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CLASSIFICAZIONE DEGLI IMPIANTI Impianti di Climatizzazione e Condizionamento Prof. Cinzia Buratti

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CLASSIFICAZIONE DEGLI IMPIANTI

Impianti di Climatizzazione e Condizionamento

Prof. Cinzia Buratti

Gli impianti sono realizzati con lo scopo di mantenere all’interno degli

ambienti confinati condizioni termoigrometriche adeguate alla loro

destinazione d’uso

GENERALITA’

Possono essere classificati in:

impianti di riscaldamento (controllo della temperatura dell’aria in

condizioni invernali);

impianti di climatizzazione (controllo della temperatura dell’aria in

condizioni sia invernali che estive);

impianti di condizionamento (controllo di temperatura, umidità relativa,

velocità e purezza dell’aria in condizioni sia invernali che estive);

apparecchi autonomi (controllo della temperatura dell’aria in un numero

limitato di locali, in condizioni sia invernali che estive).

Gli impianti di riscaldamento e climatizzazione hanno la stessa

configurazione di impianto ma nel secondo caso si invia nelle tubazioni e

negli elementi terminali alternativamente acqua calda o acqua refrigerata,

a seconda delle stagioni.

Impianti di riscaldamento e climatizzazione

Il fluido termovettore è acqua, riscaldata o raffreddata in centrale e quindi

distribuita mediante pompe di circolazione e attraverso una rete di

tubazioni.

Gli elementi terminali nei singoli ambienti possono essere ventilconvettori

(fan - coils) o mobiletti ad induzione (nel caso di impianti di riscaldamento

possono essere impiegati anche i radiatori).

Impianti di climatizzazione

AUTONOMI

CENTRALIZZATI

CENTRALIZZATI

1. Impianti centralizzati in condominiali: la caldaia è collocata in un

locale dedicato, chiamato centrale termica, da cui si snoda la rete;

2. Impianti per quartiere o comprensorio: teleriscaldamento con

acqua surriscaldata o vapore come fluido termovettore e scambiatori di

calore.

Vantaggi: rendimento globale più elevato rispetto a quelli autonomi;

Svantaggi: la regolazione non può essere modellata secondo le

esigenze specifiche di ciascuna singola utenza

1. Impianti centralizzati condominiali

Si ha un generatore di calore che produce acqua calda ad una temperatura

inferiore a 100°C; la rete di distribuzione dell’acqua, pertanto, non è in pressione.

I primi impianti realizzati erano quasi tutti a circolazione naturale; veniva sfruttata

la differenza di densità fra l'acqua dell'andata e l'acqua del ritorno ai corpi

scaldanti, dovuta alla differenza di temperatura che si produceva per la cessione

di calore nei corpi scaldanti stessi (radiatori).

Grazie alla silenziosità e affidabilità dei motori e delle pompe, la circolazione

dell’acqua avviene per mezzo di esse si parla dunque di circolazione forzata; l'acqua

circola fra la caldaia ed i corpi scaldanti mediante reti di tubazioni in acciaio nero, in

rame o in materiale plastico.

Le caratteristiche dimensionali e costruttive della centrale termica, sono regolate da

norme volte soprattutto a garantire la sicurezza.

DEFINIZIONE

Un impianto di riscaldamento è quel complesso di elementi e di apparecchiature

atti a realizzare e mantenere in determinati ambienti valori della temperatura

maggiori di quelli esterni. Controllo della sola temperatura dell’aria in inverno.

• elementi terminali o corpi scaldanti;

• rete di distribuzione dell’acqua calda;

• vaso di espansione;

• pompa di circolazione;

• generatore di calore.

COMPONENTI PRINCIPALI:

Schema di impianto centralizzato a colonne montanti a sorgente.

Impianti centralizzati

Schema di impianto centralizzato a colonne montanti a cascata.

Impianti centralizzati

Impianti ad anello monotubo: si tratta di una distribuzione sul perimetro della

superficie da scaldare, in cui i corpi scaldanti sono posti in serie;

Caratteristiche

- la lunghezza delle tubazioni è ridotta e si ha una maggiore garanzia sulla tenuta;

- l’ultimo radiatore di ciascuna zona è il più sfavorito in quanto la differenza tra la

temperatura media dell’acqua e quella dell’aria è più bassa;

- per avere la stessa resa, occorre aumentare la superficie di scambio termico.

