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  • 7/29/2019 COME STATO #15o

    1/1615 ottobre 2011, Roma, global revolution DEMO

    Lo stato non pu in alcun caso tollerare

    [...] che delle singolarit facciano

    comunit senza rivendicare unidentit.

    Giorgio Agamben

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    Molte sono le cose per cui vienericordato il 15 ottobre del 2011 a

    Roma. Tra le tante, una rimaneper noi particolarmente signi-cativa: quel giorno, in piazza SanGiovanni, si espressa nella rivol-ta quella che chiamiamo la politi-ca del non-soggetto. Quel che piimporta di quella giornata, inatti,

    non sta nel atto che nessun grup-po, struttura o coordinamento di-rigesse la sommossa o che nessu-na organizzazione con ambizioniegemoniche abbia potuto prati-care il suo misero obiettivo, maquello che per qualche ora tuttihanno visto: la resistenza si ac-compagnava alla distruzione delleidentit prodotte dal capitalismo.Nella citt rivoltata non ceranopi soggetti identitari - operai,studenti, precari, squatters, em-ministe o disoccupati ma unaesistenza comune lanciata in un

    divenire rivoluzionario. D'altron-de questa elice indistinzione,questa cancellazione pubblicadelle identit, ci che connotaogni esta come ogni rivolta, en-trambe vocate alla sospensionetemporanea del continuum stori-

    co. Anche per questo non u ne-cessario arrivare sotto i cosiddetti

    palazzi del potere per mettere incrisi gli apparati di controllo e digoverno. Se vi qualcosa che sdaapertamente il management im-

    periale l'opacit di chi gli sugge,gli si oppone, gli resiste: l'apertu-ra di un varco spazio-temporaleinoltrepassabile dal potere quantopermeabile al suo altro.La strategia contro-insurrezio-nale reag immediatamente per

    arginare lo sciopero della metro-poli e non solo con le cariche, icaroselli dei blindati, i pestaggi egli arresti. I media si schieravanoinatti nell'arena della guerra civi-le globale invitando la parte one-sta e perbene della popolazionee dei movimenti alla delazione.Bisognava subito re-identicare,riclassicare, individualizzare laprotesta, costruire socialmenteil nemico interno. Come succes-so gi in Inghilterra, negli Usa, inSpagna, in Egitto, in Tunisia, inGrecia, in Cile... Perch se l'Impe-

    ro ovunque, lo anche la guerracivile che lo divide ma, attenzione,non la sommossa a rivelarne lapresenza, l'esistenza quotidianaa denire il campo di battaglia, lanostra giornaliera dose di miseriae di elicit di plastica la 'guerra

    sociale' che ci viene mossa, l'in-giunzione a essere qualcuno e allo

    LA VERA DEVASTAZIONE

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    stesso tempo quella a non distur-bare troppo una societ costruitacome osse un enorme carcereesistenziale a disegnare i contor-

    ni di questa civilt. questo am-biente di soocante amiliaritche va denitivamente devastato.Una risata a volte suciente.

    DELLO STATO DI ECCEZIONEANCORA

    Del resto lordine democratico siregge ormai in gran parte su vec-chie e nuove leggi speciali, pro-messe di carcere, servizi dordinee delazioni.La democrazia reale in cui vi-viamo ricorre costantemente aleggi speciali e misure straordi-narie di governo che implicanoluso massiccio di orze armate ela sospensione di norme costitu-zionali poste, presuntamente, atutela delle libert individuali. DaBolzaneto alla gestione delle po-polazioni terremotate dellAbruz-

    zo, dai C.I.E. alla militarizzazione

    del territorio in Val Susa lo statodeccezione [] in cui viviamo diventato regola. La legislazioneattuale ormulata in modo tale

    da risultare priva di qualunquecontenuto prescrittivo, o meglio suscettibile di essere riempitadi qualunque contenuto utile alcompimento della strategia con-tro-insurrezionale in corso.Inatti il reato di devastazione e

    saccheggio, ormai ripetutamenteutilizzato come orma di controllodei movimenti, e ancora una voltautilizzato per punire i riottosi dipiazza San Giovanni, strumen-talmente ormulato in manieraaperta, il ch non toglie aatto lapossibilit di scorgerne il suo pro-lo politico. Come sempre i pro-cessi, il carcere, le chiacchiere didestra e di sinistra servono a ma-nipolare il ricordo della rivolta, aricacciare quellimmagine estosadi piazza San Giovanni nella eraglobale della ollia metropolitana.

