collanadirettada AntonioPaolucci 32 · 2019. 12. 5. · va Cattedrale (già pieve di Santa Maria)....

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collana diretta da Antonio Paolucci 32 DIOCESI DI AREZZO CORTONA SANSEPOLCRO

Transcript of collanadirettada AntonioPaolucci 32 · 2019. 12. 5. · va Cattedrale (già pieve di Santa Maria)....

  • collana diretta daAntonio Paolucci

    32

    DIOCESI DI AREZZOCORTONA

    SANSEPOLCRO

  • a cura diSerena Nocentini

    Guida alla visita del museoe alla scoperta del territorio

    Museo diocesanodi Cortona

  • DIOCESI DI AREZZOCORTONA

    SANSEPOLCRO

    Museo diocesano di Cortona

    Con il patrocinio di / Under the sponsorship ofMinistero per i Beni e le Attività Culturali

    Enti promotori / Promoted byEnte Cassa di Risparmio di FirenzeRegione ToscanaDiocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro

    In collaborazione con / In collaboration withDirezione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della ToscanaSoprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio, per il Patrimonio Storico,

    Artistico ed Etnoantropologico della Provincia di ArezzoProvincia di ArezzoComune di CortonaOmA – Associazione Osservatorio dei Mestieri d’Arte

    Realizzazione / ProductionEnte Cassa di Risparmio di Firenze – Area Progetti Culturali motu proprioSupervisione generale e curatela / General and curatorial supervisionBarbara TostiRegistrar e coordinamento scientifico / Registrar and scientific coordinationPaola PetrosinoComunicazione e Ufficio Stampa / Communication and Press OfficeRiccardo Galli

    Comitato Scientifico / Expert CommitteePresidente / President Antonio PaolucciAgostino Bureca, Cesare Cantucci, Riccardo Fontana, Liletta Fornasari, Serena Nocentini,

    Elena Pianea, Maddalena Ragni, Paola Refice, Flora Zurlo

    Musei del territorio: la Val di ChianaMuseums of the Territory: the Val di Chiana

  • © 2012 Edizioni PolistampaVia Livorno, 8/32 - 50142 FirenzeTel. 055 737871 (15 linee) - [email protected] - www.leonardolibri.com

    ISBN 978-88-596-1118-9

    In copertina / On the cover :Beato Angelico, Annunciazione, 1434-1436Museo diocesano di Cortona

    Guida al Museo diocesano di Cortonaa cura di / edited bySerena Nocentini

    Testi / TextsFederica Chezzi, Sabrina Massini, Serena Nocentini, Lorenzo Pesci, Michele Tocchi

    Schede delle opere / Description of the workSerena Nocentini, Michele Tocchi (schede 15 e da 18 a 27)

    Itinerari a cura di / Itineraries byFederica Faraone, Maria Pilar Lebole, Lucia Mannini, Eleonora Sandrelli

    Editing e apparati / Editorial and reference coordination byCristina Corazzi

    Cartografia e illustrazioni / Maps and illustrations byMassimo Tosi

    Traduzioni per l’inglese / English translationEnglish Workshop

    Progetto grafico / Graphic projectPolistampa

    Campagna fotografica a cura di / PhotographyStudio fotografico Riccardo Mendicino, Arezzo

    Crediti fotografici / Photographic creditsArchivio fotografico della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio,

    per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico della Provincia di ArezzoArchivio Storico del Comune di CortonaUfficio per i beni culturali e l’arte Sacra della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro

    Ringraziamenti / AcknowledgmentsDon Ottorino Capannini, Don Giancarlo Rapaccini, Stefania Bertini, Aion Cultura

    www.piccoligrandimusei.it

  • Presentazioni

    A ttraverso il progetto “Piccoli Grandi Musei” si ri-compone un mosaico di eccellenze nel campo dei be-ni storici ed artistici che illustra, con l’adeguato supportodidattico dimostre, cataloghi e guide, la straordinaria ric-chezza culturale delle varie realtà toscane sulle quali si èposata l’attenzione degli enti istituzionali e degli studio-si, che hanno reso così un servizio prezioso alla collettivitàin termini di conoscenza e valorizzazione del patrimoniodiffuso sul territorio.È un percorso iniziato alcuni anni fa su iniziativa dell’EnteCassa di Risparmio di Firenze che, nel corso del tempo, haassociato al progetto un numero sempre più ampio di sog-getti pubblici e privati in un grande sforzo teso a un uni-co obiettivo di crescita civile.I riflettori si sono accesi quest’anno su Arezzo e il suo com-prensorio, da Cortona a Castiglion Fiorentino, a Luci-gnano, a Foiano della Chiana, in una sequenza davverosignificativa di eventi condivisi con la Regione, la Pro-vincia, le Soprintendenze, la Diocesi e tutti i Comunicoinvolti nell’operazione.Personalità quali l’Angelico, Piero della Francesca, Bar-tolomeo della Gatta e Luca Signorelli forniscono il termi-ne di confronto e la misura di esperienze, dal punto di vi-sta delle arti visive, che hanno prodotto pure in terra diArezzo un consolidato orizzonte di valori da salvaguar-dare e ammirare.L’eco di recenti catastrofi naturali che si sono accanite supersone e beni deve farci riflettere che quanto ci è stato tra-

    JacopoMazzeiPresidentedell’Ente Cassadi Risparmiodi Firenze

  • smesso dai nostri predecessori può essere spazzato via nelvolgere di pochi secondi e quindi l’esercizio della memo-ria, che si attua anche grazie al progetto “Piccoli GrandiMusei”, è un fondamentale strumento volto a rafforzarela nostra sensibilità identitaria col passato, consapevoli chenulla è immutabile e che perciò è importante affinare ilrapporto di ciascuno di noi con quanto di bello è dato divedere in ogni luogo dove siano state sprigionate dall’in-gegno umano scintille di creatività, tali da stimolarci adare il nostro piccolo o grande contributo per far sì chequesto imperdibile patrimonio storico e culturale sia mes-so al riparo dagli insulti del tempo e dai danni prodottidall’uomo e dagli eventi naturali.

    �jacopo mazzei

  • presentazioni�

    P er gli amanti dell’arte e del paesaggio ecco un’occa-sione davvero irripetibile per visitare piccoli museilocali, poco noti ai circuiti turistici tradizionali, ma ric-chi di tesori straordinari e testimoni della storia e dellacultura del territorio di cui fanno parte.Il progetto “Piccoli Grandi Musei”, giunto all’VIII edi-zione, approda in terra d’Arezzo, patria e rifugio di al-cuni dei maggiori artefici del Rinascimento, da BeatoAngelico a Piero della Francesca, da Bartolomeo dellaGatta a Luca Signorelli, e coinvolge i più importantimusei del capoluogo e della Val di Chiana quali pre-ziosi scrigni dei loro capolavori.La Regione Toscana conferma il sostegno al progetto,nella convinzione che la formula adottata risponda pie-namente ai propri obiettivi di promozione culturale edi sviluppo del territorio.L’idea che guida i nostri progetti e che ci ha permesso divalorizzare le potenzialità, spesso non sfruttate, dellaToscana “minore” è quella di presentare le nostre offer-te come un unico museo vivo e moderno, una rete distrutture e di attività che interagiscono e dialogano traloro, abbinando la vocazione ad esporre e conservarecon quella a promuovere e valorizzare. La logica di si-stema è la chiave per un’efficace promozione dei picco-li musei locali, che avrebbero altrimenti minore visibi-lità, e per far crescere la qualità dell’offerta al pubblico.L’altro aspetto rilevante riguarda il rapporto tra cultu-ra e turismo. Il progetto “Piccoli Grandi Musei” rende

    Enrico RossiPresidentedella RegioneToscana

  • fruibile il territorio e la sua storia attraverso un sistemadi itinerari che ne esaltano le ricchezze offrendo ai vi-sitatori un’informazione capillare e mirata, alla sco-perta di bellezze storico-artistiche, naturalistiche ed eno-gastronomiche.

    ��enrico rossi

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    La Provincia di Arezzo accoglie con orgoglio e soddisfa-zione questa nuova opportunità di collaborazione conl’Ente Cassa di Risparmio di Firenze grazie all’iniziati-va “Piccoli GrandiMusei” che, giunta con successo all’ot-tava edizione, quest’anno coinvolgerà Arezzo e la Val diChiana aretina con un percorso costruito attorno ad ottorealtà museali e ad altrettanti luoghi monumentali digrande valore culturale e artistico.Rinascimento in terra d’Arezzo, per la cui occasione sipubblicano i presenti volumi di guida ai musei del terri-torio, nasce come iniziativa di valorizzazione dei grandiprotagonisti del panorama artistico del Quattrocento chesono nati o che hanno operato nel territorio aretino, da Fi-lippo Lippi a Piero della Francesca, ad Andrea della Rob-bia, Bartolomeo della Gatta e Luca Signorelli.Si tratta di un’ottima occasione per promuovere la cono-scenza del grande patrimonio culturale della nostra pro-vincia, in particolare dei nostri “piccoli, grandi” musei edelle cittadine e dei borghi che li ospitano, autentici testi-moni e custodi del nostro genius loci, che spesso però sonocostretti a vivere all’ombra di realtà più grandi e più note.E si tratta inoltre di un invito a vivere appieno, in manie-ra attiva e coinvolgente, la visita ad un museo, inteso nonsoltanto come “spazio espositivo”, ma soprattutto comemo-dalità di esperienza e come strumento privilegiato di con-tatto con la storia e l’identità di una terra e di un popolo.Questo nuovo itinerario alla scoperta della provincia diArezzo è una risorsa preziosa sia per noi aretini, sia per i

    Rita MezzettiPanozziAssessoreai Beni CulturaliTurismoe Istruzionedella Provinciadi Arezzo

  • viaggiatori che siano alla ricerca di itinerari alternativiin grado di avvicinarli in maniera consapevole e sosteni-bile alla nostra destinazione turistica e al suo straordina-rio patrimonio culturale, artistico e umano.A nome della Provincia di Arezzo ringrazio quindi l’En-te Cassa di Risparmio di Firenze per la rinnovata atten-zione al nostro territorio, già protagonista di altri suoi im-portanti progetti di valorizzazione culturale, e auspico ilmigliore successo a questa iniziativa.

    ��rita mezzetti panozzi

  • presentazioni��

    I l territorio italiano com’è noto è caratterizzato dauna diffusa rete di musei che testimoniano le diver-sificate vicende storiche preunitarie e le peculiarità an-tropologiche di un Paese lungo e stretto, posto a pontetra l’Europa e l’Africa. Sin dai primi anni di vita del-l’Italia unificata si discusse a lungo sull’opportunità diconcentrare in pochi grandi musei, sul modello france-se, il patrimonio artistico; prevalse l’idea di salvaguar-dare l’identità culturale dei vari territori, di rispettareil palinsesto storico sedimentatosi nei secoli e di nonstrappare le opere dal loro contesto. È per tale ragioneche la maggioranza dei musei statali, ad eccezione deiquattro Poli museali di Venezia, Firenze, Roma e Na-poli di non lontana istituzione, fanno a tutt’oggi corpounico con le soprintendenze che assicurano da più di unsecolo la tutela dei beni culturali. Talemodello è entratoin crisi da quando alla tutela e alla conservazione deibeni è stata aggiunta tra gli adempimenti istituziona-li la valorizzazione e la fruizione degli stessi. Anche imusei sono stati investiti dalle istanze provenienti dal-la società da quando il settore economico e produttivoha visto in essi ricchi “giacimenti culturali” da sfrutta-re per incrementare il turismo. Tali pressioni, cresciu-te negli ultimi anni anche per la crescente riduzione dimano d’opera assorbita dall’industria e per il crescentelivello d’istruzione della popolazione, hanno aggiuntocompiti e posto problemi gestionali del tutto nuovi ai re-sponsabili dei musei, un tempo riservati ad una ristret-ta cerchia di visitatori e studiosi.

