Collana “Gli Emersi - Narrativa” · Progetto grafico e impaginazione: Valentina Meola - Altre...

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Bozza Collana “Gli Emersi - Narrativa”

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Collana “Gli Emersi - Narrativa”

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Prima Edizione: 2013Tutti i diritti riservati©Aletti Editore di Altre Sembianze S.r.L.Via Mordini, 2200012 Villanova di Guidonia (RM)Tel. 0774/[email protected]

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Progetto grafico e impaginazione:Valentina Meola - Altre SembianzeImmagine in copertina:

Il libro è stato tradotto dal greco da Giorgia Chaidemenopoulou che ha la responsabilità per la validità del libro in italiano.

Stampa:DigitalPrint Service S.r.L.Segrate (MI)

ISBN: 978-88-591-

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Themistoklis Katsaounis

paesaggi immensi dell’affl izione

Aletti Editore

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CRITICA DI ANDREAS KOUNIOS

Uno dei libri più maturi che io abbia letto in questo ultimo tempo. Un libro completamente esistenziale, alcune volte misterioso e mol-te volte caotico, però bellissimo come una passeggiata agostana lun-go la spiaggia. Occorrono conoscenze profonde ma anche capacità di penetrare nel libro, per poter percepire il senso dei racconti brevi ma di inestimabile valore di Themistoklis Katsaounis. I racconti in-dicano gli orizzonti e le perplessità dello scrittore, in un’epoca in cui la maggioranza della gente non apre i propri orizzonti verso nuove strade.

Nelle storie di Themistoklis domina il dolore e forse anche la me-lanconia, ma non manca mai il sogno, una scintilla di sogno, una fiamma di sogno, un corridoio bianco, terrestre oppure celeste, su cui possiamo camminare o volare, secondo il nostro umore. Il libro “I Paessaggi Immensi dell’Afflizione” delinea un mondo sommerso nella corruzione morale, che tuttavia ha il diritto di sperare. Un mon-do violento e contemporaneamente affettuoso, un mondo estrema-mente contradditorio, un mondo che viene schiacciato dalle macine del realismo e del mito. E allora, quando letterati come Katsaounis e prima di tutto poeti come Katsaounis, che malgrado la loro età gio-vanile, accendono le fiaccole delle parole e dei versi, subito vengono posti fondamenti alla nostra esistenza naturale e spirituale, le quali si impongono sulle macchine che si chiamano uomini e sugli uomini che si chiamano macchine.

Per dire la verità, ho letto due volte questa veramente stupenda raccolta, questo straziante lamento, che assomiglia anche a una me-

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lodia. Immagini della vita quotidiana, pensieri adolescenziali, profeti e pseudoprofeti, ideologi incapaci che si sistemano dietro gli scanni del potere, paradiso e inferno, inferno e paradiso, mari e montagne, rivoluzioni che cominciano, finiscono o finiscono prima di comin-ciare e i riferimenti filosofici dello scrittore che, aspri e acuminati come se fossero un colpo di rasoio, lasciano segni sulla pelle.

Pubblicata nel giornale di Cipro “Verità” il 26-10-2012

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COmE UN pROlOgO

SONO…

Sono il giovane uomo in cerca di amore.Sono un demente che, di notte, fa un giro, da solo, per le strade.Sono il sognatore che viaggia attraverso un carcere.Sono il rivoluzionario emarginato che non ha nessuna speranza di

vincere. Sono il giovane che esplode senza nessun motivo!Sono…! Sono…! Sono…!Sono un mostro agli occhi degli altri!Sono… e, le mie mani bianche non toccano corpi femminili fatti

di madreperla!

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NOI, NELL’UNIVERSO

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Mari si svuotano e oceani si creano. Catene montuose spariscono dalla carta geografica, e dalle pianure, ne sbucano altre scabrose. Le lastre della litosfera galleggiano, come gli iceberg nel mare, viaggian-do negli anni eterni che nell’oceano dei secoli sono gocce insigni-ficanti. La terra si annoia di stare allo stesso punto, entro il sistema solare - passeggera nell’autobus del galassia, che in continuazione cresce e si ricrea come tutto l’universo e miliardi altri universi.

