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Collaboratorio Reggio Esiti fase di co-progettazione

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Collaboratorio Reggio

Esiti fase di co-progettazione

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Obiettivi e metodo

Obiettivi

La comunità coinvolta nella fase di ascolto è stata invitata a un momento di progettazione collaborativa o co-progettazione, che si è tenuto l’8 e il 9 novembre presso il centro Loris Malaguti di Reggio Emilia. Due giornate in cui partire dalle istanze e dalle proposte emerse dalle fasi precedenti del percorso (call online e 4 workshop tematici) per elaborare proposte e soluzioni sperimentali per il Laboratorio Aperto dei Chiostri di San Pietro.

In particolare, i 93 partecipanti sono stati invitati a:- scegliere i temi progettuali su cui impostare la prototipazione;- fare emergere i bisogni a partire dai quali innovare i servizi alla persona;- ragionare insieme sulle sfide da cogliere per soddisfare questi bisogni;- condividere il percorso di prototipazione.

Metodo

Il metodo seguito in ciascuna delle due giornate è stato lo stesso e prevedeva:- un lavoro a coppie, a gruppi tematici, restituzioni in plenaria;- ciascun tavolo tematico ha fatto emergere i target per i quali si intende co-progettare; - sono stati definiti in maniera condivisa l’approccio e il taglio che si intende dare alla progettazione, le “dimensioni” della progettazione, ossia le variabili metodologiche da applicare ai temi per andare incontro ai target e ai loro bisogni; - per ultimo sono state dettagliate le sfide da cogliere, che hanno consentito di impostare la prototipazione nei prossimi mesi.

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Prototipi e linee guida

Ogni tavolo ha lavorato su un possibile prototipo ed affrontato diverse dimensioni progettuali da applicare a quel prototipo. In particolare, ai partecipanti è stato chiesto di lavorare su quattro prototipi, individuati a partire dalle istanze emerse nella fase precedente di ascolto del Collaboratorio:- costruire un’impresa culturale e creativa, che possa rappresentare uno spunto per disegnare la morfologia e la governance del futuro gestore dei Chiostri; - generare una cooperativa di comunità, come possibile strumento per dare vita a un partenariato pubblico-privato-comunità che, facendo uso delle nuove tecnologie, generi una forma iinovativa di welfare di comunità in ambito urbano; - infrastrutturare un osservatorio sulla misurazione degli impatti ambientali, sociali, economici e culturali e sul monitoraggio dell’integrazione dei servizi alla persona con la comunità; - creare una pedagogia urbana, ossia estendere il “Reggio Approach” alla città per diffondere una cultura della collaborazione e del cooperativismo a livello urbano, ai comportamenti quotidiani, al modo di stare nella città e di interpretare attraverso sperimentazioni educative, lo scambio di competenze, come base per l’animazione del Laboratorio e suo obiettivo costante.

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Sono state date anche alcune linee guida, degli obiettivi e indirizzi di lavoro che ciascun prototipo doveva darsi:- il raccordo e il coordinamento con la Pubblica Amministrazione e le politiche pubbliche esistenti (per esempio, la programmazione dei servizi a rete, il regolamento sugli accordi di cittadinanza, la pianificazione urbanistica, il piano urbano della mobilità, ecc.);- l’ibridazione di funzioni e pubblici, ossia le modalità per creare una coesistenza tra le 5 comunità diverse presenti nel Laboratorio; - l’inclusione, in un duplice senso: a) il Laboratorio deve porsi come obiettivo quello di affrontare nella sua azione i nodi di giustizia sociale, quindi le disuguaglianze esistenti nella città, per garantire a tutti il diritto alla città, ossia il diritto di accesso a diritti fondamentali di vecchia e nuova generazione; b) il Laboratorio deve escogitare modi per coinvolgere coloro che generalmente non prendono parte a processi partecipativi, per esempio invertendo la logica e andando da chi non c’è perchè non può esserci (per motivi di lavoro, famiglia, salute, reddito, ecc.) e non viceversa, non attendendo che le persone si presentino alle porte del Laboratorio, bensì andando a scovare i talenti, così come i problemi della città lì dove essi sono;- la sostenibilità economica del prototipo e quindi del Laboratorio Aperto, e quindi ciascun prototipo come lo stesso Laboratorio deve darsi un modello di business, sociale, ibrido, coesivo, collaborativo; un approccio umano-centrico alle nuove tecnologie, anche questo declinabile in due sotto-dimensioni: a) gli applicativi digitali devono avere una funzione servente, strumentale rispetto agli obiettivi e non come obiettivo ultimo; b) esse devono essere disegnate dagli stessi utenti o in collaborazione con i medesimi.