    Agostino BurecaSoprintendenteper i BeniArchitettonici,Paesaggistici,Storici, Artistici edEtnoantropologicidella Provinciadi Arezzo

  • Riconoscere e implementare buone pratiche dell’acces-sibilità culturale e della partecipazione al patrimonioculturale non significa semplicemente raggiungere unpubblico più ampio, ma agire in direzione di una par-tecipazione consapevole, dove la costruzione di un’e-sperienza di visita di qualità, che solleciti a prenderecoscienza dei valori civici intrinseci nel nostro patri-monio culturale, riveste un obiettivo fondamentale. Ta-le azione richiede una predisposizione all’accoglienza euna conoscenza profonda dei bisogni e delle aspettativeculturali del pubblico, sia abituale che potenziale, e unaforte attenzione al rapporto con il contesto. Soprattut-to i “Piccoli Grandi Musei” per non “tirare a campa-re” dovranno sempre di più accentuare la caratteristi-ca di servizio pubblico e guardare ai bisogni dei cittadiniancor prima dell’incremento dei flussi turistici e trova-re risposte adeguate. Le statistiche ci ricordano che seiitaliani su dieci con più di diciotto anni non visitanoné un museo, né un’area archeologica, né una mostra,per un totale di oltre ventottomilioni di non fruitori del-le offerte culturali; un bacino di domande non utiliz-zato che, oltre alla crescita culturale della popolazione,potrebbe sostenere in modo non marginale l’economiae lo sviluppo del settore. Tale dispersione, che si tradu-ce anche in alti costi di emarginazione sociale, non puòessere addebitata solo a fattori esterni. Gli addetti ai la-vori, per troppo tempo autoreferenziali, debbono abi-tuarsi a confrontarsi con i bisogni della collettività sen-za paure e riserve mentali.Il progetto “Piccoli Grandi Musei”, promosso e soste-nuto finanziariamente dall’Ente Cassa di Risparmio diFirenze, riunisce sotto il tema unificante della fioritu-ra dell’età rinascimentale in terra d’Arezzo e della Valdi Chiana ben otto musei. Il progetto, oltre a prevede-

    ��agostino bureca

  • re una capillare attività di pubblicità e di promozione,ha fornito a piccole ma ben dotate realtà museali le ri-sorse e il supporto per rinnovare gli allestimenti e co-prire le falle più evidenti nel campo dell’informazionee di comunicazione con il pubblico. Per tre “PiccoliGrandi Musei” il progetto ha fornito l’opportunità direalizzare una snella Guida che rientra tra le esigenzepiù sentite dall’utenza e tra le prescrizioni della Cartadei Servizi di ogni museo.

    ��presentazioni

  • C ollaborare nell’ambito della cultura con l’Ente Cassadi Risparmio di Firenze è ormai prassi consolidata egradita attività per il Comune di Cortona: basti pensareal successo ottenuto, negli anni, dalle mostre “CapolavoriEtruschi dall’Ermitage”, “Le Collezioni del Louvre a Cor-tona”, al Progetto “Cento Itinerari più uno”, le prime duetenutesi presso il MAEC (Museo dell’Accademia Etrusca edella Città di Cortona), nel 2008 e nel 2011, l’ultima al-lestita, sempre nel 2011, presso la Fortezza di Girifalco; op-pure alla ormai storicizzata “Cortonantiquaria”, una del-le più antiche manifestazioni del settore.Nell’anno in corso l’interesse dell’Ente Cassa si sposta, op-portunamente, su un altro ambito: la valorizzazione dell’e-norme patrimonio di arte rinascimentale in terra d’Arezzo,con il progetto “Rinascimento in terra d’Arezzo”, mettendoa sistema, in una opportuna logica di rete, itinerari che col-legano molti Comuni della Val di Chiana, dimostrandoancora una volta che, al di là dei particolarismi, l’armavin-cente per rilanciare un territorio così omogeneo è la promo-zione razionalizzata e strutturata di servizi e offerte, soprat-tutto nell’ambito del patrimonio storico-artistico.Così Cortona anche quest’anno ottiene di poter esibire ilsuo “scrigno di tesori”, presentando un itinerario che per-mette la visita alMAEC, alMuseo Diocesano, alle chiese diSan Niccolò, di San Domenico, del Calcinaio e alla villadel Palazzone: in tutti questi luoghi sarà possibile apprez-zare capolavori pittorici assoluti di Beato Angelico, LucaSignorelli, Bartolomeo della Gatta. In particolare all’in-

    presentazioni��

    AndreaVigniniSindacodel Comunedi Cortona

  • terno del MAEC verrà posta l’attenzione su Luca Signorel-li e la sua attività politica come priore della sua città, at-traverso la valorizzazione di quadri e preziosi manoscrit-ti di archivio, parte della collezione permanente delMuseo.A ben vedere, partendo da quest’ultimo spunto, la rifles-sione conclusiva è che programmi come questo richiama-no ancora una volta la stringente necessità di un rappor-to costante tra politica e cultura, coscienza civile ed arteintesa come espressione dei migliori aspetti dell’uomo.Fare riferimento oggi alle eccellenze del nostro patrimo-nio, ai momenti apicali della nostra storia, non deve esse-re visto solo come un tuffo all’indietro per lenire i mali delpresente, ma come un forte incentivo a valorizzare i no-stri territori, creare posti di lavoro, ridare spinta ed entu-siasmo a tante generazioni di giovani che hanno studiatoe creduto di potersi realizzare migliorando lo status deibeni culturali del nostro Paese.L’unico modo per avere la certezza assoluta che il nostropatrimonio potrà essere conservato e tramandato alle fu-ture generazioni è che tutti i cittadini, ma in particolaregiovani di oggi, se ne riapproprino con coscienza; e, in que-sto senso, va il mio plauso pieno a quanto Ente Cassa hafatto e sta facendo, perché il suo operare mira proprio aconseguire questo obiettivo.

    ��andrea vignini

  • ��presentazioni

    L a nuova guida al Museo diocesano di Cortona, stam-pata in occasione dell’iniziativa “Rinascimento inTer-ra d’Arezzo” e legata al lodevole progetto “Piccoli GrandiMusei” promosso dall’Ente Cassa di Risparmio di Firen-ze, raccoglie significativi contributi della ricchezza stori-co-artistica legata alla storia della nostra Diocesi che, neisecoli, ha attraversato vicende complesse e difficili.In quest’area della Toscana, fin dalla più remota anti-chità cristiana, la Chiesa si avvalse di vari linguaggi percomunicare la fede: le arti figurative, l’architetture dellepievi, ma anche delle più semplici chiese di montagna,connotarono nel territorio la presenza dei cristiani.Al linguaggio figurativo fu affidata una sorta di “liturgiadelle distrazioni”. Quando la comunicazione verbale nonriesce amantenere l’attenzione di chi ascolta, labiblia pau-perorum racconta ilmedesimomessaggio del Vangelo.Nel-le forme e nei colori, attivando una interiorizzazioneprofonda, nella pellicola pittorica o nella materia plasma-ta, è fissata, con la verità del Vangelo, la fede del narrato-re, armato di pennelli, di scalpello, di spatole e di colori.Un lungo percorso attraversa i secoli per comunicare lastessa fede degli Apostoli. Mentre le tecniche si susseguonoe persino le maniere si evolvono. La ricerca del Bello tra-scende le forme e passa indenne, resistendo all’usura del tem-po, come vero omaggio al Creatore.La fragilità dei materiali, le calamità naturali, le avver-se o fortunate condizioni storiche, il mutare della sensibi-lità culturale, le riforme liturgiche trovano ampio e circo-stanziato documento nel nostro Museo. Attraverso opere

    RiccardoFontanaVescovodella Diocesidi Arezzo-Cortona-Sansepolcro

  • insigni, si ricorda il passato e si evidenzia, con la bellezzadi quanto si è conservato, la forza creativa dell’artista,congiunta alla fede dei credenti.Per questo mi preme sottolineare la dimensione pastoraledelle opere conservate nel nostro Museo. In quanto stru-menti pastorali, esse servono a scoprire e far rivivere la te-stimonianza di fede delle passate generazioni. Le istituzioniecclesiastiche – come documentano negli ultimi decenni ivari interventi della Pontificia Commissione per i BeniCulturali della Chiesa e la Conferenza Episcopale Italia-na – sono impegnate a un utilizzo pastorale dei propri be-ni culturali e intorno a essi cercano il coinvolgimento deiresponsabili ecclesiastici e civili.L’azione comune del progetto dell’Ente Cassa di Rispar-mio di Firenze, della RegioneToscana, dellaDirezione Re-gionali per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana,della Soprintendenza di Arezzo, della Provincia e delleAmministrazioni comunali favorisce una valorizzazioneconsapevole di questi beni e un’azione mirata di salva-guardia del patrimonio storico-artistico.Il Museo nel nostro tempo ha la funzione di promuoverela cultura e di far riscoprire risorse che il passato ci indi-ca come possibili piste per il futuro.

    ��riccardo fontana

  • presentazioni��

    B isogna riconoscere che certi eventi possono prendereforma soltanto in Toscana, solo nel luogo cioè che ve-de giocare insieme e confrontarsi e cooperare, in spirito dileale e solidale competizione, l’orgoglio del patrimonio dauna parte, l’efficienza delle istituzioni e il pragmatico lun-gimirante mecenatismo degli istituti di credito dall’altra.Prendiamo l’edizione di quest’anno dei “Piccoli GrandiMusei”, a mio giudizio la più bella perché la meglio arti-colata e la più originale, fra quante abbiamo visto succe-dersi negli ultimi anni.L’argomento quest’anno era il diffondersi della visione ri-nascimentale lungo l’asse privilegiata della Val di Chiana.Protagonisti, nel presagio e nel raggio di Piero della Fran-cesca, sonoMichele da Firenze, il Beato Angelico, il gran-dissimo e non ancora sufficientemente studiato e apprez-zato Bartolomeo della Gatta, i maestri robbiani che fraQuattrocento e Cinquecento moltiplicano le loro lucentipale policrome nelle chiese cittadine e nelle parrocchie del-la Chiana. Per rendere comprensibile tutto questo e mol-to altro ancora (anche i ritmimelodiosi del plasticatoreMi-chele da Firenze, anche quel prodigio di sublime designche tutti conoscono come l’“Albero di Lucignano”) occor-reva individuare luoghi storicamente eminenti, attrez-zarne le opere più significative di efficaci apparati didat-tici, favorire l’afflusso del pubblico.L’iniziativa, voluta e finanziata dall’Ente Cassa di Ri-sparmio di Firenze, pensata e organizzata con tutte lerealtà istituzionali, dagli Uffici della Tutela alle muni-

    AntonioPaolucciPresidentedel ComitatoScientifico

  • cipalità del capoluogo e del territorio, dalla Regione To-scana alla Provincia, alla Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, ha raggiunto quest’anno la sua ideale formascientifica e didattica.La storia artistica della terra aretina è affidata al catalo-go-manuale curato da Liletta Fornasari e da Paola Refi-ce mentre tre guide illustrano tre fra i luoghi più rappre-sentativi dell’intero percorso. Si tratta delMuseoDiocesanodi Cortona (curatrice Serena Nocentini), della Pinacote-ca Civica e delMuseo della Pieve di SanGirolamo di Ca-stiglion Fiorentino (Sabrina Massini), del Museo di Artemedievale emoderna di Arezzo studiato, in tutte le sue ope-re, da Paola Refice e dai suoi collaboratori. I volumi chele mie righe introducono rimarranno a testimoniare il pa-trimonio, a tutelarne la memoria ma vogliono essere an-che un attestato di gratitudine verso comunità che hannosaputo conservare e valorizzare i loro tesori artistici e mo-numentali con una intelligenza e una determinazionepurtroppo ignote ad altre, troppe parti d’Italia.