Se si chiude un radiatore, si blocca il flusso anche agli altri (risolto con un by-pass).

1.Per la regolazione si impiegano valvole a quattro vie, questo sistema viene

utilizzato dove gli altri risultano troppo costosi, ad esempio per riscaldare locali

molto ampi.

Schema di impianto complanare monotubo con terminali in serie.

Dalla caldaia si

dipartono

verticalmente le

tubazioni di

mandata e di

ritorno, dalle

quali, in

corrispondenza

di ogni piano e

per ogni zona

termica, si

dirama una

tubazione di

mandata che si

chiude ad anello

su tutti gli

utilizzatori

Impianti ad anello monotubo

: Schema di impianto a due tubi a ritorno semplice.

Impianti ad anello a due tubi: consente un minor impiego di tubazioni senza precludere

la possibilità di regolare il singolo terminale; consiste nel servire in serie e parallelo con

due tubi i diversi terminali, che prendono il fluido dal tubo di mandata e lo scaricano su

quello di ritorno.

Il ritorno di un terminale non va quindi a quelli successivi.

Le portate sono diverse nelle diverse zone di distribuzione; ad ogni uscita verso

un terminale, la portata diminuisce nel tubo di mandata, che verrà quindi

dimensionato con diametri decrescenti, in modo da avere perdite di carico costanti

per unità di lunghezza.

L’ultimo terminale sarà soggetto a perdite molto più alte del primo, per la maggior

lunghezza dei tubi di mandata e ritorno.

Schema di impianto a due tubi a ritorno inverso.

Se l’impianto è molto lungo, con il ritorno inverso tutti i terminali sono soggetti a

perdite di carico simili, anche se a livello impiantistico occorre utilizzare una

tubazione di ritorno più lunga.

I terminali sono dimensionati in base alla ripartizione del carico termico nei

diversi ambienti e la distribuzione dell’acqua calda avviene

indipendentemente per ciascun radiatore.

Impianti a collettori complanari

Dal collettore partono tanti tubi quanti sono gli elementi terminali (uno per

la mandata e uno per il ritorno); si tratta di tubi di diametro molto piccolo, in

genere <16 mm, in rame, senza pezzi speciali; sono installati stendendoli

sul massetto e proteggendoli dallo schiacciamento.

Per limitare lo sviluppo dei circuiti interni, è solitamente consigliabile

disporre i collettori in zona baricentrica rispetto ai terminali da servire.

: Schema di impianto a collettori complanari.

Impianti a collettori complanari

Gli impianti a sorgente e a cascata, tendono oggi ad essere abbandonati;

ciò è dovuto al fatto che, per molti aspetti, non rispondono alle nuove

normative.

Infatti esse richiedono che la tariffazione sia individuale, valutata in

relazione alle calorie effettivamente consumate dal singolo utente; occorre

pertanto individuare, relativamente a ciascuna unità immobiliare, la portata

d’acqua e le temperature di ingresso e di uscita.

In un impianto a sorgente o a cascata tutto ciò risulta complesso, in quanto

occorrerebbe inserire un contacalorie per ciascun radiatore ed un

totalizzatore; nei sistemi ad anello o a collettori complanari, invece, è

sufficiente un contacalorie per ogni anello o collettore, cioè per ogni unità

immobiliare.

Impianti di teleriscaldamento

Gli impianti di teleriscaldamento sono costituiti da una centrale di

produzione del calore, con il fluido termovettore immesso in una rete di

distribuzione in grado di servire uno o più quartieri cittadini.

Il fluido può essere vapore o acqua surriscaldata, in fase liquida, alla

temperatura di circa 130 °C.

In corrispondenza dei singoli edifici serviti la rete si immette nella centrale

termica, dove uno scambiatore di calore alimenta l’impianto dell’edificio, con

un sistema di distribuzione simile a quelli descritti in precedenza.

Un impianto di teleriscaldamento può servire anche edifici esistenti,

sostituendo il generatore di calore con uno scambiatore di calore.

Vantaggi: possibilità di allontanare dall’interno degli agglomerati urbani le

emissioni dei prodotti della combustione;

ottenere un consistente risparmio energetico, grazie agli elevati valori del

rendimento dei generatori di calore di grandi dimensioni.

