COME NASCE UNA PRESENZA? · COME NASCE UNA PRESENZA? PAGINA UNO II OTTOBRE 2013 Appunti dagli...

16
OTTOBRE 2013 I Appunti dagli interventi di Davide Prosperi e Julián Carrón alla Giornata d’inizio anno degli adulti e degli studenti universitari di Cl. Mediolanum Forum, Assago (Milano), 28 settembre 2013 PAGINA UNO COME NASCE UNA PRESENZA? In queste pagine, Beato Angelico, affreschi dal Museo di San Marco, Firenze. Qui, Noli me tangere.

Transcript of COME NASCE UNA PRESENZA? · COME NASCE UNA PRESENZA? PAGINA UNO II OTTOBRE 2013 Appunti dagli...

Page 1: COME NASCE UNA PRESENZA? · COME NASCE UNA PRESENZA? PAGINA UNO II OTTOBRE 2013 Appunti dagli interventi di Davide Prosperi e Julián Carrón alla Giornata d’inizio anno degli adulti

OTTOBRE 2013 I

Appunti dagli interventi di Davide Prosperi e Julián Carrón alla Giornata d’inizio anno degli adulti e degli studenti universitari di Cl.

Mediolanum Forum, Assago (Milano), 28 settembre 2013

PAGINAUNO

COME NASCEUNA PRESENZA?

In queste pagine, Beato Angelico, affreschi dal Museo di San Marco, Firenze. Qui, Noli me tangere.

Page 2: COME NASCE UNA PRESENZA? · COME NASCE UNA PRESENZA? PAGINA UNO II OTTOBRE 2013 Appunti dagli interventi di Davide Prosperi e Julián Carrón alla Giornata d’inizio anno degli adulti

COME NASCE UNA PRESENZA?PAGINA UNO

II OTTOBRE 2013

Appunti dagli interventi

di Davide Prosperie Julián Carrón

alla Giornatad’inizio anno

degli adultie degli studenti

universitari di Cl.Mediolanum

Forum, Assago(Milano),

28 settembre 2013

Razón de vivirLa strada

Discendi Santo Spirito

DAVIDE PROSPERIBenvenuti. Lo dico in modo non formale, per-

ché se siamo venuti non è per un atto forma-le; essere venuti qui e in tutti i punti collegati inItalia in diretta via satellite per partecipare a que-sto gesto di tutto il movimento è per un giudizio.E un gesto tante volte rende testimonianza allaverità più di molti fiumi di parole. Lo abbiamovisto spesso anche quest’anno in tanti gesti cheabbiamo proposto, vissuto e a cui abbiamo par-tecipato, anche di tutta la Chiesa. E il giudizioche noi affermiamo con questo gesto è che ab-biamo una certezza: sappiamo - questa è la cer-tezza - che cosa vogliamo seguire. Per questo sia-mo qui. Ricominciare, ricominciare ogni vol-ta, ogni anno, è quello che fa crescere la certezzae il desiderio del destino in chi non vuole smet-tere di camminare.

«Come si fa a vivere?». Abbiamo scelto que-sta domanda, a partire dagli spunti emersi dal-la riflessione sugli Esercizi della Fraternità,come tema dell’estate, nelle vacanze e nei raduniche abbiamo vissuto. Un titolo che, nella suasemplicità, investe tutti, a tal punto che anchechi non fa un’esperienza come la nostra, primao poi, questa domanda deve essersela fatta, per-ché riguarda qualunque uomo. Pur nella suasemplicità rappresenta una sfida straordinaria,perché per rispondere a questa domanda nonbastano delle parole, non rispondiamo con undiscorso o con delle spiegazioni che qualcunoci dà o che ci diamo noi stessi, ma solo viven-do; la risposta a questa domanda è una vita.

Ed è per questo, allora, che ogni anno fac-ciamo la fatica di giudicare, di tentare di giu-dicare cosa abbiamo vissuto l’anno prece-dente, perché vogliamo crescere guardando in-nanzitutto la nostra esperienza. Questa voltaci viene in aiuto la straordinaria lettera che papaFrancesco ha scritto a Scalfari, pubblicata su laRepubblica in risposta alle sue domande di que-st’estate. Senza alcuna presunzione, ma solo conimmensa gratitudine, credo che ci siamo sen-titi tutti confortati dalle parole del Papa, ri-

pensando anche al percorso fatto in questi anni.Scrive il Papa: «Per chi vive la fede cristiana, ciònon significa fuga dal mondo o ricerca di qual-sivoglia egemonia, ma servizio all’uomo, a tut-to l’uomo e a tutti gli uomini, a partire dalle pe-riferie della storia e tenendo desto il senso del-la speranza che spinge a operare il bene no-nostante tutto e guardando sempre al di là»(Francesco, «Lettera a chi non crede», la Re-pubblica, 11 settembre 2013, p. 2).

Pensiamo cosa significano per noi queste pa-role dopo le scelte che abbiamo fatto que-st’anno affrontando, per esempio, le elezioninazionali e insieme quelle nella Regione Lom-bardia, dove, dopo l’avventura formigoniana,eravamo maggiormente sotto i riflettori. Nel-la confusione generale di quel periodo, in cuiogni giorno nascevano e morivano propostedi partiti, coalizioni e schieramenti, la cosa perme interessante è stata che, nel ritrovarci percapire come guardare quello che stava succe-dendo, noi non ci siamo accontentati di cer-care di allinearci sul meno peggio (lo ricor-diamo bene), ma abbiamo approfittato del-l’occasione per dire: cos’è che a noi veramen-te, in una situazione così, interessa di più? Qualè il cuore della nostra vita? Per ripetere la sem-pre tra noi citata frase di don Giussani: cosaabbiamo di più caro per noi e per tutti, da direa tutti (quindi anche pubblicamente)? Que-sta è stata la domanda che ci siamo fatti davantialla situazione che si era creata e su questo ab-biamo accettato di verificare la nostra matu-rità. Devo dire che in questa verifica il camminodi questi anni è stato senz’altro il fattore de-terminante, perché il giudizio che è emerso, chepoi - come ricorderete - è stato pubblicato an-che in una Nota di Cl sulla situazione politicae in vista delle prossime scadenze elettorali (2 gen-naio 2013), è stato che l’unica cosa che abbiamoveramente da difendere, a cui non possiamorinunciare, è l’esperienza che facciamo perquello che abbiamo incontrato, e che la veri-fica che questo sia vero è se è capace di gene-rare una presenza originale, testimone della no-vità che Cristo introduce nella vita, un nuo-vo attore dentro la società, in qualunque am-bito, fino alla politica, e che questo si deve po-ter vedere anche dentro una situazione con-

Page 3: COME NASCE UNA PRESENZA? · COME NASCE UNA PRESENZA? PAGINA UNO II OTTOBRE 2013 Appunti dagli interventi di Davide Prosperi e Julián Carrón alla Giornata d’inizio anno degli adulti

OTTOBRE 2013 III

fusa (come diceva il Papa: «Non [...] fuga dalmondo o ricerca di qualsivoglia egemonia»!).

La vicenda della rinuncia di papa Benedet-to XVI, alcune settimane dopo, ci ha messo da-vanti l’esempio di questo uomo nuovo: perchéquando tutto il mondo ha visto uscire dalle por-te del Vaticano quell’uomo, con tutti intornoche piangevano e lui con un volto certo, lieto,quello è stato come un vertice di consapevo-lezza per tutti della statura umana a cui siamochiamati: in che cosa consiste la nostra certezzaumana? E che cosa genera come rapporto conla realtà? Perché lì si è capito chiaramente: da-vanti all’apparente sconfitta, e non dietro l’an-golo ma sotto gli occhi di tutti (perché per ilmondo era una sconfitta: non aveva più le for-ze e ha dovuto rinunciare), come un uomo puòavere quel volto lì? Non si bara in una situazionecosì, sai che tutti ti stanno guardando. Comeun uomo può essere così?