    ��antonio paolucci

  • Museodiocesanodi Cortona

  • Museo diocesano di Cortona

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    «Cortona, mamma di Troia e nonna di Roma». Cosìrecita l’antico proverbio. Scrive Virgilio (Eneide iii,167; vii, 209) che la città fu fondata dall’eroe Dardano, epi-co figlio di Giove e di Elettra il quale, perduto l’elmo du-rante un combattimento in Val di Chiana, interpellò unoracolo. Il responso non lasciò adito ad interpretazioni:Madre Terra lo aveva nascosto nel suo seno perché desi-derava far sorgere una città turrita e inespugnabile – pro-prio come l’elmo – in quel luogo. Fu allora che, obbeden-do al fato, Dardano costruì le mura della nuova città. Poi,sempre secondo il mito, si recò in Asia, dove i suoi discen-denti fondarono Troia.Questa la leggenda. Tuttavia Cortona è città di antichissi-me origini e la storiografia a riguardo è ricca di moltepliciinformazioni spesso anche contrastanti tra loro. Oggi sitende ad accogliere l’ipotesi che sia stata in origine un cen-tro umbro accresciuto dagli Etruschi, che lo avrebbero tra-sformato, intorno all’viii-vii secolo a.C., in una lucumo-nia tra le più potenti dell’Etruria assieme ad Arezzo ePerugia. Verso la fine del iv secolo a.C. divenne coloniaromana. Le notizie su Cortona in età imperiale sono limi-tate, ma si può attestare che fu un capoluogo di municipioromano ricco e fiorente. Di questo periodo è illustre testi-mone l’orgoglioso esemplare di sarcofago marmoreo con-servato nel Museo diocesano.Non è del tutto certo che Cortona sia stata diocesi in epo-ca paleocristiana. Nelle province dell’Impero romano, do-ve la religione cristiana si era ormai consolidata, le cattedreepiscopali divennero sempre più frequenti, al punto che lamoltitudine di vescovi che si era andata creando (molti deiquali avevano in cura diocesi estremamente piccole) parve

    SerenaNocentini

  • eccessiva. Fu ritenuto perciò necessario proibire espressa-mente la nomina di ulteriori cariche vescovili, se non neiluoghi più popolati e meritevoli di tale onore. Alcune fon-ti storiche sostengono che Cortona fosse diocesi già in etàpaleocristiana, con san Vincenzo vescovo e martire qualesuo primo vescovo. La diocesi ebbe comunque un paio disecoli di vita per scomparire con il dominio goto, nel 450d.C., o durante l’invasione longobarda, nell’ultimo quar-to del vi secolo. Vincenzo, ricordato nel Martirologio Ge-ronimiano – la più autorevole fonte del v secolo per quan-to riguarda i primi santi e i martiri – subì il martirio durantela persecuzione di Diocleziano (303-305 d.C.).C’è invece chi sostiene che, fino ai tempi di Giovanni xxii(1316-1334), Cortona sia rimasta senza vescovo; versionequesta che potrebbe forse rafforzare la notizia in base allaquale, per alcuni secoli, Cortona non fu più considerata unacittà autonoma. Nelle antiche pergamene, infatti, Corto-na si dice essere in «Comitatu Aretino», dal che si può de-durre che non avesse un proprio contado e che quindi nonfosse più considerata appartenente al rango di città, poi-ché – come osservava l’Alciato nei suoiCommentari – unodei principali attributi della città era quello di avere il con-tado, ovvero un territorio di qualche estensione sottopo-sto alla giurisdizione del conte. La compiuta rinascita del-la nobile cittadina coincise – come per la maggior partedei centri urbani della nostra penisola – con l’affermazio-ne, in epoca medievale, del predominio territoriale politi-co ed economico dei liberi Comuni. Nel 1325 papa Gio-vanni xxii volle dunque erigerla a città. Restituendole taleonore, Cortona poté meritare la sede episcopale, cui fu ve-scovo Ranieri Ubertini, fratello di Buoso, vescovo di Arez-zo. I sostenitori di questa tesi affermano infatti che se Cor-tona fosse stata in antico sede vescovile, il papa nella suabolla avrebbe atteso alla restaurazione e non alla nuova isti-tuzione. Il territorio assegnato alla diocesi coincideva conquello comunale, suddiviso in dieci pivieri, sei dei qualistaccati da Arezzo. Gli storici definiscono la decisione delpapa come un gesto politico più che spirituale dal mo-

    ��museo diocesano di cortona

  • mento che Giovanni xxii si assicurò in questo modo il fa-vore dei cortonesi e penalizzò il Tarlati, vescovo conte diArezzo.Nonostante le incertezze delle fonti, appare sicuro – per latestimonianza di Sigberto – che nel 970 Cortona era disa-bitata, da lungo tempo in rovina e spiritualmente dipen-dente dal vescovo di Arezzo.L’antica comunità cristiana crebbe presumibilmente in-torno al santuario di San Vincenzo, alla pieve urbana diSanta Maria Assunta (oggi Cattedrale) e all’antica chiesa diSant’Andrea (già in prossimità del Teatro Signorelli e de-molita nel Settecento). Tafi (1989, p. 39) ritiene pievi pa-leocristiane, oltre quella urbana, quelle di Santa Cristina aBacialla, di San Pietro a Creti (più tardi trasferita nella chie-sa di Sant’Ippolito), di Sant’Eusebio a Cegliolo, di SanDonnino a Rubbiano, Santa Maria a Falzano, San Gio-vanni Battista a Montanare e San Giovanni Battista a Pop-pello; pievi medievali invece sono San Massimiliano a Ci-gnano e dei Santi Marco e Luca a Poggioni.La chiesetta di San Vincenzo, ubicata nel suburbio di Cor-tona (oggi Borgo di San Vincenzo) in luogo detto Petroiolo– termine che nel tardo Impero indicava una villa signori-le – è ricordata da Sigberto «splendidamente ornata» e «ve-nerata da moltissimi devoti». Indicazioni che ci fanno pen-sare che in quel luogo ebbe sepoltura il martire cortonese.Nel periodo tardolongobardo e carolingio la chiesa fu rin-novata e successivamente vi sorse accanto un monasterobenedettino.I Benedettini fondarono in questo territorio i loro mona-steri già dall’viii secolo; il più antico fu quello di Farneta,poi il sopra menzionato San Vincenzo a Cortona, quelloaltomedievale di San Benedetto e di Sant’Egidio a MonteFieri; infine quello femminile di Montemaggio.l’attuale Cattedrale è documentata da Pietro Berrettini nel-la sua famosa pianta di Cortona del 1634, ma nel 1785 – peril presumibile volere del granduca Lepoldo di Lorena –l’antichissima chiesa fu fatta demolire; il sito dove s’innal-zava prese il titolo di “Duomo Vecchio”.

    ��museo diocesano di cortona

  • Verso la fine del Trecento anche Cortona capitolò sotto ildominio fiorentino e, a differenza di Arezzo, si può affer-mare che rimase sostanzialmente fedele alla Repubblica.Nel 1512, quando i Medici tornarono alla guida di Firenze,la città conobbe un periodo favorevole grazie all’amiciziache legava la famiglia fiorentina al cardinale cortonese Sil-vio Passerini. Un decennio dopo, nel 1523, in concomitanzacon l’elezione al soglio pontificio di Giulio de’ Medici conil nome di Clemente vii, il prelato cortonese fu incaricatodi rappresentare il potere mediceo a Firenze e di prender-si cura dell’educazione dei due possibili futuri sovrani: Ip-polito, nipote di Lorenzo il Magnifico, e Alessandro, pro-babile figlio naturale dello stesso papa.La vita religiosa della città acquisì nuovo fervore dal Con-cilio di Trento (1545-1563). Seguendo i precetti tridentinila diocesi di Cortona fu tra le prime a far erigere il semi-nario per la preparazione dei sacerdoti, come testimoniaun beneficio del 21 febbraio 1577 a ser Francesco Laparelli«chierico cortonese che dimorava nel Seminario». Il semi-nario ebbe vita breve: già nella visita apostolica del 1583 nonè più menzionato. La memoria più sicura è del 1654, del ve-scovo Ludovico Serristori, dove si narra che in quell’annofu soppresso il monastero dei canonici lateranensi di SanSalvatore in Bologna, posto in luogo detto Calcinaio. Ilconvento fu assegnato alla diocesi per l’erezione del semi-nario; ma una volta aperto e constatata l’insalubrità dell’a-ria, causa della cagionevole salute dei chierici, fu prestochiuso. Si pensò ad una nuova fabbrica intra moenia. L’oc-casione si presentò nel 1683 con la morte del nobile corto-nese Francesco Vagnotti. Il benefattore aveva istituito ere-de universale il seminario con l’obbligo di fare innalzare lasede in città. I lavori iniziarono nel 1688 ed il 30 novembredel 1696 fu inaugurato, in forma decisamente più modestadell’attuale, dal vescovo Giuseppe Cei (1695-1704). Il pa-lazzo, nelle sue forme attuali, è opera dell’architetto gran-ducale Romualdo Cilli che nel 1760 fu incaricato dal ve-scovo Giuseppe Ippoliti (1755-1766) di predisporre un piùampio progetto.

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  • Il Seminario s’innalza nei pressi di piazza del Duomo, ilcentro della vita religiosa cittadina, costituito dalla chiesaCattedrale, che risulta già edificata alla fine del Quattro-cento, e dal Palazzo vescovile. È curioso – come giusta-mente nota il Tafi – che ciò «che da 1550 anni circa è il cen-tro sacro di Cortona si trova al margine settentrionale dellacittà proprio a ridosso della cinta muraria etrusca; la pa-leocristiana pieve di Santa Maria occupa proprio la strisciainterna del “pomerio”. Giustamente fa pensare che in quel-la posizione si trovasse in antico un tempio pagano» (Tafi1989, pp. 183-184).In questo luogo sorgeva la pieve di Santa Maria Assunta so-pra menzionata, documentata già nel 1068, ma secondo latradizione edificata su un luogo di culto paleocristiano.L’attuale Duomo fu progettato da seguaci di Giuliano daSangallo inglobando la primitiva chiesa, come rivelano gliantichi frammenti visibili sulla facciata in pietre conce. IlPalazzo vescovile sorge sul lato destro della Cattedrale, do-ve in antico dovevano trovarsi gli alloggi del clero che ave-va in cura la pieve. Il maestoso edificio fu residenza dei ve-scovi aretini che si recavano in visita in questo territorio,per diventare nel 1325, quando la città acquisì il titolo di dio-cesi, l’Episcopio di Cortona.L’edificio religioso di fronte alla Cattedrale – oggi sede delMuseo diocesano del Capitolo – fu sede della Confrater-nita del Buon Gesù. Come scrive il Tafi, già nel Cinque-cento a Cortona «si rinnovarono preesistenti Compagnielaicali di ferventi cristiani o si fondarono ex novo. NellaHi-storia di Cortona del Lauro dell’anno 1639 sono elencateben dodici fraternite o compagnie laicali che, oltre alla pre-ghiera e alla formazione cristiana dei confratelli, si preoc-cupavano di particolari attività religiose o sociali». La Con-fraternita del Buon Gesù fu istituita nel 1485 con sede nellachiesa di San Benedetto; tuttavia nel 1495 i confratelli sta-bilirono di costruire un nuovo edificio di culto dedicato alSalvatore di fronte alla pieve di Santa Maria Assunta; que-st’ultima di lì a poco sarebbe diventata la nuova chiesa cat-tedrale in luogo di San Vincenzo. I lavori si conclusero nel