Ogni utenza è servita da un generatore di calore, con una taglia media di circa 35

kW termici. La grande diffusione degli impianti autonomi è stata determinata dalla

possibilità di farli funzionare secondo le esigenze dell’utente; il rendimento globale è

più basso rispetto agli impianti centralizzati con maggiori costi di esercizio.

La distribuzione dell'acqua calda avviene con le stesse modalità viste per gli

impianti centralizzati.

Nell’ambito degli impianti autonomi si possono citare i radiatori a gas, elementi

che hanno la forma di un ventilconvettore ed ognuno dei quali possiede un

bruciatore. I vantaggi di questi impianti sono il fatto che il collegamento tra gli

elementi terminali è costituito da un tubo di piccolissime dimensioni, non esistono

problemi di congelamento e l’impianto può essere parzializzato.

Si tratta di impianti a convezione forzata tra i fumi della combustione del gas e

l’aria, che presentano un fattore di scambio molto elevato, pertanto il tempo di

messa a regime è ridotto.

Tra gli svantaggi dei radiatori a gas occorre ricordare che si ha la presenza di

numerose fiamme ed altrettanti scarichi in un appartamento; si hanno inoltre molte

probabilità di guasti e occorre un’adeguata manutenzione, soprattutto nel controllare

gli scarichi.

IMPIANTI AUTONOMI

IMPIANTI

DI CONDIZIONAMENTO

A TUTT’ARIA MISTI

ARIA/ACQUA

a portata

costante

a portata

variabile

a

ventilconvettori

a

induzione

monocondotto

multizone

a doppio

condotto

monocondotto

multizone

a due tubi

a tre tubi

a quattro tubi

a due tubi

a tre tubi

a quattro tubi a doppio

condotto

Classificazione degli impianti di condizionamento.

Impianti di condizionamento

Il controllo di tutte le grandezze microclimatiche è effettuato mediante

l’impiego di aria; la regolazione può avvenire con una variazione della

temperatura di immissione (impianti a portata costante) oppure con una

variazione della portata dell’aria (impianti a portata variabile).

La potenza termica Q fornita e/o sottratta da una data portata d’aria G è:

)TT(GQ aI

in cui e sono densità e calore specifico dell’aria e TI e Ta sono

rispettivamente la temperatura dell’aria di immissione e dell’aria ambiente

Per variare Q, nella regolazione dell’impianto si possono variare:

TI (impianti a portata costante);

G (impianti a portata variabile).

Impianti tutt’aria

Schema di principio di un impianto a tutt’aria.

Impianti tutt’aria

Sono utilizzati in edifici dove il volume da condizionare è costituito da grandi ambienti

con condizioni termoigrometriche di progetto uniformi (teatri, cinema, auditorium, ecc.),

che pertanto possono essere garantite mediante l’introduzione di aria in condizioni di

temperatura e umidità relativa prefissate.

Impianti misti aria-acqua

L’aria ha lo scopo di assicurare il giusto grado di purezza dell’aria

ambiente, l’adeguato tasso di umidità e di controllare la velocità;

la temperatura è controllata mediante la presenza di terminali disposti in

ambiente, costituiti essenzialmente da una batteria di scambio termico

alimentata ad acqua;

la regolazione della temperatura avviene localmente intervenendo sugli

elementi terminali.

Per quanto riguarda il trattamento e la distribuzione in ambiente dell’aria il

sistema è perfettamente analogo a quello relativo agli impianti a tutt’aria.

Schema di principio di un impianto misto aria/acqua.

Impianti misti aria-acqua

Gli impianti misti sono realizzati in edifici dove il volume da condizionare è frazionato

in un numero elevato di ambienti come edifici residenziali, uffici, scuole, ecc.

Impianti a portata costante

L’aria è inviata agli ambienti mediante un sistema di distribuzione costituito

da una rete di canali di mandata e dai relativi terminali di immissione

(bocchette, anemostati, diffusori lineari).

Dove è possibile il ricircolo, è presente anche un sistema di bocchette e

canalizzazioni di ripresa, che convogliano parte dell’aria ambiente di nuovo

nell’unità di trattamento aria, per essere poi ricircolata.

un’unità di trattamento (UTA) è composta dalle seguenti sezioni:

- serrande;

- sistema di filtrazione;

- batteria di pre-riscaldamento;

- sezione di umidificazione;

- batteria di raffreddamento e deumidificazione;

- batteria di post-riscaldamento;

- ventilatore di mandata.

