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COLTIVAZIONI FORAGGERE

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Le piante da foraggio comprendono

un vastissimo raggruppamento di

specie erbacee che vegetano

spontaneamente o che vengono

coltivate per la loro attitudine a

fornire sostanza organica che, fresca

o conservata, viene utilizzata nella

alimentazione del bestiame.

PIANTE FORAGGERE

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Col il termine di “foraggere” si intendono tutte le specie vegetali il cui prodotto principale viene utilizzato nell’alimentazione del bestiame.

Per “foraggio” si intende il prodotto dell’attività vegetativa della pianta e cioè l’erba o i suoi derivati, fieno o insilato.

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Tramite il pascolamento delle formazioni naturali, come è ancora prevalentemente oggi.

(~ 3 miliardi di ha)

inizialmente

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Raccolta e stoccaggio foraggi per superare i periodi di crisi.

Bestiame stabulato ► necessità di conservazione.

Agronomia per migliorare le formazioni naturali.

Avvicendamento delle foraggere con altre colture.

evoluzione

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COLTIVAZIONI FORAGGERE - STORIA

12.000 aC OGGI

1500 dC pascoli naturali

750 aC

pascoli naturali

prati naturali permanenti

FIENO

FORAGGERE AVVICENDATE IN SOSTITUZIONE DEL RIPOSO PASCOLIVO, PRIMI ELEMENTI DI BASE PER LA MODERNA INTENSIFICAZIONE AGRICOLA

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Intensificazione della foraggicoltura + concentrati al posto dei foraggi. + insilato al posto del fieno. + erbai al posto dei prati

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FORAGGIO

PRODOTTO DELL'ATTIVITÀ VEGETATIVA

DELLA PIANTA, UTILIZZATO TAL QUALE O

PREVIA CONSERVAZIONE; MA ANCHE QUELLO

CHE CONTIENE ELEMENTI DELL'ATTIVITÀ

RIPRODUTTIVA (es. insilati)

CONCENTRATI

FRUTTI E SEMI, DATA LA LORO ELEVATA

CONCENTRAZIONE ENERGETICA E/O

PROTEICA

SOSTANZE FORAGGERE

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Intensificazione della zootecnia in Italia

• pascolo permanente (oggi quasi solo ovini)

• pascolo estivo più prato sfalciato (in montagna)

• prato avvicendato (medicai in Emilia Romagna)

• prato più erbaio (Italia centrale)

• erbaio più concentrati (zone irrigue in Lombardia)

• senza terra (attività industriale)

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La caratteristica della quasi totalità delle foraggere, ad eccezione di

quelle utilizzate come erbaio a taglio unico, è la loro vivacità, cioè il

fenomeno secondo il quale sono in grado

di ricacciare dopo l’utilizzazione.

• Questa opportunità è presente nelle foraggere dotate di particolari

strutture morfo-fisiologiche basali: la “corona” ed il “cespo”,

rispettivamente per le leguminose e le graminacee, famiglie a cui

appartengono le più importanti specie foraggere.

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Corona di erba medica Struttura morfologica che ha origine dall’accrescimento contrattile dei primi 2-3 nodi basali, che nel primo periodo vegetativo vengono trascinati verso il basso a contatto col suolo o appena interrati. Da questa struttura si differenziano gemme avventizie basali, che si svilupperanno, dopo gli sfalci, in altrettanti steli. La corona, unitamente all’apparato radicale, svolge funzione di deposito delle sostanze di riserva dalle quali le cellule meristematiche deriveranno i nutrienti per avviare il ricaccio.

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Cespo di graminacea

• I primi nodi basali sono molto ravvicinati e da essi si formano nuovi

culmi.

• Questo fenomeno, detto accestimento, permette alla pianta di

espandersi anche in larghezza, formando cespi a volte molto compatti.

• Dalle cellule meristematiche del cespo si avranno nuovi ricacci che

daranno origine a nuovi culmi dopo uno sfalcio o un pascolamento.

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Caratteristiche della corona e del cespo

• Queste strutture funzionano come organi di deposito delle

sostanze di riserva. L’accumulo avviene in particolare verso

la fine del ciclo vegetativo.

• Dopo aver asportato la biomassa epigea con lo sfalcio, le

sostanze di riserva accumulate nelle strutture della corona

o del cespo si mobilizzano inducendo la differenziazione

delle cellule meristematiche per dare origine a culmi e steli.

