Commissione Provinciale per l'emersione del lavoro non ... · Il quadro che ne è venuto fuori, e...

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Commissione Provinciale per l'emersione del lavoro non regolare Messina con il contributo di Claudio Careri Alessandro Mazzeo Domenico Trimarchi

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Commissione Provincialeper l'emersione

del lavoro non regolareMessina

con il contributo diClaudio Careri

Alessandro MazzeoDomenico Trimarchi

Commissione Provincialeper l'emersione

del lavoro non regolareMessina

LA LEGGE BIAGIA MESSINA:RADIOGRAFIA DI UNA REALTÀ

IN EVOLUZIONE

"Basta parlare di precari. I precari non esìstono, e se mai sono esisti-ti adesso sono estinti. La legge 30, conosciuta anche come legge Biagi, lodice molto chiaramente: lavoratore è "qualsiasi persona che lavora o che èin cerca di un lavoro". È un lavoratore anche chi il lavoro non ce l'ha, equesta è una buona notizia. Chi mai se lo sarebbe aspettato. Basta metter-si in strada e cercare un impiego che già la disoccupazione è finita. Inge-nuo, non averci pensato prima. Eppure è un principio molto semplice: ba-sta cambiare i nomi alle cose e le cose non esistono più. Basta cambiare ilnome alla disoccupazione, e la disoccupazione finisce".

(Andrea Bajani, Mi spezzo ma non mi impiego. Guida di viaggio per lavo-ratori flessibili, Einaudi 2006, Torino)

Indice

1. Il contesto messinese e i nuovi istituti della legge Biagi

1.1. Focus sull'economia messinese. I nuovi contratti della leggeBiagi.

1.2. Lo staff leasing (ed. somministrazione di lavoro)

1.3. Il job on cali (ed. lavoro a chiamata)

1.4. Il job skating (ed. lavoro ripartito)

1.5. Il part rime

1.6. L'apprendistato

1.7. Il contratto d'inserimento

1.8. I nuovi co.co.co. (ed. lavoro a progetto)

1.9. Il lavoro occasionale

2. H ruolo delle commissioni provinciali per l'emersione del lavo-ro non regolare dopo le modifiche della legislazione sul lavoro

2.1. Il fenomeno del sommerso, elementi di legislazione italiana.

2.2. Il sommerso a Messina: un quadro di riferimento.

2.3. Il funzionamento delle Commissioni. Il caso della Commis-sione Provinciale per l'Emersione del Lavoro non regolare diMessina.

2.3.1. Ispettorato del Lavoro. Intervista a Silvestre Scardino.

2.3.2. Cassa Edile. Intervista a Pippo Moroso.

2.3.3. Con/agricoltura. Intervista ad Anna Stancanelli

2.3.4. Centro per l'impiego. Intervista a Domenico Romano.

2.3.5. Prefettura. Intervista a Carmelo Musolino.

2.3.6. Con/commercio. Intervista a Aurelio Giordano.

2.3.7. JNPS. Intervista a Giuseppe Ruggieri.

2.3.8. INAII. Intervista a Egidio David.

2.3.9. UIL. Intervista a Maurizio Ballistreri.

3. L'applicazione della Legge Biagi tra patologie croniche delmercato del mondo del lavoro e flessibilità. Un'indagine sulcampo

3.1. Metodologia di lavoro

3.2. Il modello di questionario somministrato

3.3. Le agenzie interinali, Manpower, monitoraggio della provin-cia di Messina

3.4. Il Caso editoriale: collaboratori a iosa

3.5. La struttura turistico-ricettiva: stagionali avanti tutta

3.6. I settori di produzione di beni e servizi: "Legge Biagi? ". "Chil'ha vista!"

3.7. Un caso limite: quando precarietà fa rima con flessibilità

3.8. Vite a progetto: gli "schiavi moderni" nel messinese

3.9. Conclusioni: Legge trenta, anatomia di una riforma ed effet-ti sull'economia messinese

Prefazione

L'istituzione del Comitato per l'emersione del lavoro non regolare,art. 78 della legge n° 448/98, nasce dalla presa di coscienza di una real-tà economica concorrente forte e radicata in tutto il paese. Il "lavoronero" esiste dalla notte dei tempi, ma oggettivamente è sempre stato con-siderato come un piccolo espediente per campare o per arrotondare.

Negli ultimi anni, le analisi comparate tra entrate-uscite ed evasio-ni fiscali hanno dimostrato che il fenomeno ha raggiunto proporzioniquanto mai significative; basti pensare che questa non trascurabile risor-sa potrebbe sanare parte del deficit del bilancio statale.

Nei primi tre mesi del 2007 le ispezioni aziendali, aumentate di cir-ca il 23% rispetto al 2006, hanno portato al recupero di premi e contri-buti evasi pari ad oltre 383 milioni di euro, solo la Sicilia ha contribuitoa questa somma con 51,3 milioni di euro, pari a circa il 13 %. Il medesi-mo trimestre ha visto l'aumento delle violazioni nei rapporti di lavoro sa-lire del 69% rispetto allo stesso periodo del 2006 ed il lavoro nero diquasi il 9%.

Emblematico il caso di una azienda fantasma scoperta qualchehanno fa in provincia di Udine; non il solito capannone, bensì una veraazienda manifatturiera con 40 lavoratori in nero di cui non esistevatraccia.

Paragonabile ad una malattia con sintomi di tipo emorragico che simanifesta con una lenta, ma inarrestabile, perdita di forze, il "mondo delsommerso" ha reso critiche le condizioni di salute dell'economia del no-stro paese.

Il sistema economico parallelo che si è venuto a creare, invece di in-crementare lo sviluppo nazionale, lo ha privato di risorse e lo ha reso de-bole, mentre ad impinguarsi sono stati il degrado sociale insieme ai po-chi che sfruttano il bisogno dei molti.

Mens sana in carpare sano dicevano i latini e questo motto ben si puòadattare anche al nostro campo "Lavoro regolare per una sana economia".

Il ricorso a forme repressive proposte nel tempo per contrastare il fe-nomeno però non ha prodotto i risultati attesi, anzi, ha ottenuto propriol'effetto contrario spingendo le zone grigie sempre più verso il nero totale.

In questo contesto la riforma del mercato del lavoro, meglio cono-sciuta come legge Biagi, è apparsa come una possibile risposta alle nuo-ve esigenze di mercato; l'urgenza di nuove norme e forme contrattualinon era più procrastinabile. Purtroppo, però, questo processo è statobruscamente interrotto dall'atto di violenza assurdo e crudele di chi nonconosce altro modo per dar voce alle proprie idee se non quello dellabrutalità. Il grande progetto di rinnovamento avviato con la stesura del-la legge 30 rimane dunque orfano proprio nel momento di sua maggioredifficoltà, ovvero, quando, fissate le indicazioni generali, si sarebbe do-vuto procedere, attraverso l'analisi e la verifica dei nuovi strumenti pro-posti, con le disposizioni analitiche.

L'introduzione di una flessibilità regolata è parsa anche una possibi-le soluzione alla lotta contro il lavoro non regolare; tra le giustificazioniaddotte dai datori di lavoro la più ricorrente è sempre stata: "il lavoro nonè continuativo, non riusciamo a sostenere le spese per un lavoratore a con-tratto indeterminato". Questo ostacolo veniva così dunque superato.

La legge Biagi nasce con l'obiettivo di rendere più agevole l'accessoal mondo del lavoro: sia ai giovani, permettendo loro un graduale inseri-mento e una formazione diretta, sia ai meno giovani, consentendo loro dirientrare con la loro esperienza professionale secondo le richieste del mer-cato. Ma le buone proposte, così come le buone intenzioni, non sono sem-pre accompagnate dall'effetto sperato, anzi, spesso si possono avere dellesorprese. A distanza di qualche anno flessibilità fa rima con precarietà, manon nel senso più stretto del termine di temporaneità com'era nell'inten-zione iniziale, bensì in quello più pregiudizievole di instabilità.

Come Commissione ci è parso degno di attenzione uno studio nel-la nostra provincia per conoscere gli effetti di questa legge; vedere comee quanto sia stata impiegata, se ha facilitato l'avviamento al lavoro e/o so-stenuto le aziende in difficoltà.

Anche la nostra indagine, però, per problemi intrinsechi ed estrin-sechi, è stata caratterizzata da flessibilità e precarietà. Cambiamenti edimprevisti in corso d'opera hanno più volte rallentato il nostro progetto:le dimissioni e sostituzioni nel gruppo di lavoro iniziale, la scarsa colla-borazione delle aziende interpellate, cui vanno aggiunte le sostanziali edobiettive difficoltà di un Ufficio che non dispone di mezzi propri, hannoridotto e ridimensionato la nostra ricerca, tanto, che "più che di indagi-ne statistica sarebbe più opportuno parlare di inchiesta qualitativa".

Nella difficoltà ci ha aiutato la testardaggine che da sempre ci hacontraddistinto, consentendoci di portare a termine questo lavoro.

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Il quadro che ne è venuto fuori, e le nostre esperienze precedentici avevano già portato a questa conclusione, individua, ancora una volta,il limite principale nella mancanza di informazione. L'atteggiamento pre-valente riscontrato è che la soluzione va cercata quando il problema sipone, mai per prevenirlo. Ed è proprio contro questo atteggiamento chebisogna combattere; l'informazione e la cultura della legalità sono la baseda cui partire se si vuole pensare a uno sviluppo sostenibile. La storia ciinsegna che la ricchezza economica di un paese è strettamente legata allasua prosperità culturale e civile, quindi al rispetto delle regole. Ma le re-gole vigenti non sono più commisurate alla necessità. L'effetto globaliz-zazione ha velocizzato tutti gli aspetti della nostra vita, che siano econo-mici, sociali o culturali; quello che era valido ieri, oggi non lo è più. E perrispondere a queste nuove esigenze occorrono nuovi strumenti, prime tratutti nuove strutture e nuove disposizioni.

Nel nostro paese sono presenti due anime trasversali: la conserva-zione, legata a motivi storici e religiosi, e l'innovazione, legata ad esigen-ze economiche e culturali. La grande sfida consta proprio in questo, nelsostenere il rinnovamento senza sconvolgere la tradizione.

dott. Grazio MiloroPresidente Commissione provinciale

per l'emersione del lavoro non regolare di Messina

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Capitolo I

1. Il contesto messinese e i nuovi istituti della legge Biagi

1.1. Focus sull'economia messinese.I nuovi contratti della legge Biagi.

La città di Messina viene da molti considerata la porta della Sicilia,dal momento che rappresenta il punto di approdo per quanti vi giungo-no dopo aver attraversato l'omonimo stretto. La sua provincia si collocanella parte nord-orientale dell'isola, con un'estensione territoriale allun-gata che sulla fascia tirrenica confina con la provincia di Palermo, sullafascia ionica confina con la provincia di Catania, e nella zona interna siaddentra fino a confinare con Enna, includendo i due sistemi montuosidei Nebrodi e dei Peloritani.

La grande diversità geomorfologica del territorio ha determinato,nel corso dei millenni, una distribuzione eterogenea degli insediamentiabitativi che ha visto privilegiare le zone costiere a discapito dei promon-tori collinari dell'entroterra. Questo fenomeno ha portato alla formazio-ne di un elevatissimo numero di comuni (108), che, a parte qualche ec-cezione, (come i centri di Milazzo e Barcellona P.G.), sono di piccolissi-me dimensioni, e pertanto incapaci, il più delle volte, di essere centri pro-motori di uno sviluppo socio-economico. Se a tale polverizzazione terri-toriale, aggiungiamo la scarsità delle vie di comunicazione, strumentali aqualunque tipo di attività, e la presenza di organizzazioni criminali, cheminano la crescita di una sana cultura di impresa, è facile comprenderneil ritardo dello sviluppo economico, ed in maniera parallela di tutta la re-gione con cui condivide le stesse problematiche.

La disposizione geografica della provincia di Messina ha portato, nelcorso dei secoli, ad una diversa caratterizzazione economico-produttivadel tessuto imprenditoriale. Idealmente possiamo suddividere il territorioprovinciale in tre macro-aree: la prima, individuata come area metropoli-tana, comprende la città di Messina ed altri cinquanta comuni, posta qua-si a spartiacque tra le altre due grandi aree, il versante ionico, che giungefino alla valle dell'Alcantara, ed il versante tirrenico, che oltre alle due

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2one peloritana e nebroidea, comprende il caratteristico arcipelago eolia-no. Ognuna di queste tre aree ha manifestato in maniera differente le na-turali vocazioni economiche del proprio territorio, pur mantenendo rile-vanti tratti in comune. Tra questi primeggia un modello di struttura pro-duttiva basato su un sistema di piccole e medie imprese (la maggioranzadelle quali sotto forma di impresa individuale, che costituiscono l'82,2%del totale), che non riescono a crescere e a svilupparsi. Molteplici le cau-se, è già stato citato il problema della criminalità, cui va aggiunta una ca-renza organica di strutture e servizi, ma soprattutto manca la cultura del-l'impresa, scarsi i ricorsi a fonti di finanziamento esterne, quali prestitibancari, obbligazionari e conferimenti di capitale da parte dei soci, proce-dure tipiche di un tessuto imprenditoriale che concepisce la forma socie-taria come strumentale ad una equilibrata crescita economica.

Analizzando le imprese costituite sotto forma di società di capitali,è emerso che il loro numero è aumentato tra il 1998 e il 2004 del 57%,ma nonostante questo dato incoraggiante esse, a tutto il 2004, rappresen-tano solo il 6,5% del totale delle imprese, mentre le società di personesolo l'8,9%.

Analizzando i saldi tra le imprese iscritte (+5,6%) e quelle cessate(-4,3%), si osserva come, nel 2004, la demografia del sistema imprendi-toriale italiano abbia ritrovato slancio riportandosi ai livelli del 2001; in-fatti, il numero delle aziende iscritte nei Registri delle Camere di Com-mercio italiane è salito di 36168 unità generando una crescita pari a+1,3%, lievemente inferiore al dato siciliano (1,6%) e italiano (1,5%).

A seguito di incentivi normativi e finanziari si è avuta una flessioneal rialzo, soprattutto nel sud Italia, riguardanti la nascita di nuove azien-de che però, dopo la fase di avvio non sono state in grado di reggere ledifficoltà di tipo strutturale e congiunturale che le hanno portate, in tem-pi rapidi, alla cessazione dell'attività. Nella provincia di Messina, nelcorso dell'ultimo quinquennio, le imprese che annualmente sono entratein liquidazione sono rimaste sotto le 400 unità, mentre quelle che hannodichiarato fallimento sono comprese tra le 49 e le 80 unità.

Elemento cardine per una vincente strategia competitiva è senz'al-tro l'innovazione tecnologica, che permette di essere presente sui merca-ti internazionali con i beni o i servizi che si intende produrre. Rapidità equalità sono fondamentali per rimanere concorrenziali e Messina seguela tendenza nazionale attraverso la ricerca e la cooperazione. Attualmen-te si contano 1333 imprese innovative, al terzo posto, a livello regionale,dopo Catania e Palermo, mentre l'export rappresenta un importante

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ponte tra l'economia locale e quella mondiale. Ad avere un ruolo di rilie-vo nelle esportazioni sono Ì prodotti tradizionali (69%). Nella ricerca inSicilia sono impegnati 7590 addetti concentrati nelle Università con 1,5addetti in r&s ogni 1000 abitanti, per una spesa (585 milioni di euro) cheincide per lo 0,8% del PIL regionale.

Le politiche di aiuto agli investimenti nel Mezzogiorno, secondo loschema adottato dal DPEF 2003-2006, mirano a compensare le rilevantie persistenti inefficienze dei mercati del credito e dei capitali e a promuo-vere la partecipazione delle imprese all'avvio di progetti territoriali inte-grati di sviluppo. In quest'ottica operano gli strumenti di incentivazionealle imprese come i Patti territoriali (accordi promossi da enti locali, par-ti sociali, soggetti pubblici o privati, relativi all'attuazione di un program-ma di interventi caratterizzato da specifici obiettivi di promozione dellosviluppo locale). In provincia di Messina sono stati stipulati i seguentiPatti: 1) Patto territoriale di Messina; 2) Messina Verdemare; 3) Gallo-Niceto; 4) Valle dell'Alcantara e riviera Jonica; 5) Patto Isole Eolie; 6)Patto Tindari; 7) Patto Nebrodi.

Analizzando settorialmente le caratteristiche socio-economichedella provincia di Messina, occorre rilevare che il settore primario detie-ne, in modo pressoché omogeneo tra le tre macro-aree sopra descritte,un ruolo limitato nell'economia di questa provincia (nel 2004 incide peril 17% contro il 28% della Sicilia). Questa circostanza se da una parte ègiustificata dalla limitata estensione di zone pianeggianti, dall'altra è daascrivere ad una politica economica poco attenta alla valorizzazione delpatrimonio agricolo e zootecnico autoctono, che, grazie alle favorevolicondizioni climatiche di questa zona cresce e si sviluppa in modo presso-ché spontaneo.

Ci sono colture per le quali questa terra è essenzialmente votatacome la vite, l'olivo, gli agrumi ed altro ancora. Prodotti che per la tipi-cità che li caratterizza, stanno ottenendo riconoscimenti a livello interna-zionale (vedi il limone Interdonato, la malvasia delle Lipari o, per il com-parto zootecnico, il suino nero dei Nebrodi).

Se invece puntiamo l'attenzione sul settore secondario, occorre ri-levare che il comparto più vitale è quello delle costruzioni (con un incre-mento tra il 1998 e il 2004 del 17,3 %), in particolare il ramo cantieristico,sviluppatosi nell'area metropolitana di Messina e nella fascia tirrenica.Quest'ultima, in special modo, può essere considerata il "triangolo indu-striale" dell'intera provincia, considerato che nel distretto Milazzo-Barcel-lona-Capo d'Orlando insistono, oltre alle imprese di costruzioni, numero-

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se aziende nel comparto della raffinazione petrolifera e dell'energia. Aqueste si aggiungono, anche se in costante declino, attività del compartotessile, chimico, della gomma e della plastica.

Dopo un'attenta analisi settoriale della provincia di Messina emerge,infine, che il motore trainante della sua economia si trova nel settore ter-ziario. Qui il numero di imprese rappresenta il 57 % del totale dove il com-mercio e la piccola distribuzione incidono per il 36%, i servizi amministra-tivi e direzionali il 12,7%, i trasporti il 3,8% ed il turismo solo il 4,5%.

Quest'ultimo comparto, nonostante i vantaggi offerti da condizioniclimatiche e territoriali uniche al mondo, quali sono l'arcipelago delle Eo-lie, il comprensorio Capo d'Orlando-Patti-Tindari, le perle dello Ionio,Taormina e Giardini Naxos, ma soprattutto una stagione capace di dura-re tutto l'anno, non ha saputo sfruttare al meglio la sua vocazione natura-le. Carenti sono le strutture ricettivo-turistiche e carente è l'offerta pocoorientata al soddisfacimento di una domanda turistica sempre più esigen-te e invogliata da mete estere economicamente più competitive. In que-sto contesto solo il versante ionico, ed in particolare i centri storici di Ta-ormina e Giardini Naxos hanno basato la loro economia sul settore turi-stico, tanto da fare registrare un terzo delle presenze complessive dell'iso-la e più della metà di quelle straniere. Negli ultimi anni, i comuni limi-trofi di Castelmola e Letojanni hanno goduto di questi benefici, ma senon saranno supportati da una loro peculiare offerta turistica, in futuro,potrebbero vedere scemare quest'importante opportunità di sviluppo.

In uno scenario economico caratterizzato da tale complessità, nonsolo e non tanto dal punto di vista quantitativo, ma specie e soprattuttoda quello qualitativo, si innesta il più grave problema della nostra provin-cia: un quadro occupazionale caratterizzato da elevati tassi di disoccupa-zione che al suo interno nasconde ampie quote di lavoro sommerso (contutte le nefaste conseguenze sul piano della sicurezza sociale, dell'evasio-ne fiscale e lasi but not least, delle organizzazioni malavitose che prospe-rano in questa situazione).

A questo punto è interessante procedere con l'analisi del settore la-vorativo della provincia di Messina degli ultimi anni, ma prima è oppor-tuno riepilogare i differenti campi di osservazione da cui vengono dedot-ti gli indici occupazionali utili a comprendere la questione.

La prima grande distinzione è tra persone in età lavorativa (di etàsuperiore a 15 anni) e persone non in età lavorativa.

Il primo gruppo a sua volta si suddivide in forze di lavoro e forzedi non lavoro.

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La prima categoria, le forze di lavoro, comprende:gli occupati (soggetti che dichiarano di possedere un'occupazione

o che hanno svolto almeno un'ora di attività lavorativa nella set-timana di riferimento);

le persone in cerca di occupazione (persone che non si dichiaranooccupate, che si dichiarano in cerca di occupazione, che hannoeffettuato almeno un'azione di ricerca di lavoro entro i 30 giorniche precedono l'intervista e che sono immediatamente (entrodue settimane) disponibili a accettare un lavoro qualora vengaloro offerto).