Impianti a portata costante

La regolazione è generalmente del tipo a punto fisso.

Gli impianti a portata costante hanno il vantaggio di essere sistemi

semplici, dal punto di vista sia dell’installazione sia della distribuzione.

Consentono inoltre di utilizzare direttamente aria esterna per il

raffreddamento, quando le condizioni termoigrometriche della stessa lo

consentono (free cooling), e di controllare la qualità dell’aria ambiente

mediante adeguata ventilazione.

Impianti a portata variabile

L’aria è inviata negli ambienti mediante un sistema di distribuzione e,

laddove presente, di ripresa, analogo a quello degli impianti a portata

costante.

La regolazione della potenza termica ceduta o sottratta all’ambiente

avviene mediante variazione della portata d’aria immessa.

Vantaggi: il trattamento di una portata d’aria ridotta può consentire un

significativo risparmio energetico e questo spiega la diffusione di tale

tipologia di impianto negli ultimi anni.

Svantaggi: la riduzione di portata è al massimo del 25 – 30 % del valore

nominale, pertanto a volte non è possibile controbilanciare variazioni

maggiori del carico termico; tali impianti sono quindi realizzati generalmente

in locali caratterizzati da variazioni contenute del carico termico.

Impianti a portata variabile

L’UTA è costituita dagli stessi elementi di quella impiegata negli impianti a

portata costante.

Il ventilatore di mandata è a numero di giri variabile, per consentire la

variazione della portata d’aria; tale variazione, in passato, avveniva mediante

serrande sulla mandata e alette direzionali sull’aspirazione, oggi si impiegano

degli inverter per la variazione della velocità del ventilatore.

Particolare attenzione va posta nella scelta del ventilatore e dei terminali di

immissione, nonché nella progettazione della rete di distribuzione dell’aria,

all’interno della quale si hanno delle variazioni di pressione conseguenti alle

variazioni di portata, che devono essere opportunamente assorbite.

Sistemi monocondotto e a doppio condotto

Sia gli impianti a portata costante che quelli a portata variabile possono

presentare due diverse tipologie di sistemi di distribuzione dell’aria:

- monocondotto;

- a doppio condotto.

Negli impianti monocondotto l’aria, trattata centralmente, è inviata negli

ambienti mediante un’unica canalizzazione; pertanto consente il

controllo delle condizioni termoigrometriche di ambienti singoli, più o

meno ampi, o comunque con caratteristiche omogenee del carico

termico.

Impianto a tutt’aria monocondotto.

Qualora l’edificio non sia costituito da un singolo ambiente o da zone con

carichi termici omogenei e sincronizzati (es. edifici con zone a differente

esposizione, con valori del carico termico massimo contemporaneo

possono verificarsi in ore diverse della giornata, soprattutto nelle stagioni

intermedie) possono adottarsi impianti a doppio condotto.

Impiegano due canali di distribuzione dell’aria: uno per l’aria calda e uno

per l’aria fredda, prodotte contemporaneamente nell’unità di trattamento

dell’aria.

In inverno e nelle stagioni intermedie la portata totale, trattata inizialmente in

un canale unico (pre-riscaldamento e umidificazione), è suddivisa in due

canali, in uno dei quali è raffreddata (canale freddo) mentre nell’altro è

riscaldata (canale caldo).

L’aria immessa in ambiente è costituita da una miscela delle due correnti

d’aria, effettuata in una scatola di miscelazione collocata in prossimità di

ciascun ambiente.

La portata d’aria è immessa nella scatola dalle due canalizzazioni

mediante serrande coniugate comandate da un termostato ambiente, che

regola la portata d’aria proveniente dai due canali in funzione della

variazione di temperatura nell’ambiente da condizionare.

In questo modo l’impianto è in grado di compensare contemporaneamente

carichi termici e frigoriferi.

In estate i pre-trattamenti nel canale unico non sono effettuati.

I sistemi a doppio condotto hanno lo svantaggio di essere più costosi.

Impianto a tutt’aria a doppio condotto.

