Cirneco Marica nicola andreace un artista e le sue maschere

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UN ARTISTA E LE SUE MASCHERE: NICOLA ANDREACE Nicola Andreace nasce a Taranto nel 1934, vive ed opera a Massafra. Segue gli studi artistici, che completa presso l’Accademia delle Belle Arti. Ordinario di Disegno e Storia dell’Arte nei Licei Scientifici di Stato, dove ha esperienza di Presidenza, svolge, per la sua materia, la funzione di Commissario e Presidente nei Corsi e Concorsi Ministeriali. Dal 2004, un’esposizione permanente nella Galleria, Centro Studi e Ricerche “Segmenti d’Arte” di Massafra testimonia l’intero suo percorso creativo, iniziato nel maggio del 1957 con una collettiva di Pittura presso la Pinacoteca Provinciale di Bari. Egli affronta le tematiche concettuali del tempo, con espressionismo neorealista. Sensibile a tutto ciò che si muove attorno all’Uomo, attento osservatore della realtà territoriale e dei problemi socio-ambientali, prosegue con indagini antropologiche. Sollecitato dai fenomeni dell’industrializzazione, violentemente inseritisi in una realtà contadina, continua con studi e ricerche, che ripercorrono le tappe del paesaggio dalla Civiltà contadina alla Società tecnologica (1957-1967). Segue Antropologia e Tecnicismo (1968-1981). La crisi dei valori dell’uomo, il recupero della memoria storica, gli ideogrammi, i messaggi visivi di fine-inizio millennio, sono le fasi successive delle sue indagini, che si concretizzano nell’Umanesimo Tecnologico (1982-2005). Dal 2006 con il Post Human dà vita ad un racconto intrecciato fra “design” e pittura colta, assemblando stralci di suoi manifesti, realizzati per eventi culturali, organizzati da Università, Enti Istituzionali, Associazioni, Sindacati, ecc. Dalla fine degli anni ’50 realizza opere di scultura e di strutture architettoniche. Dal 1965 sperimenta nuove tecniche espressive nel campo della grafica. Partecipa attivamente alla vita artistica nazionale ed estera con mostre personali e collettive. Grande è il contributo che Nicola Andreace ha dato al Carnevale Massafrese che, nel 1981, stava morendo. Vi era stata, negli anni precedenti, una progressiva decadenza del Corso mascherato. I carri, nelle ultime edizioni del’78, ’79, e ’80, si erano ridotti a tre; i gruppi, che erano stati sin allora l’asse portante, la sostanza animatrice della manifestazione, erano anch’essi calati di numero e qualità. Ad una vecchia generazione di appassionati, che basavano la loro attività sullo spontaneismo e sulla voglia di comparire, sulla competitività, si andava sostituendo un gruppo nutritissimo di giovani, più aggressivi e dinamici, più volitivi e fantasiosi, in grado di professionalizzare i loro interventi, più legati ai contesti culturali e sociali del tempo. L’inizio degli anni ’80 rappresentò, quindi, per il Carnevale di Massafra, un momento di transizione e di crisi. In questo momento in una situazione di quasi collasso, anche economico, della manifestazione , si avviarono una serie di “riforme”. La modifica del percorso su corso Roma, che escludeva il centro storico per alcune obbiettive difficoltà, ma consentiva la costruzione di carri più mastodontici e spettacolari. L’incremento dei premi (da poche centinaia di lire a diversi milioni), liquidati con una fideiussione bancaria del Presidente, che si rivaleva senza interessi quando, a consuntivo, gli Enti Pubblici erogavano i contributi. L’avvio di molte iniziative collaterali, di vario tipo e di alto livello: spettacoli folkloristici e musicali, rappresentazioni teatrali, di artisti di strada, di mimi e di burattini, mostre fotografiche, balli in piazza, sfilate di mascherine. Lo stimolo costante, l’attenzione vigile e affettuosa nei confronti degli operatori: dei carristi che, da quel momento in poi, specializzarono la loro attività, divenendo esperti cartapestai e creando a Massafra una vera e propria “scuola” che, malgrado le difficoltà è cresciuta e prosperata, ma anche dei tanti giovani che in quegli anni presentavano memorabili “gruppi mascherati”, per esempio “La Grande Buddanata” e “I figli di Troia” dettero, o cercarono di dare, un taglio nuovo alla sfilata. I risultati di questa complessa operazione furono presto sotto gli occhi di tutti: i carri allegorici crebbero di numero, prima otto, poi undici