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  • 1505, quasi simultaneamente a quelli del futuro Duomo, di-chiarato cattedra vescovile da Giulio ii con bolla del 4 ago-sto 1507.Il complesso architettonico, composto da due corpi di fab-brica sovrapposti, in principio non coincideva con l’attua-le area. Dalla parte delle mura della città e sul lato oppo-sto, si trovavano due passaggi che furono coperti negli annitra il 1643 e il 1646, quando fu realizzato – su progetto diFilippo Berrettini – lo scalone di collegamento tra la chie-sa superiore e l’oratorio sottostante, al quale altrimenti siaccedeva dal vicolo inferiore. Nel 1651 fu innalzato lateral-mente un nuovo corpo di fabbrica, una sorta di cammina-mento sopra le mura della cinta urbana.Nel 1713 la chiesa fu adibita a battistero e nell’occasione vifu collocato il fonte battesimale attribuito allo scultore lo-cale Ciuccio di Nuccio, realizzato nel 1474 per il vecchioduomo di San Vincenzo e trasferito in seguito nella nuo-va Cattedrale (già pieve di Santa Maria). Durante le sop-pressioni del granduca Leopol-do alcune opere provenienti daoratori cittadini furono trasferi-te nella chiesa del Gesù, dandovita al primo nucleo del futuromuseo. Nel 1923, in occasionedel quarto centenario della mor-te di Luca Signorelli, fu pensatauna più adeguata sistemazionedella raccolta museale, fondataessenzialmente sulle opere delgrande maestro cortonese. In ta-le circostanza furono rimossi glialtari barocchi dalla chiesa su-periore – ritenuti inadeguati ri-spetto al primitivo impianto ar-chitettonico rinascimentale – eallo stesso tempo si riaprironodue finestre originarie. Nel 1939– su desiderio del vescovo mon-

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  • signor Giuseppe Francolini (1932-1978) – si dette il via al-l’arricchimento della raccolta con alcune opere conservatein Cattedrale, alle quali si sarebbero aggiunti oggetti sacriprovenienti dalla diocesi cortonese. Nel 1945 venne inau-gurato il Museo diocesano, con la costruzione del nuovoedificio a fianco della chiesa. Nuovi interventi furono in-trapresi dalla Soprintendenza aretina nel 1981; anche allo-ra fu ampliata la sede espositiva al fine di garantire una piùopportuna fruizione delle opere in essa conservate, cer-cando, allo stesso tempo, di preservare l’eleganza della strut-tura architettonica, anch’essa opera d’arte al pari delle te-stimonianze accolte. Alle opere di consolidamento dellestrutture furono connesse quelle di adeguamento di alcu-ni spazi, quali l’antica sagrestia.La raccolta museale comprende oggi sette sale dislocate trai due ambienti. Al piano superiore, negli ambienti della exchiesa del Gesù sono ospitati dipinti e sculture; al piano in-feriore è l’oratorio decorato da affreschi realizzati nel 1555da Cristoforo Gherardi detto il Doceno su progetto di Gior-gio Vasari. Le altre due sale ospitano i paramenti sacri rea-lizzati con tessuti pregiati e ricamati in filo d’oro e sete po-licrome e una ricca raccolta di oggetti liturgici e devozionalidi alto interesse storico-antropologico.Le opere d’arte contenute nel Museo diocesano s’intreccia-no così con le vicende storico-religiose del territorio corto-nese, costruendo un percorso atto a recuperare la memoriaartistica, storica e di fede di un’antichissima e altrettantofiorente comunità, secondo i principi affermati da beatoGiovanni Paolo ii in merito ai beni culturali diocesani «de-stinati alla promozione dell’uomo» che «nel contesto eccle-siale, assumono un significato specifico in quanto sono or-dinati all’evangelizzazione, al culto e alla carità».

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  • delPianta museoPiano terreno

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    1 Ex sagrestia della chiesa del GesùFormer Sacristy of the Church of Gesù

    2 Ex chiesa del GesùFormer Church of Gesù

    3 Sala del SignorelliSignorelli Hall

    4 Sala della Pittura dalla Controriforma al xviii secoloPainting from the Counter-reformation to the 18th century

    Biglietteria / BookshopTickets / Bookshop

  • Piano terreno

    L’ ingresso al museo è situato nell’edificio costruito nel1945 a fianco della chiesa, nella cui facciata monocuspi-data, a bozze regolari di pietra arenaria, si apre un sempliceportale sormontato da una finestrella quadrata. Di maggiorpregio è invece il portale – collocato tra le porte d’accesso almuseo e alla chiesa – che immette nel vano delle scale pro-gettate da Filippo Berrettini. La cornice in pietra scolpita, ilsoprastante timpano curvilineo con volute laterali, sono digusto ancora manieristico, ma riferibili all’epoca degli am-pliamenti occorsi nella prima metà del Seicento.Il visitatore entrando dovrà munirsi di biglietto al bookshopcollocato a sinistra e quindi ritornare verso l’ingresso. Unarampa di scale conduce alle due sale dove sono esposti i pa-ramenti liturgici e gli oggetti devozionali. Vi consigliamo divisitare questa sezione alla fine del percorso. Varcate dunquela porta per entrare nella Sala del Signorelli (Sala 3).

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    Visita al museo

    SerenaNocentini

  • Qui, sulla parete di destra,ci si troverà di fronte,come introduzione al museo,a un antico sarcofago marmoreo;un reperto alquanto bizzarroper una raccolta di arte sacra,per la cui storia rimandiamoalla specifica scheda

    1. arte greco-romanaEpisodi della spedizione di Dionisoin Tessagliaseconda metà del secolo ii d.C.marmo scolpitocm 56×197×44rinvenuto presso le mura sottostanti laCattedraleSecondo la tradizione questo sarcofagofu scoperto intorno al 1247 nei pressidella pieve di Santa Maria Assunta (lafutura Cattedrale urbana) e utilizzatoper il sepolcro del Beato Guido Vagnot-telli (1187-1247), fedele compagno disan Francesco, morto a Cortona pro-prio in quell’anno. Nel 1945 le ossa delbeato furono traslate in un’urna, postasotto l’ultimo altare di sinistra nel Duo-mo e in quell’occasione il sarcofago futrasferito al museo.

    La decorazione ad altorilievo sulla fac-cia anteriore raffigura alcuni episodi del-la spedizione di Dioniso in Tessaglia.Sul coperchio è rappresentato il de-funto a mezzo busto – entro un clipeosorretto da due Vittorie in volo – nellevesti di Dioniso. L’opera, articolata e vi-vace nella raffigurazione, fu ammiratafin dal Rinascimento e Vasari – nellaVi-ta di Filippo Brunelleschi – favoleggiòun simpatico episodio: Donatello di ri-torno da Roma passò per Cortona edentrato nella pieve (oggi Cattedrale), «vi-de un pilo antico bellissimo dove era unastoria di marmo, cosa allora rara non es-sendosi dissotterrata quella abbondan-za che si è fatta ne’ tempi nostri, e cosìseguendo Donato il modo che avevausato quel maestro a condurre quell’o-pera, e la fine che vi era dentro insiemecon la perfezzione e bontà del magiste-rio». Rientrato a Firenze riferì di tale ca-polavoro al Brunelleschi. Fu tanta la cu-riosità dell’artista che come narra ancoraVasari, si mostrò «Filippo di una ardentevolontà di vederlo, che così come egliera, in mantello et in cappuccio et inzoccoli, senza dir dove andasse si partìda loro a piedi, e si lasciò portare a Cor-

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  • ��visita al museo

    tona dalla volontà et amore ch’e’ porta-va all’arte. E veduto e piaciutogli il pi-lo, lo ritrasse con la penna in disegno; econ quello tornò a Fiorenza, senza cheDonato o altra persona si accorgessech’e’ fusse partito, pensando che e’ do-vesse disegnare o fantasticare qualcosa.Così tornato in Fiorenza li mostrò il di-segno del pilo da lui con pazienza ri-tratto; per il che Donato si maravigliò as-sai, vedendo quanto amore Filippoportava all’arte». Il tema del ritorno al-l’antico per il Rinascimento non signi-ficò restaurazione del passato fine a sestessa ma determinò in primo luogo larinascita di quella visione artistica, ba-sata sul naturalismo, che già aveva ca-ratterizzato l’età classica e che nell’artemedievale era stata disattesa e modifi-

    cata. Gli artisti rinascimentali cercaro-no d’imitare dagli antichi il senso og-gettivo per l’osservazione della natura eper la sua rappresentazione, unito allaricerca della perfezione delle forme e del-le composizioni armoniose; ma soprat-tutto, cercarono di spostare il baricen-tro della volontà di rappresentazione daDio all’uomo.

    2. scuola toscanaAngelifine del secolo xivmarmo; cm 88chiesa di Sant’Eusebio a Cegliolo

    Si lascia a questo puntola Sala del Signorelli,per ritornarvi in seguito,e si oltrepassa la porta;da questo vano si potrà subitoammirare la scala scolpitasu disegno di Filippo Berrettini– cugino del noto pittore Pietro –tra il 1643 e il 1646 per permetterel’accesso diretto da piazzadel Duomo all’oratorio sottostantela chiesa. La visita proseguepercorrendo un’altra portafrontale, dalla quale si accedeall’ex chiesa del Gesù e alla suasagrestia, attualmente trasformatein sale espositive

    1, particolare

  • Ex chiesa del Gesù e sagrestia

    L’edificio di culto è costituito da un’aula unica con sof-fitto a cassettoni, policromo e dorato, intagliato nel1536 dal maestro legnaiuolo cortonese Michelangelo d’E-gidio Leggi, detto il Mezzanotte. Il gruppo delle pitture of-fre una panoramica dell’arte toscana dalla fine del Due-cento alla fine del Quattrocento, con splendidi fondi oro,un tempo sugli altari delle chiese cortonesi, quale la cele-breAnnunciazione dell’Angelico. Opere che consentono diripercorrere l’evoluzione stilistica medievale e rinascimen-tale, dalle forme primitive, alle complesse decorazioni tar-dogotiche, fino alle rigorosità rinascimentali. Il percorsoinizia dalla sala che occupa l’ex sagrestia – attraversandodunque l’aula – con la tavola più antica databile alla finedel Duecento dove sono raffigurate santa Margherita daCortona e le storie della sua vita.

    1 - Ex sagrestia della chiesa del Gesù

    A conferma che le opere d’arte non sono che una testi-monianza della civiltà che le ha prodotte attraversoun’azione reciproca tra artista e committente, le opereesposte in questo ambiente sono di ambito senese. Corto-na – sconfitta dai guelfi aretini – nel 1261 aveva riacquista-to la propria autonomia comunale con l’aiuto dei senesisotto la guida di Uguccio Casali. I discendenti di questa no-bile famiglia furono per tutto il secolo successivo Signori diCortona, influenzandone appunto le tendenze artistiche.

