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Cipriano V a g a r m i

Il SENSO TEOLOGICO DELLA LITURGIA

Il benedettino P. Cipriano Va-gaggini, assai noto negli am-bienti dell'alta cultura religiosa internazionale, da oltre quindici anni professore di teologia dom-matica al Pontificio Ateneo di S. Anselmo in Roma ove suc-cesse al compianto P. A. Stolz, e professore di liturgia all'Isti-tuto Regina Mundi, fra gli studiosi meglio preparati per ap-profondire l'appassionante tema svolto in II senso teologico del-la liturgia.

Acuto conoscitore dei movi-menti liturgici d'oltr'alpe e della liturgia orientale, anche per lun-ga pratica del rito bizantino al Collegio greco di Roma, egli si interessato di liturgia mosso di-rettamente da un punto di vista teologico o, meglio ancora, di metodologia teologica generale, cui da molti anni dedica una ininterrotta attenzione. In tal modo egli potuto scendere nei fecondi segreti della liturgia, conscio che essa sia di basilare importanza nel quadro stesso della teologia generale per ritro-vare l'unit tra teologia domma-tica, teologia biblica, tradizione patristica, vita spirituale, mini-stero sacerdotale, nell'intelligen-te rispetto delle grandi conqui-ste della Scolastica.

Frutto di lungo studio e gran-de amore, l'opera ci schiude cosi una visione generale del valore dommatico, teologico, biblico, ascetico-mistico e pastorale della liturgia, risalendo di continuo ai principi teologici che ne coman-dano la, sintesi.

Effettivamente non esisteva fino ad oggi una sintesi del tipo di quella che il Vagaggini ha de-lineato nelle pagine che seguo-no. Tutti gli altri libri del ge-nere non erano che saggi parti-colari o non oltrepassavano i limiti della letteratura divulga-tiva e devozionale.

Di conseguenza questo studio indubbiamente poderoso, che vie-ne ad impreziosire la collana Theologica , interesser util-mente teologi, professori di li-turgia, sacerdoti in cura d'ani-me, tutti coloro che al breviario e al coro dedicano buona parte della giornata, e non per ultimi, quei laici, i quali, sentendo oscu-ramente che la liturgia costitui-sce un punto centrale di riferi-mento nella loro vita di cristiani, desiderano scoprirla per me-glio sfruttarne gli ineffabili va-lori umani e trascendenti.

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IL SENSO TEOLOGICO DELLA LITURGIA

CIPRIANO VAGAGGINI OSB

IL SENSO TEOLOGICO DELLA LITURGIA

SAGGIO DI LITURGIA TEOLOGICA GENERALE

QUARTA EDIZIONE

notevolmente riveduta ed aggiornata dall'Autore

EDIZIONI PAOLINE

Nihil obstat quin imprimatur

Ex Abbatia ad Sancti Andreae de Brugis die 9 Maii 1965

>} THEODORUS GHESQUIRE, Abbas

IMPRIMATUR

Roma:, die 17 - 7 1965 Ex iEdibus Curia? Episcop.

Ostieri, ac Portuen. et S. Rufina

* TITUS MANCINI, Vie. Gen.

(V. 4325)

1965 by EDIZIONI PAOLINE - ROMA

PREFAZIONE

Chi persuaso, con il concilio vaticano II, che la liturgia, senza esaurire in s tutta l'attivit della Chiesa, tuttavia il culmine cui tende la sua vita, tanto spirituale che pastorale, e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virt1, crede naturalmente, che la Costi-tuzione liturgica, emanata dallo stesso concilio, segni una data memo-rabile nella storia non solo della liturgia, ma anche dell'intera vita della Chiesa.

Questa Costituzione ha un intento direttamente pastorale. Ma la sua forza segreta sta nel fatto che considera la meta pastorale e la stessa riforma liturgica che le serve di mezzo per raggiungerla, nel quadro di un concetto integrale della liturgia. Un concetto nel quale l'aspetto teologico della realt liturgica occupa il centro e ne costi-tuisce J(ijn3ta, quello storico ne considerato il presupposto, e quello spirituale, pastorale e giuridico la conseguenza.

Cosicch, nella Costituzione non solo la struttura generale del-l'esposizione poggia sopra un'accurata analisi della natura e delle propriet teologiche della liturgia nel quadro della storia della sal-vezza, della cristologia e della sotereologia, nonch dell'ecclesiologia e di una teologia dei sacramenti in genere 2, ma le stesse norme pra-tiche generali e particolari, della pastorale liturgica e della riforma della liturgia3 sono continuamente prospettate sullo sfondo dei prin-cpi teologici che le comandano.

Questa preoccupazione del concilio d'inculcare ovunque un con-cetto integrale della liturgia sulla base del suo valore teologico, si riflette anche nelle norme che propone intorno al modo d'insegnarla. La liturgia, dice, va insegnata sotto t'aspetto sia teologico e storico, che spirituale pastorale, e giuridico *.

Con ci il concetto di liturgia acquista una completezza e una maturit mai raggiunte per il passato. Fino al 1920-1930 circa, la litur-gia, comunemente, era considerata in sostanza, come il complesso

i CL, art. 10. 2 Ibid., art. 2; 5-13. 3 Ibid., art. 14-46 e i capitoli 2-7. 4 Ibid., art. 16. Vedi anche l'art. 23 sulla norma generale della riforma.

8 PREFAZIONE

delle cerimonie del culto pubblico della Chiesa e delle leggi ecclesia-stiche che lo regolano. La scienza liturgica era ritenuta parte del diritto canonico, in cui la storia, il pensiero teologico e la pastorale venivano impegnate per quel tanto che servono alla conoscenza delle leggi rubricali del culto. I relativi manuali di liturgia erano conce-piti in questo senso.

Questo concetto detta liturgia stato duro a morire. Non oserei nemmeno negare che ne sopravviva ancora qualche traccia'.

Ma dal 1920 circa, vi fu una forte reazione contro tale limitazio-ne arbitraria della realt liturgica. Reazione in un doppio senso: si allarg anzitutto l'oggetto considerato nella scienza liturgica. Si volle cos che in essa fossero trattati non solo le cerimonie e le rubriche, ma gli stessi fatti o riti liturgici, i formulari liturgici, gli edifci del culto, l'altare, i vasi sacri, le insegne liturgiche, il canto gregoriano stesso; e non solo la messa, il breviario, i sacramenti e i sacramentali, ma anche le feste e l'anno liturgico: ossia tutti gli elementi che hanno rapporto al culto. Anzi, si volle che tutto questo fosse considerato non solo nella liturgia romana, ma anche nelle altre liturgie, facendone, inoltre, uno studio comparativo {liturgia comparata).

In secondo luogo, di tutto questo insieme si volle fare una trattazione prevalentemente storica. L'ideale perseguito fu di pro-porre degli oggetti sopra elencati, di cui si compone la liturgia, lo sviluppo storico, dal loro nascere fino a oggi; e ci, possibilmente, non solo nella liturgia romana, ma in tutte le liturgie, sia morte sia tuttora vive. Se prima la scienza liturgica era considerata essenzial-mente come una rubricistica, da allora, nella quasi totalit dei casi, fu considerata come semplice storia. Non gi che mancassero cenni al pensiero teologico o al valore ascetico spirituale e pastorale del-la liturgia, ma, per lo pia, si trattava solo di cenni, spesso brevis-simi. La preoccupazione essenziale andava all'aspetto storico: il for-marsi successivo della liturgia che abbiamo oggi. Cos l'insegna-mento liturgico si sforz di essere una sintesi delle ricerche storiche intorno alla liturgia che ebbero i loro inizi scientifici con i grandi storici della liturgia del secolo XVII", e han fatto progressi straor-dinari dall'inizio di questo secolo circa. Il manuale pi perfetto di questo tipo di liturgia sembra sia stato in Germania quello di Luigi Eisenhofer7. In Italia abbiamo ora l'ottimo compendio di

5 La MD gi infliggeva chiara disapprovazione a simile concetto della litur-gia : Perci errano completamente intorno alla vera nozione e natura della liturgia coloro che la ritengono come una parte soltanto esterna del culto divino o come un cerimoniale decorativo; n sbagliano meno coloro i quali la considerano come una mera somma di leggi e di precetti con i quali la gerar-chia ecclesiastica ordina il compimento dei riti . N. 25.

8 Vedi, per es., l'elenco che ne d il RIGHETTI I 2 ed. 1950 p. 70 ss. Questi studi hanno avuto la loro enciclopedia, sfortunatamente non scevra di difetti, per il fatto che, dopo il primo volume, stata compilata quasi unicamente da un unico redattore: H. LECLERCO, Dictionnaire d'archeologie chrtienne et de liturgie, Paris, dal 1903.

7 Handbuch der katholischen Liturgik, 2 voi. Freiburg i. B., Herder 1932.

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Mario Righetti in quattro volumi*, il quale offre un eccellente av-viamento generale alla storia dei singoli oggetti e materie liturgiche considerati separatamente.

Al Righetti, come all'Eisenhofer, che dividono le loro opere in liturgia generale e liturgia speciale, manca invece, anche dal solo punto di vista storico, una visione panoramica dello svolgimento della liturgia in tutti i suoi oggetti e materie secondo le diverse epoche. Manca una visione in cui si possano vedere per ogni grande periodo storico i riflessi delle tendenze culturali religiose ed etni-che in tutto il campo liturgico, ci che di somma importanza per una vera comprensione sia pure del solo aspetto storico della li-turgia 9.

Che il predetto modo storico di considerare la liturgia segnasse un immenso progresso sul modo rubricistico, evidente. La genesi storica del complesso liturgico, sotto tutti i suoi aspetti, porta ad una comprensione molto pi sostanziosa della liturgia che oggi viviamo.

Da ci deriva, in primo luogo, che la continuazione e il perfe-zionamnto di questi studi indispensabile e, inoltre, che i risul-tati delle ricerche storiche vanno sempre tenuti accuratamente pre-senti anche per ulteriori approfondimenti della liturgia. Sono una base di cui non possono fare a meno la pastorale liturgica, la rifor-ma della liturgia e lo stesso studio del diritto liturgico. Fuori di questa base sarebbe poi ridicolo costruire ulteriori spiegazioni della liturgia, sia pure teologiche e mistiche.