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Di seguito una rappresentazione grafica della matrice che lega ambiti tematici del prototipo e linee guida.

impresa culturale

coop comunità

osservatorio

pedagogia urbanaDIMENSIONE

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Esiti

I risultati delle giornate di co-progettazione sono stati molto soddisfacenti. Da ogni tavolo di lavoro (impresa culturale e creativa, cooperativa di comunità, osservatorio sugli impatti, pedagogia urbana), sono emerse indicazioni interessanti e utili sugli “utenti” e i loro bisogni, le sfide legate al loro coinvolgimento, possibili soluzioni per rispondere alle necessità di raccordo con la PA, ibridazione, inclusione, sostenibilità economica e uso delle tecnologie.

I materiali hanno restituito una forte richiesta di scambio, di strumenti di collaborazione, di valorizzazione delle eccellenze della cittadinanza. I quattro tavoli di progetto hanno prodotto più di una sfida ciascuno: - il tavolo impresa culturale e creativa ha prodotto 5 sfide, che hanno affrontato temi di accessibilità, di networking, di governance per il Laboratorio Aperto; - il tavolo cooperative di comunità ha prodotto 7 sfide, focalizzate sulla messa a sistema dell’offerta su tematiche sociali e per la creazione di occasioni di pooling welfare; - il tavolo osservatorio sugli impatti ha prodotto 3 sfide, concentrate principalmente su una resa accessibile dei dati aperti;- I il tavolo pedagogia urbana ha prodotto 3 sfide, attorno all’opportunità di estendere il Reggio Approach allo scambio tra generazioni.

Abbiamo sintetizzato le sfide in quattro prototipi (uno per tavolo). Ciascun prototipo è un progetto sperimentale che vorremmo sviluppare nel dettaglio nei prossimi due mesi. Le azioni che condurremo per dare attuazione all’idea potranno variare da un’azione simbolica alla vera e propria implementazione del progetto oppure fermarsi a uno stadio preliminare, come quello di uno studio di fattibilità. Molto dipenderà dalla maturità delle idee e dall’impegno di tutte le parti coinvolte. Tutto il materiale prodotto o i risultati raggiunti diventeranno, comunque, spunto di riflessione e materiale determinante per la stesura delle linee guida che #CollaboratorioRE consegnerà a chi dovrà preparare i documenti rilevanti per la procedura di evidenza pubblica diretta a individuare la forma di gestione e/o il gestore del Laboratorio Aperto. L’obiettivo è di generare facendo - e quindi di anticipare sperimentando - la morfologia e la metodologia che il Laboratorio Aperto e/o il nuovo gestore assumerà.

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I Chiostri del Sapere

CosaIdeare uno spazio/area di produzione e formazione professionale che faccia leva su incroci e collisioni tra tecnologia, scienza, cultura, creatività in grado di fare accompagnamento nel mondo del lavoro per i giovani che vogliono inserirsi in questi comparti, nonché di favorire networking e scambi professionali tra freelance creativi o collaborativi digitali e tra questi e persone con fragilità (economiche, sociali, personali, ecc.).

ComeQuesto spazio/area (nella sua dimensione sia istituzionale sia digitale) deve aspirare a essere una PMI-piattaforma per la messa in rete delle opportunità ed energie già esistenti e distribuite nella comunità che si rivolge principalmente agli attori dell’industria e dell’economia locale, soprattutto di quella ad alta intensità tecnologica. Si tratta di costruire un’impresa culturale e creativa di comunità, che potrebbe offrire spunti per disegnare la stessa fisionomia e/o la governance del futuro gestore dei Chiostri. Il metodo di lavoro e il business model deve essere centrato sull’accesso aperto alla cultura e alla produzione digitale della conoscenza: a) formare nuove generazioni al lavoro nel settore cognitivo, culturale, creativo, incrementando nel contempo opportunità professionali ed economiche per gli attori esistenti; b) coinvolgere gli abitanti di Reggio e trasformarli in attori di un processo di sviluppo economico locale basato sul sapere e sulla cultura.

