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  • Indice

    6 Architettura Razionale: progetto da compiereRenato Capozzi

    15 dopo lEpoca del movimento chiamato TendenzaIvano La Montagna

    23 Colloqui - Racconti di unesperienza di TendenzaIvano La Montagna

    24 Carlo Aymonino 38 Salvatore Bisogni52 Gianni Braghieri66 Antonio Monestiroli78 Valeria Pezza

    104 Uberto Siola126 Daniele Vitale

    142 Teoria e Progetto. Un nesso di reciproca necessitFederica Visconti

    150 Bibliografia 160 Indici

    Copyright 2008 CLEANvia Diodato Lioy 19, 80134 Napolitelefax [email protected]

    Tutti i diritti riservati vietata ogni riproduzione

    ISBN 978-88-8497-142-5

    EditingAnna Maria Cafiero Cosenza

    GraficaCostanzo Marciano

    Promosso dalla FondazioneInternazionale per gli Studi Superiori diArchitettura - [email protected]

  • 7to nel mettere in scena una collettivit consapevole. Oggi sempre di pi si assiste, comedenuncia Calvino6 ad una moltiplicazione incessante delle immagini, ad una perdita diforma () nella vita cui poter opporre solo unidea di letteratura (leggi architettura).Alle forme consuete, convenzionali, necessarie ed intelligibili che larchitettura e la citthanno sempre proposto si sono sostituite le in-formi ed auto-referenti figure7 della post-modernit8 o surmodernit9 che fanno perdere alle pure immagini accattivanti che sipropongono una qualsivoglia dignit di costruzione, sia sintattica, sia teoretica. Glioggetti alieni, privi di materialit pensati solo per la contingenza e per il transitorio, chepopolano le nostre citt sono determinati da una mera ragione mercantile10 e speculati-va che ha trasformato larchitettura e la sua potenziale carica icastica e comunicativa infacile veicolo di consenso etero-diretto e di rapido consumo e logoro. Anche le temati-che di questi anni sullecocompatibilit, lecosostenibilit, la provvisoriet, come pure unritorno ad un certo sociologismo pseudo-partecipativo, sono diventate spesso il prete-sto per la rinuncia a qualunque costruzione logica e materiale dellarchitettura, della citte del territorio. Per realizzare questa condizione attuale dellarchitettura progammatica-mente aperta11, debole12 e destrutturata si sono operate non poche indebite traspo-sizioni di riflessioni eteronome: dalla filosofia alla scienza (o tecnoscienza)13, dallecono-mia al marketing commerciale, con interessanti analogie con il professionalismo inge-nuo degli anni Settanta. Da questa condizione e dalle conseguenze disastrose sui desti-ni di tutti noi che essa fa intravedere muove la nostra necessit di recuperare i nessi14,le relazioni tra le cose: in una, la razionalit del nostro mestiere. Credo che questa neces-sit abbia a che vedere, come alcuni hanno proposto, con una complessiva condizio-ne generazionale15 e con la perdita progressiva ed irragionevole delle ragioni di fondo,dei princip e dei fondamenti. Qualcuno, seguace della cosiddetta estetica della con-statazione16, potrebbe opporre a tali tesi laccusa di conservatorismo o di inattualitaffermando che questa la nostra condizione, questa la nostra complessa17 societe che queste sono le forme complesse che meglio la rappresentano, per il semplice fat-to che sono pervasivamente simili a se stesse. Rispondiamo che la costruzione dellar-chitettura ha un fiato ben pi lungo18 dellattualit, della novit a tutti i costi e che lasemplice ri-flessione neutra e linconsapevole trasposizione del tempo presente nonsono altro che una rinuncia alla possibilit/necessit di esercitare uninterpretazione cri-tica e progressiva della realt e del suo inevitabile mutamento. Riguardo alla ineluttabilitdella moltiplicazione delle forme, sempre pi virtuali19, ir-razionali, individualiste, arbitrariee senza costrutto, determinate dalla sintonia con linfinita, smisurata densit e moltitudi-ne delle immagini pubblicitarie incessantemente prodotte dal nostro mondo globalizza-to, obiettiamo che ben altro la corrispondenza delle forme dellarchitettura e della cittcon la collettivit che le esprime. Il problema che, nella attuale condizione postmoder-na20 si semplicemente smarrita ogni idea di collettivit pensante o di cittadinanzaconsapevole e cosciente del proprio ruolo, sostituita da una sommatoria di individuali-smi che si ipostatizza in una massa plastica uniformata, facilmente orientabile e defor-mabile di consumatori determinati nei bisogni e nel pensiero da fatti esterni alla proprianatura sostanziale, da immagini attraenti riprodotte dai Media21 e dalla societ dellin-formazione22, da simulacri23 pi che da forme, paradigmi e tradizioni riconosciute e ri-conoscibili. Larchitettura di questi esordi di nuovo secolo, muovendo da unesasperataricerca espressiva e sperimentale, da una sorta di neo-organicismo mimetico delle for-

    Architettura Razionale: progetto da compiere

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    Architettura Razionale: progetto da compiere*

    Renato Capozzi

    Bisogna che si segua ci che universale, cio comune a tutti

    (concatenato); e solo la Ragione (lgos) comune; ma i pi

    vivono come se ciascuno avesse una sua mente privataEraclito, Frammenti del 1

    Il metodo necessario alla ricerca della veritDescartes, regle IV 2

    Perch un libro dal titolo Architettura Razionale3 > 1973_2008 >? Perch ragionareancora, dopo sette lustri, sulla Triennale di Milano del 1973, sulla figura di Aldo Rossi,sulla nostra disciplina? E soprattutto perch farlo oggi? Partirei dallultimo quesito, ossiadal vero movente di questa operazione e di questo sforzo. In realt questo libro nonvuole per nulla essere una commemorazione o unagiografia di quella stagione e dellafigura di Aldo Rossi, bens una testimonianza e una descrizione di quegli anni eroici del-larchitettura italiana: per con una chiara opzione di fondo sullo stato presente dellar-chitettura. Proprio da questo stato bisogna partire per spiegare perch, con il sostegnodella Fondazione Internazionale per gli Studi Superiori di Architettura presieduta da Uber-to Siola4 e lattenzione di Gianni Cosenza e della CLEAN che edita il volume, tre giovaniarchitetti, impegnati nel progetto e nella Scuola, certamente spinti da uninsolita edemod ansia di certezze pi che da un improponibile ritorno allordine, ma anchedalla necessit di riannodare i fili con la tradizione disciplinare ed i suoi fondamenti, inter-roghino i loro maestri delezione su quella stagione, sugli esiti che ha avuto e chesoprattutto pu ancora avere quel movimento razionale chiamato Tendenza5. Questoaccade per la semplice ragione che lattuale destino dellarchitettura sembra a noi tuttisempre pi oscuro nelle motivazioni, nel futuro e nel ruolo che questa antichissima disci-plina pu ancora avere per la costruzione della scena fissa della vita degli uomini. Lepseudo-teorie architettoniche di questi anni, o semplicemente il rifiuto o lassenza dellaloro costruzione, lansia dellinedito, la ricerca dellinforme, del liquido, del programmati-camente in-fondato hanno condotto noi ed altri a ri-cominciare a riflettere sulla necessitdi ritrovare dei fondamenti al nostro operare, di ri-conoscere la specificit della nostradisciplina, di re-cuperare a tutti i costi quel ruolo civile che larchitettura ha sempre avu-

  • 9ricerca della riproducibilit e della variazione del gi noto contro linvenzione ab nihilo34 edil riconoscimento di maestri vicini e lontani, che alcuni hanno definito come aspirazione alclassico35 o futuro del classico36. Per dirla con Queneau37: Il classico che scrive la sua tra-gedia osservando un certo numero di regole che conosce pi libero del poeta che scri-ve quello che gli passa per la mente ed schiavo di altre regole che ignora.Ma come raccontare quella vicenda senza cedere allagiografia o peggio al rammarico,alla nostalgica e melanconica apologia di quegli anni che, come i nostri, erano pieni dicontraddizioni, di equivoci e di tentennamenti38, ma forse proprio per questo cos poten-zialmente fertili? Ma soprattutto, come evitare quella equivoca degenerazione della cul-tura architettonica contemporanea che tende ad identificare la costruzione teorica conle varie, maledette, vite al limite39 e le nutrite biografie e poetiche personali di alcuniautori40? La scelta stata quella di individuare, in corpore viri, alcuni protagonisti di quel-la stagione e di quella Mostra e di ci che essa ha rappresentato in seguito in Italia, nelmondo41 e soprattutto nella Scuola. La scelta stata quella di interrogare, di incalzare inostri recenti maestri, non avendo timore e vergogna di riconoscerli come tali, per capi-re quali erano allora i presupposti di quel movimento e di quel modo di intendere larchi-tettura e la citt e soprattutto quali di quei presupposti fossero ancora utili per la costru-zione di un progetto collettivo e di una ipotesi rinnovata di tendenza, nel senso rogersia-no, di termine mediano tra coerenza e stile42. Coloro che hanno risposto al nostro invito,necessariamente escludente e parziale a fronte di molti altri personaggi non meno impor-tanti, sono stati: Aymonino, Bisogni, Braghieri, Monestiroli, Pezza, Siola e Vitale, che quiringraziamo per la disponibilit ed il tempo che hanno voluto dedicarci e soprattutto peraver raccolto questa sfida caricando noi tutti della responsabilit di questa impresa. Set-te protagonisti a vario titolo43 di quella stagione e di quella esperienza, sette architettiitaliani, sette docenti ordinari dellUniversit Italiana, sette interviste, sette colloqui diffe-renti nella forma, nella dimensione e nei caratteri ma molto meno nei contenuti e nellequestioni di fondo. In non pochi casi vi una evidente coincidenza di punti di vista diopzioni teoriche, di analisi sulla condizione attuale, una sostanziale unit pur nella inevi-tabile articolazione linguistica ed operativa. Non questa la sede, n vi lintenzione, didescrivere nel dettaglio i contenuti specifici dei vari colloqui effettuati a pi riprese da Iva-no La Montagna spesso in compagnia mia e di Federica Visconti: mi pare pi utile deli-neare una sorta di istruzioni per luso del libro nella speranza che possa essere condi-viso da molti altri nei presupposti ma anche negli esiti e nei possibili sviluppi. Non vuoleessere solo un libro di storia o peggio di cronaca, non vuole solo raccontare come sonoandati quei fatti o darne una mera interpretazione, non vuole soffermarsi sugli aspettiautobiografici o peggio aneddotici che pur evidentemente ci sono. Il libro vuole o vorreb-be proporsi, nella sua articolazione generale, come un contributo alla costruzione di uncomplessivo progetto stilistico, al rinnovamento della teoria della progettazione architet-tonica e alla definizione ancor pi precisa dello studio dei fatti urbani e della conoscen-za dellarchitettura della citt. Questo libro si propone, inoltre, di provare a definire e chia-rire alcune questioni centrali che allora si posero: la necessit di una costruzione teori-co-disciplinare condivisa44; il rapporto tra analisi e progetto o se si vuole tra architetturae citt; il rapporto con lideologia o se si vuole con la realt e la politica; la necessit e icaratteri di un possibile progetto collettivo. Al tempo stesso il libro tende costantementea proiettare quelle tematiche sulla condizione contemporanea verificandone la capacit

