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Come disegnano i ciechi Spesso vedenti e non vedenti usano gli stessi metodi per rappresentare il proprio ambiente attraverso il disegno, il che suggerisce l'esistenza di uno stretto legame tra la vista e il tatto di John M. Kennedy Gli artisti ciechi, come Tracy (qui sopra), si affidano al senso del tatto per rico- struire una rappresentazione degli oggetti di uso comune. Tracy, priva completa- mente della vista dall'età di due anni per un cancro alla retina, toccando il bicchie- re è in grado di determinarne la forma. Passando le mani sul foglio, posto sopra un ripiano di feltro, sente se la sua penna ha inciso la pagina lasciando un segno. Dato che nei disegni più semplici le linee rappresentano spigoli di superfici - individua- bili al tatto con la stessa facilità con cui lo sono alla vista - le persone vedenti inter- pretano senza difficoltà i disegni fatti dai ciechi. I a prima volta che incontrai Betty, un'adolescente cieca di Toron- to, fu nel 1973, mentre facevo interviste per uno studio sulla percezio- ne tattile. Betty aveva perso la vista a due anni, quando era ancora troppo pic- cola per aver imparato a disegnare. Ri- masi quindi stupefatto quando mi disse che le piaceva disegnare i profili dei suoi familiari. Prima di cominciare a lavorare con i ciechi, avevo sempre considerato i dipinti come copie del mondo visibile. Dopo tutto, non si dise- gnano suoni, gusti o profumi; si dise- gna ciò che si vede. Mi sembrava ov- vio, quindi, che i ciechi avessero scarso interesse o talento nella creazione di immagini. Invece, come quel giorno mi rivelarono le osservazioni di Betty, mi sbagliavo del tutto. Affidandosi all'im- maginazione e al tatto, Betty si diverti- va a tracciare sul foglio la forma che distingue un volto da un altro. Fui così incuriosito dall'abilità di Betty che volli scoprire se vi fossero al- tri ciechi in grado di disegnare con fa- cilità - e se i loro disegni fossero in qualche modo simili a quelli fatti da persone vedenti. Inoltre, speravo di scoprire se i ciechi riuscissero a inter- pretare i simboli comunemente usati dalle persone dotate della vista. Per portare i ciechi nel mondo grafico bidi- mensionale dei vedenti feci ricorso a un gran numero di strumenti, tra cui mo- delli, schemi di circuiti e, soprattutto, materiali per disegnare linee in rilievo messi a disposizione dalla Organizza- zione svedese per i ciechi. Questi mate- riali consistono essenzialmente in lava- gnette coperte da uno strato di gomma e da un sottile foglio di plastica su cui la pressione di una penna a sfera produ- ce linee in rilievo. Grazie a questa attrezzatura, io e i miei colleghi abbiamo fatto, negli ultimi 20 anni, alcune scoperte interessanti che hanno modificato le nostre teorie sulla percezione sensoriale. In particolare, ab- biamo capito che vedenti e non vedenti hanno in comune una sorta di stenogra- fia figurativa, cioè adottano in molti ca- si gli stessi stratagemmi per raffigurare l'ambiente circostante: per esempio gli uni e gli altri usano linee per rappresen- tare i bordi delle superfici, impiegano forme di scorcio e linee convergenti per dare l'idea della profondità, rappresenta- no in genere le scene da un unico punto di vista, adottano linee allungate o irre- golari per rendere il movimento e infme utilizzano figure simboliche, anche se non sempre visivamente corrette, come un cuore o una stella, per riprodurre messaggi astratti. Insomma, il nostro la- voro dimostra che anche i disegni più elementari rappresentano molto più di quanto l'occhio veda. PROFILI Dopo l'incontro con Betty, mi chiesi se tutti i ciechi fossero in grado di rico- noscere profili di volti disegnati. Nel corso degli anni, chiesi a volontari cie- chi nordamericani ed europei di dise- gnare la sagoma di diversi tipi di ogget- ti. Più recentemente, avviai una serie di studi con Yvonne Eriksson dell'Univer- sità di Linkiiping e della Biblioteca sve- dese di libri parlanti e in Braille. Nel 1993 sottoponemmo a test nove adulti di Stoccolma, tre uomini e sei donne. Quat- tro erano ciechi dalla nascita, tre aveva- no perso la vista dopo i tre anni di età e due avevano solo un barlume di vista. Ogni soggetto esaminò quattro profili in rilievo eseguiti da Hans-Joergen Ander- sen, uno studente di psicologia dell'Uni- versità di Aarhus, in Danimarca, incol- lando cavetti di rame ricoperti di plasti- ca su una lavagna metallica piana (si ve- da l'illustrazione in alto a pagina 94). Io ed Eriksson chiedemmo ai volon- tari di descrivere la caratteristica più ri- levante di ciascuna immagine usando una delle seguenti quattro possibilità: sorriso, capelli ricci, barba o naso gran- de. Cinque di loro - tra cui un uomo to- talmente cieco dalla nascita - identifi- carono esattamente tutte e quattro le immagini. Solo uno non ne riconobbe alcuna. In media, il gruppo identificò correttamente 2,8 dei quattro profili. In confronto, 18 studenti universitari ve- denti a cui vennero bendati gli occhi se la cavarono poco meglio nel riconosci- mento degli stessi profili in rilievo: 3,1 su quattro in media. Risultati analoghi vengono da ricer- catori di Stati Uniti, Giappone, Norve- gia, Svezia, Spagna e Regno Unito. Questo lascia pochi dubbi sulla capa- cità che i ciechi hanno di riconoscere le sagome di oggetti familiari. Potrebbe sembrare strano che anche chi non ha mai avuto la vista abbia un'idea intuiti- va dell'aspetto delle facce e di altri og- getti. Ma a una riflessione ulteriore, questa scoperta risulta perfettamente sensata. Nei disegni più semplici, le li- nee mostrano l'una o l'altra di due ca- ratteristiche: la sovrapposizione di due superfici (quello che si chiama uno spi- golo occludente) o l'incontro ad angolo I disegni di Kathy, totalmente cieca dal- l'età di tre anni, dimostrano che gli arti- sti ciechi sfruttano molti degli stessi me- todi impiegati dalle persone vedenti. Utilizzano linee per rappresentare su- perfici, come nell'immagine dell'aquila disegnata da Kathy sul suo braccialetto portafortuna (in alto). I ciechi rappre- sentano gli oggetti, come una casa, da un unico punto di vista (a destra). Gli artisti ciechi usano particolari forme per trasmettere messaggi astratti: Ka- thy disegnò un cuore che circonda un lettino per descrivere l'amore che cir- conda un bambino (a destra). E usano lo scorcio per suggerire la prospettiva: Kathy disegnò il blocco a forma di L e il cubo delle stesse dimensioni quando e- rano affiancati, ma quando erano di- stanti fece il cubo più piccolo per indica- re che era più lontano da lei (in basso). 1 92 LE SCIENZE n. 343, marzo 1997 LE SCIENZE n. 343, marzo 1997 93