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UN ARTISTA E LE SUE MASCHERE: NICOLA ANDREACE

Nicola Andreace nasce a Taranto nel 1934, vive ed opera a Massafra. Segue gli studi artistici, che completa presso

l’Accademia delle Belle Arti. Ordinario di Disegno e Storia dell’Arte nei Licei Scientifici di Stato, dove ha esperienza di Presidenza, svolge, per la sua materia, la funzione di Commissario e Presidente nei Corsi e Concorsi Ministeriali. Dal

2004, un’esposizione permanente nella Galleria, Centro Studi e Ricerche “Segmenti d’Arte” di Massafra testimonia l’intero suo percorso creativo, iniziato nel maggio del 1957 con una collettiva di Pittura presso la Pinacoteca Provinciale

di Bari. Egli affronta le tematiche concettuali del tempo, con espressionismo neorealista. Sensibile a tutto ciò che si muove attorno all’Uomo, attento osservatore della realtà territoriale e dei problemi socio-ambientali, prosegue con

indagini antropologiche. Sollecitato dai fenomeni dell’industrializzazione, violentemente inseritisi in una realtà contadina, continua con studi e ricerche, che ripercorrono le tappe del paesaggio dalla Civiltà contadina alla Società

tecnologica (1957-1967). Segue Antropologia e Tecnicismo (1968-1981). La crisi dei valori dell’uomo, il recupero della memoria storica, gli ideogrammi, i messaggi visivi di fine-inizio millennio, sono le fasi successive delle sue indagini,

che si concretizzano nell’Umanesimo Tecnologico (1982-2005). Dal 2006 con il Post Human dà vita ad un racconto intrecciato fra “design” e pittura colta, assemblando stralci di suoi manifesti, realizzati per eventi culturali,

organizzati da Università, Enti Istituzionali, Associazioni, Sindacati, ecc. Dalla fine degli anni ’50 realizza opere di scultura e di strutture architettoniche. Dal 1965 sperimenta nuove tecniche espressive nel campo della grafica.

Partecipa attivamente alla vita artistica nazionale ed estera con mostre personali e collettive. Grande è il contributo che Nicola Andreace ha dato al Carnevale Massafrese che, nel 1981, stava morendo. Vi era stata, negli anni precedenti,

una progressiva decadenza del Corso mascherato. I carri, nelle ultime edizioni del’78, ’79, e ’80, si erano ridotti a tre; i gruppi, che erano stati sin allora l’asse portante, la sostanza animatrice della manifestazione, erano anch’essi calati di

numero e qualità. Ad una vecchia generazione di appassionati, che basavano la loro attività sullo spontaneismo e sulla voglia di comparire, sulla competitività, si andava sostituendo un gruppo nutritissimo di giovani, più aggressivi e

dinamici, più volitivi e fantasiosi, in grado di professionalizzare i loro interventi, più legati ai contesti culturali e

sociali del tempo. L’inizio degli anni ’80 rappresentò, quindi, per il Carnevale di Massafra, un momento di transizione e di crisi. In questo momento in una situazione di quasi collasso, anche economico, della manifestazione , si avviarono una

serie di “riforme”. La modifica del percorso su corso Roma, che escludeva il centro storico per alcune obbiettive difficoltà, ma consentiva la costruzione di carri più mastodontici e spettacolari. L’incremento dei premi (da poche

centinaia di lire a diversi milioni), liquidati con una fideiussione bancaria del Presidente, che si rivaleva senza interessi quando, a consuntivo, gli Enti Pubblici erogavano i contributi. L’avvio di molte iniziative collaterali, di vario

tipo e di alto livello: spettacoli folkloristici e musicali, rappresentazioni teatrali, di artisti di strada, di mimi e di burattini, mostre fotografiche, balli in piazza, sfilate di mascherine. Lo stimolo costante, l’attenzione vigile e

affettuosa nei confronti degli operatori: dei carristi che, da quel momento in poi, specializzarono la loro attività, divenendo esperti cartapestai e creando a Massafra una vera e propria “scuola” che, malgrado le difficoltà è cresciuta e

prosperata, ma anche dei tanti giovani che in quegli anni presentavano memorabili “gruppi mascherati”, per esempio “La Grande Buddanata” e “I figli di Troia” dettero, o cercarono di dare, un taglio nuovo alla sfilata. I risultati di questa

complessa operazione furono presto sotto gli occhi di tutti: i carr i allegorici crebbero di numero, prima otto, poi undici