Le persone in cerca di occupazione a sua volta si distinguono in di-soccupati, ossia persone che hanno perduto una precedente occupazio-ne alle dipendenze per licenziamento, fine di un lavoro a tempo determi-nato, dimissioni e persone in cerca di prima occupazione, ossia personeche non hanno mai esercitato un'attività lavorativa.

Le persone in cerca di occupazione sono distinte anche in base alladurata della ricerca in: durata breve (fino a 5 mesi), durata media (tra 6e l i mesi) e durata lunga (12 mesi ed oltre).

La seconda categoria, le forze di non lavoro, comprende:- le forze di lavoro potenziali: questo aggregato rappresenta le

"persone in cerca di occupazione ", secondo la definizione giàdescritta in precedenza, che hanno però effettuato l'ultima azio-ne di ricerca tra i 2 e i 6 mesi fino ai 2 anni.

- le persone che hanno dichiarato di non aver svolto alcuna attivi-tà lavorativa né di aver cercato lavoro nella settimana di riferi-mento e di essere in una delle condizioni qui di seguito definite:1. casalinga, chi si dedica prevalentemente alla cura della propria

casa;2. studente, chi si dedica prevalentemente allo studio;3. ritirato dal lavoro, chi ha cessato un'attività per raggiunti limi-

ti di età, invalidità od altra causa;4. inabile, chi è fisicamente impossibilitato a svolgere attività la-

vorativa,5. servizio di leva, chi assolve obblighi di leva;6. altra persona non appartenente alle forze di lavoro1.

1' Sviluppo locale - Provincia di Messina, analisi qualitativa, Messina settembre -dicembre 2003.

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PERSONE IN ETÀ'LAVORATIVA PERSONE NON IN ETÀ' LAVORATIVA

FORZE DI LAVORO FORZE DI NON LAVORO

OCCUPATI PERSONE IN CERCA DIOCCUPAZIONE

FORZE DI LAVORO ALTRIPOTENZIALI

DISOCCUPATI PERSONE IN CERCADI PRIMA OCCUPAZIONE

Dopo queste necessarie precisazioni, è possibile analizzare in det-taglio le variazioni subite, nella provincia di Messina, dai tre più signifi-cativi aggregati (forza lavoro, numero di occupati e numero di disoccu-pati) degli ultimi dieci anni. Occorre ricordare, però, che dal 2004 è invigore la "Rilevazione Continua delle Forze Lavoro" (RCFL), che, rispet-to alla precedente "Rilevazione Trimestrale delle Forze Lavoro", modifi-ca i criteri di individuazione degli occupati, delle persone in cerca di oc-cupazione e le metodologie di rilevazione, che ora hanno carattere "con-tinuo" in quanto le informazioni vengono rilevate in interviste durantetutte le settimane dell'anno, mentre prima erano concentrate nella primasettimana, senza festività, del trimestre2.

ANNOFORZALAVOROOCCUPATIDISOCCUPATI

199423217458

199524317865

199625818573

199726218378

199825618966

199925718968

200025819167

200126520461

2002 i 2003 ! 200425920653

24519154

23619838

Come è possibile notare già dal grafico successivo, negli ultimi 10anni c'è stato un aumento dell'1,7% nella forza lavoro, del 13,8% nelnumero degli occupati, e una diminuzione del 34,4% nel numero deidisoccupati.

' Polos Messina, osservatorio economico locale 2004/2005, Camera di Commer-cio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Messina, pagg. 80 e ss.

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Andamento dei principali aggregati del mercato dellavoro in provincia di Messinadal 1994 al 2004 (in migliaia)

300

250

2C

15C

10C

minigli13 É| M 11 ali 131 ili Ìli ìli SìHI HI • Hi IH H ili ini ni 81'tei SS! SSS Bl WB SS,- ni as era IH

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• FORZA LAVORO

m OCCUPATI

n DISOCCUPATI

Gli ultimi dati ISTAT del 2004, evidenziano per la provincia diMessina una popolazione in età lavorativa di 559.000 unità, un numerodi forze di lavoro di 236.000 unità, di cui 198.000 occupati e 38.000 di-soccupati evidenziando un aumento di 7.000 occupati rispetto al 2003.Considerando che il dato della disoccupazione del 2004 diminuisce di16.000 unità rispetto al 2003, risulta una variazione negativa di flussi inuscita dal mercato del lavoro di circa 9.000 unità composti probabilmen-te da lavoratori in età pensionabile, e da persone che, scoraggiate da unaricerca infruttuosa hanno deciso di uscire definitivamente dal mercatodel lavoro.

Accanto a una valutazione numerica della forza lavoro, è doverosoanalizzare compiutamente i principali indicatori del mercato del lavoro,e cioè: tasso di attività, tasso di occupazione e tasso di disoccupazione.

1. Il tasso di attività esprime il rapporto tra le forze di lavoro e lapopolazione in età lavorativa, dove per popolazione in età lavo-rativa si intende la popolazione maggiore di 15 anni (definizio-ne ISTAT).La popolazione attiva, composta da quella parte de-gli abitanti che per età e condizione possono svolgere un'attivi-tà lavorativa, è un indicatore sintetico della vitalità di una comu-nità e della sua possibilità di produrre reddito.Con una popola-zione in età lavorativa di 559.000 unità (2004) e un numero diForze di lavoro di 236.000 unità, il tasso di attività della provin-cia di Messina si attesta al 42,21%, a fronte del 44,2% dell'an-no precedente.

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2. Il tasso di occupazione esprime, invece, il rapporto tra gli occu-pati e la popolazione in età lavorativa. Questo è l'indicatore chemeglio esprime la carenza di domanda di lavoro nella provinciadi Messina, e si attesta, nel 2004 al 35,42%, contro il 45,40% alivello nazionale.

3. Il tasso di disoccupazione, infine, esprime il rapporto tra le per-sone in cerca dì occupazione e le forze di lavoro, pertanto nellaprovincia di Messina, si attesta nel 2004, al 16,1% registrandouna consistente diminuzione rispetto al 22,1 % del 2003, al di sot-to di più di un punto percentuale dalla media regionale (17,2%)ed ad un livello comunque più che doppio della media naziona-le (8%). Tale dato all'apparenza positivo avrebbe però una di-versa chiave di lettura se si approfondisse la piena capacità diquesti indicatori nel leggere i contesti territoriali e sociali nei qua-li vengono misurati.

La definizione ufficiale ISTAT del tasso di disoccupazione risultarestrittiva nel descrivere un problema sociale di proporzioni sicuramen-te più elevate. In un mercato del lavoro che si modifica velocemente perquanto riguarda flessibilità e precarizzazione, resta fuori da questa defi-nizione sia chi il lavoro lo cerca, ma non "attivamente" (l'ISTAT come ri-cerca "attiva" considera l'iscrizione nelle liste di collocamento), sia chi,ormai scoraggiato dalle esperienze precedenti, è disposto a lavorare soloa determinate condizioni.

Va aggiunto, inoltre, che l'attività di ricerca risulta chiara ed espli-cita solo quando esistono uffici di collocamento efficienti o quando cisono altri canali formali per l'esplicitazione dell'offerta (domande di as-sunzione, annunci sui giornali, ecc). Strutture, istituzionali e non, parti-colarmente carenti nella provincia di Messina.

In tal senso, se al tasso di disoccupazione elaborato dall'ISTAT peril 2004 (16,1%) andassimo ad aggiungere quella parte della popolazioneche cerca lavoro, ma non "attivamente" e chi per diverse motivazioni(propensioni personali, titoli di studio ecc..) è disposto a lavorare solo adeterminate condizioni, il tasso "effettivo" di disoccupazione aumente-rebbe considerevolmente.

È interessante notare come per gli ultimi due indicatori la popola-zione di riferimento sia differente: mentre per il tasso di occupazione sisceglie come parametro il macro aggregato delle persone in età lavorati-va, il tasso di disoccupazione viene invece calcolato solo sul totale delleforze lavoro. La spiegazione è semplice: sarebbe fuorviante considerare

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il numero dei disoccupati, e quindi presenti comunque nel mercato dellavoro, in rapporto ad un aggregato che comprende soggetti già usciti daquello stesso mercato (come ad esempio i pensionati o gli studenti a tem-po pieno), mentre è più utile rapportare il numero degli occupati alla to-talità dei soggetti in età lavorativa al fine di misurare il peso delle perso-ne che lavorano all'interno della fascia demografica dei potenziali lavora-tori.

Ad un successivo livello di osservazione, questi aggregati e questiindicatori vengono poi scomposti generalmente per genere, classe di età,e settore di attività, al fine di offrire ai policy makers (e non solo) chiavidi lettura e di analisi del contesto più approfondite.

Se ad esempio effettuassimo una ripartizione per classi d'età note-remmo che la provincia di Messina presenta un tasso di disoccupazionegiovanile in media con quello siciliano, ma particolarmente alto se para-gonato a quello nazionale.

La diminuzione registrata da questo indice nel corso del 2004, in-fatti, potrebbe anche essere dovuta ad una maggiore permanenza dei gio-vani nei percorsi formativi (istruzione secondaria e universitaria), per cuigli stessi iniziano a cercare lavoro "attivamente", e quindi a far parte del-l'aggregato delle persone in cerca di occupazione, molto più tardi.

Se passiamo ad analizzare la distribuzione per genere del tasso did isoccupaz ione ,noteremo una no-tevole disparità trai sessi, infatti, men-tre il tasso di disoc-cupazione maschi-le si attesta a Mes-sina al 13,2%,quello femminile èdel 21%, ma seconfrontiamo talidati con il resto 25d'Italia noteremo 20che la performance 15femminile si awici- 10na più velocemente 5di quella maschile 0

al dato nazionale, Messina Sicilia Italia

TASSODIDISOCCUPAZIONEMASCHI FEMMINE

Messina 13,2 21Sicilia 13,8 23,7Italia 6.4 10.5

Tasso di disoccupazionesuddiviso per genere a Messina,

in Sicilia e in Italia

o TASSO DIDISOCCUPAZIONEMASCHI

• TASSO DIDISOCCUPAZIONEFEMMINE

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Se infine analizziamo gli indicatori del mercato del lavoro divisi persettore di attività, noteremo che, coerentemente con la struttura produt-tiva della provincia di Messina, anche l'occupazione è caratterizzata, a li-vello settoriale, da una elevata percentuale di occupati nei servizi (74,4%a Messina vs. 73% della Sicilia e 64,9% dell'Italia), un numero inferioredi addetti agricoli rispetto alla regione (5,9% di Messina, 7,6% della Si-cilia) ed un allineamento con la regione rispetto all'occupazione dell'in-dustria che, tuttavia, risulta più bassa di quella nazionale (19,8% Messi-na, 19,4% Sicilia e 30,7% l'Italia)

Distribuzione percentuale degli occupatiper settore di attività economica nella

provincia di Messina, in Sicilia e in Italianel 2004

Agricoltura Industria Servizi

Dall'esame di questi indicatori, però, emerge con chiarezza la dif-ficoltà di analisi di un contesto economico in costante mutamento, che,nella nostra provincia è oltremodo appesantito da una presenza ormaistrutturale di ampie quote di lavoro irregolare, a cui si accompagna unarilevante difficoltà di accesso al mercato del lavoro da parte dei giovani,delle donne e dì quanti, essendo stati espulsi dai processi produttivi dopoaver superato l'età della formazione professionale, hanno difficoltà arientrarvi.

Per venire incontro a queste nuove esigenze, la regolamentazionedel mercato del lavoro si è spostata da un'ottica di protezione del lavorodipendente a tempo indeterminato a una pressante ricerca dì flessibilità,che corre il rischio di trasformarsi in "precarizzazione", per venire incon-tro alle esigenze delle imprese e al rispetto del principio di economicità.

È in quest'ottica che va letta l'approvazione della legge delega da

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parte del Senato del 5 febbraio 2003 su occupazione e mercato del lavo-ro che, convertita nello stesso anno nella legge n. 30, viene intesa comelegge Biagi. In essa vengono delineati alcuni obiettivi fondamentali:

- la creazione di un mercato del lavoro trasparente ed efficiente ingrado di incrementare le occasioni di lavoro e garantire a tutti unequo accesso a una occupazione regolare e di qualità;

- la strategia volta a contrastare i fattori di debolezza strutturaledella nostra economia: la disoccupazione giovanile, quella di lun-ga durata e il modesto tasso di partecipazione delle donne e de-gli anziani al mercato del lavoro;

- l'introduzione della flessibilità regolata, contrattata col sindaca-to, per bilanciare le esigenze delle imprese che devono compete-re sui mercati internazionali con le istanze di tutela e valorizza-zione del lavoro;

- l'affermazione di un maggiore ruolo delle organizzazioni di tute-la e rappresentanza per la gestione di attività utili alle politicheper l'occupazione3.

La "riforma Biagi" va letta in funzione di:1) occupabilità, rivolta ad assicurare ai giovani e ai disoccupati gli

strumenti per fronteggiare le nuove opportunità occupazionali ei cambiamenti repentini del mercato del lavoro. Sono importantigli interventi immediati, quali istruzione e formazione, per evita-re che si creino disoccupati di lungo periodo;

2) imprenditorialità, in funzione di nuovi e migliori posti di lavoroin un clima imprenditoriale dinamico. La flessibilità del mercatodel lavoro agevolerà la creazione di nuove imprese, lo sviluppo diquelle esistenti e la promozione di nuove iniziative all'interno diquelle di grandi dimensioni;

3) adattabilità, ai nuovi mercati globali che richiedono maggioreflessibilità e un più ampio ventaglio di schemi contrattuali per co-gliere le occasioni offerte dalle tecnologie dell'informazione edella comunicazione;

4) pari opportunità, che garantiscono identico trattamento economi-

•*' Giuseppe Pera, Compendio di diritto del lavoro, sesta edizione, Giuffrè edito-re, Milano 2003.

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co, normativo, uguali responsabilità e opportunità di carriera trai due sessi, con l'obiettivo dell'innalzamento del tasso di occupa-zione delle donne e delle categorie a rischio di esclusione socia-le, in attuazione del diritto costituzionale al lavoro (art. 4)4.

Il testo del D. Lgs. 276 punta ad incentivare il mercato del lavoroattraverso l'istituzione di nuovi strumenti e tecniche di flessibilizzazione,tesi a rendere più elastiche le attuali regole, modernizzando la materia,ad aumentare i tassi di occupazione ed a promuovere la qualità e la sta-bilità del lavoro. Non viene applicato alle pubbliche amministrazioni e alloro personale.

Gli strumenti individuati sono: 1) la somministrazione di lavoro; 2)il lavoro intermittente; 3) il lavoro ripartito; 4) il lavoro a tempo parzia-le; 5) l'apprendistato; 6) il contratto di inserimento; 7) il lavoro a proget-to; 8) il lavoro occasionale; 9) i tirocini estivi di orientamento3.

1.2. Lo staff leasing (ed. somministrazione di lavoro)La precedente disciplina in materia di intermediazione ed interpo-

sizione nei rapporti di lavoro, in particolare la legge n. 196/1997 sulla for-nitura di lavoro temporaneo, viene integralmente abrogata e le ipotesi incui è possibile ricorrere alla somministrazione di lavoro vengono amplia-te attraverso l'estensione dell'applicabilità all'edilizia e all'agricoltura.

Con l'introduzione del contratto di somministrazione, un'impresa,denominata utilizzatrice, potrà rivolgersi ad un'altra impresa, denomina-ta somministratore, per "affittare" forza lavoro. Per tutta la durata dellasomministrazione il lavoratore svolgerà la propria attività nell'interesse,nonché sotto la direzione ed il controllo dell'utilizzatore; il potere disci-plinare, invece, è riservato al solo somministratore.

A differenza del contratto di lavoro temporaneo, la cui normativaviene integralmente abrogata unitamente a quella sul divieto di appalto edinterposizione di manodopera, il contratto di somministrazione potrà esse-re stipulato, oltre che a termine, anche a tempo indeterminato, a condizio-ne che ricorrano ragioni di carattere tecnico, produttivo e organizzativo.

4' La "Legge Biagi" per il lavoro - Capire la riforma - Ministero del Lavoro e del-le Politiche Sociali, pagg. 5-12.

'' D. Lgs. 10 settembre 2003 n. 276 "Attuazione delle deleghe in materia di oc-cupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003 n. 30, G. U. n. 235del 9 ottobre 2003.

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Nella nuova normativa rientrano anche i servizi di consulenza e as-sistenza nel settore informatico, la gestione dei cali center, le attività dimarketing e di analisi del mercato, i lavori di facchinaggio e pulizia, non-ché i servizi di vigilanza, custodia, ristorazione e trasporto.

La somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa an-che a carattere sostitutivo (tranne che si tratti di lavoratore in sciopero).

Il lavoratore non è computato nell'organico dell'utilizzatore ai finidell'applicazione di normative di legge o di contratto collettivo, fatta ec-cezione l'igiene e la sicurezza sul lavoro. Per costituire un rapporto, il con-tratto di somministrazione, stipulato in forma scritta, dovrà contenere:

- il numero dei lavoratori da somministrare;- le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e/o so-

stitutivo- per le quali si ricorre alla somministrazione;- l'indicazione dei rischi per il lavoratore;- la data di inizio e la durata del rapporto.In mancanza di tali elementi, il contratto è nullo ed il lavoratore sarà

considerato a tutti gli effetti alle dipendenze dell'utilizzatore. Una copiadel contratto di somministrazione dovrà essere consegnata al lavoratoreall'atto della stipulazione.

A tutela del lavoratore è prevista la possibilità di rivolgersi alla ma-gistratura del lavoro per richiedere, nei casi di somministrazione irrego-lare, l'accertamento della natura subordinata del rapporto alle dipenden-ze di chi ha effettivamente beneficiato della prestazione lavorativa con ef-fetto dall'inizio della somministrazione. Il controllo giudiziale sarà diret-to ad accertare l'esistenza delle ragioni che giustificano il ricorso alla som-ministrazione, restando escluso l'esame nel merito delle valutazioni e del-le scelte tecniche, organizzative e produttive effettuate dall'utilizzatore.

1.3 II job on cali (ed. lavoro a chiamata)Mediante la stipula di un contratto di lavoro intermittente il lavo-

ratore si pone a disposizione del datore di lavoro che ne potrà utilizzarela prestazione lavorativa "chiamandolo" di volta in volta, a seconda del-le necessità, nel rispetto di un periodo minimo di preavviso.

I casi consentiti di ricorso al lavoro intermittente per lo svolgimen-to di prestazioni a carattere discontinuo o intermittente, sono di due tipi:

1. quando è individuato direttamente dai contratti collettivi nazio-nali o territoriali o, in via provvisoriamente sostitutiva, da partedel Ministero del lavoro e delle Politiche sociali;

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2. quando, previsto in via sperimentale, è caratterizzato da un re-quisito "soggettivo" del lavoratore. Questi ultimi potranno esse-re conclusi anche per prestazioni rese da quei soggetti in stato didisoccupazione con meno di 25 anni di età o con oltre 45 anniiscritti nelle apposite liste di mobilità e di collocamento.

È fatto assoluto divieto di ricorrere al contratto di lavoro intermit-tente nei seguenti casi:

- per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di scio-pero;

- presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, nei sei mesiprecedenti,

- a licenziamenti collettivi;- da parte di quelle imprese che non abbiano effettuato la valuta-

zione dei rischi, ex L. 626/94.Per la disponibilità resa in attesa di essere "utilizzato" è prevista

una indennità mensile a favore del lavoratore, la cui misura è rimessa allacontrattazione collettiva.

In caso di impossibilità del lavoratore a rispondere alla chiamatadel datore di lavoro, quest'ultimo dovrà essere tempestivamente infor-mato dallo stesso lavoratore circa la durata dell'impedimento; in difettodi comunicazione, il lavoratore perderà il diritto all'indennità di disponi-bilità per un periodo prestabilito dal decreto pari a quindici giorni, salvoche sia stato diversamente pattuito. In ogni caso, durante il periodo ditemporanea indisponibilità del lavoratore (ad es., per malattia), non ma-tura il diritto all'indennità di disponibilità.

Per quanto riguarda le modalità di costituzione del rapporto, ilcontratto di lavoro intermittente deve essere stipulato in forma scritta,necessario ai fini della prova della sussistenza degli elementi richiesti perla validità del contratto stesso, ossia: durata, luogo della prestazione,trattamento economico e relativa indennità di disponibilità (se prevista),indicazione delle forme e delle modalità con cui il datore di lavoro è le-gittimato a richiedere l'esecuzione della prestazione, modalità di rileva-zione della prestazione medesima.

Il decreto prevede che il periodo di preavviso della chiamata nonpossa essere inferiore ad un giorno lavorativo. Pertanto, tra il giorno del-la prestazione e quello della chiamata, deve intercorre almeno una gior-nata lavorativa. La risposta alla chiamata del datore di lavoro non è unobbligo inderogabile per il lavoratore: tale opzione, infatti, può essereesclusa dal contratto del quale, pertanto, non ne costituisce una condi-

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zione di validità, ma se sceglie (contrattualmente) di non obbligarsi a ri-spondere alla chiamata, perderà il diritto alla relativa indennità di dispo-nibilità.

