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SUSPENCE…….. RACCONTI DEL BRRRRRIVIDO!

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SUSPENCE……..

RACCONTI DEL BRRRRRIVIDO!

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OMBRE MISTERIOSE

Era sera, mi trovavo solo in casa e stavo guardando la televisione; all’improvviso avvertii una presenza misteriosa alle mie spalle.Era una sera particolare, perché solitamente c’erano sempre i miei familiari a tenermi compagnia, ma, in quell’occasione, a causa di improvvisi impegni lavorativi mi avevano lasciato a casa da solo.Inizialmente pensavo che fosse un semplice brusio proveniente dalla televisione, ma, quando il rumore si fece sempre più insistente e vicino a me, rimasi impietrito dalla paura. Mi sentivo terrorizzato perché era un rumore costante e sempre più forte, pensavo provenisse da dietro la mia

poltrona. Presi coraggio e mi voltai di scatto per vedere chi potesse esserci dietro alle mie spalle e, con mia grande sorpresa, vidi un essere informe, fluttuante nell’aria e la sua immagine mi fece ritornare in mente una scena di un film di paura, in cui comparivano, sulla Terra, dei mostri giganti privi di una forma ben definita.

Questa visione mi riempì di paura e, non sapendo più cosa fare, decisi di cercarmi un nascondiglio all’interno della casa.Il primo posto che mi venne in mente e quello più vicino fu la doccia del bagno. Una volta entrato provai un “fiume” di sensazioni che andavano dalla paura, al terrore, al disgusto, fino ad arrivare all’angoscia più totale.Dopo aver “ smaltito “ queste sensazioni di disagio, mi affacciai dalla doccia per vedere se la presenza misteriosa mi avesse seguito o se ne fosse andata.

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Notai, in realtà, che nella stanza non c’era nessuno e, per capire cosa stesse succedendo, aprii le finestre e vidi che quella strana presenza altro non era che l’immagine di alcuni rami di alberi, mossi dal vento, che producevano un suono

spaventoso.Fatta la scoperta, mi sentii molto sollevato e più tranquillo anche se mi resi conto che forse era meglio non vedere film horror che mi avevano così profondamente condizionato.Tornati i miei genitori, raccontai loro l’accaduto e tutto si risolse con una grande risata.

Andrea S.

Un'inquietante giornata

Stava calando la notte e la poca luce che illuminava il tragitto verso la mia stimata meta stava terminando. Dovevo sbrigarmi altrimenti sarei restato lì a marcire, fino alle prime luci dell' alba. 

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Avevo deciso di incamminarmi a casa mia imboccando un'altra strada, più breve, ma decisamente più complicata essendo immersa nella selvaggia natura. Me  lo aveva detto mio padre di non accorciare per quella strada, ma logicamente ignorai le sue raccomandazioni ed infatti mi ero cacciato in un enorme guaio. Inizialmente ero animato da un grande senso di certezza, ero sicuro che non mi sarebbe accaduto niente pur non essendoci mai entrato, ma mi ero di gran lunga sbagliato. Mi inoltrai subito dentro quella fitta foresta, caratterizzata da

lunghi rami intrecciati tra di essi e ciò faceva penetrare poca luce nel vasto terreno del bosco. 

Facevo sempre molta fatica a proseguire lungo il sentiero e se non prestavo un’accurata attenzione, potevo finire con i piedi in un'immensa pozza di fango, rifugio di tanti animali a me sconosciuti.

 D'un tratto un rumore mi attraversò l'orecchio e mi voltai cercando di scoprire la causa di quell'agghiacciante stridore. Continuai la mia camminata a passo felpato, cercando di non farmi notare, ma per sbaglio calpestai un vecchio pezzo di ferro battuto che giaceva sui margini del sentiero. Improvvisamente uno stormo di uccelli mi sorvolò la testa e il vento che venne provocato da ciò mi spazzò via. Il livello di paura aumentò nel mio corpo a dismisura e dopo essermi rialzato corsi con affanno lungo il sentiero, anche se non conoscevo dove terminasse. Correvo a più non posso e il mio cuore batteva talmente forte che mi sentivo il petto cedere e squarciarsi da un momento all’altro. Nel frattempo la luce rimanente stava scomparendo nel nulla e come essa, anche io. Un altro rumore penetrò nel mio orecchio, ma era un soave rumore, quasi un suono per me. Udii un medesimo suono un attimo dopo e se non mi sbagliavo era quello di un'auto. Ormai ero certo che mi trovavo vicino ad una strada e così cercai di seguire quei clacson provenire da un chilometro di distanza, fino a quando non scorsi la vera e propria strada che mi rasserenò, che riportò la felicità in me. 

Mi voltai per l’ultima volta di fronte all’inquietante giungla che oltrepassai e, fiero di me per essere riuscito a compiere l’impresa fino alla salvezza, mi diressi verso casa, promettendomi di non mettere più piede dentro quel luogo. 