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  • Come disegnano i ciechiSpesso vedenti e non vedenti usano gli stessi metodi

    per rappresentare il proprio ambiente attraverso il disegno, il chesuggerisce l'esistenza di uno stretto legame tra la vista e il tatto

    di John M. Kennedy

    Gli artisti ciechi, come Tracy (qui sopra), si affidano al senso del tatto per rico-struire una rappresentazione degli oggetti di uso comune. Tracy, priva completa-mente della vista dall'età di due anni per un cancro alla retina, toccando il bicchie-re è in grado di determinarne la forma. Passando le mani sul foglio, posto sopra unripiano di feltro, sente se la sua penna ha inciso la pagina lasciando un segno. Datoche nei disegni più semplici le linee rappresentano spigoli di superfici - individua-bili al tatto con la stessa facilità con cui lo sono alla vista - le persone vedenti inter-pretano senza difficoltà i disegni fatti dai ciechi.

    I a prima volta che incontrai Betty,un'adolescente cieca di Toron-to, fu nel 1973, mentre facevo

    interviste per uno studio sulla percezio-ne tattile. Betty aveva perso la vista adue anni, quando era ancora troppo pic-cola per aver imparato a disegnare. Ri-masi quindi stupefatto quando mi disseche le piaceva disegnare i profili deisuoi familiari. Prima di cominciare alavorare con i ciechi, avevo sempreconsiderato i dipinti come copie delmondo visibile. Dopo tutto, non si dise-gnano suoni, gusti o profumi; si dise-gna ciò che si vede. Mi sembrava ov-

    vio, quindi, che i ciechi avessero scarsointeresse o talento nella creazione diimmagini. Invece, come quel giorno mirivelarono le osservazioni di Betty, misbagliavo del tutto. Affidandosi all'im-

    maginazione e al tatto, Betty si diverti-va a tracciare sul foglio la forma chedistingue un volto da un altro.

    Fui così incuriosito dall'abilità diBetty che volli scoprire se vi fossero al-

    tri ciechi in grado di disegnare con fa-cilità - e se i loro disegni fossero inqualche modo simili a quelli fatti dapersone vedenti. Inoltre, speravo discoprire se i ciechi riuscissero a inter-pretare i simboli comunemente usatidalle persone dotate della vista. Perportare i ciechi nel mondo grafico bidi-mensionale dei vedenti feci ricorso a ungran numero di strumenti, tra cui mo-delli, schemi di circuiti e, soprattutto,materiali per disegnare linee in rilievomessi a disposizione dalla Organizza-zione svedese per i ciechi. Questi mate-riali consistono essenzialmente in lava-gnette coperte da uno strato di gommae da un sottile foglio di plastica su cuila pressione di una penna a sfera produ-ce linee in rilievo.