• Il ciclo di crescita viene interrotto dallo sfalcio o dal pascolo,

per riprendere successivamente.

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COLTIVAZIONI FORAGGERE CLASSIFICAZIONI

PARAMETRI DIVERSI

FAMIGLIA BOTANICA: GRAMINACEE*, LEGUMINOSE*, ETC.

DURATA: ANNUALE, POLIENNALE, PERENNE

SISTEMA DI FORMAZIONE: NATURALE (SPONTANEO), ARTIFICIALE (SEMINA)

POSTO NELL'AVVICENDAMENTO: PRINCIPALE, INTERCALARE

COMPOSIZIONE FLORISTICA: MONOFITA, OLIGOFITA, POLIFITA

TIPO DI FORAGGIO: PIANTA INTERA Foraggi SEMI, RADICI, …. Concentrati (energetici, proteici, …)

*CIRCA 100 GRAMINACEE E 30 LEGUMINOSE

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In funzione della durata le

foraggere si distinguono

in:

Foraggere permanenti

Foraggere avvicendate

Erbai

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COLTIVAZIONI FORAGGERE

TEMPORANEE

PRATI* ERBAI (più anni) (1 anno)

PRATI PASCOLI - durata > 10 anni e non predefinita

- composti da più specie

MONOFITI

OLIGOFITI (2-3 specie)

POLIFITI (più specie)

* Erba usata, previa falciatura, fresca o conservata

PERMANENTI

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• Le foraggere temporanee o avvicendate rappresentano un’alternativa ad altre colture non foraggere

• Le foraggere permanenti sono l’espressione di

una realtà caratterizzata da fattori limitanti (ambientali, sociali, economici) • In Italia la foraggicoltura avvicendata è più

importante di quella permanente (produce il 76% delle UF)

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COLTIVAZIONI FORAGGERE - CLASSIFICAZIONI

SCHEMA ISTAT

F. AVVICENDATE

F. PERMANENTI

(TEMPORANEE) PRATI

ERBAI

MONOFITI

OLIGOFITI

POLIFITI

MONOFITI

POLIFITI O MISCUGLI

PRATI

PASCOLI

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19

Coltura Superficie (ha)

Mais ceroso 282583

Orzo da erbaio-silo 62312

Altri erbai 641501

Erba medica 749601

Lupinella 20108

Sulla 92329

Altre specie da prato 56007

Prati avvicendati polifiti 205745

Prati permanenti 891769

Pascoli 3805639

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A seconda della tipologia le colture foraggere si possono distinguere in:

● Pascoli, sono le cotiche foraggere più estensive, sono in

genere permanenti e brucati direttamente. ● Prati-pascoli, sono foraggere in genere stabili, il cui ricaccio

primaverile, producendo una massa abbondante, deve essere sfalciata e conservata per costituire le scorte per i periodi improduttivi del cotico. Il ricaccio successivo viene utilizzato con il pascolamento.

● Prati avvicendati, sono caratterizzati da coltivazioni

foraggere in avvicendamento che occupano il terreno per più annate consecutive (3-5). Sono costituiti in genere da leguminose, in purezza o in miscuglio tra esse e/o graminacee poliennali.

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● Erbai, sono caratterizzati dalla brevità del ciclo colturale (inferiore ad un anno). Si definiscono:

- annuali, quando nell’avvicendamento occupano il posto di una coltura annuale (mais trinciato o cereali vernini);

- intercalari, se la loro coltivazione viene inserita nell’avvicendamento tra due colture principali.

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● Foraggere permanenti: sono i cotici a durata illimitata o comunque

superiore a 10 anni. In genere sono costituiti da una vegetazione

composta da specie spontanee, vivaci o autoriseminanti. In questa

tipologia sono annoverati i prati stabili, non alternati nel tempo

con altre colture.