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  • 3. ambito senese (?)Santa Margherita da Cortonae le storie della sua vitafine del secolo xiiitempera su tavola; cm 128×178monastero di Santa Chiara in CortonaMargherita nacque nel 1247 da fami-glia contadina a Laviano, un paesinotra Montepulciano e Cortona. Rag-giunta la maggiore età fuggì con un gio-vane nobile di Montepulciano che nonla sposò mai neppure dopo la nascita diun figlio. Allontanata dai parenti trovòaccoglienza a Cortona. La sua vita cam-biò completamente; consacrata alla pe-nitenza e all’assistenza degli ammalatie dei poveri, fu accolta nel Terzo Or-dine francescano. Grazie al sostegno difamiglie benestanti e alla collaborazio-ne di alcune volontarie che si chiame-ranno “Poverelle”, nel 1278 fondò l’O-spedale della Misericordia. Dedita allamisericordia, alla preghiera e alla peni-tenza in una piccola cella ricavata nel-la Rocca sopra Cortona, Margherita in-tervenne attivamente nelle vicende delproprio tempo per pacificare gli animie per rasserenare il turbolento clima po-litico dei suoi anni. Morì ad appena cin-quant’anni il 22 febbraio del 1297. Ilpopolo la dichiarò subito santa e volle– in quello stesso anno – che nel luogodove ella si era ritirata in preghiera fos-se edificato un santuario. Anche la no-stra opera è probabilmente una delleimmagini della santa dipinte imme-diatamente dopo la sua morte quandola precoce fama di santità attribuita dal-la venerazione popolare rendeva tolle-

    rabile l’uso dell’aureola ancor primadella canonizzazione.Ci vollero comunque più di quattro se-coli prima che la Chiesa la proclamas-se santa, nel 1728, ad opera di Benedettoxiii.Margherita è rappresentata come gio-vane terziaria francescana con la vestequadrettata, coperta da un manto scu-ro e da un velo bianco sulla testa. In-torno alla figura sono rappresentati al-cuni episodi tratti dallaVita della santa,narrata dal suo confessore frate Giun-ta Bevegnati. Questa tipologia rappre-sentativa derivata dalla tradizione bi-zantina, e poi ripresa dalla devozionefrancescana nella seconda metà delDuecento, prende il nome di “Iconaagiografica”. Partendo da sinistra in al-

    ��visita al museo

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  • to e procedendo verso il basso, trovia-mo Margherita che viene accolta a Cor-tona dai Francescani; l’ingresso nel Ter-zo Ordine francescano; la rinuncia allericchezze; la tentazione del diavolo, epi-sodio che si ripete anche nel riquadroin alto a destra; l’assoluzione dai peccati;la Comunione e l’apparizione di Cristoche le mostra il trono in Paradiso. Chiu-de il racconto l’episodio sotto i piedidella santa che raffigura le sue esequie.La tavola fu commissionata probabil-mente dalle “Poverelle” con le quali Mar-gherita aveva fondato l’Ospedale di Cor-tona. Non è un caso infatti che siaricordata nel convento di San Girolamodetto appunto delle Poverelle e costrui-to nelxv secolo, anche se in origine le re-ligiose dovevano riunirsi proprio nellachiesa dei Santi Basilio e Margherita.Attribuita in un primo momento adignoto pittore di ambito aretino, oggiè riferita alla scuola senese della fine delDuecento, stilisticamente vicina ai mo-di di Duccio.

    4. gano di fazio(Siena, notizie dal 1302-ante 1318)Madonna col Bambinosecondo decennio del secolo xivmarmo; cm 95santuario di Santa MargheritaFino agli inizi del secolo scorso la statuaera depositata nel convento attiguo allachiesa di Santa Margherita per poi pas-sare, nel 1948, nella raccolta del Museo.In origine sembra fosse collocata sullafacciata – proprio sopra il portale – del-la chiesa cominciata a costruire nel 1297

    subito dopo la morte di santa Marghe-rita e terminata nelle sue forme essen-ziali nel 1304. La scultura fu probabil-mente rimossa durante i discutibilirifacimenti della seconda metà del-l’Ottocento. Fino a quel tempo stilisti-camente era posta in relazione con ilmonumento funebre di Margherita, ri-ferito all’ambito della scultura senesedel primo Trecento. Per quest’ultimaopera, nel secolo scorso, è stato propo-sto il nome di Gano da Siena, artistache intorno al 1303-1305 realizzò il mo-numento del vescovo Andrei di Caso-le d’Elsa. Per i rapporti tra le due ope-re più volte assegnati dalla critica, lanostra statua fu probabilmente realiz-zata dal medesimo artista.

    ��museo diocesano di cortona

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  • ��visita al museo

    5. pietro lorenzetti(Siena 1280 ca.-1348) e collaboratoriAndata al Calvario (frammenti)quinto decennio del secolo xivaffresco staccato; cm 166×45 e 76×84(nella parete di destra)santuario di Santa MargheritaGli affreschi, insieme ad altri frammenti(cinque conservati al Museo diocesanoe i due raffiguranti Eva che fila e Benia-mino gettato nel pozzo esposti nelMaec-Museo dell’Accademia Etrusca e dellaCittà di Cortona) furono scoperti allafine dell’Ottocento dietro gli altari nel-la chiesa di Santa Margherita in Cor-tona. Furono attribuiti ad AmbrogioLorenzetti, anche basandosi sul rac-conto del Vasari nelle Vite; il biografoinfatti narra che il pittore nel 1335 «fucondotto in Cortona per ordine del Ve-scovo Ubertini, allora Signore di quel-la città, dove lavorò nella Chiesa di S.Margherita poco innanzi stata fabbri-cata ai frati di S. Francesco nella som-mità del monte, alcune cose; e partico-

    larmente la metà delle volte e la faccia-ta, così bene che ancora oggi siano qua-si consumate dal tempo, si vedono inogni modo nelle figure effetti bellissi-mi e si conosce che ne fu meritatamentecommentato». Ranieri Ubertini (1325-1348) fu il primo vescovo documenta-to nella diocesi di Cortona. Alla sua sen-sibilità artistica e al suo mecenatismo sidevono molte opere realizzate nella pri-ma metà del Trecento in città, come ilsopra menzionato polittico.

    La critica successiva non ha però accol-to la paternità degli affreschi che oggisono ascritti alla mano del fratello Pie-tro con la collaborazione della botte-ga. Un prezioso manoscritto del 1629– conservato nella Biblioteca dell’Acca-demia Etrusca – documenta, attraversotavole a colori, le antiche pitture narra-te dal Vasari con le Storie di SantaMar-gherita, ma in nessuno dei nostri fram-menti è possibile individuare soggetticonnessi a questa rappresentazione. Si-curamente, nel fervido cantiere corto-

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  • ��museo diocesano di cortona

    nese più artisti si occuparono di deco-rare la chiesa con cicli di vario soggetto,tra i quali le scene tratte dal Vecchio edal Nuovo Testamento rappresentatenelle opere in esame. I frammenti di di-mensioni maggiori raffigurano l’Anda-ta di Cristo al Calvario: Cristo, con ilvolto sofferente per il peso della croce ela consapevolezza del destino che lo at-tende, è magistralmente rappresentatoda Pietro Lorenzetti, il quale ha volutodi avvicinarsi il più possibile alla realtàe alla drammaticità che l’evento richie-deva. Nostro Signore, cercando lo sguar-do del fedele tra accenti di forte pathosche alludono alle sofferenze della Pas-sione, sembra invitarlo alla dolorosa me-ditazione del suo tragico destino. Sullaparete di sinistra si trova il frammentominore, dove sono rappresentati duepersonaggi che trasportano le scale edaltri strumenti, mentre altri due caval-cano il medesimo cavallo bianco. Insie-me a questo sono esposte altre raffigu-

    razioni provenienti dal medesimo ciclo:ornamenti geometrici e floreali, l’iscri-zione «mcccxxx» e una testa.

    6. ambito seneseMadonna col Bambinosecondo decennio del secolo xivmarmocm 95santuario di Santa MargheritaQuestaMaestà è stata riferita all’ambi-to senese e come l’altra ugualmente pro-veniente dalla chiesa di Santa Marghe-rita, ma per cattiva sorte in uno stato diconservazione assai peggiore.

    7. niccolò di segna(Siena, documentato 1331-1335)Madonna col Bambino1336 ca.tempera su tavolacm 102×67santuario di Santa Margherita

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    La tavola è attribuita al senese Niccolòdi Segna, allievo del padre Segna di Bo-naventura e vicino ai modi di Duccio.Duccio fu un maestro di prim’ordinedel secondo Duecento a Siena, porta-tore di una sensibilità nuova per l’epo-ca – sconosciuta allo stesso Cimabue –contraddistinta da una maggiore mor-bidezza del segno e dalla raffinatezzacromatica, affine per alcuni aspetti al-l’arte gotica che allora imperava nelleregioni dell’Europa settentrionale.Questa tavola costituiva probabilmen-te l’elemento centrale di un politticodatabile verso il 1366 di cui non si co-nosce la destinazione originaria, ma sisuppone che fosse stato eseguito per unachiesa, non ancora identificata, di que-sta città.

    Il fondo oro attribuisce all’immagine sa-cra un valore assoluto astraendola daqualsiasi contesto spaziale o temporale.L’immagine del Bambino che afferra ilvelo della Madonna, dolce e riservata, èun’allusione al Sudario; come alludonoalla Passione i motivi decorativi a fogliedi vite nell’aureola crocesegnata.

    8. pietro lorenzetti(Siena 1280 ca.-1348)Madonna col Bambino in tronoe quattro angeliterzo decennio del secolo xivtempera su tavola; cm 126×83iscrizione: petrus laurentii hancpinxit dextra senensisCattedrale di Cortona(già pieve di Santa Maria Assunta)

    visita al museo

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  • ��museo diocesano di cortona

    Questa tavola, probabilmente il pan-nello centrale di un imponente politti-co, è firmata da Pietro Lorenzetti conun’iscrizione simile a quella del polit-tico aretino, ed è oggi ritenuta dalla cri-tica un precedente.L’opera aretina, firmata e documenta-ta da un dettagliato contratto di allo-gazione a Pietro, fu eseguita nel 1320per la pieve di Santa Maria ad Arezzo,commissionata dal vescovo GuidoTarlati; la prestigiosa committenza citestimonia come il pittore fosse ap-prezzato e stimato fuori dalla sua terragrazie anche al successo ottenuto con ilciclo di affreschi con Storie della Pas-sione realizzato nella volta del transetto

    sinistro della Basilica inferiore di Assi-si probabilmente nel secondo decen-nio del Trecento. A questo periodo so-no riferibili anche le opere dipinte sutavola conservate nel Museo.Nella nostra tavola è possibile ravvisa-re un piacevole senso di movimentonelle pieghe plastiche del mantello, im-preziosito da un’orlatura dorata che dasemplice motivo decorativo e linearediventa un mezzo per scandire i piani,alludendo alla profondità prospettica.Il gesto ieratico della Madonna che conla mano destra benedice il Figlio si tra-sforma, nello scambio di sguardi, inun’intima espressione di affettuoso na-turalismo. Maria è colta nell’atteggia-mento pensoso che allude alla profeticaconoscenza della tragica sorte del Figlio.Nel Trecento Siena fu un centro digrande vitalità artistica dell’area to-scana. Qui si affermò, al contrario diFirenze, una visione dell’arte che l’av-vicinava maggiormente alla Francia eallo stile gotico. Tra i numerosi pro-tagonisti di questo gotico senese spiccòfra tutti Simone Martini. Nello stes-so periodo a Siena l’attività artisticadei fratelli Pietro e Ambrogio Loren-zetti sembrò introdurre nell’arte se-nese l’influenza delle novità giotte-sche, ma la loro scomparsa nel 1348,in seguito alla terribile pestilenza chemieté vittime anche tra gli artisti, in-terruppe, non solo in ambito senese,l’evoluzione di quel linguaggio pitto-rico giottesco.