Oh, l’immensità dell’universo e la nullità della nostra esistenza sot-to il cielo con le stelle innumerevoli! Ogni giorno nasce una nuova vita. Il sole che tramonta ogni sera non sarà lo stesso con quello che sorgerà la mattina seguente. Noi non siamo mai quelli che abbiamo guardato ieri i colori che il sole ha donato. Nasciamo e siamo bam-bini, e dopo ragazzini, e poi uomini o donne, e sempre, con ogni mutazione, siamo nati e morti tantissime volte, dimenticando il pas-sato, come la farfalla, che dimentica che una volta era bruco

Viaggiamo con la corrente del fiume della creazione, contribuendo anche noi a essa. Portando tutte le esperienze vissute e i nostri ricor-di, filtrati dal presente, che dipingono le immagini del futuro, entro l’immensità caotica del cronotopo, facendoci sentire con passione amori, amicizie, odi e tragedie, che cerchiamo invano di immortalare con fotografie, poesie, canzoni e film. E forse un giorno ci incontre-remo di nuovo, in altre galassie, in altri pianeti, sotto altre stelle, in altri corpi, soltanto allora può guardare in modo penetrante, senza saper il perché, l’uno l’altro, e forse con qualche nostalgia si diranno queste parole: «in quel paese…ah si! Con il cielo che spargeva con generosità il sole, noi eravamo amanti, amici o parenti. Adesso non

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so! Non ricordo bene; però credo che una notte estiva, abbiamo camminato insieme lungo una spiaggia; abbiamo parlato del futuro, dell’ignoto e del soprannaturale. Ci siamo baciati e abbiamo detto “ti amerò per sempre” e ora siamo semplicemente passanti che si incontrano per caso per strada.

Tutta la nostra esistenza è una lotta contro il dominatore di tutto: il tempo. Volendo vivere l’amore, attraverso la stabilità di quello che noi chiamiamo spazio circostante. Sempre ce ne andiamo e venia-mo, e di nuovo andiamo via, e di nuovo torniamo, per capire, alcuni minuti prima della fine, che da nessuna parte, nemmeno il nostro corpo ci appartiene. Seguirà il ciclo perenne dei cambiamenti dell’a-ria, dell’acqua, della terra e del fuoco, ritornando là dove appartiene.

Noi continuiamo ormai da soli a vivere con ricordi immateriali, pensieri, sogni, spirito, che marcia nei mondi.

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FOTOGRAFIE DI FAMIGLIA

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Foto bianconere o colorate, foto dimenticate in cassetti vecchi pie-ni di polvere, oppure archiviate accuratamente in album. Fotografie di uomini che sono ritornati in terra o di vivi che vivono ormai lon-tano dall’ambiente dove il premere del pulsante di una macchina, ha imprigionato una parte della loro vita, dipinta dai colori della luce.

Immagini di feste di matrimoni e battesimi, dove bambini sono diventati adolescenti, di mezza età o anziani. Forse adesso tutte que-ste persone sono smarrite per sempre. Sposi novelli con visi pieni di brio, con corpi vigorosi e abiti da festa, pulitissimi, capelli fatti di perla, occhi che emettono scintille di amore, sorrisi per il futuro che viene tutto vivo nella loro mente e intorno mobili; o paesaggi che sciolgono nell’infinito. Immagini di un universo che sparisce subito dopo la sua esistenza di un tempo. Immagini, che nell’oceano dei momenti, cercano di salvare qualcosa di minimo della vita, come ri-cordo di un amore durante un tramonto primaverile incantevole nei marmi di un tempio antico; di una festa di un ragazzo che diventa uomo e saluta l’adolescenza, spegnendo le candele della torta, con gli amici accanto. E nelle facce, dipinte perfettamente, nei sorrisi e nelle pose, si nascondono suoni di risi e gridi, sentimenti, batticuori di amore o di ansia per il futuro, desideri. Il ricordo e la fantasia o solo la fantasia, cercano di unirsi con l’immagine per dare sangue ai suoi volti e con un momento di lucidità nei nostri sogni, assag-geremo qualcosa delle loro vite. E chi sa, dopo il fotografare, che è successo ai suoi protagonisti, fino al momento in cui la foto arriva nelle nostre mani, e diventa percettibile dagli occhi che vogliono esplorarla?

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Forse quel giovane sorridente con la maglia rossa, in questa foto piena di sole e di verde, è andato a scuola, dopo che la foto era stata scattata - perché portava uno zaino. Forse è andato a fare una gita o una passeggiata in un caffè della città, forse…da qualche parte… un tempo…, così tante combinazioni come le stelle dell’universo. Mai finiranno, anche se dedichiamo tempo della nostra vita.

Immagini costruite di pensieri e di sogni che la noiadelimita e l’evento fortuito mescola, e noi, cerchiamo di decodificare queste immagini con supposizioni del presente, tramite la conoscenza che abbiamo del passato. Foto, testimonianze della nostra esistenza, at-traverso la nostra esistenza, che mostrano che vogliamo salvarci dal deterioramento dell’esistenza nel tempo.

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POETI

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Poeti visionari della giustizia; cantanti della bellezza; profeti di un futuro che voi estraniati dal mondo lo vivete con dolore e con gioia.

Visioni di felicità che Dio ha condannato a spegnere lentamente e ossessivamente come se fossero stelle, nel mare polare, e intorno a esse, vapori che saltano violentemente in alto, isole fertili che spun-tano da nessuna parte, iceberg che diventano vulcani di speranza. Uccelli marini gracchiano, non potendo spiegare il perché, l’esisten-za del paradiso in un deserto bianco monotono, dal calore di un sole che si spezzetta dal peso della sua stessa forza.