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COLTIVAZIONI FORAGGERE IN ITALIA

PERMANENTI

ATTIVITÀ ZOOTECNICA TECNICAMENTE POSSIBILE, MA POCO REDDITIZIA. INCONVENIENTI

PRODUZIONE DI ERBA CONCENTRATA IN PRIMAVERA (STAGIONE PASCOLIVA UTILE DI 120-150 gg)

RIMEDI

INTEGRAZIONE CON FORAGGI CONSERVATI

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COLTIVAZIONI FORAGGERE AVVICENDATE

SONO LOCALIZZATE NEI TERRENI FERTILI AD AGRICOLTURA INTENSIVA

PRATI E ERBAI

PRATI: IN MAGGIOR MISURA DI LEGUMINOSE, IN MINORE DI GRAMINACEE

VANTAGGI

ALLEVAMENTO DEL BESTIAME .......... LETAME

ARRICCHIMENTO IN AZOTO E SOSTANZA ORGANICA

MIGLIORAMENTO DELLA STRUTTURA

LOTTA INDIRETTA ALLE MALERBE

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● Foraggere avvicendate, sono quelle che si seminano ed entrano

in rotazione, possono avere durata inferiore ad un anno (erbai) o

di più anni (prati): questi a loro volta possono essere costituiti da

una sola specie o da più specie consociate. Si hanno così:

- prati monofiti, se l’impianto è fatto con una sola specie di

leguminose (medicaio, ladinaio, etc.) o graminacee poliennali

(festuca, dattile, etc.)

- prati oligofiti, impianti costituiti da 2-3 specie,

- prati polifiti se costituiti da numerose specie.

I prati possono essere asciutti oppure irrigui. Questi ultimi possono

essere ad irrigazione estiva oppure ad irrigazione invernale

(prati marcitoi o marcite) con funzione termoregolatrice.

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prati monofiti

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Prati Possono durare oltre un decennio e possono essere

costituiti da una o più specie foraggere. Ogni anno si possono effettuare 2-3 tagli nei prati asciutti,

4-5 in quelli irrigui. Tradizionalmente tali sfalci vengono detti maggengo, agostano, terzuolo, quartirolo e quinto taglio.

Il primo sfalcio nella prima metà di maggio; gli altri vengono effettuati a distanza variabile dai 35-40 giorni per i prati irrigui, sino ai 50-60 giorni per quelli asciutti.

Il primo e l'ultimo sfalcio forniscono un foraggio ricco

di graminacee (energetico poiché zuccherino), mentre le leguminose prevalgono nei mesi estivi (proteico).

Le produzioni medie annue ottenibili da un prato asciutto risultano pari a 4-5 t/ha di fieno (erba essiccata), derivanti principalmente dal primo sfalcio.

Nei prati irrigui la produzione è più che doppia (12-13

t/ha).

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A secondo della stagione in cui svolgono il loro ciclo gli erbai si distinguono in:

• erbai autunno-vernini, detti anche autunno-primaverili, sono

quelli seminati in autunno e raccolti in primavera (cereali foraggeri microtermi, loiessa, crucifere, favino, pisello proteico, trifogli annuali, etc.);

• erbai primaverili, seminati a fine inverno e raccolti a maggio

giugno (es. avena-veccia-pisello);

• erbai primaverili-estivi, sono i classici erbai annuali (mais o

sorgo trinciati);

• erbai estivi, sono quelli a semina estiva dopo aver raccolto la

coltura principale (es. granturchino).

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Tendenza della foraggicoltura italiana

• Negli ultimi anni la nostra foraggicoltura ha fatto registrare una grande evoluzione, conseguente ai profondi mutamenti che hanno coinvolto il settore zootecnico e avvenuti a diversi livelli (tecnici , economici, sociali), per cui si sono registrati:

● Aumento del consumo di alimenti concentrati. Negli animali ad alta genealogia

(sia monogastrici che poligastrici), il ruolo di fonte energetica principale è stato

assunto dai cereali da granella, mentre come integratori proteici sono utilizzati i

panelli o farine di estrazione, in particolare di soia e di girasole.

● Espansione degli erbai annuali. Sono essenze foraggere facilmente conservabili

tramite l’insilamento; inoltre la tecnologia ha permesso, in particolare ai cereali

foraggeri, un balzo produttivo consistente.

● Riduzione del consumo di fieno. Questo tipo di prodotto entra nella razione

alimentare di una vacca da latte solo come alimento apportatore di fibra lunga,

necessaria per un buon funzionamento del sistema di ruminazione.

● Riduzione delle superfici a prati avvicendati. Gli investimenti a queste colture si

sono largamente ridimensionati per la riduzione del consumo di fieno negli

allevamenti specializzati da latte, anche come conseguenza al cambio del sistema di

alimentazione. Il piatto unico (unifeed) ha praticamente soppiantato la foraggiata

verde.