Sistemi multizone

Un sistema che costituisce un compromesso tra gli impianti monocondotto

e quelli a doppio condotto è costituito dai sistemi multizone.

Possono essere impiegati nel caso di edifici molto grandi, in cui è possibile

individuare zone termoigrometriche con diversità d’impiego o di

esposizione.

L’aria è trattata centralmente e distribuita con la stessa umidità specifica,

ma ad una temperatura diversa a seconda delle zone.

Tutti i trattamenti dell’aria, tranne il post-riscaldamento, sono effettuati

centralmente; a valle dell’umidificatore adiabatico la portata d’aria è

suddivisa in funzione delle esigenze delle diverse zone individuate

all’interno dell’edificio ed è trattata in altrettante batterie di post-

riscaldamento di zona.

Impianto a tutt’aria a portata costante multizone.

Impianti di condizionamento misti aria-acqua

L’immissione di aria (detta aria primaria) consente il controllo dell’umidità

relativa, della velocità e della purezza dell’aria ambiente; la circolazione di

acqua all’interno di opportuni elementi terminali consente il controllo

localizzato della temperatura dell’aria ambiente.

L’ingombro dei canali per la distribuzione dell’aria è minore rispetto agli impianti

a tutt’aria, essendo la portata necessaria al controllo di umidità relativa e purezza

generalmente inferiore rispetto a quella necessaria al controllo della temperatura.

Il controllo locale della temperatura influenza il valore dell’umidità relativa

dell’aria che, essendo controllato centralmente, può assumere valori al di fuori di

quelli ottimali quindi occorre che i carichi latenti non risultino eccessivi, al fine di

consentire un miglior controllo dell’umidità relativa.

L’elevata portata d’aria primaria che si renderebbe necessaria vanificherebbe il

vantaggio delle dimensioni contenute dei canali di distribuzione, tipico di queste

soluzioni.

Negli impianti misti non viene effettuato il ricircolo; l’aria è pertanto estratta

mediante torrini di estrazione collocati in corrispondenza dei servizi che,

trovandosi in depressione, richiamano aria da tutti gli ambienti.

L’aria è generalmente fatta fluire attraverso i corridoi, nei quali transita

attraverso opportune griglie di transito installate nelle porte dei singoli

ambienti.

Impianti di condizionamento misti aria-acqua

In base alle caratteristiche degli elementi terminali, possono essere

classificati in:

- impianti con ventilconvettori;

- impianti a induzione.

Elementi terminali di un impianto

misto aria/acqua: venticonvettore

Sono elementi terminali che cedono o

sottraggono calore all’ambiente per

convezione forzata.

L’aria ambiente è fatta circolare dal

ventilatore attraverso la batteria di

scambio termico alimentata ad acqua

calda o refrigerata (inverno/estate),

con la quale scambia calore per

convezione forzata.

L’aria primaria è distribuita a bassa

velocità e a portata costante.

VENTILCONVETTORI

La regolazione avviene imponendo all’aria in uscita valori costanti di temperatura e

umidità relativa al variare delle condizioni esterne.

In inverno si invia aria a temperatura a 20-22 °C, mentre in estate tale valore

diventa 25 °C se è presente il postriscaldamento, oppure circa 16 °C.

VENTILCONVETTORI

Svantaggi:

- la deumidificazione incontrollata sulla batteria fredda, da cui consegue

un’inaccurata regolazione dell’umidità relativa attraverso l’aria primaria. Per

limitare questo inconveniente conviene dimensionare le batterie del freddo dei

ventilconvettori per una temperatura d’alimentazione dell’acqua pari a 11-13 °C, in

modo da limitare la condensazione nei terminali e affidare completamente il

controllo dell’umidità all’aria primaria;

- la rumorosità dei ventilconvettori, che contengono parti in movimento;

- la necessità di manutenzione dovuta alla presenza di una linea elettrica, un

elettroventilatore con commutatore di velocità, una o due batterie di scambio

termico e una o due valvole a più vie soggette a perdite, un filtro da pulire

periodicamente, uno scarico per l’acqua di condensazione, un’apparecchiatura

locale di regolazione.

Elementi terminali di un impianto

misto aria/acqua: mobiletto a

induzione (b).

I mobiletti ad induzione impiegano un

getto d’aria primaria ad alta velocità e

pressione per trascinare l’aria

ambiente.