Ci ammesso, certo tuttavia che sin dalla fine della seconda guerra mondiate, nello studio delta liturgia apparve l'urgente neces-sit, pur fondandosi sempre sulla ricerca storica ogni volta che la cosa lo comporta, di superare la fase dell'interesse puramente, o anche solo prevalentemente, storico. Il movimento liturgico, pur

Seconda ristampa 1941-42. L'autore stesso ne fece un compendio Grundriss der katholischen Liturgik, tradotto in italiano: Compendi di Liturgia, Torino, Ma-rietti, 3 ed. 1944. Il compendio tedesco oggi sostituito da J. LECHNEK, Grundriss der Liturgik des rmischen Ritus, Freiburg i. B., Herder 1950.

8 M. RIGHETTI, Storia liturgica, 4 voli., Milano, ncora, 1945-53, poi edizioni successive dei vari volumi. I. Introduzione generale; II. L'anno liturgico, il bre-viario; III. L'eucarestia; IV. Sacramenti e sacramentali.

9 Nell'intento di supplire a questo difetto si ha ora un primo pregevole tentativo degno di ogni incoraggiamento, in: E. CATTANEO, Introduzione alta storia della liturgia occidentale, Roma 1962. Tra i lavori antecedenti vedi pure: A. BAUMSTARK, Vom geschichtlichen Verden der Liturgie, Freiburg i. B., Herder 1923; l'ottima opera dell'anglicano G. Dix, The shape of the liturgy, West-minster, Dacre press 1945 (ristampa 1954). Nel 1949 TH. KLAUSER, ha scritto un articolo divulgativo panoramico sulla stessa materia: Abendlndische Liturgie-geschichte, Bonn, Hanstein 1949 (estratto di Eleutheria, Heft 1, 1949); trad. francese: Petite histoire de la liturgie occidentale, Paris 1957. J. A. JUNGMANN, nel suo Missarum sollemnia dedica alla stessa questione, ma a proposito della messa in particolare, una succosa trattazione: ediz. ital., Torino, Marietti 1953-54, I 9-143. Buon panorama dello sviluppo generale della liturgia per epoche si ha pure, ma nel senso luterano, in R. STAEHLIN, Die Geschichte des christli-chen Gottesdienstes von der Urkirche bis zur Gegenwart, in: Leiturgia, Kas-sel 1 1954 pp. 1-80.

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essendo esso stesso potente fermento dell'indagine storica nella liturgia, dalla quale a sua volta riceve forte impulso, spingeva nello stesso tempo a superare quella fase storica in tre direttrici: in una direttrice ascetica che, al di l della semplice comprensione storica,

~poffasserjcogliere nella liturgia il frutto di dottrina e di fermento di jrita, spirituale; in una direttrice pastorale che si preoccupasse, inoltre, dei mezzLpi adatti per riportare il popolo cristiano alla ttturjpa e la liturgia al popolo-cristiano; in una terza direttrice pi. prpriamente teologica che Approfondisse la liturgia alla luce del-l'ultima sintesi di pensiero che sola pu dare la teologia sintetica generale oggi detta dogmatica.

Za considerazione pastorale della liturgia prese allora uno svi-luppo impressionante. Da quel momento la pastorale liturgica stata la grande forza dinamica del movimento liturgico. Fu essa, senza dubbio, che ne fece un movimento veramente mondiale, che gi prima del concilio vaticano II interess profondamente non solo larghi strati del popolo cristiano, ma, in numero sempre crescente, i pastori gerarchi responsabili e i sacerdoti in cura d'anime tanto nei paesi di antica fede, che nelle missioni. L'ansia pastorale fu ancora il motivo decisivo che dette origine, sotto Pio XII, alle prime riforme liturgiche del presente periodo, e che furono, per quel tempo, clamorose.

Non si'pu dire, invece che, nello stesso periodo, l'indagine del-l'aspetto teologico della liturgia sia stata pari alla sua importanza reale anche per fondare saldamente ed equilibrare la preoccupa-zione pastorale e l'opera della riforma. Non gi che, in questo campo allora non si facesse nulla. L'enciclica Mediator Dei, in specie, codi-fic felicemente i migliori risultati anche dell'indagine teologica liturgica ottenuti da un secolo circa di movimento liturgico. Inoltre, vi furono saggi di una certa importanza10. Ma molto rimaneva da fare.

io I saggi pi impegnativi nel campo teologico-liturgico sembra siano stati i tentativi di O. CASEL intorno alla teologia del mistero. A parte la teoria spe-cifica di Casel della ripresentazione delle azioni salutifere storiche di Cristo, questi tentativi, anche per le opposizioni che hanno suscitato, hanno dato occa-sione di precisare e valorizzare un certo numero d'idee notevoli. Interesse per l'aspetto teologico della liturgia mostr pure Dom Lamberto Beauduin, iniziatore del centro liturgico dell'abbazia di Mont Cesar, a Lovanio, nel Belgio, inte-resse che poi continuato nelle pubblicazioni di quel gruppo, particolarmente in Les questions liturgiques et paroissiales e nei Cours et confrences des semaines liturgiques (dal 1912). Anche il Centre de pastorale liturgique di Parigi non voleva trascurare quest'aspetto, come appare dal periodico : La maison Dieu e dalla collezione < Lex orandi . La collezione Ecclesia orans e le riviste Jahrbuch fiir Liturgiewissenschaft (1921-41), Archiv fiir Liturgiewissenschaft (dal 1950) di Maria Laach vanno pure notate in questo senso. Pi recentemente hanno presentito l'importanza di un'impostazione pi decisamente teologica nello studio della liturgia, J. Danilou e L. Bouyer. II P. DANILOU si impegnato in uno sforzo di riabilitazione critica della tipologia biblica e patristica, specialmente nelle due opere: Sacramentum futuri, Paris 1950 e Bible et Liturgie, La thologie biblique des sacrements et des ftes d'aprs les Pres de l'glise, Paris 1951. Di L. BOUYER sono notevoli: Le mistre pascal, Paris 1947; Liturgical piety, Notre Dame press 1955: edizione francese: La vie de la liturgie (Lex orandi), Paris 1957. Oltre a questi, si contano un certo

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L'interesse per la penetrazione propriamente teologica della liturgia cominci a svegliarsi in modo pi notevole solo pochi anni prima del concilio. Comunque, nel concilio stesso, la considerazione teologica della liturgia, pur non intesa per se stessa, appare ovunque come la radice dalla quale, nel quadro di un concetto integrale del-ta realt liturgica, s'illuminano le norme pastorali e quelle del-la riforma.

Ed normale che sia cos. anzi necessario; non bisogna stan-carsi di ripeterlo anche oggi, dopo il concilio, mentre siamo in piena euforia di riforme. Guai se si dimenticasse che queste riforme, per quanto importanti, non possono essere che uno strumento per faci-litare il raggiungimento dello scopo della pastorale liturgica. Uno strumento che non nemmeno il pi decisivo sulla via verso la meta. Se il fine della pastorale liturgica di ricondurre la liturgia, e nella titurgia, Cristo stesso, al popolo e il popolo alla liturgia, e cos a Cristo, il mezzo decisivo sar sempre quello della comprensione, meglio della penetrazione vitale, dell'anima del mondo liturgico.

La riforma di struttura, di lingua, di canto, la creazione stessa di nuove forme liturgiche non possono essere che un aiuto, impor-tante quanto si vuole, ma solo un aiuto per fare penetrare il popolo nel cuore del mondo della liturgia. Che quest'aiuto non sia decisivo l'aveva compreso molto bene quel sacerdote francese, il quale, in una discussione intorno alla lingua liturgica, osserv : la liturgia, sia fatta in latino o sia fata in francese, per il mio popolo sar sempre in ebraico! .

E anche oggi, dopo il concilio, la liturgia, felicemente ormai quasi tutta nella tingua materna, rimane sostanzialmente in ebraico , non solo per il popolo ma anche per il clero. E se il clero per primo non impara bene quest'ebraico e non lo spiega al popolo, la cristia-nizzazione del mondo non avr guadagnato gran che dalla riforma liturgica.

L'ebraico qui significa: il pensiero teologico della liturgia, non separato, naturalmente, dal pensiero biblico e spirituale. Solo una liturgia teologica, considerando la realt liturgica alla luce dei suoi ultimi princpi nel quadro della visione del mondo data dalla rivela-zione e studiata dalla teologia generale, arriva al midollo del pen-siero liturgico. Essa quindi l'unica solida base di una spiritualit liturgica come di una pastorale liturgica.

da augurarsi che siano assai pi numerosi di quanto lo sono stati fin qui i teologi che si occupino di liturgia e i liturgisti che si occupino di teologia. Se questo si verificher su scala notevole ne deriver grande profitto non solo alla liturgia e al movimento liturgico, ma anche alla stessa teologia.

Per quanto riguarda poi l'insegnamento programmatico della

numero di saggi particolari, ai quali ci riferiremo nel corso di questo studio. Comunque, in fatto di teologia liturgica, si ha l'impressione che, assai spesso, pi che scendere nella ricerca tecnica e sistematica, base necessaria di ogni lavoro in profondit, ci si sia accontentati di saggi sporadici e di larga divul-gazione.

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liturgia, illusorio sperare di raggiungere lo scopo che di dare un'iniziazione che avvii efficacemente alla scoperta del mondo litur-gico nella sua integralit, senza impostare quest'avviamento sui prin-cpi di una visione sintetica liturgico-teologica che faccia vedere il posto della liturgia nell'economia generale della salvezza.

La liturgia teologica imposta lo studio della liturgia sul suo valore teologico, dando all'indagine storica del fatto liturgico l'im-portanza di una fase previa della ricerca, e all'elaborazione del suo contenuto spirituale, pastorale e giuridico il significato di una conse-guenza. La liturgia teologica generale studia, incentrandoli sul punto d vista teologico, gli elementi comuni alle parti singole della litur-gia; la liturgia teologica speciale studia nello stesso modo gli ele-menti speciali a queste stesse singole parti: alla messa, agli altri sacramenti, ai sacramentali, all'anno liturgico.

Scopo di questo saggio di liturgia teologica generale di lumeg-giare il concetto di liturgia, il posto che ad essa spetta nell'economia generale della salvezza in rapporto alle leggi generali che reggono quest'economia, i suoi rapporti con la bibbia, con la teologia, con la vita spirituale e pastorale.

Mi stimerei felice se con questo potessi aiutare qualche lettore a dissetarsi pi facilmente alla grande fonte della liturgia: fonte d'acqua viva che zampilla fino alla vita eterna. E la fonte Cristo.