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SOSTANZA FORAGGERA

La sostanza foraggera è costituita da elementi di pregio ad alto valore nutritivo come i succhi cellulari e le pareti cellulari.

Entrambi molto ricchi di carboidrati.

In particolare le pareti cellulari che, nel loro complesso, rappresentano la cosiddetta fibra grezza, notoriamente eterogenea (cellulosa, lignina, emicellulosa, etc.) ed insolubile, che può essere validamente utilizzata solo dagli erbivori, tra i quali i ruminanti rivestono il maggiore interesse zootecnico (grazie ai batteri presenti nel rumine e nell’intestino).

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CARBOIDRATI TOTALI

CARBOIDRATI STRUTTURALI CARBOIDRATI NON STRUTTURALI

= fibra (15-20% s.s.) = estr. inazotati

EMICELLULOSA (LIGNINA) CELLULOSA PECTINE AMIDO ZUCCHERI

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QUALITÀ DI UN FORAGGIO

- COMPOSIZIONE BOTANICA

- COMPOSIZIONE CHIMICA

- VALORE NUTRITIVO

- APPETIBILITÀ (COMPRESA PRESENZA DI SPECIE

INDESIDERATE)

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Qualità dei foraggi

• I foraggi da sempre costituiscono la base alimentare dei ruminanti; il loro contributo non si limita all’apporto di sostanze nutritive (carboidrati, sostanze azotate, minerali e vitamine), ma anche a quello di “fibra strutturata” molto importante per garantire le funzioni motorie e fermentative del rumine.

• Nella loro valutazione assume una grande importanza la determinazione del:

● Valore energetico I nutrienti che apportano energia sono: amido, zuccheri, proteine e polisaccaridi non amilacei.

La quantità di energia contenuta negli alimenti, dipende dalla quantità, ma soprattutto della qualità della sostanza organica di cui sono costituiti, ed in particolare dalla qualità della fibra.

Glucidi 4.1 kcal/g

Grassi 9.3 kcal/g

Proteine 4.1 kcal/g

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CARATTERISTICHE DEI FORAGGI

• Il valore energetico di un foraggio dipende

dalla quantità ingerita, ma soprattutto dalla

sua digeribilità che è funzione inversa del

contenuto di carboidrati strutturali e del loro

grado di lignificazione.

• Il contenuto di proteine costituisce l’aspetto

più qualificante di un foraggio (leguminose).

• Data la disponibilità di altre fonti proteiche si

è privilegiato il titolo energetico a scapito di

quello proteico.

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I cronici problemi di approvvigionamento

proteico aggravati dal divieto dell’uso delle

farine di origine animale a seguito della crisi

della BSE hanno portato ad una

riconsiderazione dei prati di leguminose (per la

produzione di fieno o di foraggio disidratato), in

quanto fonti proteiche ‘sicure’.

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FORAGGI ENERGETICI

• Per ottenere foraggi con alta energia si

possono seguire due vie.

- produrre erbe giovani, con raccolte

anticipate, quando i tessuti sono ricchi di

sostanze solubili e poco lignificate

- produrre foraggio costituito anche da

granella, ricca di carboidrati (peggioramento

della fibra, compensato da maggiore

quantità di amido)

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U.F. = UNITÀ FORAGGERA ENERGIA CHE VIENE

FORNITA DA 1 KG DI GRANELLA DI ORZO

(1650 kcal)

U.F.L. = U.F. LATTE 1 U.F.L. = ENERGIA PER PRODURRE 3 KG

DI LATTE CON IL 3,25-3,50% DI GRASSO

(1699 kcal)

U.F.C. = U.F. CARNE (1821 kcal)

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PARAMETRI DI VALUTAZIONE

• U.F. = UNITÀ FORAGGERE

• NDF = FIBRA NEUTRO DETERSA FIBRA TOTALE

• ADF = FIBRA ACIDO DETERSA FIBRA PARZ. DIGERIBILE

• ADL = LIGNINA ACIDO DETERSA FIBRA NON DIGERIBILE

• dNDF = digeribilità dell’NDF (a 24 o 48h)

+ 1% dNDF + 250 g latte prodotto

+ 170 g ingestione

Fibra

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NDF = FIBRA NEUTRO

DETERSA FIBRA TOTALE

FRAZIONE CHE

RAPPRESENTA LE PARETI

CELLULARI DEL FORAGGIO.

