Citta&Territorio Marzo/Aprile 2008 N 2

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Citta&Territorio Marzo/Aprile 2008 N 2

Transcript of Citta&Territorio Marzo/Aprile 2008 N 2

pag.2EDITORIALEdi Attilio Borda Bossana

pag.3SPIONAGGIO E CONTROSPIONAGGIONELLO STRETTO DI MESSINAdi Vincenzo Caruso

pag.12ELEMENTI CARATTERIZZANTIDI UN’AREA POETICAdi Achille Baratta

pag.20PELORÍS, LUOGO AL DIFUORI DEL NORMALEdi A. Manganaro, A. Reale, M. Sanfilippo

ANNO XVI - N.2MARZO/APRILE 2008

Pubblicazione bimestraleRegistr. presso il Tribunale diMessina N.3 del 5 Feb. 1992

direttore responsabileAttilio Borda Bossana

direzione e redazioneUff. Stampa Comune MessinaPalazzo Zanca, via Garibaldi

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pag.28IL PIANO DEL RISCHIOINCENDI D’INTERFACCIAdi AA. VV.

pag.36I CENTO ANNIDALLA CATASTROFEdi Giuseppe Campione

pag.44NAVI MERCANTILIA MESSINA NEL 1908di Attilio Borda Bossana

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di Attilio BORDA BOSSANA

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di Vincenzo CARUSO

punto di vista delle relazionidiplomatiche tra gli Stati. In unclima intriso di diffidenze etensioni sempre più accentuatetra le potenze europee, lo spio-naggio militare ricevette unnotevole impulso orientato acarpire strategie, soluzionidifensive e piani di mobilita-zione degli altri Paesi.Il più eclatante caso di spio-

naggio, avvenuto in Francia epassato alle cronache comel’Affare Dreyfus1, aveva di fattoconfermato l’opinione diffusa

Spionaggio econtrospionaggio nelloStretto di Messina

importanza strategicache lo Stretto di Messi-na ha rivestito nei seco-li dal punto di vista geo-grafico, militare ed eco-

nomico, ha riservato a questaparticolare area geograficaattenzioni non comuni da partedelle grandi civiltà del Medi-terraneo e delle potenze euro-pee, soprattutto in età moder-na.Spie, agenti segreti stranieri,

operazioni di intelligence, dispionaggio e controspionag-gio si sono avvicendate nellastoria, sempre con l’intento dicarpire informazioni circa ladifesa delle coste, i luoghi piùidonei per effettuare sbarchi ditruppe o per sferrare attacchioffensivi volti alla conquista diMessina e della Sicilia o allarisalita della penisola dopo averattraversato lo Stretto.Già nel XVI secolo, mentre

Messina ridisegnava le sue for-tificazioni sotto il regno di CarloV, l’Ammiraglio turco Piri Re’isal servizio di Solimano il Magni-fico, tracciava la cartografiadella difesa dello Stretto in unamappa ricca di cuspidi, gugliedalla foggia tipicamente araba,che evidenziavano l’anacroni-stico punto di vista dell’autorein netta contrapposizione conil contemporaneo periodo sto-rico che vedeva Messina inpiena dominazione spagnola.Il periodo a cavallo tra il XIX

e il XX secolo, segnò per l’Eu-ropa una fase molto critica dal

che la sicurezza degli Statiandava garantita non solo conle armi e imponenti fortifica-zioni, ma con un’accurata ecapillare azione di intelligenceche avesse come scopo prio-ritario quello di sventare sulnascere eventuali complotti

Tra gli agenti segreti stranieri chiamati acarpire informazioni sulla difesa delle coste,anche Lord Baden Powell, fondatore delMovimento Scout Mondiale.

Cartografia turca dello Strettodi Messina realizzata nel XVIsecolo da Piri Re’is, Ammira-glio alla corte di Solimano ilMagnifico.

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orditi contro l’incolumità e ladifesa dei confini di ogni Paese.In quel travagliato arco tem-

porale, l’Italia, facente partedella Triplice Alleanza che lalegava all’Austria e alla Ger-mania, era in pessimi rappor-ti con la Francia a causa dellecontrapposte politiche colonialiin Africa; questa, a sua volta,nutriva aspri contrasti diplo-matici con tutto l’impero austro-ungarico e con l’Inghilterra.D’altro canto, l’Austria e la

Germania, malgrado gli accor-di della Triplice, non rispar-miavano di manifestare segnidi diffidenza nei confronti del-l’Italia. Franz Conrad, Capo diStato Maggiore fino al 1917dell’esercito austro-ungarico,aveva infatti sempre insistitosulla necessità di attaccare pre-

in caso di guerra con l’Italia,una strategica azione di for-zatura della frontiera nord orien-tale.Per far fronte ai problemi lega-

ti alla difesa dei propri confinie delle coste, l’Italia, dal cantosuo, aveva intrapreso un este-so programma di protezioneda eventuali attacchi nemici,investendo ingenti capitali nonsolo in armamenti, ma soprat-tutto nella costruzione di impo-nenti fortificazioni costiere e dimontagna.Lo Stretto di Messina, in par-

ticolare, sin dai primi anni suc-cessivi all’Unificazione, erastato oggetto di dettagliatissi-mi studi strategici ad opera dinumerose Commissioni tecni-

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ventivamente la Serbia e anchel’Italia. Egli avrebbe approfit-tato volentieri del terremoto diMessina del 1908 per invade-re il Paese, nonostante il pattodi alleanza, perché riteneva gliitaliani infidi e inaffidabili.2

Per tali motivi, i servizi segre-ti austriaci si erano attivati inquegli anni nella realizzazionedi una serie di manuali, dati indotazione agli ufficiali dell’e-sercito, nei quali venivanodescritti nel dettaglio la geo-

grafia, il territorio, l’organizza-zione politico-sociale e le dota-zioni militari di tutte le aree delloStato italiano confinanti conl’impero austro-ungarico3. Iltutto reso possibile da una fittarete di spionaggio che, mal-grado gli accordi stipulati,avrebbe consentito all’Austria,

Alfred Dreyfus, ufficiale diartiglieria dell’esercito france-se accusato ingiustamente nel1894 di spionaggio militare infavore della Prussia. Fu sca-gionato e reintegrato nei ran-ghi da un verdetto della Cassa-zione, dodici anni dopo, nel1906.A lato, copertina della Dome-nica del Corriere, 1904. Visitadel Kaiser Guglielmo II a Mes-sina. Da F. Riccobono, Il Cir-colo della Borsa, Messina,2006.

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che costituite da alti ufficiali del-l’Esercito e della Marina che,nel corso di quasi un trenten-nio, avevano dato vita alla pro-duzione di un’enorme quanti-tà di disegni, piante topografi-

che e preventivi di spesa perle opere e gli armamenti.Gli studi e i progetti riferiti alla

realizzazione di opere perma-nenti e occasionali per la dife-sa dello Stretto di Messina, sisusseguirono dal 1862 al 1914,in una continua revisione e scel-ta dei siti, in funzione dei con-tinui progressi delle artiglierieche diventavano sempre piùpotenti e, conseguentemente,dell’evoluzione dei sistemidifensivi e d’attacco.Ogni nuovoprogetto, pertanto, modifica-va, completava o, molte volte,annullava il precedente.Dalle prime proposte di costru-

zione di batterie armate postea livello del mare fatte neglianni dopo l’Unificazione, si per-venne agli ultimi e definitivi pro-getti, realizzati sul finire deglianni ’80, di batterie armatecon grossi calibri e posiziona-te a diverse quote sulla costa,adatte a contrastare le poten-

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La difesa dello Stretto nel1889. Da M. Lo Curzio,V. Caruso, La FortificazionePermanente dello Stretto diMessina. Messina, 2006.

Cupole corazzate del ForteMontecchio (Colico).Da F. Larcher, Le Sentinelledel Regno. Forti Italiani sulfronte della Grande Guerra.Valdagno (Vicenza), 1998.

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t i s s i m ea r t i g l i e r i enavali in dotazione alle flottedegli Stati europei più temuti:Francia, Germania e Austria.Un programma che certa-

mente non poteva passareinosservato agli agenti segre-ti delle potenze straniere chenel controllo del Mediterraneomiravano a grossi interessi eco-nomici e militari.

Nel 1894 i l Tenente d iVascello Carl Didelot, riferen-dosi ad informazioni degli archi-vi segreti della Marina Fran-cese, pubblicava a Parigi LaDèfence des Côtes d’Europe4

in cui forniva una descrizionedettagliatissima della difesacostiera dello Stretto e degliarmamenti contenuti nelle for-tezze.Malgrado gli accorgimenti tat-

tici osservati nella costruzionedei forti messinesi e calabresi

flette bruscamente a Sud e loStretto si allarga.VILLA SAN GIOVANNILa batteria di San Giovanni.

Qui c’è il collegamento tra VillaSan Giovanni e Messina per ipasseggeri che attraversanolo Stretto e per le ferrovie trala Calabria e la SiciliaLa batteria limitrofa a Cato-

na, di fronte a Messina.Queste opere sono situate in

prima linea.In seconda linea, sulle alture

circostanti:Il forte Torre Telegrafo (alt.111

m) posto al di sotto di TorreCavallo; esso è armato di 6pezzi di medio calibro;Il Forte Matiniti Superiore (alt.

317 m), armato da 10 pezzi agruppi di due;Il Forte Matiniti Inferiore, arma-

to da 8 pezzi a gruppi di due;Il Forte del piano Arghillà,

armato da 6 pezzi;Il Forte Pentimele o Pentri-

mere.

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in merito alla mime-tizzazione del fronte a mare,

che rendeva le opere total-mente invisibili al naviglio cir-colante nelle acque dello Stret-to (l’aereo non era ancora inuso all’esercito), l’ufficiale fran-cese ne descriveva, con dovi-zia di particolari, la posizionesulle alture facendo particola-re descrizione di uomini e arti-glierie.5

STRETTO DI MESSINA - E’largo 3 Km all’ingresso Nord,che è la parte più stretta, 5 kmdavanti a Messina e 10 kmdavanti a Reggio. Le due rivesono guarnite di fortificazioni.Quelle posizionate sulla costacalabra comprendono, tra Scil-la e Catona, uno schieramen-to ininterrotto di batterie raden-ti che puntano verso il bassocostituite principalmente dapezzi da 320 mm, da 24 e daobici di 280 e 240 mm.Le operedella costa siciliana sono arma-te allo stesso modo. Ecco lepiù importanti delle due rive:COSTA CALABRA

SCILLAL’antico castello di Scilla (alt.

70 m) armato da piccoli pezzie dominante la città avente lostesso nome (8.000 ab.);La batteria di Torre Cavallo

(alt. 54 m) sulla punta aventelo stesso nome. Essa incrociail suo fuoco con quello del Faro(costa siciliana) ;La batteria bassa di Alta Fiu-

mara;La batteria del Calmone;La batteria antica del Pezzo,

sulla punta bassa. La costa si

Il Colonnello Robert BadenPowell, in una foto del 1900.

Schizzo realizzato dal maggio-re Baden Powell, in missionedell’Intelligence Service Bri-tannico tra il 1891 e il 1893. Ipunti delle ali della farfallaindicano, secondo la grandez-za, artiglieria pesante e legge-ra. Il poligono intorno al corpodell’insetto, raffigurano laproiezione sul piano orizzonta-le del perimetro della fortifica-zione. Da W. Hansen. Il lupoche non dorme mai. La vitaavventurosa di Lord BadenPowell. Torino, 1988.Artiglierie e fortificazioni inevidenza sulle ali della farfalla.

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REGGIO (32.000 ab.) -In questo porto si pratica un

commercio importante (vini,sete, oli, frutta); in città c’è ilcapolinea delle ferrovie dellacosta ionica (da Napoli a Taran-to). L’unica difesa è offerta daun forte sulla spiaggia che rice-ve due batterie. Incontra poiCapo Pellaro oltre il quale fini-sce lo Stretto.COSTA SICILIANA

Sulla costa della Sicilia, ladifesa di compone di duegruppi:Il gruppo del Faro e il gruppo

formato da Messina e dai suoiforti distaccati.Il primo gruppo comprende:La batteria del Faro, armato

da pezzi a lunga gittata pro-

tette da cupole corazzate e cheincrociano il loro fuoco con quel-lo della costa calabra;6

Il Forte di Monte Spuria (alt.100 m) a Ovest del Faro, operaantica trasformata, ove è posi-zionato un semaforo;Le batterie da costa, recen-

temente e potentemente arma-te distribuite tra Faro e Pace;le principali sono quelle diCanalone, Ganzirri, San Mar-tino e La Grotta.MESSINA (120.000 ab.)È uno dei porti migliori e più

sicuri di questa parte del Medi-terraneo.Essa rappresenta unaimportante posizione militareche assicura la difesa dello Stret-to e le comunicazioni tra la Sici-lia e la Penisola Italiana. Sullapenisola di sabbia (San Ranie-ri) che forma il porto si trovanola Cittadella, il Lazzareto e diver-si forti, così come un bacino diriparazione.La stazione si trovain fondo al porto davanti l’in-gresso Ovest della Cittadella.L’ingresso del porto è situato aNord dove è posto il Forte S.Salvatore e l’edificio dellaSanità.

Messina è collegata tramitevapori con Reggio e San Gio-vanni e tramite le ferroviemeridionali italiane con Cata-nia e tutta la Sicilia;tramite naviregolari con Liverpool, Marsi-glia, Napoli, Livorno, Genova,Malta, Alessandria, Siria,

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Rappresentazioni di artiglieriedistribuite lungo il profilo diun’altura, egregiamentecamuffate tra le venature diuna foglia disegnata.Da W. Hansen. Il lupo che nondorme mai. La vita avventuro-sa di Lord Baden Powell.Torino, 1988.