Per il lavoratore che, invece, si sia obbligato contrattualmente a ri-spondere alla chiamata del datore di lavoro, un rifiuto ingiustificato cor-risponde a un inadempimento contrattuale che potrebbe dar luogo allarisoluzione del contratto, oltre alla richiesta di restituire la quota di in-dennità riferita al periodo successivo all'ingiustificato rifiuto e ad un'ul-teriore somma da corrispondere in favore del datore di lavoro a titolo dirisarcimento danni. Il lavoro intermittente potrà essere, altresì, "pro-grammato" per periodi predeterminali nell'arco della settimana (fine set-timana), del mese (le ferie estive) o dell'anno (le vacanze natalizie o pa-squali). In tali ipotesi, l'indennità di disponibilità sarà corrisposta al lavo-ratore solo in caso di effettiva chiamata da parte del datore di lavoro e inmancanza di chiamata, pur in presenza della disponibilità prestata dal la-voratore, a quest'ultimo non verrà corrisposta alcuna indennità.

Alla contrattazione collettiva è rimandata la previsione di ulterioriperiodi predeterminati, rispetto a quelli sopra citati. In base al principiodi non discriminazione, il lavoratore intermittente dovrà percepire, per iperiodi lavorati ed a parità di mansioni svolte, un trattamento economi-co non inferiore a quello corrisposto ad altro lavoratore di pari livello. Inogni caso, la retribuzione dovrà essere proporzionata alla prestazione ef-fettivamente eseguita dal lavoratore.

Il principio di proporzione con l'attività effettivamente svolta dal la-voratore intermittente, deve essere, altresì, utilizzato ai fini del calcolo del-le ferie, del periodo di malattia e di congedi parentali, poiché per tutto ilperiodo durante il quale il lavoratore resta disponibile a rispondere allachiamata del datore di lavoro non è titolare di alcun diritto riconosciutoai lavoratori subordinati. In detto periodo, infatti, il lavoratore intermit-tente non matura né alcun trattamento economico, salvo l'indennità di di-sponibilità se prevista, né alcun trattamento normativo. Per tale ragione,il lavoratore intermittente non è computato nell'organico dell'impresa aifini dell'applicazione di normative di legge o di contratto collettivo.

1.4 II job sharing (ed. lavoro ripartito)II decreto di riforma del mercato del lavoro, al Capo II del Titolo

V, prevede il contratto di lavoro ripartito dove due lavoratori assumonoin solido l'adempimento di un'unica e identica obbligazione lavorativa,legati tra loro da un vincolo di solidarietà (art. 41).

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Ogni lavoratore è responsabile personalmente e direttamente del-l'adempimento, senza che ciò impedisca che l'obbligazione possa essereestinta anche da uno solo dei lavoratori coobbligati. Tale vincolo rappre-senta una garanzia per il datore di lavoro, il quale ha assicurato l'adem-pimento della complessiva obbligazione, che avviene anche quando ri-corrano situazioni per le quali sia oggettivamente impossibile fruire dientrambe le prestazioni lavorative (malattia, maternità, ecc.): in questicasi il lavoratore che sta svolgendo l'attività si accollerà per intero l'ob-bligazione assunta nei confronti del datore di lavoro. Il rapporto di lavo-ro risulterà sospeso (o si estinguerà ai sensi dell'art. 1256 del e. e.) solo incaso di impossibilità a fornire la prestazione da parte di entrambi i lavo-ratori. In pratica, tale vìncolo di solidarietà bilancia la discrezionalità la-sciata dal legislatore ai due coobbligati, i quali, in qualsiasi momento, po-tranno effettuare sostituzioni tra di loro e modificare consensualmente ladistribuzione dell'orario di lavoro.

Diversa ipotesi è quella riguardante la sostituzione di uno dei co-obbligati con terzi estranei all'originario rapporto di lavoro: in questocaso la sostituzione sarà possibile solamente quando il datore di lavoroabbia fornito il proprio consenso. Gli effetti della solidarietà tra i due la-voratori si manifestano anche in caso di estinzione del rapporto che ri-guarda entrambi i lavoratori contemporaneamente sia nell'ipotesi di li-cenziamento che in quella di dimissioni. E fatto salvo il caso in cui, seespressamente pattuito e su richiesta del datore di lavoro, l'altro lavora-tore si renda disponibile ad adempiere l'obbligazione lavorativa integral-mente o parzialmente. In tale ipotesi, il contratto di lavoro ripartito si tra-sforma in un normale contratto di lavoro subordinato di cui all'art. 2094del c.c. (art. 41, e. 5).

È rilevante il ruolo dei contratti e della contrattazione individuale.Infatti, la regolamentazione del lavoro ripartito è demandata alla contrat-tazione collettiva nel rispetto delle previsioni contenute nel d. Igs. ema-nato (art. 41, e. 3 ed art. 43). Al riguardo, si sottolinea la volontà del le-gislatore che lascia alle parti sociali ampia libertà di disciplina dell'istitu-to affinchè le medesime possano individuare tipologie diversificate dicontratti col vincolo di solidarietà sopra descritto.

Da segnalare anche il principio della non discriminazione (art.44):il lavoratore che stipula un contratto di lavoro ripartito non potrà riceve-re un trattamento economico e normativo complessivamente meno favo-revole rispetto al prestatore di lavoro subordinato di cui all'art. 2094 c.c.e ciascuno dei lavoratori avrà diritto di partecipare alle assemblee sinda-

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cali entro il limite complesso di dieci ore annue.

1.5 H part rimeII lavoro a tempo parziale, formula viene rivisitato con l'abrogazio-

ne di alcuni vincoli che, secondo la valutazione del legislatore, ne frena-vano I'utiliz2a2ione contrattuale, e con la correzione di alcune definizio-ni contenute nel d. Igs. 61/2000, per adeguare i riferimenti normativi almutato contesto legislativo. L'intervento di maggior spessore è quello cheriguarda le c.d. "clausole elastiche e flessibili", che prevedono la possibi-lità per il datore di lavoro di modificare il contenuto della prestazione la-vorativa non solo nell'arco temporale giornaliero, settimanale, mensile oannuale (clausole flessibili), ma anche in ordine alla estensione tempora-le (clausole elastiche).

A garanzia del lavoratore, la contrattazione collettiva stabilisce lecondizioni, le modalità di operatività delle clausole elastiche, i massimi divariabilità e un preavviso per il lavoratore nell'ipotesi in cui il datore dilavoro decida di variare in aumento la durata della prestazione lavorati-va, concedendo specifiche compensazioni dettate dai contratti collettivi.Rimangono invariati i contenuti formali e sostanziali del contratto a tem-po parziale. Anche l'art. 2 del d. Igs. 61/2000, in materia di forma e con-tenuto del contratto, non ha subito variazioni che richiede sempre la for-ma scritta e contenere l'indicazione della durata della prestazione, non-ché della collocazione temporale dell'orario, con riferimento al giorno,alla settimana, al mese e all'anno.

Modifiche significative riguardano la disciplina del lavoro supple-mentare: oltre a quanto già disposto dal d. Igs 100/2001, il decreto di ri-forma elimina l'intervento collettivo volto a stabilire il numero di oresupplementari effettuabili nell'anno e nella singola giornata lavorativa; icontratti collettivi potranno fissare la soglia massima di ricorso al lavorosupplementare in relazione ai periodi dì riferimento opportuni.

Un'altra novità relativa al c.d. part time trasformato riguarda l'ac-cordo scritto dove si attesta il passaggio dal tempo pieno al tempo par-ziale che dev'essere convalidato dalla direzione provinciale del lavorocompetente per territorio, senza più ricorrere alla soluzione alternativa-dell'assistenza sindacale.

Infine, in materia di diritti sindacali, il decreto di riforma del mer-cato del lavoro computa i lavoratori a tempo parziale in proporzione allaquantità temporale di lavoro effettivamente svolto, abolendo la disposi-zione, di cui al Titolo III della 1. 300/1970 (attività sindacale), secondo la

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quale i lavoratori a tempo parziale si computano come unità intere, qua-le che sia la durata della loro prestazione lavorativa.

1.6. L'apprendistatoL'apprendistato, con la nuova riforma, viene diviso in tre tipologie

contrattuali in grado di coniugare con diversa gradualità tanto l'aspettoformativo quanto quello lavorativo:

- il diritto-dovere all'istruzione e formazione,- il conseguimento di una qualifica attraverso una formazione sul

lavoro- l'acquisizione di un diploma o percorsi di alta formazione.Il decreto salva le disposizioni in materia di diritto-dovere all'istru-

zione e alla formazione, compresi i percorsi della c.d. "formazione in al-ternanza" individuati dalla riforma Moratti.

Con la prima tipologia contrattuale di apprendistato (art. 48) che,con l'entrata in vigore della riforma Moratti diventa l'unica forma di la-voro possibile tra i quindici e i diciotto anni, possono essere assunti i gio-vani che abbiano già compiuto i quindici anni di età, utilizzati in tutti isettori di attività, purché conseguano una qualifica professionale ed ilcontratto non superi i tre anni.

Il decreto fornisce, oltre ai criteri della durata del contratto in fun-zione della qualifica da conseguire, del titolo di studio, dei crediti profes-sionali e formativi, insieme al bilancio delle competenze realizzato daiservizi pubblici per l'impiego o dai soggetti privati accreditati, anche laforma che dovrà contenere l'indicazione della prestazione lavorativa og-getto dell'apprendistato e del piano formativo individuale, nonché l'indi-viduazìone della qualifica che potrà essere acquisita al termine del rap-porto di lavoro sulla base degli esiti della formazione aziendale ed extra-aziendale.

La seconda tipologia contrattuale di apprendistato consente di as-sumere, in tutti i settori dì attività, i giovani fra i diciotto e i ventinoveanni con una durata stabilita dalla contrattazione collettiva, in ogni casonon inferiore a due anni e superiore a sei.

Anche per questa fattispecie contrattuale è prevista la forma scrit-ta con 120 ore annue di formazione, effettuabili sia in azienda sia a di-stanza, facendo venir meno il principio previsto dalla legge 196/1997 erimettendo alla contrattazione collettiva il compito di definire le modali-tà di svolgimento, con l'obbligo di un tutor aziendale e la registrazionesul libretto di lavoro della formazione effettuata.

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La terza tipologia contrattuale consente di assumere, in tutti i set-tori di attività, i soggetti di età compresa fra i diciotto e ventinove anni.La regolamentazione è volutamente scarna e rinvia alle Regioni il compi-to di stabilire le modalità di svolgimento e di durata del percorso forma-tivo, in accordo con le associazioni territoriali dei datori di lavoro, le Uni-versità e le altre istituzioni formative.

1.7 II contratto d'inserimentoII contratto di formazione e lavoro viene definitivamente sostituito

dal c.d. contratto d'inserimento che ne ridisegna lo schema teorico pre-vedendo una nuova tipologia al fine di soddisfare le esigenze di inseri-mento (o reinserimento) di alcune categorie di lavoratori nel mercato dellavoro.

L'art. 54 del decreto attuativo della "Legge Biagi" definisce il con-tratto d'inserimento come quello diretto a realizzare, mediante un pro-getto individuale di adattamento delle competenze professionali del la-voratore a un determinato contesto lavorativo, l'inserimento o il reinseri-mento delle seguenti categorie di persone:

- soggetti di età compresa fra i diciotto e ventinove anni;- disoccupati di lunga durata fino a trentadue anni;- lavoratori con più di quarantacinque anni di età che siano privi

di un posto di lavoro o in procinto di perderlo;- lavoratori che desiderino intraprendere o riprendere un'attività

lavorativa e che non abbiano lavorato per almeno due anni;- donne di qualsiasi età residenti in un'area geografica in cui il tas-

so di occupazione femminile sia inferiore del 20% di quello ma-schile o in cui il tasso di disoccupazione femminile superi del10% quello maschile;

- persone riconosciute affette da un grave handicap fisico, menta-le o psichico.

I contratti d'inserimento potranno essere stipulati dai seguenti sog-getti:

- enti pubblici economici, imprese e loro consorzi;- gruppi di imprese;- associazioni professionali, socio-culturali, sportive;- fondazioni;- enti di ricerca, pubblici e privati.Restano, comunque, applicabili (qualora siano più favorevoli) le

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norme di cui all'art. 20 della legge 23 luglio 1991, n. 223, in materia dicontratto di reinserimento dei lavoratori disoccupati.

Per ricorrere ai contratti d'inserimento è necessario che il datore dilavoro abbia mantenuto in servizio almeno il 60% dei lavoratori in sca-denza nei diciotto mesi precedenti. Al riguardo, non si computano quelliche hanno rassegnato le dimissioni, licenziati per giusta causa o che han-no rifiutato la proposta di rimanere in servizio con contratto di lavoro atempo indeterminato, né i contratti risolti al termine del periodo di provao non trasformati in rapporti a tempo indeterminato in misura pari a quat-tro contratti. La disposizione avrà efficacia ex nunc e non riguarderà laconversione dei contratti di formazione scaduti nel regime transitorio.

Perno del contratto è il c.d. piano d'inserimento professionale cheha, come candido sine qua non per l'assunzione, la previsione, ad operadelle parti, di un progetto individuale, atto a garantire l'adeguamento del-le competenze professionali del lavoratore stesso al contesto lavorativo.

Le modalità di definizione dei piani d'inserimento (o di reinseri-mento) saranno determinate dai contratti collettivi nazionali che dovran-no prevederne i termini. In mancanza di disciplina collettiva sul punto, ein via provvisoriamente sostitutiva, sarà compito del Ministero del lavo-ro e delle politiche sociali colmare la lacuna normativa, intervenendo conapposito decreto da emanarsi d'intesa con la conferenza Stato-Regioni.

In caso di inadempienze nella realizzazione del progetto individua-le d'inserimento, il decreto attuativo ha stabilito che il datore di lavorosarà tenuto a versare, come sanzione, la quota dei contributi agevolatimaggiorati del 100%, equiparandolo al contratto di lavoro a termine (dacui si differenzia per la presenza di un progetto d'inserimento).

Pena nullità, dovrà essere stipulato in forma scritta, con indicazionespecifica del progetto individuale con una durata compresa tra nove e di-ciotto mesi, salvo i casi di lavoratori soggetti a handicap per i quali la du-rata può essere estesa fino a trentasei mesi e non è rinnovabile tra le parti.

1.8. I nuovi co.co.co. (e. d. lavoro a progetto)Le collaborazioni coordinate e continuative vengono sostituite da

un rapporto di lavoro riconducibile ad uno o più progetti specifici, pro-grammi di lavoro o fasi, analiticamente indicati nel contratto di collabo-razione dal committente per la cui realizzazione si avvale del collabora-tore che gestirà autonomamente, in funzione del risultato, quanto deter-minato dal committente, indipendentemente dal tempo impiegato perl'esecuzione. Restano escluse da tale tipologia contrattuale le prestazioni

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occasionali, quelle intellettuali per l'esercizio delle quali occorre l'iscri-2Ìone in appositi albi, le collaborazioni rese in favore di associazioni e so-cietà sportive dilettantistiche, i componenti degli organi di amministra-zione e controllo delle società ed i partecipanti a collegi e commissioni.Non possono ricorrere alle collaborazioni a progetto coloro che percepi-scono la pensione di vecchiaia.

I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non pos-sono essere ricondotti ad un progetto, ad un programma di lavoro o fasedi esso, instaurati antecedentemente alla riforma del mercato del lavoro,conservano, come prevede la legge di riforma, l'efficacia fino alla sca-denza e, in ogni caso, per non oltre un anno dalla data di entrata in vigo-re del decreto attuativo.

È fatta salva, comunque, la possibilità di concordare termini diver-si subordinando la legittimità dell'accordo all'intervento delle organizza-zioni sindacali. La forma del contratto dev'essere scritta (ad substantiam)salvo il caso in cui il contraente, che intenda darne la prova, abbia per-duto, senza sua colpa, il documento, così come previsto dall'art. 2725 c.c.

Inoltre, il contratto dovrà contenere esplicitamente (ad probatio-nem):

- l'indicazione della durata, determinata o determinabile, dellaprestazione;

- l'indicazione del progetto, programma di lavoro o fasi, individua-to nel suo contenuto caratterizzante;

- il corrispettivo ed i criteri per la sua determinazione, nonché i tem-pi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese;

- le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al commit-tente sull'esecuzione, anche temporale, della prestazione lavora-tiva che non possono essere tali da pregiudicarne l'autonomianell'esecuzione;

- le eventuali misure per la tutela della salute e della sicurezza delcollaboratore.

La durata della prestazione di lavoro non deve essere specificamen-te determinata nel contratto essendo sufficiente la sua "determinabilità"tramite il progetto, il programma di lavoro o fasi, ivi indicati.

Quanto al corrispettivo, la riforma prevede che deve essere propor-zionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito e tenere conto dei com-pensi corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogodi esecuzione del rapporto.

II legislatore si è preoccupato di reprimere fenomeni elusivi della

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disciplina di legge: infatti, qualora si cercasse di simulare rapporti di col-labora2Ìone a progetto resi senza un'effettiva partecipazione, il lavorato-re avrà diritto ai trattamenti economici, retributivi e normativi stabilitidalla legge e dai contratti collettivi per il lavoro subordinato svolto nellaposizione corrispondente del medesimo settore di attività.

Fra i diritti e gli obblighi previsti dalla legge per il lavoratore a pro-getto, appare opportuno segnalare che egli può svolgere la propria atti-vità in favore di più committenti, salvo che non sia realizzata in un regi-me di concorrenza; inoltre, ha il diritto di essere riconosciuto autore del-l'invenzione realizzata nello svolgimento del rapporto, nel rispetto delleleggi speciali in materia.

1.9. Il lavoro occasionale e i tirocini estivi di orientamentoCon la riforma, alcune categorie di lavoratori (casalinghe, disoccu-

pati, studenti) potranno svolgere lavori occasionali e ricevere dalle azien-de o dalle famiglie un buono orario "prepagato" che comprende la retri-buzione, la previdenza e l'assicurazione contro gli infortuni.

La legge considera prestazioni occasionali alcune attività accessoriecome:

- piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa l'assi-stenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate ocon handicap;

- insegnamento privato supplementare;- piccoli lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici e

monumenti;- realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o carita-

tevoli;- collaborazione con associazioni di volontariato per lavori di

emergenza, come quelli dovuti a calamità o eventi naturali im-provvisi o di solidarietà.

Le norme di attuazione della riforma stabiliscono che non si pos-sono considerare occasionali o accessorie le prestazioni che superano i 30giorni (con lo stesso committente) e il suo compenso superiore a tremilaeuro per anno solare6.

Per quanto riguarda i tirocini estivi di orientamento è utile farne

°> L'analisi articolo per articolo, schemi a cura di Anna Corrado, dossier n. 9, ot-tobre 2003.

cenno anche se questa tipologia contrattuale è stata momentaneamentesoppressa. La sentenza della Corte costituzonale n. 50 del 28 gennaio2005, che ha esaminato una serie di ricorsi delle Regioni Marche, Tosca-na, Emilia Romagna, Basilicata, e Provincia di Trento su materie di poli-tiche del Lavoro, ha nel suo dispositivo finale, dichiarato l'illegittimitàcostituzionale dell'art. 60 del D. Lgs. n. 276/2003 abrogando quindil'istituto del "tirocinio estivo aziendale". Si tratta di una tipologia con-trattuale che consente ai giovani di acquisire, oltre alle conoscenze dibase, competenze lavorative che possono da un lato agevolare le scelteprofessionali e dall'altro costituire credito formativo spendibile nel mer-cato del lavoro. Per l'attivazione di un tirocinio sono previste tre figure:l'ente promotore, l'ente ospitante e il soggetto che svolge il tirocinio.

I tirocini estivi di orientamento possono essere promossi da:- Enti bilaterali e Associazioni sindacali dei datori di lavoro e lavo-

ratori.- Enti e Agenzie Regionali del Lavoro.- Centri per l'impiego.- Università e istituti di istruzione universitaria statali e non statali.La Regione può, su richiesta, autorizzare istituzioni formative private

non aventi scopo di lucro, diverse da quelle su menzionate. Tutte le orga-nizzazione pubbliche e private possono ospitare tirocinanti. Il tirocinio esti-vo di orientamento ha una durata massima di tre mesi che decorrono dalgiorno successivo al termine delle lezioni scolastiche fino a quello prece-dente all'inìzio dell'anno successivo. Pertanto ciascun istituto scolastico fariferimento al periodo estivo in cui la propria attività scolastica è sospesa.Non ci sono limiti numerici alla quantità di tirocinanti che una azienda puòospitare, salvo che sia diversamente specificato nel Ceni applicato. Figuraimportante e obbligatoria in questo tipo di contratto è il Tutore nominatodal soggetto promotore con compiti di controllo e verifica sull'andamentodel tirocinio e il Tutore aziendale con compiti didattici e organizzavi che de-vono favorire l'inserimento dello studente nel contesto operativo. Le azien-de che intendono avvalersi di questo istituto contrattuale devono stipulare,con i soggetti promotori, delle apposite Convenzioni alle quali deve essereallegato un progetto di orientamento e di addestramento pratico.