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Francesco

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TERRORE ALLA TVEro da solo perché i miei erano a una cena di lavoro, guardavo la televisione; all’improvviso sentii una presenza alle mie spalle come un fantasma: ero raggelato. Mi ricordai che avevo provato la stessa sensazione una notte

quando ero andato in un bosco dove giravo con il mio cane. Avevo sentito una presenza, mi ero girato, ma non avevo visto nessuno. Avevo continuato la passeggiata con passo svelto: ero terrorizzato! Mi feci forza e mi girai, mi accorsi che era solo un camoscio con il suo piccolo. Dopo quel ricordo mi tranquillizzai e ripresi a guardare la televisione. Decisi di andare in cucina a preparami un omelette ma all’ improvviso

sentii dei passi provenire da dietro di me. Mi girai e vidi che era solo un topo, ma non sapevo che fare! Da una parte non volevo cacciarlo ma dall’ altra lo dovevo mettere alla porta, quindi presi la scopa e lo cacciai via da casa. Poi cercai di capire da dove provenisse l’ombra minacciosa, così mi misi a cercare dappertutto, anche in cantina; l’unica cosa, però, che aveva quell’altezza era l’appendi abiti, ma visto che era sempre rimasto lì di certo non era posseduto dagli spiriti. Me ne andai a letto senza sapere cosa fosse di preciso quell’ ombra minacciosa che mi aveva impaurito.

Nicolò

L’AVVENTURA NELLA CASA ABBANDONATA

Battei un colpo, la porta scricchiolante si aprì da sola ed entrai. Avevo il cuore in gola; la luce che entrava si riflettè su una spada imbrattata di sangue fresco posta sul pavimento.Sentii dei passi provenire dal piano superiore, rimbombavano in tutta la casa. Il pavimento scricchiolava al punto che anche il lampadario si muoveva. Dentro

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di me sentii un’ansia irrefrenabile che mi causò un’improvvisa sudorazione: sentivo che sarebbe successo qualcosa di brutto.Mi addentrai nella casa buia ed oscura senza sapere che rischio stavo correndo, ma avevo timore che mi succedesse qualcosa di terribile. Dopo un attimo di confusione riuscii a mettere a fuoco l’intero atrio: era completamente “affogato di polvere”, alla mia destra c’era una scala di legno a chiocciola completamente rovinata dalle termiti. In apparenza la casa sembrava abbandonata, ma la vista di gocce di sangue sulle scale e il rumore dei passi provenientidal piano superiore mi fecero capire che nell’edifico c’era qualcuno mal intenzionato.Decisi di imboccare la scala a chiocciola che mi avrebbe portato verso la verità per scoprire chi c’era dietro a tutto questo, anche se non riuscivo a respirare in quanto erano pericolanti, ma con molta attenzione giunsi al piano in cui si sentivano i passi. Vidi un uomo vicino a un cadavere appeso al soffitto e non mi sembrava una persona amichevole. Anche se non volevo più stare in quella casa lurida, mi incuriosiva l’uomo vicino a quel cadavere e mi chiesi perché l’avesse fatto. Proprio in quel momento l’uomo si girò e mi vide. Mi misi a correre più che potevo per scappare da quella strana persona, non mi volevo

far prendere...Non mi scorderò così facilmente questa avventura.Anche se lo raccontass ialle persone più affidabili, non mi crederebbero; certamente non vorrei ritornare di nuovo in quella casa stregata e paurosa!Ogni volta che ci ripenso mi viene la pelle d’oca e non riesco a smettere di tremare dal terrore.

Adrian

La nave abbandonataErano le sette di sera e stavo in casa di mia nonna, visto che da lei non ci sono molte cose da fare, decisi di chiamare i miei amici Luca e Marco per fare una passeggiata al porto. Ci incontrammo sotto casa di mia nonna e da lì partimmo

per la nostra scorrazzata notturna. Durante il viaggio io dissi a Luca: ”Andiamo al porto e poi chiamiamo mia nonna e le diciamo di venirci a prendere perché siamo stanchi.” A pochi passi dal porto, incominciammo ad

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udire i suoni delle sirene delle barche che partivano per lontane destinazioni. Io sghignazzando tra me e me decisi di inventare una storia paurosa e di raccontarla ai miei amici con l’intensione di farli spaventare: ”Lì, ragazzi, è accaduta una cosa fantastica, me la ha raccontata mio nonno. Circa trent’anni fa, quando mio nonno aveva cinquant’anni, sentì alla tv che al porto di Ladispoli, proprio dove stiamo andando, un ragazzo di dodici anni era uscito da solo in mare con una barca ma non aveva fatto più ritorno a casa e non fu mai più ritrovato. Una leggenda di pescatori narra che il ragazzo morì e che il suo corpo in verità sia rimasto nascosto nella barca arenata sulla spiaggia. Pare che tutte le sere di luna piena, come questa, venga in città e che il suo fantasma esca per spaventare tutti i bambini che vanno in giro da soli.” Luca e Marco si impaurirono molto, ma Marco sembrava aver capito che quello che dicevo era una bugia. Quando arrivammo al porto ci accorgemmo che la nave ormai cadeva a pezzi e pensammo che fosse molto pericoloso entrarvi dentro, ma alla fine decidemmo di entrarci. Luca cominciò a tremare alla sola idea. Io lo tranquillizzai e gli dissi che ci avevo ripensato e poi lo invitai a sedersi e a bere un po’ d’ acqua che prendemmo a una fontanella lì vicino. Alla fine io confessai e dissi loro: ”Ragazzi, scusatemi per avervi spaventato, ma la storia che vi ho raccontato non è vera, quel relitto sulla spiaggia è solo un vecchio peschereccio. Vi prometto che non lo farò mai più.” Loro mi risposero: ”OK, ma la prossima volta non ti perdoneremo e sbrigati a chiamare tua nonna che non vediamo l’ora di tornare a casa”. Quando arrivammo a casa, io li salutai e mi promisi di non fare mai più scherzi di questo tipo.