    Grazie a questa attrezzatura, io e imiei colleghi abbiamo fatto, negli ultimi20 anni, alcune scoperte interessanti chehanno modificato le nostre teorie sullapercezione sensoriale. In particolare, ab-biamo capito che vedenti e non vedentihanno in comune una sorta di stenogra-fia figurativa, cioè adottano in molti ca-si gli stessi stratagemmi per raffigurarel'ambiente circostante: per esempio gliuni e gli altri usano linee per rappresen-tare i bordi delle superfici, impieganoforme di scorcio e linee convergenti perdare l'idea della profondità, rappresenta-no in genere le scene da un unico puntodi vista, adottano linee allungate o irre-golari per rendere il movimento e infmeutilizzano figure simboliche, anche senon sempre visivamente corrette, comeun cuore o una stella, per riprodurremessaggi astratti. Insomma, il nostro la-voro dimostra che anche i disegni piùelementari rappresentano molto più diquanto l'occhio veda.

    PROFILI

    Dopo l'incontro con Betty, mi chiesise tutti i ciechi fossero in grado di rico-noscere profili di volti disegnati. Nelcorso degli anni, chiesi a volontari cie-chi nordamericani ed europei di dise-gnare la sagoma di diversi tipi di ogget-ti. Più recentemente, avviai una serie distudi con Yvonne Eriksson dell'Univer-sità di Linkiiping e della Biblioteca sve-dese di libri parlanti e in Braille. Nel1993 sottoponemmo a test nove adulti diStoccolma, tre uomini e sei donne. Quat-tro erano ciechi dalla nascita, tre aveva-no perso la vista dopo i tre anni di età edue avevano solo un barlume di vista.Ogni soggetto esaminò quattro profili inrilievo eseguiti da Hans-Joergen Ander-sen, uno studente di psicologia dell'Uni-versità di Aarhus, in Danimarca, incol-lando cavetti di rame ricoperti di plasti-ca su una lavagna metallica piana (si ve-da l'illustrazione in alto a pagina 94).

    Io ed Eriksson chiedemmo ai volon-tari di descrivere la caratteristica più ri-levante di ciascuna immagine usandouna delle seguenti quattro possibilità:sorriso, capelli ricci, barba o naso gran-de. Cinque di loro - tra cui un uomo to-talmente cieco dalla nascita - identifi-carono esattamente tutte e quattro leimmagini. Solo uno non ne riconobbealcuna. In media, il gruppo identificòcorrettamente 2,8 dei quattro profili. Inconfronto, 18 studenti universitari ve-denti a cui vennero bendati gli occhi sela cavarono poco meglio nel riconosci-mento degli stessi profili in rilievo: 3,1su quattro in media.

    Risultati analoghi vengono da ricer-catori di Stati Uniti, Giappone, Norve-gia, Svezia, Spagna e Regno Unito.Questo lascia pochi dubbi sulla capa-cità che i ciechi hanno di riconoscere lesagome di oggetti familiari. Potrebbesembrare strano che anche chi non hamai avuto la vista abbia un'idea intuiti-va dell'aspetto delle facce e di altri og-getti. Ma a una riflessione ulteriore,questa scoperta risulta perfettamentesensata. Nei disegni più semplici, le li-nee mostrano l'una o l'altra di due ca-ratteristiche: la sovrapposizione di duesuperfici (quello che si chiama uno spi-golo occludente) o l'incontro ad angolo

    I disegni di Kathy, totalmente cieca dal-l'età di tre anni, dimostrano che gli arti-sti ciechi sfruttano molti degli stessi me-todi impiegati dalle persone vedenti.Utilizzano linee per rappresentare su-perfici, come nell'immagine dell'aquiladisegnata da Kathy sul suo braccialettoportafortuna (in alto). I ciechi rappre-sentano gli oggetti, come una casa, daun unico punto di vista (a destra). Gliartisti ciechi usano particolari formeper trasmettere messaggi astratti: Ka-thy disegnò un cuore che circonda unlettino per descrivere l'amore che cir-conda un bambino (a destra). E usano loscorcio per suggerire la prospettiva:Kathy disegnò il blocco a forma di L e ilcubo delle stesse dimensioni quando e-rano affiancati, ma quando erano di-stanti fece il cubo più piccolo per indica-re che era più lontano da lei (in basso). 1