    Architettura Razionale: progetto da compiere

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    me della natura, si costruisce pregiudizialmente sul rifiuto di qualsivoglia riferimento teo-rico, di qualsivoglia capacit di mostrare il perch delle scelte, la ragione delle forme, laragione degli edifici, dalla scelta rovinosa di abbandonare lo studio e la costruzione con-divisa della citt puntando viceversa alla moltiplicazione di de-architetture pseudo-espressive che esibiscono solo la cifra autobiografica del proprio autore, la caratteristi-ca ricerca della sorpresa, dellinedito e dellammaliante che le confuse circonvoluzionidelle sue forme liquide24 e/o aggressive25 possono incessantemente riprodurre. Tutto ci dimenticando il monito di Jorge Luis Borges quando fa dire ad Averro: Lim-magine che un solo uomo pu formare non tocca nessuno26. Questa anti-architetturadel continuo e dellindifferenziato non consente alcuna possibilit di studio delle sueparti costitutive ed elementarizzabili per la ovvia circostanza che il tutto indifferenziatonon analizzabile e quindi diviene costitutivamente, nel suo essere privo di rapporti inter-ni e di misure27, in-conoscibile ed in-motivabile. da questa analisi amara dellarchitettura nichilista28 contemporanea che prende lemosse il nostro sforzo e la scelta di partire da un momento particolare e specifico dellavicenda architettonica italiana. Loccasione stata quella di una tesi di dottorato29 che siintendeva condurre sullarchitettura italiana del dopoguerra e che opportunamente ven-ne ri-orientata su uno specifico e nodale momento della sua complessa, a volte inestri-cabile, ed insolita vicenda30: la Triennale di Milano del 1973 appunto. A noi tutti parve cheinvece di occuparsi di unennesima, generica e forse impossibile storia dellarchitetturaitaliana, bisognasse concentrarsi su una singola e significativa questione, su un partico-lare fatto che avesse due caratteristiche principali: fosse circoscritto e documentabileattraverso fonti dirette ed indirette; fosse uno di quei nodi problematici dal quale si sonodeterminate le condizioni a seguire. La scelta cadde su quella Triennale non solo e nontanto perch fosse, da pi parti, riconosciuta come uno dei pi importanti contributi ita-liani alla costruzione del dibattito architettonico, ma anche e soprattutto perch riteneva-mo che i temi, le questioni di fondo, le ipotesi, i progetti, e le teorie che quella esperien-za conteneva, quei giacimenti ancora aperti di cui parla George Kubler31, fossero quan-to mai attuali e carichi di conseguenze ancora oggi. Quella esperienza, quel progetto uni-co, che come tutti sanno ruot attorno alla figura carismatica di Aldo Rossi e da questifu dominato, rappresent e rappresenta ancora uno dei pochi momenti di sintesi di unafeconda tradizione di pensiero sullarchitettura e sulla citt. Una sintesi che muove dal-larchitettura classica fino al Rinascimento (Alberti, Palladio), dagli architetti della Rivolu-zione (Boulle) ai maestri del Movimento Moderno (Loos, Mies, Le Corbusier, May, Hil-berseimer, Tessenow e Schmidt) ed contraddistinta da un costante atteggiamento ri-fondativo della disciplina, da una scelta razionale sulla costruzione dellarchitettura e del-la citt, dalla ricerca e dal riconoscimento dei princip essenziali, degli archetipi di riferi-mento e da un rinnovato interesse nello studio dei suoi specifici caratteri formali, dallanecessit di ri-costruire un corpus teorico32 cui riferirsi quale condizione necessaria peruna trasmissibilit del sapere, dalla ricerca continua e dalla riduzione a princip, a regoleconoscibili con la conseguente costruzione ed individuazione di un metodo33 enunciabi-le, descrivibile, intelligibile e verificabile nel progetto di architettura. In altre parole quelmomento, come tanti altri nel lungo e non transitorio spessore storico dellarchitettura, strettamente interno a quella ricerca e tensione verso lelementarit, la chiarezza, lade-guatezza delle forme, la selezione dei tipi, ladozione di riferimenti, di exempla e quindi la

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    solo sia possibile ma necessario, ineludibile, irrinunciabile. Questa necessit avvertita pervarie ragioni che provo ad elencare. Rinunciare ad una ipotesi di architettura razionale,ovvero di una architettura che sa dare spiegazione della sua costruzione e che si fonda sulriconoscimento di paradigmi e sulla selezione di forme adeguate, significa rinunciare allanecessit di un suo riconoscimento nel mondo48, significa limpossibilit di costruire unateoria, un insieme strutturato di tecniche specifiche e quindi rendere possibile una reale epositiva trasmissione del sapere, significa la rinuncia programmatica a ricercare nellarchi-tettura quei nessi, quelle rationes, quei rapporti reali e di senso che la raccordano indisso-lubilmente alla realt e alla vita delluomo, significa la rinuncia ad ogni autonomia delladisciplina. Tale rinuncia non solo apre il fianco a infondate intrusioni eteronome esterne ea snaturamenti indebiti - dalle arti figurative, agli avanguardismi49 di ogni tipo, ai sociologi-smi, alla mercificazione, al dominio della tecnica50 e della tecnologia rispetto alla specificaricerca delle forme necessarie - ma addirittura prelude alla sua possibile estinzione51 comenecessit specifica dellagire e del pensiero delluomo nel mondo. Negare lipotesi razio-nale sullarchitettura significa, in altri termini, affidandosi ad un incessante divenire dellarealt fenomenica52, rinunciare a riconoscere nella citt e nella storia un patrimonio di for-me e di insegnamenti che guidino e misurino il nostro operare consapevole nel nostrotempo, significa rinunciare alla necessit di comprendere larchitettura ed il suo farsi, le sueragioni essenziali e le sue immutabili regole per poi riprodurle e rinnovarle. Significa, infine,per dirla con Summerson, rinunciare al fine del classico ovvero alla ricerca di una rinno-vata armonia delle parti passibile di dimostrazione53. A questo punto, cosa vogliamointendere positivamente per architettura razionale? Sembra pi utile nel rispondere a que-sta domanda usare parole di altri, a partire dal saggio portante, Architettura e Ragione54,in cui Uberto Siola e Rosaldo Bonicalzi, anche l usando a sostegno le parole di Aldo Ros-si, scrivono: Laffermazione quindi di una prima discriminante fonda mentale: il ruolo cono-scitivo dellarchitettura, e pi in ge nerale dellarte (e la coincidenza quindi, in ultima istan-za, del momento analitico e momento progettuale nella coin cidenza degli obiettivi e deimomenti applicativi rispetto appunto al fine conoscitivo), pur nella singolarit delle espe -rienze, rappresenta quindi il segno pi preciso di una unit strutturale dei progetti presen-ti in Triennale, un se gno ben pi concreto delle inevitabili affinit linguistiche che si posso-no ritrovare. Lassunzione dellatteggiamento razionalista appare allora in tutta la sua evi-denza come momento specifico di scelta. Citando Rossi: Un discorso rigoroso sulla pro-gettazione architettonica deve basarsi su dei fondamenti logici. Ed questo, nella sua for-ma pi generale, latteggiamento razionalista rispet to allarchitettura ed alla sua costruzio-ne: credere nella possibilit di un insegnamento che tutto compreso in un sistema e doveil mondo delle forme tanto logico e pre cisato quanto ogni altro aspetto del fatto architet-tonico e considerare questo come significato trasmissibile dellarchi tettura come di ognialtra forma di pensiero55.Ed ancora, Salvatore Bisogni, nel medesimo numero di Controspazio del 1973 dedi-cato alla T15 affermava: [] larchitettura si propone come un fatto notevolmente defi-nibile e razionale ed in quanto tale conoscibile, trasmissibile e perci tale da esserecostruita mediante un preciso campo di analisi: la citt, le sue forme, la sua storia;assunta questultima come materia stessa dellarchitettura []56 e poi in altri colloqui hapi volte sottolineato che Larchitettura razionale quellarchitettura che espone conchiarezza la sua costituzione, mostrando non solo le scelte costitutivo-stilistiche, ma

    Architettura Razionale: progetto da compiere

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    interpretativa e strumentale per la costruzione di una opzione razionale condivisa sulladisciplina. Tutte le interviste, differenti nella dimensione, nello stile e nellarticolazione,sono accomunate da alcune costanti, da alcune permanenze, che ne legittimano unin-terpretazione unitaria e complementare. Nel loro complesso i colloqui si configurano, da un lato, certo come dei racconti, delle sto-rie personali; dallaltro, come lezioni magistrali sul mestiere, ma anche lezioni di teoria nelsenso pi puro del termine45, come parti di un ragionamento unitario che allora si avvi conforza dirompente e che, a nostro parere, aspetta solo di essere rilanciato, precisato, forsein alcune parti emendato, ma sostanzialmente continuato ed approfondito. Nelle varie con-versazioni ritorna ed aleggia la figura di Aldo Rossi46 ed il suo insostituibile ruolo di guidadi quel movimento che in pochi anni a partire dallUniversit domin in maniera del tuttoorganica, in senso gramsciano, la cultura architettonica italiana ed internazionale dellaseconda met del Novecento. A partire dagli scritti di Rossi sotto lgida e con la fiduciadi Ernesto Nathan Rogers sulle pagine di Casabella, dai Quaderni dei corsi di Caratteridistributivi degli edifici (1964-65-66), alla raccolta di saggi coordinata da GiuseppeSamon nel libro Teoria della progettazione architettonica47, con il saggio Architettura peri musei (1966-68), a Larchitettura della citt (1966) con la sua enorme diffusione e influen-za, e poi nellIntroduzione a Boulle (1967), agli Scritti scelti sullarchitettura e sulla citt(1975), sino allAutobiografia scientifica (1982) e a quegli scritti da egli ispirati o condivisicome La costruzione logica dellarchitettura (1967) di Giorgio Grassi e Larchitettura dellarealt (1977) di Antonio Monestiroli, quel movimento fece uno sforzo rifondativo che oggisembra incredibile nella sua portata scientifica e nel suo valore complessivo ampiamentericonosciuto come uno dei fondamentali contributi alla cultura architettonica internaziona-le. Quella storia come sappiamo andata avanti nel bene e nel male con altri scritti, conaltri studi, con altre ricerche e soprattutto con altri progetti che hanno approfondito e rive-lato con chiarezza alcune questioni e tematiche che allora erano contenute in nuce, maallo stesso tempo vi sono stati anche parecchi tradimenti, travisamenti e banalizzazioni diquelle fondamentali lezioni. per queste ragioni che ogni colloquio si conclude con unadomanda apparentemente banale: Se un Rossi analogo, le chiedesse una o pi opere peruna mostra analoga, quale/i opera/e le piacerebbe esporre? Lintento di questo quesitonon quello semplicemente di provare a verificare nei progetti la consistenza con le opzio-ni teoriche di fondo, o quello di raccogliere materiale iconografico che possa completarelapparato discorsivo, ma quello di porre di nuovo e sempre, come viene chiarito nel sag-gio conclusivo da Federica Visconti, al centro del nostro interesse scientifico la ri-flessionesulle Opere, sui progetti attraverso la loro continua osservazione critica e la loro capacitdi sostanziare ed allo stesso tempo di nutrire, tra-durre ed a volte tra-dire la Teoria per rin-novare la costruzione di un metodo e realizzare la necessit conoscitiva del mondo e del-la realt che ci circonda che il nostro mestiere continuamente si pone e ci impone. Tuttoquesto allora fu possibile, come si detto, pur tra mille contraddizioni e difficolt, in buo-na parte grazie alla figura ed allo spessore di Aldo Rossi, non ingenuo, esaltato quantosi vuole, ma pur sempre razionalista. Ma oggi sarebbe ancora possibile senza quella gui-da? Noi speriamo ovviamente di s e con questo lavoro confidiamo di andare in quella dire-zione e contribuire per parte nostra a quel progetto, provando a rinnovare quella tensioneideale e quelle conquiste di lunga durata. Ma ancora possibile, tornando al primo inter-rogativo di questo scritto, pensare ad una architettura razionale oggi? Riteniamo che non