Gabriele I.

Presenze anomaleEra sera, mi trovavo da sola in casa e stavo guardando la televisione. All’improvviso avvertii una presenza misteriosa alle mie spalle…ma non mi girai e rimasia vedere la tv. Ad un certo punto vidi che stava cominciando a

piovere. All’improvviso se ne andò la luce e sentii dei rumori che provenivano dal piano di sopra. Io mi impaurii e sentivo il corpo che mi tremava. Grazie ad un po’ di luce che proveniva da fuori, salii le scale e mi ritrovai di sopra dove vidi un’ombra. Trattenendo il respiro solo per pochi minuti, guardai meglio, ma l’ombra se ne era andata e non trovai

nessuno. Udii una presenza e ancora una volta sentii come se qualcuno mi toccasse il braccio,

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ma intorno non c’era niente. Continuai a pensare che fosse uno spirito o un fantasma ma non sapevo che fare. Scesi dalle scale, ritornai di sotto e mi sdraiai sopra al divano aspettando che i miei genitori arrivassero e che ritornasse la luce. Quando la luce ritornò, però, quello presenza continuava ad esserci: era solo un ragno aggrappato sulla mia spalla!

Poi sentii ancora dei rumori che provenivano dalla continua, ma questa volta non andai a vedere che cosa era per il timore che avevo dentro, perciò mi rannicchiai sul divano aspettando che i miei genitori tornassero. Quando i miei genitori arrivarono, dopo un po’ di tempo, io gli raccontai tutto. Insieme andammo a vedere che cosa erano i rumori in cantina e mi accorsi che era una finestra aperta con la pioggia e il vento che entravano. La finestra l’aveva aperta mia madre per far entrare l’aria e non lasciarci la puzza di polvere di sporco e così mi sentii sollevata.

Claudia

IL BOSCO DELLE RIFLESSIONI

La notte era calma e la luce della luna filtrava tra i rami fitti degli alberi. Continuavo ad inoltrarmi senza una meta precisa, senza più orientarmi. Il bosco era quieto e silenzioso come se qualcuno avesse catturato tutti i rumori. Non si sentiva nemmeno il fruscio delle foglie mosse dal caldo vento o gli

squittii degli scoiattoli.Mi piaceva girovagare per i sentieri senza una meta precisa. Ero finita lì per puro caso. Dovevo andare a comprare il latte per mia nonna che non poteva uscire di casa perchè era malata e, sulla strada del ritorno, avevo notato un cartello con su scritto: "Bosco delle riflessioni". Incuriosita da quel nome, mi ero addentrata nel bosco, inconsapevole di ciò che mi sarebbe capitato col giungere della notte. Infatti più camminavo e più mi sentivo attratta da quel posto, tant'è che, addentrandomi sempre di più, mi persi. Inizialmente non mi ero resa conto dell' accaduto, essendo con la mente da un'altra parte. Era ormai giunta notte fonda ed io continuavo a camminare senza sosta, non capendo dove trovavo tutte quelle le energie. Ad un tratto mi fermai e guardai che ore erano: mezzanotte passata!!Dovevo tornare a casa o mia nonna si sarebbe preoccupata seriamente. Fu in quel momento che mi accorsi di essermi persa. Il cuore cominciò a battere molto velocemente tant'è che se ci avessi provato non sarei riuscita a contare i

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battiti. Quello che mi sembrava un posto meraviglioso, ora era diventato il mio peggior incubo. Mi guardavo intorno in cerca di un indizio che potesse portarmi sulla via di casa ma non trovai nulla. Così ragionai arrivando alla conclusione che dovevo sicuramente andare dalla parte opposta. Quindi mi voltai e cominciai a camminare. Passò un'ora ma non riuscivo ancora a scorgere l' uscita dal bosco. Per tutta la notte non avevo sentito un rumore ma all'improvviso le mie orecchie udirono qualcosa. Infatti da dietro un cespuglio provenivano degli strani versi, come se ci fosse un leone che ruggisse debolmente. Ma io sapevo che non poteva esserci un leone in un bosco d'Italia. Cercai di allontanarmi il più possibile senza distogliere lo sguardo da quel cespuglio. Ma più passi facevo, più i rumori sembravano avvicinarsi. Allora, spaventata, decisi di affrontare le misteriosa creatura. Mi avvicinai al cespuglio armata di un bastone e lo colpii con tutta la mia forza. In quel momento vidi qualcosa muoversi proprio nel punto dove