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    2 - Ex chiesa del Gesù

    I l visitatore prosegua nell’ambiente attiguo, già chiesadel Gesù. L’edificio fu eretto tra il 1498 e il 1505 dallaConfraternita laicale del Buon Gesù. Nel Cinquecentol’altare maggiore e i due laterali erano decorati con i di-pinti di Luca Signorelli e della scuola, dipinti che attual-mente sono esposti nella sala dedicata all’artista. I sogget-ti di queste tavole sono infatti collegati alla particolaredevozione che la Compagnia laicale del Gesù, la cui sedeera in questo edificio, manifestava per l’incarnazione diCristo e per l’adorazione del Santissimo Sacramento. LaComunione degli Apostoli, già sull’altare maggiore, rap-presentava il sommo grado del percorso iconografico econcettuale elaborato dai confratelli, l’assunto fonda-mentale della fede cristiana: l’Eucarestia. Vale a dire lapossibilità di rinnovare quotidianamente, a ogni ripetersidi messa, il sacrificio salvifico del figlio di Dio. Sugli alta-ri laterali infatti erano poste altre due tavole; in quello didestra era collocato il principio di questo cammino di sal-

    visita al museo

  • vezza, l’Allegoria dell’Immacolata Concezione passando poisu quello di sinistra con l’Adorazione dei pastori. Comin-ciando dalle vicende veterotestamentarie e dunque dalpeccato originale, come Cristo si configura “nuovo Ada-mo”, Maria incarna una “nuova Eva”; come nei progeni-tori vi fu il peccato fatale, nella Vergine e in Gesù è la sal-vezza.L’edificio non ha subito grandi manomissioni, fin quandonon fu adibito a museo nel 1945. In quell’occasione ven-nero rimossi gli altari innalzati nel Seicento e riaperte duefinestre. L’ambiente è costituito da un’aula unica con sof-fitto a cassettoni, policromo e dorato, intagliato nel 1536 dalmaestro legnaiuolo cortonese Michelangelo d’Egidio Leg-gi, detto il Mezzanotte.Nel 1713 la chiesa fu adibita a Battistero e nell’occasione vifu collocato il fonte battesimale attribuito allo scultore lo-cale Ciuccio di Nuccio, realizzato nel 1474 per il “duomovecchio” di San Vincenzo e trasferito in seguito nella nuo-va Cattedrale (già pieve di Santa Maria).

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  • Per un percorso di tipo cronologicosi consiglia d’iniziare la visitadal monumentale Crocifissoposto sopra l’altare e di proseguiresecondo l’ordine indicatoin questa guida

    9. pietro lorenzetti(Siena 1280 ca.-1348)Crocifissioneterzo decennio del secolo xivtempera su tavola; cm 380×274chiesa di San Marco in CortonaL’opera, in relazione agli affreschi giàmenzionati con Storie della Passione rea-lizzati da Pietro nella volta del transettosinistro della Basilica inferiore di Assisi

    probabilmente nel secondo decennio delTrecento, appartiene al periodo giova-nile dell’artista e l’immagine del Cristocrocifisso è stata giustamente definita daAnna Maria Maetzke «tra le più dram-matiche non solo tra quelle rappresen-tate da Pietro Lorenzetti ma di tutto ilTrecento» (Maetzke, 1992, p. 48). Èun’opera che indubbiamente cerca di al-linearsi alle novità sperimentate da Giot-to (in particolare nella croce di SantaMaria Novella in Firenze), attraverso lequali si ricercava una maggiore natura-lezza nelle pose e nei volti. La dramma-ticità dell’episodio è qui evidenziata dalprofondo dolore espresso nei volti diMaria e di Giovanni Evangelista così co-me nella Passione di nostro Signore, rap-presentato come uomo sofferente sullacroce, perché «per noi uomini e per lanostra salvezza» Dio «si è fatto uomo».

    10. martino di bartolomeo(Siena, notizie 1389-1434)Assuntaprimo decennio del secolo xvtempera su tavola; cm 132×54chiesa di FalzanoLa tavola raffigura Maria mentre ascen-de al cielo sollevata dai cherubini in una“mandorla” e in uno stretto nimbo diluce tipico dell’arte gotica, simbolo del-la gloria celeste. Verosimilmente ap-parteneva ad un più ampio complessodipinto. Tracce di pittura non più de-cifrabili sono presenti nell’arco polilo-bato in alto.Di particolare interesse sono i coloridell’abito della Vergine. Il manto bian-

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  • co è decorato da galloni d’oro e fode-rato di giallo. Secondo la simbologiacattolica, nel Medioevo tradizional-mente Maria indossava una veste ros-sa, metafora della materia, con sopraun manto blu, figurazione della fede.La Vergine rappresentava infatti la vit-toria della spiritualità sulla corporeità.Nel nostro caso la veste bianca – co-lore monastico e virginale – potrebbesimboleggiare il coraggio della rinun-cia volta a un fine superiore e potreb-be farci riflettere sul fatto che l’operasia stata commissionata da un ordinemonastico. Il dipinto giunse al museodalla chiesa di Falzano (sulla monta-

    gna cortonese) dopo la sua distruzio-ne durante la Seconda guerra mon-diale.È attribuito a Martino di Bartolomeo,artista menzionato nel registro dei pit-tori senesi nel 1389. Martino lavorò pernumerosi centri in Toscana e nel 1405tornò definitivamente nella sua cittànatale, dove realizzò alcuni affreschi inDuomo e nel Palazzo Pubblico.

    11. stefano di giovannidetto sassetta(Cortona? fine del secolo xiv-Siena 1450?)Madonna col Bambino e i santi Nicola,Michele, Giovanni Battistae Margherita d’Ungheria;sulla cornice: l’arcangelo Gabriele,Agnus Dei e la Vergine annunziata1434tempera su tavola; cm 134×244chiesa di San Domenico in CortonaLa complessa incorniciatura è origina-ria nonostante il polittico sia stato gra-vemente danneggiato durante la Se-conda guerra. Dal momento che erastato murato, per sicurezza, dentro unambiente di dimensioni ridotte e privodi circolazione d’aria, l’umidità avevadeterminato la disgregazione dell’im-primitura a gesso e colla: così, nel 1947,la pellicola pittorica fu trasferita su unnuovo supporto. Per quanto non do-cumentata, è opera unanimemente at-tribuita al Sassetta e databile tra il 1433e il 1437. Proviene da San Domenicoche fu probabilmente la sua ubicazio-ne originaria.

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    Stefano di Giovanni di Consolo da Cor-tona, assai più noto come il “Sassetta”,in realtà non si chiamò mai così finchévisse; il grazioso nomignolo coniato nelSettecento da uno studioso, probabil-mente per un’errata lettura dei docu-menti, ha finito per propagarsi in tuttala letteratura successiva. Fu sicuramen-te il maggiore e il più famoso tra i pit-tori senesi del Quattrocento. La primasua opera documentata è il polittico di-pinto tra il 1423 e il 1426 per l’Arte del-la Lana di Siena, il cui scomparto cen-trale, oggi disperso, recava in basso, oltrela firma, la divertente espressione «ope-rando senza tener conto di inveterati er-rori». Il pittore si presentava dunque conla sua prima opera con l’esplicita vo-

    lontà di affermare un nuovo linguaggioe un nuovo gusto, quasi in polemica conl’antica tradizione pittorica senese– quella del gotico – che si trascinavaormai indebolita nel tempo.Abilmente Sassetta riusciva a conferi-re ai personaggi un carattere di prezio-sa incorruttibilità, attraverso la ricercadei valori plastici e l’inserimento con-creto nello spazio grazie ad una nuovacapacità d’interpretazione della realtà;novità che si stava in quegli anni svi-luppando a Firenze e che dette avvio al-l’indimenticabile stagione del Rinasci-mento.È probabile – come avverrà per il polit-tico di Sansepolcro – che il Sassetta ab-bia eseguito questo dipinto nella sua

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  • bottega di Siena, poiché alcuni ricordidocumentari ci permettono di stabilireche, almeno fino a tutto il 1434, il pit-tore non dovette allontanarsi dalla città.In quell’anno fu infatti padrino per pro-cura dello speziale Niccolò d’Agnolo daCortona; ciò attesta come il pittoremantenesse vivi i rapporti con la cittàdalla quale proveniva il padre e dove al-cuni studiosi ritengono che egli stesso sianato. Questo probabilmente a confer-ma del fatto che da Cortona gli sia sta-ta assegnata una commissione per un la-voro di notevole importanza, quale ilnostro polittico per la chiesa di San Do-menico. L’opera conclude la stagioneartistica che a Cortona vide protagoni-sta l’arte senese. Il 17 gennaio 1411 in-fatti la città perse la sua autonomia co-munale e fu comprata dai fiorentini persessantamila fiorini d’oro e proprio daFirenze arrivarono, da quel momentoin poi, le nuove tendenze artistiche.

    12. guido di pietro,poi fra giovanni da fiesoledetto beato angelico(Vicchio di Mugello 1395 ca.-Roma 1455)Madonna col Bambino e i santiMatteo, Giovanni Battista, GiovanniEvangelista, e Maria Maddalena;sulla cornice: l’arcangelo Gabriele,Agnus Dei e la Vergine annunziata;sulla predella: episodi dellaVita di san Domenico1438tempera su tavola; cm 218×240chiesa di San Domenico in Cortona

    L’opera fu commissionata dal più ric-co mercante di Cortona, Giovanni diTommaso di ser Cecco, membro dellaConfraternita di San Domenico, per lasua cappella privata, a destra dell’alta-re maggiore e di fronte alla cappella sulcui altare era il trittico del Sassetta raf-figurante la Madonna dell’umiltà con isantiNicola,Michele, Giovanni Battistae Margherita d’Ungheria, anch’esso inquesto museo. L’Angelico, esecutore diquesta tavola, risulta anche tra i testi-moni presenti alla stesura del testa-mento del committente, il 26 marzo1438. Fra Giovanni da Fiesole, detto ilBeato Angelico, fu artista del tutto sin-golare in quanto, prima ancora di esse-re pittore, fu un frate domenicano e,per un breve periodo, soggiornò anchenel convento cortonese.I santi raffigurati sono tipicamente col-legati al committente: Giovanni Evan-gelista, cui era dedicata anche la cap-pella, Maddalena e Matteo, in omaggioalla moglie e al primogenito, infineGiovanni Battista, patrono di Firenzea cui Cortona era assoggettata dal 1411.Il trittico rimase nella cappella Tom-masi fino al 1940, dov’è ancora visibilelo stemma della famiglia, quando, aprotezione dagli eventi bellici, fu rico-verato in un piccolo ambiente umidoche ne compromise inesorabilmente lostato di conservazione. Così come peril trittico del Sassetta, fu operato un de-licato intervento di restauro che portòal distacco della pellicola pittorica dalsuo supporto originale. A conclusione,nel 1950, l’opera fu esposta al Museo

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    diocesano, ma circa trent’anni dopo funecessario un nuovo intervento.Osservando la tavola si notano alcuneanomalie: il pavimento del pannello cen-trale non corrisponde allo sfondo archi-tettonico dei due laterali; così come sul-la predella sono descritte Storie di sanDomenico, santo che poi non comparesui pannelli principali. Alcuni studiosihanno ipotizzato che i vari pannelli e lapredella siano stati dipinti dall’Angelicoin momenti diversi e probabilmente pertre opere differenti tra loro. Altri studiosi

    spiegano queste incongruenze sostenen-do che l’artista avrebbe dovuto adattar-si ad una cornice già esistente, in ade-guamento al trittico del Sassetta(probabilmente già collocato nel 1434),al quale il nostro avrebbe fatto dapendantper simmetria tra le due cappelle. Lamancanza di legame tra i santi raffigura-ti e la predella con Storie di sanDomeni-co, si giustificherebbe quale omaggio al-la chiesa domenicana e alla Confraternitadi cui era membro il committente. Ipo-tesi oggi maggiormente accreditata.