Loro però, arresi all’inganno tragico, non avendo compreso la va-nità dell’esistenza, fondano sul cielo delle città brillanti di nuvole.

Sognano imperi celesti e vagano con il pensiero nella loro illusione nell’immensità dell’azzurro. Sono gli unici che possono sentire la canzone delle stelle nell’universo. E noi vediamo da un altro mondo i loro corpi dondolarsi, nella fiamma che spargono i raggi del sole.

Quando piangono, le loro lacrime cadono per terra come se fos-sero un fiume di perle, messaggi derivati da un mondo chimerico. Volendo vedere la verità, abbassano lentamente la testa e guardano giù, nel vuoto. Si immergono beati entro la terra, in compagnia di vermi e di talpe. Diventano cibo per le radici, fino a quando non un albero innalza i propri rami al cielo.

Da quel punto comincia di nuovo il mito di un nuovo protagonista che vuole arrampicare in alto, con i cuori di tutti gli eroi del passato, che battono nel suo essere e gli sussurrano: «Più in alto, con più forza, ce la farai perché hai la voglia!»

Poche parole belle, alcuni versi che sono stati scritti nel tumulto

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della battaglia, con demoni e draghi; cavalli alati che ci viaggiano in mondi di magia al di là dell’ignoto. Ci ricordano che nell’abisso dell’anima esiste una lucerna accesa che ci trasforma anche per un istante -e questo basta- in poeti!

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IMPERO CELESTE

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L’impero del cielo è un fiume che sale su catene montuose sca-brose e su montagne mai calpestate. Prima, ha fabbricato la pietra, poi la cellula e alla fine noi: l’uomo, nessuno sa esattamente da dove proviene e nel regno dei vivi, nessuno sa dove l’uomo finirà. Si pos-sono fare soltanto supposizioni e ipotesi.

Nati nel cuore di una stella, derivati dall’universo, sappiamo sol-tanto che l’impero celeste trascina al suo passaggio canzoni, inven-zioni e scoperte, e le mantiene nelle sue viscere indistruttibili, eterne nel tempo.

Si trovano Superuomini dentro di sè!Rimbaud, ubriaco in un bar di Parigi, compone le sue poesie im-

mortali; una lettera per i posteri. Edison scopre la lampada e grazie a questa scoperta noi dominiamo la luce.

L’impero celeste è un’arena dove tutto lotta: capelli, mani, piedi, tentacoli, corna.

Tutte queste cose, pezzi di un enorme puzzle, compongono il cammino della vita, che si indirizza verso in alto, per scoprire tutto, per guardare i Suoi occhi.

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QUAL È LA TUA PATRIA?

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Sicuramente direte che la risposta su questa domanda, cioè qual è la mia patria, è unica, composta da una parola, piena di luce e color azzurro immenso: La Grecia! Certamente non vi sbagliate - ma ne-anche avete detto tutta la verità.

Lettore, dovresti conoscere che non esiste solo una patria! Tutti i paesi del mondo, tutti i luoghi, i mari, le isole e le terre, ogni patria di ogni uomo, sono la nostra patria, tutto il pianeta, perché tutto il pianeta genera uomini importanti e donne belle, la terra intera come se fosse un’arancia enorme e succosa.

Donne piene di amore e risi che ballano con sensualità mostrando le loro grazie!

Uomini che non sono vili e pongono il loro corpo davanti alle arme da fuoco e nell’ultimo momento gridano con tutta la loro for-za, con coraggio: «Viva la libertà!». Uomini che lottano per la parità: di popoli, di sessi e di razze. Uomini che non avevano paura, che hanno sprecato la loro gioventù per grandi idèe.

Questi uomini che hanno guardato le stelle e avevano la voglia di conquistare il cielo. Sotto il cielo, hanno rapporti sessuali con donne, l’aura magica delle quali inebria le loro sensazioni e i loro movimen-ti; nel momento dell’amore, tirano su tutti gli uomini, in un posto vicino a Dio!

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TRA 8 E 12 ANNI

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Quando ero bambino avevo una compagnia teatrale di gioia, pie-na di verde e di mare. Potevo recitare tutti i capolavori e dell’arte dell’amore.

Viaggiatore in un paese di sogno con tappeti Verdi. Tappeto che profuma terra umida; canzoni della fanciullezza, che spuntano dagli alberi come se fossero le prime parole di un bambino.

Fate che ninnano i bambini che corrono sulle foglie secche del platano, entro l’eternità del tempo.

I ginocchi pieni di graffi, sotto i pantaloni infangati, in un turbine di voci di ragazzini che aspettano nell’anticamera della felicità.

I piedi che premono in un lampo i pedali delle biciclette, in fonta-ne piene di sole, per poter cominciare il vagabondaggio sulle colline di zucchero.