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e infine tredici, divennero sempre più maestosi raggiungendo i 14 m. di altezza e la larghezza massima del Corso, di

oltre 6 m.; anno dopo anno, si presentavano al meglio delle loro possibilità, i “te stoni” risultavano sempre ben fatti, con

colori lucidi e sgargianti, la musica, le luci, le straordinarie animazioni aggiungevano vita allo spettacolo. I gruppi mascherati nel 1984 furono addirittura trentaquattro. Infine, la cura particolare per l’immagin e. Bisognava trasferire

graficamente le nuova impostazione del Carnevale Massafrese, comunicare il messaggio “politico” con i modi accattivanti dell’arte, trasmettere, in via preventiva, a tutti ogni edizione in modo diverso, il senso della gioia,

dell’allegoria, della spensieratezza, che il Carnevale voleva rappresentare. Qui Nicola Andreace entrava in gioco, che con il Carnevale di Massafra aveva consuetudini antiche, avendolo sporadicamente illustrato negli anni precedenti. Nel 1982

dette inizio al nuovo corso con uno splendido manifesto: alcune maschere del folklore italiano inserite nel contesto popolare della città vecchia, in una luce abbacinante, con un’atmosfera di favola antica e nuova. Da allora Nicola è

diventato “il grafico ufficiale” della manifestazione. I suoi manifesti hanno scandito, con puntualità e qualificazione, tutte le edizioni del Carnevale Massafrese: costituiscono un documento impareggiabile di un evento che non va misurato

soltanto con il metro dell’effimero, divertimento e spettacolo, ma ha inteso e intende rappresentare nella mente degli organizzatori e nel cuore della gente, molte cose ancora, cronaca e storia, tradizione e cultura, arte e folklore. Un evento

come questo doveva per forza affascinare un artista come Andreace che, nei manifesti in questione, ha trasferito anche e soprattutto, l’amore sviscerato per la sua terra misteriosa e difficile. Una terra, Massafra e il Mezzogiorno, che, come

il Carnevale, presenta, sempre, almeno due facce, la finzione e la realtà, la forma e la sostanza, la verità e la menzogna, in una sarabanda di orpelli, travestimenti, convenzioni che fanno paragonare la vita di ogni giorno a un corso

mascherato. Il “Carnevale Massafrese”, nato 50 anni fa, iniziò quasi per caso, preso dall’aria di libertà dopo la fine della guerra e la

caduta del Fascismo, senza pretese, e volò alto per naturale maturazione e intraprendenza di molta gente desiderosa di trascorrere qualche serata di lecito svago. Si discute ora sul nome da dare alla “maschera” del nostro carnevale, non

tenendo conto del carnevale che ha una tradizione che affonda nel tempo. Nel nostro territorio, nella zona occidentale dell’arco jonico, ogni “civilista” è configurata in un modo specifico; basta un semplice termine per dichiararne

l’appartenenza. Il massafrese, da sempre, è chiamato “Pagghiùse”, perché in lui si riconosce la caratteristica di

infiammarsi di colpo e di spegnersi con la stessa facilità del fuoco di paglia. E’ su questa strada che va scoperta l’individuazione del nome da attribuire alla maschera. Così Nicola Andreace, interpretando le caratteristiche del

massafrese, ha realizzato con la sua geniale inventiva, la maschera del nostro carnevale, il cui nome “Nu Pagghiùse”, portandoci indietro nel tempo, con un’abile fase maieutica, evidenzia la nostra peculiarità caratteriale. Di fronte ai

manifesti di Nicola Andreace la prima impressione e quella legata all’inscindibile rapporto tra la maschera e la città. Due elementi, due segni, due direzioni di ricerca, questi, continuamente ricorrenti nella seriazione dei suoi messaggi

visivi, anche se proiettati, di volta in volta, entro scenari e contesti ambientali cangianti e mutevoli, primo fra tutti l’habitat rupestre, stigma originario della comunità locale. Non è certamente casuale questo privilegiare gli spaccati

delle gravine, gli invasi grottali e i pianori vicinanziali. In un contesto dove dei mutamenti di prospettiva forniscono uno spiccato rilievo della maschera, ora ridente, ora beffardo, ora sofferente, ora triste, nel suo ruolo di incarnazione

del tempo, di proiezione dei molteplici e diversi fattori che accompagnano gli eventi della vita, essa diventa emblema della condizione umana, specchio del travaglio esistenziale, espressione eloquente delle attese e delle speranze di un

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nuovo giorno e una rinnovata realtà. Andreace storicizza la sua maschera, la fa interprete di accadimenti lieti e

funesti, le affida l’arduo compito di testimone del proprio tempo. La maschera perde così gradualmente la sua stessa

identità per diventare essa stessa la città.

Alunna Marica Cirneco Classe 3^A

ITAS C. Mondelli Docente: Borrello Maria Adelina