COMPRENDE EMICELLULOSE,

CELLULOSA, LIGNINA,

MINERALI (Silice)

ESPRIME LA VOLUMINOSITÀ DEL FORAGGIO.

È INVERSAMENTE PROPORZIONALE ALLA

CAPACITÀ DI INGESTIONE

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ADF = FIBRA ACIDO DETERSA FIBRA PARZ. DIGERIBILE

COMPRENDE CELLULOSA,

LIGNINA, MINERALI (Si)

ADL = LIGNINA ACIDO DETERSA FIBRA NON DIGERIBILE

FRAZIONE FIBROSA NON

DIGERIBILE: LIGNINA

È UTILIZZATA PER STIMARE L’ENERGIA E LA DIGERIBILITÀ DEL FORAGGIO.

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L’alimentazione di un ruminante deve assicurare il mantenimento

di un certo equilibrio nella popolazione dei microrganismi ruminali,

per garantire l’espletamento al meglio delle potenzialità produttive

degli animali allevati.

Per questo, soprattutto i bovini necessitano di una quota di fibra

digeribile strutturata, in assenza della quale verrebbero meno gli

stimoli riflessi della ruminazione.

Senza fibra, i batteri cellulosolitici non si svilupperebbero più e la

conseguenza sarebbe l’impossibilità di digerire le frazioni fibrose

delle cellule vegetali. Se non riceve una sufficiente quantità di

alimenti a fibra strutturata una bovina in lattazione può incorrere

quindi in gravi disordini fisiologici e metabolici.

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Le principali limitazioni alla produzione dei foraggi

• Fattori climatici

• Condizioni del suolo

• Specie vegetali

• Gestione e agrotecnica

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Le principali limitazioni alla produzione dei foraggi

Fattori climatici: nella maggior parte degli ambienti italiani la quantità e la distribuzione delle precipitazioni nel corso della fine-primavera e dell’estate sono i fattori che determinano le condizioni di produttività, fortemente limitate dalla disponibilità di acqua. Nelle regioni a clima caldo le graminacee più frequenti sono piante C4, mentre nelle regioni temperate e fredde le graminacee sono piante C3. Condizioni del suolo: la natura del suolo è importante nel determinare le

produzioni di foraggio. I suoli più fertili e più profondi sono riservati alle colture arative, mentre i pascoli e prati-pascoli occupano suoli poveri, dotati di scarsa profondità, talora ricchi di scheletro e con rocce affioranti.

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Le principali limitazioni alla produzione dei foraggi

• Specie vegetali

• Le specie foraggere endemiche e native dell’ambiente sono adattate a sopravvivere alle avversità climatiche e alle caratteristiche sfavorevoli del terreno. Lo stress idrico e la scarsa fertilità dei suoli costituiscono i principali fattori che limitano la crescita dei foraggi.

• Negli ambienti difficili l’introduzione di varietà di specie foraggere migliorate, ma poco adatte all’ambiente, può tradursi in un insuccesso a causa dello scarso potere competitivo di varietà selezionate in altri ambienti.

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Le principali limitazioni alla produzione dei foraggi

Gestione e agrotecnica di coltivazione contemplano:

- l’applicazione o meno di fertilizzanti;

- la frequenza e l’altezza dei tagli;

- il numero ed il movimento degli animali in caso di pascolo; - la gestione in irriguo o in asciutto.

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L’azoto è l’elemento che limita maggiormente la produzione delle

graminacee, ed i suoli naturali o non fertilizzati ne sono sempre

carenti. Le leguminose sono invece in grado di superare il

problema della carenza di azoto nel suolo grazie alla fissazione

simbiontica di questo elemento operata dai batteri che vivono nei

tubercoli delle loro radici. Le leguminose sono per contro più

sensibili delle graminacee alla concimazione fosfatica. Nelle

consociazioni tra graminacee e leguminose, queste ultime

rendono disponibile parte dell’azoto per le graminacee, ma questa

disponibilità può non essere sufficiente per le graminacee in caso

di gravi carenze di azoto.

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Una elevata frequenza dei tagli può accelerare lo sfruttamento dei

nutrienti del suolo e, soprattutto, determinare la scomparsa di

specie non adattate morfologicamente a frequenti defogliazioni.

