CLASSIFICAZIONE (DELLE DEMENZE ... - Terapia Occupazionale · nell'esordio, nella presentazione o...

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1 Diagnosi di DEMENZA Diagnosi di DEMENZA Declino delle capacit Declino delle capacità intellettive e cognitive intellettive e cognitive Il deficit Il deficit è a carico non solo della memoria, a carico non solo della memoria, ma anche di altri aspetti cognitivi come ma anche di altri aspetti cognitivi come linguaggio, orientamento, linguaggio, orientamento, prassia prassia, pensiero , pensiero ed astrazione, soluzione di problemi ed astrazione, soluzione di problemi Il disturbo deve essere di gravit Il disturbo deve essere di gravità tale da tale da interferire con le capacit interferire con le capacità sociali e/o sociali e/o lavorative lavorative Quanto è frequente ? 44.5 36.7 34.7 95–99 31.5 24.5 32.2 38.6 90–94 22.3 15.5 21.6 20.8 85–89 13.6 8.7 13.0 10.5 80–84 6.8 4.9 5.7 5.6 75–79 3.5 2.8 4.1 2.8 70–74 1.5 1.6 1.4 1.4 65–69 0.9 1.0 0.7 60–64 Ritchie & Kildea, 1995 (Worldwide ) Ritchie et al, 1992 (Worldwide ) Hofman et al, 1991 (Europe) Jorm et al, 1987 (Worldwide ) Meta-analisi della Prevalenza Gruppi di età (anni) Jorm et al 1987 3 ; Hofman et al 1991 4 ; Ritchie et al 1992 5 ; Ritchie & Kildea 1995 6

Transcript of CLASSIFICAZIONE (DELLE DEMENZE ... - Terapia Occupazionale · nell'esordio, nella presentazione o...

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Diagnosi di DEMENZA Diagnosi di DEMENZA

•• Declino delle capacitDeclino delle capacitàà intellettive e cognitiveintellettive e cognitive

•• Il deficit Il deficit èè a carico non solo della memoria, a carico non solo della memoria, ma anche di altri aspetti cognitivi come ma anche di altri aspetti cognitivi come linguaggio, orientamento, linguaggio, orientamento, prassiaprassia, pensiero , pensiero ed astrazione, soluzione di problemied astrazione, soluzione di problemi

•• Il disturbo deve essere di gravitIl disturbo deve essere di gravitàà tale da tale da interferire con le capacitinterferire con le capacitàà sociali e/o sociali e/o lavorativelavorative

Quanto è frequente ?

44.536.734.7–95–9931.524.532.238.690–9422.315.521.620.885–8913.68.713.010.580–846.84.95.75.675–793.52.84.12.870–741.51.61.41.465–69–0.91.00.760–64

Ritchie & Kildea, 1995

(Worldwide)

Ritchie et al, 1992

(Worldwide)

Hofman et al, 1991(Europe)

Jorm et al, 1987

(Worldwide)

Meta-analisi della PrevalenzaGruppi di età(anni)

Jorm et al 19873; Hofman et al 19914; Ritchie et al 19925; Ritchie & Kildea 19956

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Commissione Europea

“Situazione sociale nell’Unione Europea”, Bruxelles 9.11.2003

27.3%24.2%25.5%30.3%31.3%

Media Europea

Gran Bretagna

FranciaGermaniaItalia

Popolazione > 65 anni: proiezione anno 2010

Cause di demenza organicaDiagnosi neuropatologica in 400 pazienti

Studio longitudinale di Lund (1992) - DAT: demenza tipo Alzheimer

McKeith et al, Neurology 1996; 47: 1113-24

42%12%

26%9% 3%

8%

DAT

Miste (DAT + demenzavascolare)

Demenza vascolare

Degenerazioni fronto-temporali non-DAT (incl.morbo di Pick 1%)

Encefaliti (incl. morbo diCreutzfeldt-Jacob)

Altre demenze (incl. Tumori 1%)

CLASSIFICAZIONE DELLE DEMENZE CLASSIFICAZIONE DELLE DEMENZE (1)(1)