Quello che ciascuno di noi cerca nella vita èsempre una soddisfazione, è qualcosa checompia realmente e senza mezze misure quel-lo per cui ci sentiamo fatti. E molto del disagioe della fatica che spesso viviamo nasce propriodal fatto che per noi la soddisfazione, la realiz-zazione di questa soddisfazione dipende da quel-

lo che facciamo noi, che produciamo noi, e chequesto venga riconosciuto dagli altri. Ma davantia una circostanza così (pensiamo anche a quan-te contraddizioni o sconfitte ciascuno di noi deveo è costretto ad affrontare), è possibile o no unasoddisfazione pienamente umana? Noi siamofatti per l’eccezionalità, non certo per la bana-lità, ma l’ideale della vita è che l’eccezionalità, cioèquesta grandezza, possa essere sperimentabiledentro la normalità, dentro il quotidiano. Ciòche soddisfa la vita è qualcosa che è dato, quel-lo che soddisfa la vita è il rapporto vivo (que-sto si è visto nel gesto del Papa) con una pre-senza amata, che è data, che è già data, deside-rata, con La Presenza amata, perché questo met-te nella vita, in qualunque momento della vita,anche a 86 anni, quando sembra che un uomoabbia fallito e non ci sia più tempo, mette un’at-tesa, una certezza, un inizio nuovo; cosa sarà perme il domani? Se il mio oggi è il rapporto conquesta Presenza, allora il domani è la scoper-ta, la curiosità per come questa Presenza tor-nerà a manifestarsi di nuovo, a manifestare dinuovo la Sua vittoria.

E questo fatto ci ha accompagnato in questopassaggio, insieme ai giudizi di Carrón, ai giu-dizi che sono emersi tra di noi nel cammi-»

Sermone della montagna.

Page 4: COME NASCE UNA PRESENZA? · COME NASCE UNA PRESENZA? PAGINA UNO II OTTOBRE 2013 Appunti dagli interventi di Davide Prosperi e Julián Carrón alla Giornata d’inizio anno degli adulti

no della nostra compagnia durante l’anno,in particolare in occasione dell’Assemblea na-zionale dei responsabili di Cl a Pacengo, quan-do è diventato chiaro che veramente per noi ilfattore di consistenza della vita è questa soddi-sfazione, per cui la certezza non è di uno che sagià tutto e poi, al limite, deve spiegarla agli al-tri, però in fondo per sé non si aspetta più nien-te, una certezza - diciamo - saccente, presuntuosa;no, la nostra è una certezza curiosa. È una cer-tezza in partenza, che ci butta sempre in avan-ti. Riprendo ancora la lettera di papa Francesco:«Risulta chiaro che la fede non è intransigente,ma cresce nella convivenza che rispetta l’altro.Il credente non è arrogante; al contrario, la ve-rità lo fa umile, sapendo che, più che posseder-la noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lun-gi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci met-te in cammino, e rende possibile la testimonianzae il dialogo con tutti» (Ivi).

La nostra certezza - questa, sinteticamente, èla cosa che ho scoperto più precisamente que-st’anno attraverso tutto quello che abbiamo vis-suto - non è che sappiamo già come andrà a fi-nire, ma che vogliamo scoprirlo. Perché la ve-rità che Cristo ha introdotto nella nostra vita èuna presenza, la Sua presenza. E questo ci but-ta in mare aperto. Ancora il Papa: «Io non par-

lerei, nemmeno per chi crede, di verità “assoluta”,nel senso che assoluto è ciò che è slegato, ciò cheè privo di ogni relazione» (Ivi). Invece la verità,e l’esperienza che facciamo lo documenta, è unrapporto. Ma questo non è vero solo per noi, èvero per tutti, anche per chi lo nega o magari nonlo sa. Per cui insieme alla domanda iniziale -«Come si fa a vivere?» - ne è sorta subito un’al-tra: «Qual è il nostro compito? Cosa stiamo a fareal mondo?». Al Meeting di quest’anno siamo sta-ti provocati subito, il primo giorno, da questa do-manda sul Corriere della Sera: vogliamo diven-tare una fazione o vogliamo testimoniare unapresenza originale?

Alla luce di tutto quello che abbiamo vissuto,ti domando: che cosa significa la nostra presenzanel mondo?

JULIÁN CARRÓNCOME SI FA A VIVERE?

Mentre questa estate preparavo gli Esercizi deiMemores Domini, è capitata la festa di santa Ma-ria Maddalena; la liturgia proponeva due testinei quali si rendeva trasparente come la Chie-sa voleva introdurci a guardare questa donnasecondo tutta l’attesa e tutta la tensione che vi-veva. Il primo era un brano del Cantico dei Can-tici, che descrive che cos’era la vita per una per-

IV OTTOBRE 2013

»Comunione degli apostoli.

Page 5: COME NASCE UNA PRESENZA? · COME NASCE UNA PRESENZA? PAGINA UNO II OTTOBRE 2013 Appunti dagli interventi di Davide Prosperi e Julián Carrón alla Giornata d’inizio anno degli adulti

sona come Maria: «Sul mio letto, lungo la not-te, ho cercato l’amore dell’anima mia; l’ho cer-cato, ma non l’ho trovato. Mi alzerò e farò ilgiro della città per le strade e per le piazze; vo-glio cercare l’amore dell’anima mia. L’ho cer-cato, ma non l’ho trovato. Mi hanno incontratale guardie che fanno la ronda in città: “Avetevisto l’amore dell’anima mia?”» (Ct 3,1-3).Ascoltandolo, mi dicevo: come mi piacerebbeavere qualcosa di questa passione! PerchéMaria ci testimonia il cuore che ciascuno di noidesidererebbe avere nel più profondo del pro-prio essere, tanto l’io di ciascuno di noi è que-sta ricerca di un amore che regga davanti allesfide del vivere.

Nel leggere il testo del Vangelo mi sorprendevache si potessero rintracciare le due domande checi eravamo dati per il lavoro di questa estate:«Come si fa a vivere?» e: «Che cosa stiamo a fareal mondo?».

«Il primo giorno della settimana, Maria diMàgdala si recò al sepolcro di mattino, quan-do era ancora buio». Che cosa ha mosso quel-la donna, al punto di non poter restare a lettoe a mettersi in cammino così presto, di buonmattino, quando era ancora buio? «E vide chela pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allo-ra e andò da Simon Pietro e dall’altro discepo-lo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Han-no portato via il Signore dal sepolcro e non sap-piamo dove l’hanno posto!”» (Gv 20,1-2).

«Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, epiangeva [Questa è la vita. Come si fa a vivere?Senza trovare quella presenza, senza trovare quel-la presenza amata, l’amore dell’anima nostra,ogni mattino è una cosa da piangere. Poi pos-siamo distrarci lungo la giornata, ma la vita ri-mane una cosa da piangere, se ciascuno di noinon trova l’amore dell’anima sua, quell’amoreche rende piena di significato, di intensità, di ca-lore la vita]. Mentre piangeva, si chinò verso ilsepolcro e vide due angeli in bianche vesti, se-duti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei pie-di, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essile dissero: “Donna, perché piangi?”. Rispose loro:“Hanno portato via il mio Signore e non so dovel’hanno posto”. Detto questo, si voltò indietroe vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosseGesù. Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi

cerchi?” [Ecco il nesso: «Chi cerchi?». Cercol’amore dell’anima mia, cerco quella presenzache possa riempire la vita, per questo la Chie-sa ci introduce a guardare la Maddalena con que-sto brano del Cantico dei Cantici, che ci parla diuna donna alla ricerca dell’amore dell’animasua]. Ella, pensando che fosse il custode del giar-dino, gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu,dimmi dove l’hai posto e io andrò a prender-lo”. Gesù le disse: “Maria!”. Ella si voltò e gli dis-se in ebraico: “Rabbunì!” - che significa: “Mae-stro!”. Gesù le disse: “Non mi trattenere, perchénon sono ancora salito al Padre; ma va’ daimiei fratelli e di’ loro: ‘Salgo al Padre mioe Padre vostro, Dio mio e Dio vostro’”. Ma-ria di Màgdala andò [subito] ad annunciareai discepoli: “Ho visto il Signore!” e ciò chele aveva detto» (Gv 20,11-18).

In questo brano abbiamo la risposta a en-trambe le domande: «Come si fa a vivere?»e: «Che cosa stiamo a fare al mondo?». Èsoltanto rispondendo alla prima, «Donna,perché piangi? Chi cerchi?», cioè trovan-do la presenza che cerca e che risponde alsuo pianto, che Maria ha avuto qualcosada comunicare e da andare a dire agli al-tri: «Ho visto il Signore!».

È una grande consolazione per ciascunodi noi che questo sia accaduto a una per-sona sconosciuta come Maria Maddalena,perché ci aiuta a capire che non c’è alcuna con-dizione previa, non c’è bisogno di essere all’al-tezza di niente, non occorre alcuna dote parti-colare per cercarLo. Questa ricerca può trovar-si addirittura quasi nascosta nel profondo del-l’essere, sotto tutti i detriti del nostro male o del-la nostra dimenticanza, ma niente può evitar-la, così come nessuno può fermare quella don-na dal cercare. Per sorprendere in se stessiquesta tensione non serve altro che quella«moralità originale», quella apertura totale,quella coincidenza con sé fino in fondo, quel-la non lontananza da sé che porta a dire: «Sulmio letto, lungo la notte, ho cercato l’amore del-l’anima mia», «Avete visto l’amore dell’animamia?». È quella apertura originale che vediamoin altri personaggi del Vangelo, tutti poveraccicome noi, ma a cui nessuno può impedire di cer-carLo, come Zaccheo, che sale sull’albero tut-

OTTOBRE 2013 V

»

Poi possiamodistrarci lungo la giornata, ma

la vita rimane unacosa da piangere,se ciascuno di noinon trova l’amoredell’anima sua,quell’amore che

rende piena di significato, di intensità,

di calore la vita

PAGINA UNOCOME NASCE UNA PRESENZA?

Page 6: COME NASCE UNA PRESENZA? · COME NASCE UNA PRESENZA? PAGINA UNO II OTTOBRE 2013 Appunti dagli interventi di Davide Prosperi e Julián Carrón alla Giornata d’inizio anno degli adulti

to curioso di vedere Gesù, o la Samaritana,tutta assetata e desiderosa dell’unica acqua chepuò soddisfare la sua sete. Davanti a queste fi-gure evangeliche non ci sono alibi: tutti quan-ti poveracci come noi, ma tutti tesi a cercarLo,definiti dalla ricerca di Lui e dalla passione perLui che disarma tutte le nostre preoccupazio-ni, tutte le nostre argomentazioni moralisticheper giustificare il nostro non cercarLo. Nessu-no di noi fa fatica a immaginare che cosa saràsuccesso in loro quando Gesù, piegandosi sulloro niente, li ha chiamati per nome. Come sa-

ranno rimasti stupiti! Come si sarà in-fiammata ancora di più la passione perLui, la voglia di cercarLo!

«Maria!». Come sarà vibrata tuttal’umanità di Gesù per poter dire il suonome con un tono, con un accento, conun’intensità, con una familiarità tali chela Maddalena subito Lo ha riconosciuto,quando solo un istante prima Lo ave-va confuso con il custode del giardino.«Maria!». È come se tutta la tenerezzadel Mistero arrivasse a quella donna at-traverso la vibrazione dell’umanità diGesù risorto, adesso senza veli, manon per questo meno intensa, anzi, contutta l’umanità di Gesù risorto vi-brante del fatto che quella donna ci sia.«Maria!». Allora si capisce come mai inquel momento lei ha capito chi era. Ha

potuto capire chi era perché Lui ha fatto vibra-re tutto il suo umano fino a farle sentire una taleintensità, pienezza, sovrabbondanza che non ave-va potuto mai immaginare prima, e che pote-va raggiungere solo nel rapporto con Lui. Sen-za di Lui non avrebbe mai saputo chi era né checosa poteva essere e diventare la vita, che intensitàdi pienezza poteva raggiungere la vita.

Cos’è il cristianesimo se non quella presenzatutta vibrante per il destino di una donna sco-nosciuta, che le fa capire che cosa Lui ha porta-to, che cosa è Lui per la vita? Che razza di no-vità è entrata nella storia attraverso la modali-tà con cui Cristo lo comunica! Gesù ci ha fattocapire che cosa è il cristianesimo dicendo a unadonna: «Maria!». È questa comunicazione del-l’essere, di «più essere», di «più Maria» che sve-la a quella donna chi è Gesù. Non è una teoria

o un discorso o una spiegazione, ma è un avve-nimento che ha sconvolto tutti coloro che sonoentrati, in un modo o in un altro, in rapportocon Lui e che i Vangeli, nella loro semplicità di-sarmante, comunicano nel modo più ingenuo,più semplice che ci possa essere, semplicemen-te pronunciando il nome: «Maria!», «Zac-cheo!», «Matteo!». «Donna, non piangere!».Che comunicazione di Sé deve essere accadutain loro per segnare così potentemente la loro vita,fino al punto che non potevano rivolgersi più aniente, non potevano più guardare la realtà, guar-dare se stessi, se non investiti da quella Presen-za, da quella voce, da quella intensità con cui erastato pronunciato il loro nome.

Si capisce lo sconvolgimento che percorre ognipagina del Vangelo davanti a una esperienzacome questa. Purtroppo noi ci siamo già abituatie non accusiamo più, tante volte, il contraccol-po; è già tutto scontato, tutto saputo! Ma che nonsia necessariamente così lo vediamo quando unuomo come papa Francesco ci testimonia il suostupore oggi: «La sintesi migliore, quella che miviene più da dentro e che sento più vera, è pro-prio questa: “Sono un peccatore al quale il Si-gnore ha guardato”. [...] Io sono uno che è guar-dato dal Signore» («Intervista a Papa Francesco»,a cura di Antonio Spadaro, La Civiltà Cattolica,III/2013, p. 451).

Tutto quell’avvenimento, quella modalitàunica di rapportarsi all’altro, di un «Io», Gesù,che entra in rapporto con un «tu», Maria, fa-cendola diventare se stessa, quel: «Maria!» chesconvolge quella donna, lo struggimento che l’hapercossa, si vede nella modalità con cui lei ri-sponde: «Rabbunì! Maestro!». E nella sobrietàdel Vangelo, san Giovanni commenta: «Ella sivoltò» sentendo il nome. Questa è la conversione,altro che moralismo! La conversione è un ri-conoscimento: «Maestro!». È la risposta al-l’amore di Uno che, dicendo il nostro nome conuna intensità affettiva mai vista prima, ci fa sco-prire di essere noi stessi. RiconoscerLo è la ri-sposta a questa passione di Uno per lei che ri-desta tutta la capacità affettiva di quella donna,perché Uno l’ha chiamata per nome fino al pun-to di generare quel rapporto nuovo con le coseche si chiama «verginità»: «Non trattenermi»,dice Gesù alla Maddalena, non ne hai bisogno.