PREFAZIONE ALLA QUARTA EDIZIONE

L'aggiornamento di quest'opera, resosi necessario per la nuova edizione la quarta dopo la ristampa del 1962 non ha compor-tato cambiamenti sostanziali di prospettiva. La promulgazione della Costituzione liturgica del concilio vaticano II stata per l'autore motivo di particolare soddisfazione perch, nel documento conci-liare, le linee fondamentali, che questo libro esponeva sin dal 1957, sul modo di concepire la natura e la funzione della liturgia nella Chie-sa, sono state largamente e solennemente confermate dall'autorit suprema.

Cosicch, oltre all'aggiornamento della bibliografa, sono stati suf-ficienti alcuni ritocchi. Anzitutto, ovunque la cosa stata possibile, le idee esposte sono state suffragate con espliciti riferimenti ai testi del concilio e a quelli pi recenti emanati dalla Sede Apostolica. Poi si tenuto conto del mutamento della situazione pratica della liturgia in seguito alle recenti riforme. Per questo anche, nel capi-tolo XXIV, sembrato pi opportuno attenersi ormai strettamente all'indole teologica di quest'opera e non entrare in suggerimenti parti-colari riguardo alle riforme nella struttura, nella lingua o nel canto della liturgia. Questi suggerimenti furono utili, penso, prima del concilio, ma ormai i princpi di tali riforme sono acquisiti e siamo in fase di piena esecuzione.

Finalmente, una riflessione pi. accurata ha suggerito di preci-sare o sviluppare una serie di questioni. L'abbiamo fatto principal-mente, intorno alla definizione della liturgia; all'efficacia del segno nlta liturgia; all'opus operantis Ecclesia; al conctto e all'impor-tanza del mistero pasquale e intorno al problema dei rapporti tra liturgia ed orazione mistica.

Devo particolare gratitudine al Professore Tommaso Federici per avere fatto gli indici di questo volume.

D. C. VAGAGGINI, OSB

Prima Domenica di Quaresima, 7 marzo 1965

r

PARTE PRIMA

IL CONCETTO DI LITURGIA

s

S I G L E

CL : Concilium Vaticanum II, Constitutio de Sacra Liturgia.

Dz : Enchiridion symbolorum di H. DENZINGER ed. 32 di A. SCHONMETZER. Il pri-mo numero indica la nuova numerazione, il secondo la numerazione delle edizioni precedenti.

MD : Enciclica Mediator Dei. I singoli passi vengono citati secondo la numera-zione dell'edizione curata da A. BUGNINI, Documenta pontificia ad instau-rationem liturgicam spectanta (1903-53), Roma 1953 p. 95 ss.

PG : MIGNE, Patrologia greca.

PL : MIGNE, Patrologia latina.

RIGHETTI: M. RIGHETTI, Storia liturgica, 4 volumi, Milano, ncora, 1945-53. Il primo volume viene citato nella seconda edizione, ibid., 1950.

CAPITOLO I

LO SFONDO GENERALE DELLA LITURGIA: LA RIVELAZIONE COME STORIA SACRA

Per penetrare il mondo della liturgia bisogna penetrare il mondo della rivelazione e considerare le cose in quella visuale generale propria in cui le considera l rivelazione, in specie nella Scrittura. La liturgia, infatti, non altro che una certa fase e un certo modo in cui si attua tra noi il senso della rivelazione. Per questo indi-spensabile considerare sempre la liturgia sullo sfondo generale della storia sacra perch la storia sacra appunto la visuale generale propria in cui la rivelazione considera ogni cosa.

1. LA RIVELAZIONE SI PRESENTA ANZITUTTO COME UNA STORIA SACRA

C' un modo di considerare le cose, proprio nelle scienze umane, della speculazione metafsica, che si pu chiamare entitativo o onto-logico, perch si preoccupa anzitutto di determinare la posizione di una cosa qualsiasi nella scala dell'ente, delle entit. Cos, per esempio, se, analizzando quest'uomo, Tizio, considero che si tratta di un essere, di una sostanza, di un animale, ma ragionevole, che dunque ha il potere radicale di ridere, di studiare, che sociale, che pu essere religioso e cose simili, considero in Tizio anzitutto l'aspetto entitativo, ontologico.

La rivelazione cristiana, specie nella Scrittura, non si presenta a noi anzitutto come un sistema spiegativo delle cose viste sotto il loro aspetto entitativo ad analogia di una spiegazione metafisica dell'essere; l'aspetto primario e prevalente sotto il quale ci si pre-senta la rivelazione non una specie di metafisica rivelata. Non intendo dire, beninteso, che nella rivelazione, e gi neHa stessa Scrit-

18 CAP. I - SFONDO DELLA LITURGIA : STORIA SACRA

tura, non vi sia un numero pi o meno considerevole di affermazioni di valore entitativo e metafisico di capitale importanza oggettiva; che, anzi, chiaro, tali affermazioni ci sono. Ma intendo dire : primo, che affermazioni di tale genere sono relativamente rare e sporadiche; secondo, che non si pu parlarne come di un sistema di spiegazione entitativa metafsica del cosmo, ma se mai, come di brani o fonda-menti che, ulteriormente sviluppati e completati, potrebbero servire alla costruzione di un tale sistema; in terzo luogo e principalmente, che queste affermazioni, per quanto in se stesse capitali, non sono al primo piano dell'attenzione, dell'interesse e delle preoccupazioni della rivelazione, ma sono come dei presupposti naturalmente accet-tati, a cui ogni tanto si allude, ma senza farli, per lo pi, oggetto di preoccupazione ed attenzione primaria.

Non sarebbe nemmeno preciso dire che la rivelazione, special-mente nella Scrittura, si presenta a noi in primo luogo come una direttiva pratica di vita, come un complesso di direttive e di precetti morali. Anche questo, naturalmente, c'; anzi ovunque molto esplicito ed essenzialissimo. Ma non sarebbe preciso dire che questo complesso di direttive e di precetti morali sia primario come quella cosa che anzitutto appare nella Scrittura, la quale si presenterebbe in questo senso anzitutto come norma di vita, come una morale. Questo, dico, non preciso, perch la norma morale, che forte-mente esplicitata e messa in rilievo nella Scrittura, vi per sempre proposta come conseguenza immediata di qualcosa d'altro; come derivazione naturale e insopprimibile di un altro elemento da cui tutto deriva immediatamente e che appare, lui, al primo piano.

La rivelazione, principalmente nella Scrittura, si presenta invece anzitutto come una storia; come una storia sempre in atto; come una storia sacra sempre in atto, che presuppone, e ogni tanto affer-ma, nel suo sfondo, una certa metafsica e da cui immediatamente deriva e mette fortemente in rilievo una norma di vita, una morale. questa la storia sacra sempre in atto degli interventi di Dio nel mondo, per attirare a s le creature razionali, comunicar loro la sua vita divina e realizzare cos il suo regno cosmico. anche la storia smpre in atto della risposta di queste creature. E questa la visuale dominante e specifica sotto la quale la rivelazione presenta tutto quello di cui fa parola; dominante, dunque, non metafisica, n mo-rale, ma storica, con uno sfondo metafsico e una derivazione morale fortemente esplicitata.

In tutto questo c' pi che una semplice sfumatura. Questa nota distintiva di essere anzitutto una storia sacra sempre in atto con uno sfondo metafisico e la forte esplicitazione di una morale, d alla rivelazione giudeo-cristiana la sua fisionomia specifica che la distin-gue profondamente e di primo acchito da qualsiasi sistema sempli-cemente filosofico o etico.

Per esempio: sono visioni del mondo essenzialmente filosofiche, dalle quali se mai, deriva una norma di vita pratica, il platoni-smo, l'aristotelismo, il plotinismo, il kantismo, l'hegelianismo. in-

LA RIVELAZIONE COME STORIA 19

vece in primo luogo una norma di vita, una morale, il confucianismo; cos anche, pare, il buddismo primitivo, come esperienza di vita. Sono invece anzitutto accadimenti storici: la conquista dell'Asia di Alessandro Magno, la scoperta dell'America di Cristoforo Colombo, le invasioni barbariche nell'impero romano, ecc. Il De bello gallico riferisce un accadimento storico, anzitutto una storia.

Orbene, la rivelazione cristiana, anch'essa, si presenta anzitutto come una grandezza nell'ordine degli accadimenti storici: la storia dell'irrompere sempre in atto di una persona concreta, Dio, nello spazio e nel tempo per fare certi suoi approcci a persone concrete, gli uomini, da Lui stesso, del resto, poste e mantenute nell'essere, ma di cui desidera la libera dedizione, in vista di realizzare su di loro un certo suo disegno di regno cosmico. Questo il quadro pri-mario della rivelazione cristiana.

Che se poi in questo quadro c' uno sfondo metafisico sempli-cemente perch nessuna storia pu farne a meno. Cos anche nel De bello gallico c' un certo sfondo di affermazioni di valore metafisico, per quanto generale. chiaro, infatti, che verrebbe a svuotare completamente lo stesso valore storico del De bello gallico colui che non ammettesse sin dal principio il valore oggettivo, per esempio, dei concetti di uomo, impero romano, celti, guerra, libert umana, responsabilit, tempo, spazio, ecc. ecc. Negati questi e simili concetti, l'avvenimento storico che vuol narrare il De bello gallico e il libro stesso non hanno pi senso. Ne segue,, quindi, che l'autore del libro, che non intende certamente preoccuparsi di metafsica, pur tuttavia non pu fare a meno di presupporre e ogni tanto forse anche di affermare esplicitamente un certo numero di concetti di valore propriamente metafisico. Ma non men chiaro che in una narrazione storica come il De bello gallico la metafisica c'entra solo come sfondo, come cosa naturalmente presupposta e ogni tanto, forse, pi o meno esplicitamente affermata, ma sempre al servizio della storia; per quel tanto, cio, che necessario per salvaguardare e far capire il valore della storia. Similmente nella rivelazione cri-stiana: la metafisica, nello sfondo del quadro, vi oggetto d'affer-mazione per quel tanto che necessario per salvaguardare e far capire il valore della storia sempre in atto degli interventi di Dio nel mondo, n pi n meno.