    92 LE SCIENZE n. 343, marzo 1997

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    I ciechi capiscono facilmente la prospettiva. Per dimostrarlo, l'autore e Paul Gabiasdell'Okanagan University College chiesero a 24 volontari ciechi dalla nascita di esa-minare il disegno di un tavolo (estrema sinistra) e quattro disegni di un cubo. Vennedetto loro che una persona cieca aveva disegnato il tavolo a forma di stella per mo-strare come appariva visto da sotto e che un'altra persona cieca aveva disegnato lostesso tavolo con la volontà di mostrare invece la sua simmetria. Ai soggetti vennepoi chiesto quale fosse, secondo loro, il cubo disegnato dalla persona che voleva rap-presentare il tavolo visto da sotto. Molti scelsero il cubo composto da due trapezi(estrema destra), quello che utilizzava la prospettiva nel modo più raffinato.

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    di due superfici. Né l'una né l'altra del-le due caratteristiche ha bisogno di es-sere vista per essere percepita: è suffi-ciente il tatto.

    Non tutti i ciechi leggono ugualmen-te bene i disegni fatti con linee in rilie-vo, e queste discrepanze individualipossono dipendere dall'età a cui la per-sona ha perso la vista. Per esempio, iciechi dalla nascita o dall'infanzia -detti ciechi precoci - trovano a voltedifficili i disegni con linee in rilievo.Nel 1993 Yatulca Shimizu, Shinya Sai-da e Hiroshi Shimura, dello TsukubaCollege of Technology in Giappone,scoprirono che il 60 per cento dei cie-chi precoci da loro studiati era in gradodi riconoscere il profilo di oggetti co-muni come un pesce o una bottiglia. Le

    Spesso si usano solidi disposti su un ta-volo - una sfera, un cono e un cubo -per verificare l'abilità spaziale. Nellafigura più a destra si vede la disposizio-ne degli oggetti vista dall'alto. Qualedei disegni nell'illustrazione subito quia destra rappresenta i solidi visti dallato del tavolo rivolto verso il bassodella pagina? E visti dal lato opposto?Dal lato verso sinistra? Da quello versodestra? Le persone vedenti e quellenon vedenti assolvono questo compitoallo stesso modo, il che dimostra che iciechi sanno determinare il modo in cuigli oggetti appaiono da particolari pun-ti di vista.

    Profili fatti con cavetti coperti di pla-stica montati su una sottile tavola me-tallica. A nove soggetti non vedenti diStoccolma venne chiesto di associareciascuna immagine a una di questequattro caratteristiche: sorriso, capelliricci, barba o naso grosso. In media, ilgruppo diede 2,8 risposte corrette, di-mostrando che i ciechi riconosconospesso il profilo di oggetti semplici. Al-cuni soggetti di controllo vedenti e ben-dati, sottoposti alla stessa prova, otten-nero risultati solo di poco migliori.

    percentuali di riconoscimento erano unpo' maggiori per i soggetti vedenti ben-dati, più abituati in generale ai disegni.

    Interessante è il fatto che, secondoMorton Heller della Winston-SalemUniversity, i soggetti che hanno perso lavista più avanti negli anni - i cosiddetticiechi tardivi - spesso interpretano i pro-fili in rilievo più facilmente dei ciechiprecoci ma anche dei vedenti. Una spie-gazione possibile è che i ciechi tardiviabbiano un doppio vantaggio in questocompito: sono più abituati ai disegni deiciechi precoci e hanno abilità tattili mol-to più sviluppate delle persone vedenti.

    PROSPETTIVA

    Se Betty mi spinse a indagare sullacapacità dei ciechi di riconoscere i pro-fili, Kathy, un'altra artista dilettante diOttawa, mi portò a studiare un altroproblema. La prima volta che prese par-te ai miei studi, Kathy aveva 30 anni. Acausa di un cancro alla retina diagnosti-cato nel suo primo anno di vita, Kathyera diventata cieca all'età di tre anni eanche in precedenza non vedeva in mo-do dettagliato. Eppure, era molto bravaa fare disegni in rilievo. In un'occasio-ne, doveva riprodurre numerose dispo-

    sizioni differenti di un cubo e di unblocco a forma di L che usavo per con-trollare il modo in cui le distanze relati-ve appaiono nelle rappresentazioni li-neari. Quando metteva i blocchi l'unodi fianco all'altro, li rappresentava dellestesse dimensioni, come in effetti erano.Ma se il cubo era più lontano da lei del-l'altro blocco, lo disegnava più piccolo.