avevo colpito. Attesi e dopo qualche secondo uscì uno scoiattolo spaventato che fuggì.Ripresi a camminare in una direzione qualunque, poi mi ricordai di una cosa, un oggetto che avevo visto qualche ora prima appeso ad un albero e che poi era riapparso su altri alberi: era una specie di fazzoletto rosso. Corsi nella direzione in cui l'avevo visto. In quel momento il cuore mi batteva a mille, non perchè avevo paura ma perchè forse avevo trovato il modo di uscire

finalmente dal bosco. Correvo a perdifiato e pensavo a quanto sarebbe stata felice la nonna appena mi avrebbe rivisto. Ad un certo punto, in lontananza, scorsi qualche cosa che si muoveva. Era molto grande ed emetteva strani lamenti. In un primo momento pensai che fosse un cervo ma poi qualcosa mi face cambiare idea. Mi avvicinai e, con il fiato mancante, ebbi la brutta notizia che si trattava di qualcosa di molto peggio di un cervo inferocito: era un gigantesco CINGHIALE!!La cosa peggiore era che io avevo una grandissima paura dei cinghiali perchè in quel periodo avevo sentito la storia di un uomo che era andato a caccia e si era imbattuto in uno di questi esseri. Aveva cercato di sparare ma il fucile si era inceppato e così il cinghiale si era avventato sull'uomo prima ancora che egli avesse avuto il tempo di gridare. Temevo che ciò che era accadduto a quel signore sarebbe successo anche a me e perciò cominciai a correre. Il cinghiale, nonostante la sua mole, non era certo lento

anzi, correva velocissimo!Dopo qualche minuto, trovai una biforcazione. Non avendo tempo a sufficienza per decidere quale strada imboccare, mi avviai verso quella che mi sembrava più facile da percorrere.Correvo senza sosta quando, in lontananza, scorsi un piccolo fazzoletto rosso appeso ad

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un ramo e mi sentii sollevata, come se non fossi stata in fuga da un cinghiale. Ormai carica di adrenalina, cominciai a correre più veloce di una lepre, seguendo la scia di fazzoletti attaccati agli alberi.Eccola! Ero finalmente giunta all'uscita dal bosco!! Infatti intravedevo una luce lontana, ancora fioca ma che si accentuava man mano che mi avvicinavo. Sì, ce l'avevo fatta. Feci l'ultimo sforzo e uscii dal bosco stanca ma sana e salva. Mi avviai contenta verso casa della nonna. Mi ero completamente dimenticata del cinghiale, tant'è che non ricordavo nemmeno come avevo fatto a fargli perdere le mie tracce.

Giunsi a casa di mia nonna e le raccontai tutto. Non riesco ancora a dimenticare l'espressione che aveva sul volto quando, al suono del campanello, aprì la porta e si trovò me davanti. Aveva un sorriso che andava da orecchio a orecchio e non smetteva di abbracciarmi e di baciarmi su ogni angolo della faccia. Insomma, quella sì che fu un'avventura.

Rossella LA CASA DEI CASTERVILLE

La notte era calma e la luce della luna filtrava tra i rami fitti degli alberi. Continuavo ad inoltrarmi senza una meta precisa, senza più orientarmi e la paura si faceva sentire. Durante il percorso con la coda dell’occhio vedevo delle ombre muoversi di soppiatto, ma non ero proprio sicuro che fossero ombre naturali, credo che qualcuno di losco mi seguisse tra i cespugli e i rami degli alberi abbattuti. Mi perseguitavano e non mi lasciavano vie di fuga. Ad un tratto un portone logorato dal tempo apparve davanti ai miei occhi: era quello dell’abitazione della vecchia e spaventosa famiglia Casterville. Bussai con due lievi colpi. La porta dopo qualche istante si aprì, ma all’interno non si vedeva niente, soltanto il buio totale; visto che non avevo altre vie per sbarazzarmi di quelle fastidiose ombre entrai e chiusi il portone senza esitazione. Mi muovevo vagando nel buio e nel frattempo sentivo tanti inquietanti scricchiolii, come se qualcuno mi stesse alle spalle. Ad un certo punto sentii sulla mia spalla qualcosa di peloso che mi toccava e, agghiacciato, col cuore a mille, lo presi e lo tirai: ecco che con un flash tutta la casa si illuminò. Il muro aveva un colore rosso sangue con appesi tanti quadri raffiguranti la famiglia Casterville. Era una ricca famiglia, un giorno un bracconiere aveva dato fuoco alla casa sterminando i familiari, ma i figli della famiglia ed un maggiordomo si erano salvati. Si chiamavano Sophie Casterville, Louis Casterville ed il maggiordomo Le Blasch. Ricostruirono il palazzo ma i ragazzi grandi non vi abitarono nemmeno un giorno. Louis se ne andò nella biblioteca familiare situata nella foresta, invece Sophie e il maggiordomo si trasferirono in città facendo nuove conoscenze dimenticandosi della loro dimora e del fratello. Mentre ammiravo i quadri, con la coda dell’occhio intravidi una piccola cosa che andava verso delle scale gigantesche ricoperte da un tappeto rosso con dei ricami d’oro puro. Salii le scale e davanti a me trovai un infinito corridoio spoglio, alla fine del quale si trovava una porta; osservai uscire un filo di luce dal buco della serratura. Mi affrettai lungo il corridoio e, arrivato alla porta, appoggiai il gomito sulla maniglia per riprendere fiato. Aprii la porta e un bagliore accecante mi fece chiudere gli occhi, li aprii e si fece buio, ma da un’altra stanza si vedeva una grossa ombra muoversi minacciosamente. Non sapevo cosa fare e la paura mi aveva imprigionato; la porta alle mie spalle si serrò con