VI OTTOBRE 2013

PAGINA UNOCOME NASCE UNA PRESENZA?

»

«Maria!».Come sarà vibrata

tutta l’umanitàdi Gesù per poterdire il suo nomecon un’intensità,

con una familiaritàtali che subito

Lo ha riconosciuto,quando solo

un istante primaLo aveva confuso

con il custodedel giardino

Page 7: COME NASCE UNA PRESENZA? · COME NASCE UNA PRESENZA? PAGINA UNO II OTTOBRE 2013 Appunti dagli interventi di Davide Prosperi e Julián Carrón alla Giornata d’inizio anno degli adulti

OTTOBRE 2013 VII

Qualsiasi altra cosa è niente rispetto a unistante di questa intensità affettiva che Maria havissuto con Gesù.

È sotto la pressione di questa commozione chelei può rivolgersi a Gesù con quella passione concui dice: «Rabbunì! Maestro!». Infatti, la rispostadi Maria è tutta frutto di quella modalità concui si è sentita chiamare per nome, è tutta sca-turita da quello sconvolgimento unico cheGesù ha provocato in lei. Altro che moralismo!Non ce lo sogneremmo neanche! È solo sottola pressione della commozione per la comuni-cazione dell’essere attraverso Gesù, che Maria

non ha potuto evitare di dire: «Maestro!» contutta la sua affezione.

L’AVVENIMENTO CHE OGNI UOMOINCONSAPEVOLMENTE ATTENDE

Questo struggimento che si è sentita addos-so quella donna, che c’era prima nell’umanitàdi Gesù tutta vibrante di passione per quella don-na, e che è diventato carne per comunicarsi at-traverso la Sua carne, attraverso la Sua com-mozione, attraverso il Suo sguardo, attraverso laSua modalità di parlare, attraverso il tono del-la Sua voce, questa è la novità che è entrata»

Crocifissionecon san Longino.

Page 8: COME NASCE UNA PRESENZA? · COME NASCE UNA PRESENZA? PAGINA UNO II OTTOBRE 2013 Appunti dagli interventi di Davide Prosperi e Julián Carrón alla Giornata d’inizio anno degli adulti

nella storia e che oggi, come ieri, l’uomo, cia-scuno di noi, aspetta. «L’uomo di oggi», dice-va don Giussani al Sinodo sui laici del 1987, «at-tende forse inconsapevolmente l’esperienzadell’incontro con persone per le quali il fatto diCristo è realtà così presente che la vita loro ècambiata. È un impatto umano che può scuo-tere l’uomo di oggi: un avvenimento che sia ecodell’avvenimento iniziale, quando Gesù alzò gliocchi e disse: “Zaccheo, scendi subito, vengo acasa tua”» (L. Giussani, L’avvenimento cristia-no, Bur, Milano 2003, p. 24).

È questo avvenimento che ha investito anchenoi. Attraverso la persona di don Giussani que-sto avvenimento, l’eco dell’avvenimento inizia-le, ci ha raggiunto, attraverso la sua umanità ela sua vibrazione per Cristo di cui noi siamo te-stimoni, tanto è vero che tanti di noi non sa-remmo qui se non l’avessimo toccato, se non fos-

simo stati travolti dal modo con cui lui ci ha co-municato Cristo. Diventeremo più consapevo-li di cosa ci è accaduto nell’incontro con donGiussani, leggendo la sua biografia, che adessoè a nostra disposizione. È lui che ha fatto arri-vare a noi, oggi, la vibrazione che raggiunse Ma-ria, la stessa di allora, non «come» quella di al-lora, ma «quella» di allora, la stessa di allora, quel-lo stesso avvenimento che raggiunse Maria. E cia-scuno deve guardare la propria esperienza,deve riandare all’origine di quella sua mossa ini-ziale per vedere sorgere proprio da lì il primo al-bore, il primo desiderio dell’appartenenza a Cri-sto. Non c’è altra sorgente dell’appartenenza senon l’esperienza del cristianesimo vissuto comeavvenimento ora. E solo questo è bastato perchéci venisse una voglia matta di essere «Suoi».

Come sempre, è il don Gius che ci aiuta a pren-dere consapevolezza della portata di tutto quel-

VIII OTTOBRE 2013

»Compianto di Cristo morto.

Page 9: COME NASCE UNA PRESENZA? · COME NASCE UNA PRESENZA? PAGINA UNO II OTTOBRE 2013 Appunti dagli interventi di Davide Prosperi e Julián Carrón alla Giornata d’inizio anno degli adulti

lo che ci è capitato; infatti, «che cos’è il cristia-nesimo se non l’avvenimento di un uomonuovo che per sua natura diventa un protago-nista nuovo sulla scena del mondo?» (Ibidem,p. 23), perché la questione fondamentale è l’ac-cadere di questa creatura nuova, di questanuova creazione, di questa nascita nuova.

INIZIO DI UNA CONOSCENZA NUOVA

È soltanto se una Presenza così potente inva-de la nostra vita che non abbiamo bisogno dimettere il braccio davanti al volto per difendercidai colpi delle circostanze e così poter vivere. Ep-pure tante volte noi siamo talmente feriti dal con-traccolpo delle circostanze che si blocca il cam-mino della conoscenza, e allora tutto diventa ve-ramente soffocante, perché è come se vedessi-mo la realtà soltanto per il buco della ferita. ComeMaria, che guardava la realtà attraverso il suopianto e non vedeva più altro: neanche ricono-sce Gesù! Allora appare Lui, la chiama pernome, e riapre la partita, le consente di ricono-scerLo, di cominciare a guardare la realtà di-versamente, perché la Sua presenza è più potentedi ogni ferita e di ogni pianto, e allora ci spalancadi nuovo lo sguardo per poter vedere la realtà nel-la sua verità. «Fu guardato e allora vide», dice-va sant’Agostino di Zaccheo (Sant’Agostino, Di-scorso 174, 4.4). Amici, come sarebbe diversa lavita se ciascuno di noi lasciasse entrare quellosguardo, qualsiasi fosse la nostra ferita!

È per questo che Giussani insiste sul fatto cheGesù è entrato nella storia per educarci a una co-noscenza vera del reale, perché noi pensiamo disapere già che cosa sia la realtà, ma senza di Luici assale la paura, ci blocchiamo e quindi soffo-chiamo nelle circostanze. Invece con Gesù tut-to si riapre, è come se Lui ci dicesse: «Guardateche io sono venuto per educarvi al vero rapportocon il reale, a quell’atteggiamento giusto che viconsente uno sguardo nuovo sul reale». Se noinon facciamo esperienza di questo, lasciando en-trare in continuazione il Suo sguardo, la Sua pre-senza, viviamo la realtà come tutti. È soltanto seGesù entra e rende possibile la conoscenzanuova che noi possiamo introdurre nel mondouna modalità diversa di stare nella realtà. Tuttele circostanze ci vengono date per questo, per pro-vocarci a questa conoscenza nuova, per vedere

che cosa è Gesù: una Presenza che ci consentedi vivere il reale in un modo diverso, nuovo. Equesto ci fa scoprire che tutte le circostanze nonsono una obiezione, come tante volte noi le guar-diamo, perché non siamo in grado di vedere l’at-trattiva che hanno dentro, tanto siamo definitidalla ferita; le abbiamo già ridotte perché noi pen-siamo già di sapere che cosa sia la circostanza,pensiamo già di sapere che non c’è niente di nuo-vo da scoprire dentro di essa, che c’è solo da sop-portare e che ci resta solo il tentativo moralisti-co di vedere se siamo all’altezza di sopportare quelsoffocamento.