II progetto deve inoltre contenere:- il nominativo del tirocinante.- Il nominativo e i compiti del tutore incaricato dal soggetto pro-

motore.- Il nominativo del responsabile aziendale (tutore aziendale).

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La durata e il periodo di svolgimento del tirocinio.Gli obiettivi e le modalità di svolgimento del tirocinio, con l'in-dicazione dei tempi di presenza in azienda.Le strutture aziendali presso cui si svolge il tirocinio.Gli aspetti relativi alla tutela della salute e della sicurezza dei par-tecipanti.Gli estremi identificativi delle assicurazioni INAIL e per la re-sponsabilità civile.

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Capitolo II

2. Le commissioni provinciali per l'emersione del lavoro non rego-lare dopo le modifiche della legislazione sul lavoro

2.1. Il fenomeno del sommerso, elementi di legislazione italiana

II tasso di crescita economica dell'Italia ed in particolare il defini-tivo sviluppo del Mezzogiorno, sono strettamente correlati alle alte per-centuali di lavoro sommerso che caratterizzano la nostra società. Certo,non si tratta di un problema esclusivamente italiano, esiste anche negli al-tri Paesi occidentali, dove si assesta più o meno al 15%, circa un sestodell'universo del PEL, ma nel nostro Paese raggiunge proporzioni assaielevate, arrivando quasi al 30%, pressoché il doppio.

Presa coscienza di questa realtà i governi degli ultimi anni hannorafforzato il loro impegno per contrastare questo fenomeno con atti cheandavano dalla repressione alla incentivazione e premialità, ma senzaraggiungere gli effetti sperati. L'analisi del territorio ha inoltre dimostra-to che al Sud, dove il lavoro nero raggiunge le punte più alte, si accom-pagna a bassi livelli di occupazione e al dilagare di forme di attività che,a differenza del lavoro irregolare (che è semplicemente lavoro non di-chiarato, ma in sé lecito), si caratterizzano tout court per l'illiceità. Tral'altro le indagini hanno dimostrato che tra le cause del ricorso al lavoronon regolare incide molto il fattore "necessità", ovvero il problema del-le imprese che, non essendo in grado di sostenere gli oneri legali connes-si alla imposizione fiscale e al costo del lavoro, scelgono il sommerso perragioni riconducibili alla "sopravvivenza" nel mercato.

Gli effetti negativi d'immediata lettura del sommerso sono due: ilprimo aspetto è quello che riguarda i lavoratori senza le opportune assi-stenze, mentre l'altro consiste nella scorrettezza che certi imprenditori,censurabili gravemente, compiono nei confronti di chi paga le tasse e la-vora in maniera trasparente. Ne deriva un modello di economia struttu-ralmente basata sulla violazione delle regole, dove l'illegale è più conve-niente del legale; un modello di economia distorta e deviata, in cui cresci-ta e sviluppo diventano solo utopie. Tra l'altro, le consequenze sono subi-

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to percepibili sul finanziamento del welfare state. D livello di protezionesociale delle persone si riduce insieme alle loro prospettive di lavoro e al-l'abbassamento del grado di competitivita. Allo stesso tempo si inesca unmeccanismo deviato, giacché il Governo, per poter continuare a garanti-re i servizi sociali, si trova costretto ad aumentare le tasse creando così ipresupposti per ulteriori incentivi, se ve ne fosse bisogno, al ricorso al la-voro sommerso per quanti non riescono a sostenerne il carico fiscale.

Quando nascono le politiche per l'emersione del lavoro non rego-lare?

Sebbene il fenomeno del lavoro sommerso sia diffuso e radicato nelnostro Paese da decenni, le politiche per la riduzione dell'economia irre-golare sono abbastanza recenti. Uno dei primi provvedimenti legislativiper far emergere il lavoro irregolare risale alla fine degli anni Ottanta(legge 389 del 7 dicembre 1989) e riguarda la disciplina dei contratti diriallineamento. Si tratta di strumenti negoziali previsti per consentire aidatori di lavoro, soprattutto i titolari di piccole imprese, di regolarizzaregradualmente i lavoratori dipendenti impiegati presso l'impresa a condi-zioni economiche più favorevoli rispetto agli standard definiti all'internodi ciascun contratto di categoria. La negoziazione avviene su scala pro-vinciale tra i rappresentanti dei datori di lavoro e le principali organizza-zioni sindacali ed è finalizzata a stabilire il livello salariale dal quale co-mincia il riallineamento rispetto al livello previsto dal contratto colletti-vo nazionale di riferimento. Il periodo di agevolazione è inizialmente ditre anni anche se poi viene successivamente esteso a cinque.

Diversi sono gli interventi legislativi successivi, attraverso i qualivengono apportate modifiche ai contratti di riallineamento: la legge 608del novembre 1996 (art. 5), la legge 196 del 1997 (art. 23) all'interno delcosiddetto "Pacchetto Treu" e poi ancora da ultimo nella legge finanzia-ria per l'anno 1999 (legge 448 art. 75). Dunque, attraverso deroghe tem-poranee ai livelli salariali si tenta da una parte di evitare di compromet-tere l'esistenza delle imprese che devono affrontare nuovi costi e dall'al-tra si incentiva l'assunzione dei lavoratori impiegati irregolarmente. Ilprincipio di fondo del legislatore sembra essere l'accompagnamento del-le imprese nella legalità attraverso agevolazioni fiscali concordate su sca-la locale. Il meccanismo di incentivazione si basa sostanzialmente su trefattori: 1) tolleranza per un periodo predeterminato di un livello retribu-tivo di fatto inferiore a quello dei contratti collettivi nazionali; 2) deter-minazione della contribuzione previdenziale e fiscale su un minore livel-lo retributivo di riallineamento; 3) sanatoria delle pendenze contributive

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e fiscali pregresse. Tuttavia, l'adesione a tale disciplina è stata abbastan-za disomogenea e solo in alcune aree ha riscosso un apprezzabile gradodi successo.

Un punto di svolta importante in materia di interventi legislativicontro il lavoro irregolare è contenuto sempre nella legge finanziaria del1999 (artt. 78 e 79 della legge 448/98) che prevede l'istituzione, presso laPresidenza del Consiglio dei Ministri, del Comitato Nazionale per l'emer-sione del lavoro non regolare. A livello locale, regionale e provinciale lalegge prevede altresì l'istituzione delle Commissioni per l'emersione dellavoro non regolare con "compiti di analisi del lavoro irregolare a livelloterritoriale, promozione di intese e collaborazioni istituzionali, di assi-stenza alle imprese finalizzata in particolare all'accesso al credito agevo-lato". Così come avviene per altri problemi d'interesse pubblico, nasco-no strutture ad hoc che presidiano un particolare tema di interesse gene-rale e portano avanti un progetto finalizzato ad incidere positivamente suuna particolare issue. Nel caso specifico del lavoro irregolare, nei nuoviorganismi istituiti dalla legge, è garantita la partecipazione delle istituzio-ni e delle Pubbliche amministrazioni competenti in materia ma anche deirappresentanti delle Parti sociali. Nell'intenzione del legislatore vi è l'ideadi creare strutture di implementazione attraverso le quali realizzare inter-venti per l'emersione. Ai provvedimenti legislativi del 1998 ha fatto segui-to una normativa di natura prevalentemente fiscale, ossia la legge 383 del18 ottobre 2001, con la quale, attraverso una procedura definita emersio-ne automatica, si potevano sanare le irregolarità di natura previdenziale efiscale pregresse. Ciò dava diritto ad accedere a un programma di agevo-lazioni contributive - per un periodo di tre anni a partire dal momentodell'adesione - per ogni dipendente regolarizzato. La legge 73 del 2002(che converte il decreto legge n. 12 del 22 febbraio 2002) introduce lamodalità di emersione progressiva ossia, una tipologia di emersione inbase alla quale l'impresa poteva chiedere di sanare, oltre ai lavoratori innero, anche irregolarità di natura "ambientale" (quali per esempio irrego-larità della disciplina sanitaria, edilizia, urbanistica) mediante la presenta-zione di un progetto di emersione al Sindaco del Comune in cui l'impre-sa svolgeva la propria attività. La legge affidava in questa fase ai Sindaciil compito di approvare o respingere i piani presentati dall'imprenditore.

Le modifiche apportate con la legge 266/2002 (che converte il de-creto legge n. 210 del 25 settembre 2002) invece recepiscono le istanzecontenute nell'Avviso Comune sul lavoro sommerso, siglato nel luglio2002 tra i rappresentanti di 38 parti sociali (tra le parti sociali manca la

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sottoscrizione di uno dei tre principali sindacati di categoria, la CGIL,contrario ai contenuti dell'accordo). La nuova legge prevede l'istituzionedei CLES (Comitati per l'emersione del lavoro sommerso), organismi aiquali vanno presentati i piani di emersione progressiva. Essi sono tenutiall'esame dei piani ed eventualmente al rilascio di un nullaosta relativo aciascun progetto, sottraendo pertanto ai Sindaci l'onere di esaminare ipiani presentati dagli imprenditori. Quest'ultima modificazione normati-va ha sancito il passaggio delle consegne dal Ministero dell'Economia alMinistero del Welfare. Nonostante le numerose variazioni apportate allanormativa e le ripetute deroghe al termine di scadenza, il numero di ade-sioni è però risultato piuttosto basso e ciò ha suscitato alcune riflessioni.

Perché c'è stata una bassa adesione a parte degli imprenditori?Quali possono essere stati i fattori di insuccesso dei provvedimenti?

Il primo fattore può essere individuato nella percezione negativadella dichiarazione di emersione: gli imprenditori infatti temevano chel'autodenuncia delle omissioni del passato e la "confessione" delle irre-golarità commesse potesse attirare l'attenzione degli organi di vigilanzanegli esercizi futuri. Nonostante la massiccia campagna pubblicitaria edinformativa, le domande più frequenti effettuate dai rappresentanti del-le Associazioni di categoria o direttamente dagli imprenditori nel corsodegli incontri promozionali, sono state proprio orientate a scoprire checosa sarebbe successo all'impresa, una volta dichiarate le irregolarità pas-sate. La paura che la dichiarazione di emersione aprisse una proceduradi verifica approfondita ed estesa ad ogni ambito dell'attività d'impresa(normativa sanitaria, fiscale, contributiva, assicurativa) ha agito da deter-rente bloccando ogni possibilità di apertura e dialogo tra le parti.

Il secondo ostacolo può essere stato determinato dalle insistenti, eperaltro fondate, voci circolate a partire dalla primavera del 2002 ancheattraverso la stampa, relative ad un "condono fiscale". In questo caso ilmeccanismo del condono agisce in maniera nettamente diversa rispettoalla dichiarazione di emersione. L'imprenditore sana le irregolarità pre-gresse senza dover affrontare ulteriori approfondimenti - preclusione diaccertamenti, inibizione di accessi e verifiche, non punibilità per reatistrumentali - mediante il pagamento di una somma di denaro calcolatasecondo specifici parametri. Inoltre, l'esborso monetario dovuto per ilcondono poteva rivelarsi ancora più conveniente rispetto ai benefici pre-visti dalla legge 383. La legge che istituisce il condono (1. 286/2002) ope-ra in maniera diversa rispetto agli interventi a favore dell'emersione.Come è facile comprendere, il provvedimento di condono non ha recato

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certamente beneficio alla campagna per l'emersione condotta per l'inte-ro anno 2002. La campagna infatti era fondata soprattutto sull'opportu-nità di instaurare un nuovo rapporto di fiducia tra imprese e istituzioni enon sul pagamento di una somma una tantum con lo scopo di evitare ve-rifiche e accertamenti sul passato.

Il terzo ostacolo per l'adesione alla legge 383 riguardava una dellecondizioni stabilite nella originaria formulazione della legge, ossia il ri-spetto di uno dei requisiti per poter compilare la dichiarazione di emer-sione. Questa ha consentito la regolarizzazione dei lavoratori in forza al-l'impresa prima della data di pubblicazione e prima dell'entrata in vigo-re della legge (24 ottobre 2001). Con il passare del tempo, in seguito allediverse proroghe del termine di scadenza per la presentazione della di-chiarazione (inizialmente fissata al 30 novembre 2001 ma slittata più vol-te fino ad arrivare al 28 febbraio 2003), tale data è divenuta un ostacoloper le piccole imprese con cicli produttivi molto flessibili e che utilizza-no manodopera irregolare con un turn aver elevato. Per tutte quelle im-prese la cui situazione di irregolarità ha avuto inizio dopo il 24 ottobre2001 non vi è stata la possibilità di aderire ai benefìci della legge 383.

Una parentesi a parte va aperta per quanto riguarda la legge Bossi-Fini sull'immigrazione (legge 189/2002) che in una prima formulazioneprevedeva una sanatoria solo per colf e badanti, mentre successivamenteha incluso anche lavoratori immigrati e dipendenti presso le imprese, pri-vi del regolare permesso di soggiorno. La normativa è stata assimilata allematerie della sicurezza e dell'ordine pubblico invece che alla disciplinadel lavoro: a dimostrazione di tale orientamento vi è il fatto che la gestio-ne della documentazione e delle domande di regolarizzazione è stata af-fidata agli Uffici Territoriali del Governo.

A parure dalla seconda metà del 2003, insieme ad un passaggio diconsegne dal Ministero dell'Economia al Ministero del Lavoro, nelle for-ze sociali e politiche è prevalsa l'opinione di una transizione progressivadall'eccezionaiità alla normalità delle politiche dell'emersione, collegataal vasto progetto di riforma del mercato e delle tutele del lavoro che vasotto il nome del compianto professore Marco Biagi. Si tratta di un pro-cesso che per sua natura si dipanerà negli anni, ma che, modificando leaspettative degli operatori, ha già avuto un effetto positivo sull'emersio-ne del lavoro irregolare e per i lavoratori in condizione non professiona-le, come mostrano le recenti rilevazioni campionarie.

Certo, non è affatto escluso che il messaggio educativo-induttivo-repressivo contenuto nella nuova legislazione si espanda effettivamente

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nel tempo all'intero Paese. Basti pensare ai possibili effetti del nuovomeccanismo di intermediazione del lavoro, al superamento delle irrego-larità finora tollerate dei co.co.co. e dei contratti formazione lavoro, al-l'ampia strumentazione contrattuale tenuta a battesimo, alla regolamen-tazione del lavoro accessorio, al potenziamento dei servizi all'impiego;consideriamolo come un mezzo innovativo per accrescere l'adattabilità el'occupabilità regolare e quindi per assorbire quote significative dei lavo-ratori non garantiti.

In questo contesto, attraverso un'indagine quantitativa, sarà valu-tata l'incidenza dell'applicazione della legge Biagi sulla realtà messinese.

Cominciamo con il tentativo di ricostruire il disegno di fondo chesta alla base delle politiche per l'emersione. Come risposta al perché na-scono adesso le politiche per l'emersione è plausibile sostenere che ilproblema del lavoro nero, finora rimasto circoscritto e tollerato comeuna semplice distorsione del sistema economico o, ancor peggio, consi-derato un fenomeno marginale, come se non esistesse (Meldolesi, 2000),viene oggi unanimemente riconosciuto come un problema di interessepubblico, entrando nell'agenda politica europea, nazionale e locale (spe-cifiche misure nell'ambito dei Programmi Operativi Regionali di nume-rose Regioni) e diventando oggetto di accordi tra istituzioni e parti socia-li (Avviso Comune, per esempio). Anche la Commissione Europea haespresso un chiaro orientamento in materia di lotta al lavoro irregolareattraverso alcune comunicazioni ufficiali. In questo senso si è pronuncia-to anche il Consiglio dell'Unione Europea, varando una risoluzione rela-tiva ad un "codice di condotta" per una più efficace cooperazione traamministrazioni pubbliche degli Stati membri nella lotta contro l'abusodi prestazioni e contributi sociali e contro il lavoro sommerso a livellotransnazionale.

Studi più recenti sul lavoro nero lo indicano come un fenomeno incontinua crescita. Due recenti rapporti (rispettivamente del Censis e del-l'Agenzia delle Entrate) confermano, infatti, l'incremento sia del lavoronero che dell'evasione fiscale. Se, infatti, tra il 2002 e il 2005 l'incidenzadelle imprese irregolari (da quelle totalmente sommerse a quelle che ri-corrono sistematicamente all'evasione fiscale e contributiva) è passata, se-condo le stime del Censis (Rapporto annuale per il 2005) dal 66% al53%, quello che più conta e che si è registrata una crescita complessivadei livelli di irregolarità del lavoro, particolarmente significativa al Sud,che ha portato l'incidenza del lavoro autonomo irregolare dal 15,7% al16,2%, e di quello dipendente totalmente irregolare, dal 26% al 27,9%.

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La contraddizione dei dati è quindi semplicemente apparente in quanto -spiega il Censis - la diminuzione delle imprese in nero è imputabile esclu-sivamente alla netta contrazione del saldo tra nascita e morte di impresepresenti nei settori più maturi, dove neanche il "nero" è più sufficiente.

Dai dati, inoltre, risulta in crescita il numero dei lavoratori regolar-mente assunti, ma vengono fuori anche pratiche al limite della regolarità(mancato rispetto dei contratti collettivi, doppia busta paga, dichiarazio-ne numero di ore o giornate inferiori a quelle realmente svolte, ecc.), pas-sata dal 21,3% al 22,5%. E questo senza considerare le diverse formeelusive (falsi contratti di collaborazione) del lavoro subordinato, che perl'ISTAT (dati del 2005) potrebbero riguardare più della metà della pla-tea di riferimento (il 54% dei co.co.co./co.co.pro. svolge infatti - secon-do l'Istituto Nazionale di Statistica - mansioni ripetitive, senza autono-mia organizzativa e temporale, per un unico committente e presso la sededi questo). Coerentemente con questa rilevazione, anche l'Agenzia delleEntrate stima una crescita dell'evasione pari a più del 6% tra il 2002 edil 2004 (Annuario 2005), per una mancata denuncia complessiva di circa200 miliardi di euro l'anno. In sostanza, tenendo conto delle imposte chegraverebbero sull'imponibile (ovvero Irpef, Iva, Irpeg...) ogni anno allecasse dello Stato sfuggono circa 80-100 miliardi di euro. Si tratta di unimporto pari al 6-7% circa del PIL (Prodotto Interno Lordo), cioè qua-si l'equivalente della spesa sanitaria nazionale (dati Ministero della Salu-te, rapporto 2005). Una buona fetta di quest'enorme flusso di denaro (il45%) - il dato è quanto mai interessante e significativo, anche perché èla prima volta che, seppur in maniera campionaria, viene accertata la de-stinazione d'uso delle risorse evase - sarebbe indirizzata verso prodotti dilusso e beni rifugio (auto di grossa cilindrata, acquisti di case in monta-gna o al mare, gioielli griffati, opere d'arte, prodotti di consumo ad altatecnologia ecc.).

Sempre secondo l'Agenzia delle Entrate, poi, è da segnalare che lamaggior parte dell'evasione si annida nei servizi alle imprese, nel com-mercio e nei servizi alle famiglie (i settori dove è maggiormente presenteil lavoro nero e il "lavoro grigio"). Se le percentuali relative rispetto alversato vedono, infine, il Sud e le Isole costituire l'area geografica ovel'evasione è più intensa, con circa il 34,5% del non denunciato (seguonoa ruota il Nord-Ovest 26,5%, il Centro 20,1% ed il Nord-Est 18,9%), invalori assoluti è proprio nel ricco Nord che si concentrano ben 118 mi-liardi di evasione complessiva l'anno.

In linea di massima l'economia sommersa può essere definita come

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quell'insieme di attività economiche che implicano la violazione di nor-me di diritto civile (fiscali e/o contributive) e l'economia criminale comequell'insieme di attività economiche che implicano anche norme di dirit-to penale (o perché vengono prodotti beni e/o servizi di natura illegale operché chi li produce non è legittimato a farlo).

