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PARMENIDE COLLANA DEL SEMINARIO DI STORIA DELLA SCIENZA

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PARMENIDE

COLLANA DEL SEMINARIO DI STORIA DELLA SCIENZA

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DirettorePasquale GUniversità di Bari Aldo Moro

Comitato scientifico

Agostino CUniversità del Molise

Raffaella D FUniversità di Bari Aldo Moro

Mauro D GUniversità di Bari Aldo Moro

Augusto GUniversità di Bari Aldo Moro

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Giuseppe MPolitecnico di Bari Aldo Moro

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Rossano PUniversità del Molise

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Arcangelo RUniversità del Salento

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Comitato redazionale

Luigi BUniversità di Bari Aldo Moro

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Pasquale GUniversità di Bari Aldo Moro

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Salvatore PUniversità del Molise

Arcangelo RUniversità del Salento

Luigi TUniversità di Foggia

Segreteria di redazione

Benedetta CUniversità di Bari Aldo Moro

Lucia D FUniversità di Bari Aldo Moro

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PARMENIDE

COLLANA DEL SEMINARIO DI STORIA DELLA SCIENZA

L’Essere di Parmenide (- a.C.) non è suddiviso in terra, acqua, aria,persone, animali, piante; esso è un’enorme massa sferica di sostanza omo-genea, isodensa, continua, indivisa, sempre identica, immobile, eterna, checostituisce il cosmo e lo riempie. Questa visione, difficilmente condivisibiletra gli scienziati del nostro tempo, apre comunque la prima via, quella dellaragione o del pensiero, che persuade e svela la vera natura del reale. Mentrela seconda via, quella dell’esperienza umana o dell’abbandono ai sensi, èingannevole e contraddittoria.

Ciò che esiste è soltanto l’Essere. Questo Essere, che è unico, vienepercepito dagli esseri umani come spezzettato in molteplici cose: «A questounico Essere saranno attribuiti tanti nomi quante sono le cose che i mortaliproposero, credendo che fossero vere, che nascessero e perissero, che cam-biassero luogo e mutassero luminoso colore». In realtà «tutte le cose sonouno e quest’uno è l’Essere».

Dobbiamo molto a Parmenide per aver aperto la nostra mente al razio-nale, alla ricerca della verità come momento unificante della stessa percezio-ne scientifica, che è diversificata e stratificata, manifestandosi con numerosi ediversificati livelli di interpretazione e dettaglio. Questa prospettiva consenteal pensiero di osare nel mondo del possibile, purché dimostrabile, che èil preludio essenziale alle nostre proiezioni scientifiche, dalle ipotesi alledimostrazioni.

A questa riflessione s’ispira la Collana del Seminario di Storia dellaScienza, Centro interuniversitario di ricerca nato dalla collaborazione del-l’Università di Bari, dell’Università del Salento, dell’Università del Molise,dell’Università della Basilicata, del Politecnico di Bari e dell’Università diFoggia.

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I testi della collana sono sottoposti ad un sistema di valutazione paritaria ed anonima.

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Alfredo Di Giorgio

Insolubilia e proprietatesterminorum

Prefazione diLoris Sturlese

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I edizione: settembre

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Io li credetti; e ciò che ‘n sua fede era,vegg’ io or chiaro sì, come tu vedi

ogne contraddizione e falsa e vera.

D, Paradiso VI, -

Perché diede il consiglio fraudolente,dal quale in qua stato li sono a’ crini;

ch’assolver non si può chi non si pente,né pentere e volere insieme puossi

per la contraddizion che nol consente!

D, Inferno XXVII, –

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Indice

Ringraziamenti

Prefazione

Introduzione

Capitolo IDefinizione e rilevanza della ricerca

.. Le proprietates terminorum, – .. Insolubilia e Sophismata:origini dell’antinomia del mentitore in epoca medievale, –.. Il contesto probatorio: le Obligationes, .

Capitolo IILe fonti e l’analisi storica

.. Cassantes e Restringentes: Insolubilia Monacensia E TractatusSorbonnensis Alter, – .. Tra Cassantes e Restringentes: Simonedi Faversham, Walter Burley, Giovanni Duns Scoto, – .. Lafilosofia del linguaggio di Ockham, – .. Analisi rigorosa e fal-sità dell’insolubile: T. Bradwardine, – .. Soluzioni in terminidi Obbligationes: G. Heytesbury e Swynesched, – .. Bu-ridano e le proposizioni insolubili, – .. La maturazionecritica delle soluzioni, – .. La ricezione del paradosso nelSeicento, – .. Indice dei manoscritti e dei testi utilizzatinella ricerca, .