E invece soltanto se riaccade una Pre-senza come quella accaduta alla Mad-dalena, il percorso della conoscenzanon si blocca, lo sguardo si spalanca,perché noi abbiamo molto di più del«sapere» le risposte a tutte le obiezio-ni o a tutte le sfide, noi abbiamo «la»risposta; ma la risposta non consiste,come noi pensiamo, nell’avere le istru-zioni per l’uso per vivere, perchél’istruzione per l’uso è diventata car-ne, è una Presenza, è il Verbo, il con-tenuto è una presenza, il contenuto èun Tu, il Tu che ha raggiunto Maria.Per questo se la verità è slegata, privadi questa relazione, non si capisce.Come ha scritto papa Francesco a Eu-genio Scalfari: «La verità, secondo lafede cristiana, è l’amore di Dio per noi in GesùCristo. Dunque, la verità è una relazione!» (Fran-cesco, «Lettera a chi non crede», op. cit., p. 2).Come è per il bambino: il bambino sa di nonsapere tante cose, ma una cosa la sa: che ci sonoil papà e la mamma che le sanno, allora che pro-blema c’è? Se io sono certo (questo è il valoredella certezza di cui parlava Davide Prosperi) diquesta Presenza che invade la vita, posso af-frontare qualsiasi circostanza, qualsiasi ferita,qualsiasi obiezione, qualsiasi contraccolpo,qualsiasi attacco, perché tutto questo mi spalancaad aspettare la modalità con cui il Mistero si faràvivo per suggerirmi la risposta - per accompa-gnarmi a entrare perfino nel buio -, che avver-rà secondo un disegno che non è il mio.

Che diversità nel modo di stare nel reale quan-do uno ha delle domande, quando uno ha del-

OTTOBRE 2013 IX

PAGINA UNOCOME NASCE UNA PRESENZA?

Gesù è entratonella storia

per educarcia una conoscenza

vera del reale,perché noipensiamo

di sapere già checosa sia la realtà,

ma senza di Luici assale la paura,ci blocchiamo e

quindi soffochiamonelle circostanze

»

Page 10: COME NASCE UNA PRESENZA? · COME NASCE UNA PRESENZA? PAGINA UNO II OTTOBRE 2013 Appunti dagli interventi di Davide Prosperi e Julián Carrón alla Giornata d’inizio anno degli adulti

le questioni aperte, perché è lì, quando reci-ta le Lodi o quando fa silenzio o quando ascol-ta un amico o quando prende il caffè o quan-do legge il giornale, che è tutto teso a scoprire,a intercettare qualsiasi briciola di verità che pos-sa venirgli incontro! Così tutto diventa interes-sante, perché se io non avessi la domanda, se ionon avessi la ferita, se io non avessi un’apertu-ra totale, nemmeno potrei rintracciarla, non mene renderei neanche conto. Per questo il nostroè un «cammino umanissimo», non fatto di al-lucinazioni o di visioni, ma come partecipazio-ne a una «avventura di conoscenza» che ci fa sco-prire sempre di più l’attrattiva che c’è dentroqualsiasi limite, dentro qualsiasi difficoltà, per-ché qualsiasi obiezione o qualsiasi circostanza,pur dolorosa, ha sempre dentro qualcosa di vero,altrimenti non ci sarebbe.

CHE COSA STIAMO A FARE AL MONDO?È da qui, da un’esperienza così del vivere che

possiamo rispondere alla domanda: «Checosa stiamo a fare al mondo?». Noi stiamo ca-pendo sempre di più, non malgrado le circo-stanze, ma proprio attraversando le circostanze,quale è il nostro compito. Come è successo, tral’altro, sempre nella vita del movimento, ce loricorda don Giussani, e adesso possiamo ca-pire molto meglio quanto ci diceva nel ’76, per-ché il ’76 era stato l’esito di avere attraversatomomenti della vita del movimento in cui eravenuto a galla che cosa significasse il nostro es-

sere nel mondo; allora diceva che ci sono duepossibilità di essere presenti nel reale: come«presenza reattiva», cioè che viene fuori da unanostra reazione, o come «presenza originale»,cioè che nasce da quello che ci è capitato.

«Reattiva significa determinata dai passi diciò che non è noi: porsi [nel reale] con ini-ziative, utilizzare discorsi, realizzare strumentinon generati come modalità totale dalla no-stra personalità nuova, ma suggeriti dall’usodi parole, dalla realizzazione di strumenti, dal-la modalità di atteggiamento e di comporta-mento degli avversari». Siccome «giochiamoancora sul terreno degli altri», definito dagli al-tri, allora «una presenza reattiva non può checadere in due errori: o diventa una presenzareazionaria, attaccata cioè alle proprie posizionicome “forme”, senza che i contenuti [...] sia-no così chiari da essere resi vita [...]; oppure[è soltanto un’]imitazione degli altri». Invece,«una presenza originale [è] una presenza se-condo la nostra originalità» (L. Giussani,Dall’utopia alla presenza. 1975-1978, Bur, Mi-lano 2006, pp. 52, 65). Cioè, presenza è rea-lizzare la comunione con Cristo e tra di noi.Ciò che Maria, Matteo, Zaccheo introducononel reale è una posizione definita da quella co-munione con Lui che ha generato la Suacommozione, comunicata nel dire il loronome. E quando questo succede a ciascuno dinoi, la comunione tra di noi si esprime comepresenza secondo la nostra originalità.

X OTTOBRE 2013

»Discesa di Cristo al Limbo.

Page 11: COME NASCE UNA PRESENZA? · COME NASCE UNA PRESENZA? PAGINA UNO II OTTOBRE 2013 Appunti dagli interventi di Davide Prosperi e Julián Carrón alla Giornata d’inizio anno degli adulti

UNA PRESENZA ORIGINALE

«Una presenza è originale quando scaturiscedalla coscienza della propria identità e dall’af-fezione a essa, e in ciò trova la sua consistenza»(Ibidem, p. 52), perché è ciò che soddisfa vera-mente la vita, come ci ha detto sempre Giussa-ni citando san Tommaso: «La vita dell’uomo con-siste nell’affetto che principalmente lo sostienee nel quale trova la più grande soddisfazione»(Summa Theologiae, IIa, IIae, q. 179, a. 1 co.). Laconsistenza della vita è lì dove noi troviamo lapiù grande soddisfazione.

Qual è, dunque, la nostra identità? «Identitàè sapere chi siamo e perché esistiamo, con una di-gnità che ci dà il diritto a sperare dalla nostra pre-senza “un meglio” per la nostra vita e per la vitadel mondo». E chi siamo noi? «Tutti voi infattisiete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, per-ché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi sie-te immedesimati con Cristo. Non c’è più né giu-deo né greco; non c’è più né schiavo né libero;non c’è più né uomo né donna, poiché tutti voisiete uno in Cristo Gesù» (cfr. Gal 3,26-28). Maquello che è successo nel Battesimo, per noi siè reso storicamente e consapevolmente perce-pibile nell’incontro con il movimento; solo al-lora abbiamo capito la portata di quello che eraaccaduto, di quella lotta che Cristo ha comin-ciato con noi nel Battesimo per conquistarci,come vir pugnator. Noi abbiamo preso consa-pevolezza di essa quando, incontrando il mo-vimento, siamo stati conquistati attraversoquella modalità con cui è stato detto il nostronome. E allora abbiamo capito che cosa vuol diresan Paolo quando scrive: «Voi che siete stati af-ferrati, vi siete immedesimati con Cristo» (cfr.Gal 3,27).