Il Capitano Gerardo Ercolessi.Da V. Caruso, Il caso Ercoles-si. Messina, 2008.Sotto, Guglielmina Zona,moglie del Capitano Ercolessi.Da V. Caruso, Il caso Ercoles-si. Messina, 2008

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Costantinopoli;svolge un com-mercio considerevole.Le difese immediate a Mes-

sina sono:Il Forte Campana e San Sal-

vatore all’ingresso del porto;Il Forte S. Ranieri (faro) a Est

della penisola;La Cittadella a Sud della peni-

sola.Essa consiste di un vastopentagono bastionato, a fos-sato inondato dal mare;Il Forte Don Blasco, sulla costa

a Sud della cittàLe batterie della Stazione, del

Porto, della Sanità (questa stadi fronte a Forte Campana) edel Porto Salvo, distribuite sullebanchine del Porto.Tutte queste sono di antica

costruzione. Sulle alture checoronano la città ci sono i duenuovi e i due antichi Fortiseguenti collegati con le operesecondarie, costituenti il campotrincerato di Messina;Il Forte Polveriera (alt.427 m)

a Nord di Messina;Il Forte Menaja (alt. 400 m) a

Sud del precedente;Il Forte Castellaccio (alt. 163

m), quadrilatero bastionato aOvest della città;

BRIE DEL 10-11 LUGLIO 1904 che“L’Imperatore (Guglielmo II diGermania, nda) aveva visitatogià Messina nel 1896 quandofece la sua passeggiata finoalla Portella di Colle S. Rizzofermandosi in più punti adosservare i luoghi ove eranposte le vicine fortificazioni”.Gli stretti rapporti italo-tede-

schi, vincolati dal legame dellaTriplice Alleanza, induceva pro-babilmente l’autorità militareitaliana locale a non osserva-re un atteggiamento partico-larmente diffidente e cautoverso l’autorevole alleato, colquale anzi si pregiava con uncerto orgoglio, di poter far bellamostra del proprio potenzialetattico e bellico.8

Lo Stretto di Messina, puntonevralgico del Mediterraneo,era quindi fortemente “atten-zionato”dai servizi segreti stra-nieri.Dopotutto, le affermazionidel Tenente Generale LuigiMezzacapo, Presidente dellaCommissione Permanente diDifesa dello Stato nel 1883,sottolineavano l’importanzastrategica dello Stretto e dellasua difesa al fine di assicura-re il possesso della Sicilia ecostringere una flotta nemica,che avesse voluto far rotta versoOriente, a dover circumnavi-gare l’isola: “Fino a quandosaremo in possesso dello Stret-to di Messina, le invasionifrancesi in Africa non impedi-ranno all’Italia di prendere laposizione che le compete nelMediterraneo” 9

Gli studi fin qui effettuati inmerito allo spionaggio militaresullo Stretto di Messina, hannosempre posto l’accento su ope-razioni di intelligence francesie tedesche. Ma, negli ultimianni dell’Ottocento, durante larealizzazione delle opere for-tificate dello Stretto, anche l’In-ghilterra non risparmiò le sueattenzioni su questa delicataporzione del Mediterraneo.L’agente segreto inglese, inca-

ricato dal Governo Britannico

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Il Forte Gonzaga (166 m) aSud di Castellaccio.Qualche anno più tardi, nel

1901, il tedesco HermannTheodor Frobenius7, pubblicaa Berlino “Militar-Lexikon”dove,a proposito della fortificazionedello Stretto, dice:MESSINA.Posizionata a Nord

dell’Isola di Sicilia e dello Stret-to di Messina è difesa dal latodi mare dai forti S. Salvatore,Campana e Don Blasco. I for-tini che stanno sulle altureimmediatamente ad Ovest dellacittà (Castellaccio e Gonzaga),non hanno alcun valore.Al contrario più ad Ovest e a

Nord sono predisposti 6 fortimoderni e, a difesa dello Stret-to, da entrambe le rive, unaquantità di opere in parterobuste ed efficaci.DAL LATO SICILIANO:Batteria corazzata Faro, Bat-

teria Canalone, Ganzirri e LaGrottaDAL LATO CALABRESE:Forte Scilla, Batteria Cavallo

(di fronte al Faro) e Fiumara,Batteria Calmone, del Pezzo,S. Giovanni, Catona, Forte diReggio.A differenza di quella france-

se, la descrizione del sistemadifensivo dello Stretto da partedi un tedesco non stupisce piùdi tanto se si legge nella GAZ-ZETTA DI MESSINA E DELLE CALA-

L’arresto del Capitano Erco-lessi e della moglie a Messina.Tribuna Illustrata del 17 luglio1904. Coll. F. Riccobono

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a raccogliere dettagliate infor-mazioni circa la dislocazionidelle fortificazioni sulle costedei paesi mediterranei e, in par-ticolare dello Stretto, risultaessere un personaggio a moltinoto per aver fondato nel 1907l’organizzazione mondiale delloScoutismo, il movimento gio-vanile più diffuso nel mondo:Lord Rober t StephensonBaden Powell.Tra gli ufficiali più accreditati

del Regno Unito, per la gran-de esperienza acquisita inlunghi anni di comando tra-scorsi in India e Sud Africa, ilmagg io re Baden Powel lcomandante all’epoca la basenavale di Malta, venne incari-cato dal Ministero della Guer-ra per conto dell’IntelligenceService, nel maggio del 1891,a condurre indagini segrete inItalia, Albania, Grecia, Turchia,Bosnia ed Erzegovina riguar-do alle fortificazioni, al poten-ziale bellico e alle truppe dis-locate in quei territori.

Durante la missione gli fufatto assoluto divieto di indos-sare l’uniforme e di rivelare, incaso di cattura, il proprio nome,il grado e l’appartenenza all’e-

sercito Britannico:“altrimenti ilnostro Governo la farà passa-re per un imbroglione soste-nendo che lei non è il maggioreBaden Powell. Lei potrà farsiriconoscere in qualità di agen-te segreto solo nelle nostreambasciate e solo con gli amba-sciatori stessi.Solo lì potrà tra-smettere informazioni a Lon-dra e ricevere i mezzi finanziariper il suo viaggio […]”.10

Nelle vesti di un bizzarro col-lezionista di farfalle e botani-co, attrezzato di acchiappa-far-falle, libri specializzati, matitae quaderno per appunti, l’uffi-ciale inglese viaggiò per dueanni passando da un Paesel’altro a raccogliere informa-zioni. Con l’intento di rendereestremamente visibile la suapresenza per eludere i sospet-ti, si arrampicava nei pressidei presidi delle diverse guar-nigioni e dalle alture disegna-va fortificazioni, campi di mano-vre, posizioni di cannoni e didepositi munizioni. Quandoveniva intercettato, egli mostra-va agli ufficiali che lo interro-gavano ciò che aveva dise-gnato sui suoi quaderni: far-falle, insetti, foglie, piante.Con-fabulando, dava spiegazioniall’apparenza altamente scien-tifiche, ma del tutto incom-prensibili, che inventava sulmomento, sulla presenza in

quel paese di varietà di farfal-le e piante rare. In tali occa-sioni, il maggiore Baden Powellnei suoi scritti, affermò di averconstatato uno strano feno-meno: quanto più incompren-sibile era ciò che diceva, tantopiù intelligente veniva consi-derato dai suoi interlocutori;quanto più importante appari-va, tanto più lo trattavano contimore reverenziale e tantomeno cercavano di investiga-re sulla sua attività o di faredomande per paura di tradirela propria ignoranza. Così anessuno passò per la testa chei disegni delle farfalle e dellefoglie in realtà non erano altroche mappe ben camuffate difortificazioni, guarnigioni e degliarmamenti individuati.11

“ Baden-Powell si trovava inDalmazia nel corso della secon-da settimana di Agosto 1892;e, benché egli menzionassenel suo diario che il ConsoleGenerale Britannico a Seraje-vo, E.B.Freeman, fosse a cac-cia di farfalle quando egli andòa trovarlo, non viene fatto alcunaltro riferimento a questa ricer-ca, o per la propria sicurezzao come copertura per un’atti-vità spionistica. […] Ciononostante Baden-Powell

si recò certamente ad esegui-re schizzi delle fortificazionisulla costa occidentale dello

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IOEsercitazioni di tiro dal ForteGiulitta Schiaffino).Coll. Riccobono.

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Stretto di Messina, ed in quel-l’occasione egli mascherò lasua vera attività sotto le spo-glie di un entomologo.Attraversando lo Stretto egli

segnala di aver avuto una pia-cevole traversata osservandofarfalle per tutto il tempo. Datoche lo Stretto era largo 5miglia nel punto in cui lo attra-versò, la menzione di farfallesembra indicare più probabil-mente forti che si affaccianosul mare piuttosto che insettialati.In molte altre occasioni, quan-

do egli riferisce di aver cattu-rato farfalle, vuol proprio direquesto, come quando, il 25 apri-le 1893, andò a caccia di far-falle con un amico ufficiale del-l’esercito francese.12

Il “coperchio”su questa silen-te e pericolosa attività di spio-naggio, si alzò improvvisa-mente la mattina del 5 luglio1904 con la notizia che rim-balzò sulle pagine della Gaz-zetta di Messina e delle mag-giori testate giornalistiche

ignominiosamente degradatoed espulso dall’Esercito nellapiazza d’armi della Cittadella.Malgrado prove inconfutabi-

li, raccolte in anni di pedina-menti e di indagini incrociateeffettuate anche oltre i confinidello Stato Italiano, il gran pol-verone alzatosi con il caso Erco-lessi, si risolse con una sen-tenza che imputava al capita-no la sola colpa di aver sot-tratto documenti riservati enegando che questi avessevenduto a Stati Stranieri impor-tanti rivelazioni relative alla dife-sa del Paese.Ciò perché, probabilmente,

una più dura sentenza del Tri-bunale avrebbe provocatoaspre polemiche e pesantiaccuse da parte dell’opinionepubblica contro il Governo,reo di incapacità a garantire lasicurezza dello Stato, malgra-do gli enormi stanziamenti otte-nuti dalle gerarchie militari perle fortificazioni e gli armamentiin nome dell’assoluta neces-sità di assicurare una paceduratura e scoraggiare qua-lunque invasione nemica.Ammettere che la sottrazionee la vendita di documenti segre-ti, riguardanti la difesa delloStato, ad altri Paesi, fosse vera-mente avvenuta, avrebbe avutocertamente conseguenze disa-strose.Per tali motivi, a seguito del-

l’accaduto, il Ministro dellaGuerra si preoccupò quasiimmediatamente di promuo-vere azioni militari atte a ras-sicurare l’opinione pubblicacirca l’efficienza della Difesadello Stato, con particolare rife-rimento allo Stretto.A tale scopo, sin dai primi mesi

del 1905 si effettuarono nelleacque dello Stretto di Messi-na, importanti esercitazioni checulminarono nelle GrandiManovre Navali dell’ottobre del1907 quando l’intera FlottaNavale Italiana, alla presenzadel Re, delle Alte Carichedello Stato e dei corrispondenti

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nazionali:“Il sensazionale arre-sto di un capitano del Distret-to che viene arrestato insiemealla moglie a Messina per AltoTradimento!”; “Il delitto di lesaPatria compiuto dal CapitanoErcolessi.Sottrazione dei pianidi mobilitazione. L’oro france-se. 300 fotografie vendute allaFrancia”.13

Il giovane Capitano di Fante-ria Gerardo Ercolessi e lamoglie Guglielmina Zona, accu-sata di complicità, venivanoarrestati nella loro abitazionedi via Palermo a Messina14

con l’accusa di aver sottrattoe venduto ai francesi i piani dimobilitazione riferiti alle fortifi-cazioni e alla difesa territoria-le dello Stretto.

Il fatto, che attaccava la sicu-rezza dello Stato, venne giu-dicato come uno dei più atro-ci delitti che non concedevanessuna pietà verso il tradito-re della Patria. La pena, qua-lora il fatto fosse stato accer-tato, si sarebbe dovuta appli-care in tutto il suo rigore.Per la prima volta dall’Unifi-

cazione, il giovane Stato Ita-liano veniva coinvolto in modotravolgente in un fatto di spio-naggio militare simile al casoDreyfus. L’opinione pubblicarestò fortemente scossa del-l’accaduto ed il fatto destò pro-fondo turbamento e disprezzoper gli attentatori alla sicurez-za nazionale.Il processo innanzi alla Corte

d’Assise di Messina, raccon-tato in maniera dettagliata dallecronache del tempo, si svilup-pò in venti udienze. Facendoleva sulla pietà popolare per ifigli degli Ercolessi, e forseancor più sull’inveterato sospet-to e sul dubbio acritico versol’operato degli investigatori, gliavvocati della difesa ottenne-ro, contro l’evidenza delle prove,la piena assoluzione di Gugliel-mina Zona e la condanna a solicinque anni e dieci mesi di reclu-sione per Gerardo Ercolessiche, concluso il processo, fu

Manifesto Militare contro ilreato di Spionaggio affisso aMessina il 23 maggio 1915.Copia conservata presso ilMuseo Storico di Forte Cavalli.

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delle maggiore testate giorna-listiche, venne concentratanelle acque dello Stretto di Mes-sina per offrire una spettaco-lare simulazione di attacco-difesa.In quell’occasione, le navi da

guerra, divise in due squadre,si diedero battaglia per diver-si giorni col supporto delleartiglierie delle batterie da costae delle fotoelettriche, con l’o-biettivo di testare la capacitàdi fronteggiare l’eventuale flot-ta nemica che avesse osatoforzare lo Stretto.15

L’anno successivo, con loscopo di riesaminare i piani didifesa territoriale, il Ministeronominò appositi Commissaritra i suoi generali. A Messinavenne inviato per tale compi-to, il Generale Tarditi.Gli anni seguenti furono così

caratterizzati da una intensaattività militare orientata a testa-re costantemente l’efficienzadelle fortificazioni e delle arti-glierie e a ridare fiducia all’o-pinione pubblica sulla capaci-tà dell’Esercito di garantire l’in-columità della popolazione ela protezione dei confini e dellecoste, ma soprattutto che leingenti somme destinate agliarmamenti e alle fortificazioni,che avevano duramente messoalla prova l’economia dei cit-tadini con elevate tasse e pri-vazioni, fossero pienamentegiustificate per garantire conadeguati mezzi il mantenimentodella pace.Durante la prima Guerra Mon-

diale, le pene contro le spie econtro coloro che con infor-mazioni ritenute riservateavrebbero potuto mettere arepentaglio la sicurezza e ladifesa, divennero più severe epunite con maggior rigore.Nei manifesti militari, appar-

si sui muri cittadini allo scop-pio del conflitto, si evidenziaquanta attenzione venisseriservata dall’autorità militarecompetente a questo delica-tissimo argomento.

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1 La guerra Franco-Prussiana, conclusasi nel 1870 con la rovi-nosa sconfitta della Francia, aveva alimentato per molti anni, neiranghi dell’esercito francese, il sospetto che solo un tradimen-to interno aveva potuto portare il nemico prussiano fino alle portedei Parigi, malgrado l’imponente sistema difensivo francese rite-nuto a quel tempo, il massimo che l’ingegneria militare avessemai potuto concepire. La caccia al traditore si concretizzò nel1894 con l’arresto di Alfred Dreyfus, un ufficiale di artiglieria del-l’esercito francese, ebreo alsaziano. Accusato di spionaggio afavore della Prussia, fu arrestato, condannato e mandato ai lavo-ri forzati. Nonostante i documenti su cui si era basato il proces-so fossero palesemente falsi, Dreyfus fu condannato quale esten-sore di una lettera indirizzata ad un ufficiale tedesco in cui veni-vano rivelate importanti informazioni militari francesi. Fu riabili-tato da un verdetto della corte di Cassazione emesso, dopododici anni, nel luglio del 1906.

2 Da “I Forti di Mestre. Storia di un Campo Trincerato”, p. 99,nota n° 63, Caselle di Sommacampagna (VR), 1997.

3 Il piano di attacco austriaco contro Venezia.Ed.Marsilio, Vene-zia, 2001.

4 M. LO CURZIO, V. CARUSO, La Fortificazione Permanente delloStretto di Messina, storia conservazione e restauro di un patri-monio architettonico e ambientale. EDAS, Messina 2006.

5 DIDELOT CARL, La Dèfence des Côtes d’Europe, Paris, 1894,pp. 396-399.

6 Per la prima volta, in merito alla batteria del Faro, si parla dicupole corazzate, un sistema relativamente moderno utilizzatoper far fronte all’evoluzione dei sistemi di attacco, adottato prin-cipalmente nei forti di seconda generazione realizzati nelle regio-ni del nord. L’esistenza di cupole corazzate nei forti messinesi,secondo la descrizione di Didelot, non trova però conferma nelladocumentazione finora consultata.

7 Herman Theodor Frobenius (1841– 1916). Ingegnere milita-re prussiano. Dopo la guerra tra la Germania e la Francia del1870, ha ricoperto il ruolo di insegnante di fortificazioni pressola Scuola di artiglieria Cadet a Berlino. In buonissimi rapporticon l’Imperatore Guglielmo II, scrisse diverse opere su argo-menti militari.