Capitolo IIIValutazione critico–teorica

.. La rilevanza attuale delle soluzioni medievali, – .. Clas-sificazione degli insolubili e classificazione delle soluzioni, –.. Verità ed Autoreferenzialità, .

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Indice

Capitolo IVConclusioni

Bibliografia

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Ringraziamenti

Desidero innanzitutto ricordare Carlo Dalla Pozza, mio men-tore e amico a cui sarò sempre grato per la disponibilità e lafiducia dimostratemi nel corso degli anni e che sarà sempreun modello per la dedizione alla ricerca e lo spirito critico. Unringraziamento particolare va poi al professor Loris Sturleseche si è prestato tra mille impegni a scrivere la prefazione diquesto testo. Vorrei esprimere inoltre un sentito ringraziamen-to ai professori Luigi Borzacchini e Arcangelo Rossi, a cui sideve l’impostazione iniziale della ricerca, nonché a tutti i com-ponenti (personale amministrativo e docenti) del Seminario diStoria della Scienza dell’Università degli Studi di Bari. Questovolume è tratto dalla mia tesi di dottorato (XXV ciclo) discussanel maggio e rispetto a quella versione ho provveduto acorreggere gli immancabili refusi, aggiornare la bibliografia,migliorare la formalizzazione di alcune teorie e l’esposizionedi diversi passaggi.

A tal proposito vorrei esprimere la mia gratitudine a DavideSergio, Giacomo Signore e Daniele Chiffi che hanno letto, com-mentato e criticato alcune parti del presente lavoro ponendoquestioni che hanno costituito per me uno stimolo costanteper migliorare e rendere il volume meno confuso e più leggi-bile. Ogni eventuale errore presente va comunque attribuitoall’autore.

Desidero rivolgere, inoltre, un ringraziamento a tutta la miafamiglia che mi ha supportato ed incoraggiato in vari modi, inparticolare a mia moglie Sabina ed ai miei piccoli Lorenzo eDaniele.

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Prefazione

Insolubilia, verità, e la pena del taglio del piede

Da Epimenide di Creta per arrivare sino ad oggi, la questionedelle antinomie, dei paradossi e più in generale delle propo-sizioni cosiddette insolubili ha catturato le menti di laici e dispecialisti di studi logici, ed ha costituito un importante fattoredi sviluppo verso l’elaborazione di un’idea sempre più raffina-ta di un termine filosofico per eccellenza come è quello della“verità”.

Il libro di Alfredo Di Giorgio tratta delle discussioni sugliinsolubilia nel periodo medievale, ed affronta la questione nelquadro degli sviluppi due–, tre– e quattrocenteschi della dottri-na logica delle proprietà dei termini, fondata ed articolata comecomplemento della tradizionale e “antica” logica aristotelica adopera dei “moderni” professori di logica operanti nelle facoltàdi filosofia (facultas artium) delle Università di Europa. General-mente sottopagati, e di molto, rispetto ai più celebri colleghidelle facoltà di medicina e di entrambi i diritti, i logici costitui-rono tuttavia nel tardo Medioevo una importante ed organicacomunità internazionale di studiosi, animati da tradizioni localidi scuola, ma anche in continuo scambio di idee, di discussioni,di soluzioni e di proposte metodologiche. Agli studi di logical’ordinamento universitario medievale riconosceva una funzio-ne importante, ma pur sempre introduttiva e propedeutica,ed i professori della materia erano molto spesso giovani checompensavano il loro inferiore status accademico con l’entu-siasmo, la dedizione alla filosofia e la loro inesauribile energiaintellettuale. Della grande, inventiva operosità di coloro cheEckhart chiamava (forse con un accento di simpatia) i kleine

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Prefazione

meister votati allo studio di Aristotele, rendono testimonianzaancor oggi le biblioteche di tutta Europa: colme di migliaiadi codici con questioni, commentari, trattati di logica, per lamassima parte ancora inediti ed inesplorati.