2.2 H sommerso a Messina: un quadro di riferimentoPer quanto concerne l'economia messinese è necessario partire da

considerazioni di base. Nel panorama complessivo, l'economia pelorita-na continua ad essere debole, in parte fondata su un substrato di som-merso e su una forte polverizzazione delle iniziative imprenditoriali,spesso scollegate dal contesto e dalle risorse del territorio, che di fattosono un freno allo sviluppo complessivo dell'economia. La conformazio-ne e la mancanza di aziende storicamente strutturate e legate all'ambitoterritoriale, è un dato di fatto che conferma la precarietà delle attivitàproduttive. Le iniziative previste dalla programmazione negoziata, oltrea risentire della eccessiva lungaggine dei tempi occorrenti per la pro-grammazione, la progettazione, il finanziamento e la realizzazione, chemolto spesso rende i progetti stessi obsoleti rispetto alle esigenze delmercato, sono condizionate da un certo grado di frammentazione e dauna certa eterogeneità. D confronto ed il coinvolgimento tra tutti gli Entied Istituzioni dovrebbe attuarsi in tempi rapidi e flessibili, per pianifica-re le iniziative necessarie ad abbassare il livello di disoccupazione che or-mai secondo gli elenchi dell'Ufficio Provinciale del Lavoro si attesta in-torno al 36%, mentre secondo l'ISTAT al 23%, tenuto conto chel'ISTAT considera occupati Ì lavoratori in nero e quelli che, nell'anno,hanno effettuato anche un periodo breve di attività.

Messina costituisce, dunque, un laboratorio di analisi per certiaspetti privilegiato: abbiamo una Provincia caratterizzata da un sistemaproduttivo sostanzialmente fiacco, legato ai settori produttivi più tradi-zionali, con un mercato del lavoro regolare scarsamente dinamico chesconta croniche deficienze nell'accesso al credito (tassi proibitivi). Spec-chio fedele della realtà Siciliana. Nell'Isola due lavoratori su tre operanoin modo irregolare. Nella zona grigia sono collocati i lavoratori che rice-vono formalmente una busta paga regolare, ma che in sostanza vengonoretribuiti con salario decurtato, esempio tipo della penetrazione e del-l'accettazione sociale di condizioni che offendono la dignità del lavorato-re e ne aggrediscono i diritti. In questa fascia troviamo il lavoro mal re-tribuito ma che viene accettato in visione di altri possibili vantaggi, come

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il caso dei docenti nelle strutture private che si adattano pur di reperirepunteggi per la graduatoria; Sono molto frequenti le richieste di ore la-vorative aggiuntive, oltre quelle contrattualmente previste, a stipendioinvariato; O ancora, di episodi in cui ai lavoratori è richiesto di firmare,all'atto dell'assunzione, una lettera di licenziamento volontario senza in-dicazione di data, prassi ricorrente nelle attività di cooperazione sociale;Un ulteriore escamotage per evadere il fisco è l'espediente particolarmen-te in voga, tra i datori di lavoro di trattenere gli assegni familiari dalla re-tribuzione: una sorta di pizzo sull'occupazione.

Il problema scaturisce comunque dalla stessa condizione di neces-sità e dalla mancanza di alternative, per cui tutti si adattano e nessuno de-nuncia. «Molti lavoratori - secondo Maurizio Ballistreri, segretario pro-vinciale prò-tempore della UIL - incassano addirittura meno di quanto èriportato sulla busta paga, ma sono costretti a tacere per non tornare sul-la strada. Il fenomeno è influenzato dalla criminalità organizzata, ma inalcuni casi c'è anche la collaborazione delle imprese».

Ed infine c'è il lavoro nero. «Abbiamo fatto un monitoraggio incantieri edili - dice Maurizio Bemava, segretario provinciale della CISL -e abbiamo trovato almeno un centinaio di lavorati non in regola». (Alfre-do Pecoraro, II Manifesto, 8/6/2005).

Accanto al lavoro nero vi è un'economia sommersa ed illegale. Esi-ste una realtà di piccoli e medi imprenditori, commercianti ed artigianiche vivono nell'illegalità, che non denunciano la loro attività e che quin-di non esistono. La denuncia dei sindacati è disarmante. Significativo, madifficilmente quantificabile nell'area messinese, è il fenomeno dell'emi-grazione. L'Ispettorato del Lavoro di Messina ha il suo bel da fare, trarirnpatri, segnalazioni di violazioni ed irregolarità perpetrate nei confron-ti della manodopera extracomunitaria. Le ragioni di una così elevata con-sistenza della quota di lavoratori immigrati in nero sul totale dei lavora-tori non regolari riscontrati nelle visite ispettive può trovare spiegazionesia nella domanda che nell'offerta di lavoro. Per l'immigrazione non re-golare (immigrati senza permesso di soggiorno o con permesso di sog-giorno scaduto) la via del lavoro sommerso è l'unica praticabile. La pre-senza di un'economia sommersa costituisce fattore di attrazione dell'im-migrazione clandestina che per l'appunto sopporta i costi (pagamenti aitrafficanti) e i rischi di un viaggio avventuroso sapendo che potrà trova-re lavoro una volta raggiunto il paese di destinazione. Sotto questo pro-filo, i soldi spesi per i controlli alle frontiere forse sarebbero più produt-tivi se indirizzati verso i controlli ispettivi del lavoro. Il fenomeno del la-

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voro nero tra gli immigrati riguarda, peraltro, come confermano i datianalitici ricavati dalle visite ispettive, anche i soggetti in regola con il per-messo per i quali non ci sarebbe alcun motivo ostativo alla messa in re-gola. Dal lato della domanda le motivazioni del fenomeno vanno ricerca-te nel risparmio sul costo del lavoro e nei vantaggi extrafiscali connessi(licenziabilità, etc.): si tratta di ragioni valide a spiegare l'esistenza del la-voro nero in generale e riscontrabili soprattutto in alcuni settori caratte-rizzati da bassa produttività del lavoro e per i quali la produzione nonpuò essere trasferita nei paesi in cui la disponibilità di manodopera èmaggiore e i costi del lavoro più bassi. È il caso, ad esempio, delle attivi-tà legate all'agricoltura, al turismo, ai servizi alla persona e all'edilizia,tutti settori in cui è ampio il ricorso alla manodopera immigrata che, asua volta, ha minor forza contrattuale dei lavoratori locali ed è poco in-formata sulla normativa di tutela del lavoro. Sul fronte dell'offerta puòessere lo stesso lavoratore immigrato regolare a preferire, e quindi a nonsubire le condizioni del datore di lavoro ma semmai a condividerle, conil lavoro in nero massimizzando così i suoi margini di guadagno. L'obiet-tivo di massimizzazione del guadagno dipende principalmente da due va-riabili: la durata del progetto migratorio e la presenza o meno della fami-glia nel luogo di migrazione. Quanto più limitato è l'orizzonte tempora-le di permanenza tanto meno l'immigrato è interessato alla parte del co-sto del lavoro che non percepisce direttamente (contributi sociali e assi-curativi) e tanto più è disposto ad accettare un impiego in nero.

In Italia la quota di migrazioni a carattere temporaneo è senz'altroconsistente. Del resto quasi tutte le presenze di immigrati sono legate apermessi di soggiorno di durata definita (prolungabili comunque a segui-to di rinnovo), mentre rare sono le carte di soggiorno rilasciate che han-no la peculiarità di essere a tempo indeterminato. Vi è da dire che la scar-sità di carte di soggiorno rilasciate non dipende da mancate richiestequanto piuttosto da problemi che esulano dalla volontà degli immigrati.

Va contrastato con vigore il fenomeno del caporalato, ancora mol-to diffuso in agricoltura e in edilizia, attraverso controlli efficaci sul siste-ma privato di intermediazione di manodopera, una maggiore responsa-bilità in solido tra imprese che operano tramite appalti e sub forniture,vincoli che salvaguardino una corretta attuazione del lavoro flessibile inun'ottica di estensione delle tutele e di stabilizzazione dei rapporti di la-voro. È la denuncia impietosa dell'Ispettorato del Lavoro. Il lavoro mi-norile assume dimensioni considerevoli a Messina, così come il sommer-so femminile. Estremamente significativa è la questione di quest'ultimo

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fenomeno; nell'area dello Stretto, infatti, si trovano alcune caratteristichetipiche del lavoro non regolare dei contesti meridionali. Un aspetto pe-culiare è il legame fra il lavoro irregolare e la fertilità. Da un'indagine sulterritorio risulta che il numero medio di figli delle donne che svolgonoun lavoro nero è uguale a quello delle donne che lavorano regolarmente.Coloro che invece dichiarano un lavoro occasionale hanno una fertilitàcomparabile con le donne che dichiarano di appartenere alle non forzelavoro. Il lavoro femminile è uno dei fattori che ha determinato un decli-no della fertilità negli ultimi anni. Inoltre il lavoro regolare appare utiliz-zato dalle donne come uno strumento di flessibilità. Ciò indica la neces-sità di arricchire gli strumenti di flessibilità che già sono presenti nel mer-cato del lavoro in relazione al fenomeno della maternità e nel contempomette in luce un atteggiamento delle imprese che dimostrano una certaavversione per gli aspetti legati alla maternità e cercano di discriminarele madri. Le politiche di emersione devono tenere conto anche di questacondizione associando agli strumenti di flessibilità per le donne degli in-centivi alle imprese che limitino le ripercussioni negative che la materni-tà di ogni dipendente può avere sulle imprese.

2.3. fl funzionamento delle Commissioni.Il caso della Commissione Provinciale per l'Emersione delLavoro non regolare di Messina.

Il Governo centrale ha avviato una serie di iniziative rivolte alla ri-soluzione della problematica legata al sommerso. In particolare l'impe-gno del Governo Centrale si è dispiegato in direzione ascendente, cioècoinvolgendo l'Unione Europea, sia in maniera discendente, giungendoai centri di governo locale. Per questi ultimi, in particolar modo, l'art. 78della legge 448 del 1998 prevede la creazione delle Commissioni regiona-li e provinciali, che vengono considerate organi tecnici coadiuvati dal-l'autorità politica7. Queste svolgono diversi compiti. I principali, previstiex lege sono: l'analisi del lavoro irregolare a livello territoriale, la promo-zione delle politiche e, più in generale, della cultura della legalità, la pro-

' ' L'art. 78 della Legge n. 448/1998 ha previsto speciali misure organizzative a fa-vore dei processi di emersione del lavoro non regolare; con decreto del Presidente delconsiglio dei ministri è stato istituito nel 1998 presso la Presidenza del consiglio deiministri un Comitato per l'emersione del lavoro non regolare con funzioni di analisi edi coordinamento delle iniziative.

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mozione di sinergiche collaborazioni ed intese con partner istituzionali,l'assistenza alle imprese ed in particolare l'accesso alle imprese e al cre-dito agevolato, la formazione e la predisposizione di aree attrezzate a ri-spondere agli interrogativi sul lavoro non regolare. Nell'interpretazionedi ognuno dei punti specifici sussiste la volontà di non confinare la lottaal lavoro nero come una mera regolarizzazione dei lavoratori irregolari.Va da sé che bisogna scoprire le potenzialità, le istanze, le vocazioni di undeterminato comprensorio.

Le Commissioni, nel loro ruolo polivalente, dovrebbero agire dacollante, da cinghia di trasmissione, per fare da tramite tra le unità pro-duttive e gli organi di livello centrale, diventando, quindi, uno strumen-to indispensabile per monitorare le tendenze produttive e occupazionalilocali. Le Commissioni con un processo di analisi, di individuazione edemersione, si prefissano lo scopo di valorizzare le risorse presenti in locoe di ricercare le naturali vocazioni produttive di un ambito territoriale epromuoverne la crescita e l'orientamento delle politiche economiche. Intal senso, le Commissioni provinciali e regionali, filtrando le istanze ri-spondenti alle esigenze territoriali di pertinenza, di fatto, rifiutano le lo-giche di sviluppo eterodiretto, l'approccio di cucire su misura modellipreconfezionati o politiche onnicomprensive e macrorisolutive.

Scendendo nello specifico, la Commissione Provinciale per l'emer-sione del lavoro non regolare di Messina ha intensificato negli anni la pro-pria attività. Sono state avviate delle collaborazioni con l'Università degliStudi, finalizzate all'analisi del sommerso, mediante lo studio delle dina-miche che sottintendono il fenomeno e lo screening del tessuto socio-eco-nomico della Provincia di Messina. Al tempo stesso, si è cercato di incro-ciare e comparare gli indicatori del sommerso attraverso una interrelazio-ne delle elaborazioni di alcune banche amministrative. La redazione di in-dagini statistiche campionarie è stata un'ulteriore riprova della vitalità del-la Commissione. La Commissione provinciale di Messina ha predispostouna serie di azioni per promuovere i processi di emersione tramite la leg-ge 383 del 2001. Nel dettaglio si è cercato di avviare un'azione sinergicacon i 109 Comuni esistenti nell'area. I Sindaci, gli Ordini Professionali ele Associazioni di Categoria sono stati interlocutori privilegiati con cui in-tavolare tutta una serie di incontri. È stata prodotta una brochure tra-smessa agli organi di stampa e realizzata una campagna pubblicitaria, con-sistita in un'elaborazione di una immagine e di una sezione descrittivacontenente le prime informazioni utili per contattare la Commissione.

Il principale traguardo da ascrivere alla Commissione è la stipula in

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Prefettura del Protocollo d'Intesa, predisposto al fine di integrare le azio-ni di induzione, repressione del lavoro non regolare, il cosiddetto DURC(si allega di seguito). Con tale documento l'INPS, l'INAIL e l'Ispettora-to del Lavoro si impegnano, a livello provinciale, a svolgere la loro atti-vità di ispezione, consentendo la possibilità di presentare la dichiarazio-ne di emersione nel corso delle verifiche (prima che l'attività si concludacon la redazione del verbale finale). Adeguato, in una fase successiva,dietro la sollecitazione dell'Agenzia delle Entrate, in seguito alle diretti-ve del CIPE, dopo una lunga gestazione, il Documento ha visto la luce il3 dicembre 2003. Siglato al fine di proseguire le azioni coordinate di con-trasto del fenomeno e le iniziative di vigilanza in materia di rapporti dilavoro e dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili esociali, il DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva) rappre-senta una pietra miliare per favorire meccanismi di "messa in regola", fa-vorendo una strategia complessiva improntata verso una maggiore effica-cia dei servizi ispettivi. Il Protocollo d'Intesa nasce dall'esigenza di con-trastare in maniera strutturale il ricorso a forme di economia sommersae lavoro irregolare, di assicurare la regolarità contributiva delle impresee dei suoi lavoratori impegnati in lavori pubblici e privati. Inoltre mira aevitare ipotesi di concorrenza sleale nella partecipazione a gare, appalti etrattative private. Lo strumento di cui le amministrazioni si sono dotatedovrebbe consentire, inoltre, di velocizzare e semplificare gli adempi-menti burocratici in capo alle imprese, alle stazioni appaltanti ed ai com-mittenti. Risulta essenziale, in questo senso, costruire una banca di lavo-ri pubblici e privati, nonché delle imprese esecutrici nella Provincia diMessina. Tra le novità di rilievo introdotte c'è l'istituzione dello Sportel-lo Unico, che avrà un ruolo di coordinamento per quel che concerne lecomunicazioni previste nel quadro normativo di riferimento della disci-plina dei lavori pubblici, dell'igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro,degli appalti e delle sub forniture. Il Documento Unico di RegolaritàContributiva, deve certificare la regolarità contributiva nella prestazionelavorativa per quanto attiene alla realizzazione di opere pubbliche o di la-vori privati. Esso non è sostitutivo di eventuali dichiarazioni che le im-prese affidatane dei lavori sono tenute a rendere ad altri soggetti pubbli-ci e privati, ma viene rilasciato, previa certificazione di regolarità inviatadai singoli enti allo Sportello Unico, esclusivamente ai sensi e per gli ef-fetti previsti dalle norme.

II DURC consente una particolare e "preventiva" attenzione rivol-ta alle realtà produttive e dei servizi gestiti da grandi aziende o enti, af-

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finché la cultura della legalità, della difesa dei diritti e del libero merca-to siano effettivamente garantiti rendendo trasparenti le dinamiche dispesa, degli appalti e dei controlli.

La Commissione ha organizzato, infine, con il Comitato Naziona-le, convegni coinvolgenti le altre Commissioni presenti in Italia finalizza-ti alla promozione delle attività intraprese ed al confronto sulle tematichedell'emersione con le diverse realtà territoriali. Inoltre, la Commissioneha intrapreso iniziative di tipo informativo e pubblistico relative alla leg-ge 383, attraverso locandine, opuscoli e lettere dirette ai sindaci, crean-do anche un proprio sito internet.

L'intento del lavoro è di sentire gli orientamenti dei singoli membridella Commissione, tastando la situazione a Messina, così come vienepercepita dagli uffici e dai rappresentanti, una ricognizione sommaria èindispensabile prima di esaminare casi aziendali e analizzare luci e om-bre circa l'applicazione della normativa nei nostri territori.

2.3.1 Ispettorato del Lavoro. Incontro con Silvestre ScardinoLa legge Biagi non contiene un corpus unitario, anzi può essere con-

siderata, con termine non propriamente costituzionale, una non-legge, inquanto ha delegato a tanti decreti e ad enti la creazione di determinati isti-tuti giuridici. Nel campo in cui opera l'Ispettorato del Lavoro, ad esem-pio, il decreto legislativo 124 ha rivoluzionato i compiti dell'organismomedesimo. L'Ispettorato è un organo periferico che in Sicilia è alle diret-te dipendenze dell'Assessorato Regionale al Lavoro, nel resto dell'Italia,invece, dipende direttamente dal Ministero del Lavoro. Altra differenza èla presenza nel Ministero di una Direzione Provinciale del Lavoro che in-clude in sé anche una Direzione effettiva, mentre in Sicilia è rimasta la me-desima organizzazione, la distinzione, cioè, in Servizio Ufficio Provincia-le del Lavoro Regionale (che si occupa della spesa amministrativa) e Ser-vizio Ispettorato Provinciale del Lavoro (che nell'espletamento delle suefunzioni ricopre il compito di ufficiali di polizia giudiziaria).

L'Ispettorato, appartiene all'Assessorato del Lavoro, espletando lemansioni più disparate. I suoi compiti sono disciplinati dalla legge 238 econsistono nel vigilare sulle leggi del lavoro e della previdenza sociale, ri-spettare i CCN, etc. Inoltre, per ritornare alla legge Biagi, vale la pena ri-cordare che essa ha introdotto nuovi istituti giuridici fondamentali, tracui la conciliazione monocratica che consiste, nel concreto, all'unità ope-rativa di Messina e Provincia cui spetta il compito del coordinamento dìun'attività investigativa. L'appannaggio dell'ente è in funzione degli

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obiettivi conseguiti. La scarsità di mezzi non consente al nostro organodi essere efficientissimo in quanto la "coperta" è stretta. Molti collabora-tori sono precari. La competenza dell'Ispettorato si dispiega su 109 Co-muni e arriva alle porte di Palermo. Considerato il numero degli Ispetto-ri (15) e dei Carabinieri del Nucleo (9), tale è l'organico dell'Ispettoratosul Lavoro che può intervenire con compiti di vigilanza. L'ultimo concor-so è stato indetto da Reggio Calabria in su. L'organico è sostanzialmentesottodimensionato, la normativa sul lavoro è fluida e bisogna costante-mente aggiornarsi. Gli Ispettori sono necessari, il lavoro irregolare è im-mane, manca la cultura della legalità. Il concetto ab imis è di educare alivello sociologico e culturale. Il datore di lavoro deve capire che convie-ne mettere in regola perché, in tal modo, si rimette in moto l'economiaed il lavoratore rimette in circolo risorse finanziarie. Il datore di lavorodeve intravedere la convenienza di rispettare i termini della legge, nonposizionarsi nelle zone d'ombra del lavoro grigio. La Commissione perl'edilizia di Messina sta vagliando la possibilità di capire la congruità deldatore di lavoro in riferimento agli appalti commissionati attraverso l'in-dice di congruità (o rapporto congnio) tra servizi, beni prodotti e lavo-ratori impiegati dall'impresa (con un certo range da determinare). Unafunzione basilare in questo senso è il coordinamento delle unità.

La conciliazione monocratica ha introdotto nuovi contratti, il lavo-ro ripartito (job sharing), quello intermittente (job on cali), co.co.pro.(utilizzato in modo alquanto anomalo, improprio). A cosa serve la conci-liazione monocratica? Da la possibilità all'Ispettorato del Lavoro di so-spendere le prestazioni di lavoro quando il lavoratore vanta dei creditipatrimoniali. La conciliazione viene segnalata quando c'è una denunciaed un aspetto economico. Viene invitato il lavoratore e, se ci si metted'accordo tra le parti, l'ispezione finisce. La conciliazione accertativa èuna sorta di patteggiamento, una transazione, una tutela. Le denunce chearrivano all'Ispettorato determinano un meccanismo standard. L'ufficio èorganizzato in due divisioni: l'unità amministrativa (che rilascia delle au-torizzazioni) e l'unità operativa (che si occupa degli aspetti squisitamen-te tecnici e su delega si occupa degli incidenti sul lavoro, della prevenzio-ne degli infortuni). Queste sono competenti soltanto per quanto detto,per le altre questioni risulta competente l'USL. Essendo ufficiali di poli-zia giudiziaria l'ente dipende dalla procura. Sono i giudici, solitamenteoberati di lavoro a dare l'input. L'Ispettorato effettua il coordinamentocon 1TNAIL anche per non creare inutili doppioni, quindi si lavora in si-nergia con la Guardia di Finanza. Nella commissione Grandi Opere c'è

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anche la GdE L'Ispettorato è un ente coercizzatore per la maggior partedelle azioni cui adempie. Per i motivi (sopraenunciati) di carenza di mez-zi, per razionalizzare al meglio il personale, nei cosiddetti blitz non è pos-sibile disperdere le unità operative con dispendio delle risorse. Infatti, siimpiega un ispettore tecnico ed un ispettore del lavoro che fornisce il re-sto delle forze. Per evitare di mandare in fumo le indagini, a monte, c'èun grande lavoro di intelligence e di investigazione. L'accordo tra l'INPS,la GdF ed i Carabinieri è indispensabile; più sinergie ci sono tra gli enti,maggiore è il risultato che si può raggiungere. I dati di cui si dispone nonsono molto aggiornati, (cercare di aggiornarli mediante un confronto didati incrociati sarà un impegno dei prossimi mesi).