CORTICALI:CORTICALI:Malattia di Malattia di AlzheimerAlzheimerFrontoFronto--temporaletemporale e malattia di Picke malattia di Pick

SOTTOCORTICALISOTTOCORTICALI::Demenza a corpi di LewyDemenza a corpi di LewyParkinsonParkinson--demenzademenzaCorea di Corea di HuntingtonHuntingtonParalisi sopranucleare progressivaParalisi sopranucleare progressivaDegenerazione Degenerazione corticocortico--basalebasale

DEGENERATIVE O PRIMARIEDEGENERATIVE O PRIMARIECLASSIFICAZIONE DELLE DEMENZE CLASSIFICAZIONE DELLE DEMENZE (2)(2)

Demenza vascolare ischemicaDemenza vascolare ischemica

Idrocefalo Idrocefalo normotesonormoteso

Disturbi endocrini e metaboliciDisturbi endocrini e metabolici

Malattie metaboliche ereditarieMalattie metaboliche ereditarie

Malattie infettive ed infiammatorie del SNCMalattie infettive ed infiammatorie del SNC

Stati Stati carenzialicarenziali

Sostanze tossicheSostanze tossiche

Processi espansivi Processi espansivi intracraniciintracranici

AltreAltre

SECONDARIESECONDARIE

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Cause reversibili di demenzaCause reversibili di demenza

•• DepressioneDepressione•• Disordini metaboliciDisordini metabolici•• Intossicazione da farmaciIntossicazione da farmaci•• Infezioni del SNCInfezioni del SNC•• Lesioni strutturaliLesioni strutturali•• Idrocefalo Idrocefalo normotesonormoteso

Fu durante la Convenzione psichiatrica diTubingen che Alzheimer presentò il caso di una donna di 51 anni affetta da una sconosciuta forma di demenza.

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Alois Alzheimer (1863-1915)

Soltanto nel 1910 la malattia ebbe un nome, quando Emil Kraepelin, il più famoso psichiatra di lingua tedesca dell'epoca, ripubblicò il suo trattato "Psichiatria", nel quale definiva una nuova forma di demenza scoperta da Alzheimer, chiamandola appunto malattia di Alzheimer

������������� ���� � Nella caratterizzazione della malattia ha avuto un ruolo chiave Gaetano Perusini (1879-1915). Faceva parte di un gruppo di psichiatri italiani che preferìnon seguire la moda allora vigente della teorie non organiche, vale a dire della soluzione e del trattamento psicoanalitico come privilegiati per le malattie mentali. Preferiva affidare la propria preparazione allo studio anatomico dei cervelli dei pazienti

Il Perusini si recò nel 1906 a Monaco, proprio presso la scuola di Kraepelin e sembra che sia stato quest'ultimo ad affiancarlo ad Alzheimer nella ricerca. Non si conosce con esattezza se egli avesse giàiniziato a frequentare il laboratorio di Alzheimer all'epoca della Convenzione di Tubingen (3-4 novembre 1906). Certo è invece che il maestro affidò al giovane ricercatore italiano almeno la continuazione della sua ricerca sulla strana forma di demenza e tanto dovette esserne soddisfatto da permettergli di rianalizzare (o di continuare) persino il suo primo caso clinico, che Alzheimer non doveva considerare concluso. Perusini studiò quattro casi e organizzò il suo studio in 54 pagine e 79 figure, che furono pubblicate sulla rivista Histologische und histopathologische Arbeiten; autori Franz Nissl ed Alois Alzheimer. Perusini non veniva nemmeno citato. L'importanza di questo studio, comunque, sta soprattutto nel fatto che Perusini percepì l'azione di una specie di cemento che incollava insieme le fibrille neuronali

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Perusini G. Uber klinisch und histologish eigenartige psychiische Erkrankungen des spateren Lebensalters.

In: Nissl F, Alzheimer A, eds. Histologische und Histopathologische Arbeiten.