Il fatto poi che nella rivelazione cristiana la norma morale di vita fortemente esplicitata, proviene dalla natura stessa della storia che racconta. una storia sacra, che per la natura di Colui che ne il protagonista principale, Dio, e per le intenzioni che Egli vi persegue, investe ed impegna direttamente la vita e l'agire dell'uomo, i suoi diritti e i suoi doveri, nelle sue radici pi profonde. Ci non toglie per che, nella rivelazione cristiana, si tratti sempre di una morale che nella sua fisionomia concreta e propria derivata imme-diatamente da una storia e non semplicemente da una metafisica. Stando, infatti, alle cose come le presenta la rivelazione, l'uomo deve agire in tale o tale modo non gi semplicemente e solo per

20 CAP. I - SFONDO DELLA LITURGIA : STORIA SACRA

ragioni metafisiche o per altre considerazioni, ma, immediatamente, perch Dio, persona concreta, intervenuta e interviene concreta-mente e liberamente in Cristo, nello Spirito, in tale o tale modo nella storia del mondo, nella storia dell'uomo, di ogni uomo; nella tua storia. La rivelazione cristiana dice all'uomo: Dio liberamente ha agito ed agisce ed agir cos cogli uomini, con te, dunque tuo dovere agire cos.

gi norma caratteristica dell'Antico Testamento di desumere il motivo della legge morale immediatamente e concretamente anzi-tutto dal patto che Dio ha concluso con Israele. Si veda, per esempio, Es 20,2 ss ove si tratta del decalogo. Al primo comandamento : non avere altro Dio fuori di me, premessa come motivazione imme-diata : Io sono il Signore, Iddio tuo, che ti trassi fuori dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavi (v. 2). Al secondo comandamento : Non ti fare scultura n immagine alcuna... non prostrarti ad esse, segue la motivazione : Poich io, il Signore Dio tuo, sono un Dio geloso... (y. 5). Al comandamento dell'osservanza del sabato data come motivazione : Poich in sei giorni il Signore fece il cielo e la terra e il mare e quanto in essi, e al settimo si ripos; perci benedisse il Signore il giorno del sabato e lo santific (v. 11). Vedi nello stesso senso Dt 4,2.7-9.15.16.32-40; 5,6; 7,6-11; 10,12-11,9. Som-mamente caratteristico, tra questi testi, quello dove si motiva il sommo comandamento di amare Dio al di sopra delle altre cose: Ed ora, Israele, che cosa richiede da te il Signore, tuo Dio, se non che tu tema il Signore, tuo Dio, cammini per tutte le sue vie, lo ami, lo serva, il Signore, tuo Dio, con tutto il tuo cuore e con tutta l'anima tua, osservando i precetti del Signore e i suoi statuti, che oggi io ti ingiungo per tuo bene? Vedi! Del Signore, tuo Dio, il cielo e il pi alto cielo, la terra e quanto in essa si trova. Eppure, soltanto ai tuoi padri si attaccato il Signore, amandoli, e dopo di loro ha preferito i loro posteri, voi, a tutti i popoli, com' al giorno d'oggi. Circoncidete dunque l'incirconciso vostro cuore e non indurate la vostra cervice... (Dt 10,12-16). Si veda pure come si motiva il pre-cetto dell'amore del forestiero che abita in mezzo agli israeliti: Poich il Signore, vostro Dio, il Dio degli dei... che non usa par-zialit e non accetta regali... ed ama il forestiero, somministrandogli pane e vestito. Amate dunque il forestiero, giacch forestieri foste nella terra d'Egitto (Ibid. v. 17-19).

Gi i profeti, del resto, vedevano tutto in questa prospettiva: dal modo di agire di Dio nella storia con Israele, modo d'agire di padre e di sposo, ma anche di giudice retributore, si desumono i doveri d'Israele verso Dio e si misura la gravit dei suoi peccati. Di qui, per esempio, il grande tema profetico dell'amore di Dio sposo, per Israele sua sposa; dell'infedelt della sposa verso lo sposo e delle lamentele di Dio contro la sposa infedele, nonch delle tribolazioni senza fine cui la sposa va incontro per la sua infedelt; tema gi drammaticamente sviluppato da Osea (1,2; 2; 3,1-5; 4,10-19; 5-10; 14,2 ss).

MORALE DERIVATA DALLA STORIA 21

Lo stesso concetto di creazione e di Dio creatore, che ha tanta importanza nell'Antico Testamento come motivazione dei rapporti tra il mondo e Dio, non tanto considerato (specialmente nei testi pi antichi) nel suo valore metafisico quanto nei suoi rapporti con la storia. La creazione vi vista anzitutto come l'inizio della storia.

In tutto questo appare sempre lo stesso fenomeno: la norma morale desunta immediatamente e concretamente da una storia e non semplicemente da una metafisica, tanto meno da un bisogno semplicemente pratico o edonistico dell'uomo.

In questo, come in tanti altri punti, il Nuovo Testamento l'erede e la continuazione dell'Antico. Solo che quell'agire divino, da cui si desume immediatamente la morale, ora una storia immen-samente pi straordinaria di quella che avevano conosciuta gli anti-chi israeliti. E questa storia si riassume nel fatto che, nella persona di Cristo, Dio stesso in persona venuto tra noi e ha abitato con noi, e dopo aver Iddio in antico, a pi riprese e in molte guise, parlato ai nostri padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi tempi parl a noi per mezzo del Figlio suo (Eb 1,1 s). Infatti Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figliuolo unigenito, affinch chiunque crede in Lui, non perisca, ma abbia la vita eterna (Gv 3,16). Cristo, poi, lasciando questo mondo, ha mandato, da presso il Padre, il suo Spirito, che ora sempre presente nei credenti e opera in essi la figliolanza divina, trasformandoli e configurandoli al Verbo incarnato morto e risorto per condurli all'ultima meta: la risurrezione glo-riosa nella vita beata con Cristo (vedi, per es., Gv 14,15-21.25-31; Rm 8). Da questo intervento straordinario di Dio nel mondo in Cri-sto, nello Spirito, si desume ora la motivazione specificamente cri-stiana dell'agire.

Ecco alcuni esempi. Cos S. Giovanni giustifica la necessit del-l'amore di Dio e del prossimo : Chi non ama non ha conosciuto Dio, perch Dio carit 1. In questo si manifestata la carit di Dio verso di noi : che Dio mand il suo Figlio unigenito nel mondo, affin-ch per mezzo di lui abbiamo la vita. In questo la carit, che senza aver noi amato Dio, Egli per primo ci ha amati e ha mandato il suo Figliuolo come propiziazione per i nostri peccati. Carissimi se Dio ci ha amati cos, anche noi dobbiamo amarci Vun l'altro. Nessuno ha mai veduto Dio. Se ci amiamo l'un l'altro Dio abita in noi e la carit di lui perfetta. Da questo conosciamo che noi siamo in Lui ed Egli in noi: nel fatto che Egli del suo Spirito ci ha fatto dono. E noi abbiamo contemplato ed attestiamo che il Padre mand il Figlio come Salvatore del mondo. ...Amiamo dunque Dio, perch Egli per primo ci ha amati (lGv 4,7ss). Da questo noi conosciamo l'amore: dal fatto che Quegli sacrific per noi la sua vita: anche noi dobbiamo per i fratelli sacrificare le nostre vite (Ibid. 3,16).

1 Non una definizione di natura metafisica di Dio, come, del resto, chec-ch ne abbiano detto parecchi autori, non lo nemmeno l'Ego sum qui sum del-l'Esodo 3,14; il senso : tutto l'agire di Dio verso il mondo nella storia sacra ha per origine e per forma il suo gratuito amore. Il contesto chiaro.

22 CAP. I - SFONDO DELLA LITURGIA : STORIA SACRA

Perch non si pu commettere fornicazione : Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Or dunque le membra di Cristo le far membra di una meretrice? Non sia mai!... Fuggite la forni-cazione... O non sapete che il corpo vostro tempio del santo Spirito che in voi, che avete da Dio? e non siete di voi stessi perch siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo (1 Cor 6,15.19.20). Perch non si pu scandalizzare i fratelli: ...E va in rovina il debole, per la tua scienza : il fratello per cui morto Cristo! Cos peccando contro i fratelli e offendendo la loro coscienza debole, peccate contro Cristo. Per questo appunto: se un cibo di scandalo al fratello, non manger carne in eterno, per non scandalizzare il fratello mio (1 Cor 8,11 ss).

Ed ecco, finalmente, donde si desume immediatamente e con-cretamente per S. Paolo la norma specificamente cristiana di ogni allontanamento dal peccato, di ogni ascesi e di ogni tendenza all'ul-tima perfezione : Dio avendo mandato il proprio Figlio nella somi:

glianza della carne di peccato e per il peccato condann il peccato nella carne... Quei che son nella carne non possono piacere a Dio. Voi per non siete nella carne ma nello spirito se certo che lo Spirito di Dio abita in voi. Che se uno non ha lo Spirito di Cristo, questi non gli appartiene. Or se Cristo in voi ben morto il corpo per il peccato, lo spirito invece vita per la giustizia. Se poi lo Spi-rito di Chi risuscit Ges da morte abita in voi, chi risuscit da morte Cristo Ges vivificher anche i vostri corpi mortali, per lo Spirito suo che abita in voi. Dunque fratelli siamo debitori non verso la carne per vivere secondo la carne, perch se vivete secondo la carne, la morte vi sar sopra, ma se con lo spirito mortificate le opere del corpo, vivrete. Quanti infatti sono mossi dallo spirito di Dio questi figli sono di Dio... Or se siamo figlioli siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se per altro per Lui soffriamo per essere con Lui anche conglorificati. Ritengo infatti che le soffe-renze del tempo presente non sono adeguate alla gloria futura che deve essere manifestata in noi (Rm 8,3 ss).

Anche senza entrare nei particolari di questo testo di grande densit di pensiero, intuitivo il suo movimento generale : la venuta del Figlio di Dio ha infranto di diritto il dominio del peccato (della carne); avendoci comunicato il suo Spirito, Dio libera ognuno di noi da quel dominio; dunque non ci permesso di vivere nel peccato (secondo la carne), ma dobbiamo vivere come figli di Dio, docili alle mozioni dello Spirito che in noi; soffrendo ora per Cristo saremo glorificati assieme a Lui quando lo Spirito che abita in noi operer in noi anche la risurrezione gloriosa.