In linee generali, operando ed attenzionando anche l'agricolturatra le altre funzioni, l'Ispettorato constata il fenomeno dell'individuazio-ne dell'eccesso di braccianti agricoli. Le infrazioni più diffuse riguarda-no il trattamento dei lavoratori stranieri, i cosiddetti migranti, soprattut-to se stagionali. Tempo fa è stata constatata una certa insofferenza del da-tore di lavoro a denunciare più di un centinaio di lavoratori irregolari chepoi sono rimpatriati ai sensi della legge Bossi-Fini. Gli immigrati sonouna risorsa, ma vengono sfruttati. Ci sono molti irregolari, privi di per-messo di soggiorno. Alcuni hanno bisogno veramente. Lo sfruttamentodei minori è un'altra piaga. Non si può dire che la legge abbia arginatoquesta problematica. C'è una corsa sfrenata agli appalti pubblici, parte-cipando a questi, infatti, le ditte devono essere in regola, o, per la legge68, ad esempio, devono avere in organico un certo numero di disabili,come previsto dalla normativa. Si ritorna quindi al problema della con-gruità e ci si serve dei cottimisti e dei subappalti. Quando una ditta ap-palta nuove prestazioni di lavoro, deve mostrare la sua carta d'identità,deve possedere dipendenti in regola per poter accedere ad un bandopubblico. Il lavoro nero è una piaga tremenda. Dietro presunte situazio-ni di condotta ordinaria si annida il caporalato. La legge 30 di fatto age-vola un ripristino della legge 1369/60 che vietava il caporalato. Tanti sog-getti privati (le agenzie di somministrazione) potranno lucrare e fare af-fari facendo intermediazione di manodopera. I lavoratori con meno for-mazione e gli immigrati diventano una sorta di collocamento ideale. Unavolta individuate queste forme di ricatto occupazionale, i lavoratori inquestione sostengono che è da poco che hanno iniziato a lavorare e chesi sono insediati sul momento. Evadono il problema essendo conniventiper necessità.

Per quanto attiene agli effetti globali della legge Biagi, essa non può

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definirsi completa, anzi la si considera come la legge che non c'è. Certa-mente ha reso più flessibile il lavoro, ha dato più possibilità al datore dilavoro di giostrarsi al meglio, di superare ostacoli di natura burocratica,ma allo stesso tempo ha svilito le garanzie del lavoratore. È l'importazio-ne di un modello americano che non attecchisce in tota. Ci sono parec-chi istituti rimasti lettera morta.. La legge non va abrogata, va migliora-ta. Ha creato lavoro intermittente, per mezzo del contratto di sommini-strazione. C'è la garanzia per il lavoratore del versamento dei contributi.Se al governo salisse il centrosinistra si parla già di una modifica, al mo-mento al di là delle dichiarazioni di facciata in campagna elettorale, almomento la Legge Biagi non ha subito modifiche sostanziali. Non c'èstata una diminuzione del lavoro sommerso, ma nemmeno il contrario.Il lavoro nero è cristallizzato nella nostra realtà, dipende dai contesti cul-turali in cui si opera.

2.3.2. Cassa Edile. Incontro con Pippo MorosoCome ente paritetico, la Cassa edile fa visita ai cantieri edili perché

si adeguino alla legge 626/94 sulla sicurezza dei lavoratori sul luogo dilavoro. Questo ente ha un'intesa con gli organi di vigilanza e nel corsodella prima visita presso le aziende riscontra una irregolarità pari al 99%e, anche se non è certificato, si vede chiaramente che ci sono dei lavora-tori in nero. Di solito, i lavoratori non lavorano in sicurezza anche per-ché la ditta non da i DP quali casco, scarpe, guanti, tappi per le orecchie,etc. Buona parte delle ditte, invece, dichiarano di consegnare ai lavora-tori il materiale, ma che questi non lo usano. Come ente, si occupa di ve-rificare la sicurezza per la città di Messina e per la provincia. Nell'ultimoanno c'è stata parecchia sensibilità ed, infatti, nel corso della seconda vi-sita, l'80% delle irregolarità riscontrate in precedenza sono state miglio-rate sanando le posizioni non regolari e buona parte delle contestazioninotificate in precedenza vengono messe a norma. Un dato che preoccu-pa è che molte imprese e molti lavoratori non conoscono la legge sullasicurezza.

I datori di lavoro non effettuano i corsi di formazione previsti dal-la legge 626 che ogni lavoratore, quando assunto, dovrebbe fare (chedura otto ore). Questo ente ha formato circa 1000 persone nei cantieri,poi l'INAIL non ha ripetuto l'esperimento. Una cosa è fare la formazio-ne sul cantiere altro è farla in luogo diverso. Nel settore dell'edilizia stainiziando a prendere piede l'assunzione a progetto o i contratti a termi-ne. C'è poca sensibilità da parte degli enti appaltanti. Non è detto che col

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Protocollo di Legalità migliori la situazione, d'altronde con le ispezioninon si riesce mai a capire. Non c'è un grande coinvolgimento di chi èpreposto ad effettuare i controlli per il lavoro nero, che risulta evidente,però, spesso si fa finta di niente, diventando compiici del fenomeno dellavoro sommerso e della non applicazione della legge sulla sicurezza. Lamaggior parte degli infortuni succede entro i primi tre giorni di lavoro e,quando accade, si fa fìnta che il lavoratore è stato assunto quel giorno.

Oggi, in Italia è esploso il fenomeno dei lavoratori extracomunita-ri, anche se ancora non si è rivelato a Messina: sicuramente non è positi-vo per i lavoratori locali che si vedranno tolti dei posti di lavoro da que-ste persone. Buona parte di questi lavoratori extracomunitari che, oltreche nell'agricoltura, stanno arrivando anche nell'edilizia, sono personequalificate. Purtroppo la maggior parte lavora in nero. Oltre che in città,il fenomeno sta dilagando anche in provincia: Floresta, Capizzi, San Teo-doro tanto per citare alcuni paesi. La Cassa Edile sta dando il propriocontributo per migliorare e sensibilizzare riguardo questa situazione. Idatori di lavoro stanno reggendo perché sono obbligati, ma non possonopartecipare alle gare di appalto se non hanno delle figure formate inazienda (che sono ormai obbligatorie) altrimenti vengono escluse dallegare di appalto. Come ente, sono state effettuate circa 20 visite nell'anno2005 tra la provincia e la città.

23.3. Confagricoltura. Incontro con Anna Stancarteli!

Nell'agricoltura si hanno giornate lavorative che vanno dai 51 ai 150giorni. A livello numerico possono apparire come una forma di precaria-to ma, in realtà, chi lavora per queste giornate ha molte agevolazioni (qua-li possono essere la maternità, la disoccupazione o altre). Sia che si faccia-mo 51 giorni lavorativi sia che se ne facciano 150 per il lavoratore sonoequivalenti ad un'annualità di lavoro. Nella provincia di Messina con l'in-troduzione di queste giornate si è avuta una diffusione di questo tipo dilavoro in quanto c'è anche maggiore necessità di manodopera. Da questopunto di vista l'agricoltura, rispetto ad altri settori, è un'isola felice.

Prima i braccianti si dedicavano maggiormente ai noccioleti ma orac'è una crisi, ora ci si occupa di più di uliveti e della vigna. In ogni caso,i contributi sono aumentati e questi si devono pagare. Dovrebbero scen-dere il numero di occupati in agricoltura perché c'è una crisi di questosettore. Nella nostra zona abbiamo terreni scoscesi e a troffa (ci vuolemaggior tempo per coltivarli) e quindi non consoni per uno sviluppo

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agricolo. Si deve produrre in quantità ed in qualità per impegnarsi inagricoltura altrimenti il gioco non vale la candela perché, qualora si pro-ducesse in maniera sufficiente, si rientrerebbe sostanzialmente e nonsempre nelle spese. Anche il paese di Mazzarrà è in crisi.

Di solito, quando si acquisiscono lavoratori in agricoltura si regola-rizzano, soprattutto perché ci sono queste forti agevolazioni che magariin altri settori non ci sono (ma il lavoro nero comunque è presente anchese in minor parte). Anche gli extracomunitari sono impiegati in lavori dimanovalanza (come trasporto merci, carico, scarico, ecc.) e se non possie-dono il permesso di soggiorno è ovvio che il lavoro che loro prestano èeseguito in nero. Questo lavoro è a giornata, prima si chiamava secondoun ordine decrescente, in quanto si andava all'Ufficio di collocamento esi prendeva secondo una lista, poi questa lista è stata soppressa e si è pas-sati alla chiamata nominativa come tuttora continua ad avvenire.

Purtroppo l'agricoltura non è l'industria, ne consegue che si puòperdere il lavoro di anni o di mesi in pochi minuti, a meno che non si la-vori in serra. Anche la produzione di olio è un disastro perché ormai que-sto proviene per lo più dalla Tunisia, che, oltre ad essere di una qualitàsuperiore, è avvantaggiato anche dal fatto che in quel Paese la manodo-pera non la pagano.

In ogni caso i controlli nel settore agricolo ci sono, la legge dice chel'imprenditore a titolo principale non può lasciare il terreno ma si puòaccordare in forma scritta facendo dei contrattini dove lo stesso conce-de, tramite una clausola, di gestire il terreno ad una persona. Inoltre, icontrolli sono stati fatti anche con gli elicotteri.

La legge Biagi è stata relativa in questo campo, di sicuro è meglioquesta legge con le relative forme contrattuali che il lavoro nero perchécomunque questa da un certo ordine al mercato del lavoro. Certo è chesi deve dare stabilità al lavoro e per fare questo ci vogliono delle coper-ture economiche, cosa che in questo momento manca del tutto.

2.3.4. Centro per l'impiego. Incontro con Domenico Romano.Innanzitutto c'è da rilevare la mancanza, all'interno dei Centri per

l'Impiego, del SIL (Sistema Informatico del Lavoro) su scala regionale.Nello specifico, bisogna sottolineare come gli ex articolisti, che fannoparte degli LSU sono stati trasformati e stabilizzati (con contratti chevanno dai 3 ai 5 anni), in base alla normativa 81/2000, nota come leggeSalvi. La legge Biagi, di fatto, ha introdotto l'istituto del co.co.pro. in luo-go dei vecchi co.co.co. Importante è sottolineare la formula del lavoro

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interinale, che coinvolge diverse agenzie, che propongono contratti disomministrazione lavoro. Il contratto di formazione lavoro, ereditato dalpacchetto Treu del '97, è stato modificato in contratto d'inserimento.

La Regione Sicilia non ha attuato i regolamenti regionali per attiva-re sul proprio territorio la legge Biagi, che in realtà risulta non del tuttoapplicata. Si è passati da un mercato estremamente rigido ad uno estre-mamente flessibile. I centri per l'impiego dovrebbero effettuare corsi diformazione separati per le over 40/50.

2.3.5. Prefettura. Incontro con Cannclo MusolinoUn "Tavolo permanente per l'edilizia" è stato attivato da circa di-

ciotto mesi, composto dai sindacati e dagli organismi di vigilanza e chevolge l'attenzione soprattutto ai cantieri edili. Dal 2005 emerge una irre-golarità da approfondire che non si riconduce direttamente alla fattispe-cie del lavoro nero, ma dalle prime impressioni si può dire, comunque,che il dato è allarmante.

L'INAIL parla di 80% di situazioni irregolari e l'Ispettorato delLavoro su 608 ispezioni, condotte insieme alla polizia in alcuni casi, harilevato una media di 334 contravvenzioni e 280 illeciti amministrativi,con lavoratori in nero pari a 273 unità. Il quadro che emerge, oltre cheessere consistente, è anche molto avvilente. Il primo dato inquietante cherisalta subito dai controlli è legato al fatto che i primi a non collaboraresono proprio i lavoratori in nero. E' un dato di fatto che esiste il fenome-no del lavoro nero, non si può pensare di regolarizzare la situazione fa-cendo qualche controllo in più. In ogni caso si sta pensando, in sinergiacon le amministrazioni comunali, di fare attività di assistenza e preven-zione per avere un controllo capillare e sistematico del territorio.

L'Assemblea Regionale Siciliana ha stipulato con Ì 9 prefetti unProtocollo di Legalità il 12 luglio 2005 che riguarda i pubblici appaltidove risalta in maniera particolare l'art. 10. Questo Protocollo sta por-tando all'adesione formale di molti enti e si avverte una maggiore atten-zione alla regolarità del lavoro, che prima era molto marginale, anche at-traverso un'azione di monitoraggio. Il direttore dei lavori deve acquisirela licenza assicurativa e contributiva prima di iniziare i lavori. Difficil-mente le imprese sono in regola, vuoi per un motivo vuoi per un altro,ma l'importante è che ci sia una volontà di tutela per le imprese che la-vorano nel rispetto della legge. A questo è legata la tutela della concor-renza e della legalità imprenditoriale.

2.3.6. Confcommcrcio. Incontro con Aurelio Giordano

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La normativa sul lavoro esiste per la salvaguardia di coloro chesono occupati e di solito non si prende uno dei non occupati come rife-rimento, né viene fatto nulla per facilitare le mosse di chi opera nel som-merso. L'esperienza del CLES è poco felice, infatti con un'assemblea di30-40 persone, non si è arrivati ad alcuna conclusione anche per disinte-resse sindacale. Attualmente le aziende migliori pagano il personale,mentre chi non lo paga si concede una vita al di sopra di un livello me-dio/standard, quindi, qualcosa non va. Il problema lo si può risolveresolo con appositi disegni di legge. Si è parlato di riallineamento e trami-te quello contributivo e previdenziale si paga il lavoratore esattamente lacifra che è riportata sul contratto.

C'è, inoltre, un problema obiettivo: cioè la scarsa aderenza contrat-tuale degli stipendi che porterà nei prossimi 15-20 anni molti soggetti allaincapacità di sopravvivere. La pensione risentirà dell'efficacia retributiva(attuale) e contributiva (futura). Attualmente sono importanti la legge407 del 1990, il tirocinio formativo e l'apprendistato professionalizzante.Diciamo che sono tutti degli scalini iniziali che non portano però da nes-suna parte perché il problema viene dopo.

L'andamento economico del territorio è fatto di tanti elementi che,mescolati, portano all'efficienza e alla tonicità economica. Se, ad esem-pio, non pago il personale e mi compro qualcosa dì lusso, non do nienteall'economia, ma sottraggo a questa qualcosa. Il possesso personale por-ta all'esasperazione dell'io e dell'egoismo.

Manca il sistema Paese dalla Banca d'Italia al Comune di Messina,poiché le leggi non sempre sono interpretate per quello che sono, anzispesso vengono aggirate. Ci vuole unità d'intenti soprattutto per quel checoncerne i problemi economici. Non si tratta di trovare la soluzione, maqualcosa che permetta alle aziende di prosperare. Purtroppo, si fa il co-modo della grande distribuzione e, attualmente, si sta tentando di con-trattualizzare la domenica (senza straordinario, bonus o incentivi).

2.3.7. INPS. Incontro con Giuseppe RuggieriAnche a seconda dei periodi si monitorano determinate attività

(come i ristoranti o i lidi in estate), in ogni caso nelle grandi attività è ladirezione regionale che ha dei gruppi per monitorare il fenomeno del la-voro sommerso. Ci sono enti che hanno processi in corso e non rientra-no in alcune statistiche, infatti quella dell'INPS è una statistica parziale.L'Ispettorato svolge la sua attività in maniera super partes per determina-te cose perché deve curare in maniera specifica la materia lavoristica.

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L'INPS fa un controllo prettamente previdenziale, quindi si evince chefanno le stesse cose ma in maniera diversa poiché hanno degli obiettividiversi.

A Messina la maggiore evasione è nell'edilizia artigianale perchénel piccolo si ha l'interesse che il danno che si subisce deve essere infe-riore rispetto a quanto sarebbe se il lavoratore fosse messo in regola. Sen-z'altro è meglio avere un lavoratore in nero anziché metterlo in regola,perché in questo modo si spende molto di più. Il lavoratore, nella mag-gior parte dei casi, è succube della sua stessa situazione. Nell'edilizia esi-ste la disoccupazione speciale, cioè è conveniente essere nello stato di di-soccupati e percepire l'indennità, ma, allo stesso tempo, colui che si tro-va in questo stato svolge un lavoro in nero. Si deve vedere la situazioneaziendale nel suo complesso e capire in che tipo di azienda ci si trovi, sedi piccole o di grosse dimensioni, dopodiché si capisce se l'azienda nonvuole assicurare il lavoratore oppure non può assicurare un lavoratore.Per il lavoratore conviene senz'altro avere raggiunto i diritti per avere ladisoccupazione e quindi conviene che sia assicurato anche se è difficiletrovare, ad esempio nel commercio, un dipendente registrato.

Spesso il lavoratore è succube della situazione nel senso che eglipuò essere assicurato ed essere retribuito, quindi messo in regola, ma avolte deve sottostare al potere del datore che può chiedergli del lavorostraordinario senza per questo ripagarlo per come meriterebbe. Più ci siallontana dalla città più diventa difficile fare controlli e tutto quello chene segue. A seconda delle zone e del territorio si è riscontrato che Mes-sina ha un suo lavoro nero (commerciale, edilizia) mentre nei paesi di Ta-ormina, Milazzo, Barcellona, Capo d'Orlando si sviluppa maggiormenteil lavoro nero nei periodi estivi soprattutto nei ristoranti e nei lidi. Anchelo studente che lavora in estate non ha interesse a farsi mettere in regolaperché sa benissimo che quello non sarà mai il suo lavoro ma, in quelcaso, si ha una concomitanza di esigenze tra lavoratore e datore di lavo-ro. Anche nelle Isole Eolie c'è il lavoro nero stagionale in particolare.Come detto prima, si può distinguere tra datore di lavoro che non vuoleassicurare e mettere in regola da quello che non può farlo. Dove ci sonole catene di supermercati è difficile trovare il nero mentre nelle piccolebotteghe è più facile, magari si trovano anche lavoratori in pensione.

La legge Biagi non da nessuna garanzia al lavoratore giovane rispet-to al fatto che un tempo si stipulavano contratti più seri. Ormai non si sase il lavoratore è tenuto, per quanto tempo, a che condizioni, se si puòcomprare la macchina in quanto è preferibile per le aziende prendere

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senza alcuna retribuzione ogni sei mesi giovani che magari fanno lo stes-so tipo di progetto. L'imprenditore ha la comodità di cambiare semprelavoratori. Tante cose fanno parte di un sistema che vogliamo instaurare.Più piccola è l'azienda, meno potere ha il lavoratore.

2.3.8. INAIL. Incontro con Egidio DavidI dati riguardanti gli infortuni sul lavoro sono mensili e non annua-

li e sono trasmessi all'Ispettorato per il Lavoro. Inoltre, i dati fino al 2003sono stati trasmessi alla Commissione provinciale per l'emersione del la-voro non regolare. Per l'INAIL di Messina ci sono due ispettori, mentreuna sede staccata di questa è a Milazzo.

Intanto, non si può parlare di legge Bìagì e secondariamente que-sta è usata ad uso e consumo di qualcuno che gestisce l'Italia. Il proble-ma era la regolarizzazione delle situazioni dei lavoratori e non dell'eva-sione totale. Questa legge sul lavoro non va, non esiste il tempo parzialeo, peggio ancora, esistono pseudo-attività senza futuro. Qualcosa si puòsalvare di questa legge relativa ad alcuni soggetti, ma il più è da rivedere.La legge nel suo complesso è un danno per lo Stato. Quotidianamente sifanno un certo numero di ispezioni ma se ne dovrebbero fare a migliaia.Oggi il datore di lavoro cela dietro un contratto dichiarato un altro di mi-nor valore e si accetta anche il lavoro a cottimo. E' una situazione che stadiventando, se già non lo è, insostenibile. Il tutto lo si vede come un be-nefìcio per le aziende che possono bypassare ed andare per altre vie. Or-mai non esistono più certezze né per chi fa controlli né per Ì lavoratori.Lo Stato deve essere più partecipe, si deve poter costruire il futuro. Unadomanda provocatoria: perché non si rivedono le tassazioni?