Jena:Verlag G Fischer, 1909: 297-351

Criteri clinici (NINCDS-ADRDA) per la diagnosi di DA

Possibile� Sindrome demenziale in assenza di disturbi neurologici, psichiatrici o

sistemici in grado di causare demenza e in presenza di variazioni nell'esordio, nella presentazione o nel decorso clinico

� Presenza di una patologia neurologica o sistemica concomitante sufficiente a produrre demenza, ma non considerata la vera causa della demenza (coesistono altre patologie oltre la dementigena)

� Dovrebbe essere utilizzata nella ricerca quando un deficit cognitivo isolato, progressivo e grave, sia evidenziabile in assenza di altre cause identificabili

McKahn, Neurology 1984; 34: 939-44

Criteri clinici (NINCDS-ADRDA) per la diagnosi di DA

• Probabile� Demenza stabilita dall'esame clinico e documentata da MMSE, dalla Blessed

Dementia Scale o da esami simili, e con la conferma dl test neuropsicologici� Deficit di 2 o più aree cognitive� Peggioramento progressivo della memoria e di altre funzioni cognitive� Assenza di disturbi di coscienza� Esordio tra i 40 e i 90 anni, più spesso dopo i 65� Assenza di patologie sistemiche o di altre malattie cerebrali responsabili di deficit

cognitivi e mnesici di tipo progressivo

• Supportata da� Deterioramento progressivo di funzioni cognitive specifiche quali il linguaggio

(afasia), la gestualità (aprassia), la percezione (agnosia)� Compromissione delle attività quotidiane ed alterate caratteristiche di

comportamento� Familiarità positiva per analoghi disturbi, soprattutto se confermati

neuropatologicamente� Conferme strumentali di: normalità dei reperti liquorali standard, EEG normale o

aspecifico, come aumento dell'attività lenta, atrofia cerebrale alla TAC con progressione documentata dopo ripetute osservazioni

McKahn, Neurology 1984; 34: 939-44

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Criteri clinici (NINCDS-ADRDA) per la diagnosi di DA

Certa� Presenza dei criteri clinici per la diagnosi di DA probabile ed evidenza

neuropatologica bioptica o autoptica

McKahn, Neurology 1984; 34: 939-44

Storia naturale della DA

Adattata da Gauthier S. ed. Clinical Diagnosis and Management of Alzheimer’s Disease. 1996.

0

5

10

17

25

0 2 4 6 8 10

AnniAnni

Sintomi cognitiviSintomi cognitivi

Perdita dell’autosufficienza

Perdita dell’autosufficienza

Disturbi del comportamentoDisturbi del comportamento

Ricovero in strutture sanitarieRicovero in strutture sanitarie

MorteMorte

Decadi

Pre-DA Lieve-Moderata Intermedia Grave

MM

SE

Malattia di Alzheimer: una degenerazione progressiva dell’SNCcon un quadro patologico caratteristico