8 V. CARUSO, Il caso Ercolessi. Istituto di Studi Storici “G. Salve-mini”. Messina, 2008.

9 M. LO CURZIO, V. CARUSO, La Fortificazione Permanente delloStretto di Messina, Op. cit.

10 W. HANSEN, Il lupo che non dorme mai. La vita avventurosadi Lord Baden Powell. Elle Di Ci, Torino, 1988

11 W. HANSEN, Il lupo che non dorme mai... Op. cit.12 Da una inedita traduzione del Dr. Letterio Rizzo del testo di

Tim Jeal intitolato Baden-Powell, Pimlico, London, 1989.13 V. CARUSO, Il caso Ercolessi. Istituto di Studi Storici “G. Sal-

vemini”. Messina, 2008.14 Nel 1904, la via Palermo si trovava nei pressi della Stazio-

ne ferroviaria. Dopo il sisma del 1908, nel nuovo assetto urba-nistico, assunse l’attuale toponimo di via del Vespro per nongenerare confusione con la Strada Provinciale per Palermo.

15 C. Francato, Le grandi manovre navali del 1907. In m. lo cur-zio, v. caruso,

NOTE

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l miglior modo per giun-gere a Messina è all’al-ba dal mare, con il solenascente, la città sem-bra una Musa accovac-

ciata tra le montagne e lo stret-

si, e si aspetta solo di vederlaalzare da un momento all’al-tro verso l’azzurro cielo stac-candosi dal mare su cui è ada-giata naturalmente con spon-tanea femminile mollezza.Una foto d’epoca di Torre Faro

in bianco e nero (1) eseguitadal Pilone da Michelangelo Viz-zini e una attuale di Filippo Iso-lino dallo stesso punto di vistacome elemento di raffronto (2).Questa componente simbo-

lica è introdotta volutamenteperché non è possibile descri-vere luoghi già celebri, checome sosteneva Guido Piove-ne, sembrano costituire unastraordinaria riuscita della natu-ra come il genio tra gli uomini.In questi luoghi omerici ci sono

giorni nei quali la luce doratae lo stesso paesaggio infon-dono a chi ne gode la vista unorgoglioso sentimento di sub-limazione; è difficile in questonaturale insieme così classicoe così unico, non concederenulla all’illusione di sentirsi ele-menti di un sistema connatu-rato e coinvolti in un assolutoche è stato non a caso deno-minato:Paradiso (3), Contem-plazione (4) e Pace (5) in uncontesto a valle di una stradache in altura segue il mare versoil Faro, denominata NuovaPanoramica.La difficoltà di creare una vera

identità collettiva condivisa èquella di modificare per quan-to possibile i nostri rapporti colpassato trasformando il pro-

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to, le finestre dal riflesso stra-lucente fanno da ornamenti esembrano ammiccare comesolitari sfaccettati brillanti, poise passa una nube, la musasembra mutarsi e trasformar-

Elementi caratterizzantidi un’area poeticanei villaggi Paradiso, Contemplazione e Pace fino al Pilone e al Faro

di Achille BARATTA

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cesso automatico dell’eroder-si del tempo in processo atti-vo nel ricordare ma al futurocon una evoluzione di nuovaformazione.In un nuovo futuristico modo

di rivivere la costa Paradiso-Faro non si può dimenticare

conoscere, e riporto una deli-ziosa descrizione pubblicatanel 1889 nella dispensa 34 sulleCento città d’Italia.Questa costa singolare in riva

allo stretto: stretta fra il maree la montagna è pittorescaquant’altra mai. Perché se da

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che la strada che da Messinaconduce a Capo Peloro è pro-babilmente una delle più anti-che d’Italia: fu costruita daiRomani ai tempi delle guerredi Pompeo in Sicilia.È proprio perché per ricor-

dare e dimenticare occorre

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un lato, permette d’abbraccia-re collo sguardo, anche nelleminime sinuosità tutta la costie-ra calabra, fino alla punta diScilla, dall’altro, ha tutti i villinie gli ameni giardini dai qualiemana intenso il profumo degliagrumeti in fiore, di tutta quel-la regione immediata a Mes-sina che è detta senza esa-gerazione, il Paradiso. …fraquell’incanto di cielo e di mare,di verde e d’azzurro, l’occhiodel viandante non ha posa unistante, colpito da semprenuove bellezze: or dallo spet-tacolo grandioso dell’orizzon-te che lo circonda:ora da qua-dri più ristretti e graziosi, masommamente, pittoreschi.E poi i laghi d’acqua salata in

comunicazione col mare dettiPantani di Ganzirri descritti daLucido e Orazio: Se la pescaabbonda in questi pantani nonvi manca neppure la caccia,abbondante e prelibata: sonoluoghi favoriti, per gli uccelli dipassaggio:gru, aironi, pernot-tole e quaglie a migliaia nellaprimavera vengono a farsi pren-

dere e uccidere sulle rive deidue laghetti, e nell’inverno sel-vatiche, i pavoncelli, i capiver-di, e perfino-secondo il La Fari-na, gli uccelli del paradiso!.....Adun paio di chilometri dai Pan-tani a nove da Messina, oltre-passo il villaggio del Faro, cheha dei punti di contatto concerte cittadelle arabe, al stra-da di perde nella pianura sab-biosa di Capo Peloro, proten-dendosi acuminata, come unalancia nel mare. È questo ilpunto classico dello Stretto: ilpunto dei cui orrori - forsealquanto caricati nelle tinte èpiena tutta la poesia antica.In tale citazione più che in

altre riscontriamo differenzenotevoli con l’oggi in cui tuttoè cambiato, tutto è stato tra-sformato (5,6).Ed ancora a proposito di Scil-

la e Cariddi e della sua storia:Siamo a Cariddi e davanti anoi spinge il suo sperone roc-cioso, a becco d’aquila comevorrebbero gli abitanti del luogo-Scilla.Tutta l’infarinatura di clas-sicismo ricevuta dalla scuola

si riaffaccia alla nostra mente,davanti a questo punto che siè conquistato fra i secoli famauniversale. Da Omero a Virgi-lio, da Ovidio a Catullo, fino aTibullo, Giovenale, Stradone ePlinio, tutti i passi nei quali sonodescritti questo Stretto cheognuno si figura tormentato dalmare procelloso, eternamen-te mugghiante, ricordati in quelmomento, ebbero la più solen-ne smentita dalla serenità delcielo, e dalla tranquillità delTirreno che per lo strettocanale andava a congiunger-si nel Ionio.Vapori e velieri, fila-vano nell’un senso o nell’altro,velocemente, immemori deipericoli che le fantasie degliantichi attribuiva al classicopassaggio.E poi in Calabria dall’altra

parte di quel ventoso mareazzurro che continua a incan-tare:Scilla sporge verso il CapoPeloro, mostrando la forma biz-zarra del suo sperone, oggidìricoperto dalle case d’un popo-loso paese su cui torreggianoancora le solide costruzioni

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d’una fortezza medievale, dan-neggiata assai dal terremoto,nel quale l’immaginazione degliabitanti trova il profilo dell’a-quila dal becco alla testa, alcollo alle ali, che sarebbero lefalde della montagna inclinateverso Bagnara a settentrionee verso Villa San Giovanni eReggio a mezzogiorno. Fra lapunta di Capo Peloro , e Scil-la, intercedono meno di trechilometri: e nella quiete delleore notturne, si sentono se ilvento non è contrario, le vocidell’una all’altra parte dellacosta e d abbaiare dei cani diScilla, risponde di frequentequello dei cani del Faro e dellacampagna peloritana, celebresoprattutto per la vigoria deisuoi vigneti… E i naviganti chein lui affissano lo sguardo,imboccano tranquillamente loStrettto, ridendo delle antichefavole che per tanti secoli hannoreso tristemente celebri i nomidi Scilla e di Cariddi. (7)Nell’attraversamento dello

Stretto ci sono due possibilivarianti, una è quella di arri-vare via mare a Messina e l’al-tra quella di ripartire all’oramigliore dal tramonto; l’insola-zione fa intravedere una Cala-bria amica dominata dall’A-spromonte. (8)Guido Piovene scriveva nel

suo libro Viaggio in Italia:occor-re avvicinare l’isola al conti-nente, così gli uomini d’affaripossono andare e tornare conrapidità, distruggendo la vec-chia idea settentrionale, che laSicilia faccia parte di un con-tinente misterioso, pressochéirraggiungibile.Sono passati decenni senza

che tali semplici constatazio-ni, portassero a niente ed èpassato probabilmente il tempodi sentire le voci di bioarchitettiinternazionali come MasudEsmaillon o Mediana, chesostengono che l’uomo è l’ar-chitetto minore, che deve ascol-tare gli architetti maggiori, ilsole, il vento, l’acqua e l’om-

concezione dell’architetturacome attività spirituale del-l’uomo che induca immagina-re luoghi per la residenza e illavoro che consentano espe-rienze interiori ricche e varia-te.L’obiettivo si raggiunge anche

attraverso qualità formali, mate-riali naturali, tecniche e stru-menti rispettosi dell’ambiente.Filosofia, paesaggistica e

architettura si incontrano anco-ra coniugando con il senso delbello come tema essenzialedella democratizzazione urba-na lunga mille anni di storia-offrendo una visione che anda-va oltre verso una prospettivadi eternità nella quale si potes-sero radicare le nostre spe-ranze terreno verso il divinocreatore.Marco Romano, docente di

estetica della città, nel suonuovo libro La città come operad’arte (Einaudi) e scrive che

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bra.Con queste premesse viene

esaltata la mia preoccupazio-ne per la sostenibilità della costache va da Pace al Pilone, tra-sformata in un groviglio di volu-mi (9).Si parla tanto di sostenibilità,

spiega l’architetto Stefano Andi,presidente della sezione ita-liana del Forum internaziona-le di Architettura organica viven-te, ma la sostenibilità non puòessere solo risparmio energe-tico o economico, deve esse-re sostenibilità per l’uomo.Eccoquindi che, oltre all’analisi deimateriali e delle tecnologie, l’ar-chitettura organica viventeprende in considerazione gliaspetti artistici, estetici e spi-rituali, preoccupandosi anchedi tutto ciò che è esperienzadello spazio in una sorta disinergia con la natura.Secondo Andi, i livelli su cui

operare si riassumono in una

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l’idea della bellezza prendeaspetti interessantissimi e mol-teplici che diventano di prope-deutica importanza, e sostie-ne che una città bella va ana-lizzata non soltanto come un’o-pera d’arte ma anche comeambiente ecologico per la suademocrazia, dove i suoi citta-dini si possono sentirsi inti-mamente tali.Per questo l’idea progettua-

le deve superare necessaria-mente i confini della sempliceforma per legarsi alla trasfor-mazione di ogni individuo inun effettivo elemento di civitas,in una persona socialmentericonosciuta.L’assenza di democratizza-

zione estetica dell’architetturaporta purtroppo a dolorose con-seguenze che vedono troppospesso periferie trasformati inluoghi di degrado non perchélontane materialmente dal cen-tro, ma perché i loro abitantisono privi di qualsiasi ricono-scimento di appartenenza,sono una galassia asserragliatain un ghetto dove si perde l’i-dea stessa di democrazia.Dun-que risanare (anche estetica-mente) quelle periferie vuol direavviare il loro riscatto sociale.Non a caso, Voltaire chiedevanel Settecento, un nuovo piano

regolatore che restituisse anuova vita i quartieri più bui diParigi. E lo voleva addiritturascolpito nel marmo, espostonell’atrio del palazzo munici-pale, trasformato in una testi-monianza perenne del glorio-so futuro della città.Due concetti fondamentali di

verità e di chiarezza che ancoroggi avrebbero potuto evitarele frodi e le alterazioni chehanno caratterizzato questoparticolare settore a discapitodella legalità e della stessa giu-stizia sociale.In ogni caso ogni idea è da

prendere per la sua parte inno-vativa così come puntualizzaFrancesco Dal Co, professoredi storia dell’architettura, quan-do sostiene: la periferia di Ber-lino disegnata negli anni ventida Mies van der Rohe, una peri-feria certo bellissima e oggiassai ambita dall’èlite degli intel-lettuali, ma dove quello checonta non è tanto la visioneestetica quanto la misura delvivere, l’idea che ogni singolospazio rispecchi fedelmente latipologia delle persone che civivono, e questo non è certosoltanto una questione di bel-lezza.Anche per Stefano Baeri,

direttore di Abitare e protago-

nista del simposio su La dimen-sione politica dell’architettura,organizzato a Firenze dallaFondazione Targetti e dalla Fon-dazione Corriere della Sera, ilmodello per migliorare la qua-lità di vita non può essere cosìvincolante. Non credo cheabbellire la città serva neces-sariamente a renderla anchepiù vivibile - dice Boeri. È unavisione che definirei molto coltama anche molto anacronisti-ca, legata a una realtà impo-sta da pochi soggetti.Secondo Boeri dunque, l’idea

della città come opera d’arteglobale non aiuta a cancella-re disuguaglianze che oltre-tutto non possono più esserelocalizzate soltanto nelle peri-ferie ma in quelle che io chia-mo le anti-città, vere e propriezone franche nel centro di cittàcome Bari, Genova e Napoli.Nel caso della costa di Mes-

sina occorre riferirsi ai para-metri etici della bellezza.Le arti della conoscenza e la

stessa l’architettura si identifi-cano con la poesia così comeintuito meravigliosamente daGabriele D’Annunzio: Il versoè tutto. Nella imitazione dellaNatura nessuno istrumentod’arte è più vivo, agile, acuto,vario multiforme, plastico, obbe-

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diente, sensibile, fedele. Piùcompatto del marmo, più mal-leabile della cera, più sottiled’un fluido, più fragrante di unfiore, più tagliente d’una spada,più flessibile d’un virgulto, piùcarezzevole d’un murmure, piùterribile d’un tuono, il verso ètutto e può tutto. Può renderei minimi moti del sentimento ei minimi moti della sensazio-ne; può definire l’indefinibile edire l’ineffabile; può abbrac-ciare l’illimitato e penetrare l’a-bisso; può avere dimensionid’eternità; può rappresentareil sopraumano, il soprannatu-rale, l’oltremirabile, può ine-briare come un vino, rapirecome un’estasi;può nel tempomedesimo possedere il nostrointelletto, il nostro spirito, ilnostro corpo; può infine rag-giungere l’Assoluto.È proprio l’oltremirabile pen-

siero dannunziano del godi l’on-da che nel particolare lembodi terra di Sicilia sospesa tradue mari e costellata da duelaghi (10) tutto è armonico esembra che abbia resistito mira-colosamente al costruito mafermiamoci qualsiasi altro inter-vento diventa turbativa inac-cettabile del sistema paesag-gistico e della stessa nostrastoria.

temente erano ristretti sia ilcontrollo richiesto sulle circo-stanze, sia la responsabilitàderivante da tale controllo; illungo corso delle conseguen-ze era, in epoche passate,rimesso al caso, al destinooppure alla provvidenza.Diversamente, oggi, la natu-

ra pone in rilievo, attraverso lasua vulnerabilità il problema dipotenziali irreversibili danni conconseguenze inimmaginabiliche non riguardano solo le volu-metrie ma possono riferirsianche ad un uso dissennatodel colore.In conclusione la centralità e

la rilevanza della sfera pro-gettuale si dimostra oggi taleda dischiudere una dimensio-ne della responsabilità del tuttonuova: eventuali errori, negli-genze, incompetenze posso-no comportare, infatti, conse-guenze non più trascurabili perla collettività intera rimettendoin discussione la tradizionaleattribuzione dei caratteri di inin-taccabilità e di rigenerabilitàalla natura; il che renderà tuttipiù attenti e sensibili alla suavulnerabilità.In particolare bisognerà rinun-

ciare definitivamente al mitodella pretesa neutralità eticadella sfera tecnica che non si