Ed io, tanti anni dopo, nella stessa camera, con una porta che non si è chiusa al mondo dei bambini, recito la canzone melodica degli anni della gioia, che passano per sempre come iceberg scolpiti, con-dannati a sciogliere piano piano, marciando verso gli oceani caldi.

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ADOLESCENZA

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Adesso vi dico in poche parole come stanno le cose. Per favore, alzatevi per seguire il teatro della mia adolescenza mentre verrà re-citato:

Era una casa piena zeppa di fiori, con pareti di calce; il mare la bagnava nella nudità delle mattine primaverili. E lui, virile e bruno; non aveva paura di niente. Cantava mentre scendeva contento, len-tamente, la strada verso l’oceano, attraverso orti pieni di fiori. Nel suo cuore toccavano il cielo!

E intorno, donne con capelli serici e occhi castani e seducenti, ballavano avvolte con le loro sciarpe, sui balconi di legno che cigola-vano dal calore del loro corpo, come le signore di Lachori; immagini dell’India, tratte da palazzi fiabeschi costruiti da sultani mongoli.

Per le strade, scorrono canzoni melate, come se fossero fiumi por-porini, pronti a soffocare ogni urlo che emanava infelicità.

Il sole era il maggior giudice!Sempre sorgeva, mai tramontava nel mio Paese! Era solo vita, gio-

ia, e in estate, era un melone fresco nella bocca.E ora, la mano destra, si distende tristemente verso il cielo, mentre

il corpo corre in giardini verdi; vuole invano toccare le rondini e andare insieme a esse nei paesi meridionali, dove gli uomini seduti su cuscini, come i pascià dell’oriente, fumano tranquillamente i nar-ghilè, quasi storditi, in modo indolente, essendo esonerati da preoc-cupazioni, guai, pensieri.

Perché adesso, sfortunatamente, le spighe verdi si seccano. Il sole tramonta lentamente e tormentosamente in un regno maledetto che si chiama follia, il cui re atroce, l’oblio, strangola senza un minimo

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di pietà i sogni della mia adolescenza che non diventerà mai maggio-renne, in un corpo morto, conservato con veleni, pieno di serpenti che escono dalle narici, dagli occhi, dalla bocca, dall’ombelico, da tutte le parti!

Adesso so che il cielo è stato tinto dal sangue di colore rosso. Il sole non tramonterà mai e non ritornerà mai all’adolescenza che seguirà una vita intera di giorni oscuri e di notti neri!

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IL GIARDINO DI EDEN, INFERNO

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Era l’inferno, l’inferno eterno!I fiori multicolori e i frutti succosi e freschi che pendono dai rami

degli alberi. Il luogo è naturalmente l’Eden, una pianura tropicale con tappeto di erba, ogni specie di animali multicolori e bellissimi che lasciano liberi i loro urli melodici. Alcune nuvolette che gioca-vano con il sole al cielo azzurro, rispecchiando il sogno all’aria. Gli uccelli dai ramo in ramo, giocavano, cinguettavano e volavano spen-sieratamente nell’aria fresca, e ruscelli pieni di pesci brillanti come diamanti.

Sentivo tutto, guardavo tutto! I fiori non avevano odori; anche se vedevo insetti che raccoglievano, ronzando, la polline sui fiori. I frutti, non potevo assaggiarli; erano tutti insapori nella mia bocca. Le piante dei miei piedi non sentivano morbida l’erba.

Camminavo in un giardino, dove non potevo sentire niente - sia pure lievemente - sulla mia carne. Camminavo in un giardino, dove niente poteva nuocermi, provocarmi dolore, ferirmi, uccidermi! Ed ero giovane e bello, con polpa vigorosa; credevo che tutto avesse valore per me: il cielo azzurro e la terra verde. L’afflizione si ingran-diva sempre di più.

Fino a quando non ho sentito la Sua voce; dolce e affascinante, canzone superiore di ogni musica che hanno composto uomini o angeli. L’ho seguita incantato e Lui là, ballava sotto un melo, vestito come una ragazza adolescente bionda con occhi azzurri. Mi sorri-deva in modo attraente, lasciando il Suo corpo dondolare seguendo i suoni della Sua musica. Accarezzava con le Sue dita di giglio il Suo corpo bianco e bellissimo e mi invitava a innamorarlo; me, soltanto

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me, per la prima volta e per sempre. Mentre mi avvicinavo con la fiamma dell’amore che bruciava i miei visceri ed era intensa dentro di me, cadevo su rocce invisibili. Stracciavano il mio corpo! - porta-vano via la mia bellezza! Questo è successo una volta, due-tre volte, una decina di volte. Ho voluto dormire. Forse nel mio sogno con-quistavo Lui e tutto. I sogni oscuri, il buio profondo.