Perché L’obiettivo è creare nuovi posti di lavoro per le giovani generazioni nell’economia della conoscenza, abilitare il networking tra professionisti locali, favorire l’incontro tra domanda e offerta, attrarre investimenti locali, nazionali, europei e internazionali, creare un coordinamento fra gli attori locali interessati e generare eventualmente un circuito economico complementare, creare un’area di specializzazione connessa al cluster tecnologico-industriale di Reggio e, quindi, creare le condizioni abilitanti per generare startup ad alta tecnologia.

ChiChi vuole fare o sta già facendo della propria creatività e della ricerca avanzata un lavoro, organizzazioni culturali (anche in chiave di audience development), poli tecnologici, centri di ricerca universitari di Reggio potenzialmente interessati a fare leva su conoscenza e cultura aperta come strumento di ricerca e sviluppo a livello territoriale.

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Commons Club

CosaCreare un punto di riferimento e un luogo di intrattenimento (bar, caffè, ecc.) per ogni quartiere o distretto di Reggio Emilia. Uno spazio (anche già esistente) ibrido che divenga luogo di intreccio/coordinamento/vetrina di organizzazioni (pubbliche, private e del terzo settore, scuole, persone e associazioni) già attive sul territorio di riferimento. Un posto di incontro informale che faciliti l’inclusione e l’accessibilità di tutti e possa essere anche luogo per la gemmazione di nuovi spazi, servizi, imprese di comunità (i.e. mobilità, servizi di condominio, mediazione sociale, “soluzionario” per affrontare i problemi della vita quotidiana, ecc.).

ComeGenerare una forma di cooperazione di comunità in ciascun distretto, come possibile strumento per dare vita a un partenariato pubblico-privato-comunità, che facendo uso delle nuove tecnologie generi innovazione sociale e, quindi, una nuova forma di welfare di comunità in ambito urbano. Il prototipo deve essere adattabile a ciascun quartiere. Potrebbe assumere la fisionomia di un caffè/bar/club di comunità, nel contempo luogo di intrattenimento e aggregazione dei bisogni, un “hub dei sogni e dei bisogni”, con attività di facilitazione che mettano in relazione le persone con bisogni con quelle che hanno sogni, capacità, risposte.

PerchéIl prototipo deve facilitare la collaborazione e le relazioni tra organizzazioni e persone di un quartiere (ri)costruendo comunità. Esso deve, dunque, puntare sullo scambio di risorse per generare welfare di vicinato, agire da mediatore sociale, favorire il coordinamento dei servizi alla persona nel quartiere/distretto e con la pianificazione di livello urbano, contribuire alla creazione di un portale che affronta i temi della fragilità come la disabilità attraverso la quale generare un circuito di pooling economy centrato sui servizi alle fragilità e disabilità (per esempio, mobilità, servizi di condominio, sportello, ecc.).

ChiGli abitanti di ciascun quartiere e distretto, le organizzazioni del terzo settore attive sul territorio, le altre istituzioni pubbliche impegnate nel sociale, le imprese interessate a fare responsabilità di territorio.

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Laboratorio Urbano Data & Governance

CosaCreare, con il supporto di UniMore nel ruolo di coordinatore e facilitatore della collaborazione con altre Università nazionali e internazionali, un laboratorio per sostenere il Collaboratorio nella misurazione quali-quantitativa di impatti e nella produzione di dati sull’evoluzione della felicità pubblica e privata a Reggio Emilia. Tutto ciò con l’obiettivo di generare l’energia e il supporto cognitivo necessari a creare una piattaforma di dialogo tra imprese, società civile organizzata, comunità locali e mondo della ricerca per definire le traiettorie su cui investire nel futuro sia in termini di politiche pubbliche, sia per la creazione di nuove forme di impresa nei settori ad alto tasso di innovazione tecnologica e sociale. L’approccio non dovrebbe fermarsi alla analisi dei dati. Essa dovrebbe precedere la co-progettazione e la sperimentazione/prototipazione di nuove politiche e nuove imprese prima di generare nuovi modelli, seguendo l’approccio che si è scelto per generare il laboratorio aperto.