«Non voi avete scelto me, ma io ho sceltovoi» (Gv 15,16). «È una scelta oggettiva che nonci strappiamo più di dosso, è una penetrazio-ne del nostro essere che non dipende da noie che non possiamo più cancellare [questa èla nostra identità]. [...] Non esiste niente [dicedon Giussani] di culturalmente più rivoluzio-nario di tale concezione della persona, il cui si-gnificato, la cui consistenza è una unità con Cri-sto, con un Altro, e, attraverso questa, una uni-tà con tutti coloro che Egli afferra, con tutti co-loro che il Padre Gli dà nelle mani» (L. Gius-

sani, Dall’utopia alla presenza, op. cit., pp. 53-54). È questo che noi dobbiamo capire perché,lo vediamo nel piccolo della nostra vita, que-sta concezione della nostra persona - che è talesoltanto perché c’è Uno che ridice il nostronome, altrimenti saremmo ancora lì a piange-re per il fatto di vivere - non è un’astrazione, èun’esperienza prima che una concezione; e pro-prio da questo scaturisce un’autocoscienza dinoi che è come quella nata in Maria, che nonha potuto più guardare a se stessa come pri-ma, ma tutta determinata da quel «Maria!».

«La nostra identità è l’essere imme-desimati con Cristo. L’immedesima-zione con Cristo è la dimensione co-stitutiva della nostra persona. Se Cri-sto definisce la mia personalità, voi, chesiete afferrati da Lui, entrate necessa-riamente nella dimensione della miapersonalità. [...] [Per questo] sia che mitrovi da solo nella mia stanza, sia checi troviamo in tre a studiare in uni-versità, in venti alla mensa [...], do-vunque e comunque questa è la nostraidentità. Il problema è perciò l’auto-coscienza, il contenuto della coscien-za di noi stessi: “Vivo, non io, sei Tu chevivi in me” [Perciò la nostra identità simanifesta in questa autocoscienzanuova]. Questo è il vero uomo nuovonel mondo - l’uomo nuovo che fu il so-gno di Che Guevara e il pretesto mentitore di ri-voluzioni culturali con cui il potere ha tentatoe tenta di aver in mano il popolo, per soggiogarlosecondo la propria ideologia -; e nasce innan-zitutto non come coerenza, ma come autoco-scienza nuova».

«La nostra identità si manifesta in un’esperienzanuova dentro di noi [nel modo di vivere qual-siasi circostanza e qualsiasi sfida del reale] e tradi noi: l’esperienza dell’affezione a Cristo e al mi-stero della Chiesa, che nella nostra unità trova lasua concretezza più vicina. L’identità è l’esperienzaviva dell’affezione a Cristo e alla nostra unità».

«La parola “affezione” è la più grande e com-prensiva di tutta la nostra espressività. Essa in-dica molto più un “attaccamento” che nasce dalgiudizio di valore - dal riconoscimento di quel-lo che c’è in noi e tra di noi - che una facili-

OTTOBRE 2013 XI

»

PAGINA UNOCOME NASCE UNA PRESENZA?

«Una presenzaè originale quando

scaturisce dallacoscienza dellapropria identitàe dall’affezionea essa, e in ciò

trova la suaconsistenza».

La consistenza della vita è lì dove

noi troviamo la più grandesoddisfazione

Page 12: COME NASCE UNA PRESENZA? · COME NASCE UNA PRESENZA? PAGINA UNO II OTTOBRE 2013 Appunti dagli interventi di Davide Prosperi e Julián Carrón alla Giornata d’inizio anno degli adulti

tà sentimentale, effimera, labile come fogliain balìa del vento. E nella fedeltà al giudizio, cioènella fedeltà alla fede, con l’età, tale attaccamentocresce, diventa più turgido, vibrante e potente».

UN FATTO DENTRO IL QUALE NAUFRAGARE

«Questa esperienza viva di Cristo e della no-stra unità è il luogo della speranza, perciò dellascaturigine del gusto della vita e del fiorire pos-sibile della gioia - che non è costretta a dimen-ticare o a rinnegare nulla per affermarsi -; ed èil luogo del recupero di una sete di cambiamen-to della propria vita, del desiderio che la propriavita sia coerente, muti in forza di quello che essaè al fondo, sia più degna della Realtà che ha “ad-dosso”».

«Dentro l’esperienza di Cristo e della nostra uni-tà vive la passione per il cambiamento della pro-pria vita [non della giustificazione dei nostri er-rori!]. Ed è il contrario del moralismo: non unalegge cui essere adeguati, ma un amore cui ade-rire, una presenza da seguire sempre di più contutto se stessi [mamma mia!], un fatto dentro ilquale realmente naufragare [per essere avvolti tut-ti da questo amore senza fondo e senza limiti: «unfatto dentro il quale realmente naufragare»]. [...]Il desiderio del cambiamento di sé, pacato,

equilibrato, e nello stesso tempo appassionato, di-venta allora una realtà quotidiana [il desiderio diessere Suoi, di appartenerGli di più, di cercarLoin continuazione] - senza ombra di pietismo odi moralismo -, un amore alla verità del proprioessere [di ricercatore della persona amata], un de-siderio bello e scomodo come una sete» (Ibidem,pp. 54-56).

Ma tutto questo deve diventare maturo, per-ché siamo ancora confusi, dice sempre don Gius-sani. Se questo inizio piccolo, embrionale, nondiventa maturo, alla prima tempesta è travolto.Noi non potremo più resistere «se quell’accen-to iniziale non diventa maturo: non possiamopiù portare da cristiani l’enorme montagna dilavoro, di responsabilità e di fatiche a cui siamochiamati. Non si coagula, infatti, la gente con del-le iniziative [non è questo che dà consistenza];ciò che coagula è l’accento vero di una presen-za, che è dato dalla Realtà che è tra noi e che ab-biamo “addosso”: Cristo e il Suo mistero reso vi-sibile nella nostra unità».

«Proseguendo nell’approfondimento del-l’idea di presenza - continua don Giussani -, oc-corre allora ridefinire la nostra comunità. La co-munità non è un coagulo di gente per realizza-re iniziative [1976!], non è il tentativo di costruire

XII OTTOBRE 2013

»Pie donne al sepolcro.

Page 13: COME NASCE UNA PRESENZA? · COME NASCE UNA PRESENZA? PAGINA UNO II OTTOBRE 2013 Appunti dagli interventi di Davide Prosperi e Julián Carrón alla Giornata d’inizio anno degli adulti

una organizzazione di partito [1976!]: la co-munità è il luogo della effettiva costruzione dellanostra persona, cioè della maturità della fede. [Cia-scuno deve decidere se seguire don Giussani oseguire le proprie idee riguardo a quello che diceGiussani]».

«Scopo della comunità è generare adulti nel-la fede. È di adulti nella fede che il mondo ha bi-sogno, non di bravi professionisti o di lavoratoricompetenti, perché di questi la società è piena,ma tutti sono profondamente contestabili nel-la loro capacità di creare umanità».

«Il metodo con cui la comunità diventa luo-go di costruzione di maturità della fede per la per-sona è [...]: “seguire”. [...] Seguire vuol dire im-medesimarsi con persone che vivono con piùmaturità la fede, [attenzione!] coinvolgersi inun’esperienza viva, che “passa” (tradit, tradizione)il suo dinamismo e il suo gusto dentro di noi[questo è il naufragare in un’esperienza viva, inun fatto]. Questo dinamismo e questo gusto pas-sano in noi non attraverso i nostri ragionamenti,non al termine di una logica, ma quasi per pres-sione osmotica [guardate!]: è un cuore nuovoche si comunica al nostro, è il cuore di un altroche incomincia a muoversi dentro la nostra vita[altro che istruzioni per l’uso o fare soltanto quel-lo che dicono gli altri! Ma il cuore di un Altroche comincia a vibrare dentro il nostro cuore]».