    Questo secondo disegno metteva inluce un principio fondamentale dellaprospettiva - vale a dire che un oggetto,quando è più lontano, sottende un ango-lo più piccolo. (Si pensi a una palizzatavista sotto un certo angolo e a come isuoi elementi sembrino più corti proce-dendo verso l'orizzonte.) L'uso fatto daKathy di questo principio fondamentalefaceva ritenere che alcuni aspetti dellaprospettiva potessero essere facilmentecompresi dai ciechi. Ancora una volta,l'ipotesi sembrava ragionevole, una vol-ta fatte alcune considerazioni. Così co-me vediamo gli oggetti da un particola-re punto di vista, allo stesso modo cer-chiamo di prenderli con le mani parten-do da un particolare punto nello spazio.Per dimostrare questa teoria, progettaiuno studio con Paul Gabias dell'Okana-gan University College della BritishColumbia (che all'epoca si trovava allaNew York University).

    Preparammo cinque disegni con li-nee in rilievo: uno di un tavolo e quat-tro di un cubo (si veda l'illustrazione inalto nella pagina a fronte). Sottopo-nemmo i disegni a 24 volontari ciechidalla nascita e ponemmo loro una seriedi domande. Il disegno del tavolo ave-va un riquadro centrale e quattro gambesporgenti da ciascun angolo. Ai sogget-ti veniva detto che un cieco, dopo averdisegnato il tavolo, aveva spiegato:«L'ho disegnato in questo modo permostrare che è simmetrico da tutti equattro i lati». Veniva poi detto che unaltro cieco aveva disegnato lo stesso ta-volo ma aveva dato una spiegazione di-versa: «L'ho rappresentato dal bassoper mostrare la forma del ripiano e tuttee quattro le gambe. Se si rappresenta il

    tavolo dall'alto o da un lato, non si puòmostrare il ripiano e anche tutte e quat-tro le gambe».

    Successivamente, chiedevamo ai no-stri volontari di scegliere il disegno delcubo che secondo loro era stato fattodalla persona che aveva disegnato il ta-volo visto da sotto. Per dare una rispostacoerente, dovevano capire quale strate-gia fosse stata usata per disegnare il ta-volo e ciascun cubo. Un cubo assomi-gliava allo sviluppo di una scatola, conla faccia frontale del cubo al centro, cir-condata dalle facce superiore, inferiore,sinistra e destra. In un altro disegno ap-parivano due quadrati che rappresenta-vano la faccia frontale e quella superioredel cubo. Una terza immagine rappre-sentava la faccia frontale del cubo comeun quadrato e quella superiore come unrettangolo - rappresentato di scorcio per-ché in allontanamento dall'osservatore.In un quarto disegno c'erano due trapeziuniti per il lato maggiore, più lungo del-l'altro perché rappresentava lo spigolopiù vicino all'osservatore.

    Secondo voi, qual è il cubo disegnatodalla persona che voleva rappresentare iltavolo visto da sotto? Molti dei volontariciechi sceglievano il disegno costituitoda due trapezi. Vale a dire, sceglievanol'illustrazione che usava la prospettivanel modo più raffinato. Coerentemente,il disegno ritenuto più improbabile eralo sviluppo piatto - quello che non utiliz-zava in alcun modo la prospettiva. Losviluppo era anche il disegno attribuitopiù comunemente alla persona che, neldisegnare il tavolo, sperava di metternein luce la simmetria.

    Insieme con Heller, preparai un'altraprova intesa a dimostrare che i ciechicomprendono l'uso della prospettiva.(La trovate illustrata in basso nella pa-gina a fronte, nel caso voleste sperimen-tarla.) Disponemmo tre solidi - una sfe-

    ra, un cono e un cubo - sul ripiano di untavolo rettangolare. Ai nostri soggetticiechi, seduti a un lato del tavolo, chie-devamo di disegnare gli oggetti dalpunto in cui erano seduti e poi di imma-ginare quattro diverse visualizzazioni:dagli altri tre lati del tavolo e dall'alto.(Lo svizzero Jean Piaget, celebre psico-logo dell'età evolutiva, lo chiamava l'e-sercizio della presa di prospettiva, o«delle tre montagne».) Molti adulti ebambini trovano difficile questo compi-to. In media, comunque, la prestazionedei nostri soggetti ciechi fu analoga aquella dei soggetti vedenti usati comegruppo di controllo, con 3,4 disegnicorretti delle cinque immagini.