D’altra parte, il foraggio raccolto in uno stadio precoce di sviluppo

ha un più elevato contenuto di proteine ed una maggiore

digeribilità rispetto al foraggio raccolto nelle fasi di sviluppo più

avanzate.

Il momento del taglio è sempre un compromesso tra contenuto

proteico e digeribilità da un lato, e quantità di foraggio e

sfruttamento non eccessivo della coltura dall’altro.

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Un numero di capi elevato rispetto all’area pascolata, ed una

permanenza eccessiva nella stessa area, possono determinare la

scomparsa di specie palatabili (appetite dal bestiame) e la

progressiva diffusione di specie non appetite dal bestiame (es.

cardi). Un pascolo eccessivo, quindi, riduce o compromette la

produttività dei cotici.

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Ruolo ambientale dei prati avvicendati di leguminose

• Azione rinettante nei confronti delle erbe infestanti;

• diminuzione del quantitativo di erbicidi applicato per ettaro per anno;

• incremento della sostanza organica del suolo dovuto alla assenza di lavorazioni e agli abbondanti residui radicali;

• quest’ultimo aspetto assume una importanza particolare alla luce di un altro servizio offerto dai terreni agricoli, e cioè l’azione di “deposito” della CO2 atmosferica.

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Incremento della sostanza organica nel suolo

SOSTANZA ORGANICA (S.O.)

10.0

12.0

14.0

16.0

18.0

20.0

22.0

24.0

26.0

R1 MM PP R6 R3

MDS(0.05)=

g kg-1

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Vantaggi della consociazione polifita

migliore sfruttamento delle risorse del terreno assicurato da

specie con apparati radicali complementari (fascicolato e superficiale per le graminacee, fittonante e profondo per le leguminose);

le colture graminacee traggono vantaggio dalle escrezioni radicali delle leguminose, che sono ricche di azoto;

migliore assorbimento della energia radiante (PAR) consentito dalla combinazione di specie di piante che hanno forma e disposizione delle foglie diverse tra loro, che si traduce in maggiore produzione complessiva;

Consociazione = coltivazione contemporanea di 2 o più

specie sullo stesso terreno.

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Vantaggi della consociazione

maggiore facilità di conservazione del foraggio: le graminacee agevolano la fienagione e riducono la perdita di foglie delle leguminose; l’insilamento delle leguminose diventa più facile se consociate con le graminacee;

composizione più equilibrata del foraggio da un punto di vista nutrizionale (leguminose ricche di proteine, graminacee ricche di carboidrati);

migliore distribuzione annuale delle produzioni di

foraggio dovuta a ritmi di crescita diversi nel corso della stagione (le graminacee hanno una maggiore crescita in primavera, le leguminose crescono di più nel corso dell’estate;

minore presenza di infestanti dovuta al maggiore potere

competitivo della consociazione.

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COLTIVAZIONI FORAGGERE

UTILIZZAZIONE

DIRETTA

PASCOLO

INDIRETTA

SECCA UMIDA

FIENO INSILATO

DISIDRATATO

FRESCA

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La falciatura

Consiste nel taglio della pianta effettuato manualmente (falce) o meccanicamente (falciatrice). L'epoca di esecuzione della falciatura è fondamentale. Deve corrispondere al momento in cui la pianta foraggera presenta la massima quantità di sostanze nutritive digeribili. Periodi precedenti determinano un prodotto tenero e ricco, ma la quantità è minore, l'essiccazione più difficile, inoltre si compromette l’eventuale ricaccio. Il ritardo dello sfalcio, al contrario, determina una maggiore produzione ed una minore digeribilità del foraggio. Primo sfalcio:

Utilizzazione precoce Utilizzazione tempestiva Utilizzazione tardiva

(inizio spigatura/fioritura)

> cont. UF e prot/t/s.s. buon cont. UF e prot/t/s.s. < cont UF e prot/t/s.s.