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    citazione Io per sono deformato dai nessi con tutto ci che qui mi circonda. Come un mollusco abita il suo guscio,cos dimoravo nel diciannovesimo secolo il quale ora mi sta davanti come un guscio disabitato. Lo accosto allorec-chio... di W. Benjamin, in Id., Il dramma del barocco tedesco (prima ed. 1928), Einaudi, Torino 1999.15. Si vedano gli atti del convegno promosso da F. Purini a Roma, Generazioni e progetti culturali, in F. Purini, D. Nen-cini (a cura di), Generazioni e progetti culturali, Atti della giornata di studio, Gangemi, Roma 2007.16. vero, ci serve unarchitettura che interroghi la realt come Betsky afferma, ma aggiungo io, che sappia, attra-verso alla risoluzione che essa propone, assumere anche una distanza critica da essa, cio proporre un nuovo possibi-le. E per far questo non vanno proprio incoraggiate quelle visioni effimere che quasi sempre non sono affatto oggi pro-ve tangibili di un mondo migliore ma consolazioni puramente seduttive attorno allo stato delle cose e riduzione dellepratiche delle arti a pura comunicazione, da V. Gregotti, articolo cit., la Repubblica, 15 settembre 2008.17. Si vedano I. Prigogine, Perch non pu esserci un paradigma di complessit, in G. Bocchi, M. Ceruti, La sfida del-la complessit, Feltrinelli, Milano 1985, et I. Prigogine, G. Nicolis, op.cit., Einaudi, Torino 1991.18. Ibidem, V. Gregotti, cit., la Repubblica, 15 settembre 2008.19. Cfr. T. Maldonado, Reale e Virtuale, Feltrinelli, Milano 1992.20. Si vedano in generale G. Chiurazzi, op.cit., Milano 2002, ed in particolare J.F. Lyotard, La condition Postmoderne,Minuit, Paris 1979, trad. it. La condizione postmoderna. Rapporto sul sapere, (trad. it. di C. Formenti), Feltrinelli, Milano1985, ed in contrasto J. Habermas, Der philosophische Diskurs der Moderne. Zwlf Vorlesungen, Suhrkamp Verlag,Frankfurt am Main 1985; (ed. it., Il discorso filosofico della modernit, Laterza, Bari 1982); F. Jameson, Postmodern, orthe Cultural Logic of Capitalism, in New Left Review, n. 146, luglio agosto 1984, (ed. it. a cura di S. Velotti, Il postmo-derno e la logica culturale del tardo capitalismo), Garzanti, Milano 1989).21. J. Sinclair, Images incorporated: advertising as industry and ideology, Croom Helm, London 1987, (ed. it., La societdellimmagine, FrancoAngeli, Milano 1991). 22. Si noti la non casuale analogia e sovrapponibilit etimologica tra i termini in-formazione ed in-forme; cfr. F. Fimiani,Forme informi. Studi di Poetiche del visuale, Il Melangolo, Genova 2006 et, ivi, P. Valry, Degas Danse Dessin(1933), in Id., uvres, Gallimard, Paris 1960, p. 1194.23. Cfr. J. Baudrillard, Simulacres et simulation (1981), Galile, Mayenne 1991.24. Cfr. Z. Bauman, Modernit liquida, Laterza, Roma-Bari 2002; L. Prestinenza Puglisi, Hyperarchitettura, testo&imma-gine, Torino 1999, et H. Ibelings, Supermodernismo, Castelvecchi, Roma 2001.25. Si veda la raccolta di saggi di C. Mart Ars, Silenzi eloquenti. Borges, Mies van der Rohe, Ozu, Rothko, Oteiza, Chri-stian Marinotti Editore, Milano 2002.26. J.L. Borges, La ricerca di Averro, in LAleph, in Id., Tutte le opere, Buenos Aires 1960, trad. it., Mondadori, Milano1984, p. 844, citato in C. Mart Ars, op.cit., p. 23.27. Sulla commensurazione Platone afferma: Che due cose si compongano bene da sole, prescindendo da una ter-za, in maniera bella, non possibile. Infatti, deve esserci in mezzo un legame che coniuga luna con laltra. E il pi bel-lo di tutti i legami quello che di se stesso e delle cose legate fa una cosa sola in grado supremo Platone, Timeo, 31c;ed analogamente Aristotele: Principio quel che di necessit non deve essere dopo altro () Ci che bello, sia unafigura sia ogni altra cosa costituita di parti, deve avere non soltanto queste parti ordinate al loro posto, ma anche unagrandezza che non sia casuale; il bello, infatti, sta nella grandezza (misura) e nellordinata disposizione delle parti ()Aristotele, La Poetica, 1450b (7), 26-27, 34-37. 28. Su nichilismo e architettura si vedano: M. Cacciari, Architecture and Nihilism: On the Philosophy of Modern Archi-tecture, Yale University Press, New Haven 1993; E. Severino, Tecnica e Architettura (a cura di R. Rizzi), Raffaello Corti-na, Milano 2003, et R. Rizzi, Il Damon di Architettura, Pitagora, Bologna 2006.29. I. La Montagna, 1973 - Aldo Rossi e la XV Triennale di Milano, tesi di dottorato in Storia dellArchitettura e della Citt,XVII ciclo, Dipartimento Storia e Restauro, Universit degli Studi di Napoli Federico II, anno 2007; relatore: prof. arch. B.Gravagnuolo; co-relatore: prof. arch. L. Di Mauro; co-relatore di area progettuale: prof. arch. R. Capozzi.30. Si vedano in tal senso, oltre al fondamentale testo di M. Tafuri, Storia dellarchitettura italiana, 1944-1985, Einaudi,Torino 1986 (ed. ampliata del saggio in Storia dellarte italiana. Il Novecento, Einaudi, Torino 1982) il video realizzato peril Padiglione Italiano alla Biennale di Venezia, da G. De Finis e M. Francocci, MODERNiTALIA, su testo di F. Purini ed inol-tre il catalogo Italia-y-26. Invito a Vema (a cura di F. Purini, N. Marzot, L. Sacchi), in particolare il D.A.I. Dizionario Archi-tettonico Italiano, voci: Memoria e Teorie (a cura di D. Nencini), Editrice Compositori, Bologna 2006. 31. G. Kubler, The Shape of Time: Remarks on the History of Things, Yale University Press, New Haven 1962 (ed. it.,La forma del tempo. La storia dellarte e la storia delle cose, Einaudi, Torino 1976).32. Si vedano V. Gregotti, Necessit della teoria, in Casabella, n. 494, 1983, p. 12, et A. Monestiroli, Necessit dellateoria, in AA.VV., Il progetto di architettura (a cura di P. Portoghesi, R. Scarano), Newton & Compton, Roma 1999. 33. Si veda, in tal senso, A. Monestiroli, Questioni di metodo, in Id., La metopa e il triglifo, Laterza, Roma-Bari 2002.34. Come afferma P. Valery: Lopera darte non una creazione una costruzione in cui lanalisi, il calcolo, la pianifica-zione svolgono il ruolo principale.35. Cfr. A. Monestiroli, Il classico come aspirazione, in La modernit del classico (a cura di R. Neri, P. Vigano), Marsilio,Venezia 2000 et G. Fusco, Il classico del moderno, Aion, Firenze 2007.36. Cfr. S. Settis, Futuro del classico, Einaudi, Torino 2004.

    Architettura Razionale: progetto da compiere

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    anche le ragioni della forma linguistico-espressiva [] Larchitettura razionale riesce atrovare e risolvere le difficolt del rapporto stile-linguaggio, riesce a trovare e raggiunge-re il senso ultimo degli edifici. Lo stesso Antonio Monestiroli in suoi vari scritti su questanecessit razionale57 e nellintervista che segue afferma che larchitettura deve averecaratteri di razionalit perch, altrimenti, il suo significato rimane nascosto. Queste edaltre definizioni e posizioni, contenute in quella esperienza e nei suoi sviluppi, sostanzia-no cosa si vuole qui intendere per architettura razionale, per architettura logica o, sesi vuole, per architettura fondata. In conclusione di questo saggio ed in apertura dei colloqui, si riporta uno scritto di Giu-lio Carlo Argan apparso su Metron, particolarmente attuale, anche con alcuni passag-gi critici ma chiaro ed esaustivo: forse il modo migliore per orientarsi nella lettura diquesto piccolo libro ancora una volta di Tendenza e ancora una volta alla ricerca di unoStile adeguato al nostro tempo.

    * Molte le possibili alternative per il titoli di questo saggio introduttivo: Architettura Razionale: progetto in corso / proget-to operante / ipotesi necessaria. Si infine scelto di riferirsi in maniera esplicita alle tesi del discorso tenuto da J. Haber-mas nel 1980 in occasione del conferimento del premio Adorno dal titolo appunto: Die Moderne. Ein unvollendetesProjekt (La modernit. Un progetto incompiuto), tradotto parzialmente in italiano con il titolo Moderno, postmoderno eneoconservatorismo, in Alfabeta, n. 22, 1981, pp. 15-17.

    1. Tratto da, Eraclito di Efeso, Frammenti, in H. Diels, W. Kranz, Die Fragmente der Vorsokratker, 3 vol., 1934-37, Ber-lino 1971, 22 B2 DK. Sul termine concatenato si veda G. Colli, La sapienza greca, vol. 3, Adelphi, Milano 1980, pp.30-31,180-188, 197.2. Tratto da R. Descartes, Discours de la mthode pour bien conduire sa raison et chercher la vrit dans les sciences,1637. Ringrazio Ilario Boniello per avermi segnalato questa regola aurea contenuta nel Discorso sul Metodo di Cartesio.3. Il riferimento evidente al titolo del libro-catalogo della XV triennale: E. Bonfanti, R. Bonicalzi, G. Braghieri, F. Raggi,A. Rossi, M. Scolari, D. Vitale (a cura di), Architettura Razionale, FrancoAngeli, Milano 1973.4. Si veda, in relazione ai temi di questo volume, U. Siola, Larchitettura della ragione a trentacinque anni dalla XV Trien-nale, in R. Capozzi e F. Visconti (a cura di), Fabio Reinhart. Architetture per la citt, ESI, Napoli 2007.5. Sul termine e sui caratteri di quel movimento si veda oltre alle interviste nel volume, il saggio di I. de Sol-Morales,Tendenza: neorazionalismo e figurazione, in Id., Decifrare larchitettura. Inscripciones del XX secolo (a cura di M.Bonino), Allemandi, Torino-Londra-Venezia 2001. Si veda inoltre il saggio di G. DAmato, Larchitettura del protoraziona-lismo, Laterza, Roma-Bari 1987, in cui si propone lafferenza della tendenza al codice-stile protorazionalista, individua-to per la prima volta da E. Persico e poi precisato da R. De Fusco.6. I. Calvino, Lezioni Americane, Garzanti, Milano 1988, ora Oscar Mondadori, Milano 2000, p. 67.7. Sullequivoco concetto di figura, oltre a numerosi editoriali di Phalaris, si vedano di F. Rella, Miti e figure del moder-no, Pratiche, Parma 1981, et Id., Pensare per figure, Fazi editore, Roma 2004.8. Si veda anche per i rimandi bibliografici specifici, G. Chiurazzi, Il Postmoderno, Bruno Mondadori, Milano 2002.9. M. Aug, Non-Lieux, introduction une anthropologie de la surmodernit, Le Seuil, Paris 1992; (ed. it. Nonluoghi.Introduzione a una antropologia della surmodernit, trad. it. di D. Rolland, Eluthera, Milano 2005).10. Si veda in tal senso larticolo sulla Biennale di Architettura 2008 di Venezia di V. Gregotti, Ma larchitettura non unarte ornamentale, pubblicato su Repubblica il 15 settembre 2008, in cui tra laltro si legge: [] noi siamo oggi nel-lepoca dellimpero del mercato, della finanza e dei consumi globali, siamo nel tempo della politica, del marketing e del-la pubblicit a cui una gran parte degli artisti, che confondono bizzarria e creativit, si adeguano, rispecchiando cosfedelmente lo stato e le volont dei poteri per i quali inoltre le proteste estetiche sono benvenuti ornamenti. Altro chemotivazioni proprie, il nostro problema di lottare per mezzo dellarchitettura contro tutto questo e contro il fatto chedopo i rispecchiamenti ideologici, ci che trionfa il rispecchiamento dei mercati; compreso il mercato degli architetti.11. Si veda U. Eco, La struttura assente, Bompiani, Milano 1968 et Id., Opera aperta, Bompiani, Milano 1962.12. Si vedano G. Vattimo e P.A. Rovatti (a cura di), Il pensiero debole, Feltrinelli, Milano, 1983, et G. Vattimo, La fine del-la modernit, Garzanti, Milano 1985. 13. Cfr. I. Prigogine, G. Nicolis, La complessit, Einaudi, Torino 1991; E. Morin, Introduction la Pense Complexe, ESF,1990 (trad. it. Introduzione al pensiero complesso, Sperling & Kupfer, Milano 1993), et Id. Science avec conscience,Fayard, Paris 1982 (trad. it. Scienza con coscienza, FrancoAngeli, Milano 1984). 14. Aldo Rossi, Gianni Braghieri e Franco Raggi aprono il film Ornamento e delitto presentato alla XV Triennale con la