«Da qui sorge l’idea fondamentale della no-stra pedagogia dell’autorità: veramente autore-voli per noi sono le persone che ci coinvolgonocon il loro cuore, con il loro dinamismo e conil loro gusto, nati dalla fede. Ma autorevolezza rea-le è allora la definizione dell’amicizia».

«L’amicizia vera è la compagnia profonda al no-stro destino [...] [per questo mi viene sempre inmente l’immagine a noi così familiare di Pietroe Giovanni, con gli occhi spalancati mentre cor-rono al sepolcro, insieme tesi al destino. Ciascu-no può fare il paragone con il concetto solito diamicizia che vive. Insieme tesi al destino. Non “nonamicizia”, ma che amicizia!]. E non è questionedi temperamento [...]: l’amicizia vera si sente nelcuore della parola e nel gesto della presenza» (Ibi-dem, pp. 57-59). È necessario che tutto entri nel-la vita così, «la fede come “reagente” sulla vita con-creta, in modo tale che siamo condotti a vederel’identità tra la fede e l’umano reso più vero [pos-

siamo verificare così che, vivendo la vita nella fededel Figlio di Dio che ha dato la Sua vita per noi,tutto diventa più vero] - nella fede l’umano di-venta più vero [e questo o è un’esperienza no-stra sempre più vera, che si avvera sempre di più,o noi possiamo continuare a “rimanere” nel mo-vimento e il nostro cuore essere spostato altro-ve, e non per cattiveria, ma semplicemente per-ché non ci riesce a prendere]».

«Tutto ciò deve diventare vero in noi, ed è perquesto che il tempo ci è dato. La ricerca del veroè l’avventura per cui il tempo è reso storia», ac-quista il suo valore come tempo. Al-trimenti - dice - noi soccombiamoalla «tentazione dell’utopia» cioè a ri-porre, a scivolare riponendo «la no-stra speranza e la nostra dignità in un“progetto” generato da noi» (Ibi-dem, pp. 61-62).

CIÒ CHE SALVA L’UOMO

A questo punto don Giussani fal’elenco di tutti i passi della storia delmovimento e dice: «Noi non siamoentrati nella scuola cercando di for-mulare un progetto alternativo per lascuola [fate attenzione, adesso]. Vi sia-mo entrati con la coscienza di porta-re Ciò che salva l’uomo anche nellascuola». E lo stesso possiamo dire ditutto. Poi racconta di quando questocominciò ad annebbiarsi nel ’63 e nel ’64 e poinel ’68. Ma guardate cosa dice: che cosa tradi-rono quelli che andarono via, quelli che non fu-rono leali, fedeli a quell’inizio originale? Checosa tradirono? La presenza. Che cosa tradia-mo noi? La presenza, se noi non siamo radicatinell’inizio. Non la «non presenza», perchépossiamo riempirci la vita di cose, come lorola riempivano di iniziative. Che cosa avevanotradito? Che cosa tradiamo noi? La presenza,non l’assenza. «Il progetto aveva sostituito la pre-senza» (Ibidem, pp. 63-64). Adesso lo capiamobene. Noi abbiamo visto ciò che abbiamo gua-dagnato assecondando certi schieramenti, macominciamo solo ora a renderci conto diquanto abbiamo perso, in termini di presen-za, di presenza originale, della nostra origina-lità. Dobbiamo decidere se diventare una fa-

OTTOBRE 2013 XIII

PAGINA UNOCOME NASCE UNA PRESENZA?

»

Questo dinamismoe questo gustopassano in noi non attraverso

i ragionamenti, nonal termine di una

logica, ma quasi perpressione osmotica:

è un cuore nuovoche si comunica

al nostro, è il cuoredi un altro che inizia

a muoversi dentrola nostra vita

Page 14: COME NASCE UNA PRESENZA? · COME NASCE UNA PRESENZA? PAGINA UNO II OTTOBRE 2013 Appunti dagli interventi di Davide Prosperi e Julián Carrón alla Giornata d’inizio anno degli adulti

zione oppure una presenza originale. Que-sto non vuol dire che per essere di tutti occor-ra non essere di nessuno. Anzi. Per essere di tut-ti occorre essere di Uno, perché solo Lui puòdarci quella soddisfazione di cui parlavaDavide, che ci rende liberi per essere vera-mente noi stessi, per essere una presenza ori-ginale e non reattiva.

Che cosa stiamo a fare al mondo? «La novi-tà è la presenza [prosegue don Giussani] comeconsapevolezza di portare “addosso” qualco-sa di definitivo - un giudizio definitivo sul mon-

do, la verità del mondo e dell’umano-, che si esprime nella nostra unità. Lanovità è la presenza come consapevo-lezza che la nostra unità è lo strumentoper la rinascita e per la liberazione delmondo» (Ibidem, p. 65). Non possia-mo sostituire questo con qualsiasi im-magine o progetto che abbiamo in te-sta noi. Come ha scritto il cardinaleScola nella sua ultima Lettera pastorale:«Non si tratta di un progetto, tantomeno di un calcolo. Pieni di gratitudinei cristiani intendono “restituire” ildono che immeritatamente hanno ri-cevuto e che, pertanto, chiede di esse-re comunicato con la stessa gratuità»(A. Scola, Il campo è il mondo, Letterapastorale, Centro Ambrosiano, Mila-no 2013, p. 40).

Perché ci viene la tentazione di sostituire lafede con un progetto? Perché pensiamo che lafede, la comunità cristiana come presenza, nonsia abbastanza incidente, non sia in grado dicambiare la realtà e per questo crediamo di do-ver aggiungere noi qualcosa, non come espres-sività di quello che noi siamo - è inevitabile checi si esprima -, ma come aggiunta perché man-cherebbe qualcosa alla fede per essere concre-ta, come se a Gesù mancasse qualcosa e dovesseaggiungere qualcosa d’altro alla testimonian-za di Sé; lo hanno pensato tutti coloro che cre-devano che il cristianesimo vissuto nella tra-dizione non bastasse per essere presenti, e noipensiamo che il movimento a volte non basti.Perciò questa è un’occasione preziosa per ap-profondire la questione: che cosa siamo? Checosa stiamo a fare al mondo?

«La novità - dice sempre don Giussani - è lapresenza di questo avvenimento di affezionenuova e di nuova umanità, è la presenza di que-sto inizio del mondo nuovo che noi siamo. La no-vità non è l’avanguardia, ma il Resto d’Israele,l’unità di coloro per i quali ciò che è accaduto è tut-to [non un pezzo a cui occorre aggiungere qual-cosa d’altro; ciò che è accaduto è tutto!] e cheaspettano solo il manifestarsi della promessa, ilrealizzarsi di quello che è dentro l’accaduto. Lanovità non è, dunque, un futuro da perseguire,non è un progetto culturale, sociale e politico:la novità è la presenza. [Che peso acquistano,adesso, queste parole! Lo vediamo testimonia-to ogni giorno da papa Francesco: non ha bi-sogno d’altro del fatto di porsi, lui disarmato, da-vanti a tutti perché] essere presenza non vuol direnon esprimersi: anche la presenza è un’espres-sività» [ma è una cosa ben diversa] (L. Giussa-ni, Dall’utopia alla presenza, op. cit., pp. 65-66).

La differenza risiede nella diversità del-l’espressività.