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    GIUDIZIO

    Ad oggi, sono sei le condanne in primo grado per devastazione e sac-cheggio, resistenza e lesioni a pubblico uciale pluriaggravate per las-

    salto al blindato dei carabinieri nel corso degli scontri il 15 ottobre. Icompagni arrestati e sottoposti alla domiciliazione orzata, tra laltro,non sono stati arrestati in fagranza di reato ma identicati dai video adisposizione delle orze dellordine, probabile ruttuoso esito dellisti-gazione alla delazione o comunque della strategia contro-insurrezio-nale perseguita in stretta connessione da organi di polizia e dellinor-mazione libera.

    La condotta di devastazione e saccheggio prevista nel codice penalein due norme:-lart. 285 c.p., che punisce chiunque commette atti di devastazione esaccheggio allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato. E la atti-specie pi grave, ed punita con lergastolo;-lart. 419 c.p., che invece punisce gli atti di devastazione e saccheggio

    non nalizzati a pregiudicare la sicurezza dello Stato, ma che possonoinvece compromettere lordine pubblico. E punito in maniera menograve rispetto al primo, ossia con la reclusione da otto a quindici anni. questultimo che viene contestato per i atti del 15 ottobre, ed ancherispetto a questultimo vale la regola della non regola, la ormulazio-ne aperta per cui non specicato quando un comportamento possaqualicarsi come atto nalizzato alla devastazione o al saccheggio. E

    quindi il giudice che, caso per caso, valuta se una determinata condottapossa integrare il reato di cui al 419 c.p.In questo senso la giurisprudenza (peraltro esigua) in tema di devasta-zione e saccheggio congura il reato non come una serie di danneggia-menti o rapine, bens come atti che possano pregiudicare in manieraeettiva la vita collettiva, identicata integralmente con lordine pub-blico. E evidente la vaghezza del legislatore: non essendo strettamente

    tipizzata la condotta, si lascia alla magistratura una enorme discrezio-nalit. Inoltre non si comprende come un unico soggetto possa com-piere tanti atti di danneggiamento cosi gravi da congurare unattivi-

    LA TECNICA

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    t di devastazione. Da qui la necessit di un concorso, anche morale(come conermato dalla Cassazione nel luglio del 2012 per i atti diGenova), con altre persone: concorso morale che identica non unapartecipazione attiva, concreta, al compimento di atti di devastazione

    o saccheggio, ma anche una semplice presenza sul luogo dei atti chepossa in qualche modo supportare lattivit di chi compie il reato (sivedano le recenti denunce per i atti del #15O, dove suciente sor-ridere a metri di distanza da un blindato in amme per essere accusatidi devastazione e saccheggio).Dallindeterminatezza dellart. 419 c.p. emerge quindi in maniera chia-ra la sua natura repressiva e conseguentemente politica: se inatti non

    si specica quando un comportamento pu congurare un atto di de-vastazione o saccheggio, evidente che questo permette alla polizia in-nanzitutto di arrestare in maniera indiscriminata, e in secondo luogo,al giudice e alla magistratura di riempire il concetto a piacimento.

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    Se indubbia una certa continu-

    it del diritto penale tra regimeliberale, ascista e repubblicano,non dobbiamo perdere di vistale cesure che nel corso degli ulti-mi decenni hanno reimpostato leorme della sovranit moderna edella sua cultura giuridica o sotto-

    valutare i legami, spesso sotterra-nei, che lattualit intrattiene conle sue origini. E le origini del reatodi devastazione e saccheggio nonsono nel ascismo ma aondanonella nascita dello Stato moderno.La storia del reato in oggetto trovale sue radici nel codice napoleo-nico del 1810, poi applicato neidiversi regni italiani, no alla suaormulazione liberale nel codiceZanardelli del 1889. Di passaggioricordiamo che sar proprio Na-poleone, nel 1811, a introdurrelarticolo di legge concernente il

    moderno stato deccezione.Neanche a dirlo Giuseppe Zanar-delli era un deputato della sini-stra e aveva lui stesso partecipatoin giovent a eventi insurrezionalinel 1849. Il reato di devastazionee saccheggio u connesso origina-

    riamente in modo esplicito al ri-schio di guerra civile e introdotto

    anche nel nuovo Stato italiano perpunire i protagonisti dei diversimoti che lo attraversarono in quelsecolo, all alba del movimento

    operaio e contadino. Era dunqueun reato politico, nel senso pro-ondo che questo concetto espri-me, cio la orma che il governod al rapporto col suo altro, aquello che percepisce come ostile,nemico.

    Il codice Rocco, durante il asci-smo, mantenne ma riormul ilreato omettendo ci che di po-litico vi era contenuto, puntan-do tutto sulla sua denizione inquanto reato comune che avevacome suo eetto la messa in pe-ricolo della sicurezza dello Stato.Il ascismo, al contrario di quan-to si crede normalmente, in realtspoliticizza i comportamenti sov-versivi, riducendoli a atto pura-mente delinquenziale. Il proble-ma sar da quel momento in poiscongiurare con ogni mezzo che il

    atto politico contenuto in deter-minati comportamenti, levidenzadelle amicizie e delle inimicizieinterne, cio la guerra civile, siaun atto riconoscibile da chiun-que ma, allo stesso tempo, ren-dere lo stato deccezione un atto

    normale.