    In seguito, chiedemmo ai nostri sog-getti di indicare il punto di vista utiliz-zato nei cinque diversi disegni dei treoggetti. Presentammo ogni disegno duevolte, in ordine casuale, così che ilpunteggio massimo raggiungibile era10. La media delle risposte corrette deisoggetti ciechi fu 6,7. I vedenti feceromeglio solo di poco, con una media di7,5 risposte esatte. La prestazione deinove ciechi tardivi che partecipavano

    Linee irregolari possono suggerire l'i-dea del movimento. Davanti a cinquedisegni di ruote in movimento, i volon-tari vedenti e quelli non vedenti li in-terpretavano in genere allo stesso mo-do. Molti ritenevano che i raggi curviindicassero una rotazione costante del-la ruota; i raggi ondulati facevano pen-sare a una oscillazione della ruota,mentre i raggi spezzati indicavano chela ruota sobbalzava. I raggi che siestendono al di là della ruota venivanointerpretati come una ruota con i freniinseriti, e i raggi tratteggiati indicava-no che la ruota girava velocemente.

    allo studio fu leggermente migliore diquella dei ciechi dalla nascita e anchedi quella dei vedenti, con un punteggiodi 4,2 nella prova di disegno e di 8,3 inquella di riconoscimento. Ancora unavolta, il buon risultato dei ciechi tardi-vi dipendeva probabilmente dalla fa-miliarità con le immagini e da maggio-ri abilità tattili.

    METAFORA

    Dagli studi appena descritti risultachiaramente che i ciechi conoscono l'u-so dei profili e della prospettiva per de-scrivere la disposizione degli oggetti edi altre superfici nello spazio. Ma leimmagini non sono semplici rappresen-tazioni letterali, come mi venne dimo-strato con impressionante evidenza ilgiorno in cui una donna cieca, nel corsodi una delle mie ricerche, decise di pro-pria iniziativa di disegnare una ruota inmovimento. Per mostrare questo movi-mento, tracciò una curva all'inter-no della circonferenza. Rimasi sorpre-so. Le linee di movimento, come quellausata dalla donna, appartengono allastoria recente dell'illustrazione. Comerileva lo studioso d'arte David Kunzle,nei famosi disegni di Wilhelm Busch,un affermato vignettista del XIX seco-lo, non compaiono quasi mai linee dimovimento fino a circa il 1877.

    Quando chiesi a numerosi altri sog-getti ciechi di disegnare una ruota inmovimento, ottenni ripetutamente unarisposta particolarmente intelligente: larappresentazione dei raggi della ruotacome linee curve. Alla mia richiesta dispiegare quelle curve, tutti me ne parla-

    LE SCIENZE n. 343, marzo 1997 9594 LE SCIENZE n. 343, marzo 1997

  • DEBOLE-FORTE

    79

    11111 VELOCE-LENTO MEM

    GATTO-CANE 74

    ise7462

    62

    5753

    53

    E

    PRIMAVERA-AUTUNNO

    SILENZIOSO-RUMOROSO

    IN MOTO-FERMO

    DISPARI-PARI

    LONTANO-VICINO

    PIANTA-ANIMALE

    PROFONDO-SUPERFICIALE

    I51

    JOHN M. KENNEDY, nato a Belfast nel 1942, si è laureato con una tesi sulla per-cezione alla Cornell University e ha iniziato poco dopo le sue ricerche sui ciechi comeassistente ad Harvard. Attualmente insegna allo Scarborough College dell'Universitàdi Toronto. Gli appunti dei suoi corsi sulla percezione sono disponibili in Internet al-'indirizzo http://citd.scar.utoronto.ca/Psychology/PSYC54/PSYC54.html

    HELLER M. A.,Picture and Pattern Perception in the Sighted and the Blind: TheAdvantage of the Late Blind in «Perception», 18, n. 3, 1989.

    SHIMIZU Y., SAIDA S. e SHIMURA H., Tactile Pattern Recognition by Graphic Di-splay: Importance of 3-D Information for Haptic Perception of Familiar Objects in«Perception and Psychophysics», 53, n. 1, gennaio 1993.

    KENNEDY i. M. ed ERIKSSON Y., Profiles and Orientation of Tactile Pictures, relazionepresentata al Congresso della European Psychology Society, Tampere, 2-5 luglio, 1993.

    KENNEDY i. M., Drawing and the Blind: Pictures to Touch, Yale UniversityPress, 1993.

    uu C. H. e KENNEDY l. M., Symbolic Forms and Cognition in «Psyke & Logos»,14, n. 2, 1993.

    r

    • PAROLE. ACCORDO

    ASSOCIATE TRA,

    A CERCHIO- I SOGGETTI

    . -QUADRATO (PER CENTO)

    SOFFICE-DURO 100MADRE-PADRE 9-711

    FELICE-TRISTE 94

    BENE-MALE 89

    AMORE-ODIO 89

    VIVO-MORTO 87

    CHIARO-SCURO 87

    LEGGERO-PESANTE 85

    CALDO-FREDDO 81

    IllikSTATE-ldikRNO

    vano come di un modo metaforico persuggerire il movimento. Un'opinionecosì diffusa faceva ritenere che quel si-stema rendesse bene l'idea del movi-mento. Ma davvero era un indicatoremigliore di quanto potessero esserlo,per esempio, linee spezzate, ondulate odi qualche altro tipo? La risposta nonera chiara. Decisi allora di fare provecon varie linee di movimento per veri-ficare se fossero adatte a rappresentareil movimento o se fossero solo stranisegni. Inoltre, intendevo scoprire seesistessero differenze nel modo in cui iciechi e i vedenti interpretavano le li-nee di movimento.