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    dopo lEpoca del movimento chiamato TendenzaIvano La Montagna

    Le idee sono meno interessanti degli esseri umani che le inventano1

    Franois Truffaut

    Il contenuto delle interviste pubblicate in questo libro, stato per la prima voltaoggetto di discussione nel febbraio del 2007 come parte integrante della mia tesi didottorato2; pi precisamente, di quella stessa ricerca, linsieme dei colloqui costitui-va il quarto ed ultimo capitolo, significativamente intitolato Incontro con i protagoni-sti. Racconto di unesperienza di Tendenza3. Necessario dunque, per comprendere meglio finalit e contesto delle testimonian-ze raccolte, almeno un breve passaggio sul pi ampio ma specifico oggetto dellaspeculazione: Aldo Rossi e la XV Triennale di Milano; ovvero sulle ragioni che hannocondotto alla sua individuazione e sul metodo di studio adoperato.Tra le tante motivazioni che si possono rintracciare alla base di una ricerca (storicao progettuale che sia), le pi forti sono, probabilmente, quelle di carattere persona-le, autobiografico. Sono quelle motivazioni cio in grado di stabilire un profondolegame con la sfera emotiva e razionale della nostra stessa esistenza. Tanto pi questo corrisponde al vero, quanto pi ci si sente coinvolti, appassiona-ti al proprio lavoro; Boulle prima, Aldo Rossi come e dopo di lui, adoperavano iltermine esaltato. Ed sicuramente a quella passione o a quellesaltazione che possibile far risalirealcuni dei nostri irrinunciabili bisogni: il bisogno di confrontarsi con il pensiero e lo-pera dei maestri, il bisogno di sistemare e ordinare le esperienze e le riflessioni matu-rate in certo intervallo temporale, il bisogno infine di scavare e individuare le piprofonde ragioni del proprio mestiere soprattutto quando, alla fine di un difficile per-corso di formazione, ti si parano davanti poche e non di rado velenosissime prospet-tive - costruite tra laltro con grande forza, fondatezza e sottigliezza intellettuale.

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    37. Tratto da R. Queneau, Batons, chiffres et lettres, 1950, trad. it. di G. Bagiolo, pref. di I. Calvino, Segni, cifre e lette-re, Einaudi, Torino 1981, citato in I. Calvino, op.cit., Mondadori, Milano 2000, p. 134.38. Devo questa appropriata espressione al prof. Salvatore Bisogni.39. Cfr. G. Contessi, Vite al Limite. Giorgio Morandi, Aldo Rossi, Mark Rothko, Christian Marinotti Editore, Milano 2004.40. Si vuole qui criticare la conclusione della voce Teoria dellarchitettura di A. De Poli contenuta nella recente Enciclo-pedia dellArchitettura per i tipi Federico Motta nel 2008 e la coincidenza o riduzione, come in una certa critica darte,dei principia e degli exempla ai dati autobiografici dei singoli autori ed anche una certa moda di contro tendenza asostenere che il contributo teorico aldorossiano sarebbe da ricercare esclusivamente nellAutobiografia scientifica o neiQuaderni azzurri, e non nei suoi saggi a carattere progammaticamente scientifico.41. Alla mostra furono invitati oltre a numerosi giovani architetti italiani provenienti da varie citt del paese anche un nutri-to gruppo di stranieri da Stirling a Ungers sino ai Five Architects capeggiati da Eisenman. In tal senso si rileggano le suedichiarazioni in D. Lama, Eisenman: Architettura, il futuro dietro di noi, in Corriere del Mezzogiorno, sabato 18novembre 2006, citato di seguito a p. 21.42. Si veda il saggio di R. Bonicalzi e U. Siola, Architettura e Ragione, in Controspazio, n. 6, 1973, pp. 16-22.43. Gli intervistati sia per ragioni generazionali, sia per i rispettivi ruoli (alcuni gi docenti ed altri appena laureati), parte-ciparono tutti, se pur con rilievo differente, alla Mostra o al catalogo Architettura Razionale alla T15. In particolareAymonino (Roma) e Bisogni (Napoli) nella III sezione Proposte, progetti o realizzazioni di sistemazioni urbanistiche su cittcampione (secondo Rossi la prima parte concettuale della mostra); Siola con L. Pisciotti, Braghieri con R. Bonicalzi,Monestiroli con P. Rizzatto e A. Di Leo nella IV sezione Progetti su temi diversi elaborati da architetti o gruppi dilavoro/Maestri (secondo Rossi la seconda parte concettuale della mostra); Siola come caposcuola (Napoli), Monestiro-li, come relatore, Braghieri, Vitale, laureati e Pezza laureanda, con le loro tesi, sempre nella IV sezione Progetti su temidiversi/ Scuole darchitettura; Braghieri e Vitale con E. Bonfanti (solo catalogo), R. Bonicalzi, F. Raggi (solo allestimen-to), A. Rossi (responsabile) e M. Scolari alla elaborazione ordinamento, allestimento della mostra e catalogo; U. Siolacon R. Bonicalzi agli scritti successivi e ad essa correlati (supra in Controspazio, n. 6, 1973) ed Aymonino e Siola, conR. Krier, M. Scolari, Castro/Duval/Driss/Maggio, A. Rossi, J. Sawade, G. Grassi, L. Pisciotti, Semerani-Tamaro, V. Gre-gotti, Reinhardt/Reichlin/Helfenstein, J. Stirling, L. Krier, Aachen group, O.M. Ungers alla successiva mostra itineranteRational Architecture. The Architecture of the City (promossa dallArchitectural Association-London e da Art Net, a curadi L. Krier e con il contributo dellAmbasciata di Germania) che sanc a livello internazionale il riconoscimento e laffer-mazione di quel movimento. Si veda in tal senso la locandina della mostra in retrocopertina.44. Cfr. A. Monestiroli, op.cit., in AA.VV., Il progetto di architettura (a cura di P. Portoghesi, R. Scarano), Newton & Comp-ton, Roma 1999. 45. Qui si riferisce al significato originario di Theoria come osservazione e critica della realt al tempo stesso ideale efenomenica. 46. Sulla complessa figura di Aldo Rossi si vedano gli atti del recente convegno internazionale di Studi La lezione diAldo Rossi promosso dalla facolt di Architettura Aldo Rossi di Cesena dellAlma Mater Studiorum dellUniversit diBologna, in A. Trentin (a cura di), La lezione di Aldo Rossi, Bononia University Press, Bologna 2008.47. AA.VV., Teoria della progettazione architettonica, introduzione di G. Samon, Dedalo, Bari 1968, con scritti di G.Canella, M. Coppa, V. Gregotti, A. Rossi, A. Samon, G. Scimemi, L. Semerani, M. Tafuri.48. Si vedano in tal senso il colloquio con A. Monestiroli in questo volume, pp.66-75, ed il suo scritto: Lo stupore dellecose elementari, Baesi. Ogni uomo tutti gli uomini, Milano 2007.49. Ancor meno condivisibile appare poi nella mostra il richiamo al mondo immaginario dei film e dellarte (e aggiunge-rei della letteratura). Da essi credo la cultura dellarchitettura dovrebbe prendere le distanze, non per negarne i valoriimportantissimi per il progetto ma a causa dellinsistente ed artificiosa confusione tra le diverse pratiche (una specie diGesamtkunstwerk della multimedialit) che invece, proprio al fine di discutere utilmente, devono mantenere chiare leproprie identit da V. Gregotti, articolo cit., la Repubblica, 15 settembre 2008. Si veda inoltre, in tal senso P. Virilio,Larte dellaccecamento, Raffaello Cortina, Milano 2007.50. Si vedano, M. Heidegger, The Question Concerning Technology and Other Essays (a cura di W. Lovitt), Harper & Row,New York 1977; E. Severino, op.cit.; R. Rizzi, op.cit., et V. Gregotti, Architettura, Tecnica e Finalit, Laterza, Bari 2002.51. Si veda il recente saggio di V. Gregotti, Contro la fine dellarchitettura, Einaudi, Torino 2008, in aperta contrapposi-zione a F. La Cecla, Contro larchitettura, Bollati Boringhieri, Torino 2008.52. Si veda in tal senso lintroduzione di A. Monestiroli alla mostra-catalogo: M. Landsberger (a cura di), Architetti italia-ni a confronto, EDICIT, Foligno 2008, pp.6-7.53. Tratto da: J. Summerson, The Classical Language of Architecture, London 1963, trad. it. Id., Il linguaggio classicodellarchitettura. Dal Rinascimento ai maestri contemporanei, Einaudi, Torino 1970, p. 4. Devo il ricordo di questa cita-zione al prof. Gino Malacarne che la riprese in una sua recente lezione a Napoli.54. R. Bonicalzi e U. Siola, op.cit., in Controspazio, n. 6, 1973.55. A. Rossi, Architettura per i musei, in AA.VV., op.cit. (a cura di G. Samon), Dedalo, Bari 1968, p. 137.56. S. Bisogni, Discussione sulla Triennale, in Controspazio, n. 6, 1973, p. 89.57. Cfr. A. Monestiroli, Necessit della teoria, in AA.VV., op.cit., Newton & Compton, Roma 1999.

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    Si tratta forse di un fatto generazionalesaranno stati coinvolti i pi giovani.No! Per se hai detto che ci sono anche Gregotti e Canella allora non pu esserequesto il motivo. Una cosa certa(sorride) da un lato in quellelenco sono contento di non esserci,cos mi posso defilare da questa questione della Tendenza!