Atrofia cerebrale

Placche senili

Grovigli neurofibrillari

Katzman, 1986; Cummings and Khachaturian, 1996

Patogenesi della DA

Fattori di rischio• Età• Storia familiare• Mutazioni sui

cromosomi 1, 14, 21• Apolipoproteina E εεεε4• Alfa 2

macroglobulina• Trauma cranico• Sesso femminile• Sindrome di Down

Fattori potenzialmente Protettivi

• Uso di estrogeni• Riserva cognitiva

pre-esistente• Uso di farmaci

antinfiammatori• Apolipoproteina E εεεε2 (?)• Uso di farmaci

antiossidanti

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INVECCHIAMENTO

↑ ����������� ���

↓ ������������ ���

↑ A-Beta Totale

↑ A-Beta 1-42

DIMERI

OLIGOMERI

PROTOFIBRILLE

FIBRILLE

PLACCHE SENILI

GROVIGLI NEUROFIBRILLARI

CORPI DI LEWY

INFIAMMAZIONERISPOSTA IMMUNITARIA

GLIOSI

STRESS OSSIDATIVOOMEOSTASI CALCIO

DISFUNZIONE NEURONALEAPOPTOSI

ANGIOPATIA AMILOIDE

Ipertensione arteriosa

Diabete

Ipercolesterolemia

Ipossia/ischemia

Trauma Cranico

Mutazioni APP, PS1, PS2

PolimorfismiAPOE, A2M, IDE,

PLAU, LRP

Polimorfismo IL-1

Il deficit colinergico dell’AD determina la sintomatologia clinica

� Deficit colinergico

– Perdita progressivadei neuroni colinergici

– Riduzione progressivadell’ACh disponibile

– Compromissione di ADL,comportamento e funzioni cognitive Ippocampo

Corteccia

N. basale del Meynert

Bartus et al., 1982; Cummings and Back, 1998, Perry et al., 1978

Compromissionefunzionale* IADL * ADL

Declino cognitivo* Perdita di memoria* Disorientamento

temporale e spaziale* Afasia* Aprassia* Agnosia* Difficoltà delle

funzioni esecutive

Disturbi del Comportamento* Oscillazioni dell’umore* Alterazioni

della personalità* Psicosi* Agitazione* Wandering* Sintomi

neurovegetativi

DemenzaDemenzaDemenza

Quadro clinico Iter diagnostico

• Esami di routine– Anamnesi e obiettività generale e neurologica– Indagini di laboratorio

• Emocromo, elettroliti, calcio, glucosio, funzionalità epatica e renale, vitamina B12 e folati, sierologia per la lue

• Indagini mirate– Altre indagini di laboratorio

• Test HIV, radiografia del torace, esame urine, screening tossicologico

– Test neuropsicologici (test di screening, batteria estesa), valutazione psicocomportamentale, valutazione dello stato funzionale

– Stadiazione di gravità della demenza (CDR)– Neuroimaging– Puntura lombare

• Indagini specifiche– SPECT– Test genetici (genotipizzazione APOE, mutazioni APP e preseniline)

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Indagini strumentaliIndagini strumentali

•• TC e/o RM cranioTC e/o RM cranio--encefalo risultano encefalo risultano necessarie necessarie per escludere lesioni strutturaliper escludere lesioni strutturali

••ematoma ematoma sottoduralesottodurale

••tumoritumori

••idrocefalo idrocefalo normotesonormoteso

••lesioni lesioni ischemicheischemiche

•• Ogni paziente con demenza deve eseguire Ogni paziente con demenza deve eseguire in fase diagnostica unin fase diagnostica un’’indagine di indagine di neuroimagingneuroimaging strutturalestrutturale

Disturbo di Memoria

Disturbo di Attenzione

Disturbo di Visuo-Spaziali

Disturbo di Astrazione

Disturbo di Linguaggio

Aprassia

Agnosia visiva

CDR 0.5MCI Demenza di Alzheimer

La Progressione dei Disturbi Neuropsicologici

Normale

MMSE

30

25

20

10

5

15

Demenza vascolareRequisiti di base

Criteri diagnostici NINDS-AIREN• Presenza di demenza• Evidenza di malattia cerebrovascolare• Correlazione dei due disturbi

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Classificazione delle demenze vascolari

• Infarti lacunari– Assenza di storia di stroke– Demenza progressiva con deficit focali o demenza

a tipo frontale• Infarto singolo strategico

– Improvvisa sintomatologia afasica, agnosica, amnestica o frontale

• Infarti multipli– Deficit cognitivi e motori progressivi ‘a scalini’

• Malattia di Binswanger– Demenza, apatia, agitazione, segni cortico-

spinali/bulbari

Caratteristiche della demenza vascolare

• Anamnesi– Inizio associato a stroke– Possibile miglioramento sintomatico– Decorso a ‘scalini’

• Esame neurologico– Segni neurologici focali

• Imaging– Infarto sopratentoriale

• Concordanza anamnesi/obiettività/imaging– Coincidenza temporale– Coincidenza di sede lesionale

Demenze degenerative non Alzheimer

• Demenza fronto-temporale• Demenza a corpi di Lewy• Degenerazione cortico-basale• Paralisi sopranucleare

progressiva• Malattia di Huntington

Demenze dei lobi fronto-temporali

• Malattia di Pick

• Demenza fronto-temporale

• DFT associata a malattia dei motoneuroni

• Afasia progressiva non fluente

• Demenza semantica

• Prosopoagnosia progressiva

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Criteri diagnostici per le demenzefronto-temporali