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    13. guido di pietro,poi fra giovanni da fiesoledetto beato angelico(Vicchio di Mugello 1395 ca.-Roma 1455)Annunciazione1434-1436tempera su tavola; cm 175×180chiesa di San Domenico in Cortona

    Si ha notizia che nel 1438 Cosimo de’Medici il Vecchio destinasse alla chie-sa di San Domenico il trittico dell’In-coronazione della Vergine di Piero diGiovan, detto Lorenzo Monaco (1402),che si trovava già sull’altare maggioredi San Marco a Firenze e che fu sosti-tuito dalla celebre pala commissionataa Beato Angelico; nel 1440, come testi-

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    monia l’iscrizione in basso, il politticodi Lorenzo Monaco veniva definitiva-mente collocato a Cortona. L’Angelicorealizzava in quegli anni per la chiesacortonese il trittico sopra descritto, l’af-fresco sul portale della facciata (la cuisinopia si conserva nel nostro museo) el’Annunciazione, annoverata tra i capo-lavori dell’artista e di tutta la pittura ita-liana del Rinascimento e giustamenteconsiderata caposaldo della nostra rac-colta. È difatti la più famosa e la più lo-data delle tre opere di medesimo sog-getto dipinte dall’Angelico che si sonoconservate. Le altre due sono oggi espo-ste al Museo del Prado a Madrid e alMuseo della Basilica di Santa Maria del-le Grazie in San Giovanni Valdarno.La tavola fu commissionata da Giovan-ni di Cola di Cecco, mercante di tessu-ti e membro della Confraternita di SanDomenico, il quale deteneva il patro-nato della cappella dell’Annunciata, ubi-cata forse sul lato destro del tramezzo.Il sacro evento si svolge all’interno diun elegante porticato – che richiama lecoeve architetture progettate da Filip-po Brunelleschi – il quale offre profon-

    dità all’intera opera, permettendo al pit-tore d’inserire sullo sfondo l’antefattoall’episodio principale. In alto a sinistrasono rappresentati i Progenitori che,cacciati dall’Eden, si avviano disperativerso la nuova sofferenza in attesa delriscatto, che sarà compiuto da Maria, la“nuova Eva”.Tratti di finezza sono evidenti in tuttala composizione: dalle bordure dei pan-neggi al sedile di Maria coperto da undrappo broccato in oro, dal Dio padre“scolpito” entro un clipeo al pavimen-to in marmo mischio.Si noti, infine, il gesto dell’angelo, chedifferenzia sensibilmente la nostra ope-ra dalle altre due versioni. Gabriele sirivolge alla Vergine con un atto quasiperentorio anziché devoto, puntandol’indice della mano destra verso Mariae alzando la sinistra in segno di am-monimento.Sulla predella sono rappresentate settescene tratte dalla vita della Madonna;il paesaggio della Visitazione è un chia-ro riferimento al lago Trasimeno chel’Angelico avrà sicuramente ammiratodalle alture cortonesi.

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    Angelicus Pictor

    G uido di Pietro è documentato per la prima volta a Firenze nel 1417,quando si iscrive alla Compagnia di SanNiccolò, presso la chiesa di San-ta Maria del Carmine, dichiarandosi «dipintore». L’anno successivo eseguìuna tavola d’altare – oggi perduta – per la chiesa di Santo Stefano al Ponte.Nel 1423, già nell’Ordine dei frati domenicani di Fiesole, con il nome di fraGiovanni, realizzò per l’Ospedale di Santa Maria Nuova una croce, anch’es-

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    sa perduta. Tra i dipinti sopravvissuti di questo periodo si ricordano, oltre ilGraduale di San Domenico di Fiesole, miniato dall’artista verso il 1425-1430e conservato al Museo di San Marco (Inv. 1918, n. 558), laMadonna dell’U-miltà (Pietroburgo, Hermitage), il trittico per l’altare maggiore della chiesadomenicana a Fiesole, dipinto tra il 1422 e il 1423, la pala dell’Annunciazio-ne, del 1425 circa (Madrid, Prado) e l’ Incoronazione della Vergine (Parigi,Louvre), anch’esse per la medesima chiesa fiesolana. A Firenze eseguì per San-ta Trinita la bella Deposizione di Cristo dalla croce e gli sportelli del Ta-bernacolo, disegnato da Ghiberti, per l’Arte dei Linaioli, opere oggi esposte alMuseo di San Marco a Firenze. Lavorò a Cortona per i Domenicani, dove èdocumentato nel 1438 e per i quali realizzò la bella pala dell’Annunciazioneattualmente al Museo diocesano. Nello stesso anno ricevette da Cosimo il Vec-chio l’incarico di dipingere la pala per l’altare maggiore della chiesa di SanMarco a Firenze e di affrescare tutto il convento, dai chiostri alle celle, con im-magini legate alla meditazione collettiva e personale. Fu un cantiere esteso edimpegnativo, condotto magistralmente dall’Angelico con la partecipazione divari collaboratori, tra i quali il giovane Benozzo Gozzoli. In seguito, affian-cato da Benozzo Gozzoli, è invitato da papa Eugenio IV a Roma – forse giàalla fine del 1445 – per dipingere un ciclo di affreschi in Vaticano oggi perdu-ti; dopo un breve soggiorno ad Orvieto (1447) per affrescare le due vele dellacappella di San Brizio, rientrò a Roma su invito di papa Niccolò V, che glicommissionò le Storie dei santi Stefano e Lorenzo, ancora oggi visibili in Va-ticano. A Fiesole, tra il 1450 e il 1452, rivestì la carica di priore del suo con-vento e dal 1453 fu di nuovo a Roma dove morì il 18 febbraio 1455. Nel 1468il domenicano Domenico da Corella lo appellò con il nome di Angelicus Pic-tor che evidenzia la sua fama artistica. Se le sue prime opere note si collocanoancora nella corrente del gotico internazionale e in particolar modo nell’am-bito di Lorenzo Monaco e dei pittori marchigiani, la produzione degli anniTrenta dimostra già un interesse per le novità apportate da Masaccio. Con ilciclo di affreschi di San Marco e con le opere realizzate nel decennio successi-vo, il frate pittore dimostrerà di aver recepito le novità dettate dal realismodella pittura nordica.

    Serena Nocentini

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    14. domenico di michelino(Firenze 1417-1491)San Francesco, san Bernardino da Sienae sant’Antonio da Padovatempera su tavolacm 159×162sesto decennio del secolo xvchiesa di San Francesco in CortonaIl trittico proviene dalla chiesa di SanFrancesco e fu probabilmente eseguitodopo la canonizzazione di Bernardinoda Siena, avvenuta nel 1450 per operadi papa Niccolò v. Negli anni succes-sivi alla canonizzazione l’Ordine fran-cescano fu impegnato in una capillareopera di diffusione del culto e del mes-saggio religioso e politico di Bernardi-no anche attraverso le immagini sacre.

    Il santo fu uno dei principali sostenitoridella riforma dei Francescani osservan-ti; evangelizzò le folle con la parola econ l’esempio, diffondendo la devo-zione al Santissimo nome di Gesù, at-traverso il monogramma yhs inciso sutavolette di legno offerte ai fedeli al ter-mine delle prediche.L’opera è attribuita a Domenico di Fran-cesco, detto Domenico di Michelino,per il suo apprendistato presso il mae-stro “forzierinaio” Michelino, fabbri-cante di forzieri. Nacque a Firenze nel1417 ed è ricordato dal Vasari tra i di-scepoli di Beato Angelico.L’artista aveva già lavorato in città. Nel1459 finì di dipingere il gonfalone la-sciato incompiuto da Lorenzo di Puc-

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    cio, per la Compagnia delle Laudi chesi adunava proprio in San Francesco.

    15. pietro di antonio deidetto bartolomeo della gatta(Firenze 1448-Firenze? 1502)Assunzione della Verginecoi santi Benedetto e Scolastica1470-1475 ca.tempera su tela; cm 340×237chiesa di San Domenico in Cortona

    L’opera, dipinta per il monastero fem-minile benedettino detto “delle Con-tesse”, è riconducibile alla prima matu-rità dell’artista e monaco camaldoleseBartolomeo della Gatta. Transitata nel1788, in seguito alla soppressione delconvento, presso la chiesa cortonese diSan Domenico, la tela ne ornò a lungol’altare maggiore prima di giungere almuseo. La composizione segna una net-ta cesura tra dimensione terrena e di-

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  • mensione celeste. La prima è popolatadai dodici Apostoli che si raccolgono in-torno al sepolcro di Maria, ora colmo difiori; la seconda dalla Vergine che, as-sunta in Cielo tra un’animata schiera diangeli musicanti, porge la propria cin-tola a Tommaso – tradizionalmente dif-fidente e qui rivolto con le spalle allospettatore – come segno tangibile delprodigioso evento.I volti scarni degli anziani apostoli si di-stinguono per la ricca varietà di reazio-ni emotive provocate dalla gloriosa vi-sione che è introdotta in primo pianodalle preghiere di Benedetto e della so-rella Scolastica, santa particolarmentecara al ramo femminile dell’Ordine, cuisi deve la committenza di questo raffi-nato capolavoro.

    16. ciuccio di nuccio (?)(Cortona, notizie 1474-1491)Fonte battesimale1474marmo scolpito; cm 108×97Cattedrale di Santa MariaAssunta (già nella chiesadi San Vincenzo)Il fonte è tradizionalmente at-tribuito a Ciuccio di Nuccio,che avrebbe realizzato nel 1491anche il ciborio per l’OlioSanto della Cattedrale corto-nese. Tuttavia ad oggi gli stu-diosi non sono in grado di da-re maggiori informazioni suquesto artista. La formellafrontale con il Battesimo diGesù fa sicuramente riferi-

    mento a quella realizzata da Donatelloper il fonte della Cattedrale aretina; l’in-tento del nostro artista di riprodurre latecnica dello stiacciato (un rilievo convariazioni minime rispetto al fondo) dicui proprio Donatello fu iniziatore emaestro, è però piuttosto mediocre.La balaustra che recinge il fonte è ope-ra successiva e con tutta probabilità furealizzata nel 1713, quando la chiesa su-periore del Gesù fu adibita a Battisterodella Cattedrale.