Al svegliarsi, tutto si era bruciato, alberi, uccelli, animali; c’era dap-pertutto fumo e tutto era nero. Lui non si trovava da nessun luogo. L’incendio era successo. Ho guardato le mie mani. Erano piene di nocchi e di rughe! Ero un vecchietto poverino e misero!

Era l’inferno, l’inferno eterno!

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LA VITA DI UN PROFETA

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Sullo spuntar del giorno, ho aperto i miei occhi; il sole è sorto piano piano come se fosse una luna grande e rossa. Era primavera, tutto era stato lavato da una luce purpurea di gioia - dava forza e energia a ogni essere vivente.

Lunedì, ho fatto un po’ impaurito i miei primi passi, inseguendo con innocenza infantile i vari animali domestici.

Ho giocato con giochi romantici con il sole sotto le foglie degli alberi. Ho sentito profondamente nei miei polmoni, gli odori dei fiori

multicolori, ho amato il mare immenso, immortale e azzurro, e con-templandolo da alto, vedevo isole tropicali, inesplorate e tutte verdi, con spiagge dorate, il cui crepito si spargeva come musica all’aria.

Martedì avevo già imparato i segreti della vita. Ho adorato il pec-cato! Ho inventato e ho voluto applicare la mia geometria Credevo che mi meritasse un posto reale e dominante nel mondo; ho sognato il mio trono di oro e di diamanti, sulla cima della collina centrale.

Ho lottato con dei e uomini. Mi sono innamorato di tutto quello che mi ha odiato e ho odiato tutto quello che mi ha amato. Non mi sono conciliato con nessuna legge o principio. Ero assoluto! A mez-zogiorno, il sole ha cominciato a seccare le piante, i fiumi si sono inariditi, la terra si è seccata, gli animali sono morti lentamente e ho sofferto di sete.

I miei amici mi hanno salutato dicendo: «addio». L’orto era come una terra arida. Un deserto pieno di scheletri, che nessuno voleva vi-sitare. Sono stato bruciato da ogni scintilla dell’inferno che io stesso ho creato. Di notte, ho visto il mio viso allo specchio e ho guardato l’oscurità più orribile: la morte!

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Mercoledì, all’alba, ho desiderato costruire un giardino aperto a tutti gli uomini, senza nessuna pretesa per ricompensa. Ho zappato la terra con la zappa; le mie mani si sono strappate dal lavoro. Con la mia sangue e il mio sudore ho innaffiato i fiori che erano parte della mia carne. Ho rotto ogni serratura che avrebbe ostacolato l’ingresso e ho lasciato aperte tutte le porte. Ho mandato dei messaggeri in ogni angolo del globo terrestre, in tutto il mondo intero, per annun-ciare che qui c’è un giardino dove tutti noi saremo il sole, l’acqua e i fiori. Aspettavo, essendo sicuro che il mio giardino sarebbe riempi-to, avendo preparato regali per l’accoglienza degli invitati, però fino al pomeriggio del giovedì nessuno è venuto; così, mi sono immerso in sogni oscuri.

Tutti hanno ascoltato le mie parole con diffidenza. Alcuni han-no riso fortemente con queste azioni. Hanno detto che ero uno pseudo-profeta, un peccatore che voleva solo rubare. Allora, le mie lacrime cocenti sono diventate i miei figli che sono un messaggio per coloro che avrebbero trovato per caso il mio giardino. Le mie la-crime sarebbero state per sempre vive e giovani, immortali nel tem-po, come ero anch’io nel momento in cui le ho messe alla luce, con tutte le mie passioni. - Hanno rivelato la verità tragica. Non hanno lasciato spazio libero per sogni!

Al tramonto del sole, ho deciso di andare via, facendomi saltare le cervella.

Ho viaggiato insieme con il sole al buio. Il giorno seguente, esso, come sempre, era puntuale al suo appuntamento prestabilito.

Tuttavia, io, non ci sono venuto e non ci verrò mai più.Il giorno subito dopo la mia morte, la mia fama ha cominciato a

diffondersi. Durante tutti i sabati parlavano di me, come se fossi un principe morto, che non ha potuto godere il suo regno. Fino all’ulti-mo raggio del sole della domenica, il mio nome si era spento, come anche tutti gli altri, entro la moltitudine di milioni parole.

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TUTTAVIA, NOI, SIAMO ANCORA QUI

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Tuttavia, noi, siamo ancora qui!Stiamo davanti a un impero di oddio, un muro che voi avete co-

struito per buttarci fuori.Perché siamo poeti! Perché siamo nati poeti ed eravamo sempre

poeti!Avevamo soltanto il desiderio di aprire le mani e volevamo che

dalle nostre mani fuggissero stelle. Però voi! Gli, altri, guardate come avete ferito le nostre mani.