    Ah, guardi professore, questa non una novitognuno a suo modo, oggi qua-si tutti tentano di fare lo stesso!Anche se non ho presente il libro chiaro che si tratta di una di quelle operazioniintelligenti su cui si proietta nettamente lombra del grandissimo Giuseppe Samon. Era un trascinatore senza paragoni, era lui che ci coinvolgeva in queste lezioni qua-si senza tempo e senza luogo, nel senso che eravamo tutti presenti e cera unagrandissima partecipazione. Si ascoltava prima la lezioni di uno e poi di un altro epoi si andava nellaula a fianco a sentirne unaltra ancora - molti di questi fanno par-te di quellelenco - e poi se ne discuteva finch ce nera bisognouna cosa strepi-tosa. Samon era tutto. Era un filosofo che aveva fatto la Scuola di Palermo e poi quella di Venezia!A lui devo molto, e non solo dal punto di vista culturale. Non un segreto che alli-nizio della mia carriera ho attraversato delle difficolt. stato proprio grazie a lui chesono arrivato a Venezia! Lo incontrai alluscita di un cinema, lui mi si avvicin, mi diede un pizzicotto sullaguancia e mi disse Ti piacerebbe venire a Venezia?Puoi immaginarti lemozione che provai in quel momentouna cosada fare i salti!Dunque il libro esce nel 1966. Quellanno mi pare sia uscito anche il mio libro sulle origini e lo sviluppo della cittmoderna insieme a quello di Aldo Rossi Larchitettura della citt. Anzi il mio esce nel1965, il primo, che poi influenza e viene in un certo senso ripreso da Rossi.Nasce da una richiesta specifica di Critica marxista che mi chiese un intervento dianalisi marxista sullo sviluppo delle citt, per cui io feci questo piccolo saggio chepoi diventer il libro Origini e Sviluppo della citt moderna1; per nasce da l, da Cri-tica Marxista. Perch una lettura marxista, fatta da un architetto, sullorigine dei pro-blemi che caratterizzano lo sviluppo e le trasformazioni delle citt, non cera. Erauscito, molto importante, il libro di Samon2, ma non cera molto altro; cera quellibro fatto da Benevolo3, rispetto al quale poi

    Si crea un botta e risposta - attraverso le prefazioni - sullinterpretazione del rap-porto fra la politica e lurbanistica! Esatto! E quindi Origini e sviluppo della citt moderna, per quanto mi riguarda, puessere linizio di un percorso che poi si articola con i libri successiviquello di Ros-si e poi La citt di Padova. Anche quello un libro importantissimo dove siamo insie-me io e Aldoma anche tanti altri come Brusatin, Lovero, Fabbri.Ma in quegli anni per me stato fondamentale anche il progetto per Roma Est.Anche quello ha svolto un ruolo importante. Una di quelle cose che ti segnano persempre: tanto vero che durante il periodo dellAssessorato io me lo ricordavobene, e ho cercato di ricavarne moltissime indicazioni. Non avremmo, Panella e io,

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    La prima questione teorica e pu dirsi prima anche in senso cronologico. Nellibro Teoria della Progettazione stato da molti individuato il momento in cui lacosiddetta Tendenza si manifesta concretamente per la prima volta. GiuseppeSamon nellintroduzione al testo scriveva cos: La possibilit o meno di fondareuna teoria della progettazione architettonica dipende essenzialmente dalle convin-zioni culturali e filosofiche di chi si propone di trattare questo tema; e, pi partico-larmente, dal tipo di logica a cui egli fa riferimento nel definire il problema ontolo-gico.Lei professore daccordo con questa scelta interpretativa oppure preferisceindividuare come iniziale un altro momento, unaltra occasione, un altro ogget-to? A quellepoca, e negli anni immediatamente precedenti, lei stato prima profes-sore incaricato e poi vincitore di concorso per i Caratteri distribuitivi degli edifici- linsegnamento dove molti di voi, come mi ricordava Siola, si erano annidati -presso lo IUAV. Nellelenco degli autori del testo risalta lassenza del suo nome,cosa sta ad indicare? Come mai non ha partecipato a quel progetto? Devo confessare che non ricordo questo testoe questo vuol dire che sicuramen-te non uno di quei libri che ho consultato negli anni. Ma chi leditore?

    edito dalla Dedalo di Baricon scritti di Rossi, Gregotti, Tafuri, Semerani, Cop-pa, Canella,In ogni caso questa per me pu valere come risposta. Il fatto che io non labbia presente non significa nienteanzi, per i nomi che mi haielencato, mi sembra vada benissimo. Dunque, perch io non ci sono?

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    nellarena di Verona, costumi, luci, scene, un vero spettacolo strabiliante. E perch,in effetti, non mi mai capitato di parlarne criticamente certo, perch parlavamo ditutto, naturalmente. Non saprei dirti quale distanza c tra la mia proposta perRoma Est e La citt analoga di Rossi, perch, ripeto, non sono mai riuscito acomprenderla e a capirla bene. Perch La citt analoga mi dava fastidio! Era tutto un insieme risolto in qualchemodo - secondo la mia interpretazione - cio di fatto era un progetto totale. MentreRoma Est era un progetto per punti, era uninterpretazione dei diciotto punti cheho trattato nellAssessorato al Centro Storico di Roma (naturalmente non sono glistessi) e resta il fatto che ho sempre scelto di intervenire per parti risolutive e nonavevo, n mai lho avuta, lintenzione di intervenire sulla citt intera, probabilmenteperch non ne sono capace.Non sono capace di avere una visione totale della citt. La conosco naturalmente,lho studiata, ne ho scrittoe per non sono un progettista di una citt intera.

    Beh! Non posso nasconderle che sono abbastanza sorpreso della risposta, per-ch capovolge totalmente le mie previsioni e la mia interpretazione. Nel sensoche laddove in Rossi io ho visto e vedo una volont abbastanza netta di lavora-re sul frammento, inserendo pezzi nel tessuto urbano che poi, per forza e chia-rezza interna (che sono anche misura della loro monumentalit) sono capaci - allimite - di ricostituirsi in una ideale unit, appunto analogico-metafisica (pensoalla lezione di Palladio a Venezia e alla ricostruzione che ne fanno sia Rossi cheTafuri); in Aymonino autem ho sempre visto una volont progettuale pervasa dauno spirito pi concreto, pi fisico, romano nelle fondamenta, appunto unavolont di fondazione. A fronte di qualche anno in pi, meno disillusione. Rossi, aveva una visione di insieme e lavorava sul pezzo in quanto pezzo di archi-tettura, sulledificio in s che poi per sapeva e poteva benissimo mettere unoaccanto allaltro. La mia attenzione era rivolta alla scelta di quelle parti che per il lorovalore non tanto dimensionale quanto strategico erano capaci di relazionarsi ad unsistema pi ampio. Ma si tratta comunque di parti.Probabilmente linizio, ma proprio linizio - al quarto anno di Universit - fu Piacenti-ni che insegnava urbanistica facendo delle lezioni strepitose. Erano lezioni su Parigi,Berlino,Vienna ed erano tutte idee e immagini dove scoprivi quale era la struttura,scoprivi dove era lintenzione strutturale della citt. Voi lo sapete che Piacentini erail cugino di mio padre?

    S. Eh s. Lo scopro adesso dopo 64 anni! Per, in effetti, cominciato tutto da l. Damio zio. Che poi ho rifiutato perch sono diventato comunista. Lui andato pure damio padre a lamentarsi dicendogli: che vergogna, un figlio comunista!, cose chesuccedono, la vita!

    Dunque da l che parte quel discorso che poi confluisce nel progetto per Roma Est?Ma no, per carit! Insomma non c una relazione diretta con quel progetto, per vero che, me lo ricordo, quelle sue lezioni per me sono state molto importanti.

    mai potuto realizzarlo, chiaro, ma tutto lo studio e i ragionamenti che stavano allabase di quella proposta costituirono per noi e per Dardi, che chiamammo come col-laboratore, riferimenti essenziali! E in tutto questo mare magnum di fatti non ci scordiamo di Rogers. Rogers uno che ha condizionato tutto e tutti! Da Aldo Rossi a Guido Canella, ame, ma anche Gregotti, come no! e De Carlo. Anche De Carlo recalcitrandoinsomma Rogers ci ha influenzati tutti.

    Proprio non mi aspettavo di affrontare questo tema cos presto, ma visto che lhatirato in balloanticipo la domanda sui suoi lavori presenti alla mostra e in par-ticolare appunto su Roma Est.Sentiamo.

    Al centro della mostra si trova una grande tela intitolata La citt analoga4.Questa tela rappresenta una citt, attraverso una visione prospettica singolare,formata da architetture diverse riunite tra loro in ununica composizione. Il con-cetto di citt analoga, che ho formulato altrove come quello di un sistema com-positivo costituito dallinsieme di diversi fatti architettonici, qui mostrato al pub-blico in modo spettacolare. Esso indica anche il carattere positivo della cittcostruita dalluomo nel tempo e il valore dei monumenti come riferimento dellamemoria collettiva. Queste le parole di Aldo Rossi nella presentazione dellamostra per il catalogo ufficiale della Triennale 15. Alla mostra lei espone molti lavori. In uno stesso ambiente su due pareti contrap-poste da un lato c Roma Est (progetto di Carlo Aymonino, Costantino Dardi,Raffaele Panella: plastico, planimetria in bianco e nero, pannello in trasparenzadel PRG di Roma e disegni a colori) e dallaltro disegni e plastici di vari progettie concorsi: lUniversit degli studi di Cagliari, lUnit insediativa Monte Amiata,la Galleria dArte contemporanea a Milano, il Padiglione italiano allEsposizionedi Osaka, lUnit psichiatrica a Venezia-Murano, il Liceo scientifico di Pesaro, ilprogetto dellospedale a Venezia e il convento La Tourette di Le Corbusier. Analizzando i contenuti di quellevento mi sono reso conto che Roma Est quasi una mostra nella mostra, ma soprattutto rappresenta la pi chiara e corag-giosa materializzazione di quella citt analoga che Rossi, pur descrivendola edevocandola ripetutamente, non ha mai realizzato! Secondo lei cosa accomuna-va e cosa invece distingueva il vostro progetto per Roma Est dalla quella cittanaloga che il suo amico carissimo andava elaborando? Questa domanda difficile! Cerchiamo di arrivarci piano piano difficile perch La citt analoga di Rossi per me rimasta sempre una formula-zione indefinita, quasi un sogno che evocava e io non sono mai riuscito ad afferrar-la; tanto vero che gli mandavo delle cartoline in cui provavo a capire, con le qualicercavo di trovare o proporre spunti. Era una cosa tutta sua, e lui stesso, credo, larielaborava continuamente nella sua testa.

    Mi dicevadi queste cartoline spedite a Rossi. Erano cartoline sulla messa in scena dellAida, potete immaginare che cos lAida

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    stato mettere insieme due mondi no? E molti pensano che stia proprio in que-sto connubio la ricchezza di quellintervento. Da un lato le sue cose cariche digeometrie e di colori e dallaltra questo giovanotto con un edificio tutto bianco.S, s. Poi tutto ripetuto

    Appunto senza variazioni.Certo. Due cose assolutamente diverse.

    Dunque, riprendendo il filo della domanda, analizzato il problema della duplicedefinizione progetto unico e progetto collettivo in relazione agli obiettivi di unacerta Tendenza ci rimane in buona sostanza da capire se e in che termini - reali-stici? - oggi potrebbero riproporsi alcune di quelle scelte.No. Non c possibilit. Intanto perch larchitettura diventata unaltra cosa. Basta vedere Massimiliano Fuksas o Zaha Hadid.

    Alieni.Diversi. La prima stata Gae Aulenti, nessuno ha insegnato allUniversit!Noi, invece, ceravamo tutti quanti, avevamo le riviste, naturalmente larchitettura epoi i libri. Avevamo cio ununitariet di cultura che questi non hanno.Cerano tra noi delle differenze enormi che per erano unite dallunitariet della cul-tura, mentre questi attuali non hanno nulla che li unisca. Tra Fuksas e Zaha Hadidnon esiste relazione!