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un colpo e non avevo scelta, dovevo aprire la porta di quella stanza e vedere di cosa si trattava. Aprii quella spaventosa porta e trovai uno strano animaletto peloso muoversi davanti alle candele formando delle ombre dall’apparenza mostruosa. Rincuorato, uscii da quella stupida casa. Fuori, finalmente, era spuntato il sole che mostrava un bosco incantato pieno di fauna e di flora. Ormai le ombre erano scomparse per sempre.

Gabriele T.

STORIA DI TRAFFICANTI

I miei amici mi lanciarono una sfida: entrare nella casa abbandonata e io accettai per non passare da vigliacco. Battei un colpo, ero spaventato, la porta si aprì cigolante ma non c’era nessuno dietro; entrai, anche se avevo il cuore in gola. La luce che entrava dal lucernario andò a riflettersi su un’armatura settecentesca posta sul pavimento. I mobili erano rovinati e ricoperti di polvere, sentii dei passi provenire dal piano superiore, io deglutii per la paura. Dentro di me sentii un’ansia irrefrenabile che causò in me un’improvvisa sudorazione. I passi rimbombavano in tutta la casa, il pavimento scricchiolante al tal punto che il lampadario si muoveva. Ero atterrito. Mi addentrai all’ interno della casa, avevo il timore che mi crollasse addosso. Dopo un attimo di confusione riuscii a mettere a fuoco l’intero atrio; era completamente affogato nella polvere. Decisi di imboccare la scala a chiocciola che mi sembrava

portasse verso la verità. Dietro la scala di legno, completamente rovinata dalle termiti, la casa sembrava in apparenza abbandonata ma la vista di gocce di sangue sulle scale e il rumore dei passi provenienti dal piano superiore mi fecero capire che c’era qualcuno malintenzionato nell’edificio. Non riuscivo a respirare in quanto avevo il terrore di non tornare più indietro. La scala era molto ripida e i gradini

pericolosi ma decisi di salire lo stesso. Arrivato in cima alla scala, vidi una porta ma ne aprii solo uno spiraglio per sbirciare un po’; riuscii ad intravedere due persone che parlavano animatamente tra di loro e vicino c’era un corpo sanguinante. Mi spaventai, avevo paura che se mi avessero visto avrei fatto la sua stessa fine. Le gambe mi tremavano e avevo persino paura che si sentisse il rumore del mio cuore e del mio respiro ma rimasi a guardare. Vidi che si passavano una bustina con della polvere bianca. Allora capii che erano

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trafficanti di droga e che quello era stato un regolamento di conti. Così, ancora più spaventato , tornai indietro senza farmi sentire. Uscito dalla casa, con il cuore in gola, chiamai la polizia e gli dissi quello che avevo visto. Loro sentirono la mia agitazione e mi dissero di stare tranquillo. Dopo qualche minuto li sentii arrivare e di lì a poco uscire con i trafficanti. Finalmente mi sentii come se non avessi più un macigno sullo stomaco. I poliziotti mi ringraziarono e mi fecero i complimenti per il mio coraggio. Il giorno dopo tutti parlavamo di me e io mi sentivo un eroe ed ero anche felice perché i miei due amici avevano perso la sfida.

Nicolò

La rosa del maleIn una cittadina del sud si mormorava di una rosa che se annusata quando vi è la luna piena la morte sarebbe certa.

Un esperto in fiori decise di fare ricerche su questa rosa e scoprì che non era nè rossa nè rosa e neanche bianca ma era blu. Non si sapeva con certezza dove crescesse ma di sicuro non in un giardino nè in un parco. Questo portò il ricercatore a fare ricrche su ricerche e alla fine i suoi sforzi vennero ricompensati. Scoprì che nasceva in un luogo non molto lontano da lì, in pratica si trovava nel giardino di un castello che tutti

pensavano abbandonato.Ma non era vero e lo scoprì a sue spese.Si precipitò subito in quel castello ma l’ingresso era chiuso da un lucchetto perchè cinque anni prima c'era stato un omicidio che riguardava una famiglia intera composta da tre bambini di 5, 9 e 3 anni. Il ricercatore scavalcò lo stesso il cancello e appena andò in giardino la vide. Era proprio lì davanti a lui ancora ricoperta di rugiada .