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Nell’area dello stretto a valledei Peloritani, negli ultimidecenni la tecnica in genera-le e l’ingegneria in particolareha visto incrementare il nume-ro di problematiche che hanno,evocato preoccupazioni eresponsabilità correlate nonsoltanto all’esigenza di costrui-re per l’uomo, ma anche a quel-la di tener conto dell’uomo nelcostruire senza avere comeriferimento una singola opera.Metodologie che intervenen-

do sempre più ricorrentemen-te nella progettazione rendo-no rilevante e attuale il pro-blema dei etico-culturale e lostesso aspetto del bello.Nell’abbraccio utopico tra

architettura e filosofia, nellaricerca del bello e della suatutela affiora e si conferma ilproblema etico Il principioresponsabilitàdel filosofo HansJonas e di tutti quelli che loseguono.Non si può certamente igno-

rare, infatti, che nelle epocheprecedenti la ridotta inciden-za, sull’ordine naturale tantodel potere tecnico-scientificodell’uomo quanto del suo limi-tato sapere predittivo, non costi-tuiva fonte di responsabilità. Ilcampo effettivo dell’azione tec-nica e ristretto, e conseguen-

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adegua alla ricerca affannosadel bello come bene potenzialedi sviluppo e di crescita civile.L’enfasi non può essere più

riferita tutta sulla sensibilitàdello spettatore la cui espe-rienza estetica diviene inde-scrivibile o descrivibile solo acosto di irrisolvibili paradossi,occorre approssimarsi il piu’possibile alla teorizzazioni diun enfasi collettiva in una socie-tà di pensieri differenti che poisi concretizza in una propostademocratica che diventi rego-la e assetto urbanistico di unterritorio per una soluzioneomogenea.Tale argomento offre alcuni

elementi di riflessione sull’in-terpretazione di questa mera-vigliosa costa per tentare diincidere. (11-12)Tutto questo senza dimenti-

care quanto sostiene il neuro-scienziato Edoardo Boncinel-li quando scrive che: gli esse-ri umani sono istintivamentecercatori e produttori di sensoe nella convinzione che se ilsignificato appartiene alle cose,è stabilito dal codice ed è per-manente, il senso appartienea ciascuno di noi: è soggetti-vo e contingente. Deriva dalmodo in cui, dopo averli deco-dificati, interpretiamo i segna-

li che abbiamo ricevuto e comeli riproponiamo.Se il processo di interpreta-

zione della politica del territo-rio spesso contrasta in modoradicale con le lungaggini e ivuoti della legislazione urba-nistica che attualmente igno-ra che quanto maggiore è l’o-pinabilità, tanto maggiore è ilbisogno di inserire ciò che puòapparire opinabile in un con-testo che lo renda accettabilead altri: in assenza di una veri-tà certa, si cerca la verosimi-glianza. La condivisione di unsenso possibile senza cederenel caos.Si potrebbe realmente soste-

nere che l’intero processo del-l’organizzazione sociale nonsia, in definitiva, che un conti-nuo trovare accordi, norme,regole e riti per condivideresenso e opportunità.Così che viene spontaneo

chiedersi quale è il valore dellapoesia e della stessa creativi-tà e quanto entrambi influen-za il nuovo stile di vita che nederiva.Certamente meglio tornare ai

pensieri poetici che vedono lamusa della bellezza sfioratadai venti e accarezzata dal-l’onda dei mari e dei luoghiche all’alba e al tramonto

risplendono in un cielo in atte-sa delle stelle e della treman-te luna in una notte sullo stret-to tra Paradiso, Contempla-zione e Pace ammirando eguardando dal Pilone che sierge sullo stretto.È certamente un tema affa-

scinante che Francesco Paren-ti e Pier Luigi Pagani trattanonel loro libro, lo stile di vita: Lacreatività è un’impronta inno-vatrice e immaginativa dellaproduzione intellettuale e arti-stica, che si distacca dallo stan-dardculturale contingente, maconserva, anche nell’atipia, unasua coerenza strutturale.Si supera così la definizione

classica che i soggetti creati-vi hanno nel trovare nuovi rap-porti e soluzioni, allontanan-dosi nel contempo dagli sche-mi del pensiero tradizionale econvenzionale. Tutto questocomporta una figura nuova diprogettista o di progettisti chenella loro differenziazione cul-turale proponga una soluzio-ne globale nuova che tengaconto coraggiosamente dellacultura del bello inteso comeirrinunciabile meta di armoniae di sviluppo fuori dalla retori-ca per raggiungere una cora-lità collettiva che la politica liattuerà come atto dovuto.

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ol termine Peloro,Pelorias o Pelorisviene chiamato ilpromontorio dellaSicilia che si allun-

ga naturalmente versola costa calabrese.L’ag-gettivo deriva dal greco“enorme” o “ingente” e ser-viva un tempo anche ad indi-care gli spaventosi fenomenidi vortici e gorghi localizzatinello Stretto e raffigurati in anti-chità con i mostri Scilla e Carid-

Peloria, una ninfa che com-pare nella monetazione anti-ca della città di Messina adattestare un culto diffusoper la ninfa Pelorias a par-tire già dall’VIII sec. a.C.Proprio nella zona del pro-

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di, le cuistatue sono oggi visibili ai piedidella Fontana del Nettuno.Pur tuttavia, Capo Peloro deve

il suo nome anche alla dea

PELORÍSluogo al di fuori del normale

A. MANGANARO, A. REALE, M. SANFILIPPO

Statue di Scilla e Cariddi,ai piedi della Fontana del Net-tuno del Montorsoli.Sopra, antiche monete coniatea Messina.

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montorio di Capo Peloro sonoubicate le Lagune salmastredi Ganzirri e Faro.L’or igine della laguna di

Capo Peloro risale alla forma-zione alluvionale della costa

orientale dello Stretto di Mes-sina e si fa risalire tra il 3.000ed il 2.500 a.C. (Biddittu et Al.,1979).È di formazione marina(Mazzarelli, 1938) ma ricevel’apporto di acque dolci da

numerose sorgenti (Bergama-sco et Al., 2005). Il materialealluvionale, derivato da terre-ni cristallini, ha formato le col-line che si affacciano sullo Stret-to;tutta la pianura costiera, cheinclude i due Pantani, è deri-vata quindi dall’apporto di sab-bie detritiche e dalle correntimarine, queste ultime hannoprodotto un cordone di duneche si estesero fino a CapoPeloro; la laguna così creata-si è stata suddivisa in più parti,questo, ha determinato la for-mazione di quattro Pantani(Ganzirri, Madonna di Trapa-ni, Margi e Faro).In seguito si parla di tre laghi,

come asseriscono, tra gli altri,Diodoro Siculo e Solino e dopoessi parecchi altri autori, da Clu-verio a La Farina. Il terzo lago,situato tra i due laghi di Gan-zirri e del Faro e denominato“Margi”, o “Marga” o “Maggi”,costituiva una palude pestiferapiù che un vero e proprio spec-chio d’acqua, al centro dellaquale secondo gli antichi sor-geva una postazione sacra dedi-cata al dio Nettuno, poi inabis-satasi per sconvolgimenti tel-lurici. Più di quattro secoli fa loscienziato messinese, France-sco Maurolico, riferì invece didue Laghi; questo suggerisceche probabilmente il Pantanodi Margi sia stato precedente-mente prosciugato da interra-menti, o per bonifica ed il Madon-na di Trapani si sia collegato alPantano di Ganzirri o PantanoGrande.La laguna di Ganzirri ha una

superficie di mq.338.400, formaallungata nel senso SO-NE conasse maggiore misurante mt.1670 ca., larghezza massimamt. 282, minima mt. 94, pro-fondità massima mt.6,50 e pre-senta una quantità d’acqua rac-colta di circa 1.000.000 metricubi.

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Schema della formazione deilagni di Ganzirri.

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Il Pantano Grande presentacaratteristiche morfologiche talida permettere un’ideale divi-sione in due parti: SW e NE,che si differenziano in manie-ra particolare per la loro bati-metria e morfologia del fondo,ma anche per le caratteristi-che fisico-chimiche delle acque(Abruzzese e Genovese, 1952;Crisafi, 1954;Cavaliere, 1967;Cavaliere, 1971; Bruni et al.,1973; Bruni et al., 1976; Bruniet al., 1984; Vanucci et al.,2005). La sua forma partico-lare, accoglie buona parte delleacque freatiche superficiali.Levariazioni di salinità che si veri-ficano nel pantano sono prin-cipalmente dovute alla quan-tità di acqua dolce che vi siimmette, anche sotto forma diprecipitazione atmosferica,ed all’evaporazione dovuta allaradiazione solare.La zona SW è caratterizzata

da sedimenti fangosi conte-nenti in parte idrogeno solfo-rato, mentre la zona NE pre-senta sedimenti a grana gros-solana. Sul fondo del Pantanoinoltre, sono presenti macroalghe appartenenti alla divi-sione delle Chlorophytae delleRhodophyta (Cavaliere, 1967a;Cavaliere, 1967b;Giuffrè, 1991;Giuffrè et al., 1991). In parti-colare la zona NE è caratte-rizzata dalla presenza di mat-

posti alla sua tutela non hannomai cercato “seriamente”di eli-minare il grave degrado in cuiversa. Solo di recente sonostate effettuate e attivate alcu-ne opere (anello di raccoltadelle acque bianche e nere,tuttavia assolutamente insuffi-ciente), ma malgrado ciò con-tinuano a perdurare condizio-ni chimico-fisiche non eccel-lenti, con fenomeni distrofici epresenza di alghe potenzial-mente tossiche.

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tes di Chlorophyceaeaffiorantiin più punti.La loro estensione è variabi-

le nel tempo e nello spazio(Cavaliere, 1963). Il PantanoGrande ha subito nel temponumerosi pseudo-interventi dirastrellamento delle alghe.Inol-tre in un passato più o menorecente nel Pantano Grande sisono registrati ripetuti fenomenidi distrofia (Sanzo, 1909),soprattutto nel periodo tardoestivo, che a volte hanno cau-sato la moria di numerosi pesci.Il Pantano di Ganzirri, è col-

locato in un contesto fortementeantropizzato e gli organi pre-

Moria di pesci a causa didistrofia nel Pantano Grande.

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Pur in presenza ancora di que-sti gravi fenomeni, si fa sem-pre più pressante la richiesta,effettuata anche con numero-si articoli apparsi sui quotidia-ni, di un possibile ripristino dellamolluschicoltura, che sarebbeauspicabile, ma al momentonon proponibile; questa attivi-tà in passato costituiva, infat-ti, una fiorente industria per gliabitanti di Ganzirri (Lo Giudi-ce, 1913), anche se, per molticasi, soltanto come redditoaggiunto.Le acque del Pantano sono

in comunicazione con il mareadiacente per mezzo di cana-li, alcuni fatti costruire dagliinglesi intorno al 1830, il primodei quali, il canale Catuso,scavato nel 1807, è un cana-le molto stretto e solo occa-sionalmente aperto al mare esi trova nella zona sud dellago, mentre il secondo, deno-minato Carmine o Due Torri,è scoperto e si trova quasi alconfine nord del lago e per-mette uno scambio di acquesuperficiali con lo Stretto diMessina;un terzo canale, sca-vato in contrada Margi nel1810, collega il Pantano diGanzirri con quello di Faro,

anche se non consente ungrosso scambio con il Panta-no Piccolo (<1%). Il toponimoGanzirri deriva probabilmen-te dall’arabo Gadir (stagno,palude). Tale etimo appareverosimile, dato che nell’an-tichità l’intera zona dei laghiera paludosa, e solo con i primistanziamenti e la creazione dinuclei abitativi stabili si deter-minò una progressiva bonifi-ca del territorio.Il livello del Pantano non è

stabile; esso infatti s’innalzacon la cosiddetta “inchitura”,sensibilmente parallela allafase della corrente montantedello Stretto, e si deprime inve-ce con la “mancatura” o “sec-chezza”, pure parallela allafase della corrente scenden-te dello Stretto.Il Pantano di Faro è situato a

Nord del Pantano di Ganzirri.Esso presenta una superficiedi mq 263.600, una forma quasicircolare col diametro maggiorenel senso N.O.-S.E. di mt. 660ca., una profondità massima dimt. 28 ed una quantità d’ac-qua raccolta di 2.500.000 metricubi, più alta rispetto al lago diGanzirri per la maggior pro-fondità.

Il Pantano Faro risulta piùesposto a venti settentrionali,e presenta un carattere mag-giormente marino. Il Pantanoraggiunge la sua massima pro-fondità (28m) nella porzionecentro-orientale e la sua par-ticolare struttura determina pro-blemi legati alla circolazionedelle acque. Scambi con leacque dello Stretto di Messi-na avvengono attraverso il“Canale Faro” o “Canalone” e,saltuariamente con il Mar Tir-reno attraverso il Canale degliInglesi.Particolarità di questo ambien-

te è la persistente presenza diidrogeno solforato a profondi-tà superiori ai 10 metri e la pre-senza massiccia di microrga-nismi legati alla metabolizza-zione dei derivati dello zolfoall’interfaccia fra zona ossicae zona anossica. Il toponimodi Faro potrebbe trovare quiuna sua spiegazione; già nel1543 Francesco Maurolicodenominava gli abitanti dellazona come “abitanti sotto ilnome del Faro”. D’altra parteDomenico Puzzolo Sigillo(1927) ritenne di poter attri-buire l’origine del toponimo allaparola pòros, passaggio (cfr.

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IOIl Pantano Faro con il Pilone sullo sfondo.

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Bosforo), stretto di mare, chedunque si riferiva all’intero trat-to costiero messinese anti-stante la Calabria e, in sensoproprio, al tratto di mare chesepara le due terre.Francesco Maurolico spiega

la formazione dei nuclei urba-ni in prossimità del Capo Pelo-ro con la prospettiva di unsicuro guadagno per mezzodello sfruttamento dei Panta-ni, o delle vicine saline. Pareverosimile che i primi stanzia-menti consistessero in miseriabituri sparsi nelle campagnecircostanti i due Pantani, comeemerge da una cronaca del ter-remoto del 1783 riportata negli“Annali” di Gaetano Oliva(1892).Con il provvedimento n.