    Ma cosa implica questo? Pu implicare e indicare uno smarrimento anche dellestrutture e dei percorsi formativi? E infine, dove per noi sarebbe la cosa peggio-re, pu implicare e indicare anche lo smarrimento dei maestri?Certo, e infatti non a caso oggi ognuno corre per i fatti suoi. E corre il pi possibileper farsi notare. Ha iniziato Renzo Piano, diciamocelo francamente! Tra laltro conuna capacit di lavoro enorme, pazzesca (ride di gusto). Non lho ritagliata, ma sta-ta pubblicata una sua foto, nel suo studio, dove lui al centro di ottanta persone esembra proprio il vicer dellIndia quando lasci lIndia (ride ancora) e si fece foto-grafare con tutto il suo personale. Erano ottanta, quindi era proprio perfetta.E cos Renzo Piano. E il punto che quando hai ottanta persone non puoi seguirliogni giorno tutti e di conseguenza, per forza, qualcuno o ognuno inventa. GiustoNorman Foster, ma perch ingegnere, riuscito a lasciare il timbro su tutte o qua-si le sue opere. Negli altri casi ci sono forti variazioni, a seconda di chi elabora il pro-getto. Come Passarelli

    Questo riferimento a Passarelli mi fa pensare: Ma non - domando - che potreb-be riproporsi quella situazione alla quale si reag nel 1973? Vale a dire, a quel tipodi professionalismo invadente e destrutturate il sistema della cultura e della spe-culazione?No. completamente diversa. In effetti qui ci troviamo di fronte a degli architetti.Questi sono tutti architetti, compresa la Zaha Hadid, ma anche Fuksas, e le loroarchitetture si riconoscono.

    La seconda questione: il lavoro collettivo. Nella lettera apparsa su Controspa-zio (il n. 6 del 1973) intitolata Perch ho fatto la Mostra di Architettura Interna-zionale, Aldo Rossi punta lindice su questo aspetto. Nellintroduzione al testo lArchitettura Razionale, ancora scrive: Questo libro,come ogni progetto, si preoccupa soprattutto delle relazioni che si stabilisconotra i fatti; pensabile che queste relazioni rendano il materiale pi omogeneo nel-la prospettiva di costruire un unico progetto. Per la costruzione di questo proget-to abbiamo raccolto materiale concreto: progetti di architettura, scritti o disegna-ti, formulazioni, critiche etc.etc.... Rosaldo Bonicalzi e Uberto Siola nellarticoloArchitettura e Ragione (nello stesso numero di Controspazio) riportano une-spressione meno impegnativa, ma comunque inequivocabile, quella di proget-to collettivo. Coerenza, tendenza e stile - per dirla con Ernesto NathanRogers - che fine ha fatto il progetto stilistico? Come si sviluppato? E infine inche termini oggi potrebbe riproporsi una scelta di Tendenza?Io trovo che collettivo sia il termine sbagliato. Collettivo era un termine che si usavamolto negli anni Sessanta/Settanta. Era abusato. Non mi piace e tra laltro io non homai voluto adoperarlo proprio perch mi dava quella fastidiosa sensazione dellacosa fatta in comune, tutti insieme. Progetto unico invece va bene. Mi va bene per-ch significa che c una scelta del singolo, rimanda al fatto che ognuno fa la suascelta. Collettivo una cosa un po da Soviet, mentre unico mi va bene perch legato al concetto dellobiettivo, dellunico obiettivo. Unico certo, perch no?

    La posizione assunta su questo specifico aspetto terminologico importante perquei legami, sottintesi nella domanda, che si stabilirono nelle successive polemi-che su entrambe le definizioni. E cio, credo di non allontanarmi troppo dal verodicendo che nella sua risposta la scelta cos netta del termine unico insiemeallinterpretazione che ne ha fornito, coincida con il proposito di sgomberare ilcampo da qualsiasi equivoco di tipo linguistico.Certo! I linguaggi sono molto diversi. Sono diversissimi. Anche fra me e Aldo.Guarda il Gallaratese. Sono due cose assolutamente differenti.

    Qui la domanda vien fuori da sola: ma, al di l del colore, li c stata proprio car-ta bianca?S. (ride) Quando poi scoppi il caso internazionale del Gallaratese e mi invitaronodappertutto a tenere conferenze, naturalmente lultima domanda era quella. Si alza-va lo studente di turno e mi chiedeva: Scusi ma perch Aldo Rossi?Allora io rispondevo con una battuta, che per contiene sempre delle verit.Proiettavo limmagine e dicevo: Quando ho fatto il progetto nella parte finale cerarimasta questa stecca lunga circa 150 metri, larga 10 metri, alta tre piani, che nonsapevo come risolvere. Era totalmente fuori dal mio linguaggio! E siccome Aldo Rossinon aveva lavoro e poteva essere utilissimo a Milano per tutti i rapporti con il Comune- cos stato, ho ancora gli scritti, le lettere che lo testimoniano - gli diedi lincarico!

    Lamor sacro e lamor profano!(ride)

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    S,ma altri progetti, visti da fuori, almeno per me, sembrano molto tirati via, ecco.E questa rivalutazione di Aldo Rossi, nella sua interezza diciamo, mi pare non lab-bia mai fatta nessuno. Si dovrebbe fare pi attenzione sugli ultimi anni.

    Ne sono pienamente convinto! Da un certo punto in poi (credo gi dalla primamet degli anni Ottanta) sembra verificarsi uno spostamento dasse di Aldo Ros-si. Uno spostamento dasse che forse uno spostamento anche teorico?Non so se fosse teorico. Credo si tratti pi di un problema di indifferenza; e infatti,dal punto di vista teorico, in sostanza non ha pi prodotto niente.

    Non pi riuscito a fare, per esempio, neppure quella Citt Analoga, il libro cheda molti anni aveva in mente di organizzare e portare a termine (e forse propriodal 1973 pi concretamente).S!... Ma in particolare io mi riferisco proprio ai suoi ultimi dieci anni, al periodo dal1987 al 1997. Non ha prodotto nulla a livello teorico, perch era disperso! (lungapausa).Lo incontrai allaeroporto di Venezia, oppure a quello di Roma - questo non me loricordo - ma mi rimasta impressa la sua espressione e ci che mi disse, lui scen-deva da un aereo per risalire su un altro per andare chiss dove e mi disse: Carlo,non ce la faccio pi!

    Era stato risucchiato dal gigantesco ingranaggio dello star system?Eh s, questo anche perch, anzi proprio per come era fatto, per come Aldo eraarchitetto intendo, non poteva reggere a quel sistema.Di questi anni ci sono solo pochi progetti, e molto belli, ma molto belli in cui Rossi,diciamo cos, riemerge! Mentre, ma quello molto prima, lexploit Modena, il cimi-tero, quello linizio anche del successo.

    Beh! Anche quella del concorso per il Cimitero di Modena potrebbe essere unastoria a s. E anche l mi pare lei abbia qualche responsabilit! Assolutamente(ride) e non c che dire: sono stati dei bei pasticci.Io e Portoghesi.

    Dunque eravamo rimasti al non ignoriamo che eravamo tutti comunistiAh, s! Questo per dire che era un mondo con una forte coerenza internaPerchpoi facevamo capo anche a Bianchi Bandinelli, larcheologo,cio era un mondo dicomunisti con gli attributiche non ha niente a che vedere con quello attualecompreso Alicata che era un mostro. E a questo si aggiungevano dei riferimentiforti come Rogers che non era comunista, ma era di sinistra, proprio nella mente. Igiovani erano comunisti e il mondo in cui si muovevano era di sinistra, ma di unasinistra avanzata. Niente a che vedere con loggi.

    Ma rispetto alle polemichevoglio dire in fondo non vi si accusava tanto di esse-re comunisti, quanto di calare queste vostre scelte politiche nellarchitettura ecio di fare dellarchitettura ideologica.

    Mentre quelli degli anni Sessanta e Settanta erano pi anonimi?S, dipendeva molto da chi ci lavorava, ma oggi unaltra cosa; lunico oggi che cos mi pare proprio sia Renzo Piano. Mentre gli altri sono abbastanza riconoscibi-lianche se il loro Io basato sulla sorpresa. Altrimenti chi li chiamerebbe se nonfossero capaci di sorprendere continuamente? cambiato totalmente il mestiere. Insomma fra me, Aldo Rossi, Guido Canella equesti qua c

    C una voragine strutturale che riguarda anche la strutturazione del mondo dellavoro! Si potrebbe addirittura dire che tra di voi e loro c forse una distanzaanaloga a quella che matur fra lorganizzazione della bottega di tipo medievalee quella di tipo rinascimentale. Ovviamente senza voler stabilire in questomomento nessun altro tipo di corrispondenza.Eh s!

    Ma forse si sente pure la mancaza di figure, come lo stata quella di Aldo Ros-si, capaci di mettere insieme, di riunire molte teste a ragionare?S, certocertamente che importante. Per da quel punto di vista anche GuidoCanella ha fatto un gran lavoro. Con Zodiac stato bravissimo, ha fatto un lavoroformidabile, altroch, adesso tocca a voi, vi passo la fiamma!

    Ma deve essere bella forte viste le premesseOssidrica!Unaltra cosadevo confessare che non ho mai capito cosa fosse tendenza(ride)Sicuramente Braghieri la user moltissimo!

    Speriamo!...In merito alla tendenza che alla Mostra si intendeva manifestare, necessario un passaggio su quello che stato da molti definito come il pecca-to originale: la questione ideologica. Rossi dopo aspre polemiche taglia corto edice: per un cattivo progetto non esiste copertura ideologica; ma questo chesignifica? In che termini era posta allora la questione, o meglio in che senso veni-va percepita da maestri e allievi, al punto da scatenare una cos netta reazione? Non ignoriamo - perch oggi invece lo si ignora completamente - che noi eravamotutti comunisti. Non uno scherzo! Tutti! Nino Dardi, Aldo Rossi, io, Guido Canella,Vittorio Gregotti - tranne Gae Aulenti.

    Semerani era socialista!Eh sPolesello pure era comunista, ed anche Samon figlio. E questo fatto haprofondamente segnato tutti quanti! Secondo me - poi dopo torniamo sullargomento della tua domanda - sarebbe inve-ce interessante analizzare, e anchio non lho mai fatto, molto dettagliatamente gli ulti-mi anni di Aldo Rossi. Scoppia, diventa assolutamente internazionale e per poi, tran-ne tre o quattro esempi molto belli, compresi quelli di Berlino, e quellalbergo

    Forse si riferisce a quello di Tokyo, il Fukuoka?

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    Carlo Aymonino

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    importante, fertile, parafrasando Samon, nel passare dal processo costitutivodelle idee intorno ad un oggetto architettonico da realizzare alle immagini dise-gnate e alla forma visualizzata nello spazio?La miseria! Qui c tutto, larchitettura! C tutta larchitettura.Mamma miada dove cominciamo?Dunquecom quel passaggio fra analisi e progetto?Certo determinante! Ma anche qui torna quello che dicevamo prima e cio che lecose sono cambiate. cambiato tutto totalmente! Larchitettura adesso unaltracosaCon Uberto Siola abbiamo fatto questo(si alza e va a chiudere la finestra del suostudio, quella che si vede alla sua sinistra nella foto di apertura. Sul vetro dellanta -alle pareti non c pi spazio - c il disegno di progetto per un edificio a Secondi-gliano) che non bruttoe tutti subito a dire: il Colosseo, il Colosseo!. Va benechiamatelo come vi pare, per nel quadro generale diventeremo pi riconoscibiliMa allo stesso tempo siamo diversi, totalmente diversi!Questo molto importante analizzarlo e confermarlo, altrimenti diventa tutta unaarchitettura il pi stilisticamente differente e che non basta perch anche struttu-ralmente differente.