< prod. s.s./ha buona prod. s.s./ha < digeribilità foraggio

< durata coltura

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SFALCI FREQUENTI

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UTILIZZAZIONE DEL FORAGGIO

FORAGGIAMENTO VERDE

• Alti costi ed impegno organizzativo

• Impossibilità di mantenere la dieta costante

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FORAGGI CONSERVATI • 80-85% delle U.F. prodotte

• Sono forniti all’animale dopo un processo di conservazione e in un ambiente confinato

• I metodi di conservazione sono riconducibili a due fenomeni biologici:

- ESSICCAZIONE (fienagione o disidratazione)

- ANAEROBIOSI + ACIDIFICAZIONE (insilamento)

• L’obiettivo è:

a) ridurre al minimo PERDITE e COSTI

b) mantenere il più possibile il VALORE NUTRITIVO

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La fienagione

Consiste nell'essiccazione del foraggio che passa dal 75-80% di umidità al momento dello sfalcio al 16-18% (ottimale) al momento della conservazione. L'essiccazione è eseguita esponendo in campo l'erba al sole e all'aria per un periodo di 3-4 giorni. Può essere favorita e velocizzata schiacciando il foraggio al momento del taglio con le falcia-condizionatrici. Il fieno viene quindi raccolto sciolto oppure compresso e legato in balle da apposite macchine imballatrici. L'essiccazione risulta artificiale quando l'erba falciata, dopo un pre-appassimento in campo, che la porta ad una umidità inferiore al 45%, viene posta in fienili, attrezzati con appositi sistemi di ventilazione. L'aria viene fatta passare attraverso la massa di foraggio fino a farle raggiungere una umidità inferiore al 20%. Con la fienagione (soprattutto quella tradizionale) si hanno elevate perdite di prodotto.

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Fasi della fienagione

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Perdite nella fienagione

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Disidratazione

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L'insilamento

In tale processo di conservazione, il pH del foraggio si abbassa per effetto delle

fermentazioni che si instaurano nella massa verde.

Le perdite legate a queste trasformazioni sono meno elevate di quelle dovute

alla fienagione ed il foraggio rimane verde e succulento per lungo tempo.

La fermentazione fondamentale nell'insilamento è la fermentazione lattica.

Tale fermentazione inizia subito dopo l'immissione del foraggio trinciato nel silo. In

assenza di ossigeno (ambiente anaerobico), ad una temperatura ottimale di

20-30°C ed in presenza di una sufficiente quantità di zuccheri, si sviluppano i

batteri lattici che trasformano gli zuccheri fermentescibili in acido lattico.

L'acidità della massa del foraggio aumenta fino ad un pH di 3,5-4.

In tale ambiente acido si evita l'instaurarsi di fermentazioni putride e si arresta

parimenti l'azione dei batteri lattici. Oltre all'acido lattico si osserva la produzione di

una certa quantità di acido acetico che contribuisce all'acidificazione della massa

insilata.

Durante la conservazione dei foraggi insilati si verificano delle perdite di sostanze

nutritive comprese fra il 10 ed il 30%.

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Fasi dell’insilamento

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Gestione del processo

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PASCOLO I pascoli sono formazioni vegetali, generalmente naturali, costituite da

molte specie erbacee appartenenti a diverse famiglie botaniche.

I pascoli si distinguono in pascoli permanenti quando presentano una durata illimitata e pascoli temporanei quando la loro durata è limitata, come quelli che si costituiscono per inerbimento del maggese o nell'intervallo fra due colture.

• Ottimale per l’animale (benessere animale)

• Minori rese (consumo piante giovani). La produzione dei pascoli è variabilissima, attestandosi su una media pari a 0,5-0,6 t/ha di s.s.

• Perdite per calpestio e spreco

Il pascolo può essere competitivo nelle aree in cui la meccanizzazione è ostacolata dalla conformazione geografica, o in cui le condizioni pedo-climatiche determinano un limite per le rese

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Motivazioni e prospettive per il

pascolo

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Una serie di fattori stanno suggerendo la

necessità di passare (o di tornare) al

pascolamento come forma di attività

compatibile con la crescente domanda di

un’agricoltura sostenibile sotto il profilo

agronomico, economico ed ambientale.

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Nelle aree in cui la meccanizzazione è

ostacolata dalla conformazione geografica, o

in cui le condizioni pedo-climatiche

determinano un limite per le rese, la

competitività delle aziende zootecniche può

essere perseguita soltanto, prescindendo da

interventi di sostegno, riducendo i costi di

produzione.

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La necessità di produrre a costi minori e con

minore manodopera è spesso il maggiore

ostacolo ai sistemi zootecnici di tali ambienti.