Non è facile orientarsi in questo microcosmo culturale, chesino a un secolo fa era noto soltanto in modo molto generico,ed i cui originali lineamenti sono emersi soltanto a partiredalla seconda metà del secolo scorso per merito dell’infaticabileopera di scavo, di edizione e di interpretazione svolta da maestricome Boehner, Moody, De Rijk, Pinborg, Jolivet, e dei nostriAlessio, Maierù, Dal Pra, Preti e Pozzi. E la lista sarebbe assaipiù lunga se la si dovesse estendere ai numerosi specialistiancora viventi e di ambo i generi, perché proprio negli ultimidecenni si sono ancor più infittite le indagini sui manoscritti,le pubblicazioni di testi, di simposi e di studi, e questo sianell’Europa continentale che nel mondo anglosassone.

Il campo specifico nel quale si colloca il lavoro di AlfredoDi Giorgio è, come si è detto, quello della letteratura sugliinsolubilia, un campo nel quale ha esercitato per lungo tem-po le sua attività di ricerca filologica ed analitica Paul VincentSpade. A questo valoroso studioso americano dobbiamo, oltrea un fondamentale inventario di testi e codici su questo tipodi letteratura (The Medieval Liar. A Catalogue of the Insolubilia–Literature, Toronto, Pontifical Institute of Mediaeval Studies,), una ricca messe di saggi, ed è proprio dai materiali e daglistudi di Spade che prende le mosse questo volume. Se Di Gior-gio giunge a proporre nuove e storicamente più differenziateconclusioni rispetto a Spade, ciò avviene perché ha saputo sfrut-tarne la lezione che coniuga l’attenzione filologica da un lato,e l’uso degli strumenti della logica contemporanea dall’altro.Ma questo lavoro si raccomanda soprattutto, a mio parere, peressere una presentazione agile, ma ponderata e fondata sullefonti della letteratura sugli insolubilia, e per offrire di questa uninformativo, aggiornato e ben leggibile stato della questione.

Ulteriori ricerche potranno mettere a disposizione della co-munità scientifica nuovi testi e dettagli dottrinali inediti, anche

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Prefazione

se non sarà difficile inquadrarli volta a volta nella tassonomiateorica degli insolubili elaborata da Di Giorgio in questo lavoro.Certo è che questo tipo di letteratura cela, al di là della densitàteorica delle soluzioni dei casi di ragione, risvolti insospettatiche possono richiamare l’attenzione dello storico della cultura,del linguista, del filologo e del sociologo, come mi pare dimo-strare il caso di una breve serie di “casi de rasone” in vernacolopadano che ho ritrovato in un codice lucchese della seconda me-tà del Trecento, e recentemente pubblicato in una miscellaneain onore di un benemerito studioso di logica, Alain de Libera(Compléments de substance, Paris, Vrin, , –). Ricordosoltanto la formulazione del primo “caso”:

Questione se pò fare, o vero caso de rasone. E pono per vero ch’elsia uno segnore iusto el quale faça comandare ch’el non se diga bosiain lo so destrecto, soto pena d’aver taiato lo pè. Et in questo non seràremissione, voiando observare iusticia, così como ello àe propostode essere iusto. Appare uno homo che dise questa parola: « El meserà taiato lo pè ». Mo questuy audito et accusato a lo segnore cheello à dicto bosia, lo segnore lo fa prendere e dise: « Tu avray taiatolo pè, perché tu ày dicto boxia ». Mo se domanda: se lo segnore voleobservare iustitia como ello à empromesso, et ello taia lo pè a questoche pare che apa dicto bosia digando: « El me serà taiato lo pè », seello fa iniusticia, perché ello, non dise, anche dise, et à dicto vero; seello non l’à taià, questo à dicto bosia, e lo segnore non oserva lo socomandamento.

Testi come questo allargano la questione della «filosofia involgare» ad un’area che sembrava per la sua intrinseca naturatecnica essere particolarmente resistente alla “volgarizzazione”,e sollevano questioni non irrilevanti sulla lingua usata nellescuole di logica tardomedievali, sui luoghi dell’insegnamentoe sulle modalità di trasmissione di questo sapere. Ed anchealla crudeltà del “segnore iusto” viene da pensare, leggendo il“paradox of the preface” argutamente formulato da David C.Makinson e ripreso da Di Giorgio all’apertura del suo lavoro:“segnore” appunto “iusto”, perché comanda « ch’el non se digabosia in lo so destrecto », e che non soltanto impone al tra-

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Prefazione

sgressore la “pena d’aver taiato lo pè”, ma che come forma dimassima giustizia decide che « in questo non serà remissione ».Anche dai dettagli delle formulazioni dell’insolubile le diverseepoche storiche, se bene ascoltate, ci sanno ancora parlare.