Voi che ci avete imprigionato, insieme a schiume della società che voi avete creato. Oh infelicità immensa! Alcuni di noi urlando sono ricorsi alle droghe, all’alcool, mentre altri, nella loro insania, si sono tagliati con un pezzo di vetro le loro vene fino alle ossa. Anche ades-so, io, sì, io, li ascolto! Stanno piangendo nei manicomi dove li avete rinchiusi per umiliarli, affinché la loro parola non abbia essenza.

Tuttavia noi, abbiamo scritto le nostre parole con la nostra sangue!Le abbiamo inviate dappertutto; hanno viaggiato nello spazio e

nel tempo.Le vostre sbarre erano marce, mi sentite? erano marce!Le abbiamo rotte con i nostri pugni! E ora, come cavalieri, conti-

nuiamo il cammino, sempre continueremo.Perché siamo i carboni nella cenere che divampano nel fuoco. Ri-

nasciamo sempre come la mitica fenice che rinasce dalle proprie ceneri, perché solo così possiamo mostrare il paradiso da cui siete stati auto esiliati e da cui ci avete cacciato.

Però noi abbiamo molto tempo alla nostra disposizione per risol-vere nell’eternità i nostri problemi, perché siamo il venticello che

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rinfresca i vostri visi nell’inferno; allora, per questo, per favore cre-detemi, che facciamo tutto quello che vogliamo dal profondo del nostro cuore.

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MARE INTORPIDITO

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La depressione intorpidisce il mare, lo addormenta profondamen-te. Si sforza invano di svegliarsi dalle minime avventure dell’atten-zione o del ricordo, orgoglioso nel petto.

Tutti coloro che hanno questo palude nella loro anima, sanno be-nissimo che significa fallimento, dolore, infelicità.

Vivono solo con la speranza che un giorno il cuore batterà di nuo-vo melodicamente; che la felicità busserà di nuovo alla loro porta e il mare grosso distruggerà, le catene e le reti, che lo legano stretta-mente, come se volessero strangolarlo eternamente!

Quelli che sono in stato di depressione fuggiranno da casa di nuo-vo durante il nottetempo, nelle strade desolate. Cammineranno con un passo indolente e pesante, cercheranno di alzare il capo, senza risultato.

Viaggeranno, come viaggiavano tante notti parallelamente alla morte, avendo la noia come veicolo nel loro viaggio.

Li accompagneranno soltanto le luci delle lampade che saranno riflesse sui piccoli vicoli solitari; saranno stelle morti senza futuro, senza presente.

Loro sogneranno di nuovo la donna che sanno che non potran-no mai conquistare. Forse la turista tedesca che hanno visto sulla spiaggia l’estate passata, con i capelli biondi, le unghie cristalline e le labbra di arancia.

Cammineranno senza un obiettivo preciso, senza voler andare in qualche luogo, ancora e ancora, per le stesse strade, negli stessi vicoli familiari.

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Sogneranno che sono altre persone - forse coloro che li hanno condannati all’oblio eterno.

Guarderanno lentamente la luna pallida attraverso la nebbia not-turna, e cammineranno… cammineranno… cammineranno… fino alla fine dell’eternità!

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A MARIA

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Il suo nome: Maria. Non era mai mia, non sarà mai mia; anche se sognavo che era mia, che la toccavo con le punte delle mie ditta, che la baciavo sotto la luna rossa e melanconica. Mai ho saputo chi era veramente. Non ho saputo niente per i suoi amori, non ho saputo dove si è baciata per la prima volta, non ho saputo quando e che cosa l’ha fatta piangere da sola nel buio, non ho saputo niente per i suoi sogni.

Serviva bevande dietro il bar, come le parole dei romanzi offrono viaggi falsi. Che importanza ha che non la conoscevo? Sentivo la sua voce che assomigliava a un gorgoglio! Vedevo la sua faccia! Deside-ravo la struttura perfetta del suo corpo! Ed io, l’ho formata nella mia mente vedendo i movimenti delle sue mani, vedendo il modo in cui beveva la sua bevanda, la sua pettinatura quasi perfetta e angelica, come soltanto io volevo che fosse, per me… solo per me.

Non so se si è mai interessata del mio amore - abbiamo fatto quat-tro chiacchiere entro fumo, musica e baccano. Mi ha sorriso, contro voglia… Adesso, tutto ciò non ha valore. Il mio sogno però per lei era vero, mi ha fatto sorridere, mi ha fatto viaggiare con la fantasia e sentirmi che esisto. Questo soltanto è rimasto da lei che mi ha dato qualcosa di bello senza forse mai volerlo!

E… oh! Felicità, cara felicità, mi libero da te, imprigionandoti qui con il mio pensiero, in queste poche righe, le quali, magari non sa-pessi mai che tu, felicità, le sentirai!

Con stima!