Va notato che nella stessa tradizione dogmatica e nel magistero ordinario della Chiesa la rivelazione viene presentata ugualmente, anzitutto, come una storia sacra, nello stesso senso della Scrittura. Una prima prova ne il fatto che la tradizione dogmatica e il magi-stero ordinario propongono ai fedeli anzitutto la Scrittura stessa, dato che il messaggio della Scrittura costituisce l'oggetto principale

RIVELAZIONE E STORIA SACRA 23

del loro stesso messaggio. Un'altra prova, non meno convincente, il simbolo della fede proposto dalla stessa tradizione e dallo stesso magistero ordinario come un breve e facile riassunto della rivela-zione. Questo concetto non solo antichissimo e comune nella tradi-zione patrstica2 e liturgica8, ma continu anche in quella scola-stica *, la quale, com' noto, sotto un altro aspetto, port, pur tut-tavia, la sua massima attenzione nel considerare la rivelazione dal punto di vista entitativo. facile accorgersi che il simbolo della fede principalmente nella sua forma pi antica, quella detta del simbolo apostolico, costruito secondo la prospettiva dominante della storia sacra degli interventi di Dio nel mondo. L'accentuazione dell'aspetto entitativo per alcuni punti di dottrina nelle formule dello stesso simbolo, fu opera, come noto, del magistero straor-dinario per intervento polemico contro deviazioni ereticali5.

Insomma, la conclusione sempre la stessa: tutta la rivelazione giudeo-cristiana poggia sopra una storia e si presenta anzitutto come una storia, una storia sempre in atto, ma che ha un lungo passato e non si compir che nel futuro; l_a_._st.Qria dei liberi e amorosi interventi di Dio nel mondo e della libera risposta delle creature.

2 Cfr. per es., D. VAN DEN EYNDE, Las normes de l'enseignement chrtien dans la littrature patristique des trois premiers sicles, Gembloux 1933. Vedi per es., IRENEO, Adv. Haer., I 10,1-2; TERTULLIANO, De praescript. 14,1-3; ORIGENE, De Prina, Prologo. A partire dal secolo IV l'idea comune; vedi per es., GIRO-LAMO, Contro. Ioan. 28; RUFINO, Corri, in symb. apost. 2; AGOSTINO, De symb. ad catech. 1.

3 Si tratta del rito della Traditio symboli ai catecumeni, nel quale il sim-bolo viene considerato come il sommario di tutta la fede cristiana (vedi per es., M. RIGHETTI IV 36 ss; vedi pure il Sacramentario gelasiano, ed. Mohlberg, p. 48 n. 310), e gi anticamente del rito della professione della fede, a modo di simbolo, nello stesso atto del battesimo (vedi RIGHETTI IV 65 s e il testo della Traditio Apostolica di Ippolito Romano 21).

4 Fu dottrina comune nella scolastica che tutta la fede contenuta negli articoli del simbolo apostolico. Per gli scolastici i punti della fede non diretta-mente contenuti nel simbolo possono essere ridotti a uno che vi contenuto, sia come supposto sia come conseguenza. Vedi per es., ALENSE, Summa III, q. 69, ed. Quaracchi, IV n. 698 ss; BONAVENTURA, in III d. 25 q. 1.

5 Caso tipico: le modificazioni che il concilio niceno introdusse nel sim-bolo per difendere la dottrina ortodossa contro gli ariani. Anche il simbolo detto atanasiano, con la sua grandissima insistenza sull'aspetto entitativo della Trinit e dell'incarnazione, una composizione nettamente polemica.

http://l_a_._st.Qria

24 CAP. I - SFONDO DELLA LITURGIA : STORIA SACRA

2. LE GRANDI FASI DI QUESTA STORIA

Qual pi concretamente questa storia? In riassunto se ne possono considerare le fasi essenziali nel seguente specchietto :

ETERNIT: Dio (il Padre per appropriazione) liberamente, per amore, decide di partecipare la sua vita intima a creature per farne il suo regno unitario, spirituale, cosmico (sotto il primato di Cristo), che si realizzer pienamente nella Gerusalemme celeste. Predestinazione (di Cristo e) degli eletti (sotto il suo primato). Creazione degli angeli prima del tempo; il dramma nel mondo angelico: angeli fedeli e angeli infedeli.

TEMPO: Esecuzione del piano predetto nel mondo visibile e nel tempo:

PRIMA FASE: IN ADAMO: tendente, cio, all'esecuzione del piano con l'inclu-sione di Adamo quale capo spirituale dell'umanit (con subordinazione a Cristo o meno): creazione, elevazione, stato paradisiaco; unit cosmi-ca; precetto; tentazione dagli angeli caduti; caduta; rottura dell'unit cosmica; nascita delle, due citt: di Dio e del diavolo, in continua dram-matica lotta; fallimento della prima fase; promessa del Redentore.

SECONDA FASE: IN CRISTO SECONDO ADAMO: ripresa dell'esecuzione in Cristo redentore:

La preparazione dei tempi a Cristo redentore: Da Adamo ad Abramo: setiti; cainiti; No; il diluvio; i semiti. Da Abramo a Mos: i patriarchi: Abramo, Isacco, Giacobbe; il po-

polo in Egitto. Da Mos a Cristo: La teocrazia d'Israele:

Mos; liberazione; esodo; alleanza; peregrinazione nel deserto. Ingresso nella terra promessa. I giudici; i re, in specie David, Salomone; il tempio, il culto. I profeti. L'esilio. II messianismo. La restaurazione: la sinagoga. Giovanni Battista. Maria.

La pienezza dei tempi: gli ultimi tempi in atto: La comunicazione e manifestazione plenaria e definitiva di Dio nella per-

sona di Cristo redentore: Maria, l'incarnazione; nativit; epifania; vita nascosta. Ministero pubblico di Ges. I misteri pasquali di Ges: istituzione dell'eucarestia e del sacerdozio;

passione; morte in croce; sepoltura; discesa agli inferi; risurrezione; i 40 giorni coi discepoli; ascensione; seduta alla destra del Padre.

Partecipazione alla pienezza di Cristo redentore, sacerdote, morto e ri-sorto, attuata nelle singole anime, nella Chiesa, nel tempo che va dal-l'ascensione alla parusia:

Venuta dello Spirito mandato da Cristo da presso il Padre: pentecoste. Effetti della presenza dello Spirito (la salvezza in Spiritu):

Nascita della Chiesa visibile di struttura gerarchica come manife-stazione plenaria societaria sulla terra della vita divina in Cristo nello Spirito (corpo mistico).

i

LE FASI DELLA STORIA SACRA 25

Crescita della Chiesa corpo d Cristo fino alla parusia: Essenzialmente e in primo luogo per via liturgica: sacrificio;

sacramenti; sacramentali; preghiera liturgica. A cui preparano e da cui conseguono tutte le altre attivit nella

Chiesa: Attivit gerarchiche: magistero; governo; apostolato gerarchico

e sua partecipazione. Attivit privata dei singoli:

Corrispondenza morale ascetico-mistica dei singoli alle realt liturgiche. Attivit temporali ordinate al piano spirituale.

Realizzazione terminale (escatologia ultima): Individuale: morte; santi in cielo; fedeli in purgatorio. Cosmica: parusia; giudizio universale; risurrezione generale.

ETERNIT: Punizione eterna dei dannati ed instaurazione definitiva del Regno di Dio (Padre per appr.) in Cristo nell'unica citt di angeli fedeli e uomini redenti in liturgia cosmica eterna di lode e ringraziamento.

Questa dunque, in breve, la storia sacra nelle fasi essenziali del suo svolgimento; questo il mondo specifico della liturgia, appunto come il mondo specifico della Scrittura e della rivela-zione cristiana in genere. Questo anche, di diritto, e dovrebbe essere di fatto, il mondo specifico della teologia; in questo senso che compito della teologia deve essere appunto di spiegare questo mondo della storia sacra sotto tutti gli aspetti nei quali la ricerca scientifica pu aiutarci a capirlo meglio, e, naturalmente, senza mai perdere di vista, sia nell'impostazione generale che nei singoli particolari, che in questo mondo si tratta anzitutto di una storia, sebbene nello sfondo di una metafsica e con nette e forti esplici-tazioni delle conseguenze morali*.

3. ANNOTAZIONI ESPLICATIVE

Per lo scopo che qui perseguiamo, che quello di situare la liturgia nel suo quadro generale della storia sacra, fuori del quale incomprensibile, baster, per il momento, fare alcune osservazioni spiegative dello specchietto sopra proposto. Sar compito dei se-guenti capitoli riprendere ed approfondire alcuni di questi punti in particolare.

8 Non senza motivo durante la celebrazione del Concilio Vaticano II fu richiesto ripetutamente che la prospettiva della storia sacra o storia della sal-vezza, riacquisti il rilievo che le spetta nella teologia perch questa ritrovi quel migliore equilibrio che tutti oggi auspichiamo. Le divergenze che si manife-starono nei dibattiti sulla liturgia e sulla Chiesa ebbero la loro origine, in buona parte, in un modo diverso di concepire la teologia a seconda della maggiore o minore importanza che si d alla storia della salvezza nella sua impostazione. Vedi C. VAGAGGINI, LO spirito della Costituzione sulla liturgia, in: Riv. hit. 51 (1964) 8-30.

26 CAP. I - SFONDO DELLA LITURGIA : STORIA SACRA

biblica

Un lettore alquanto diligente della Scrittura, e specialmente di S. Paolo e dell'Apocalisse, riconoscer facilmente in questo spec-chietto una semplice schematizzazione delle idee essenziali subiacenti a tutto il sacro libro, esplicitate e teorizzate appunto in modo par-ticolare da San Paolo, sebbene frammentariamente e in diversi passi delle sue epistole, ed operanti molto efficacemente nell'Apo-calisse7. Per averne la prova si rileggano con attenzione, per esem-pio, i seguenti passi come quadro generale: Ef i tre primi capitoli per intero; Col 1,9-23; 1 Tm 3,16. Per il senso generale dei rapporti dell'Antico Testamento e la nuova economia in Cristo: 1 Cor 10,1-5; Rm 9,11; Eb 7,1-10,18 e anche Me 1,15; Gal 4,4. Per l'idea che la crescita della Chiesa, corpo di Cristo, si fa essenzialmente ed in primo luogo per via sacramentale vedi, per esempio, quello che dice S. Paolo in Rm 6,1-12 intorno alla parte del battesimo nella vita cristiana; per la parte dell'eucaristia nella stessa vita vedi 1 Cor 11,23-30; 10,16 s; Gv 6,32-59. Per la Gerusalemme celeste e la liturgia cosmica vgdi Eb. 12,21-23; Ap 5,8-14; 21-22,5.

una teologia della storia

La storia sacra si presenta come una teologia della storia, per-ch ne svela l'ultimo senso, quello cio che tempo e storia hanno agli occhi di Dio, il quale, pur indicibilmente immanente e come frammischiato alla storia, la trascende per immensamente, e perci la pone, la dirige, le d un significato.