    Per rispondere a queste domande, ioe Gabias creammo disegni a rilievo dicinque diverse ruote, rappresentando iraggi con linee curve, spezzate, ondula-te, tratteggiate ed estese al di là del pe-

    Coppie di parole utilizzate per verifica-re il simbolismo in forme astratte - eper controllare se le persone vedenti equelle non vedenti percepiscano questisignificati allo stesso modo. Ai soggettivenne detto che, in ciascuna coppia, untermine si adattava al cerchio e l'altroal quadrato. Per esempio, quale formadescrive meglio l'idea di «soffice»? Co-me si vede dal numero a destra nellacolonna, tutti ritenevano che fosse ilcerchio. Queste percentuali mostrano illivello di concordanza tra persone ve-denti. Le scelte fatte dai volontari cie-chi erano del tutto simili.

    rimetto della ruota. Chiedemmo poi a18 volontari ciechi di assegnare a cia-scuna ruota uno dei seguenti movimen-ti: oscillazione, rotazione veloce, rota-zione regolare, spostamento a sobbal-zi o frenata. Secondo voi, qual è la ruo-ta che rappresenta meglio ciascuno diquesti movimenti? Il nostro gruppo dicontrollo era formato da 18 studenti ve-denti dell'Università di Toronto.

    Tutti i ciechi, tranne uno, assegnaro-no movimenti distinti a ciascuna ruota.Inoltre, in tutti i casi, la descrizione fa-vorita dei vedenti era analoga a quelladei non vedenti. Ciò che più conta, laconcordanza tra i soggetti vedenti eradi poco superiore a quella tra i ciechi.Data la scarsa familiarità dei ciechi congli espedienti che indicano il movimen-to, il compito loro assegnato era pro-blematico. Eppure, non solo i ciechi in-dividuavano un significato per ciascunalinea di movimento, ma in quanto grup-po arrivavano in genere allo stesso si-gnificato - almeno con la stessa fre-quenza dei soggetti vedenti.

    Abbiamo scoperto che i ciechi capi-scono anche altri tipi di metafore visuali.Una volta, Kathy disegnò una culla al-l'interno di un cuore - affermando diaver scelto quel simbolo per esprimerel'amore che circondava il bambino. In-sieme con Chang Hong Liu, un dotto-rando cinese, ho iniziato a studiare inche misura i ciechi comprendono il sim-bolismo sotteso da figure come i cuo-ri, che non rappresentano direttamente il

    loro significato. Dopo aver dato un elen-co di 20 coppie di parole a soggetti ve-denti, chiedemmo di scegliere in ciascu-na coppia il termine che meglio si asso-ciava a un cerchio e quello che meglio siassociava a un quadrato. (Se volete pro-vare anche voi, l'elenco delle parole èqui a sinistra.) Per esempio, chiedevamo:Che cosa va con «soffice»? Un cerchio oun quadrato? Che forma va con «duro»?

    Tutti i nostri soggetti ritennero il cer-chio soffice e il quadrato duro. Il 94 percento attribuì al cerchio la felicità e nonla tristezza. Per altre coppie, invece, laconcordanza era inferiore: il 79 per cen-to collegò «veloce» e «lento» rispettiva-mente a cerchio e quadrato. E solo il 51per cento assegnò «profondo» al cerchioe «superficiale» al quadrato. Quandosottoponemmo il test a quattro volontaritotalmente ciechi, usando lo stesso elen-co, scoprimmo che le loro scelte eranodel tutto simili a quelle dei soggetti ve-denti. Un uomo, cieco dalla nascita, ot-tenne un punteggio estremamente alto,con un unico accoppiamento diverso daquello della maggioranza: «lontano» aquadrato e «vicino» a cerchio. Tra l'al-tro, solo una piccola maggioranza disoggetti vedenti - il 53 per cento - avevascelto l'accoppiamento opposto a lonta-no e vicino. Concludemmo, quindi, che iciechi interpretano le forme astratte allostesso modo delle persone vedenti.