La colse delicatamente, si voltò e vide un uomo, una specie di maggiordomo con una mazza in mano. Pensò subito che fosse intenzionato a picchiarlo, ma invece gli chiese solo cosa ci faceva lì e il ricercatore rispose che era venuto solo per la rosa. A quel punto voleva andarsene ma il maggiordomo non gli diede alcuna via d'uscita e quindi tirando fuori un coltello dalla tasca uccise il povero ricercatore. La rosa cadde dalle sue mani e

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con lei anche lui .

IL caso non fu mai risolto e non si scoprì neanche perché il così detto maggiordomo\assassino tenesse tanto a quella rosa blu.

Carlotta

Un incontro inaspettatoMi girai e li vidi. Sì, erano proprio loro, quei due strani ragazzi che fino a poco prima mi avevano fatto cadere per terra. Correvano verso di me, ed io istintivamente iniziai a scappare per tutta la strada

sterrata. Era orribile pensare che se mi fossi fermato anche solo per riprendere fiato sarei potuto essere catturato da quei due. Volsi la testa per vedere se erano ancora dietro di me… ma inciampai su una radice e

caddi. Aprii gli occhi e mi ritrovai legato a un palo all’ intero di un’ abitazione poco rassicurante per non dire fatiscente; sì , quella casa non aveva né il tetto né la porta. La conoscevo bene perché il pomeriggio quando non avevo niente da fare andavo là la con i miei amici. Le pareti interne erano ammuffite e il maleodorante tanfo che proveniva dal pavimento non era molto allietante. Calava la notte e io stavo lì dentro, iniziò a piovere e per fortuna non mi bagnai tanto. Urlavo e nessuno mi sentiva;

arreso e stanco morto mi riaddormentai sperando che svegliandomi sarebbe passato tutto. Il giorno dopo appena mi svegliai c’erano davanti a me quei due. Urlai. Loro risero e avanzarono verso di me. Uno di loro era moro, aveva una cicatrice sulla guancia. Gli occhi non si riuscivano a vedere per via della sua frangia. Aveva in mano un coltello che era sporco di rosso… avevo paura di scoprire cos’era quella melma… ma l’avrei scoperto presto.

Avvicinò il coltello verso di me. Io non riuscivo più a parlare. Mi vide terrorizzato… forse ebbe un po’ di compassione e allora buttò il coltello a terra. Il suo compare, però, gli diede uno scappellotto e gli urlò: << Ma perché l’hai buttato via? Colpiscilo, così la finiamo qui!!>>.

Il ragazzo biondo raccolse il coltello e…. mi slegò! Si vedeva che non era un cattivo ragazzo, mentre il suo amico no.. I suoi occhi erano neri e i capelli erano

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di un rame accecante, gli mancavano tre dita.. si vedeva dagli occhi che era uno psicopatico… oppure uno che aveva sofferto a tal punto da voler bloccare la vita ad altri… solo per avere altre persone sofferenti vicino a lui.

Subito corsi via. Avevo dormito per quasi due giorni di seguito, mi sentivo in forze pronto

per correre dappertutto. Ma il tipo psicopatico prese il motorino e mi rincorse alla velocità della luce. Deviai per il bosco e feci perdere le mie tracce.

Arrivai alla centrale della polizia ma era chiusa. Mi guardai intorno e lo vidi. Scappai per una strada, arrivato alla fine c’ era un vicolo cieco. Lui venne da me. Si mise le mani in tasca e ripeteva in continuazione: << Ora sei morto!>>.

Non trovai altra maniera per salvarmi.. dovevo farlo, misi una mano in tasca a mo’ di pistola e dissi: << Anch’io qui dentro ho una pistola! Va’ indietro o ti sparo!>>.

Lui rise e ne approfittai per scappare. L’avevo scampata ma non era ancora finita. Dovevo ancora arrivare a casa e da qualcuno che mi potesse aiutare.

Guardai in alto e lessi il nome della via: <<Via delle Mollette>>. Allora mi ricordai di Stefano, un mio amico che aveva lo zio poliziotto, che abitava proprio in quella via. Mi misi, quindi, a cercare quale fosse la sua abitazione. Finalmente la trovai e lui mi aprì. Gli raccontai tutto ciò che mi era successo. Lui allora con gran fretta chiamò lo zio che corse subito da noi. Mi chiese come era fatto l’impostore e io glielo descrissi. Lo zio non poteva crederci e nemmeno io.. AVEVO SCOPERTO L’ ASSASSINO DI CUI SI ERA PARLATO TANTO IN QUEGLI ULTIMI MESI!! Non sapevo se essere felice perché l’avevo scoperto oppure essere demoralizzato perchè se quel ragazzo non mi avesse “salvato” ora non potrei più raccontare questa incredibile storia al mondo.