Questa storia lineare, perch prende le mosse da un unico punto di partenza: il consiglio di Dio nell'eternit cui segue la crea-zione degli angeli prima del tempo e di tutto il resto nel tempo; e si svolge successivamente e irreversibilmente verso un punto di arrivo cui sin dal principio tutta protesa e nel quale, com-piendo e realizzando se stessa, raggiunge il suo fine.

Questa storia unitaria, perch nello svolgimento verso il suo punto di arrivo le singole fasi successive sono dirette infalli-bilmente da un unico ed onnipotente regista, Dio, in un senso ben determinato, in vista del raggiungimento di un fine prestabilito. Per cui le singole fasi successive sono tra loro intrinsecamente connesse; le antecedenti preparano le susseguenti e ne sono gi un primo imperfetto adempimento, che supera per se stesso nella fase successiva e si realizza perfettamente solo nella fase finale.

Questa storia segnata da un profondo dinamismo escatolo-

T Vedi per es., L. TONDELLI, II disegno d Dio nella storia, Torino 1947; S. DE DIETRICH, Le dessin de Dieu, 3 ed. Paris-Neuchtel 1949; C. SPICQ, L'pitre aux hbreux (Bible de Jrusalem), Paris 1950 pp. 25-33; H. OSTER, Le grand dessin de Dieu dans la pastorale et la prdication, Paris 1955.

STORIA SACRA: MISTERO DI CRISTO 27

gico. Infatti, le fasi antecedenti tendono tutte alle susseguenti, e tutte assieme tendono all'ultima; tutti i tempi tendono agli ultimi tempi (ta eschata) i quali cos esercitano una forza intrinseca di attrazione generatrice di dinamismo su tutte e sulle singole fasi del processo e danno loro un senso intelligibile.

Questa storia non un processo semplicemente cosmologico necessario, ma uno svolgimento drammatico, perch i protago-nisti: Dio, gli angeli, gli uomini, sono persone libere, e gli angeli e gli uomini, creature libere e fallibili, hanno in questo processo la libera scelta di contrariare i disegni di Dio o di adeguarvisi. Di fatto, una parte degli angeli e una parte degli uomini li hanno liberamente accettati e li assecondano, e sono gli eletti; ma l'altra parte degli angeli e, dietro loro istigazione, una parte degli uomini, li hanno rifiutati e li ostacolano. Questa scissione delle creature libere fa s che tutta questa storia nel tempo sia una lotta dram-matica tra due citt: da una parte gli angeli ribelli a Dio con gli uomini loro satelliti; dall'altra, gli angeli fedeli con gli uomini eletti. Dominatore di questo dramma Dio; il teatro dello stesso il cosmo: il mondo e il cielo.

il mistero , il mistero di Cristo, il mistero pasquale

Questa storia, in quanto storia sacra, nel significato che ha agli occhi di Dio, significato che solo Egli per natura conosce, ma che ora, negli ultimi tempi , ha rivelato ai cristiani, massima-mente nella persona di Cristo, S. Paolo la chiama : il mistero (per es., Rm 16,25; 1 Cor 2,7; Ef 5,32; Col 1,26-27), il mistero della volont di Dio (Ef 1,9), il mistero nascosto nei secoli in Dio (Ef 3,9; Col 1,16). Si ormai d'accordo nel riconoscere8 che questo modo di concepire le cose in S. Paolo non deve nulla al concetto dei misteri pagani ma semplicemente lo sviluppo, dal punto di vista cristiano, di un concetto dell'Antico Testamento (per es. Dn 2,20-30). Secondo questo, lo svolgimento della storia e il suo vero profondo significato, il quale non pu essere che un significato religioso, , naturalmente, conosciuto solo da Dio, dalla sapienza di Dio, un segreto, un mistero, un.arcano della sua sapienza, e se gli uomini arrivano a conoscerlo, ci non pu essere se non perch Dio lo rivela.

"""Ma questa stoHa" sacra, mistero, tutta incentrata in Cristo. Questo fatto risalta ancora pi egregiamente se, con molti teo-logi ma la cosa discussa e per questo nello specchietto l'ho messa tra parentesi si ammette che Dio, sin dall'eternit, ha voluto Cristo e lo ha costituito capo di tutte le creature previa-mente e indipendentemente, dal punto di vista logico, dalla previ-sione del peccato di Adamo, e che, dunque, in ogni ipotesi, secondo

8 Contro l'opinione di O. Casel.

28 CAP. I - SFONDO DELLA LITURGIA : STORIA SACRA

i disegni di Dio, anche se Adamo non avesse peccato il Verbo si sarebbe incarnato9. Comunque, tutta la storia sacra si divide net-tamente in due parti: prima di Cristo e dopo Cristo. Prima di Cristo, almeno a partire dal peccato di Adamo, tutto tende a Lui, e dopo Cristo tutto deriva da Lui. Perci questa storia, questo mistero, pu essere detto semplicemente con spirito paolino : il mistero di Cristo . vero che S. Paolo stesso con l'espressione : mistero di Cristo (Col 3,2; 4,3; Ef 3,3), strettamente parlando, intende solo la vocazione dei gentili, assieme ai giudei, alla salvezza, per mezzo di Cristo, in un corpo unico di Cristo stesso, che la Chiesa. Per nel contesto di tutti i passi sopra riferiti dove si parla della storia sacra come mistero, mistero di Dio, chiaro che l'atten-zione di S. Paolo diretta su Cristo come centro dei piani divini.

per questo che S. Paolo pu pensare a questa prospettiva di storia sacra incentrata in Cristo parlando semplicemente del mistero che si riferisce a Cristo e alla Chiesa (Ef 5,32); il mistero del vangelo (Ef 6,19); il mistero della fede (1 Tm 3,9); il mi-stero della piet (1 Tm 3,16). Anzi in 1 Tm 3,16 (e in Col 2,2 secon-do la lezione variante che pare debba essere preferita) mistero vuol dire semplicemente Cristo stesso e tutto quello che Egli, per volont di Dio, significa per il mondo. , dunque, rispettare la dottrina e la mente di S. Paolo, chiamare con l'espressione mi-stero di Cristo semplicemente quello che Cristo, perch uomo-Dio, redentore e sommo sacerdote dell'umanit, nei piani di Dio e nella loro realizzazione, sia in se stesso che rispetto alle altre crea-ture nella storia sacra sempre in atto dei loro rapporti con Dio. Si pu dunque dire : storia sacra, mistero, mistero di Cristo, perch si tratta di un'unica realt, in quanto centro di questa storia sacra, di questo mistero, appunto Cristo10.

Cos, il tempo prima di Cristo, almeno dal peccato di Adamo in poi, ha il significato essenziale di essere una preparazione a Cristo redentore, mediatore, sacerdote, ora Signore glorioso, e come una serie successiva di abbozzi della realt che si compie tutta in Lui. Il tempo dopo Cristo non ha altro significato che di realizzare nelle creature che si affacciano sul teatro del mondo fino alla fine dei tempi, la partecipazione e assimilazione di quelle realt

la nota discussione tra teologi scotisti e tomisti. Nella teoria scotista, oggi accettata da molti, anche'nel caso che Adamo non avesse peccato, il Verbo si sarebbe incarnato; ma allora anche Adamo sarebbe stato capo spirituale del-l'umanit, sebbene sotto il capo supremo, Cristo, il quale, cos, sarebbe stato Capo supremo e mediatore, ma non redentore. La questione si estende anche agli angeli. I dati della Scrittura e della tradizione non bastano a dirimerla. Sembra innegabile per che la tendenza e come il segreto sviluppo del pensiero di S. Paolo sia in questa direzione (Col 1,15-20). Ma S. Paolo stesso non l'ha esplicitato. Questo modo di vedere d al piano divino e a tutta la storia sacra un'unit molto maggiore.

10 Per il concetto di mistero in S. Paolo vedi, per es., D. DEDEN, Le my-stery paulinien, in: Eph. theol. lov. 1936, 405ss. G. SOEHNGEN, Der Wesensaufbau des Mysteriums, Bonn 1938; J. T. TRINIDAD, The mystery hidden in God, in: Biblica 31 (1950) 1 ss.

STORIA SACRA: MISTERO DI CRISTO 29

di vita divina che sono in Cristo morto e risorto e che Cristo loro comunica. Il tempo che corre dall'ascensione al ritorno glorioso

j del Signore nella parusia, non altro che l'intervallo in cui Egli I vuol comunicare il proprio essere e il proprio agire agli uomini

che appaiono successivamente nella storia, attraendoli cos nel suo mistero, nella pienezza della vita divina che sovrabbonda in Lui.

Tutto questo vero perch lo scopo da Dio inteso nel porre e nel dirigere la storia: comunicare la sua vita intima alle creature,

j si realizza nella persona di Cristo in modo assolutamente plenario e definitivo. In Lui, anzitutto dopo la sua risurrezione, la comu-nicazione della vita divina alla creatura raggiunge il suo colmo e la sua epifania assoluta. Dopo di Lui non c' da aspettare alcunch di sostanzialmente nuovo che non sia gi tutto presente nella sua persona; c' solo da aspettare l'estensione partecipata di quelle

. realt da Cristo alle altre creature, e lo svelamento glorioso e ' cosmico di queste trasformazioni che hanno la loro realizzazione

plenaria in Cristo, svelamento che avverr al suo ritorno glorioso e nella risurrezione dei corpi. Cos, il tempo dall'ascensione alla parusia ha questo senso: riprodurre nei singoli l'evento di Cristo, il mistero di Cristo, entrare in questo mistero, esserne assorbito.

L'apparizione di Cristo sulla terra, e in modo specialissimo la sua risurrezione, segna l'inizio degli ultimi tempi, gli eschata, appunto perch in Cristo il senso del tempo e della storia si realizza pienamente. Questi eschata sono gi in atto a partire da quel momento. Il tempo dall'ascensione alla parusia, nel quale noi vivia-mo, fa parte di questi eschata, tempo escatologico che si chiuder col ritorno glorioso del Signore e il trapasso del tempo nell'eternit senza tempo.