«L’utopia ha come modalità di espressione ildiscorso, il progetto e la ricerca ansiosa di stru-menti e di forme organizzative. La presenza hacome modalità di espressione un’amicizia ope-rante, gesti di una soggettività diversa che si ponedentro tutto, usando di tutto (i banchi, lo studio,il tentativo di riforma dell’università, eccetera),e che risultano prima di tutto gesti di umanitàreale, cioè di carità. Non si costruisce una realtànuova con dei discorsi o dei progetti organizza-tivi, ma vivendo gesti di umanità nuova nel pre-sente». Ciascuno di noi, ogni comunità deve pen-sare a questo: come possiamo porre nel reale ge-sti di umanità reale, cioè di carità. Non è, dun-que, «l’abolizione di una responsabilità», ma è unamodalità diversa di concepire la responsabilità.«Ho indicato ciò che deve accadere affinché noiabbiamo a lavorare di più, a incidere di più nel-la realtà, e in una letizia sempre più grande, nonin un logorio e in una amarezza che ci divido-no gli uni dagli altri. Il compito che ci aspetta èl’espressione di una presenza consapevole, ca-pace di criticità e di sistematicità. Tale compitoimplica un lavoro. Il lavoro è il porsi della nostraidentità dentro la materialità del vivere. La miaidentità, in quanto penetra la materialità del vi-vere, cioè in quanto è dentro la condizione esi-

XIV OTTOBRE 2013

PAGINA UNOCOME NASCE UNA PRESENZA?

Abbiamo vistociò che abbiamo

guadagnatoassecondando certi

schieramenti, ma cominciamo

solo ora a renderciconto di quantoabbiamo perso,

in termini di presenza, di presenza

originale, dellanostra originalità

»

»

La Risurrezione di Gesù Cristo.

Page 15: COME NASCE UNA PRESENZA? · COME NASCE UNA PRESENZA? PAGINA UNO II OTTOBRE 2013 Appunti dagli interventi di Davide Prosperi e Julián Carrón alla Giornata d’inizio anno degli adulti

OTTOBRE 2013 XV

Page 16: COME NASCE UNA PRESENZA? · COME NASCE UNA PRESENZA? PAGINA UNO II OTTOBRE 2013 Appunti dagli interventi di Davide Prosperi e Julián Carrón alla Giornata d’inizio anno degli adulti

stenziale, lavora e mi fa reagire» (Ibidem, pp. 66, 69). Tutte queste cose ce le diceva nel ’76, ma negli anni

’90 don Giussani insiste di nuovo, e arriva a radica-lizzare ancora di più la questione: «Dall’Equipe del 1976,il cui titolo era Dall’utopia alla presenza è stato fatto uncammino che ci spinge ora a sfondare e sfrondare laparola presenza: bisogna sfondarla e sfrondarla [...] per-ché la presenza è nella persona, solo ed esclusivamen-te nella persona, in te [cioè nella creatura nuova]. Lapresenza è un argomento che coincide con il tuo io. Lapresenza nasce e consiste nella persona. [...] E quelloche definisce la persona come attore e protagonista diuna presenza è la chiarezza della fede [lo vediamo benein papa Francesco], è quella chiarezza della coscienzache si chiama fede, quella chiarezza della coscienza chenaturalmente si chiama intelligenza, perché la fede èl’aspetto ultimo dell’intelligenza, è l’intelligenza che rag-giunge il suo orizzonte ultimo, che identifica il suo de-stino, identifica ciò di cui tutto consiste, identifica la ve-rità delle cose, identifica dove stia il giu-sto e il bene, identifica la grande presen-za, quella grande presenza che permettela manipolazione trasfigurante delle cose,per cui le cose diventano belle, le cose di-ventano giuste, le cose diventano buonee tutto si organizza nella pace. La presenzaè tutta quanta consistente nella persona,nasce e consiste nella persona e la perso-na è intelligenza della realtà fino a tocca-re l’orizzonte ultimo» (L. Giussani, Unevento reale nella vita dell’uomo. 1990-1991,Bur, Milano 2013, pp. 142-143).

È per questo che le due domande - «Come si fa avivere?» e «Cosa stiamo a fare al mondo?» - vanno in-sieme. Il fattore che le unisce è la persona, perché pos-siamo illuderci riempiendo la vita di iniziative per evi-tare di convertirci a Lui. Ma come è diverso quandole iniziative sono espressione di questa conversione,della nostra appartenenza a Lui. Come ci ricorda donGiussani, «la presenza di Cristo, nella normalità delvivere, implica sempre di più il battito del cuore: lacommozione della Sua presenza diventa commozionenella vita quotidiana e illumina, intenerisce, abbelli-sce, rende dolce il tenore della vita quotidiana, sem-pre di più. Non c’è niente di inutile, non c’è niente diestraneo, perché non c’è niente di estraneo al tuo de-stino, e perciò non c’è niente a cui non ci si possa af-fezionare [non: sopportare, ma: affezionare!], a tut-to ci si affeziona, nasce un’affezione a tutto, tutto, con

le sue conseguenze magnifiche di rispetto della cosache fai, di precisione nella cosa che fai, di lealtà conla tua opera concreta, di tenacia nel perseguire il suofine; diventi più instancabile». Come dice un pezzodel profeta Isaia: «Anche i giovani faticano e si stan-cano, gli adulti inciampano e cadono; ma quanti spe-rano nel Signore riacquistano forza, mettono ali comeaquile, corrono senza affannarsi, camminano senzastancarsi» (Ibidem, pp. 103-104, VII).

UNA LETIZIA GENERATIVA

Quando questo penetra fino nel fondo del nostroessere, riempie la vita di letizia. E questa è la cartinaultima di tornasole che ci lascia don Giussani. Quan-te persone conosciamo veramente liete? Perché sen-za letizia, non c’è generazione, non c’è presenza. È laletizia che lega le due domande, «Come si fa a vive-re?» e «Cosa stiamo a fare al mondo?», perché senzauna risposta per la prima, non c’è risposta neppure per

la seconda; e quindi non c’è letizia. DonGiussani insiste che la condizione delgenerare è la letizia: «La letizia è il river-bero della certezza della felicità, del-l’Eterno, e si forma di certezza e di volontàdi cammino [una certezza che ci mette incammino], di coscienza del camminoche si sta compiendo [...]. “Con questa le-tizia è possibile guardare con simpatia tut-to” [con la letizia, con questa letizia è pos-sibile generare diversamente le cose] [...],perché guardare con simpatia uno che è

antipatico è generare una cosa nuova nel mondo, è ge-nerare un avvenimento nuovo. La letizia è la condi-zione per la generazione, la gioia è la condizione perla fecondità. Essere lieti è condizione indispensabileper generare un mondo diverso, una umanità diver-sa. Ma abbiamo una figura in questo senso che do-vrebbe esserci di consolazione o di consolante sicu-rezza, che è Madre Teresa di Calcutta. [...] La sua è unaletizia generativa, feconda: non muove un dito, sen-za cambiare qualche cosa. E la sua letizia non sono zi-gomi che si rattrappiscono in un riso forzoso, artifi-cioso, no, no, no! È tutta profondamente attraversa-ta dalla tristezza delle cose, come la faccia di Cristo [...].[Ma] la tristezza essendo condizione passeggera [è] con-dizione del cammino [...] [perciò] perfino il nostromale non [ci] può togliere la letizia; [...] la letizia è comeil fiore del cactus, che nella pianta piena di spine ge-nera una cosa bella» (Ibidem, pp. 240-241).

XVI OTTOBRE 2013

PAGINA UNOCOME NASCE UNA PRESENZA?

Perché senzaletizia, non c’è

generazione, nonc’è presenza.Essere lieti

è condizioneper generare unmondo diverso

»