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RINTRACCIAMENTO NEI SENTIERI DELLA MEMORIA

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Camminando lungo il molo della città di Kavala, suoni, versi, can-zoni vengono nella tua mente dal passato. Bighelloni le navi e i caic-chi, i gabbiani sugli alberi delle navi, senti nei tuoi polmoni l’odore delle scaglie e delle spine di pesce. Accendi una sigaretta e fumando inspiri il fumo. Allora, vedi davanti a te, come visione, uomini ve-stiti in modo simile, con visi stanchi e sudati ma sempre sorridenti, uomini che imballano foglie di tabacco. Carri, le cui ruote, cigolano sulla strada lastricata, un messaggio della città a tutto il mondo, con l’odore caratteristico che si trova in ogni angolo di Kavala.

E ora, in questo momento, tutti si riversano nelle strade, come un pugno, pronti a lottare per i loro diritti. E intorno ci sono poliziotti, furiosi, a cavallo e armati, e spioni pronti a soffocare la rivolta del popolo. «PANE - LAVORO», gridano alcuni e cadono per terra fe-riti dai colpi. Innaffiano con la loro sangue l’albero del ceto operaio; comincia dal fondo della terra, arriva fino alle stelle, con uomini che brillano come pianeti sulle sue foglie.

Piano piano si fa buio, cammini entro la città, vedendo con la luce opaca delle lanterne a gas, ripostigli di tabacco e case che appar-tenevano alla nobiltà del passato, con frontoni, stemmi gentilizi e portoni grandi e pesanti, con un vivo odore del tabacco, e colonne lavorate con arte con mensole che reggono i balconi dove giocano ragazzi che oggi sono anziani o sono morti.

E gli anziani rugosi guardano oggi le serrature arrugginite dei ri-postigli e delle porte delle loro case. I loro occhi riempiono di lacri-me e le asciugano velocemente e in fretta, affinché i passanti non li vedano lacrimosi.

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Aspiri l’ultima tirata della sigaretta. La spegni; sei di nuovo qui, all’epoca attuale, con macchine e automobili. Vedi le cantine di ta-bacco e le case signorili vecchie crollanti a causa del tempo, pronte a trasformarsi in torri di cemento. Ti senti come se avessi perso un parente, ogni volta che vedi il passato dei tuoi nonni che diventa polvere. Perché nessuno si interessa del restauro dei palazzi?! Perché nessuno rispetta la storia del luogo che lo ha allevato? Un grande interrogativo che rimane sulle tue labbra. Perché!?

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AL COMPAGNO IPPOCRATE

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È il giovane con i denti putrefatti e giallicci, basso e scarno, è lui, il mio amico, con le scarpe sportive e le maglie aderenti dei partiti della sinistra.

Ritorno dietro al passato e vedo noi, stanchi morti dal fallimento, conservati con una dose di umorismo nero, con passeggiate romanti-che nel parco, lungo la spiaggia; bastardi della natura, senza gioie, tri-stezze, vita, bellezza, pieni di sogni per un futuro che non viene ancora.

Guardando il mio amico, sento la sua forza indomabile, maggiore di quella di un santo, maggiore di quella di un criminale. Lo ricordo così come era veramente - davvero, chi e come era?

Era da solo… da solo… veramente da solo, nella camera - cella, senza amore, senza che nessuno gli abbia telefonato per dirgli: «ami-co, non preoccuparti, tutto andrà bene!»

Viaggiava per pochissimi momenti attraverso una biblioteca - uni-verso, in paesi stranieri, lì dove cavalli tutti bianchi cavalcano senza aver bisogno di fantini, senza aver bisogno di sproni per correre, come quelli che vediamo in quadri di dipintori eccellenti che non abbiamo mai conosciuto. Si, lontano, in quei luoghi, dove i ragazzi non tremano e non tremavano mai a causa della sorveglianza crude-le dei professori.

Tuttavia, le regine dell’afflizione che non poteva sradicare dai suoi visceri, la follia e la noia, la noia e la follia: flagellavano il suo corpo: compasso!, coltello!, forchetta!, temperino! E la sangue rossa che scaturisce dalle vene, così semplicemente, come quando si libera dal suo carcere carnale, senza che nessuno da nessuna parte se ne pren-da cura!

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Vodka e whisky spengono la fiamma che non lo avrebbe permesso di dormire; durante quelle notti infinite senza luna, senza chiaro di luna sopra il mare, il quale, oscuro, ammolla il cuore come se volesse annegarlo. Mostrandomi così, che lui è incapace per qualsiasi cosa.

Ai miei occhi però e agli occhi di coloro a cui potevo offrire e di coloro che potevano offrirmi l’amicizia, sapevo che sarebbe diven-tato un eroe. Dato che eroe diventa uno che non è abile di avere nessun’altra proprietà!

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COMPAGNO MIO, MI CHIAMO THEMISTOKLIS KATSAOUNIS

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Compagno mio, mi chiamo Themistoklis Katsaounis!Vi parlerò, ascoltatemi, devo dire tutto correttamente. Mi sono

trovato quì perché non ho mai sopportato di avere padroni; perché non ho mai voluto dare ordini nella mia vita.