1342/88 del 19.07.’88 i duePantani ubicati nel territoriocomunale di Messina, deno-minati “di Ganzirri” o “Panta-no Grande”e “del Faro”o “Pan-tano piccolo”, sono stati dichia-rati beni d’interesse etno-antropologico particolarmen-te importante, in quanto sedidi attività lavorative e produt-tive tradizionali connesse allamolluschicoltura (mitilicolturae tellinicoltura) che rappre-sentano nel loro complessoun prezioso tratto della cultu-ra tradizionale nella provinciae nel territorio della città diMessina. In forza di tale prov-vedimento i due specchi lacu-stri e le attività tradizionaliche in essi si esercitano, sonoconsiderati beni etno-antro-pologici dei quali occorre assi-curare la tutela al fine di garan-tire l’identità e la memoriastorica di un’attività che dacirca tre secoli ha connotatol’economia e la cultura dellazona di Capo Peloro.La Laguna di Capo Peloro è

anche Riserva Naturale Orien-tata istituita dalla Regione Sici-liana con Decreto assessoria-le del 21 giugno 2001, entegestore Provincia Regionale diMessina.Inoltre è Sito di Impor-

queste parti durante le migra-zioni primaverili e autunnali. AGanzirri si possono ammirareAironi, Cormorani, Fenicotteried anche qualche Falco di palu-de assieme al Nibbio bruno.A tutt’oggi in entrambi i pan-

tani pesa la minaccia dell’in-quinamento, poichè la zona èpreda di una sempre più mas-siccia pressione antropica che,assieme ai fertilizzanti che fil-trano dalle campagne circo-

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tanza Comunitaria ai sensi dellaDirettiva 92/43/CEE e Zona aProtezione Speciale ai sensidella Direttiva 79/409/CEE nel-l’ambito del Water Project del1972.In entrambi i Pantani la fauna

è molto varia e tra le specieche popolano queste acque,oltre ai molluschi lamellibran-chi, citiamo: cefali, branzini,orate, anguille, seppie e cro-stacei vari.La posizione geografica par-

ticolare dei pantani, ne ha fattoun luogo di sosta per uccellimigratori che si fermano da

Leggenda della Città di Risa.(Gamberini, 1920)

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stanti, ne sta pregiudicandol’equilibrio biologico. Numero-se ordinanze e provvedimentinon hanno dato finora gli esitisperati, rischiando così di com-promettere le risorse di una frale zone più caratteristiche diMessina e, osiamo dire, dellepiù belle del mondo. Il Gam-berini (1920) riporta nel suolibro “Circa i diritti della pesca

e d’uso nei Laghi di Ganzirri eFaro” la “Leggenda della Cittàdi Risa”.A questo punto, se mai Mari-

selva si dovesse risvegliare,non riconoscerebbe certo i luo-ghi da cui è stata rapita e stra-li di fuoco invierebbe agli abi-tanti del Peloro e a tutte le Pro-vince Regionali!È certo che, in un presente

non più procrastinabile, è asso-lutamente urgente, la “bonifi-ca”definitiva del Pantano Gran-de e quindi il possibile ripristi-no della molluschicoltura (vie-tata con Decreto Regionale del1986) e rendere visivamente“gradevole” il Pantano Picco-lo, uniformando, o meglio eli-minando, tutti i galleggianti pre-senti sulle acque.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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Premessanumerosi incendi che sisono verificati nell’ItaliaCentro-Meridionale, neimesi di luglio e agosto2007, hanno reso indif-

feribile l’adozione di un prov-vedimento urgente da parte delPresidente del Consiglio deiMinistri, mediante l’Ordinanzan. 3606 del 28 Agosto 2007,riguardante “disposizioni urgen-ti di protezione civile dirette afronteggiare lo stato di emer-genza in atto nei territori delleregioni Lazio, Campania,Puglia, Calabria e della regio-ne Siciliana, in relazione adeventi calamitosi dovuti alla dif-fusione di incendi e fenomenidi combustione”.In particolare, sono state con-

siderate principali cause di inne-sco dei fenomeni di combu-stioni, i seguenti fattori:- Incremento delle tempera

ture oltre i consueti limiti sta-gionali;- estensione dei periodo di

siccità;- aumento dei comportamenti

dolosi che hanno causato gravidifficoltà al tessuto economi-co e sociale;- incremento degli incendi in

aree urbane.Quest’ultimo elemento si è

rilevato determinante nell’incre-mento della pericolosità daincendi d’interfaccia, da cuisono scaturite le suddettemisure speciali atte a fronteg-giare, in maniera più efficace

abitanti ed un tessuto edifica-torio di 32.405 costruzioni, con-fina con i comuni di Villafran-ca Tirrena, Saponara, Pace delMela, Monforte S.Giorgio, Sca-letta Zanclea, Itala e Fiumedi-nisi.La morfologia del territorio è

variabile, con una pianuracostiera più pronunciata nelversante jonico e forme di rilie-vo aspre ed accidentate versol’interno.In linea generale possono

essere delineate tre fasce alti-metriche, orientate secondodue direttrici principali NE-SWad E-W, di cui una pianeggiante,una seconda a carattere colli-nare ed una terza decisamen-te montuosa.Dai suddetti versanti, si è ori-

ginata una fitta serie di baciniidrografici, sottesi da linee dideflusso a carattere prevalen-temente torrentizio.In particolare, nel versante

jonico sono presenti ben 35bacini, poco di più rispetto aquello tirrenico con 25 bacini.Il bacino idrografico più gran-

de è quello del torrente S.Ste-

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il rischio per la pubblica e pri-vata incolumità.Come primo obiettivo si è rite-

nuto importante dare rilievo allaprevenzione e degli incendiboschivi.Detta attività non poteva pre-

scindere da una pianificazio-ne, seppur di tipo speditivo, daintegrare nella più complessi-va pianificazione delle emer-genze.In forza di detta Ordinanza,

l’Ufficio Territoriale del Gover-no di Messina, ha incaricatol’Amministrazione comunale diMessina e più specificatamentel’Ufficio Staff “Protezione civi-le”, per la redazione della Pia-nificazione del rischio incendid’interfaccia del territorio diMessina, secondo le modali-tà previste nelle linee guidapredisposte dal DipartimentoNazionale di Protezione civi-le, la cui redazione si è con-clusa il 28 aprile 2008.Lineamenti territoriali e

morfologici.Il territorio del Comune di Mes-

sina esteso per 211,23 Kmq,con una popolazione di 252.026

STAFF TECNICOIng. Francesco RANDO

dirigente coordinatore dello Staff tecnicoDott. Geol. Daniele TRAVIGLIA

responsabile del SIT di Protezione civile e Rischio IdrogeologicoDott. Arch. Massimo PASSARI

responsabile Gruppo di lavoro Incendi d’InterfacciaIng. Antonio RIZZO

libero Professionista esperto di Protezione civile

Il Piano del rischioincendi d’interfacciauna nuova metodologia speditivaper la valutazione del rischio

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fano, con un’estensione di 16,4Kmq ed una lunghezza dell’a-sta principale di 8,4 Kmq.Per quanto riguarda il livello

di fragilità territoriale relativoal rischio idrogeologico, il comu-ne di Messina presenta unasuperficie interessata da dis-sesti franosi di 201,7 Ha nelversante tirrenico e di 285,84Ha in quello jonico.Infine, l’esposizione dei ver-

santi risente maggiormente del-l’effetto dei venti provenientidai quadranti nord-occidenta-li e sudorientali, con precipita-zioni più elevate nelle stagio-ni autunnale e invernale.Il clima può essere ricondot-

to al tipo temperato-mediter-raneo, con precipitazioniabbondanti nel semestre otto-bre-marzo, a cui si contrappo-ne il semestre aprile-settem-bre,con precipita zioni scarsee occasionali, associate ad altivalori di temperatura e sensi-bili escursioni giornaliere.Le precipitazioni medie risul-

tano nell’ordine dei 700-800mm fino a massimi di 1.300mm sui rilievi.L’Emergenza incendi in Sici-

lia nell’anno 2007

Il rapporto pubblicato dalDipartimento Regionale di Pro-tezione civile, relativo all’in-cremento della pericolosità daincendi ed ai danni provocatial patrimonio boschivo ed allasocietà civile, evidenzia che il2007 in tutta la regione è risul-tato un anno critico per livellodi pericolosità ed è stato messoa dura prova l’efficacia del siste-ma di Protezione civile.In particolare, nella provincia

di Messina che alla pari di quel-la di Trapani ha fatto registra-re il maggior numero di inter-venti, si sono verificate perdi-te di vite umane che hannoaggravato un bilancio, fin a quelmomento, fortemente negati-vo.Gli effetti dannosi dell’incen-

dio boschivo non si esaurisconouna volta conclusa la fase emer-genziale in quanto, la cenereprodotta nell’incendio svolgeun’azione riduttiva della per-meabilità del suolo, favoren-do, in caso di pioggia, lo scor-rimento selvaggio delle acquemeteoriche e l’innesco dei pro-cessi erosivi sulle parti del ter-ritorio non più protette dallavegetazione.Inoltre, laddove gli apparati

radicali delle piante sono statiirrimediabilmente compro-messi, si riduce sensibilmen-te l’azione di fissaggio ed anco-

raggio del sistema pianta-suolo-substrato.Infine, le mutate condizioni

idrogeologiche comporteran-no l’incremento del trasportosolido, la riduzione dei tempidi trasporto delle acque cor-renti, l’incremento delle velo-cità delle acque di ruscella-mento, con il conseguenteaumento della propensione aldissesto dei versanti.Dalla carta finalizzata al cata-

sto degli incendi boschivi, learee maggiormente colpite delterritorio cittadino, nei mesi diluglio-agosto 2007, sono risul-tate distribuite a macchia di leo-pardo, la cui entità complessi-va è risultata pari a circa 38Kmq, quasi il 20% del territo-rio cittadino.Ha destato particolare impres-

sione per la vastità dell’areavulnerata, il fronte d’incendioche a coinvolto nella zonanord le località di Masse,Spartà, Castanea, Curcuraci,Marotta, S.Michele, pari a circa12 Kmq.Nella zona sud le aree colpi-

te sono state numerose anchese di proporzioni inferiori a quel-la suddetta e comprese tra idue ed i quattro Kmq.In ultimo va rilevato come gli

incendi determinano l’aggravamento delle condizioni di rischiodelle aree già vulnerate da franee dissesti gravitativi, come èstato possibile constatare nelcorso dell’emergenza di fineottobre 2007, nelle zone diGiampilieri, Briga, Molino,Ponte Schiavo, S. Margherita.Sistemi di allertamento

sugli incendi boschivi:il ser-vizio HOTSPOT.Il Dipartimento Regionale di

Protezione civile ha stipulatouna convenzione con la socie-tà Telespazio, per l’attuazio-ne del progetto RISKEOS incui è presente una funzione,denominata HOTSPOT, ingrado di fornire in tempo realeincendi presenti sul territorioregionale.

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Rappresentazione del modellotridimensionale del suolo e l’i-drografia principale.

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Il servizio si basa sul rileva-mento da satellite “meteosat”della variazione di temperatu-ra ad una risoluzione di circa3 Kmq.L’aggiornato di sistema avvie-

ne in tempo reale secondo lemodalità di acquisizioni d’im-magine dei satelliti (ogni 15’).Ovviamente il servizio si pre-

sta meglio alla prevenzione emitigazione degli incendiboschivi.I limiti del servizio consisto-

no in alcune patologie di siste-ma quali errori di posiziona-mento degli incendi, impossi-bilità di distinguere gli incendinell’ambito della stessa cella,il gap temporale tra la dispo-nibilità del dato e il reale inne-sco dell’incendio.

Nonostante i suddetti limiti,il servizio HOTSPOT consen-te alla SORIS di poter seguirel’evoluzione degli incendi inmodo da poter coordinare inmaniera tempestiva ed effica-ce i soccorsi.Una nuova metodologia

speditiva per la predisposi-zione del Piano Incendi d’in-terfaccia.Per interfaccia in senso stret-

to si intende una fascia di con-tiguità tra le strutture antropi-che e la vegetazione ad essa

adiacente, esposte al contat-to con i sopravvenienti fronti difuoco.In via di approssimazione la

larghezza di tale fascia è sti-mabile tra i 25-50 metri ecomunque estremamentevariabile in considerazionedelle caratteristiche fisiche delterritorio, nonché della confi-gurazione della tipologia degliinsediamenti.Tra i diversi esposti partico-

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Mappa degli incendi telerileva-ti (Agosto 2007).In basso,Rappresentazione grafica degliincendi (Agosto 2007).

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lare attenzione è stata rivoltaalle seguenti tipologie:• ospedali, insediamenti abi-

tativi (sia agglomerati che spar-si), scuole, insediamenti pro-duttivi, luoghi di ritrovo (stadi,teatri), infrastrutture ed opererelative alla viabilità ed ai ser-vizi essenziali e strategici.Per valutare il rischio conse-

guente agli incendi di interfac-cia è prioritariamente neces-sario definire la pericolositànella porzione di territorio rite-

nuta potenzialmente interes-sata dai possibili eventi cala-mitosi ed esterna al perimetrodella fascia di interfaccia insenso stretto e la vulnerabili-tà degli esposti presenti in talefascia. Sulla base della cartatecnica regionale 1:10.000,sulle ortofoto disponibili aggior-nate all’anno 2003, sono stateindividuate le aree antropiz-zate considerate interne al peri-metro dell‘interfaccia.Per la perimetrazione delle

predette aree, rappresentateda insediamenti ed infrastrut-ture, sono state preventiva-mente create delle aggrega-zioni degli esposti, finalizzatealla riduzione della disconti-nuità fra gli elementi presenti,raggruppando tutte le struttu-re ricadenti entro una distan-za relativa non superiore a 50metri.Definiti i buffer di m 25 e 50,

si è proceduto a tracciare intor-no a tali aree, una fascia di con-torno (denominata fascia peri-metrale) di larghezza pari a200 m.Tale fascia è stata utilizzata

per la valutazione della peri-colosità.La metodologia proposta da

Dipartimento Nazionale di Pro-tezione civile ed adottata nelcorso del presente studio, èbasata sulla valutazione, sep-pur speditiva, delle diversecaratteristiche vegetazionalipredominanti presenti nellafascia perimetrale, indivi-duando così delle sotto-areedella fascia perimetrale il piùpossibile omogenee sia conpresenza e diverso tipo di vege-tazione, nonché sull‘analisicomparata nell‘ambito di talisotto-aree di sei fattori, cui èstato attribuito un peso diver-so a seconda dell‘incidenzache ognuno di questi ha sulladinamica dell‘incendio.Tale definizione è stata effet-

tuata utilizzando un softwareGIS della ESRI in possessodell’Ufficio di Staff Protezionecivile del Comune di Messina.Sono stati presi in conside-

razione i seguenti fattori prin-cipali:Tipo di vegetazione: distin-

zione delle diverse formazio-ni vegetali che determinanoinfluenze più o meno marcate

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Carta degli esposti al rischioincendi d’interfaccia.In basso,carta della vegetazione.

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sull’evoluzi one degli incendi aseconda dei tipi di specie pre-senti, delle loro mescolanze,della stratifi cazione verticaledei popolamenti.Èstata condotta questa distin-

zione mediante fotointerpreta-zione effettuata sulle ortofotodigitali, aggiornate all’anno2003.Densità della vegetazione:

rappresenta il carico di com-bustibile presente che contri-buisce a determinare l‘intensi-

stante, favorendo la perdita diumidità dei tessuti, consen-tendo in tal modo l‘avanza-mento dell‘incendio verso lezone più alte. Questa valuta-zione è stata ricavata utiliz-zando un’analisi GIS su appo-siti aster dataset.Tipo di contatto:contatti delle

sotto-aree con aree boscate oincolti senza soluzione di con-tinuità influiscono in manieradeterminante sulla pericolosi-tà dell‘evento. L’analisi è stataeffettuata in overlapping,sovrapponendo un DEM (Digi-tal Elevation Model) apposita-mente elaborato sulle ortofo-to ed il layer della vegetazio-ne.Incendi pregressi: partico-

lare attenzione è stata postaalla serie storica degli incendipregressi che hanno interes-sato il nucleo insediativo e larelativa distanza a cui sono statifermati.Questi dati relativi agliincendi verificatisi nell’anno2007, hanno consentito di defi-nire dei buffer con pesatura dif-ferente a secondo che l’ag-gregato si trovasse entro unadistanza inferiore ai 100 metrio compresa tra 100 e 200 metri.Anche questa analisi è stataeffettuata mediante appositoraster dataset.Classificazione del piano

AIB: è la classificazione deicomuni per classi di rischio con-tenuta nel piano regionale diprevisione, prevenzione e lottaattiva contro gli incendi boschi-v i redat ta a i sens i de l la353/2000.Per il territorio comu-nale di Messina è stato previ-sto un unico valore.Il grado di pericolosità, sca-

turisce dalla somma dei valo-ri numerici attribuiti a ciascu-na area individuata all‘internodella fascia perimetrale.Il valore così ottenuto indivi-

dua tre classi principali nellequali suddividere, secondo ilgrado di pericolosità attribuitodal la metodologia sopradescritta, le sotto-aree indivi-

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tà e la velocità dei fronti di fiam-ma. Anche questo elemento ès ta to desunto med ian tefotointerpretazione.Pendenza: la pendenza del

terreno ha effetti sulla veloci-tà di propagazione dell‘incen-dio: il calore, salendo, preri-scalda la vegetazione sovra-

Carta delle acclività.In basso, Carta dell’esposizio-ne dei versanti.