Inizio insidioso e progressione lenta di un deficit caratterizzato da:• Compromissione cognitiva con prevalente perdita di capacità di

giudizio con:– Disinibizione e impulsività– Alterazione della condotta sociale, perdita dell’identità sociale– Ritiro sociale

• Una o più delle seguenti condotte: continua esplorazione orale e manuale, iperfagia, ecolalia, attività impetuose, eccessiva giovialità, azioni o linguaggi inappropriati o ad argomento sessuale

• Deficit del giudizio o alterazione del comportamento sproporzionato al deficit mnesico

Soggetto sano

Soggetto con demenza

fronto-temporale

Demenza a corpi di Lewy

• Caratteristica principale– Declino cognitivo progressivo che interferisce con le normali

funzioni; disturbo della memoria ‘secondario’; preminenza di disturbi di attenzione, abilità frontali e visuo-spaziali

• Due delle seguenti caratteristiche– Fluttuazione della vigilanza, attenzione e capacità cognitive– Allucinazioni visive strutturate– Segni di parkinsonismo spontaneo

• Caratteristiche aggiuntive– Cadute/Sincopi/Perdite transitorie di coscienza– Sensitività ai neurolettici– Deliri sistematizzati/Allucinazioni in altre modalità

• Caratteristiche di esclusione– Storia di stroke o segni motori focali o lesioni TAC– Segni fisici o reperti strumentali indicativi di altre malattie

Soggetto con m. diAlzheimer

Soggetto con m. diParkinson

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[[123123I]FPI]FP--CITCIT

LBDLBD ADAD

gravegrave moderatomoderato

Criteri diagnostici e relativi strumenti per Mild Cognitive Impairment (MCI)

1. Disturbo di memoria definito come la presenza di almeno uno dei seguenti:a) riferito direttamente dal soggettob) riferito dal familiare del soggettoc) riferito dal medico curante

2. Presenza di tutte le seguenti caratteristiche:a) assenza di impatto funzionaleb) test di cognitività globale normali

(entro 0.5 deviazioni standard dalla media di soggetti di controllo di pari età e scolarità)

c) test di memoria anormali per l'età(1.5 deviazioni standard al di sotto della media di soggetti di controllo di pari età e scolarità)

d) assenza di demenza

Da Petersen et al, 1999

3. La diagnosi viene raggiunta per consenso tra il neurologo, il geriatra, il neuropsicologo, l'infermiere e le altre figure professionali che hanno valutato il soggetto attraverso i seguenti strumenti diagnostici:a) valutazione clinica

anamnesi (con paziente e familiare)esame obiettivo neurologicoShort Test of Mental StatusGeriatric Depression Scale di YesavageHachinski Ischemic ScoreRecord of lndipendent Living

b) valutazione neuropsicologicaWechsler Adult Intelligence Scale-RevisedWechsler Memory Scal~RevisedAuditory Verbal Learning TestWide-Range Achievement Test-III

c) esami di laboratorioemocromoVESvitamina B12 e acido folico, funzione tiroideaTPHA

d) esami strumentaliTC o RM encefalicase indicati: puntura lombare, EEG, SPECT

Tassi annuali di conversione dal deterioramento cognitivo lieve (MCI) alla demenza durante 48 mesi

Da Petersen et al, Arch Neurol 1999; 56: 303-8

0%0%

20%20%

40%40%

60%60%

80%80%

100%100%

Esame inizialeEsame iniziale 12 mesi12 mesi 24 mesi24 mesi 36 mesi36 mesi 48 mesi48 mesi

MC

I (%

)M

CI (

%)

MCIMCI DADA Genotipizzazione (APP, PS1, PS2)

Tomografia ad emissione di positroni

Indici biologici (CSF, Plt)

MRI EC-Atrofia ippocampo

Test neuropsichiatrici

MRI/TAC

MMSE

EON

Stadio preclinico MCI Demenza

I Marcatori della Diagnosi della Malattia di Alzheimer

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Sistema Colinergico:proiezioni su aree di interesse cognitivo