Salvando una persona, salvi anche tutto il mondo! Compagno mio, salvate voi stessi per poter salvare anche noi dalle sventure dell’in-ferno!

In questo momento non vi parlo con la bocca, compagno mio, che è sigillata dalla terra nella tomba; ma vi parlo con il mio cuore che è pieno di sangue sotto i marmi freddi e vibra come un violino suonato da una ragazza bella e bionda, nell’immensità dell’universo, dando il ritmo della lotta.

Durante tutta la mia vita, compagno mio, ero brutto, squallido, pallido. Le donne non mi hanno adorato come mi meritava - adesso è il vostro turno di entrare nella vita, cominciate la canzone.

La prossima volta non sarà vostro figlio che è mendicante; non sarà vostra figlia che è prostituta; non saranno i vostri genitori an-ziani buttati sul bordo della strada; sarete voi! voi! voi! Nell’inferno, con le vostre reni, con le vostre mani, con i vostri piedi, con la vostra testa, con tutta la vostra anima!

Chi vi ha detto che non temerete? Chi vi ha detto che non piangerete?Credete che non vorrete andare lontano?Dovete essere preparati, sarete affrontati con diffidenza, come

estranei. Però, è necessario che voi osiate di fare quello che gli altri pensano che sia sparito.

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Nella vostra parte interiore, un sole, compagno mio, abolisce tut-to, un cometa infuocato si trova nell’anima di ogni uomo, questo ideale, ricercate solo questo - la fiamma, la fiamma di ogni anima.

Non piangete per la mia morte compagno mio, io sono morto come una stella che cade dal cielo - maestosamente! Ero un punto luminoso sulla linea che si indirizza verso il puntello per toccare il Dio. Ho lasciato indelebile la mia traccia nell’umanità - lo stesso farete adesso anche voi, solo con l’amore!

E proprio a questo punto, dirò per la prima e per l’ultima volta che «si deve fare proprio così» per fare umano il nostro mondo.

Perché, compagno mio, non dimenticatelo, no… non dimenti-catelo, che il maggior complimento è caratterizzare una persona, così semplicemente, con una parola, ma con tutto il suo significato: «uomo»!

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COLLERA

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Oh no! Perché Padre Dio viscerale? Perché? No! Adesso che ci penso di nuovo non erano poche le volte che ho pensato, io, il maledetto, di diventare un assassino misero oppure di vendere la mia anima al Diavolo, condannando tutti quelli che ho conosciuto, all’Inferno eterno!

Io, il vagabondo! Il pazzo geniale! Il viaggiatore del sogno!Da dove vengo? Non lo so! Verso quale direzione procedo?Io, il giovane sporco che gironzola da solo durante la mezzanotte

aspra, con la testa chinata, alcune volte piange e altre volte ride, che bisbiglia silenziosamente una canzone magica di vittoria. Che sogna un sogno: La RIVOLUZIONE!

Sotto gli abiti sporchi cenciosi, fetido e non rasato, vagheggio la società del futuro, piangendo per quella del presente che mi ha spu-tato violentemente dal suo corpo. E sotto la sudiciume e la muffa, nascondo delle bombe ad orologeria. Si indirizzeranno direttamente verso i vostri cuori! Parlo a Voi, professori, giudici, medici, industria-li, pseudo-profeti di qualsiasi casta e ogni specie di stronzi-bastardi. Vi ho conosciuti tutti e vi ho detestati tutti!

Avete costruito una costituzione ideale e avete conservato la socie-tà più putrefatta - cadavere di un morto di novant’anni pieno di ver-mi- che non poteva mai immaginare la mente umana. Una bambola-marionetta sotto i vostri ordini. Allora, voi, bravacci e spacconi, vi regalerò generosamente i miei doni; Essere con voi SPIETATO!

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Sommario

NOI, NELL’UNIVERSO ..................................................................... 9FOTOGRAFIE DI FAMIGLIA .......................................................13POETI ....................................................................................................17IMPERO CELESTE ............................................................................21QUAL È LA TUA PATRIA? ..............................................................25TRA 8 E 12 ANNI ...............................................................................29ADOLESCENZA ................................................................................33IL GIARDINO DI EDEN, INFERNO ..........................................37LA VITA DI UN PROFETA .............................................................41TUTTAVIA, NOI, SIAMO ANCORA QUI ...................................45MARE INTORPIDITO......................................................................49A MARIA ...............................................................................................53RINTRACCIAMENTO NEI SENTIERI DELLA MEMORIA.....57AL COMPAGNO IPPOCRATE .......................................................61COMPAGNO MIO, MI CHIAMO THEMISTOKLIS KATSAOUNIS ...............................................................65COLLERA .............................................................................................69

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