E' un discorso sociale, si deve cambiare nei registri sociali e farloall'americana per combattere il lavoro nero. Quindi scaricare su quantosi consuma. Si deve controllare il fiscale e ripartire da qui. Si devono darediritti e certezze all'Italia.

2.3.9. UIL. Incontro con Maurizio BallistreriLa legge Biagi si doveva e si deve completare con gli enti bilaterali

perché, allo stato attuale, c'è troppa flessibilità e precarietà. In alcuni set-tori sono rimasti i vecchi co.co.co. Adesso si ha una forma di precariatolegalizzato. Edile e commercio sono i settori più segnati, nel primo oltread esserci lavoro irregolare c'è anche il lavoro insicuro in quanto si giocasul risparmio circa i costi della sicurezza (questa si fa abbattendo il costodel lavoro, il e. d. camping sociale), negli altri settori il lavoro nero è insi-

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curo e diffuso.A Messina c'è senz'altro il lavoro nero, ma, oltre che per questo, la

città dello Stretto si caratterizza per altri due fattori, il lavoro insicuro edil danno ambientale (quale può essere lo scempio delle colline). II lavoroè nero perché su 20 lavoratori se ne regolarizzano al massimo 2 o 3, inol-tre, non sono offerte, in materia di sicurezza, le garanzie minime e neces-sarie e, qualora si volesse fare una segnalazione, i datori di lavoro si pre-murano per tempo cercando di evitare così la contravvenzione. Qui c'èsottosviluppo economico, mancata crescita dell'economia, il denaro nonviene distribuito in maniera regolare e si ha la conseguente crescita dellavoro nero. Ormai si reclutano a giornata i lavoratori, per esempio, inagricoltura si prendono soprattutto gli extracomunitari. Si punta moltosulla cultura della sicurezza, ma spesso manca anche nei lavoratori que-sta cultura, un esempio può derivare dal fatto che in estate non si metto-no le scarpe anti-infortunistiche con il rischio che ci siano maggiori inci-denti sui luoghi di lavoro. A tal proposito sono stati fatti molti corsi diformazione perché l'infortunio comporta l'aumento del premio INAIL,la sanzione penale, etc. Il problema è che il lavoratore in regola è il lavo-ratore in sicurezza, quello in nero, invece, non essendo riconosciuto inquanto non dichiarato, non lo è ed è sempre a rischio.

Il 3 maggio 2004 è stato stipulato da INPS, INAIL e Casse Edili, ilDURC (il Documento Unico di Regolarità Contributiva) che concerne lamateria circa la sicurezza nell'edilizia pubblica e privata. Infatti, prima diconcedere l'abitabilità bisognerebbe chiedere all'imprenditore come halavorato e se ha usato personale in maniera regolare o se ha usato mano-dopera in nero, in questo secondo caso non si dovrebbe concedere l'abi-tabilità. In ogni caso, andrebbe quantomeno affinata la tecnica di con-trollo. L'evasione contributiva ed il lavoro nero vanno di pari passo conl'evasione fiscale. I condoni non sono per niente educativi in quanto siragiona in maniera tale che un abuso fatto oggi è regolarizzato da un con-dono fatto domani. Così come per il condono, è da criticare anche l'am-nistia e comunque tutto quello che dice si alla irregolarità. Sia che si fauna contravvenzione sia che si fa una sanzione preventiva, rientra tuttonell'ambito penale. I carabinieri fanno un servizio ispettivo anche se è al-quanto complicato controllare un territorio come quello della provinciadi Messina che consta di 109 comuni.

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ni CAPITOLO

3.1 L'applicazione della Legge Biagi tra patologie croniche del mer-cato del mondo del lavoro e flessibilità. Un'indagine sul campo

3.1. Metodologia di lavoroLa fase finale della ricerca è deputata ad un'analisi sul campo degli

effetti della Legge Biagi. Uno screening aziendale capillare del territoriodi Messina e Provincia è un'operazione che travalica di gran lunga le pos-sibilità della Commissione. Originariamente si era pensato di cogliere gliaspetti riguardanti l'emersione delle aziende, dopo il varo della Riforma.A parte la mancanza di una competenza specifica e professionale, si è su-bito riscontrata l'impossibilità di reperire sistematicamente dati che po-tessero custodire una valenza scientifica. È cambiato l'orientamento el'intento speculativo del documento. Sono stati sottoposti alcuni questio-nari, sul modello di quello strutturato dalla Confcommercio di Potenza,che già aveva inteso avviare un'analisi territoriale accurata, alle aziendeoperanti a Messina e provincia.

In prima battuta doveva essere un censimento articolato riguardan-te tutte le imprese della zona, per capire quanti e quali contratti abbianotrovato applicazione secondo le modalità introdotte dalla Legge Biagi.

È stata richiesta la collaborazione di associazioni di categoria e or-dini professionali al fine di ottenere una mappa dei contratti che avesse-ro i crismi della legge 30. Tuttavia, malgrado i solleciti, la collaborazionenon si è concretizzata e le richieste non hanno trovato risposta. È possi-bile suggerire un filone di approfondimento tematico per i prossimi sta-ge o tirocini, o per tutti quegli elaborati che intendano perseguire unamaggiore aderenza rispetto alle dinamiche occupazionali dell'area.

L'impresa, titanica ed improponibile, in riferimento ai mezzi e allatempistica è stata dunque modificata.

Si è pensato cioè di scegliere un campione indicativo (una quindi-cina di imprese), secondo i criteri della rappresentatività o che potesserofornire risultati significativi per la ricerca (si è scelto il settore dell'edito-ria, del turismo, della produzione di beni e la fornitura di servizi: deglistakeholder, insomma validi a livello di significatività, senza pretese però

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di esaustività in senso assoluto), pilotandone in parte l'andamento e gliesiti. Non è stato perso di vista, attraverso l'analisi SWOT (Strenght,Weakness, Opportunities, Threats), lo scenario di fondo dell'economiamessinese. Un'economia in parte alterata, in cui abbondano i dipenden-ti del settore impiegatizio terziarizzato. Un'economia contrassegnata dauna certa stagnazione, caratterizzata da punte problematiche ed aporie,o da punti di non ritorno, come le commistioni tra la borghesia crimina-le e la malavita organizzata. La situazione del tessuto economico-produt-tivo appare più che mai allo sbando.

Un'economia che vive di trasferimenti pubblici, destinati a ridursisempre di più con gli effetti della devolution e con la fine dei program-mi di sostegno dei fondi comunitari. Commercio, Produzione proto-in-dustriale, Turismo, Edilizia, (quest'ultimo ambito è stato trascurato nontanto volutamente, poiché risulta tra quelli maggiormente interessati dal-la piaga del lavoro nero, quanto per l'assenza di risposte rispetto alle sol-lecitazioni). In questo contesto, si deve sviscerare meglio il fenomeno delriciclaggio di denaro (Messina è al secondo posto per l'entità dei deposi-ti bancari in Sicilia) che trova nel mattone la prima valvola di sfogo, l'in-vestimento primario da adottare.

Con questi parametri di fondo la ricerca si è indirizzata verso set-tori che potessero dare rispondenza alle finalità per cui è nata. Per l'esi-guità del campione, più che di indagine statistica sarebbe più correttoparlare di inchiesta qualitativa. La scarsa disponibilità delle aziende hafatto scendere ulteriormente l'attendibilità dei risultati e di fatto si è scel-to un esempio paradigmatico per settore. Cercando di corredarlo con deidati a supporto. Il valore è empirico ma fortemente indicativo. Un empi-rismo eretico di natura pasoliniana, che parla di un universo frastagliatoe a macchia di leopardo. Partendo da queste premesse, sono state soltan-to cinque le aziende interrogate. Per fornire uno spaccato più verosimi-le, uno sguardo d'insieme più dettagliato, sono stati utilizzati, i dati gen-tilmente messi a disposizione dall'unica agenzia di lavoro interinale pre-sente a Messina, la "Manpower", fino al mese di dicembre 2006. Leagenzie sono uno dei "ritrovati" della Legge Biagi e sono tra i principalibeneficiari della Riforma. Rappresentano il punto di vista, assolutamen-te non trascurabile, di chi somministra lavoro, fungendo da collettore trala domanda e l'offerta, perciò non potevano non essere chiamate in cau-sa nell'indagine speculativa.

Ovviamente, c'è la consapevolezza che il dato è lacunoso e per for-nire una lettura più omogenea, si è esaminato il caso limite di un'azienda

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che usa lo strumento della flessibilità, travalicando i confini della legali-tà. Quindi è stata portata alla luce un'esperienza di una giovane laureata,con ancora difficoltà di inserimento a quasi quattro anni dalla discussio-ne della tesi. I valori numerici sono estremamente frammentari, impreci-si, non per demerito dei redattori dell'indagine, ma anche per la difficol-tà a relazionarsi con il mondo imprenditoriale, spesso chiuso ermetica-mente ed autoreferenziale. In via preliminare queste constatazioni sonoindispensabili ed imprescindibili. Il quadro d'insieme, lo spaccato è inperenne evoluzione e mutamento. Non è detto che questo lavoro nonpossa essere approfondito in un secondo momento, specie disponendodi mezzi economici congrui e di strumenti di elaborazione più sofistica-ti, stipulando un accordo tra le professionalità, gli enti, e creando un ap-posito centro studi che si possa dedicare alla contestualizzazione e all'in-quadramento complessivo del fenomeno. Più che di conclusioni si puòparlare di punto di partenza, che sottoponiamo ai soggetti interessati.

3. 2. Il modello di questionario somministratoComparando lo strumento investigativo con quello adottato da ri-

cerche analoghe, la prima riflessione nasce immediata. Si è optato per lacelerilà nell'immagazzinare dati, si è privilegiata una formula agile, diret-ta, costituita principalmente da domande a risposta chiusa, con due sem-plici questioni a risposta aperta nel finale. La fiche è strutturata in manie-ra semplice, al fine di ridurre il margine e i giudizi di valore e ottenereuna mole di dati discreta ed autentica, non viziata da considerazioni pre-giudiziali. Il modello preparato attiene a profili squisitamente generici edanonimi. Si intende riservare margine per la riservatezza e dedurre infor-mazioni generali, utili a sviluppare un ragionamento compiuto più che aidentificare il gruppo o l'azienda. Le informazioni, in linea di massima,danno la cifra delle dimensioni dell'azienda, del suo fatturato (i soggettiin causa non devono sentirsi vessati o nel mirino degli accertamenti daparte dell'Erario. Aspetto quest'ultimo importantissimo, ma non al cen-tro degli obiettivi della ricerca). Serve comprendere il numero dei dipen-denti contrattualizzati a tempo indeterminato, quelli part time, i contrat-ti di inserimento, gli apprendistati professionalizzanti, la serie di tipolo-gie contrattuali nate dopo l'introduzione della legge (Co.co.pro, job sha-ring, job on cali, interinali ecc.) esposta nel primo capitolo. Altre infor-mazioni richieste sono state la suddivisione in percentuale dei dipenden-ti, il grado di istruzione dei salariati, i canali di reclutamento del perso-nale ecc. Come già esposto, lo spazio riservato alle domande finali, ha

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una sua ragion d'essere nell'idea di utilizzare in futuro lavoratori, secon-do gli schemi prospettati nella riforma, che prende nome dal giuslavori-sta ucciso dalle Brigate Rosse.

Indagine Commissione Provinciale per l'emersione del lavoro nonregolare Messina

A) INFORMAZIONI GENERATA SVLL'IMPRESAIGRUPPO

Denominazione impresa/gruppo

Partita IVA CCNL applicato

N° complessivo unità produttive: in Italia all'estero.

Provincia in cui è localizzata la sede principale dell'impresa/gruppo

N° complessivo lavoratori dipendenti dell'impresa/gruppo

Fatturato globale lordo dell'impresa/gruppo nel 2005

B) LA STRUTTURA E LA DINAMICA DELL'OCCUPAZIONE NEL MESSINESE

Struttura dell'occupazione: lavoratori dipendenti per sesso e tipologia contrattuale

Tempo indeterminato - Full limeTempo indeterminato - Part-timeTempo determinato - Full limeTempo determinato - Part-timeContratto di inserimentoApprendistatoTotale

DipendentiMaschi Femmine

Struttura dell'occupazione: lavoratori dipendenti per titolo di studio e contratto

Tempo indeterminato - Full limeTempo indeterminato - Part-timeTempo determinato - Full timeTempo determinato — Part-timeContratto di inserimentoApprendistatoTotale

LaureatiTot.

Laureatidi cui materiescientifiche

Maturati/diplomati

Titoloinferiore

Struttura dell'occupazione: lavoratori dipendenti per sesso e qualifica

MaschiFemmineTotale

Totaledi cui

Dirigenti Quadri Impiegati Intermedi Operai

Quanti collaboratori (co.co.co./a progetto) avete utilizzato a partire dall'introduzione dellalegge 30?

Indicare la distribuzione % per titoli di studio laurea diploma tit. inf.

Indicare la distribuzione % per classi d'età < 30 30-50 >50

Quanti collaboratori (co.co.co./a progetto) avete utilizzato nel 2004 (n° pers.)?

Distribuzione % delle assunzioni secondo le tipologie contrattuali della Biagi

Fino a 6 mesi 7-12 mesi 13-24 mesi altre 24 mesi totale

Sono presenti in azienda:• stagisti e/o tirocinanti?• lavoratori con contratto di lavoro condiviso (job sharing)?• lavoratori con contr. di lavoro intermittente (job on cali)?• telelavoratori?

No Si Quanti

C) CANALI DI RECLUTAMENTO

Oltre alle tradizionali autocandidature e alle inserzioni sulla stampa, quali canali aveteutilizzato maggiormente per reclutare il personale? (indicare max 3 canali principali)

1) Agenzie pubbliche 5) Agenzie di somministrazione (ex interinali)2) Agenzie private 6) Agenzie di staff leasing3) Internet 7) Canali informali4) Nuovi soggetti abilitati (enti locali, scuole, enti bilaterali, ass. di rappres.)

D) GIUDIZI DELLE IMPRESE SULLE NORME DI LEGGE E CONTRATTUALI

Nell'esperienza della vostra azienda, l'utilizzo dei contratti a tempo determinato è divenutopiù agevole in seguito al d. Igs. 368/2001?

Qualora l'azienda AVESSE UTILIZZATO qualcuna delle seguenti forme contrattuali,indicarne il motivo principale:

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Contratti di collaborazione a progetto

Contratti di somministrazione a tempo del. (ex

Contratti di somministrazione a tempo ind. (staff leasing)

Contratti di lavoro condiviso (job siiaring)

Contratti di lavoro intermittente (job on cali)

Motivi organizzatividell'impresa

Motivi personalidel lavoratore

Per quelle forme contrattuali che invece NON HA UTILIZZATO, indicarne le ragioni:(possibili più risposte)

Co.co.pro.

Somministraz. a termine

Staff leasing

Job sharing

Job on cali

Noninteressa

perché ci sono difficoltà

Applica/,normativa

Con ilavoratori

Naturasindacale

Congiunturali(econ.-prod.)

L'apprendistato professionalizzante è utilizzato in azienda?

per quanti lavoratori?_ ___

per quale dei seguenti motivi?

Avete intenzione di

1 ) non interessa2) regolamentazione regionale assente3) regolamentazione regionale inadeguata4) regolamentazione CCNL assente5) altro

utilizzarlo in futuro?

Ritiene qualificante le modifiche introdotte dal dlg. 368/2001 ai fini della lotta al lavoro nero?

Se non l'ha fatto, prevede di utilizzare in futuro le tipologie contrattuali previste dalla legge30?Quali?

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3.3. Le agenzie interinali, Manpower, monitoraggio della provin-cia di Messina

La Manpower Inc. è una multinazionale americana fondata nel1948 a Milwaukee (U.S.A.). Da oltre 50 anni è una delle più grandi re-altà aziendali nel settore dei servizi attinenti alla gestione delle risorseumane e al lavoro temporaneo. Il sito web di Manpower condensa bre-vemente la mission dell'agenzia. Scegliere il collaboratore ideale è tut-t'altro che un gioco! Ribadisce il sito dell'agenzia di lavoro interinale,con un monito di sfida.

Ecco perché milioni di aziende in tutto il mondo si rivolgono agliesperti di Manpower. Manpower individua i lavoratori che meglio si at-tagliano all'incarico richiesto, valutando la sua personalità e professio-nalità, contribuendo alla sua formazione specifica. Rispetto al resto delmercato, cerca di rispondere alle reali esigenze delle aziende con il va-lore delle persone e con la conoscenza del settore. Manpower è presen-te su tutto il territorio nazionale con più di 300 filiali e conosce profon-damente il mercato locale del lavoro. Lo staff di Manpower è costante-mente in contatto con le aziende e sa quali sono le loro richieste di la-voro, anche nella città di Messina (dove opera da diciotto mesi). Que-sto significa che è grado di offrire ogni giorno il più ampio ventaglio diopportunità lavorative, sempre nuove, tra le quali si può scegliere quel-la maggiormente attinente alle aspettative del singolo. Lo scorso anno240 aziende si sono rivolte a Manpower in Sicilia, negli ultimi 18 mesi2.050 persone hanno trovato una nuova occupazione. La regione Sici-lia rappresenta per Manpower un caso molto interessante, in quantopresenta un buon modello di recepimento del ruolo delle Agenzie peril Lavoro e di utilizzo degli strumenti di flessibilità. Lo scorso annosono state 240 le aziende che si sono rivolte a Manpower per esigenzeoccupazionali (+30% rispetto al 2004). Nei primi sei mesi del 2006sono state 180 le aziende siciliane clienti. Le 6 filiali Manpower della re-gione, 1 delle quali a Messina, hanno gestito negli ultimi 18 mesi l'inse-rimento al lavoro di circa 2.050 persone (2005/ I semestre 2006). Unvero e proprio boom di richieste di lavoratori da parte delle aziende cheha coinvolto in maggior misura persone appartenenti alla fascia di etàtra 25 e 36 anni (43,6%). I lavoratori con più di 36 anni hanno rappre-sentano il 38%, mentre i giovanissimi, meno di 25 anni, sono stati il18%. Tra i lavoratori è stata maggiormente rappresentata la componen-te maschile ed è cresciuta del 46% la presenza delle donne. Nel 2005 isettori che hanno assorbito il maggior numero di lavoratori nel conte-

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sto territoriale sono stati: GDO-vendita al dettaglio, Trasporti, Turi-smo, Elettrico-elettronico, Chimico Farmaceutico e Servizi. Nel primosemestre del 2006 il settore che ha assorbito il maggior numero di lavo-ratori è stato quello dei Trasporti. Al secondo posto troviamo i Servizi.Nell'intero periodo le figure professionali più ricercate sono state: auti-sti, operi specializzati, camerieri, cassieri, confezionatori e addetti allavendita. Negli ultimi 18 mesi sono state circa 200 le persone che hannotrovato una nuova occupazione tramite la filiale Manpower di Messina(via San Martino 334). Nell'area, oltre 30 aziende nel 2005 e 25 nel pri-mo semestre del 2006 si sono rivolte all'agenzia per esigenze occupazio-nali e per inserire lavoratori qualificati nel proprio organico. I settoriche assorbono il maggior numero di lavoratori sono Commercio/Pub-blici Esercizi, Gomma e Materie Plastiche, Metalmeccanico Artigiana-to e Industria. Simili risultati sono stati ottenuti verificando delle tabel-le fornite dalla società di somministrazione di lavoro temporaneo,Obiettivo Lavoro, agenzia di ricerca e di selezione del personale che di-spiega la propria attività su Reggio Calabria. Sarebbe interessante veri-ficare, incrociando in maniera simmetrica i valori, le analogie nel trat-teggiare le linee guida dell'occupazione nell'area dello Stretto. Potreb-be essere un filone da seguire nelle prossime ricerche che verrannoideate dalla Commissione

3.4. D comparto editoriale: collaboratori a iosa.Ci è sembrato precipuo soffermarci sulle conseguenze che compor-

ta essere operatori dell'informazione in un contesto socio-territorialeparticolarmente difficile quale è quello messinese. Il settore ha una suaspecificità e preponderanza, in quanto, secondo la vertenza che sta con-trapponendo la FNSI (sindacato dei giornalisti) agli editori FIEG, le fon-ti di lavoro emanate dalla riforma del lavoro non dovrebbero riguardarel'ambito dell'editoria, che già è falcidiata da una profonda crisi, per l'au-mento delle tecnologie, le vendite rimaste ancorate a livelli standard eper la progressione di carriera che serve prima di affermarsi nel mondodella carta stampata o dell'informazione in particolare. Un uso scriteria-to e incontrollato del contratto di collaborazione provoca situazioniestremamente complesse, al limite dell'indigenza.