Loris SturleseUniversità del Salento

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Introduzione

« Questo libro contiene almeno un errore », se questa asser-zione fosse vera, nello sviluppo del testo ci dovrebbe esserealmeno un enunciato falso; ma se invece così non fosse? Alloraquanto affermato sarebbe comunque vero, perché l’errore sa-rebbe rappresentato dalla stesso enunciato di cui sopra. Quindistando così le cose se l’affermazione iniziale risulterà esserefalsa (questa è la mia credenza, altrimenti non comincerei nem-meno a scrivere), allora sarà vera. Ecco quindi innescarsi ilmeccanismo che per ora definiremo in maniera generica del-l’autoreferenzialità ed affacciarsi in tutta la sua importanza unodei concetti logico–filosofici più intriganti: la verità, che comeevidenziato da un noto logico italiano « . . . si illude di essereassoluta, pur essendo soltanto (un anagramma di) relativa ».

Il quadro generale di riferimento della ricerca riguarda l’ana-lisi delle soluzioni medievali ai cosiddetti insolubilia (definiti co-me proposizioni autoreferenziali che discendono direttamentedalla tradizione del paradosso del mentitore) e la commistione traqueste soluzioni e le teorie note come proprietates terminorum,che analizzano le proprietà dei termini (parole o espressioni) ele differenti funzioni (officia) che questi svolgono all’interno diuna proposizione. Questa commistione risulta essere dal puntodi vista storico–critico di notevole importanza dato che si appro-da ad una discussione originale ed indipendente sugli insolubiliaesclusivamente all’interno di quella che è stata definita logicamodernorum. L’arco di tempo coperto da questa fase di studi

. Viene qui ripreso il famoso “paradosso della prefazione” introdotto da Ma-kinson, a tal riguardo Cfr. D. C. M, Paradox of Preface, in « Analysis », XXV(), pp. –.

. P. O, C’era una volta il paradosso, Torino, Einaudi, , p. XIV.

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Introduzione

va dall’inizio del XII secolo alla fine del XV secolo; durantetutto questo periodo il contributo innovativo dei logici medie-vali è rappresentato principalmente dall’analisi delle proprietatesterminorum, portando così a compimento un atteggiamentoculturale che culminava nel nominalismo e che quindi con-tribuì al formarsi, in ambito scientifico, di una forma–mentisdichiaratamente speculativa. Proprio il porre in evidenza que-sti riferimenti ad un quadro storico più ampio della singoladisciplina modernamente intesa (logica), rappresenta uno degliobiettivi originali della ricerca.

Nel presentare la nascita e lo sviluppo della tradizione degliInsolubilia ci si è trovati di fronte ad una scelta metodologi-ca che ha determinato anche la preferenza degli argomentida analizzare. Da una parte si è proceduto allo studio pret-tamente filologico dei testi di logica medievale disponibili,cercando di ricostruire la teoria nella sua originalità; dall’altrasi sono privilegiati quegli argomenti che attraverso i modelliesplicativi della logica moderna hanno potuto ottenere delleprecisazioni.

Nel far questo, però ci si è resi conto dei pericoli di questidue modi di agire:

a) privilegiando lo studio filologico, si può ridurre la tradi-zione di studi sugli enunciati insolubili ad una teoria ap-parentemente sterile basata su una propria terminologiaspecifica e sul relativo excursus storico;

b) privilegiando lo studio attraverso i modelli logico–mate-

. Il riferimento è alla tesi contenuta nel testo di E. G, Physical Science inthe Middle Ages, New York, Wiley, . Tale tesi trovo plausibile dato che:

) l’analisi della funzione (più sintattica che semantica) dei singoli terminiall’interno di un enunciato si avvicina più ad una prospettiva nominalista;

) soprattutto nella fase più matura (XIV sec.) la maggior parte dei logici cercavadi analizzare queste questioni privilegiando un approccio meno legato all’aspettoempirico e quindi più speculativo; ne sono un esempio il tentativo di formalizzarele dispute attraverso la teoria delle obligationes, oppure la teoria delle consequentiaeche cerca di verificare quando una argomentazione può essere valida o meno aprescindere dal significato dei termini componenti.