Cortecciafrontale

Corteccia parietale

Corteccia occipitaleNucleo del settomediale

Nucleobasalis Ippocampo

Diagnosi precoce e accurataDiagnosi precoce e accurata

Eliminazione o riduzione della morbilitEliminazione o riduzione della morbilitàà

Informazione e supporto aiInformazione e supporto ai caregiverscaregivers

Terapie specifiche per laTerapie specifiche per la MdAMdA

JurkowskiJurkowski CL Am.J.CL Am.J.MedMed, 1998, 1998

TRATTAMENTO DELLA TRATTAMENTO DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER: MALATTIA DI ALZHEIMER:

OBIETTIVIOBIETTIVI

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Sinapsi colinergica

recettore M recettore N

AChACh N = nicotinico M = muscarinico

ACh = acetilcolina

Aumentata disponibilità di ACh a livello sinaptico (AChE-inibizione)

AChACh

AChEI

Acetilcolinesterasi

Terminale nervosopre-sinaptico

Terminale nervosopost-sinaptico

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TERAPIE COLINERGICHEFARMACO

Tacrina

Donepezil

Rivastigmina

Galantamina

AZIONE

AChE

AChE

A + BChE

AChE

+

Modulatore allosterico

TOSSICITA‘

si

no

no

no

DOSE

4

1

2

2

NOME COMM.

Cognex

Aricept, Memac

Exelon

Reminyl

Gestione delle Urgenze\Emergenze psichiatriche

13

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� 10% dei pazienti ricoverati manifesta comportamenti aggressivi

� Maggiore incidenza nei soggetti giovani di sesso maschile con diagnosi di schizofrenia, alcolismo, disturbi mentali organici, ritardo mentale, epilessia, disturbi di personalità, bipolari in fase maniacale, disturbo borderline di personalità

Epidemiologia (USA)

� Circa 40% degli operatori è stato vittima nel corso della carriera di violenza fisica

� L’aggressione avviene con armi di offesa naturale (pugni e calci, 72% dei casi), uso di oggetti (23%), minacce con coltello e/o con armi bianche o oggetti contundenti (5%)

Urgenze Psichiatriche

Derivano in genere da una somma di fattori � Fattori psichici:� Malattie psichiatriche� Personalità� Stati emotivi alterati

� Fattori fisici (malattie organiche, sostanze d’abuso)

� Fattori sociali e ambientali (familiari, reparto, personale presente, grado di tolleranza dell’ambiente)

Fattori scatenanti episodi di violenza

� Ansia� Rifiuto di una richiesta di ricovero da parte del pz� Mancanza di rispetto (reale o immaginaria)� Paura� Frustrazione� Ospedalizzazione coatta� Rabbia� Perdita del lavoro � Lunga attesa� Rumore � Dolore� Deprivazione di sonno

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Condizioni associate con la violenza� Stato confusionale acuto� Psicosi organica acuta� Abuso, dipendenza, intossicazione da alcool � Abuso, dipendenza, intossicazione da sostanze� Disturbo antisociale di personalità� Disturbo Bipolare, mania� Disturbo Borderline di personalità� Disturbo delirante� Demenza� Traumi cranici� Ritardo mentale� Schizofrenia

Possibili Presentazioni delle Urgenze

� APERTA: il paziente presenta evidenti alterazioni del comportamento

� COPERTA: il paziente può presentare oppure no un’alterazione evidente del comportamento tuttavia ha un’alterazione significativa del pensiero o dell’umore (es: ideazione suicidaria, umore depresso, gravi sintomi ossessivi, ansia acuta)

FATTORI PREDITTIVI di violenza

� 1. Idee di violenza. (nei confronti di una persona specifica, stato psicotico acuto, voci imperative)

� 2. Comportamento durante il colloquio. (crescendo progressivo dell’attività psicomotoria durante il colloquio da aggressività verbale a turpiloquio ad atteggiamenti comportamentali, fino all’atto di violenza).

� 3. Storia recente di violenza. (maggior rischio da le azioni violente compiute con mezzi fisici, poi, senza strumenti, fino a comportamenti verso gli oggetti).

� 4 Storia remota di violenza. (eventuali arresti, infrazioni nella guida, coinvolgimento in procedimenti legali, tendenza a punire i figli, o a seviziare gli animali in epoca infantile, problemi costanti con le autorità in epoca adolescenziale).