Capire che tutta la storia sacra mistero di Cristo, che in essa J prima di Lui tutto tende a Lui, pi esattamente alla sua morte e

risurrezione e dopo di Lui tutto deriva da Lui; capire che dopo la sua morte e risurrezione non c' da aspettare niente di radical-mente nuovo, ma c' solo da riprodurre nelle creature fino alla fine dei tempi il mistero del Figlio di Dio incarnato morto e risorto, far s che esse vi partecipino e si dissetino alla sua pienezza, capitale

: per entrare nel mondo della liturgia. La liturgia, infatti, non altro che un certo modo per cui Cristo, nel presente tempo intermedio che corre dalla pentecoste alla parusia, in questo tempo escato-logico gi in atto, comunica la pienezza della sua vita divina alle singole anime, riproduce in esse il suo mistero, le attrae nel suo

' mistero.

11 mistero della Chiesa

Questo tempo intermedio dalla pentecoste alla parusia, tempo in cui tutto gi sostanzialmente e radicalmente realizzato e si aspetta solo che si compia il numero dei fratelli (cfr. Ap 6,11) ai

30 CAP. I - SFONDO DELLA LITURGIA : STORIA SACRA

quali deve essere comunicata la realt divina apportata da Cristo, il tempo specificamente ecclesiale, il tempo della Chiesa. In essa Cristo, Figlio di Dio incarnato, morto e risorto, mandando visibil-mente gli apostoli e i loro successori nella gerarchia, muniti di specifici poteri di santificazione, di magistero e di governo, e man-dando nello stesso tempo invisibilmente lo Spirito Santo, che vi-vifica interiormente la loro opera, realizza il suo mistero nelle anime e adempie cos il senso della storia. La Chiesa appunto quel quadro di vita umano e divino, visibile e invisibile, spirituale e pur socialmente strutturato, voluto da Cristo e da lui sempre sostenuto e vivificato, per mezzo dello Spirito che gli comunica; il mezzo che vuole insostituibile per comunicare la pienezza della vita, di cui Egli pieno, agli uomini che successivamente appaiono nel tempo dalla pentecoste alla parusia.

La Chiesa ancora quella comunit messianica degli ultimi tempi composta di un gran numero di gentili e di un piccolo resto di giudei fedeli, annunziata dai profeti (cfr. Rm 9,27-29), convocata da Dio intorno al Messia Cristo Ges, come attuazione sulla terra di tutto l'influsso vitale divino che si spande da Cristo e prepara-zione della convocazione finale nella gloria della Gerusalemme celeste (cfr. Eb 12,18-24).

La Chiesa pure quel popolo santo, eletto e diletto da Dio, che Dio nel porre e nel condurre la storia aveva per fine di acqui-starsi (cfr. 1 Pt 2,9-10). In questo popolo si attua appunto quel mistero di Cristo, quella partecipazione della pienezza di Cristo agli uomini (cin Gv 1,14), quell'attrazione che Cristo fa a s di tutti gli uomini (cfr. Gv 12,32) che il Padre gli ha dato (cfr. Gv 10,27-29) prima di raccoglierli tutti nella Gerusalemme celeste.

Come Cristo realizza ed esprime nella propria persona concreta il senso della storia perch l'espressione incarnata di Dio, la sua immagine plenaria ed esaustiva poich in Lui corporalmente abita la pienezza della divinit (Col 2,9; cfr. Gv 14,9-11; 2 Cor 4,4.6; Eb 1,3; Col 1,15), cos la Chiesa esprime e realizza in s il senso della storia perch essa salva, naturalmente, la differenza che tra Cristo e la Chiesa non c' unione fisica di persona, con tutte le conseguenze che ne derivano sulla terra l'espressione ple-naria umano-divina dell'essere e dell'agire di Cristo, il quale, per lo Spirito che le comunica, internamente la vivifica; tanto da poter essere paragonata in questo al corpo, espressione visibile dell'ani-ma invisibile che intrinsecamente lo vivifica, sua sfera completa e concreta di azione vitale al di fuori (cfr. Ef 1,23).

Finalmente, come tutto ci che vi di vita divina nel mondo interamente in Cristo, uomo e Dio, e nessuno si salva se non realmente e attualmente unito a Cristo per la grazia, partecipando per Lui alla pienezza della vita divina, cos, dopo Cristo, ci che vi di vita eristica e divina nel mondo interamente nella Chiesa, umana e divina, visibile e invisibile nello stesso tempo, e nessuno

MISTERO DELLA CHIESA 31

si salva se non in unione reale e attuale, almeno invisibile ", con quella stessa Chiesa. Lo Spirito Santo, infatti, contenuto tutto in essa come in un vaso buono contenente un tesoro prezioso perennemente giovane e comunicante la sua perenne giovent al vaso in cui contenuto... (Per cui) nella Chiesa Dio ha posto gli apostoli, i profeti, i dottori (cfr. 1 Cor 12,28) e l'intera rimanente operazione dello Spirito. Al quale Spirito non partecipano tutti coloro che non accorrono alla Chiesa, privando se stessi della vita per sbagliata dottrina e pessima condotta. Perch dov' la Chiesa l lo Spirito di Dio, e dov' lo Spirito di Dio l la Chiesa e ogni grazia; e lo Spirito verit. Per cui coloro che non ne partecipano non sono nutriti dalle mammelle materne e non hanno parte alla limpidissima sorgente che scaturisce dal corpo di Cristo 12. cos che su questa terra dalla pentecoste alla parusia, la Chiesa, vera nuova Eva del vero nuovo Adamo, la madre di tutti i viventi della vita divina; l'unica sposa, sposa immacolata (cfr. Ef 5,24-27), che partorisce i figli a Cristo. Sola : Essa assegna al Regno i figli che ha rigenerati. Chiunque () separato dalla Chiesa... forestiero, nemico, profano. Non pu avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa per madre 13.

Ora tutto questo: l'essere, cio, umana e divina come Cristo, la sua espressione concreta e totale nel mondo, il suo corpo, il vaso vivo contenente interamente l'eterna giovent dello Spirito; l'essere il nuovo popolo di Dio, annunziato dai profeti, composto di molti gentili e di un piccolo resto di giudei fedeli; l'essere il compimento della storia precedente (cfr. 1 Cor 10,11) e la preparazione della Gerusalemme celeste (cfr. Gal 4,25 ss; Eb 12,18-24; Ap 21,9-22,2), la madre di tutti i viventi e l'unica sposa di Cristo; tutto questo, dico, che costituisce il mistero della Chiesa , quel mistero che grande relativamente a Cristo e alla Chiesa (Ef 5,32); quel mi-stero cosmico della Chiesa di cui parla la Didach "; il totius Ecclesiae tuae mirabile sacramentum della liturgia ". cos che storia sacra, mistero, mistero di Cristo, mistero della Chiesa sono inscindibili; sono anzi un'unica realt, tanto che si potrebbe addi-rittura parlare di un unico concetto espresso con sfumature diverse

11 Ogni uomo di buona fede che vive rettamente secondo la sua coscienza, per il fatto stesso, aderisce, almeno implicitamente, a tutto quello che da lui desidera la volont divina, pronto a fare tutto quello che da lui esige non ap-pena ne verr a conoscenza. Cos egli ha il desidrio almeno implicito di ade-rire anche visibilmente alla Chiesa, tale essendo ora la volont di Dio verso ogni uomo. Per questo desiderio l'uomo di buona fede riceve la grazia da Dio, e questa lo aggrega realmente e attualmente, sebbene ancora invisibilmente, all'unica vera Chiesa che anche visibile; e tanto basta per essere salvati.

12 IRENEO, Adv. Haer. I l i 24,1. 13 CIPRIANO, De catti, eccl. unitale 6. ' 11,11. 15 Messale romano, sabato santo, orazione dopo la seconda profezia quando

erano ancora 12. Espressione ripresa da CL, art. 5.

32 CAP. I - SFONDO DELLA LITURGIA : STORIA SACRA

da ognuna di queste espressioni18. Anche noi le usiamo indifferen-temente l'una per l'altra.

Tutto questo non va affatto preso per vago lirismo, ma come espressione molto sobria della nuda realt. Spiegarne pi da vicino i singoli particolari spetta alla teologia della Chiesa, e anche noi per certi punti lo faremo in un prossimo capitolo. Qui abbiamo tracciato un panorama per far intrawedere che la liturgia in-comprensibile se non riferita alla Chiesa, come la Chiesa incom-prensibile se non riferita a Cristo, e Cristo incomprensibile se non riferito al piano generale di Dio nella storia sacra. Dal che risulta che la liturgia non si pu comprendere che vista sullo sfondo della storia sacra, mistero, mistero di Cristo, mistero della Chiesa. Non senza motivo il Concilio Vaticano II " spiega la natura della liturgia in questa precisa visuale.

i Anche il Conc. Vat. II le usa in questa prospettiva di profonda unit. Vedi CL, articoli 2, 5, 35 2, e Const. De Eccl. cap. I.

17 CL, art. 5-8. Vedi anche sotto questo aspetto l'importante art. 16.

CAPITOLO II

LA LITURGIA COME COMPLESSO DI SEGNI SENSIBILI

La liturgia, concretamente, costituita : dai sette sacramenti, con l'eucaristia sacrificio e sacramento nello stesso tempo, dai sacramen-tali, dalle preghiere e dalle cerimonie con le quali la Chiesa riveste, per cos dire, la celebrazione del sacrificio, dei sacramenti e dei sacramen-tali e dall'ufficio divino delle ore canoniche. Non tutto questo un in-sieme eterogeneo? Qual l'elemento che l'accomuna nel concetto di liturgia? Si entra cos nella questione della definizione reale della litur-gia e della spiegazione dei singoli elementi che la compongono.

1. LA DEFINIZIONE GENERALE DELLA LITURGIA

Non si ancora fatta l'unanimit tra gli stessi liturgisti intorno al problema della definizione reale1 , tecnica e strettamente detta della liturgia.

1 In quanto alla parola stessa di liturgia per indicare l'insieme specifico di cose che noi oggi indichiamo cos, noto che essa risale agli umanisti e ai liturgisti eruditi del 600. Gli antichi parlavano di ministerium divinwn, ministe-rium ecclesiasticum, officia divina. La parola liturgia, dal greco leitourgia, leiton ergon, indica opera che riguarda tutto il popolo nel senso che intrapresa per l'in-teresse e il bene di tutti, e cos : opera pubblica, primitivamente di natura politica e tecnica, poi anche di natura religiosa e cultuale. in questo senso religioso cultuale che nei LXX adoperata per indicare il servizio religioso dei sacerdoti nel tempio (cfr. per es., Nm 4,33; Es 28,35.43; 1 Par 23,28). Questo senso cono-sciuto anche nel Nuovo Testamento (per es., Le 1,23; Eb 9,21; 10,11), il quale trasferisce la parola anche al ministero cultico del sacerdozio di Cristo (Eb 8,2: leitourgos; 8,6); al ministero apostolico di Paolo che gli permette di offrire come in sacrificio a Dio i fedeli (Rm 15,16) e la loro fede (FI 2,17); all'offerta che i fedeli fanno a Dio come in sacrificio quando danno soccorsi caritativi (Rm 15, 26-28; 2 Cor 9,12 s da connettere con FI 4,18; Eb 13,16); probabilmente anche ad azioni cultuali liturgiche dei cristiani propriamente dette (At 13,2). Molto presto liturgia in oriente, come termine cultuale cristiano, divent sinonimo di sa-

2 - Il senso teologico...