    Quanto detto per racconta pi delle differenze e del rapporto fra voi e loro.Oltre a questo mi interessa sapere anche, sul nodo analisi-progetto, quali era-no invece le differenze fra voi, se cerano naturalmente.E non posso non pensare, per esempio, anche alle energie profuse nelle mat-te e disperate campagne di rilievo che si sono condotte in quegli anni.Quelle erano delle stupidagginie quello fa parte di qualsiasi altra stupidaggineche uno pu fare nella vita, per

    Con questo lei scardina un pilastro del discorsodefinire una stupidaggine, unerroreNo, non un errore. Attenzione! una stupidaggine usarlo come unico sistema.Tutto tipologico, tipologico, tipologicoio ho fatto Caratteri distributivi, so bene checos la tipologia. Tuttavia questa diffusione, e anche nella superficialit, era dovutaal fatto che poi, tutto sommato, non si analizzava quasi nulla!Una cosa invece che ritengo fondamentale e caratterizzante la mia generazione, checaratterizzava diciamo il gruppo - quello che ha origine con Samon e Rogers - che tutti quanti disegnavamo benissimo!Eravamo tutti bravi. E poi ognuno ha trovato il suo strumento, ha trovato appuntoun suo modo di esprimersi a differenza di oggiadesso con il computer sono tuttiuguali! I rendering sono tutti uguali.Ridolfi si ammazzato perch non muoveva pi le mani. entrato in un ruscello, e quando lacqua gli arrivata al cuore morto! una cosa agghiacciante, da antico romano! Che per testimonia tutta limportan-za e la necessit di questo strumento nel nostro mestiere.Il disegno importantissimo anche solo come esercizio! Anche nelle piccole cose,quasi come un gioco. Io ne faccio ancora di follie; adesso le faccio vedere proprio

    No! Questa cosa non labbiamo mai accettata n discussa perch alla fine non ce-ra e non c mai stata. Nella sua omogeneit culturale era tra laltro un mondo mol-to ricco e con forti differenziazioni.

    E rispetto a quel grillo parlante che era Bruno Zevi non c mai stato, non so,un ripensamento, un ritorno analitico su certe scelte sulla scorta delle sue osser-vazioni. Non c mai stato un dubbio, unincertezza di fronte ai continui attacchidi questa personalit - da tutti indistintamente poi ne stato riconosciuto il valo-re - che annoverava le vostre architetture un giorno tra quelle fasciste e un gior-no tra quelle staliniste?(ride) Cosa fu quando, ospiti, andammo insieme, io e Aldo, a Berlino Est5. Eravamo ospiti perch avevamo fatto un patto con la Scuola di Architettura di Wei-mar per poter fare entrare i professori in Italia, visto che da l, non per colpa nostra,non si poteva entrare. Ma quando a Berlino Est vedemmo la Stalinalleeapplausitra Aldo e me strepitosistrepitosi! Perch? Perch l c proprio la nostra architet-tura, nella sua differenza totale, che era quella di capire che non era lo stile a deter-minare il consenso, era anche un modo di intervenire nella citt! Il rapporto tra archi-tettura e citt era fondamentale nello IUAV e noi ci siamo formati proprio in questo:nel voler e dover capire questo rapporto tra architettura e citt.Poi, anche l, Aldo poteva essere un po pi disponibile rispetto a me allarchitet-tura della Stalinallee, ma in fondo anche lui non aveva nulla a che vedere con quel-larchitettura. Quello che avevamo capito che si trattava di un pezzo di citt stre-pitoso e che infatti tale rimasto! Soprattutto rispetto allOvest che era tutto cos,era tutto

    Interbau.(con la penna fa uno schizzo, uno piccolo disegno sintetico dei due sistemi a con-fronto)Questo (a destra) era a Est e questo (a sinistra) era a Ovest6. Cera unenorme differenza! Poi questa (a Est) aveva le colonne e tutto il restoma chi se ne frega! Questacosa qua (indica la cortina sfalsata) stava nella storia di Berlinoe la determinavaanche!

    Torniamo allarchitettura, unaltra citazione da Rossi (catalogo ufficiale): Latten-zione al razionalismo, le correnti surrealiste, un rigoroso tecnicismo si possonotrovare dal punto di vista stilistico nei diversi progetti; ma ci che li riunisce lavolont di vedere in termini darchitettura quello che oggi possibile fareUnprogetto per diventare un fatto urbano ha bisogno di questa dialettica; ma essodeve suscitarla ponendosi con una propria realt. La realt urbana e la realt delprogetto di architettura. Il rapporto fra analisi e progetto era unaltra questionedecisiva sulla quale si sono delineate posizioni differenti e caratterizzanti nellam-bito delle tesi e delle metodologie sviluppate dalla Tendenza. Quale ritiene siastato allora latteggiamento di fondo, se c stato, assunto rispetto alla questio-ne di cui sopra? Ma soprattutto: quanto quel rapporto pu ancora oggi ritenersi

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    Carlo Aymonino

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    drato di 53x63 metri, completato, anche solo con qualche segno, anche solo conuna traccia per terra del Tempio. Io mi ricordo, ancora sotto il fascismo, che cera iltempio di Venere e Roma, quello di fronte al Colosseo; aveva tutte le colonne sago-mate in alloro e si leggeva chiaramente come era fattonon che voglio fare lastessa cosama noi abbiamo consegnato un plastico bellissimo al Campidogliocon le parti marroni che sono le fondazioni che fanno capire quanto siamo pi inbasso rispetto allaltezza che aveva. Eccolo l, (indica una stampa sulla parete difronte con un disegno del tempio di Giove) quel disegno di Luigi Canina, e avevaquellaltezza! Mi piacerebbe portare questo progetto.S! Lo porto le vado fra gli applausi!

    * Carlo Aymonino, romano, ha partecipato alla XV Triennale con diversi progetti, il pi importante dei quali statosicuramente la Proposta architettonica per Roma Est. Allepoca dellesposizione aveva 47 anni. Fondamentali peril dibattito architettonico in Italia sono stati i suoi Origini e sviluppo della citt moderna, Padova 1965, Lo studiodei fenomeni urbani, Roma 1977. professore ordinario di Composizione architettonica dal 1967, accademicodellAccademia Nazionale di San Luca dal 1976, della quale stato presidente dal 1995 al 1996. Dal 1963 al 1981ha insegnato presso lIstituto Universitario di Architettura di Venezia, di cui stato Preside dal 1974 al 1979. Tra il1980 e il 1985 stato assessore al Centro Storico di Roma. Ha insegnato Composizione architettonica presso laFacolt di Architettura di Roma fino al 1994 per poi tornare a insegnare Composizione architettonica presso lIsti-tuto Universitario di Architettura di Venezia. Tra le sue realizzazioni principali figurano: il complesso abitativo Mon-te Amiata al Gallaratese (1967/72), il Campus scolastico e il Centro Civico a Pesaro (1970/84). Ritiratosi dallin-segnamento continua a svolgere la sua attivit di progettista, il suo ultimo lavoro lo ha visto impegnato nel Proget-to per la sistemazione del Giardino Romano nei Musei Capitolini. Lintervista stata realizzata a Roma la mattina del 17 giugno 2006, nello studio del professore Carlo Aymonino,in via Mormorata 169. Erano presenti alla discussione anche gli architetti Renato Capozzi e Federica Visconti.

    1. C. Aymonino, Le origini dellurbanistica moderna, in Critica marxista, n. 2, 1964, poi ampliato in Id., Origini esviluppo della citt moderna, Marsilio, Padova 1965.2. G. Samon, Lurbanistica e lavvenire delle citt, Laterza, Bari 1959.3. L. Benevolo, Le origini dellurbanistica moderna, Laterza, Bari 1963.4. Si tratta del dipinto omonimo di Arduino Cantfora presente nella sala centrale della mostra, tra la III e la IV sezio-ne. Si veda in questo volume la foto a p. 149 e la ricostruzione dellorganizzazione della mostra di Ivano La Mon-tagna nel bottello di retrocopertina. Successivamente durante la sua breve ma fertile permanenza allETH di Zuri-go Rossi con E. Consolascio, B. Reichlin e F. Reinhart realizza il famoso collage intitolato Citt analoga, cfr. FabioReinhart. Architettura della coerenza (a cura di F.S. Fera, L. Conti), CLUEB, Bologna 2007, p. 38. 5. Nel 1961 Aldo Rossi stato invitato nella RDT da Hans Schmidt (1893-1972), direttore della Deutsche Bauaka-demie di Berlino. Schmidt viene a mancare appunto nel 1972, ragione in pi per entrare a far parte della primaSala degli Omaggi della XV Triennale al fianco di Rogers scomparso nel 1969 e Bottoni morto proprio nel 1973.6. Lo schizzo, non riportato, rappresentava, a destra, un sistema a redant, e, a sinistra, uno schema isorientato distecche parallele.7. M.D. Morelli (a cura di), Venticinque domande a Carlo Aymonino, CLEAN, Napoli 2002.

    la mia ultima follia(scompare nellaltra stanza studio e ritorna con un enorme fogliodi carta lucida disegnato a china, delle dimensioni di circa un metro per due metri emezzo)Questo il tempio di Giove Capitolino, quello dove stato sistemato ilMarco Aurelio, ed lultimo disegno che ho fatto. Una settimana di lavoro circa.Aldo Rossi a modo suo era molto riconoscibile, era direttamente inventivo.

    Del resto c una lunga e consolidata tradizione romana sul versante degli archi-tetti non solo disegnatori, ma anche proprio pittorilei, Dardi, PuriniS certoLibera, Ridolfi, Quaroni

    Ecco professore, rispetto alla questione del colore in architettura vorrei un chia-rimento su quanto ha detto in una precedente intervista7, perch ne sono rima-sto sorpreso e non poco. In quella circostanza, alla domanda su che importanzahanno i colori in architettura lei ha detto per prima cosa i colori mi piacciono,poi che sono importanti ma non determinanti e infine trovo quasi un imbro-glio, se cos si pu dire, colorare gli edifici, perch tutto sommato non poi cosimportante.Chi lo diceLo dico io?

    Eh s! Di fronte al coloratissimo panorama delle sue opere ho pensato si trattas-se di una dissimulazione, come dire un po british, per proteggere o distaccar-si da qualcosa di troppo intimo! unipotesi plausibile questa mia oppure le cosestanno veramente cos, proprio come le ha esposte in precedenza?No, lo posso anche spiegare.In molte delle mie opere c colore, vero, ma se fossero tutte bianche sarebbeuguale! Il colore pu essere un imbroglio. Ecco, questo volevo dire; che poi inveceun colore dato beneper esempio a Villa Medici quando era tutta gialla, invece diquella brutta cosa che hanno fatto adesso che quasi bianca, dove il colore aiu-tava a vederla nel paesaggiocos va benissimo!

    In ogni caso il colore rimane escluso dalle fasi fondamentali del progetto, e nonesercita alcun ruolo - penso per estremi a quello svolto nella poetica neoplasti-ca - nel calibrare il peso di un volume allinterno di una composizione comples-sa.Esatto! Assolutamente. Il colore lultima cosa da aggiungere. Il colore una cosa aggiunta.

    Bene professore, abbiamo toccato tutte le questioni che ero venuto a sottopor-le e la ringrazio per la disponibilit e la pazienza che mi ha dimostrato. Tuttaviaper chiudere, spero in bellezza, questo incontro mi rimane unultima domanda:Se un Rossi analogo, le chiedesse una o pi opere per una mostra analoga aquella del 1973, quale o quali opere porterebbe oggi?Oggi? (lunga pausa) dura! Durissima! Mi piacerebbe portarne una sola, intanto! Mipiacerebbe lultima, quella del Campidoglio. Naturalmente quella l sopra (indica laplanimetria sopra la porta) completata dal tempio di Giove che quellenorme qua-

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    Carlo Aymonino con C. Dardi e R. Panella.Proposta architettonica per Roma Est.XV Triennale, Architettura Razionale, III sezione: Proposte, progetti o realizzazioni disistemazioni urbanistiche su citt campione.