� 5. Sistemi di supporto. (famiglia, amici, gruppo religioso)

� 6. Compliance. (atteggiamento non cooperativo, una storia passata di TSO)

FATTORI PREDITTIVI di violenza

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� 7. Storia di abuso di sostanze. (stati di intossicazione in atto o in condizioni di astinenza)

� 8. Anamnesi medica e neurologica. (danni neurologici, soprattutto del lobo frontale, vasculopatie cerebrali, demenza di Alzheimer o cerebropatia infantile)

FATTORI PREDITTIVI di violenza Approccio al pz agitato

� Ambiente adeguato: evitare spazi ristretti, corridoi frequentati da altri pz

� Allontanare familiari o altri pz agitati� Avere SEMPRE una via di fuga: posizionarsi tra il paziente e la

via d’uscita� Porta aperta o colleghi che osservano la scena � Evitare la presenza a portata di mano o sulla

scrivania/tavolo/ripiano di armi potenziali (biro, siringhe, forbici, vetreria, oggetti contundenti, ombrelli, sedie leggere)

� Evitare di avere addosso oggetti “da vittima”, utilizzabili come appigli o armi (lunghi portachiavi, ciondoli, forbici, cravatte)

Dove incontrare il paziente

� Non ci si deve inoltre avvicinare al paziente con modalità rapide e decise in senso frontale, poiché può essere percepito come un atteggiamento di confronto, di sfida

� Evitare il contatto diretto e prolungato nello sguardo degli occhi del paziente

� Sorridere o ridere può essere interpretato da parte dal paziente in senso aggressivo e dispregiativo

� Avvicinarsi al lato del paziente in posizione latero-frontaleporgendo sempre il proprio emicorpo, riducendo così la superficie che può essere oggetto di aggressione

Come avvicinarsi al paziente

Approccio al pz agitato

� Inutile far attendere un pz in ‘escalation’ di aggressività� Attenzione al linguaggio non verbale� Mai voltare le spalle ad un pz potenzialmente violento, MAI

PERDERE IL CONTROLLO VISIVO � Consentire uno spazio fisico maggiore del normale (distanza

consigliata circa 1,5 mt-fino a 4)� DIMOSTRARE SICUREZZA� Riconoscere quando la violenza è imminente� Se c’è una sensazione di ansia è giusto seguire il proprio istinto e

proteggere la propria sicurezza personale � Evitare da parte del minacciato qualsiasi manifestazione di

perdita di controllo emotivo e motorio

AtteggiamentoApproccio al pz agitato

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� Restare calmi, con atteggiamento tranquillo e accogliente� Parlare lentamente, a basso volume, con frasi corte, concetti semplici e

concreti� Incoraggiare la verbalizzazione� Lasciare tempo al paziente per esprimere e descrivere i sentimenti � Fornire al pz la possibilità di scegliere qualcosa (es luogo del colloquio)

� Avvertire che la violenza non sarà tollerata e che saràconsiderato responsabile delle azioni commesse, offrendo aiuto (es sedativi) nel caso in cui non sia in grado di controllarsi

� TRASFORMARE LA SITUAZIONE DI EMERGENZA IN UN CONTESTO IN CUI SIA POSSIBILE PARLARE E NON AGIRE

Colloquio

Approccio al pz agitato

� MAI interrompere il pz in modo autoritario e minaccioso utilizzando la mano, il dito puntato, alzando il volume della voce, avvicinandosi sino a sfiorarlo fisicamente

� MAI esprimersi in modo provocatorio, emettere giudizi, fornire interpretazioni

� MAI formulare promesse che poi non possono essere mantenute (evitare il ricovero, non somministrargli farmaci o di rimandarlo a casa nell’immediatezza)

Colloquio: cosa non fare

Approccio al pz agitato

� SAPERE QUANDO INTERROMPERE IL COLLOQUIO

� Quando il trattamento farmacologico è necessario

� Quando il TSO è necessario, se qualsiasi altro intervento è impossibile

E’ FONDAMENTALE…

Approccio al pz agitato