri ambienti. Lo vo-gliamo fare con animatori di pastorale giovanilesempre più entusiasti, creativi e umili: farsi ser-vi delle nuove generazioni significa uscire acercarle, mettersi in ascolto, fare loro spaziocoinvolgendole seriamente. Agli animatori del-la liturgia, presenti tra noi come lettori, accoliti,cantori, ministranti, le nostre assemblee dome-nicali affidano il compito di aiutarci ad ascol-tare la parola di Dio e ad accogliere tutti i mem-bri della comunità, specialmente i nostri fratellipiù svantaggiati. Penso ai diversabili, ai sordi,ai ciechi, ai fruitori occasionali dei sacramenti,a quanti partecipano alle liturgie funebri, agliappassionati della religiosità popolare, ai turisti:tutti attendono celebrazioni gioiose e luminose,capaci di silenzio corale e di grande partecipa-zione.

Una missione di grandi proporzioni attendela Chiesa trapanese, che in questo campo ha giàfatto molti passi. Un altro mondo particolare èaffidato ai ministri straordinari della Comunio-

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ne: andate con regolarità e rispetto dagli amma-lati in casa, in ospedale o nelle case-famiglia. Ilvostro è ministero di consolazione e di fraternoascolto. Specie se varcate la soglia di abitazionivisitate di recente da sorella morte. Agli opera-tori della carità chiedo di rinnovare l’impegnonon solo in occasioni di calamità ed emergenzedi ogni tipo. Vogliamo tornare alle radici del vo-lontariato per diventare veramente solidali versopersone bisognose nel condominio e nel quar-tiere, verso immigrati e disoccupati, detenuti evittime dello sfruttamento sessuale e di ogni vio-lenza, verso malati psichici e autistici, versoogni sorta di emarginazione. Infine vorrei direche la nostra diocesi chiede in particolare di for-mare molti operatori della pastorale familiare. IlPapa ci incoraggia a portare fiducia nelle coppiein formazione e quelle formate di recente, nellecoppie in crisi, in quelle visitate dalla diversa-bilità, nelle coppie in particolari situazioni. IlPapa ci ammonisce: “Un piccolo passo, in mez-zo a grandi limiti umani, può essere più graditoa Dio della vita esteriormente corretta di chi tra-scorre i suoi giorni senza fronteggiare importantidifficoltà” (Evangelii Gaudium 44 e Amoris

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Laetitia 305). Dappertutto la grazia ci aiuta atrasformare le relazioni.

3. Condividere la mensaIl cammino sinodale domanda la definizio-

ne e il perseguimento di obiettivi comuni. Comepopolo della Pentecoste, vogliamo aprirci a tuttala ricchezza della mensa eucaristica, dopo avereattinto con abbondanza alla mensa della Parola,che ci aiuta nella trasformazione delle relazioni.L’Eucaristia è sorgente della missione e ci liberada un triplice complesso: quello della tana, cioèla paura di uscire incontro alla gente con grandefantasia pastorale; quello dell’area di parcheg-

gio, nella quale ci rifugiamo dopo uno sforzopastorale senza prevedere una revisione criticacostante; quello delle cose fatte in serie, che im-pedisce l’originalità e imprigiona persone e si-tuazioni in schemi vecchi e omogeneizzanti. Leimmagini, prese dagli scritti di don Tonino Bel-lo, ricordano anche a noi che la festa di Pente-

coste è difficile, ma il dono dello Spirito santoci chiama alla novità cristiana e ci abilita a cer-care risposte pastorali nuove, nella preghiera enella condivisione di fronte alle sfide del nostro

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tempo(5). Sull’esempio dell’amato vescovo diMolfetta, vogliamo perseguire l’obiettivo di rea-lizzare un modello di Chiesa del servizio, rinun-ciando ad obiettivi mondani di potere. Il motivoè chiaro: “Quali i vantaggi di questo modello diChiesa ispirato al servizio? Anzitutto quello del-la costruzione di legami fraterni, che si allaccia-no anche alle altre confessioni cristiane; inoltrela spinta missionaria e il senso di prossimità chesi crea nei confronti di tutti coloro che in variomodo aspettano dalla Chiesa un aiuto, un inco-raggiamento, un conforto. ... La Chiesa-serva ètale anzitutto nei confronti di Dio e della sua pa-rola e solo in virtù di questa ricchezza, conse-gnatale dal suo Salvatore, può offrirsi agli uo-mini come proposta di liberazione e di vita pie-na. Non le basta un apporto valoriale al progres-so dell’uomo: essa vuole annunciare una buonanotizia che lo salva integralmente, convertendo-gli il cuore e aprendolo a un orizzonte infini-to”(6).