Oltre a fornire ai locali l’aria esterna di

ventilazione (aria primaria), viene

generato un moto indotto dall’aria

ambiente (aria secondaria) che viene

riscaldata o raffreddata da una batteria

di scambio termico posta nell’induttore.

MOBILETTI A INDUZIONE

Possono presentare problemi di

rumorosità dovuti al transito dell’aria

primaria attraverso gli ugelli, a velocità

relativamente elevata.

MOBILETTI A INDUZIONE

L’aria è immessa attraverso bocchette posizionate all’ingresso dei locali, al di

sopra delle porte, nel caso degli impianti a induzione l’aria primaria deve essere

addotta all’elemento terminale mediante un canale che, nella maggior parte dei

casi deve attraversare il locale per giungere al mobiletto a induzione, di solito

posizionato dal lato opposto rispetto alle porte e alle dorsali del sistema di

distribuzione (sotto-finestra).

Maggiore ingombro da parte dell’impianto, con la necessità di realizzare

controsoffitti all’interno dei locali e con incrementi nei costi di installazione.

Impianti a due, a tre o quattro tubi

Sia negli impianti a ventilconvettori sia in quelli a induzione la distribuzione

dell’acqua può avvenire con un sistema a due, tre o quattro tubi.

I singoli elementi terminali sono collegati alla centrale di trattamento dell'acqua

con un circuito a due tubi del tutto analogo a quello utilizzato per gli impianti di

riscaldamento.

In figura si nota il collegamento degli elementi terminali al circuito dell’acqua

calda o a quello dell’acqua refrigerata; tutti gli elementi terminali sono

contemporaneamente o riscaldati o raffreddati, mentre potrebbe essere

necessario un contemporaneo raffreddamento in alcune zone e un

riscaldamento in altre.

Quando si passa dal funzionamento invernale a quello estivo o viceversa si

effettua la commutazione del circuito.

Sistemi a due tubi

Impianto a ventilconvettori a due tubi alimentato dal circuito caldo (a) e dal circuito

freddo (b).

b)

a)

Per evitare la commutazione e consentire il contemporaneo riscaldamento e

raffrescamento di ambienti diversi (che potrebbe rendersi necessario in locali con

diversa esposizione, soprattutto nelle stagioni intermedie), si adottano sistemi a tre

o quattro tubi.

Sistemi a tre tubi

Gli elementi terminali, tramite una valvola deviatrice a tre vie, sono collegati a

entrambi i circuiti dell’acqua calda e refrigerata; è così possibile che alcuni terminali

siano riscaldati mentre altri contemporaneamente sono raffreddati, realizzando una

regolazione a più zone.

Tutte le uscite dei ventilconvettori, sia caldi sia freddi, possono confluire in un unico

condotto di ritorno che porta alla caldaia e e alla macchina frigorifera.

Si ha un notevole dispendio di energia in quanto l’acqua di ritorno si porta ad una

temperatura intermedia tra quella calda e quella refrigerata e deve essere poi

trattata in centrale, con un considerevole salto termico.

Sistemi a quattro tubi

Oltre a mantenere completamente separati i circuiti dell’acqua calda e

refrigerata, questi sistemi hanno elementi terminali che presentano due batterie,

una per l’acqua calda e una per quella refrigerata, collegate ai rispettivi circuiti.

Delle due batterie entra in funzione di volta in volta quella in grado di soddisfare

le richieste termiche di ciascun ambiente.

Tali sistemi risultano molto più costosi di quelli a due tubi in quanto presentano

un doppio circuito e degli elementi terminali molto più complessi, essendo dotati

di due batterie.

(Sono l’equivalente degli impianti a tutt’aria a doppio condotto).

Inserendo sulle uscite una valvola a tre vie deviatrice, azionata in parallelo a

quella in ingresso, si possono tenere separati il circuito caldo da quello freddo in

tutto lo sviluppo della rete. Il termostato ambiente che agisce sulle valvole

d’ingresso e d’uscita le commuterà contemporaneamente, inviando tutte le uscite

fredde alla rete fredda e tutte quelle calde alla rete calda.

Impianto a ventilconvettori a quattro tubi: M1 e M2 sono alimentati dal circuito

freddo, M3 da quello caldo.