Si manifesta allora la potenzialità

dell’allevamento in forme prevalentemente

pascolive, per motivi di carattere

organizzativo, sociale ed economico,

accresciuti dall’interesse di poter disporre di

praterie in abbandono o non più

convenientemente utilizzabili con lo sfalcio.

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L’introduzione (o la re-introduzione) del

pascolamento contribuirebbe al recupero di

aree marginali o dismesse dove non esistono,

di fatto, ipotesi di gestione agricola

economicamente alternative all’allevamento

estensivo.

Tale recupero sarebbe ulteriormente favorito

laddove il sistema zootecnico fosse associato

alla valorizzazione di produzioni di filiera di

qualità, quali le linee vacca-vitello di razze

autoctone di pregio o i prodotti caseari a

denominazione di origine.

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Un ulteriore incremento dell’impiego del

pascolamento potrebbe derivare dall’applicazione

dei regolamenti europei sui metodi di produzione

biologica per i prodotti di origine animale, il quale

prescrive un largo ricorso al pascolamento per

poter qualificare un allevamento come biologico.

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L’uso del pascolamento risponde anche ai

requisiti posti dai regolamenti per

l’estensificazione dell’agricoltura e la

salvaguardia dell’ambiente.

L’introduzione (o la re-introduzione) del

pascolamento nelle aree più ‘fragili’

renderebbe possibile la gestione territoriale di

ampie superfici e promuoverebbe la cura di

molti terreni abbandonati, favorendo la

prevenzione dei rischi ambientali (erosione,

frane, alluvioni, etc.) associati allo

spopolamento di tali zone.

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PASCOLO RAZIONATO

È consigliabile: in pianura; in collina su terreni

produttivi e poco frazionati

È ideale per vacche e pecore da latte in produzione

Ogni giorno mettere a disposizione del bestiame

un’area di pascolo tale da garantire la copertura del

fabbisogno giornaliero. Appena il foraggio è stato

consumato, gli animali vengono spostati in un altro

appezzamento.

Occorrono recinti fissi lungo il perimetro

dell’azienda e recinti mobili elettrificati per la

suddivisione in settori

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Vantaggi:

Buona produttività, con erba che cresce

indisturbata fino al turno successivo

Sprechi molto ridotti (10-15%), perché il bestiame

si muove poco e trova tutto il foraggio al giusto

stadio di sviluppo

Ridotti danni da calpestamento, specialmente nei

periodi piovosi e terreni argillosi

Possibilità di formazione di scorte su parcelle non

sfruttate con il pascolamento primaverile

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PASCOLO A ROTAZIONE

È consigliabile: in montagna e collina su terreni

dissestati, boschi, cotiche naturali; per vacche da

carne con vitello, manze, equini

Suddividere il pascolo in appezzamenti

sufficientemente grandi da consentire alla mandria

di rimanere 7-15 gg. (rotazione stretta o rotazione

larga), e ritornare sulla stessa superficie quando

l’erba ha raggiunto il giusto stadio di sviluppo (35

gg. circa)

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Vantaggi:

Minore richiesta di manodopera per spostamenti

Recinti elettrici mobili non necessari

Possibilità di inserire negli appezzamenti aree a

bosco, utili per riserve di alimenti nei periodi meno

produttivi e per il riparo degli animali

Svantaggi:

Sprechi più elevati (mediamente 25%), con punte fino

al 60% con carico inadeguato o foraggio troppo

maturo (riduzione dell’appetibilità)

Maggiori danni da calpestamento

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PASCOLO BRADO E SEMIBRADO

Accettabile solo: in alta montagna per recuperare

ampie superfici prive di recinti; in montagna e

collina su notevoli superfici poco produttive e molto

dissestate; con razze molto rustiche

Lasciare a disposizione del bestiame tutto il

pascolo (brado), o suddividerlo in 2-3 grossi settori

in cui la mandria permane per 30-40 gg.

(semibrado).

Utilizzare un carico di bestiame molto basso per

unità di superficie (difficile stima della produzione

foraggera)

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Vantaggi:

Semplificazione estrema dell’allevamento

Minima richiesta di manodopera

Possibilità di recuperare ampie superfici che

rimarrebbero altrimenti inutilizzate

Svantaggi:

Bassissima produttività delle cotiche e

peggioramento delle stesse con proliferazione di

infestanti

Sprechi elevati (fino all’80%)

Problemi di cattura del bestiame al rientro autunnale