    Prima di varcare la sogliaper ritornare sul vano della scalaseicentesca e tornare alla Saladel Signorelli, si osservi sopral’architrave lo stemma delvescovo Leonardo Bonafede,di eccellente manifattura toscana,scolpito su marmo verso la primametà del XVI secolo,la cui provenienza è ignota

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    Bartolomeo della Gatta e Luca Signorellitra Firenze, Roma e Cortona

    Bartolomeo della Gatta, Assunzione della Vergine e santi, particolare

    «C ortona, etrusca e virgiliana, ancora toscana e già quasi umbra», cosìannotava l’astronomo francese de Lalande nel 1769, cogliendo la natu-ra di crocevia artistico che ha caratterizzato il centro chianino anche nella sta-gione del Rinascimento maturo, ampiamente rappresentato nel museo dal ric-co nucleo di opere pittoriche di Bartolomeo della Gatta e Luca Signorelli.Quasi coetanei, accomunati dalla conoscenza della colta pittura luminosa diPiero della Francesca, il primo nacque a Firenze nel 1448, il secondo a Cor-tona intorno al 1450. Bartolomeo, monaco camaldolese formatosi presso la bot-tega orafa del padre, fu, secondo Vasari, «ingegno atto a tutte le cose»: non so-lo pittore dunque, ma anche miniatore, architetto, musicista e artefice diorgani. Dopo un probabile apprendistato presso la fertile bottega del Verroc-

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    chio, dal 1470 si stabilisce ad Arezzo, dove diventerà priore dell’Abbazia diSan Clemente, non trascurando tuttavia l’attività artistica: intorno al 1482partecipa, proprio al fianco di Signorelli, all’impresa decorativa della Cap-pella Sistina a Roma, esperienza fondamentale che vide i due pittori collabo-rare con i più illustri maestri del tempo, dal Botticelli a Perugino.L’imponente tela con l’Assunzione della Vergine, oggi al museo, è opera gio-vanile di Bartolomeo databile ai primi anni Settanta del Quattrocento. Essaproviene dal monastero benedettino detto “delle Contesse”, situato poco fuori lemura e intitolato all’Assunzione diMaria; ciò spiega la presenza in primo pia-no dei santi fondatori dell’Ordine Benedetto e Scolastica, cari alle monache re-sidenti nel convento cortonese. L’opera è sicuramente una delle «belle icone» che,secondo la Visita Apostolica del 1583, ornavano i due altari della chiesa.Intorno al 1720 la tela, come risulta dai documenti, fu elevata in altezza peradeguarla al nuovo altar maggiore, con l’aggiunta di una lunetta, figuranteun’ulteriore schiera di angeli musicanti e cherubini, dipinta dal fiorentinoTaddeo Mazzi. In seguito alla soppressione leopoldina del convento, nel 1788le monache cedettero l’opera ai Servi diMaria che si erano insediati nella chie-sa un tempo dei Domenicani; essi non esitarono a trasformare Benedetto e Sco-lastica nei santi serviti Filippo Benizi eGiuliana Falconieri, affidando nel 1790l’ingrato compito di ridipingerli al modesto pittore Giacinto Colombati. Conla rimozione della lunetta settecentesca e il recupero dei due santi benedetti-

    Bartolomeo della Gatta, Assunzione della Vergine e santi,particolare di alcuni Apostoli

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    ni, la tela è oggi godibile nel suo aspetto originale. L’elevata tensione della sce-na è data dal raccogliersi concitato dei dodici Apostoli intorno al sarcofago diMaria, in cui una rigogliosa fioritura ha già sostituito la Vergine ormai glo-riosamente assisa su un trono di cherubini e – circondata da una briosa schie-ra di angeli musicanti – assunta in Cielo in corpo e anima. Alla compostezzadella dimensione celeste si contrappone la varietà dei gesti e delle umane espres-sioni con cui gli Apostoli assistono all’evento prodigioso: dallo stupore alla pre-ghiera, dalla curiosità al raccoglimento. Si distinguono, sulla destra, l’aposto-lo Jacopo coi consueti attributi del pellegrino (il bastone e la conchiglia sulcappello) e, al centro, il più incredulo Tommaso, di spalle e in posizione iso-lata, veicolo tra lo spettatore e l’evento miracoloso; egli si protegge con la ma-no gli occhi da una luce troppo intensa per sguardo umano, mentre la Vergi-ne gli porge con la mano destra la propria cintola, testimonianza del celestetransito. Il dipinto, dalla preziosa eleganza di tono avignonese e fiammingo,si segnala per brani di elevata qualità, dalle finte specchiature in marmo delsarcofago, ai volti scarnificati e cadenti degli Apostoli più anziani. La fisio-nomia allungata delle figure e i panneggi dalle fitte pieghe testimoniano la sa-pienza orafa e miniaturistica di cui in questi anni è ancora intrisa l’arte diBartolomeo, prima che i futuri soggiorni urbinati e romani la addolcissero inpiù solide forme.Luca Signorelli vive i momenti più elevati della sua produzione tra Marche,Toscana e Umbria: tra il 1477 e il 1479 è artefice degli affreschi per la Sa-grestia della Cura presso il santuario di Loreto; tra il 1497 e il 1498 lavora alchiostro del monastero diMonte OlivetoMaggiore; dal 1499 è impegnato nel-la decorazione della cappella di San Brizio nel Duomo di Orvieto, sua mas-sima impresa pittorica. L’artista non verrà mai meno, tuttavia, ai doveri dicittadino cortonese, mantenendo la residenza nel proprio centro natale, con-tribuendovi con il pagamento delle tasse e partecipando alla vita civile e po-litica. Dal 1502 torna inoltre a vivervi stabilmente, e a quell’anno risale il belCompianto sul Cristo morto dipinto per l’altar maggiore della chiesa diSanta Margherita, capolavoro della sua maturità artistica oggi conservato almuseo. L’opera condensa tre diversi momenti della Passione; al centro, ildrammatico compianto sul corpo di Cristo deposto; sulla sinistra, in lonta-nanza, il momento precedente della Crocifissione e, sulla destra, quello suc-cessivo della gloriosa Resurrezione. Una suggestiva interpretazione dovuta alracconto di Vasari vorrebbe che l’artista abbia qui riprodotto, nel cadavereesangue e brunastro di Cristo, le sembianze del primogenito morto nel corso

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    dell’epidemia di peste che quell’anno flagellò Cortona. In realtà, il tono cu-po e concitato della narrazione, accentuato dal rosso acceso del sangue lungola Croce, è forse riconducibile alle esigenze dei committenti francescani cheofficiavano la chiesa, tradizionalmente sensibili al racconto della Passione. Icolori smaltati ricordano i gruppi devozionali della coeva scultura lignea,mentre il paesaggio presenta una raffinata ricerca naturalistica di deriva-zione fiamminga. Le asprezze delle anatomie, vicine ai modi della contem-poranea pittura tedesca, sono tipicamente signorelliane ed affini a quelle de-gli affreschi di Orvieto.La Comunione degli Apostoli segna invece l’inizio dell’ultima stagione ar-tistica di Luca; l’opera, firmata e datata 1512, fu dipinta per l’altar maggioredella chiesa superiore del Gesù, oggi parte degli stessi ambienti museali, comeepisodio centrale di una serie comprendente anche le tavole con l’ Immacola-ta Concezione e l’Adorazione dei pastori, conservate nel museo, nell’ambi-to di un programma iconografico finalizzato a illustrare la vicenda dell’In-

    Luca Signorelli, Compianto su Cristo morto, particolare della Crocifissione

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    carnazione di Cristo dal concepi-mento fino all’istituzione del sa-cramento eucaristico, particolar-mente caro alla Compagnia delGesù. L’opera rappresenta una ra-ra variante al temadell’UltimaCe-na, il cui prototipo va individuatonella Comunione degli Apostolidipinta da Giusto di Gand adUr-bino nel 1474; il pane e il vino so-no sostituiti, con un anacronismo,dalle sacre ostie che Gesù distribui-sce agli Apostoli disposti ai suoi la-ti in posizione semicircolare; soloun Giuda dall’espressione malin-conica e rassegnata rinuncia al sa-cramento nascondendolo nella scar-sella. La composizione è dominatada una serie di pilastri rigidamen-te prospettici; le asprezze di un tempo si stemperano in un’impostazione sim-metrica e monumentale, che tenta di aggiornarsi ai nuovi modelli proposti daRaffaello nella Scuola di Atene delle Stanze Vaticane. Da questo momento efino alla morte (1523) Signorelli, mal riuscendo a recepire le novità del suotempo, si affiderà sempre più all’ampia collaborazione della bottega, come te-stimoniato dall’Assunta dipinta per la Cattedrale intorno al 1520. Il cortone-se Luca sopravvisse ben ventun anni all’amico Bartolomeo, morto nel 1502. Inquell’anno il monaco camaldolese venne chiamato proprio a Cortona a valu-tare ilCompianto dipinto da Signorelli per Santa Margherita, opera che ap-prezzò al punto da stimarla 200 fiorini d’oro, il doppio di quanto pattuito tral’artista e la committenza. Fu quello cortonese, forse, l’ultimo incontro tra idue maestri; e a Cortona il visitatore ha oggi il privilegio di ammirarne le ope-re nelle preziose sale del museo.

    Michele Tocchi

    Luca Signorelli, Comunione degli Aspostoli,particolare di Giuda

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    3 - Sala del Signorelli

    I l museo vanta una significativa raccolta di dipinti rea-lizzati da Luca Signorelli con la collaborazione della suabottega. Figlio di Egidio di Ventura e di Bartolommea diDomenico, nacque a Cortona intorno al 1450 e si formòprobabilmente nella bottega di Piero della Francesca. Lasua prima opera ricordata dai documenti è la perduta de-corazione eseguita nel 1470 per l’organo della chiesa di SanFrancesco in Cortona.Alla pratica di pittore affiancò l’attività pubblica nella suacittà natale: già nel 1479 fu eletto nel Consiglio dei Diciottoe a più riprese ottenne numerosi incarichi, essendo fra iConservatori del Comune, poi tra i Priori, tra i Sindaci delCapitano e nei Collegi, fino all’anno della sua morte. Im-pegnato in prestigiose committenze tra Perugia, Firenze,Roma, Orvieto e altri centri toscani, non dimenticò mai lasua amata Cortona.Nel 1495 è documentato un perduto gonfalone dipinto dal-l’artista per la Compagnia del Santissimo Redentore e nel1502 ilCompianto sul Cristo morto, tra i più incantevoli bra-

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    ni pittorici lasciati dall’artista alla sua città, conservato og-gi nel museo insieme allaComunione degli Apostoli, esegui-ta nel 1512 proprio per la chiesa del Gesù. Per far fronte ainumerosi incarichi provenienti da Arezzo e dalla Val diChiana formò una produttiva bottega proprio a Cortona,come documentano parte delle opere qui conservate e le-gate soprattutto alla tarda attività.Signorelli dovette inoltre essere in stretti rapporti con Mi-chelangelo, se nel 1513 il glorioso artista tentò di riavere daLuca un prestito che gli valse una denuncia al Capitano diCortona e una controversia legale della quale però non siconoscono gli esiti. Dai documenti pare dunque confer-marsi il ritratto che Vasari fece di lui nelle Vite, quale uo-mo brillante, piacevole, estroverso, pieno di amici e aman-te del «vestir bene» e della vita agiata.Il 23 giugno del 1523 gli fu allogata dai Priori di Cortonauna tavola con il soggetto della disputa di Gesù nel Tem-pio, ma Luca riuscì soltanto ad abbozzare il disegno, poi-ché quattro mesi dopo, il 16 ottobre, sopraggiunse per luila morte.

    visita al museo

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    Varcata la porta sopra l’architrave

    17. guido di pietro,poi fra giovanni da fiesoledetto beato angelico(Vicchio di Mugello 1395 ca.-Roma 1455)Madonna col Bambinoe i santi Domenico e Pietro martire1438sinopia staccata; cm 144×238chiesa di San Domenico in Cortona

    Questo disegno preparatorio (sinopia)fu rinvenuto in occasione del distaccodell’affresco sopra il portale maggioredella chiesa di San Domenico (e ivi ri-collocato, purtroppo non in buone con-dizioni). L’opera, attribuita all’Ange-lico verso il 1438 – in relazione alla do-cumentata presenza dell’artista in cit-

    tà – è preludio alle storie che il frate pit-tore affrescò poco dopo nel convento diSan Marco a Firenze.La sinopia è stata collocata nel museorecentemente e, per motivi di spazio, èposta in questa sala.

    Le opere di Luca Signorellie della sua scuola sono elencatein ordine cronologico, ad eccezionedelle tre tavole che ornavanonel Cinquecento i tre altaridella chiesa del Gesù, segnalatein ultimo18. luca signorelli(Corton