    PERCEZIONE

    Comunemente pensiamo alla vista co-me al sistema percettivo attraverso ilquale forme e superfici parlano alla men-te. Ma, come dimostrano le prove empi-riche appena esposte, le stesse informa-zioni possono passare in buona parte at-traverso il tatto. In qualche modo, questascoperta non è sorprendente. Quando ve-

    Lo spessore di questi profili determinase i due contorni siano visti come ununico profilo o due. La stessa ambi-guità si ha con il tatto. I soggetti ciechiinterpretano i bordi in rilievo vicini traloro come un unico confine di superfi-cie e quelli distanti tra loro come due.

    diamo qualcosa, sappiamo più o menocome ci sembrerà al tatto, e viceversa.Eppure, il tatto e la vista sono due sensimolto diversi: uno riceve dati sotto for-ma di pressione, mentre l'altro rispondea variazioni della luce. Come è possibile,allora, che possano interpretare allo stes-so modo qualcosa di così semplice comeuna linea? Per rispondere a questa do-manda, dobbiamo prendere in considera-zione il tipo di informazione che questelinee trasmettono ai nostri sensi.

    La teoria più ovvia è che ciascun bor-do in un disegno elementare rappresentiun confine fisico intorno a qualche su-perficie o forma. Ma la cosa non è cosìsemplice perché tutte le linee, per quan-to sottili, hanno due lati o contorni, ov-vero un bordo interno e uno esterno.Perciò le linee spesse sono percepite inmodo molto diverso da quelle sottili.Consideriamo una linea spessa che trac-ci un profilo. Se è abbastanza spessa,sembra mostrare due profili, uno per la-to, che guardano nella stessa direzione.Quando la linea è sottile e i suoi duebordi sono vicini, invece, un osservatorepercepisce una sola faccia. Con il tatto,l'effetto risulta essere analogo. Preparaiuna serie di disegni di profili in cui en-trambi i bordi della linea erano in rilie-vo. Quando i bordi distavano solo unmillimetro, la mia volontaria cieca, San-ne, una studentessa dell'Università diAarhus, diceva che rappresentavano unafaccia. Quando distavano 8 millimetri,affermava che le facce erano due.

    Un'altra teoria relativa ai disegni diprofili ipotizza che le linee sostituisca-no qualsiasi confine percepibile, inclusiquelli non tangibili, come le ombre. Maanche questa teoria fallisce in modo e-loquente. Guardiamo l'illustrazione quisopra, che mostra due immagini del-l'autore. In una, ombreggiature definiteda un unico contorno che separa areeluminose e scure attraversano il vol-to. Nell'altra una linea scura con duecontorni traccia gli stessi confini diombreggiatura. Benché le forme dellaseconda immagine siano identiche aquelle della prima, i risultati percettivi

    sono nettamente diversi. La prima si ri-conosce facilmente come un volto; laseconda, no.

    Ancora una volta, questo esempio di-mostra che il nostro sistema visivo, co-me quello tattile, non legge due contor-ni di una linea allo stesso modo di unsingolo contorno. Questo implica che laregione cerebrale che presiede all'inter-pretazione dei contorni presentati da sti-moli sensoriali provenienti dall'ambien-te sia un sistema generale di percezionedelle superfici. In quanto tale, non di-scrimina su basi meramente visive, co-me la luminosità e il colore. Assume in-vece i due contorni di una linea scura eli tratta come indicatori della localizza-zione di un unico spigolo di qualche su-perficie. Mentre i vedenti trattano i con-torni di luminosità come indicatori dispigoli di superfici, i ciechi trattano allostesso modo i bordi di pressione.

    Dato che i princìpi in questione nonsono unicamente visuali, la regione ce-rebrale che li elabora potrebbe esserechiamata multimodale o, come avvienepiù comunemente, amodale.

    Come abbiamo scoperto, la capacitàdi interpretare i bordi delle superficifunziona anche quando non riceve se-gnali visivi. Proprio per questo i ciechicapiscono così facilmente i disegni di li-nee e altri simboli grafici. Ciò dovrebbestimolare studiosi e insegnanti a prepa-rare per i ciechi materiali che faccianolargo uso dei disegni. Molti gruppi stan-no operando in questo senso. Per esem-pio, Art Education for the Blind, un'or-ganizzazione che collabora con lo Whit-ney Museum of American Art e il Mu-seum of Modem Art di New York City,ha preparato versioni in rilievo di quadridi Henri Matisse e di prodotti dell'arterupestre. Fra non molto, forse, le imma-gini in rilievo per i ciechi saranno diffu-se quanto i testi in Braille.

    Le ombre, e altri confini intangibili, non sono riconoscibili sotto forma di sagome, equesto spiega in parte perché i ciechi riescano a interpretare molti dei disegni di li-nee eseguiti da persone vedenti. Nell'immagine a sinistra, un unico contorno separale aree illuminate e quelle scure del volto. A destra, la stessa divisione è operata dauna linea con due contorni. Anche se le forme sono identiche, il risultato percettivoè molto diverso: solo l'immagine a sinistra assomiglia chiaramente a un volto.

    LE SCIENZE n. 343, marzo 1997 9796 LE SCIENZE n. 343, marzo 1997

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