    Carlo Aymonino con R. Castrignan, G. Hanssen, A. Michetti, M.L. Tugnoli, G. Zambon.La copertura del Giardino Romano e lasistemazione dei Musei Capitolini a Roma(1994-1999).

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    Salvatore Bisogni

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    blema di fondo, la base di tutto, il manufatto o meglio la sua costituzione, sia essodentro la citt o fuori ed razionale solo quellarchitettura che espone con chiarezzala sua costituzione, mostrando non solo le scelte costitutivo-stilistiche, ma anche esoprattutto la ragione della sua forma linguistico-espressiva. Larchitettura razionale, inaltri termini, riesce a trovare e risolvere le difficolt del rapporto stile-linguaggio, riescea trovare e a raggiungere il senso ultimo degli edifici, ben sapendo che la maggioran-za degli edifici non riescono a trovare questa insostituibile coerenza affinch la razio-nalit, larchitettura razionale emerga! Ad esempio il Gallaratese di Carlo Aymonino, diquegli anni, pone questioni formative di nuove ipotesi architettoniche o pi sempli-cemente una interpretazione linguistica non solo della citt ma proprio delle formearchitettoniche punto basta? Il problema in tal senso si essenzializza ed molto inte-ressante discuterne a partire dal confronto che pu sollecitare unaltro singolare pro-getto, quello di Segrate, in cui da un lato c Canella con la sua interpretazione razio-nale nelledificio del Municipio - esemplificativo di una sorta di triade linguistica forma-ta da rigore strutturale, emozioni linguistiche, ma anche articolazioni e proposizionistilistiche molto interessanti che arrivano a negare la base costituitiva del manufattoper privilegiarne la componente espressiva - e dallaltro c Rossi, c la sua piazzametafisica con la famosa Fontana ed i rocchi di colonna che in realt possono sem-brare tutto il contrario di quello che voleva fare Canella. Rossi a quei tempi aveva anco-ra realizzato pochissimo, ma molto significativo che il professionista Canella gli fac-cia fare la fontana e il professore Aymonino gli faccia fare il pezzo del Gallaratese:entrambi stimavano Rossi e ne avevano colto le singolari doti. E difatti il Gallaratese assai pi noto per il pezzo di Rossi che non per quelli di Aymonino. Il progetto diAymonino cambia registro rispetto alle case del Tuscolano fatte da studente per Qua-roni e Ridolfi; quando Aymonino mette in discussione la tipologia a mio avviso confon-de il tema, mentre, quasi per contrappunto, escono fuori la chiarezza ed il rigore diAldo Rossi.Pensando a quegli anni mi viene anche da dire che poco in effetti sapevamo di quel-lo che si faceva allestero, in Italia certo cera stato Terragni; a Napoli, in particolare,Vaccaro e Franzi e lo straordinario esempio del monumentale Palazzo delle Poste,capace di mettere insieme la razionalit di questa forma che si dilata, aperta ma sem-pre rigorosa, con allinterno certe emozioni/inflessioni o meglio certe interpretazionimetafisiche. Rispetto a questa doppia natura dellarchitettura sono pochi quelli chesono riusciti a mantenere un binario di razionalit e molti quelli che hanno inteso pro-porre una uscita emozionale: in tal senso emerge la figura di Rossi che al contrario diVaccaro, che quasi nasconde questa singolarit espressiva con quella fabbrica tiratae senza sbavature, mette in scena i solidi, propendendo verso forme pure (gli archeti-pi) e la loro composizione.

    Quindi lei professore guarda non tanto e non solo alle formulazioni teoriche, mainnanzitutto ai progetti di quegli anni come lo Zen o il Monza San Rocco?Ora il problema che si tratta di vedere quali sono le opere assunte dal mestiere: Zeno Monza San Rocco o le Rinascenti che Gregotti riusciva a fare a Palermo e a Torino?Lo Zen, per la verit, viene dopo ma si pone il problema di riproporre fuori dalla cittconsolidata il grumo ed alcune questioni che sono presenti nella citt della storia.

    Salvatore Bisogni*

    La prima questione teorica e pu dirsi prima anche in senso cronologico. Nellibro Teoria della Progettazione stato da molti individuato il momento in cui lacosiddetta Tendenza si manifesta concretamente per la prima volta. GiuseppeSamon nellintroduzione al testo scriveva cos: La possibilit o meno di fondareuna teoria della progettazione architettonica dipende essenzialmente dalle convin-zioni culturali e filosofiche di chi si propone di trattare questo tema; e, pi partico-larmente, dal tipo di logica a cui egli fa riferimento nel definire il problema ontolo-gico.Lei professore daccordo con questa scelta interpretativa oppure preferisce indi-viduare come iniziale un altro momento, unaltra occasione, un altro oggetto? Prima della Triennale e di Architettura per i Musei, Rossi scrive Larchitettura della citt:questo forse uno dei pochi libri che sopravvive, che si continua a studiare, un libroserio che io ho visto nascere quando con Agostino Renna, durante la preparazionedella nostra tesi di laurea1, andammo nel grande studio dove Rossi lavorava con LucaMeda.Apparentemente, come voi dite, latto di nascita della cosiddetta Tendenza la XVTriennale di Milano e, prima ancora, Teoria della progettazione promosso da Giusep-pe Samon che con alcune sue formulazioni interne tratta di alcuni momenti significa-tivi ma, per me, rimane il fatto che la cosa pi importante il rapporto con i progetti econ le prime esperienze sul campo che furono fatte in Italia in quegli stessi anni, alcu-ne veramente eccellenti. Allora che cosa e chi ha interrotto quelle esperienze e perchRossi in quegli anni propone il problema della citt, con la teoria dei fatti urbani, comeconditio sine qua non della formulazione razionale sullarchitettura? A mio avviso il pro-

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    solamento e alle critiche che avrebbe ricevuto per aver esposto i progetti per la Stali-nallee. Ho scritto che siamo stati tutti rossiani, in unaltra occasione ho detto che luimi piaciuto, in quel momento, proprio per il suo coraggio. Ricordo bene, quandoandammo a Berlino con Giulio De Luca (quello dellArena Flegrea), mi feci fare una let-tera di presentazione da Luigi Cosenza che conosceva Kurt Macritz, uno dei costrut-tori della Stalinallee. Allora si combin la cosa in modo tale che a Monaco di Bavieraio spedii la lettera di Cosenza. Dopo unora che eravamo a Berlino, ancora in albergo,mi ricordo che arriv un assistente di Macritz con una Vespa e mi port via e io dor-mii a casa di questo signore vicino ad un cimitero ebraico di Berlino per due, tre gior-ni. Poi Macritz ci parl molto di Cosenza e di quello che stava facendo. Cosenzagodeva di un grande prestigio presso la DDR e non solo presso gli architetti comuni-sti occidentali. Io detti loro le notizie su Cosenza, un pomeriggio intero a discutere. Poitornai con questa Vespa in un posto dove incontrai qualcuno dellEnsemble del grup-po teatrale di Brecht.

    Mi ricordo quando al suo corso ci raccont laneddoto della scatola di fiammiferilanciata sul tavolo e di quellarchitetto tedesco che disse: ecco questa lurbani-stica di Le Corbusier.Fu proprio a Berlino, alla mostra su Le Corbusier, era un architetto della DDR, lamostra si fece proprio sulla Kurfsterdamme Strasse (Strasse des 17.Juni), quellastrada che porta alla colonna con langelo (quella di Wenders) e poi alla Porta di Bran-deburgo. E questo architetto che mi accompagnava fece questa cosa della scatola difiammiferi che voi avete ricordato. Che poi in fondo era un modo di dire una falsaverit che a noi che venivamo dallo sfacelo delle citt italiane di quegli anni sembra-va che quella citt sovietica e accademica tutto sommato fosse una risposta.

    Ritornando alla domanda iniziale, che significa oggi fare una scelta di Tendenza?Secondo me oggi una scelta di Tendenza, tenuto conto di quello che successo, sipu riproporre solamente nel chiarimento di quelle materie e questioni che crebbero evennero fuori in quel momento. Per cui lapprodo dovrebbe essere quello di riprende-re i temi che erano presenti nei maestri italiani del dopoguerrameno plasticismo allaLe Corbusier e pi dimostrazione della costruttibilit e della convenienza. Il linguaggiodeve cio piegarsi allipotesi stilistico-costruttiva, allo stile inteso come costituzione delfatto architettonico: ogni epoca ha uno stile non tanto per lapparenza ma per comeaffronta, anche in maniera innovativa rispetto alle epoche precedenti, i vari temi diarchitettura, come una biblioteca o una casa. Lo stile riguarda cio la costituzione dei manufatti che ovviamente hanno poi pureunapparenza e quindi un linguaggio. La mancata distinzione tra stile e linguaggio, laloro sovrapposizione, ha generato molti equivoci e nemmeno lopera Rossi ne poistata immune. Ma tornando alla Triennale io credo che Rossi avesse un obiettivo pre-ciso, fosse mosso da una voluta faziosit: secondo me cercava una verit costitutivarispetto al linguaggio, voleva dimostrare come linguaggi differenti potessero venire svi-luppati a partire da una costituzione condivisa in assenza della quale qualsiasi espres-sione linguistica fasulla. In questa ricerca di una costituzione condivisa per i manu-fatti contemporanei, nella ricerca di temi costitutivi, nella necessit di trovare figure

    Sono convinto che Gregotti oggi non rifarebbe quel progetto, Purini forse rimarrebbeancora legato a quella esperienza. Quelle insulae erano uno stadio intermedio di unlavoro che di l a poco avrebbe portato al progetto per Vienna Sud. Un progetto scon-certante a cui lavorai parecchio con degli schizzi che poi Nicolin defin e precis nellasoluzione finale. Una grande piazza di 7-800 metri di lato con quattro entit soloapparentemente differenti: uno spazio in cui irrompe la spina di Gregotti delle attrezza-ture civili. Il tessuto di Vienna Sud era composto dallalternanza di Hofe e Superblockin omaggio, da un lato, alla linea di ricerca sovietica e, dallaltro, alla tradizione europea.E fu proprio per lo Zen che studiai un sistema di superblock molto strutturati con ser-vizi e botteghe al di sotto delle residenze a cui furono preferite poi le insule - una sortadi isolato olandese - che si ripetono cercando al loro interno un sistema di gerarchie. La radicalit sulla residenza di Rossi e Grassi del Monza San Rocco e chi lha pi ripe-tuta? Se chiedi - e non solo agli studenti attuali - ti diranno tutti che quello era un pro-getto tutto utopico per, daltro canto, io dico che era un progetto chiaro e tutto con-trollato architettonicamente: la misura della sua corte dipende dagli appartamenti e daisoggiorni. Il San Rocco un sistema, un paradigma che poi, messo a confronto conlo Zen, tutto il contrario. Zen una visione di accettazione dellesistente e il tentati-vo di dare consistenza e dignit alla periferia, mentre Monza San Rocco rifiuta tutto.

    Lei quindi ritiene che ci che cont allora furono questi progetti e queste sperimen-tazioni?Si appunto, molto pi degli scritti. Ieri, mentre pensavo a questa intervista e alle que-stioni che mi avevate anticipato avremmo trattato, ebbi unintuizione, cio di provarea parlare solo di questioni di progettazione.

    La seconda questione: il lavoro collettivo. Nella lettera apparsa su Controspazio(il n. 6 del 1973) intitolata Perch ho fatto la Mostra di Architettura Internazionale,Aldo Rossi punta lindice su questo aspetto. Nellintroduzione al testo lArchitettu-ra Razionale, ancora scrive: Questo libro, come ogni progetto, si preoccupasoprattutto delle relazioni che si stabiliscono tra i fatti; pensabile che queste rela-zioni rendano il materiale pi omogeneo nella prospettiva di costruire un unico pro-getto. Per la co