Si è fatto riferimento ad una società editrice leader di settore, conun cospicuo fatturato. Essa possiede una struttura considerevole, da la-voro a centosettanta dipendenti, inquadrati in un regime contrattualestabile, con orizzonti certi o quasi (una trentina sono stati assunti a tem-

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pò indeterminato ma part-time). Anche la scrematura e il grado di for-mazione incuriosiscono. Il dato impressionante, addirittura allucinanteper la sua perentorietà è la massiccia presenza di collaboratori. Ben 374collaboratori a partire dal 2003. Lo stesso vale per un quotidiano che haappena fatto il suo ingresso nel panorama imprenditoriale calabrese con-ta un numero simile di collaboratori. È un dato che induce alla riflessio-ne. L'azienda ha pure al suo attivo la presenza di tre unità, tra stagisti etirocinanti. Non ha trovato accesso l'apprendistato. In questo caso ilgiudizio emesso sulla normativa non può che essere favorevole, ovvia-mente. La flessibilità è incoraggiata, ma molti dipendenti vivono in situa-zioni precarizzate. Benché altre formule nell'organizzazione aziendalesiano state tralasciate, a spese del co.co.co. Il ricorso spropositato alleformule del lavoro flessibile rischia di essere un metodo per creare pre-carizzazione. Alla lunga molti collaboratori lasciano, comunque rimpiaz-zati da una sfilza di aspiranti giornalisti, attratti dal prestigio della testa-ta. Per esemplificare è bene sottolineare come non ci siano grandi tutele.La busta paga che riproponiamo sotto ad exemplum dimostra l'esiguitàdei salari e l'incapacità di progettare un qualsiasi futuro, che anzi vieneprecluso. Quest'aspetto è soltanto in parte compensato dalla "progres-sione" di carriera e dall'appartenenza all'ordine dei giornalisti. Nel sen-so di una difficoltà oggettiva a raggiungere una posizione professionaledignitosa. Si diventa pubblicisti previa presentazione di un numero di ar-ticoli, che attesti la collaborazione continuativa nell'organo di informa-zione, regolarmente registrato al tribunale. Dopo il rilascio di un tesseri-no e un praticantato si può accedere all'esame per diventare giornalistaprofessionista.

Esempio busta paga

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3.5. La struttura turistìco-ricettiva: stagionali avanti tutta.Un altro ambito in cui sarebbe stato lecito trovare rapporti di lavo-

ro, declinati secondo i canoni della flessibilità, è il comparto turistico,che di solito fa incetta del lavoro di stagionali. Ed in effetti, l'organizza-zione presa in esame, un hotel situato sul versante ionico, ammette di farricorso durante il periodo estivo a cinque sei stagionali, il venti per cen-to delle unità produttive allocate.

L'impresa considerata muove un fatturato di un milione di euro, hauna struttura aziendale fissa e pratica l'apprendistato professionalizzanteper predisporre una sorta di iter formativo nelle assunzioni future. Attin-ge al reclutamento di nuove figure professionali, privilegiando canali in-formali (la conoscenza diretta, le segnalazioni, le autocandidature ecc.).Sono presenti all'interno due stagisti o tirocinanti che dir si voglia. Èl'uso improprio, comunque, come confermano alcune testimonianze ac-quisite sul campo, ad attrarre le imprese, che delegano ai soggetti in pro-va compiti propri dei dipendenti e modulano gli orari di lavoro in azien-da come se fosse già istituito un rapporto di lavoro. È il trattamento eco-nomico, e qui casca l'asino, ad essere inesistente, o semplicemente limi-tato al rimborso spese, fino al prossimo stage, in una spirale perversa. Èuna catena, a costo zero, quindi abbastanza redditizia e riproducibile pergli operatori del settore turistico. L'azienda, a livello gestionale internoha quindi utilizzato lavoratori con contratto di lavoro intermittente o achiamata ed è una novità assoluta sui questionari effettuati, si tratta di unsistema di lavoro in predicato di abolizione, visto che non è stato parti-colarmente gradito nemmeno dalle imprese. Altri profili particolarmen-te in voga sono stati i co.co.pro, così come gli interinali. Il giudizio sullalegge Biagi non può non essere che positivo in relazione alla possibilitàdi usufruire di lavoratori che si prestano ai bisogni dell'azienda. A secon-da del tipo di esigenze l'azienda stila una mappa delle necessità. Il com-parto meriterebbe verifiche maggiormente approfondite, giacché nellefasi in cui si intensifica la ricettività, la flessibilità è superata con i lavora-tori in nero o gli extra che fanno crescere a dismisura l'azienda, ma nongodono delle giuste tutele. Gli incarichi sono somministrati alla buona,con buona pace della meritocrazia e dei criteri canonici di recruiting eparte la ricerca dei più adatti ai ruoli richiesti.

3.6. I settori di produzione di beni e servizi: "Legge Biagi?". "Chil'ha vista.'".

Abbastanza deludenti i risultati riscontrati nell'ambito della produ-

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zione dei beni e servizi. Nei due casi esaminati ci si aspettava di rawede-re una maggiore flessibilità nei rapporti di lavoro. Se in un caso molte af-fermazioni sembrano discudbili, non in linea con la realtà riscontrata, senon addirittura mendaci; nell'altro c'è la volontà di uniformarsi al trenddi una più elevata elasticità per diminuire i costi d'impresa. Si è conside-rata un'azienda avente trentadue dipendenti operante nell'ambito pro-duttivo alimentare. I dipendenti sono stati assunti esclusivamente a tem-po indeterminato e l'azienda si dice disposta ad assumere, seguendo ledisposizioni impartite dalla legge 30. Per motivi organizzativi intende pe-ritarsi nell'avvio dell'esperienza dei contratti a progetto. Un'aziendastrutturata, in maniera rigida, come quella interpellata, percepisce inmodo molto marginale le modifiche introdotte.

Stesso discorso vale per un'azienda che eroga servizi di trasportomarittimo, che presenta all'attivo novantatre dipendenti, che dichiaraesplicitamente che l'utilizzo dei contratti a tempo determinato è divenu-to più agevole in seguito al decreto legislativo 368/2001, ma non fa figu-rare al momento lavoratori interinali o a progetto (sebbene dichiari diaverlo fatto in passato). A meno che l'azienda non sia stata spezzettata osmembrata in più parti. Eppure basta solo fare un sopralluogo durantela bella stagione e chiedere ai dipendenti in maniera informale e molti diloro candidamente faranno professione di essere stati assunti per un paiodi mensilità. Sarebbe stato interessante valutare gli effetti, le distorsionie i fallimenti della legge Biagi nel settore .agricolo della raccolta dellearance e dell'edilizia. Plotoni, frotte di stranieri residenti (specie nellezone di Barcellona e Capo D'Orlando) sorreggono un'economia semprepiù basata sulla produzione e commercializzazione degli agrumi. Quan-do il mercato si aprì alla concorrenza globale i produttori dovettero farericorso alla mano d'opera di basso costo importata. La presenza degli im-migrati è ormai indispensabile, vitale per l'economia agricola che malgra-do il "nero" stenta a sopravvivere alla concorrenza. Il costo per uno sta-gionale in regola è sproporzionato se paragonato alla redditività degliagrumi. Le imprese agrumicole attraversano una profonda crisi struttu-rale senza precedenti. Migliaia di lavoratori che ufficialmente non esisto-no e gli aiuti economici dell'UE le tengono in vita. Le arance di Spagnae del Maghreb, anni di assistenzialismo a pioggia hanno infiacchito il tes-suto produttivo.

Sarebbe altresì interessante concentrare i riflettori e l'attenzionesull'edilizia, vettore trainante, autentico volano dello sviluppo perversodell'economia messinese. Il DURC (Documento Unico di Regolarità

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Contributiva) non è bastato ad arginare fenomeni di caporalato, di infil-trazione malavitosa e di sfruttamento indiscriminato. Si suggerisce diperseguire questo filone ìn alcune indagini successive che questo ente in-tenda promuovere.

3.7. Un caso limite: quando precarietà fa rima con flessibilitàLa catena di montaggio del ventunesimo secolo è costituita inequi-

vocabilmente dai lavoratori del cali center. Non esiste più la linea di pro-duzione fordista, esiste una miriade di operatori esternalizzati, impiegatineH'outsourang (fornitura di servizi). I cali center possono operare inbound (ricezione) o out bound (come nel caso del telemarketing), in ma-teria esistono diverse pubblicazioni illuminanti che dipingono un univer-so che meriterebbe di essere esplorato compiutamente. Ai fini della no-stra richiesta serve ribadire che a Messina i cali center sono una ventinae inglobano cinquecento lavoratori approssimativamente. I livelli di red-dito sono variabili, in funzione delle ore lavorate. Nella nostra esperien-za uno degli stagisti ha cercato di infiltrarsi per avvalorare ancora di piùquanto rilevato dai dati emersi dalla ricerca. Qui di seguito riportiamo ilresoconto della sua breve esperienza:

Nell'ambito della ricerca di un posto di lavoro mi sono imbattuto inun' importante azienda del settore delle telecomunicazioni, che ha una suc-cursale sita in Messina. Durante il colloquio di selezione (che altro non erase non una chiacchierata molto informale), ho avuto modo di visitare i lo-cali aziendali. Finita la chiacchierata ho saputo che potevo iniziare fin dasubito, cosa che ho fatto ripresentandomi il giorno successivo per iniziaread impratichirmi poiché non avevo malfatto questo tipo di lavoro. Sono an-dato presso la suddetta azienda per un paio di giorni consecutivi, dopodichémi è stato detto che non avrei firmato alcun tipo di contratto ma che pote-vo lavorare percependo un fisso assai irrisorio (200 euro mensili) e 3 eurodi provvigione, non per appuntamento fissato, ma per contratto concluso.Alla luce di questa situazione, non ho neanche avuto bisogno di tempo permeditare sul da fare, di fronte a una non offerta economica e guardando an-che in prospettiva, ho reputato opportuno non proseguire il rapporto anchealla luce del fatto che un luogo di lavoro deve trasmettere fin da quando sientra delle sensazioni positive e il locale dove ha sede la società altro non èse non uno scantinato.

Inoltre, grazie alla Nidil CGIL si è avuta la segnalazione di una si-tuazione al limite della legalità che riguarda la vendita di un igìenizzato-re multifunzionale (l'aspirapolvere venduta porta a porta, o tramite gli

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appuntamenti fìssati dai cali center appunto). I risultati sono sorpren-denti. Il "fìsso mensile" si aggira sulle 250 euro mensili, cui vanno ag-giunte le provvigioni (compensi fuori da ogni tabella contrattuale), conla possibilità di operare mansioni sia esterne sia interne. C'è un team lea-der che impone obiettivi e traccia strategie, operando una pressione psi-cologica notevolissima e agisce sugli operatori, come uno psicologo mo-tivazionale, rasentando la lobotomia cerebrale. Per certi versi il lavoro al-l'interno del cali center è equiparabile al lavoro delle maquilas, delle zonefranche sudamericane. Per una visione più definita della fenomenologiadel cali center si consiglia la visione dello special Avere vent'anni a Mes-sina, andato in onda su MTV e condotto da Massimo Coppola, ambien-tato a Messina proprio sul caso che richiamiamo). Ciò che sorprende èl'assoluta flessibilità contrattuale che fa da contraltare alla rigidità del-l'organizzazione aziendale. Un fattore che emerge come la punta di uniceberg è l'irresponsabilità sociale dell'impresa. È certamente uno dei pa-radigmi di una classe imprenditoriale rapace e incapace di prospettare unfuturo, un archetipo che potrebbe fare scuola nei prossimi tempi. Per ab-battere i costi si fa ricorso a tecniche e linee aziendali particolarmente in-flessibili nei rapporti di lavoro. In una parola. Vige il lavoro nero. Nonc'è possibilità di contrattazione, né ispezioni. Il caso sezionato produceun attacco devastante alla dignità della persona e ai diritti dei singoli. Ildanno che ne consegue è un effetto sociale enorme, tra false mitologie ela convinzione inculcata di poter intraprendere scalate sociali improba-bili.

3.8. Vite a progetto: gli "schiavi moderni" nel messineseL'ateneo messinese sforna ogni anno centinaia di neolaureati. Ma

come dice il Nobel per l'economia Joseph Stiglitz: "Se li mettete a servi-te palatine fritte o nei cali center, perché spendere tanto per istruirli?".

Abbiamo deciso di presentare un pattern molto significativo. Unastoria come tante che parla della difficoltà di inserirsi all'interno di unmercato asfittico come quello messinese e di come siano saltati i collega-menti tra l'Università e il mercato del lavoro. La storia che segue è lospecchio di quanto avviene nella maggior parte dei casi. Percorsi vitaliatipici, come i contratti.

"Mi chiamo Anna ho ventotto anni, attualmente sono disoccupata.Non sono certamente un caso isolato, come me se ne trovano a centinaia.Ho una laurea in Scienze Politiche, ottenuta a pieni voti, coltivando in cuor

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mio le migliori speranze (che si riveleranno illusone nel tempo) di realizza-re progetti futuri, come solo una neolaureata può cullare. Di fatti, trascor-si tre anni, la situazione non è delle più rosee. Dopo la laurea ho seguito unpercorso variegato nel suo genere, prendendo quasi tutto ciò che mi si è pre-sentato, anche come prova della flessibilità che il mondo del lavoro a cuidovevo essere forgiata, ma che a mio parere non è tale ma si tratta di asso-luta precarietà che non da nessuna certezza per l'avvenire. Come posso in-fatti, pensare a un futuro se tutto quello che mi si propone è precario, in-certo, nebuloso? Il futuro non può che essere un'appendice del presente.Fra le tante esperienze, alcune delle quali molto gratificanti, almeno sulpiano personale (perché sai già in partenza che presto finirà e che è stataun'esperienza fine a se stessa, ma come sempre si dice fa curriculum), comeun tirocinio al Ministero degli Esteri. Successivamente mi sono imbattutain un Progetto avente come obiettivo l'internazionalizzazione delle Pmi si-ciliane, promosso dalla Regione, nell'ambito del POR. Un progetto sicura-mente interessante, così come mi era stato prospettato. Effetto collateraleindesiderato? Ero l'ultima ruota del carro. Ho lavorato senza contratto, perconto di una società di consulenza alla quale il progetto (a seguito di rego-lare gara d'appalto) era stato affidato. Inizialmente mi è stato proposto uncontratto a progetto. Come corrispettivo avrei dovuto percepire una cifraconsiderevole, in riferimento alla durata del contratto. Per la mia condizio-ne di neolaureata, il rapporto configurato a voce faceva comodo e in ognicaso mi sembrava una buona opportunità di crescita professionale. Nel con-creto però, non si è realizzato quanto prospettato all'inizio, infatti ho lavo-rato per un anno, ad intervalli di tempo e non in modo continuativo. Il con-tratto a progetto si è trasformato in una collaborazione occasionale e la ci-fra iniziale si è dissolta con il tempo e alla fine ho ricevuto solo delle bri-ciole. Nemmeno un rimborso delle spese sostenute. Quindi quella che perme all'inizio poteva sembrare una buona opportunità si è tramutata solo inuna perdita di tempo, facendomi rimanere ancorata ad un'ipotesi proget-tuale vaga e senza alcuna prospettiva o sbocchi occupazionali reali.

Trascorso qualche mese dalla conclusione di quest'esperienza, sonoriuscita anch'io a far parte della folta schiera dei lavoratori interinali. Sonoquindi diventata una "mercé" in possesso delle agenzie interinali, che usa-no braccia intellettuali, o codici a barre, a seconda dette esigenze. Ho lavo-rato infatti, solo per due mesi perché questo mi è stato offerto, presso unabanca. Qui ho goduto della stessa retribuzione di un dipendente bancario,ma con la differenza non di poco conto, di essere comunque una lavoratri-ce interinale e che la scadenza del contratto era inesorabile e mi sarebbe toc-

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caio semplicemente un "grazie e arnvederci". Ricordo anche, che quando hoiniziato a lavorare in banca ho conosciuto ragazzi laureati e con un masteralle spatte che avevano deciso di accettare il medesimo lavoro anche solocon un contratto di una settimana.

È triste pensare che siamo costretti ad accettare lavori così brevi, cosìprecari, perché l'alternativa non esiste. Lavorare tutti, lavorare meno è que-sto lo slogan delle agenzie di lavoro interinali. Si preferisce assumere un la-voratore, anche solo per un mese e poi un altro il mese successivo, e poi unaltro ancora, anziché fare lavorare una persona, magari con contratto a tem-po indeterminato. Un vortice senza via d'uscita, un vicolo cieco simile a ba-ratro senza ritorno, una situazione che somiglia a un circolo vizioso. Sicu-ramente si sente da parte dei più l'esigenza di regolamentare meglio l'inte-ra materia".

3.9. Conclusioni: Legge trenta, anatomia di una riforma ed effettinell'economia messinese,

I dati analizzati e presi in esame sono certamente lacunosi, fram-mentati. In questo senso non si può parlare di uno studio rigoroso. E im-possibile basare una ricerca unicamente sulle considerazioni esposte.L'intento della ricerca non era esattamente in linea con i risultati prodot-ti. Tuttavia alcuni spunti ci sono sembrati rilevanti e meriterebbero, a no-stro avviso, di essere approfonditi attraverso studi successivi. La teoria inbase alla quale venne pensata e ideata la legge Biagi è nota e difficile daspiegare e postula che il ristagno o la scarsa crescita del PIL in un conte-sto socioeconomico sia dovuta alla rigidità del mercato del lavoro, chescoraggia gli investimenti ed impedisce alle imprese di ristrutturarsi e diessere competitive sul mercato. L'analisi empirica, condotta sulla realtàdi Messina non dice esattamente questo.

In sostanza la legge Biagi è stata utilizzata pochissimo; le figure piùgettonate sono ingabbiate perlopiù in degli acronomi che stanno diffon-dendosi a macchia d'olio anche dalle nostre parti, i co.co.pro. (collabo-ratori coordinati progettuali) o l.a.p. (lavoratori a progetto), che dir si vo-glia. A tre anni dalla data di approvazione della legge firmata dal mini-stro Roberto Maroni e intitolata a Marco Biagi, il professore assassinatodalle Brigate rosse, grandi rivoluzioni a Messina nel rapporto fra dipen-denti e precari non sono in realtà avvenute. È vero però che alcune for-me consentono un adattamento subitaneo ai capricci del capitalismo glo-balizzato, anche nella flessione locale. Il fatto che le aziende utilizzinopoco le misure contenute nel testo normativo, non vuoi dire semplice-

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mente che esse vadano abolite, perché in generale, manca spesso l'ideadel funzionamento dei contratti. C'è asimmetria informativa, un deficitpoderoso, uno scarto di informazione. La Legge è ad esclusivo appan-naggio e beneficio dei commercialisti e dei consulenti del lavoro. C'è unmuro di gomma tra gli studi associati e le categorie produttive. Non esi-ste un ente che abbia spiegato come creare nuova occupazione senza per-dere di vista i bilanci e le dimensioni delle imprese. Si intravede la neces-sità di creare un sistema di affiancamento o consulenza alle imprese, perspiegare i vantaggi di creare dei rapporti di lavoro all'interno delle rego-le, fermo restando che occorre tamponare gli effetti distorsivi. Qualisono le principali incongruenze riscontrate? Emerge in maniera lampan-te come in un contesto in cui la flessibilità massima nelle mani del dato-re di lavoro è rappresentata dalle prestazioni in nero, il meccanismo deicontratti a termine innesca storture e distorsioni e non risolve elementicronici di criticità. La Legge Biagi non solo non è conosciuta dalle azien-de locali, ma ove applicata viene sfruttata come se fosse il grado minimo,prima della soglia che porta al lavoro sommerso. Nel contesto di riferi-mento osservato il paradosso è che tra il lavoro irregolare e il lavoro cosìcome viene disciplinato secondo la legge 30, i datori di lavoro scelgonoil lavoro nero perché da più tutele. Crolla inequivocabilmente l'impian-to portante a favore di una legge che nasceva per far riemergere dallazona grigia il lavoro non regolare e per circoscrivere il lavoro agli operai,ai dipendenti ai parasubordinati non assicurati. Anche da noi La leggeBiagi, o meglio la sua applicazione, ha avuto come conseguenza la preca-rietà e l'abbassamento degli stipendi insieme all'utilizzo di professionali-tà elevate: ingegneri, tecnici, informatici, per lavori di bassa o infima qua-lità. I livelli salariati bassi e una minore sicurezza nell'impiego sono enti-tà visibili anche nel nostro territorio.

Due, comunque, sembrano le modifiche da operare subito alla leg-ge Biagi, in questa direzione anche le Commissioni Provinciali per l'emer-sione del lavoro non regolare possono avere una funzione importante:

- aumentare la rcmunerazionc per i precari rispetto ai lavoratori atempo indeterminato, in modo tale da scoraggiare l'utilizzo mas-siccio ed indiscriminato di lavoratori con poche tutele e avviarecosì una politica fiscale e salariale che sia a sostegno del lavoro atempo flessibile;

- porre un tetto massimo alle imprese per l'utilizo di precari, adesempio il 10%, per evitare una flessibilità selvaggia e un preca-riato longevo e senza ritorno.

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