Chiara

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DA SOLI A CASA…

Era sera, mi trovavo da sola in casa e stavo guardando la televisione. Mamma era fuori per una cena di lavoro, non sarebbe tornata prima di mezza notte e papà, sempre per lavoro, era in Calabria. I miei fratelli, invece, chi da un’ amica di scuola, chi da un amico di nuoto, sarebbero rimasti fuori di casa per tutta la notte. Sostenevo che quella sera mi sarei divertita come una pazza, ma forse mi sbagliavo… Prima che uscisse di casa, mia madre mi raccomandò assolutamente di non fare troppo tardi, anzi di andare a letto non dopo le 10 di sera. Poi mi disse anche che la cena era pronta e che dovevo solo riscaldare la minestra per circa mezz’ora. Dopo tutta la ramanzina che comprendeva anche“non aprire la porta di casa a nessuno, chiudi le finestre e la tv quando vai a dormire, sparecchia la tavola una volta finito di mangiare e lava i piatti in modo tale che poi non li devo pulire io la mattina”, uscì di casa e finalmente rimasi da sola. Di sicuro, quando si è soli in casa, la prima cosa che ti viene in mente è non dare mai ascolto alle raccomandazioni dei tuoi genitori, così io prima di tutto scelsi di non mangiare la minestra e invece di cucinarmi un panino con l’hamburger che era avanzato e tanto di quel ketchup che mi avrebbe fatta diventare anche le punte dei capelli rosse. Rimaneva però la minestra che non mi mangiavo, allora decisi di rovesciarla su un piattino e offrirla al mio gattino tanto affamato che si sarebbe divorato di tutto pur di sfamare il suo pancino. Una volta risolto quel problema, accesi lo stereo a palla e inizia a saltare sopra le poltrone ed il divano ma quel gran baccano ben presto mi stufò. Accesi allora la televisione, cambiando i canali molto velocemente; a quell’ora trasmettevano solo o telefilm sdolcinati o film horror. Dato che i telefilm sdolcinati non sono i miei preferiti optai per un film horror e mi misi a guardarlo con una ciotola di pop-corn sulle gambe. La serata stava andando per il meglio ma il brutto doveva ancora venire…

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A notte inoltrata sentii dei cigolii, subito li attribuii al film ma questi si ripeterono. Allora spensi la tv per essere certa che era quella l’artefice del brutto spavento, ma di nuovo sentii scricchiolare in cucina. La porta di quella stanza era socchiusa, la penombra incombeva nella casa ed io iniziavo asudare per lo spavento. Strinsi forte il cuscino che tenevo tra le braccia: lo stavo

stritolando!! Penso che se fosse stato un essere vivente l’avrei soffocato per quanta forza rilasciavo in “quell’abbraccio”. Un brivido mi fece oscillare, il terrore stava per impossessarsi del mio corpo ed a me iniziava a mancare l’aria. Quei pochi secondi che stavano passando sembravano ore ed io già mi immaginavo cosa c’era dietro quella porta. Forse un ladro o addirittura un alieno che mi voleva portare via!! Un rumore

intenso di qualcosa di rotto e poi un tonfo, colui che era là dietro si stava avvicinando e stava per aprire la porta… Gli occhi gonfi di lacrime si chiusero ed io mi accovacciai sulla poltrona certa di un’orrenda fine. La fessura della porta si aprì ma io non vidi niente, preferivo rimanere con gli occhi chiusi; nessuno però si avvicinava, così decisi di aprirli e davanti a me trovai il mio cucciolo: il gattino!! Era venuto là dentro perché aveva trovato la finestra aperta e poi aveva pulito tutta la cena facendo cadere il piatto ed era venuto da me in cerca di un po’ di coccole. Mi ero spaventata di niente e se avessi chiuso le finestre come mi aveva detto mia madre tutto quello non sarebbe successo. Forse ogni tanto le mamme hanno ragione ed è meglio che le si ascolti se non vuoi che ti capitino brutti scherzi!!!

ALICE

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Battei un leggero colpo sulla porta, ancora incerta sul fatto di volere veramente entrare. La porta si aprì da sola cigolando ed io entrai furtivamente nella villa. Non si vedeva bene, ero in penombra ma riuscivo a scorgere delle vecchie scale di metallo arrugginito e molti arbusti, ortiche e piante rampicanti arrivati lì dentro a causa di un enorme foro sulla parete. D’un tratto sentii dei passi

provenire dal piano superiore, così, con un agile scatto, superai la trave dietro di me, ma mi fermai; ero tentata di uscire ma, presa dalla curiosità, con coraggio mi arrampicai a ciò che rimaneva della scala pericolante e con un ultimo sforzo mi trascinai al piano superiore. Era buio ma mi feci coraggio ed entrai, mi guardai attorno; l’arredamento era identico a quello del piano inferiore tranne per il fatto che c’erano più ragnatele. All’improvviso vidi correre davanti a me uno strano esserino che inizialmente scambiai per un topo, ma poi capii di essermi sbagliata per il fatto che corse verso di me e mi addentò la caviglia. Io con un urlo fuggii verso casa dove mi medicai la profonda ferita e giurai a me stessa che non sarei mai più tornata in quella casa, anche se sarò per sempre presa dalla curiosità .