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duate all‘interno della fasciaperimetrale.Nella tabella seguente sono

indicate le tre classi di perico-losità agli “incendi di interfac-cia“, identificate con i relativiintervalli utilizzati per l‘attribu-zione:

La mappatura della pericolo-sità così ottenuta costituisceuno strumento di primo livelloche consente di indirizzare lapianificazione dell‘emergen-

za attualmente adottata.Per ogni fascia di interfaccia,

sono stati individuati tutti gliesposti al possibile fronte delfuoco.La vulnerabilità è stata per-

tanto definita in termini quali-tativi, sempre mediante unametodica speditiva, valutandoun peso complessivo sulla basedel numero di esposti presen-ti in ciascuna classe di sensi-bilità, di cui alla tabella suc-cessiva, moltiplicato per il pesorelativo della classe stessa.Allasensibilità dell‘esposto è statoassegnato un peso variabileda 1 a 10.Dalla somma dei valori par-

ziali è stato ottenuto un valo-re complessivo rappresentati-vo del la vulnerabilità dell‘espo-sto.Tale valore complessivo sarà

quindi rappresentativo delle treclassi di vulnerabilità, bassa,media ed alta.La valutazione del rischio è

stata infine effettuata incro-ciando il valore di pericolositàin prossimità del perimetroesterno ai tratti con la vulne-rabilità di ciascun tratto; il risul-tato finale è il rischio presen-te all‘interno e lungo tutta lafascia di interfaccia valutatosecondo la seguente tabella.

Il risultato finale ha consenti-to di perimetrare le aree degliinsediamenti esposti, per le dif-ferenti classi di rischio presentinella fascia perimetrale in sensostretto: rosso sarà attribuito adun rischio alto (R4), blu ad unrischio medio (R3), verde adun rischio basso (R2) e gialload un rischio nullo (R1).L’uso del GIS nell’analisi del

rischio incendi d’interfaccia.La metodologia precedente-

mente esposta ha evidenzia-to l’assoluta necessità di pro-cedere per piani informativiomogenei (layer), da sovrap-porre secondo una tecnicainformatica conosciuta con iltermine di “overlapping”.In passato per lo stesso pro-

cedimento si sarebbe operatomanualmente, utilizzando tavo-le trasparenti dalla cui sovrap-posizione di colori si definiva-no i relativi “pesi”.Oggi, grazie all’uso del “GIS”

è possibile giungere, in tempiestremamente ridotti, a risul-

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Carta degli incendi pregressi.Sotto, Carta della Pericolosità.

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tati di analisi superiori, par-tendo da base di dati notevol-mente più elevate.L’ufficio comunale di Prote-

zione civile è da tempo attrez-zato di una piattaforma ESRIARCGIS 9.1, istal lata su attrezzature

hardware particolarmentepotenti.La finalità è quella di costi-

tuire il SIT di “Protezione civi-le” in grado di gestire il Pianocomunale d’emergenza.Per applicare in maniera effi-

cace e rapida l’analisi GIS, vistoi tempi imposti dall’Ordinanza3606/07, si è proceduti median-

larmente vulnerabili, il cuilivello di rischio è stato accen-tuato dall’espansione urbani-stica determinatasi nell’ultimoventennio.Il primo livello così definito,

potrà essere in seguito appro-fondito e reso ancor più ade-rente alla realtà territorialemediante l’utilizzo di fonti car-tografiche aggiornate (ortofo-tografia digitale multispettraleda satellite), in modo da ren-dere attuale il SIT di Protezio-ne civile in relazione all’usodel suolo, alla variazione deltessuto edificatorio, alla con-sistenza delle aree vulneratedagli incendi, all’evoluzionegeomorfologiche dei rilievi inte-ressati dai dissesti.Dal punto di vista operativo,

l’istituzione di presidi territorialicon l’utilizzo anche delle Asso-

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te la costituzione di un model-lo di analisi automatizzato(Model builder), realizzatosecondo uno schema a bloc-chi in architettura informaticadi tipo visuale.I risultati acquisiti per la rea-

lizzazione della pianificazionedel rischio incendi d’interfac-cia, saranno successivamen-te integrati nel costituendo Web-GIS della Protezione CivileComunale, in modo da poteressere consultati in remoto inoccasione dei futuri eventi.Conclusioni.La pianificazione relativa al

rischio incendi d’interfaccia haconsentito, seppur nei limitidella metodologia speditivaadottata dal Dipar timentonazionale di Protezione civile,di far emergere aree del terri-torio, per vocazione, partico-

Carta del Rischio.Pagina a lato,rappresentazione del modellodi calcolo.

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ciazioni di volontariato di Pro-tezione civile, adeguatamen-te addestrate per il servizioAntincendio Boschivo (AIB),consentirà di minimizzare itempi d’intervento nel coordi-namento degli interventi e nellafattiva collaborazione dellestrutture di protezione civilecon gli Enti istituzionalmentedeputati allo spegnimento degliincendi (Corpo Forestale e Vigi-li del Fuoco).Una corretta attività di pre-

venzione così come prevista

dal vigente Piano RegionaleAntincendio Boschivo, asso-ciata ad un’efficace campagnadi sensibilizzazione della popo-lazione più esposta, oltre aduna concreta attività di repres-sione nei confronti dei com-

portamenti delittuosi che stan-no all’origine di gran parte degliincendi, comporterà, in futuro,una sempre maggiore ridu-zione delle aree incendiate edei rischi per l’incolumità degliabitanti.

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- Presidenza del Consiglio dei Ministri O.P.C.M. n. 3606del 28.08.2007 - Manuale Operativo per la predisposizio-ne di un Piano Comunale o Intercomunale di Protezionecivile - AA.VV.

- Città e Territorio 1-2/97 – I Bacini idrografici del territorioComunale di Messina - A. Natoli, B. Copat, S. Dolfin, E.Cumbo, D. Traviglia, F. Rubino, A. Ucosich, A. Paratore, M.Costanzo, G. Bellomo, E. Bellomo.

- Regione siciliana - Dipartimento di Protezione civile -Emergenza Incendi Agosto 2007 - O. Bonanno, S. Levan-to, M. Panebianco.

- ISTAT - Popolazione residente ed abitazioni nelle pro-vince italiane Messina - AA.VV.

- Assessorato Regionale Territorio e Ambiente - PianoStralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico (P.A.I.)- Rela-zioni Bacini 001 e 102 - AA.VV.

RingraziamentiUn particolare ringraziamen-

to per l’aiuto e la fattiva colla-borazione fornita va rivolto alDott. Geol. Biagio Privitera,Responsabile della ProvinciaRegionale di Messina per ilrischio incendi d’interfaccia, alDott. Contarino Vice Prefettodell’Ufficio Territoriale di Gover-no di Messina, al Perito Agro-nomo Antonino Aiello, colla-boratore della struttura comu-nale di Protezione civile.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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Messina, “claves insulae”,come dice Edrisi, nonsolo, ma anche “nobilisSiciliae caput”, e, soprat-tutto, “emporio delle

genti”, arrivavano le navi dagliestremi lidi della terra.Per que-sto gli abitanti “quasi non ponnuviveri senza mercantii et eser-citii marittimi”, essendo la città,appunto, “situata in loco ste-rili di terreno” (I. Peri, Città ecampagna in Sicilia dal XI alXIII, Laterza, 1978).Le fortune del sito, della posi-

zione e delle professionalitàmarittimo-commerciali saran-

che la medesima si rendessenauseosa ...alle altre città delRegno”.La rivolta antispagnolavide la città assolutamente sola,proprio al termine di una lungacontroversia, con Palermo, sulprivilegio “di estrarre la setasolo da Messina”. Temerariaambizione quella, si chiede,ancora con il Masbel, La Torre(Messina come metafora eluogo idealtipo della politica,Rubbettino, 2000, ib.), o un“voler vivere in libertà, quasi informa repubblicana”? ForseMessina, analogamente adaltre repubbliche cittadine, rite-

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no causa ed effetto di cospicuiprivilegi “concessi per rimune-razione di servigi prestati dalliSerenissimi reggi”. E forse imolti privilegi “con i quali si ègloriata la città di Messina diessere arricchita” (addiritturane furono inventati altri “falsi eirregolari”, al punto che nella‘caparbietà’ di difendere tali‘imaginarie chimere’, si preci-pitarono, “all’ultimo scopo dellaloro meritata rouina”, scrisse ilMasbel (M. La Torre, Messinacome metafora e luogo ideal-tipo della politica,Rubbettino,2000), furono sempre causa

I cento annidalla catastrofe:e il “compasso della ragione”?

di Giuseppe CAMPIONE

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nuta <inevitabilmente sedizio-sa>, vede la sconfitta dellesue ambizioni municipalistichee si arrende a poteri autocra-tici, perde la voglia di comuni-cazione dei cittadini, che reste-ranno solo vassalli, intorno agliaffari pubblici, <la civile con-

versazione>.Se, il ‘rex’è Levia-than, unità, indissolubilità, con-cordia di parti, il ‘populus’ èBehemoth, ribelle aggregatodi mostri, sedizione, plurale.Così Messina, allora città teme-raria senza accortezza, andràincontro alla sua rovina, spe-

culare all’aurea mediocritasche si accontenta. Città vintae sottomessa, vivrà comeesempio, ‘universitad delmundo’ (M. La Torre, ib.)Ma il paesaggio e le anche

memorie sono tutte lì. Messi-na era stata letta, dice Alber-to Samonà (G. Campione, inLa Loggia dei mercanti, 1972,CCIAA, Messina), come un tea-tro e il suo doppio: la città, dalmare-platea, come insieme diquinte, un palcoscenico chedalla palazzata-spettacolo siinnalza sulle colline, con l’Et-na come fondale; invece, tor-nata anfiteatro, con, sullascena, il mare tagliato dallafalce, come nelle crocifissionidi Antonello, e, in fondo, l’on-dulato disegno degli ultimi con-trafforti dell’Aspromonte. Poisolo memoria e lamento. Lacesura sarà più evidente dopoil terremoto del 1908, e nonsarà solo virtuale.Nella logica interna del suo

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L’area interessata dalterremoto del 1908.

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impianto gli avvenimenti, le epi-demie, i disastri sono statecome ferite profonde del tes-suto sociale e delle struttureurbane, che si rimarginano conmodalità e tempi diversi:scan-sioni temporali entro cui i varielementi della struttura si ricom-bineranno alla ricerca di undisegno. E perciò è come sesempre si fosse guardato altempo dello spazio della lungadurata e gli avvenimenti, trastoria ed eventi.Senza, è ovvio, trascurare l’av-

venimento-mostro (l’evento-problema), la rivolta antispa-

gnola, ma soprattutto il terre-moto, a partire dal quale si ripro-blematizzerà tutto. Per Messi-na si è a lungo pensato che ilterremoto avesse azzerato lememorie, determinando unacondizione di cittadini senzastoria. L’avvenimento terre-moto segnò infatti un tagliodeciso, spietato, non solo nellastruttura urbana e nella vitaeconomica, ma soprattuttonella composizione demogra-fica e sociale (G. Campione, IlProgetto urbano di Messina 2°,Gangemi, 1994).Messina appariva dopo la sua

Iliade funesta,come un mondolivido e informe, tra cui vaga-vano le ombre degli scampa-ti, e il resto della Terra legge-va, atterrito, il numero pauro-so delle vittime, e contempla-va la straordinaria visione diuna città crollata in pochi secon-di, come i castelli che i ragaz-zi fanno con le carte, scrivevaGuido Ghersi ( La città e laselva, Garzanti 1983). E saràil momento dionisiaco della“lieta baraonda da fiera” della“resurrezione” post-terremoto

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Copertina di giornale francesedel 17 gennaio 1909.

Barche e velieri nella Cortina delporto (prima del terremoto).

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che caratterizzava Messina “unpo’cantiere, un po’bivacco, unpo’ mercato”. Una città abitataanche da “un miscuglio di genteforestiera assillata dal deside-rio di far fortuna”, intenta alle“più ingegnose speculazioni”.

Città di “sventagliante fanta-smagoria” nelle cui sale dapranzo e da convegno arran-giate si affollavano “funziona-ri, costruttori, legali, giornali-sti, rappresentanti dei comita-ti di soccorso nazionali e stra-

nieri, mondane, tutta una follavaria e strana, mutevole e gio-conda fra la quale capitavaspesso in raccolto atteggia-mento qualche gruppo di per-sone a lutto” (P. Longo, Mes-sina, città rediviva, 1933, ediz.

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anastatica. G.B.M.,1994 ). Equesta Messina a poco a pocoassumerà forma, contemple-rà gli effetti del maremoto, delterremoto, gli incendi, lo scia-callaggio, l’arrivo dei primi soc-corritori, la nave russa, la par-tecipazione dei sovrani, ladurezza dello stato d’assedio,le prime leggi per l’emergen-za, la municipalità che risorge,i drammi di orfani e vedove, lesedute dei civici consessi. Ifuturisti cantano la volontà pro-meteica della ricostruzione,quella che viene enfatizzata,spettacolarizzata quasi, dalpoeta Jannelli: tendere spa-smodicamente verso la rico-struzione… un leggere il pas-sato-presente…attraversato daun fil di ferro…poi l’avvenireche cresce… e il sorridere-mondo etc.etc. (G. Miligi, Pre-futurismo e primo futurismo inSicilia, Sicania, 1989). Dal“grumo di sentimenti e di irra-zionalità, si tengono però lon-tani gli altri, gli scienziati alleprese con i problemi delle causee degli effetti. Il primo pensie-

Poi, dopo il terremoto, la guer-ra. “Sotto la gragnuola aereasi compì lo scempio...”(P.Longo,Rassegna stampa 1943: “Mes-sina:vita apparente di una cittàabituata a morire” ).Anche quest’ultima rottura

sembra confermare la tesi diGambi (Quaderni di geografiaumana per la Sicilia e la Cala-bria,V, 1960, Univ. Messina ),poi ripresa dalla Rochefort (Le travail en Sicile, Presse uni-ve rs i ta r ie de France,Paris,1961), sul ripopolamen-to di Messina, avvenuto adopera “in più saliente misuradi famiglie provenienti dai comu-ni rurali delle aree prossime…di mediocri impresari e traf-ficanti provenienti da regionisettentrionali…

Resta perciò incompiuto ildisegno di città. I ‘WorkingPapers’di Sociologia e di Scien-za della politica (E. Tuccari1971) fanno discendere l’”ina-ridirsi”dei “messaggi pervenutida un passato non lontano”,da un uso del potere “spre-giudicato ed obliquo”;un pote-

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ro, come si legge nella rela-zione del piano, avrebbe dovu-to essere quello di conserva-re il mantenimento della vec-chia città, conservandone, perquanto possibile, l’improntagenerale, ed il ripristino dellaforma originaria (G. Campio-ne Il progetto…,cit.).