ComeIl Laboratorio dovrebbe essere concepito quasi come un “geeks cafè” universitario dove appassionati o depositari di dati, open data, big data, start-up, politiche pubbliche si ritrovino periodicamente per condividere e collaborare al fine di produrre conoscenza e infrastrutturare un osservatorio per: a) misurazione degli impatti ambientali, sociali, economici, culturali e democratico-istituzionali; b) monitoraggio dell’evoluzione dei bisogni e delle risposte delle persone e della comunità; c) punto di raccolta ed elaborazione dati sugli impatti al fine di rielaborare le politiche pubbliche e regolazioni locali; d) guida e supporto nell’erogazione efficace di contributi, investimenti territoriali, politiche di responsabilità sociale di territorio delle imprese; e) osservatorio dati aperti, aggiornamento dati, disseminazione di una cultura di scelte pubbliche e private evidence-based e/o data-driven.

PerchéSempre di più sta diventando chiaro che i territori che performano meglio sono quelli che partono dall’agglomerazione di dati e conoscenza e li utilizzano per guidare e coordinare le scelte pubbliche e private degli attori presenti sul territorio, connettendoli ai trend globali. Sempre di più le scelte pubbliche e private evidence-based e/o data-driven consentono alle città di essere punto di riferimento per altre città e territori interessati a costruire reti/coalizioni urbane orizzontali, transnazionali attorno a specifici cluster, vocazioni, specializzazioni. Solo la raccolta e l’analisi di dati può consentire di estrarre questi cluster, vocazioni, specializzazioni e renderle la base di un dialogo informato con altri territori.

ChiL’università di Modena e Reggio Emilia, studiosi e centri di ricerca di altre università nazionali e internazionali, imprenditori e aziende particolarmente attive nell’innovazione tecnologica e sociale, policymakers, cittadini, grandi produttori e gestori di dati.

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Scuola Urbana Aperta (SUA)

CosaScuola Urbana Aperta è un programma che - costruendo una rete di scuole, biblioteche e luoghi di grande afflusso (i.e. stadio, supermercati, ospedali, cinema, teatri, ecc.) - immagina due tipi di azioni educative urbane o di pedagogia urbana: a) situazioni, improvvisazioni, performance, anche artistiche, attraverso le quali generare consapevolezza attorno a comportamenti orientati alla cura e alla rigenerazione di beni comuni materiali e immateriali; b) forme di “apprendimento collaborativo e cooperativo”, peer-to-peer, trasversali alle generazioni e alle provenienze, per ispirare comportamenti orientati al paradigma della condivisione e della collaborazione.

ComeCreare un laboratorio di pedagogia urbana che, partendo dall’ascolto/contributo dei reggiani e dalla osservazione dei loro comportamenti nella città, concepisca e svolga le azioni di cui sopra per diffondere una cultura della collaborazione e del cooperativismo a livello urbano, responsabilizzare le persone nei comportamenti quotidiani e nel modo di stare nella e usare la città. Utilizzare sperimentazioni e performance educative e/o lo scambio di competenze come base per l’animazione e mobilitazione pro-collaborativa della città e farne obiettivo costante della SUA. Si deve trattare di un luogo dove viene assegnata pari dignità alle competenze di tutti, a prescindere da età e provenienze, uno sportello di ascolto delle famiglie per capire come concepire in maniera adattiva le azioni educative, un luogo di apprendimento reciproco p2p (anche tra stranieri, migranti, non reggiani). In altri termini, l’estensione del Reggio Approach alla città passa per la creazione di un luogo di apprendimento non tradizionale che, attraverso tecniche più o meno tradizionali (i.e. learning by doing, p2p and open source learning, performance learning), trasformi la città in una grande aula.

PerchéRicostruire senso civico, doveri civici, usi civici e consuetudini urbane per generare e rigenerare un’identità plurale, attuale, diversificata e diversificante della città di Reggio. Non si tratta di imporre o ripristinare un pre-definito comportamento, si vuole co-costruire, anche sulla base di tradizioni locali ma attualizzandole e arricchendole di diversità, un codice di comportamento condiviso dei reggiani di oggi, italiani o stranieri, per capire e spiegare che cosa significa stare o vivere insieme nella città di Reggio oggi o domani, nel ventunesimo secolo.

ChiChi fa educazione, soprattutto quella non formale, in città; artisti e creativi; chiunque ritenga di avere saperi e/o passioni da trasmettere; gestori di grandi spazi di afflusso collettivo come la Reggiana o il Sassuolo, ecc.