    ORIGINI

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    Il reato di devastazione e sac-cheggio, dopo la seconda guer-ra mondiale, venne inizialmentecontestato dopo i moti di piazzasuccessivi al erimento di Togliattinel 1948, quando migliaia di per-

    sone scesero in piazza, anche ar-mate; oppure dopo i atti del giu-gno 1960, per le maniestazioni diprotesta contro il governo Tam-broni. Momenti quindi di scontrosociale ortissimo e dal caratterepre-insurrezionale. Forse proprio

    per questa sua storia contraddit-toria durante gli anni Settantanon u mai utilizzata laccusa didevastazione e saccheggio controun antagonismo organizzato chenon aceva mistero del suo volerinsorgere contro i poteri costitu-iti. In presenza di un movimentoesteso, proondo e organizzatou preerita allepoca la via delle

    accuse di terrorismo e di bandaarmata per meglio isolare il eno-meno sovversivo.Il reato ricominci ad essere con-testato verso la ne degli anni 90,allepoca della denizione dellat-tuale strategia imperiale della

    contro-insurrezione, nei conron-ti di soggetti identitari marginalinella societ e che non godonodel avore dellopinione pubblica eperci meno diendibili rispettoad altri. Nel 1998 inatti, vengonoindagati per devastazione alcuni

    partecipanti ad un corteo a Torinoper protestare contro la morte diEdoardo Massari, che si era con-cluso con una breve sassaiola con-tro il palazzo di giustizia; nel 2001vengono condannati per lo stessoreato alcuni ultras, che al terminedi una partita avevano ribaltatoun urgone per ostacolare le cari-che della polizia; oppure ancora,

    CASUS BELLI

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    nel 2003 per gli scontri duranteAvellino-Napoli; nel 2004, dopoil derby Lazio-Roma sospeso; op-pure ancora, nel 2007, in seguito

    agli assalti ai commissariati dopol omicidio di Gabriele Sandri.Lo stadio, del resto, ha svolto per

    molti versi il ruolo di laboratoriocontro-insurrezionale: negli ulti-mi venti anni, inatti, nei conron-ti degli ultras sono state applicate

    orme di repressione, estese poinel corso del tempo a cortei, ma-niestazioni di piazza, e pi in ge-nerale ad ogni orma di dissenso ocontrapposizione ( vedi ad esem-pio, il recente dibattito, scaturitodopo gli scontri in piazza del po-polo del 14 dicembre 2010, sulla

    possibilit di estendere la dida(DASPO), misura preventiva, checomporta il divieto di accesso allemaniestazioni sportive per i pre-

    giudicati o persone con carichipendenti, anche alla disciplinaper la garanzia dellordine pubbli-co nei cortei).La sperimentazione giunge alsuo termine con i atti del g8 diGenova del 2001 (10 le condanne

    per devastazione e saccheggio, lapi lieve delle quali di 6 anni e6 mesi mentre la pi grave di 15anni ) e le condanne nei conrontidei maniestanti arrestati in segui-to agli scontri in Corso BuenosAires dell11 Marzo 2006 duran-te il corteo antiascista contro la

    Oggi ci troviamo probabilmentedi ronte a un ibrido: da un latosembra che la giurisprudenza diStato riscopra le origini del reato la guerra civile - ma, dallaltro,deve continuare a negarne il va-lore politico per occultare il atto

    che vi sia inimicizia allinternodella comunit statuale imma-

    LA LINEA DEL FRONTE...

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    Oggi ci troviamo probabilmentedi ronte a un ibrido: da un latosembra che la giurisprudenza di

    Stato riscopra le origini del rea-to la guerra civile - ma, dallal-tro, deve continuare a negarneil valore politico per occultare ilatto che vi sia inimicizia allin-terno della comunit statualeginaria e qui solamente emergela continuit tra ascismo e de-mocrazia, preerendone appun-to la riduzione a reato comune.

    Sorge il sospetto che sia per que-sto che coloro che negli ultimiprocessi sono stati raggiunti daquesti provvedimenti non sono

    personaggi riconducibili acil-

    mente a delle strutture politichema singolarit qualunque, plebeche altrettanto acilmente ridu-cibile a orma di vita criminale,

    schiuma, pura eccedenza del cor-po sociale. Ma, pi sottilmente,questo atto a segno che sotto ildominio dellImpero ogni vita criminale, al di l di ogni suo e-ettivo comportamento. In que-sto senso non solo ingannevolela divisione tra colpevoli e inno-centi ma lo anche il presentareogni accusato, ogni prigioniero,

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    slata della Fiamma Tricolore, aMilano: 4 anni di carcere per 16militanti antiascisti, con rito ab-breviato (che prevede lo sconto di

    un terzo della pena).