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Introduzione

matici si può cadere in forzature interpretative e in unamodernizzazione dei problemi in oggetto.

Per quanto riguarda la necessità di uno studio filologicodei testi in questione è evidente che questo approccio è tantopiù proficuo quanto più si riesce, attraverso la storia della teo-ria, a esplicitare gli intendimenti e le soluzioni caratterizzanti,cercando di non fare una semplice descrizione delle posizioniparticolari dei vari autori. Sulla necessità dell’impiego di model-li logico–matematici per ricostruire il senso di alcune questioniinterne alla tradizione degli Insolubilia, ci si è posti il proble-ma di quali limiti adottare senza violare il senso della teoria.È evidente che l’approccio filologico presenta meno rischi difraintendimento rispetto al secondo, sul quale invece posso-no essere utili alcune considerazioni. Le prime interpretazionidella logica medievale alla luce della logica moderna hannocommesso l’errore di basarsi su una presunta continuità traqueste due, dando luogo alla ricerca di precursori o anticipatoridi problemi attuali; questo approccio è stato particolarmenteimportante sul piano storiografico, infatti ha contribuito a tenerpresente l’importanza di alcune costruzioni logiche del passato,rivalutando la natura e la profondità dei risultati e riscoprendoalcuni settori trascurati. Se però è possibile parlare di una logi-ca unica, di una linea continua tra passato e presente, questoriguarda esclusivamente l’omogeneità dei problemi affrontati,degli obiettivi di fondo, e solo occasionalmente o in determi-nati contesti, delle soluzioni proposte. Deve essere pertantoevidenziata la diversità della forma delle due logiche, diversitàdovuta soprattutto a due cause tra loro correlate:

a) i logici medievali non possiedono ovviamente gli stru-menti propri del linguaggio matematico, pur tentando,come nel caso dei calculatores, di arrivare ad un altogrado di precisione formale del linguaggio;

b) i logici medievali impiegano una lingua naturale, pur seal massimo grado di tecnicizzazione (il latino scientifico),

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Introduzione

che pone problemi non solo di carattere semantico maanche sintattico.

Questo se da un lato impone una certa prudenza nell’analiz-zare le soluzioni medievali con gli strumenti della logica moder-na, dall’altro non può far rinunciare ad applicare le modernetecniche logiche. L’importanza delle tecniche di soluzione de-gli enunciati insolubili (e questo vale anche per diverse teorielogiche e filosofiche medievali), non sta tanto nel riuscire a dareuna soluzione soddisfacente o meno dei problemi affrontati,quanto piuttosto nell’aver rivelato questi problemi che sarannosuccessivamente affrontati in modo analitico solo a partire dailavori di C.S. Pierce.

Alcuni anni fa nell’introduzione alla propria antologia sulparadosso del mentitore in epoca medievale, Lorenzo Pozzisi chiedeva retoricamente come mai in una famosa raccolta disaggi sulla verità ed il paradosso del mentitore, curata da R.L.Martin a metà degli anni ’, pur essendoci esempi e spuntidi soluzione già presenti in epoca medievale, si citasse unica-mente un esempio di Buridano. Si chiedeva inoltre se questoatteggiamento teorico fosse frutto di una convinzione internaalla logica moderna di considerare gli sviluppi storici di questadisciplina come regolati da un principio (quasi evoluzionistico)secondo cui le soluzioni medievali erano sempre superate dallesoluzioni contemporanee. Eppure per uno storico del pensieromedievale quale egli era, le soluzioni dei maestri medievali po-tevano invece avere un preciso valore teorico oltreché storicoed una loro peculiare caratteristica a volte anche non ricondu-cibile alle odierne soluzioni. Questo spunto critico è stato poiutilizzato (indipendentemente anche dalle critiche di Pozzi) daaltri autori che si sono pronunciati sull’argomento, e così manmano gli studi medievali sul paradosso del mentitore hannoattirato l’attenzione di un cospicuo numero di logici, interessatinon solo al confronto con le soluzioni moderne, ma anche aidiversi modi in cui il paradosso era presentato. Questo interesseha prodotto anche dei risultati concreti come il notevole Unity,