Invece l’impianto del Borzì,il tecnico della municipalità,sarà solo imposto da necessi-tà, urgenze e ‘particulari’. Un’icona senza invenzioni e proie-zioni. Così la forte, commo-vente volontà dei superstitisembrerà esaurirsi nel mante-nimento del sito, ma da que-sto non deriveranno ritorni diruolo o di antiche funzioni. E’la cittadinanza che finisce,(M.La Torre, Messina…cit.). Idiritti si collassanoo, restanosolo concessioni di favori,mediate da suppliche, inter-cessioni, minacce: la contrat-tazione impropria dello scam-bio sarà la “costituzione mate-riale” di un patto sociale nonsottoscritto ma comunquevigente.

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re che si è andato formando inmodo quasi separato dalla città,con logiche di tipo familistico(così presente in alcune areemeridionali) con forti ed esclu-sivi vincoli di appartenenza edi solidarietà.Si potrebbe forsericorrere a ragionamenti matu-rati altrove, come nelle analisidella Becchi, per convenire che,anche alla scala messinese,prevalgono le ragioni del ripro-dursi di una società urbanacome società divisa (G. Cam-pione, Città e tendenze alla glo-balizzazione,in La composi-zione visiva del luogo, Rub-bettino, 2003):Innanzitutto il blocco politico,

gli affari, poi il difficile sbozzo-larsi di nuovo ceto produttivo,poi una rara intellettualità indi-pendente, di valore, purtroppofragile.Poi ancora l’Università, anco-

ra espropriata da poteri impro-pri, che, pur con presenze diconclamato l ivel lo, vienedescritta come in rapido decli-no.La chiesa, infine, solo a volte

consapevole della lezione con-ciliare e di connotazioni profe-tiche. Come nella lezione diMazzolari: una chiesa senzapopolo? Poi le periferie, che,hanno strutturato in sé, accan-to alle tradizionali microcrimi-nalità suburbane, penetrazio-ni connotate da cultura di tipomafioso: così sociologi urbanihanno riscontrato quasi l’in-sorgenza di situazioni di citta-dinanza parallela e alternati-va.In sostanza sono questi quat-

tro non luoghi, luoghi mai effi-cacemente conf igurat i esostanzialmente disancoratidalle palestre del vissuto, delcontinuum urbanizzato, doveil gioco problematico peressere risolto richiederebbeconoscenza (F. Fatta, In cielo,in terra e in ogni luogo, in Luo-ghi,non luoghi,super luoghi,istant book, della UniversitàMediterranea, 2007), che pro-ducono distopie e/o eteroto-pie, in un urbano che non riescea specchiarsi nell’incubo delproprio crollo, né nell’utopia del

suo proprio contrario.Distopie dove l’umano è in

non cale, dove l’immaginariosi involve in un masochismo dimassa (F. Muzzioli, Scitturedella Catastrofe, Meltemi,2007), la forma contempora-nea della tragedia: ma “se tuttivengono sacrificati, il sacrificioè inutile”: is generally a narra-tive…(F. Jameson, The seedsof time, Columbia University,1994).Ci aiuta splendidamen-te Flavia Schiavo (Perife-rie/Roma-Attraversi gli spazi ditransizione, i frammenti, gliscarti, i bordi, con Pasolini, Fel-lini, Moretti, De Sica, Gadda,Wenders, Lynch, Mumford,…2007) quando si riferisce aciò che emerge dalle tramedei romanzi, al racconto verbo-visivo delle storie, al nessun-luogo (Pasolini avrebbe potu-to dire : fai un passo e sei suuno stretto, su un mare di affa-scinante mitopoiesi;dove tutto,scriverebbe la Schiavo, è, “ossi-moricamente”, vita, percezio-ne, interpretazione, radica-mento, appartenenza allo spa-

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zio vivente).Ed eterotopie, dove si mette

in crisi l’ordine del discorso,che inquietano, dice Foucault( Le parole e le cose, Rizzoli,1997), perché “minano segre-tamente il linguaggio…, deva-stano anzitempo le sintas-si…che fanno tenere insiemele parole e le cose”. Perchédeterminano rottura dei “cana-li di mediazione che fondanola comunicazione.E la vita nellapolis (ma <nomina sunt sub-stantia rerum>?) è accettazio-ne, mai iniziativa, ricerca diagire, solo inevitabile assog-gettamento per la conserva-zione del sé residuo: blocchistorici, saperi, chiesa, poterialternativi di periferie para-dossalmente funzionali, tuttiinsieme non luoghi rispetto adun asimmetrico urbano altro,non- luoghi che riversanosostanziale tensione torturan-te su (ex) cittadini dal destinoinquieto, liberi dalla verità, edalla moralità che definiscel’uomo (J. Patocka, Saggi ere-tici sulla filosofia della storia,PBE Einaudi, 2008).

un territorio, letto come storiasedimentata? Si riproporrà, ildisegno di una città che si disi-sola e che potrebbe aggan-ciare la nuova rete di relazio-ni prodotte dall’<arco etneo>,quello indotto dalla progressi-va intermodalità catanese edalla dirompente novità di GioiaTauro (G.Campione, Comuni-cazioni, in Atlante dei tipi geo-grafici, IGM, 2003, Firenze)?O questo è solo nello zigza-

gare della <esigente> che sicrogiuola tra malinconia e impo-tenza.Anche la nostalgia del lumi-

noso talento visuale dello stret-to non sembra più varcare ilgrigio delle assuefazioni. Inuna recente prefazione EzioRaimondi, che fu del Maestro“compagno di discussioni, inuna entusiasmante fase di ela-borazione culturale”, scrivevadell’avventura di un una geo-grafia che avrebbe, occupan-dosi del territorio, dovuto intro-durre l’analisi degli uomini inun condiviso rapporto tra natu-ra e cultura, senza schemati-smi disciplinari, senza le

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Allora ecco Messina, comeidealtipo della condizione civi-le, della politica.Dice ancora La Torre (cit.):

resterà il <fiume turchino> diVerga, resteranno i miti diOmero, ma sopravviveràsoprattutto “l’instabile equili-brio tra forma politica e ordinenaturale”. Con tutti i secolariveicoli di evidenza produttivadi giudizio: le “dande del giu-dizio”di Kant, appunto, gli sche-mi dell’intelligibilità, e dellaconoscenza.Non deve perciò sorprende-

re che non si siano attivate “fun-zioni capaci di propiziare lamodernizzazione”, ripetevaLucio Gambi (G. Campione,Lucio Gambi a Messina, in Rivi-sta Geografica italiana, Fasc,2, 2007, SSG; Firenze).Il futuro sarà, acriticamente

svincolato dalla storia, affida-to al permanente uso patri-moniale dello stretto, nell’i-gnoranza di ricadute produtti-ve e di valori territoriali anchesimbolici? E allora possonoancora immaginarsi funzioniche si colleghino ai processi di

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‘paratie’ di cui parlava Bloch(M. P Guermandi-G. Tonet (acura di), La cognizione del pae-saggio-Scritti di Lucio Gambisull’Emilia Romagna e dintor-ni, Bononia University press,2007).E invece le fumisterie “ripa-

razioniste” della nuova Sicilia,quella che ri-parla <con labocca piena di sole e disassi>, immagina percorsi piùaccentuati e ancora più rimu-nerativi di rinnovato mal-fare,senza “ uomini” per un “con-diviso rapporto tra natura e cul-tura” ( G. Campione, Il lom-bardismo.in Repubblica, 18Maggio, 2008).Così sarà per il ponte?Conciliate, pur in modo pro-

blematico, le questioni di soste-nibiltà ambientale, il ponteavrebbe potuto avere sensoterritoriale, proprio perché con-solidava ipotesi di nuova epi-fania della regione dello stret-to, quella che ci raccontòGambi, motivata da forti, anti-che ragioni?Ma adesso, nella sostanzia-

le indifferenza del progettato

percorso nord-sud, -che, di fattobypassa Calabria ulteriore eSicilia nord-orientale e ne deter-mina una più accentuata peri-ferizzazione e marginalità- nonpotrebbe apparire <estraneo>,solo straripante sovrastruttu-ra, puro segmento di unavisione trasportista?L’<ineludibilità> del ponte,

disancorata da probanti appa-rati concettuali, non finirebbeper degradare verso unasostanziale insignificanza, pro-prio perché smarrisce -in unaoggettivazione di puro, anchese mirabolante, consumo- ipo-tesi di produzione e/o di riscrit-tura territoriale? Dalla “nuova geografia dei luo-

ghi” alla banalità dell’inten-denza? La rinascente liturgia di un

pensiero visualizzato, il ponteappunto, sarà violenza spa-zializzata o ricomposizione arti-ficiosa di antiche naturali lace-razioni, ma la terra non è anchele sue ferite, al di là delle cica-trici narrate da Ratzel (G.Cam-pione, l’Europa, in Narrazionidi Geografia Politica, Rubbet-

tino, 2007)?Sarà simbolo di un bisogno

di oltre, sarà come il girare la“manovella”per Serafino Gub-bio operatore (L.Pirandello,Tuttii romanzi, vol 2, I Meridiani,Mondadori, 1973) per costrui-re possibilità altre, sarà temacollettivo di gruppi di un parti-culare di inesplicate moltepli-ci significanze, che si voglionoinverare per ragionamenti lon-tani? E sarà chiave simbolica con

congruità estetica e pertinen-za ambientale? E i poteri varia-mente articolati trarranno, cosìcome per i traghettamenti, altreoccasioni di smisurato profit-to? E le mafie?Il ponte, consentirà disegni,

squadra e compassoalla mano,magari senza compasso dellaragione, nuove geografie eper quali committenze? Avremo cioè più compasso

che senso e ragione critica permisurare nuove epifanie spa-ziali?O solo segmenti di comuni-

cazione che polarizzerannoimprobabili spazi di altrove?

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l Porto di Messina, dasempre elemento terri-toriale protagonista dellastoria della città, ancheall’indomani del Terre-

moto del 1908, con il movi-mento di numerose navi, bat-tenti varie bandiere, fu al cen-tro delle vicende dei soccorsiche le Marine militari e mer-cantili portarono alla popola-zione. Un porto, come scrisseBarzini sulle cronache del Cor-riere della sera del 19 gennaio1909, ove alberature e cimi-niere di navi si ergevano come“gigantesche torri rotonde vici-no ai tragici avanzi dei palaz-zi decapitati”; un porto chedoveva rinascere per ridare allacittà “il centro generatore dellesue energie, la ragione primadella sua esistenza”, indicavalo stesso Barzini in una corri-spondenza del 3 febbraio 1909.In tutta l’area dello Stretto, si

ritrovarono oltre a 43 navidella Regia Marina, più di centopiroscafi, con marinai, soldati,operatori sanitari ed un consi-stente naviglio minore. Delleoltre diciassette mila persone

danese oltre che dal navigliorequisito per l’occasione dalGoverno italiano.Già ancorate nel porto di Mes-

sina dalla fatidica notte tra il 27e 28 dicembre, si trovavano,alcune unità della Regia Mari-na , l’incrociatore Piemonte, le

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ritrovate vive sotto le macerie,moltissime furono salvate dallemarinerie giunte nello Strettoall’indomani del 28 dicembre1908.Più di 13 mila superstiti rice-

vettero aiuto dai militari italia-ni, 1300 da quelli russi, 1100dagli inglesi e 900 dai tede-schi, ma furono anche consi-stenti le operazioni condotteda piroscafi della marina mer-cantile francese, statunitense,austro-ungarica, spagnola e

Navi mercantilia Messina nel 1908

di Attilio BORDA BOSSANA

Vista di Messina dal porto e dalmare prima del 1908.In basso, il piroscafo V. Florio,olio di A. Jacobsen, 1880.

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torpediniere Serpente, Saffo,Sagittario , Scorpione e Spica;quest’ultima lanciò l’allarme atutto il Paese, appoggiandosiall’ufficio telegrafico di Nicote-ra, in Calabria.Con queste unità staziona-

vano in porto i piroscafi Mon-tebello e Scrivia oltre a Lore-to e Simeto della società Navi-gazione Generale Italiana,ripartiti i primi due per Cataniae gli altri due, uno per Napolie l’altro, il 30 dicembre, sem-pre per Catania, con un cari-co di mille persone tra feriti escampati al sisma.Il Montebello era una nave

mercantile a vapore, conside-rata di dimensioni notevoli perquel tempo, con i suoi 96 metridi lunghezza, e che nelle suestive di prua e di poppa con unsistema di cuccette montabili,poteva ospitare oltre milleemigranti nei collegamenti trala Sicilia e New Orleans. Oltread agrumi ed emigranti sicilia-ni, nella rotta di ritorno dagliStati Uniti trasportava balle dicotone che da Palermo veni-vano poi trasferite a Genovadove si tesseva la stoffa jeans.Ma il piroscafo legò il suo nomeanche alfatto chea v e v atrasfe-

rito parecchi musicisti sicilia-ni, futura primigenia del jazzamericano. Lo Scrivia, venti-cinque anni prima del terre-moto, aveva invece permessola raccolta di campioni ittici pro-venienti dal ramo del Gangeche porta il nome di Hoogly,presso Calcutta.Sorpreso dal sisma ma soprat-

tutto dalle onde del maremo-to, fu il mercantile Quirinale,protagonista di involontariemanovre cinematiche che loportarono fuori dal porto, quin-di a spiaggiarsi e poi ripren-dere il controllo della naviga-zione, ripartendo lo stesso 28d icembre perPalermo con46 profughia bordo.L’ A v -

venirepartì per Palermo imbar-cando 24 profughi, i britanniciEbro e Mariner con il Salvadore Therapia, battenti bandieratedesca e l’austro-ungaricoAndrassy, collaborarono all’o-pera di trasporto dei soprav-vissuti a Palermo e Napoli.All’indomani del sisma tre

unità della squadra navalerussa, l’incrociatore Makaroff,e le corazzata Slava e Tzésa-révitch seguite dall’incrociato-re Bogatyr, giunsero in soc-corso dal porto di Augusta,offrendo l’aiuto dei loro equi-paggi alla popolazione terre-motata, mentre altre navi mer-cantili facevano rotta su Mes-sina.Una delle prime fu certamente

la Washinghton, della compa-gnia La Veloce, che si trovavain navigazione nello Stretto giàil 28 dicembre e che nella stes-sa giornata ripartì per Cataniacon 1000 profughi. Il pirosca-fo americano sarebbe affon-dato poi nel 1917, nel mar Ligu-re, dopo essere stato silurato;dal suo relitto, che oggi è eposizionato a tre miglia SSEal largo di Camogli, davanti aPunta Chiappa, nel primo dopo-guerra l’Artiglio, nave attrez-zata per lavori subacquei, recu-pero il carico. Il 28 dicembregiunse anche da Napoli il piro-scafo Colombo che ripartì ilgiorno dopo

per il capo-luogo cam-pano con a

bordo alcuni feriti e profughi.Dalla compagnia Ngi, il Gover-

no italiano noleggiò poi le naviSardegna, utilizzata come cen-tro di comando delle opera-zioni di soccorso, ed il piro-scafo Savoia che dal gennaio1909, ormeggiarono a pontilid’emergenza attrezzati nel

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Corazzata Regina Margherita.In basso, le navi Lombardia eNord America.