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——5. Cfr A. Bello, Articoli Corrispondenze Lettere Notificazioni,

Mezzina, Molfetta 2003, p. 259-261.6. G. Ziviani, La Chiesa come servizio in rapporto a Dio e al

mondo, in Parola Spirito e Vita, 68/2013, p. 24).

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Il tutto sempre nella consapevolezza che lapotenza di Dio la potremo conoscere nella no-stra debolezza: “Per rivelare Dio, Gesù non scri-ve nulla e non dà ordine di scrivere, ma affidatutto alla comprensione e al ricordo di un picco-lo gruppo di persone non particolarmente dotate.La continuazione della sua opera rivelatrice esalvifica nel tempo e nello spazio Gesù l’affidaalla comunità dei credenti, insieme santi e pec-catori. È davvero una costante dell’agire di Dioquella di servirsi di strumenti deboli e umana-mente inadeguati, perché appaia con chiarezzache è lui il Salvatore”(7).

Una Chiesa-serva impara a discernere da-vanti a Dio e davanti alla storia il cammino dapercorrere con le donne e gli uomini del propriotempo nella città terrena, impegnandosi perchéin essa ci sia un posto per tutti: “Le città - scri-veva Giorgio La Pira - hanno una loro vita e unloro essere autonomi, misteriosi e profondi ...(con) le misteriose abitazioni degli uomini (e)

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——7. Dino Dozzi, Riconoscere la potenza di Dio nella propria de-

bolezza. La lezione di Paolo, in Parola Spirito e Vita,71/2015, p. 148.

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le misteriose abitazioni di Dio. ... In una cittàun posto ci deve essere per tutti: un posto perpregare (la chiesa), un posto per amare (la ca-sa), un posto per lavorare (l’officina), un postoper pensare (la scuola), un posto per guarire(l’ospedale)(8)”.

La nostra Chiesa, in quanto strumento delRegno di Dio, è chiamata ad articolarsi in que-sto tempo di comunione con Papa Francesco inmodo da rispondere sempre meglio alle esigen-ze del Regno di Dio. In questa logica siamo te-nuti a valorizzare il carisma di ogni persona conl’ascolto diretto e indiretto. Il “consigliare” nel-la Chiesa non è solo un atto formale e mera-mente “consultivo”, è una forma di condivioneeucaristica: “Il discernimento è una pratica ec-clesiale che necessita del concorso di tutti,ognuno a suo modo, secondo il grado d’interes-se e d’implicazione. Il discernimento discendein linea di principio dalla sinodalità ecclesiale.Ma richiede una traduzione istituzionale, vale adire dei luoghi, delle istanze, degli organi dove

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——8. Citato in Gregorio Battaglia, Giorgio La Pira e la città, in

Horeb, 73/1 - 2016, p. 56.59).

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possa esercitarsi nella Chiesa”(8). Il Signore Ge-sù, accresca in noi, compagni di viaggio, la pas-sione per condividere il nostro cammino versoil Regno.

Trapani, 27 Novembre 2016I Domenica di Avvento

+ Pietro Maria Fragnelli

——9. Alphonse Borras, ‘Soltanto consultivo’? Sul valore del con-

sigliare nella Chiesa, in La Rivista del Clero Italiano,5/2016, p. 390.

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PREGHIERA

O Padre del Signore nostro Gesù,

donaci il tuo Spirito, che ci renda capaci di sinfonia tra noi, sinfonia di voci

e di desideri, di intelligenze e di volontà.

Donaci lo Spirito che ci raduna e ci conduceverso il nome del Signore Gesù, presente in

mezzo a noi come colui che serve.

Donaci il tuo Spirito che ci faccia scoprire lediverse vocazioni al servizio con cui Gesù cichiama ad operare nella Chiesa e nel mondo.

Donaci il tuo Spirito, che renda la nostra Chiesa di Trapani come Maria,

capace di vivere la presenza di Gesù risortonella storia e di servire gli ultimi

con generosità e fedeltà.

Amen!

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INDICE

INTRODUZIONE Pag. 5

PARTE PRIMA - MEMORIA RICONOSCENTE » 71. Stile sinodale » 72. L’eco dell’Anno Santo » 103. La misericordia continua » 12

PARTE SECONDA - DOVE DUE O TRE » 151. Con Gesù maestro » 152. Con Gesù servo » 183. Con Gesù fratello » 21

PARTE TERZA – COMUNITÀ DI FRATELLI » 231. Piccoli e riconciliati » 232. Condonati e servitori » 263. Oranti e accoglienti » 27

PARTE QUARTA - IN MISSIONE » 311. Annunciare la Parola » 312. Trasformare le relazioni » 343. Condividere la mensa » 38

PREGHIERA » 43

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