Arianna

L’AMULETOEra una cantina polverosa e fiocamente illuminata. Una stretta scala a chiocciola di pietra conduceva a essa e scendendo gli scalini si percepiva l’umidità dei muri. L’interno era pieno di

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cianfrusaglie, tutte ricoperte di pulviscolo e ragnatele. Beh, al primo impatto sembrava il posto perfetto dove creature malvagie potevano alloggiare. Mentre ero lì, continuavo a pensare alla mia stupidità per aver accettato di giocare al gioco della bottiglia e soprattutto ad aver preferito scegliere obbligo piuttosto che verità perché in quel momento mi sembrava più conveniente. Ma forse solo quando mi trovai lì capii di aver compiuto una scelta davvero idiota, dato che loro mi avevano costretto a venire in quel luogo e portare un oggetto che dimostrasse che ci fossi stata veramente. Mentre mi rimproveravo da sola, sentii un rumore che mi fece sobbalzare, ma era semplicemente

un gatto che graffiava un vecchio armadio. Sembrava quasi che stesse cercando di dirmi qualcosa, magari di aprirgli lo sportello, così, incuriosito da cosa poteva esserci dentro, lo aprii o meglio, cercai di forzarlo, poiché c’era un enorme lucchetto che lo chiudeva. Era molto arrugginito, bastava poco per farlo spezzare, quindi, presi una mazza da golf e lo colpii. Come previsto, il lucchetto si schiuse e io potei finalmente spalancare le ante dell’armadio e vedere cosa c’era dentro. Vi trovai una scatola con all’interno delle foto e una specie di collana, direi un amuleto.

Decisi di portarmelo a casa e di mostrare agli altri quello come conferma di essere stata in quella cantina.

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Mi sbrigai ad uscire da quel posto e andai dove Mark e Noemi mi avevano lasciato; lì trovai Fell e Angela (i miei migliori amici) che mi aspettavano. Mi chiesero come stavo, se era andato tutto bene, io gli risposi di sì e aggiunsi che all’inizio avevo un po’ paura, ma dopo era filato tutto liscio. Gli dissi anche che avevo incontrato un simpatico gatto nero e che era stato lui a farmi trovare l’oggetto perfetto per dimostrare che ce l’avevo fatta. Loro a quel punto mi chiesero che cosa avessi preso ed io gli feci vedere l’amuleto. Mi dissero che era davvero bello, ma che poteva portare fortuna come sfortuna. Io contestai, dicendogli di non essere troppo superstiziosi e di non preoccuparsi perché comunque l’avrei tenuto io e a loro non sarebbe capitato un bel niente. L’indomani quando mi alzai ebbi una strana sensazione, ma essendo mattina ed essendo ancora assonnata, non ci badai molto. Scesi al piano di sotto per fare colazione e quando salutai mia madre e lei si girò, vidi che era un mostro: in effetti quando si alza di solito sembra un alieno con quei capelli tutti spettinati, ma stavolta lo era davvero! Aveva la faccia verde, gli occhi neri ed dalla sua bocca usciva una lingua biforcuta, identica a quella di un serpente. Così, anche se ero ancora in pigiama, uscii subito dalla mia abitazione e la cosa peggiore era che tutti erano diventati come lei, tranne Fell e Angela, che incontrai fuori anch’essi ancora in abbigliamento da notte. Entrambi mi guardarono come per dire: “Visto? Te lo avevamo detto noi!”, ma si limitarono a chiedermi dove avevo messo l’amuleto perché per annullare quel “sortilegio” dovevamo riportarlo dove lo avevamo trovato, ovvero in cantina. Io risposi che lo avevo lasciato sul mio comodino e replicai che non potevamo prenderlo dato che dentro casa c’era mia madre e in quel momento non era particolarmente ospitale. Allora Angela disse che bisognava progettare al più presto una strategia e decidemmo che una persona (che sarebbe Fell) doveva… diciamo fare da esca, ovvero doveva distrarre mia madre, mentre io e Angela salivamo al piano superiore per prendere la “collana”. A Fell non andava tanto a genio l’idea che lui avrebbe dovuto attirare Marina (mamma) tutto da solo, ma alla fine non commentò più di tanto. Purtroppo, però, si verificò un piccolo imprevisto: io non avevo neanche le chiavi di casa, quindi o dovevamo suonare per mettere in atto il piano, o dovevamo entrare dalla finestra che però era chiusa. La

scelta si presentava estremamente difficile e dopo lunghe discussioni optammo per la prima. Fell suonò il campanello un po’ spaventato e mamma gli aprì; egli si intrufolò dentro casa e incominciò a correre verso la cucina. Io e Angela approfittammo della distrazione della mia ma’ e riuscimmo ad andare al piano di

sopra per prendere l’amuleto e, dato che c’ero, agguantai anche una torcia, le chiavi e aprii la finestra nel caso fossimo dovuti ritornare.

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Tutti e tre ci avviammo verso la cantina; all’inizio sembrava tutto normale, ma poi ci accorgemmo che non riuscivamo a riporre l’amuleto dove lo avevo trovato; c’era una specie di forza che ce lo impediva. Capimmo, allora, che c’era soltanto una cosa da fare: andare fuori e distruggere proprio l’oggetto. Facemmo così e proprio mentre con la stessa mazza da golf di prima stavo per rompere l’amuleto, sentii… il suono della sveglia. Mi svegliai di botto, era solamente un incubo!Alessia