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disastrato porto peloritano. IlSardegna di 5 mila 525 ton-nellate di stazza, varato nel1902 per conto della Societàdi Navigazione Sitmar di Geno-va era impiegato per il trasportomerci e passeggeri sulla lineaGenova-New York.Passata allaNgi, dal 1912 al 1916, coprì lalinea Genova-Buenos Aires esuccessivamente, sino allaradiazione nel 1928, garantì icollegamenti con Spagna, Gre-cia e Turchia. Il Savoia acqui-sito invece nel 1897 dalla Com-pagnia La Veloce , fu trasfor-mato da yacht reale, costruitonel cantiere di Castellammaredi Stabia nel 1883, in nave pas-seggeri per il Nord e Sud Ame-rica, restando in servizio sinoal 1923. Nei primi quattordicianni di vita il panfilo reale erastato utilizzato come nave dirappresentanza e da diportodei sovrani d’Italia.Le due navi alloggio costitui-

rono il primo avamposto deisoccorsi, la cui gestione, nellacatena di comando, non mancòdi suscitare lamentele perdisfunzioni organizzative e ritar-di nella distribuzione di viveri,a fronte della funzionalità chele squadre navali stranieredimostrarono negli aiuti pre-stati direttamente.Il Sardegna ripartì da Messi-

na per Napoli con 108 super-stiti il 3 gennaio. Raggiunseroancora Messina il 30 dicem-bre 1908, la Ionio,ex G.B.Lava-rello, che trasportò uomini del19° Fanteria e del 9° Bersa-glieri, vettovagliamento ancheper il personale delle Poste egeneri di soccorso, ed il piro-scafo Solunto, dirottato dallalinea Napoli-Palermo per pre-stare soccorsi e trasportaresuperstiti; mentre dal Verona,furono sbarcate nei primi gior-ni di gennaio 1909, legnamiper costruire i primi ricoveribaraccati, viveri e coperte.Il 29 dicembre era partita da

Genova, con viveri e materia-li, l’Indiana, costruita nel 1905

fu anche impegnata a Messi-na, l’Opera Nazionale Marina-retti di Venezia, sorta nel 1906e poi soppressa nel 1923, perraccogliere sulla nave asilo Scil-la, gli orfani dei pescatori emarinai del litorale adriatico edar loro l’istruzione elementa-re e successivamente quellaprofessionale ed avviare i piùdotati agli studi nautici medi esuperiori. Il piroscafo Lombar-dia, varato nel 1901 dal can-tiere G.Ansaldo & Co. di SestriPonente, aveva una stazza di4815 tonnellate; lunga 132,25metri, imbarcava 1360 pas-seggeri; dopo essere statoimpiegato nello nello Stretto, il16 marzo 1909 passo alla com-pagnia La Veloce.Garantì i col-legamenti tra Genova e Napo-li , sino all’aprile del 1911, quan-do fu venduto alla Russia;ribat-tezzato Jerousalim andò indemolizione nel 1928.Proget-tata invece da G.Clark Ltd.perconto della Compagnia Bri-tannica di Navigazione PrinceLine con il nome di SardinianPrince e varata nel 1907 dalcantiere inglese Sir J. Laing &Sons Ltd. di Sunderland, fuacquistata con il nuovo nomeRegina d’Italia dal Lloyd Sabau-do, la seconda di queste navi.Poteva ospitare oltre duemilapasseggeri e compi il suo viag-gio inaugurale sulla linea Geno-

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dalla Società Esercizio Bacinidi Riva Trigoso (Genova) perconto del Lloyd Italiano, la naveera impiegata per i collega-menti Genova-Napoli-NewYork. L’Indiana che stazzava4.996 tonnellate, ed imbarca-va oltre 1620 passeggeri, nel1918 venne ceduta alla Ngi enel 1924 passò alla Sitmar Line,ribattezzata Romania.Impegnata a traspor tare

materiale di soccorso anchela Vincenzo Florio, nave mistavela-vapore, con tre alberi,costruita nel 1880 nei cantieridi Glasgow da A. Stephens &Figli. Con una stazza di 2840tonnellate, per 116 metri e capa-cità di trasportare oltre 550 pas-seggeri in tre classi, avevaavviato i collegamenti con l’A-merica il 22 maggio 1880, lineaCatania, Messina, Palermo-NewYork. Destinata poi al tra-sporto merci verso l’Eritrea equindi impiegata sulla rotta peril Sud America, dieci anni dopotornò a collegare New York com-piendo altri 29 viaggi, prima diessere demolita nel 1923.Ai soccorsi parteciparono

anche la Lombardia della Ngied il grande piroscafo pas-seggeri Regina d’Italia cheper due mesi fu impiegato comenave alloggio e sul quale tro-varono rifugio i bambini sper-duti e gli orfani. Per gli orfani

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va, Napoli, Palermo, New York.Prima dell’arrivo a Messinaaveva fatto viaggi da Genovain Sud America, proseguiti perNew York sino al 1916 , e poiripresi dopo la Grande guerra,in maniera regolare, nell’apri-le 1919. L’anno successivo fusottoposta a lavori di restauroper ospitare solo passeggeridi seconda e terza classe edimpiegata dal gennaio 1920sulla linea Costanza, Costan-tinopoli, Smirne, Pireo, Messi-na e New York ; dall’aprile1922 fu trasferita definitiva-mente sulla linea Genova - SudAmerica, e nel 1928 fu radia-ta ed avviata alla demolizione.A queste navi si era succes-

sivamente unita, sempre tra-sportando aiuti e soccorsi, laSan Giovanni della SocietàSicula Americana di Naviga-zione, varata nel 1907, il piro-scafo con stazza di oltre 6500tonnellate fu impiegato sullarotta di collegamento con NewYork dai porti di Napoli e Paler-mo e quindi per i collegamen-ti con il Sud America.Nel 1921passò alla Ngi e cambiò deno-minazione in Palermo sempreper rotte transoceaniche sinoal suo disarmo, avvenuto nel1928. Ma anche la ReginaElena della Ngi, costruita nel

1907 dai Cantieri Liguria diAncona, che poteva imbarca-re 1125 passeggeri. Utilizzatanei collegamenti tra Genova,Napoli e New York, e sulla lineatra Genova ed il Sud America,durante la Prima guerra mon-diale fu adibita al trasporto trup-pe fino al 1918 , quando fuaffondata da un sottomarinotedesco.Tra le navi attrezzate ad ospe-

dale, operò a Messina ancheil piroscafo Taormina, noleg-giato per tale scopo e fatto sal-pare da Genova, nella matti-nata del 1 gennaio 1909.Giunse nello Stretto dopo duegiorni di navigazione ed accol-se oltre 200 feriti di cui 10 poisbarcati a Napoli l’8 gennaioed altri a Livorno. Varato nel1908 dai cantieri D.& W. Hen-derson Ltd. di Glasgow, perconto della compagnia ItaliaSocietà di navigazione avapore, il piroscafo stazzava8272 tonnellate e disponeva dicabine per 60 passeggeri inprima classe e 2500 in terza.Dopo il viaggio inaugurale dellalinea per l’America, iniziato il3 settembre 1908 da Genovae proseguito con gli scali diNapoli, New York, Filadelfia,nel 1909 fu riadattato per ospi-tare altri 120 passeggeri inprima classe. L’anno succes-sivo fu sottoposto a nuovi lavo-ri per migliorare l’ospitalità dibordo e il 16 dicembre 1911,raggiunse per l’ultima volta, il

porto di Filadelfia; nel 1912venne infatti venduto al LloydItaliano che lo destinò ai col-legamenti Genova, Napoli, NewYork. Fu poi ceduto nel 1918alla Navigazione GeneraleItaliana che, la utilizzò, sino al1923, nei collegamenti Geno-va, Marsiglia e New York, equindi in crociere nel Mediter-raneo, prima di un ultimo viag-gio, nel 1927, a New York e lademolizione, nel 1929.Anche l’Ancona che faceva

parte dei sette piroscafi dellaSocietà Italia di Società di Navi-gazione a vapore, nata a Geno-va, nel 1899, fu destinata altrasporto di materiale per laCroce Rossa Ital iana. Lanave, 8188 tonnellate di staz-za, era stata costruita nel1907 dalla Workman, Clark &Co. Ltd. di Belfast; lunga 147metri, ospitava 2560 passeg-geri. Dopo il viaggio inaugura-le del 26 marzo 1908 da Geno-va, con scali a Napoli, New Yorked arrivo a Filadelfia, nel 1909e nel settembre 1910 fu sotto-posta a lavori interni per rimo-dulare l’ospitalità della primae seconda classe. Nel 1913passò, con il resto della flotta,alla Ngi per continuare i colle-gamenti con gli Stati Uniti sinoal 7 novembre 1915, quandocon a bordo numerosi emi-granti, imbarcati a Genova,affondò con 206 passeggeri, asud della Sardegna, dopo ilsiluramento di un sottomarinoaustriaco.Il 29 dicembre 1908 era stata

dirottata a Messina la Birma-nia, in navigazione da Napolia Siracusa e che il 31 rientròa Napoli trasportando circa1250 superstiti; a lei si aggiun-se il 31 dicembre, la Tebemessa a disposizione del Pre-fetto di Napoli come nave soc-corso, che imbarcava 12 medi-ci con una tenda ospedale.Altretende e materiale sanitariosbarcato dalla nave Stura, insie-me a fanti e bersaglieri, per-mise la creazione di altri punti

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La nave Elba.Pagina a lato, sfollati in attesadi essere imbarcati sulle navi.

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sanitari in città mentre venivautilizzato anche il piroscafoLetimbro, a bordo del quale,qualche anno dopo, nel novem-bre 1914, si registrò una rivol-ta tra 120 beduini ed ascarieritrei, prigionieri di guerra.Allo stesso scopo fu anche

impegnata la Regina Marghe-rita, della Ngi, che giunse aMessina con a bordo quattromedici e militi, in un pomerig-gio di pioggia torrenziale cheostacolò le operazioni di sbar-co delle scorte sanitarie, por-tate a termine con l’ausilio dimarinai inglesi.Varata a Geno-va, nel 1884, la Regina Mar-gherita, nel dicembre dello stes-so anno fece il viaggio inau-gurale attraverso l’Atlantico perl’armatore Erasmo Piaggio, unodei più noti industriali liguri delperiodo, attivo nella cantieri-stica navale e senatore delRegno.Nave di cinque mila ton-nellate lorde fu la prima unitàitaliana illuminata elettrica-mente ed essere dotata di cabi-ne di prima e seconda classelussuosamente arredate. Maanche la terza classe era moltoconfortevole rispetto agli stan-dard tradizionali.Oltre ad una apparato moto-

re con due macchine alterna-tive disponeva di due alberi ebompresso come ausilio veli-co. Con tali caratteristiche glifu attribuito il merito di essereil primo transatlantico a stabi-lire viaggi tra l’Europa e l’A-merica. Alla fine dell’800 laPiaggio si era fusa con i Flo-rio dando vita alla Navigazio-ne Generale Italiana che acqui-sì la nave sino al 1910, quan-do fu ceduta alla Società Nazio-nale di Servizi Marittimi. Il 9novembre 1911 fu trasforma-ta in nave ospedale, durantela guerra di Libia, alle direttivedel Sovrano Militare Ordine diMalta, compiendo sette viag-gi tra l’Italia e Tripoli, Derna,Bengasi e Tobruk e riportandoin Patria 1162 soldati feriti.L’un-dici febbraio 1913 affondò nel

nic, naufragato tre anni più tardi.Varato il 22 giugno 1905 dallaSocietà Esercizio Bacini di RivaTrigoso per il Lloyd Italiano diGenova, il Florida (5 mila ton-nellate di stazza, lungo 116metri) poteva ospitare quasi1700 passeggeri.Lo speronamento con la

Republic, fu determinato dallascarsa visibilità per la nebbia,e causò l’affondamento dellanave americana, sulla qualeerano imbarcati familiari cherientravano in Italia alla ricer-ca di parenti nelle zone terre-motate, e gravi danni alla zonaprodiera del Floridia, che riuscìcomunque a raggiungere NewYork, ove sbarcarono i “fortu-nati” passeggeri, scampatiprima al terremoto e soprav-vissuti poi, alla collisione. DalRepublic, prima del suo affon-damento, fu lanciato il primoCqd, “come quick distress”,acronimo telegrafico utilizzatosino al 1912, come segnale disoccorso radiotelegrafico e poisostituito dal Sos, permetten-do il pronto arrivo dei soccor-si e limitando così, le vittime atre. Dopo i lavori in cantiere, ilFlorida riprese a navigare sinoal 1911, quando fu ceduto,con il nominativo di Cavour,alla Compagnia di Navigazio-ne Ligure Brasiliana. La navepassò poi alla gestione dellaCompagnia Transatlantica Ita-liana concludendo tragica-mente la sua attività il 12 dicem-bre 1917 quando, dopo la col-lisione con l’incrociatore ausi-liario italiano Caprera, naufra-gò.Alle numerose navi mercan-

tili intervenute in aiuto di Mes-sina e Reggio Calabria, insie-me ad unità delle Marine daguerra, furono concesse dalRe e dal Governo italiano,ricompense e benemerenzeper l’impegno umanitario dimo-strato nelle operazioni di soc-corso e nell’opera assisten-ziale a favore delle vittime diquell’immane tragedia.

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porto di Genova.Il 2 gennaio era poi giunto da

Napoli il Nord America, costrui-to nel 1882 dal cantiere JohnElder & Co. di Glasgow perconto della compagnia Tho-mas Skinner & Co. fu utilizza-to come nave soccorso, ospi-tando i sopravvissuti del ter-remoto di Messina, e traspor-tandone molti a Napoli. Piro-scafo di 4826 tonnellate di staz-za, subito dopo il varo, con ilnome di Stirling Castle era statoutilizzato per il trasporto del tèdalla Cina acquisendo famaper la sua velocità. Nel 1883passò alla compagnia LaVeloce ed utilizzato nel colle-gamento tra da Genova ed ilSud America;fu noleggiato nel1885, dalla Gran Bretagna peril trasporto di truppe a Suakinnel Sudan, e successivamen-te dai Russi, per il trasferimentodi soldati, da Odessa a Vladi-vostok, durante la rivolta deiBoxer, movimento insurrezio-nale popolare che si sviluppònella Cina settentrionale dal1898 e sfociò in un conflittoaperto tra Cina e grandi poten-ze. Nel 1900 nei cantieri Pal-mers & Co. fu sottoposto a lavo-ri strutturali con la eliminazio-ne di uno dei tre alberi e il miglio-ramento della ricettività e quin-di impiegato, dal maggio 1901sino al 1908, sulla linea Paler-mo - Napoli - New York. Dopol’attività di soccorso a Messi-na e trasporto di superstiti aNapoli, fu trasformato in naveda carico e operò sino alla suademolizione, avvenuta nel1911.Particolari furono le vicende

del piroscafo Floridache, dopoaver imbarcato a Napoli, alcu-ni profughi del terremoto, diret-ti negli Stati Uniti, il 22 gennaio1909, al largo di Nantucket -nella stessa zona di mare dovenel 1956 sarebbe affondatol’Andrea Doria - entrò in colli-sione con la Republic, navedella White Star Line, compa-gnia di bandiera anche del Tita-