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    come vittima della repressioneo martire della libert. Bisognaessere conseguenti alle evidenzee rintracciare ovunque la linea

    del ronte, gli amici e i nemici, e

    questo n dentro noi stessi. Inol-tre, anche rispetto alle posizioniche spesso vengono prese dentroi movimenti, questa veloce car-rellata storica a comprendere che

    gridare al ascismo intenden-do quello storico - non portamolto lontano, abbiamo anzi ilsospetto che accia indietreggia-re la discussione e le possibilitpratiche di arontare ci con ilquale ci troviamo a combattere.

    Comprendere la contro-insurre-zione signica capire che il para-digma della lotta alla repressio-

    ne non regge davanti al atto chela Legge oggi uno dei modi digestire e produrre la popolazio-ne e non una orma di cattiveria

    dello Stato contro un pugno dioppositori. L obiettivo di questecondanne esemplari non quel-lo di ar prendere le distanze delgrosso della popolazione dai sov-versivi, ma di intimidire la partedi plebe che in tutti e ciascuno,

    di impedirgli di passare allatto.Di armi prendere le distanze dalsovversivo che cova dentro di me,e ar vincere il cittadino che sonostato addestrato ad essere. E se ilconcetto di politico ha il sensodi nominare la relazione di osti-lit, lo a nel senso di denire unrapporto che il governo intrattie-ne con lalterit, anche di quelladel s con il proprio s. In questosenso il diritto perormativo,crea ci che nomina, e a questasua caratteristica bisogna presta-re il massimo dattenzione, sia per

    non cadere nellidenticazione colnemico interno costruito dal go-verno e che questo non esiter adannientare, sia per evitare lidenti-cazione con la norma imperialeche ci vuole appunto tutti rico-noscibili in quanto suoi cittadini,

    neutralizzando ci che di politi-co resiste nella vita qualunque.

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    Da diverse parti sono arrivate cri-tiche, pur se gentili, ai compagni

    condannati per la loro scelta diaccettare il rito abbreviato in cam-bio dello sconto di pena e dunqueevitare lentrata in carcere. Tuttecritiche sagge, per carit, rivoltea ar emergere limportanza cheavrebbe ogni volta la scelta oppo-

    sta, di un rito ordinario cio chepermetta di sviluppare un opera-zione politica rispetto al processo.Ma davvero non ci sentiamo dibiasimare chi non si sentito diare quella scelta. Chiunque vo-lesse arontare il rito ordinarioavrebbe bisogno di un sostegno

    E QUELLA DI CONDOTTA...

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    materiale, aettivo e politico chei movimenti non sono in gradodi orire al momento. Il allimen-to della campagna per lultimo

    processo di Genova, che in teoriaavrebbe dovuto coinvolgere mol-tissimi, l a dimostrarlo. evidente, anche negli ultimi casidi cui stiamo parlando, se non lamancanza quantomeno la deboleducia dei compagni colpiti verso

    qualcosa che esiste solo a parole.Ed giusto non immolarsi perede ideologica e limitare quantopi possibile i danni. Il rapportodi orza che dovrebbe essere allabase della scelta del rito ordinariodeve nutrirsi di pratiche articola-te, diuse e di lunga durata.

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    Non un caso che il solo processoche abbia permesso di costruir-ne uno quello torinese contro icompagni e le compagne che han-

    no partecipato alle lotte no-tav.L stato possibile, nonostantesi sia stati colpiti individualmen-te da denunce per reati comuni,una diesa coordinata, collettiva equindi politica, sostenuta concre-tamente da una vasta mobilitazio-

    ne nazionale e non solo, permet-tendo la costruzione di un pooldi avvocati e di pratiche di lottainterne ed esterne alle aule di tri-bunale.A ronte della potenza di una talestrategia i presidi di cordoglioesterni, il sostegno cristiano aiprigionieri, lideologia della lottaalla repressione mostrano tutti iloro limiti. Ancora una volta inve-ce si dimostra che solo la costru-zione di un movimento rivoluzio-nario permette loensiva versolapparato repressivo.

    Come ormai tutti sappiamo, unabarricata taglia i fussi ma liberaspazio e cos solo la tessitura di unpiano esteso di amicizia politicache organizzazione, di intensitaettiva che orza, permette diare blocco contro il nemico. E di

    riguadagnare la ducia.

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    In amicizia politica.

    In autonomia.

    Alcuni amici del partito immaginario

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