34 CAP. II - LITURGIA E SEGNI SENSIBILI

Questione impregiudicata

L'enciclica Mediator Dei non volle affatto dirimere questa que-stione2. ugualmente certo che il Concilio Vaticano II non ha inteso risolverla. Dagli Atti del Concilio e dalle dichiarazioni orali ripetutamente fatte risulta che la sua intenzione stata di lasciare alla libera discussione dei tecnici il problema della definizione strettamente detta e perfetta della liturgia e di dare di questa solo una descrizione per mezzo di note caratteristiche che tutti i teologi riconoscono essere presenti nella stessa.

Questa descrizione la seguente : La liturgia giustamente ritenuta l'esercizio del sacerdozio di Ges Cristo, nel quale esercizio, per mezzo di segni sensibili significata e, in modo ad ognuno di essi proprio, causata la santificazione dell'uomo, e viene eser-citato dal Corpo Mistico di Ges Cristo, cio dal Capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale 3.

Quasi tutti gli elementi di questa descrizione sono presi dalla Mediator Dei. Ma in due cose il Concilio fa notevoli progressi rispet-to all'enciclica: 1. Nel fatto che mette fortemente in rilievo l'im-portanza che ha nella liturgia il segno; tanto che la sua struttu-razione in un regime di segni sensibili vi appare come un dato centrale. La liturgia vi considerata non semplicemente come l'esercizio del sacerdozio di Cristo (come qualcuno ha malamente interpretato), ma come un certo esercizio del sacerdozio di Cristo.

orificio o di messa (vedi forse gi Didach 15,1; 1 Clem 41,1 ss; poi, a partire dal quarto secolo, comunemente); il che molto ovvio se si pensa che, teologica-mente, ed anche nell'espressione liturgica, specialmente antica, la messa vera-mente il riassunto e il centro di tutto il culto cristiano, cosa di cui gli antichi ave-vano viva coscienza. Per tutto questo vedi, per es., E. RAITZ VON FRENTZ, Der Weg des Wortes Liturgie in der Geschichte, in: Eph. Ut. 55 (1941) 74 ss; A. ROMEO, II termine leitourgia nella grecit biblica, in : Miscellanea C. Mohlberg, II p. 467 ss, Roma 1949.

2 Alla fine di un passo dove sviluppa il concetto che nella Chiesa e special-mente nella liturgia, Cristo stesso che onora il Padre e la Chiesa non lo fa che associandosi a Cristo e per mezzo di lui, l'enciclica dice : La sacra liturgia pertanto il culto pubblico che il nostro Redentore come capo della Chiesa rende al Padre; ed il culto che la societ dei fedeli rende al suo fondatore e per mezzo di Lui all'eterno Padre; , per dirla in breve, il culto pubblico inte-grale del corpo mistico di Ges Cristo, cio del suo Capo e dei suoi membri (n. 20). Qui si vuole solo inculcare che la liturgia, in quanto culto reso a Dio, il culto di tutto,il corpo mistico di Ges Cristo, capo e membra.

La stessa enciclica, del resto, intendendo chiarire pi perfettamente possi-bile la natura della liturgia, ne presenta anche altre definizioni o altri abbozzi di definizione (vedi anche ed. di Roguet p. VII), per es., n. 22: ... non essendo altro la liturgia che l'esercizio del sacerdozio di Ges Cristo (cfr. anche n. 3). Specialmente al n. 169 : Tale la natura della liturgia : essa riguarda il Sacri-ficio, i sacramenti e la lode di Dio; essa riguarda ancora l'unione delle nostre anime con Cristo e la nostra santificazione per mezzo del Divin Redentore per-ch sia onorato Cristo e per Lui ed in Lui, la santissima Trinit . Qui, in modo speciale, l'aspetto santificazione pi fortemente rilevato.

_, 3 CL, art. 7.

DEFINIZIONE DELLA LITURGIA 35

Tale esercizio tra le altre cose, ha questo di speciale che si fa attra-verso segnisensibili. 2. Nel fatto che questi segni sensibili, nonch lo stesso sacerdozio di Cristo che nella liturgia per essi si esercita, sono messi in riferimento non soltanto al culto, ma insieme alla santificazione e al culto. Il doppio movimento della liturgia, quello che da Dio scende all'uomo e quello che dall'uomo sale a Dio, molto pi nettamente marcato nella stessa sua nozione di quanto avveniva nell'enciclica.

La nozione della liturgia data dal concilio contiene dunque elementi preziosi di cui bisogner tener conto. E tuttavia non pu essere la definizione tecnica di cui la scienza liturgica ha bisogno. Perch? O piuttosto, in primo luogo, la scienza liturgica ha proprio bisogno di una definizione tecnica rigorosa della liturgia?

Perch una definizione tecnica rigorosa? Ci che essa esige

L'esame di quanto scrivono in questo campo anche provetti liturgisti, dimostra, a mio modesto parere, che ci che in non pochi casi difetta sono le stesse nozioni fondamentali s, filosofiche intorno alla necessit e alle esigenze particolari di una definizione rigorosa dell'oggetto in una qualsiasi scienza. Mi si perdoner di osare ricordarle qui.

Anzitutto, la ricerca di una definizione tecnica rigorosa dell'og-getto di una scienza non semplicemente una questione di termi-nologia, o una pedante preziosit, ma il problema della determi-nazione precisa, tra tutte le sue propriet necessarie, di quella che, nell'oggetto di questa scienza, la radice e la ragion d'essere ultima di tutte le altre.

In ogni scienza, da questa determinazione espressa appunto mediante la definizione del suo oggetto dipende l'impostazione della ricerca e dell'esposizione. Infatti, nella scienza di una cosa qualsiasi, la propriet radice ultima di tutte le altre necessaria-mente il suo primo principio d'intelligibilit al quale bisogna rife-rire o dal quale bisogna dedurre tutto quanto si afferma di questa cosa. Avere la conoscenza scientifica di un oggetto, in ultima ana-lisi, significa appunto conoscere questo rapporto tra il suo primo principio d'intelligibilit e tutto il resto che della cosa si pu dire. Si vede cos quanto dalla giusta definizione tecnica della liturgia dipenda l'intera scienza liturgica.

Poi: per arrivare alla definizione tecnica di una cosa bisogna in primo luogo considerare questa cosa nella sua integralit. Que-sto perch la definizione tecnica di un oggetto deve essere coesten-siva allo stesso; cio deve applicarsi a tutto l'oggetto, senza omet-tere nessuna sua parte, e deve applicarsi solo ad esso ad esclusione di altri. Diversamente non sarebbe definizione , cio determina-zione e distinzione rispetto alle altre cose. Gli elementi che appar-tengono alla liturgia come detto, sono nella loro concreta inte-

36 GAP. II - LITURGIA E SEGNI SENSIBILI

gralit: i sette sacramenti, con l'eucaristia, sacrificio e sacramento; i sacramentali; le preghiere e le cerimonie con le quali la Chiesa accompagna la celebrazione concreta del sacrificio, dei sacramenti e dei sacramentali; l'ufficio divino delle ore canoniche.

In secondo luogo bisogna cercare le note caratteristiche essen-ziali nelle quali tutti questi elementi convengono, lasciando invece da parte quelle che sono proprie ad alcuni elementi dell'oggetto, ma non a tutti, e per ci stesso non possono convenire all'oggetto come tale.

In terzo luogo, tra gli stessi elementi essenziali, bisogna cer-care quello da cui tutti gli altri dipendono e si spiegano come da ultima radice, perch solo questo il vero principio d'intelligibilit di tutto il resto nella cosa considerata. Perci una definizione tecnica deve non soltanto essere chiara, breve, coestensiva all'og-getto e non contenere che elementi essenziali, ma anche escludere le note solo presupposte o derivate da altre. la via classica della ricerca della definizione dell'oggetto di una scienza qualsiasi4.

Descrizione della liturgia per le sue note essenziali

Anzitutto, tutti gli elementi che costituiscono concretamente la liturgia, cio: sacrificio, sacramenti, sacramentali, preghiere, cerimonie, ufficio divino, come sono in essa attuati, convengono in un concetto essenziale comune, quello di segno sensibile.^ Sono tutti segni sensibili di cose sacre, spirituali, invisibili, che non cadono direttamente sotto i sensi.

Il sacrificio liturgico, essendo anche esterno, ha valore formale di.,sacrificio solo come segno sensibile di un sacrificio invisibile nell'animo, sia in Cristo stesso, per quanto concerne il Suo saci&-ficio, sia nei fedeli che vi partecipano in quanto offrono il loro sacrificio facendo proprio il sacrifcio di Cristo. L'aveva gi ottima-mente osservato S. Agostino : Il sacrificio visibile dunque sacra-mentum, cio sacro segno, del sacrificio invisibile 5. Per i sette sacramenti notissima la dottrina di S. Tommaso : Propriamente parlando si dice sacramento quello che segno di una cosa sacra che riguarda l'uomo, di modo che propriamente si dice sacramento, intendendo i sacramenti di cui qui parliamo, quello che segno di cosa sacra in quanto santifica gli uomini 6. Anche i sacramentali sono segni di cose spirituali invisibili; in questo non differiscono dai sacramenti. Lo stesso dicasi dei riti e delle cerimonie di ogni specie che il concilio tridentino chiama appunto segni visibili della religione e della piet 7. La preghiera liturgica, finalmente,

4 Vedi per es., ARISTOTELE, // Post. Analyt. capp. 13 e 14. 5 De Civ. Dei X 5. 6 Stimma I I I q 60 a 2. > Sess. XXII cap. 5. Di 1746 (943).

>

DESCRIZIONE DELLA LITURGIA 37

essendo, per sua natura, anche esterna e vocale, cade anch'essa sotto il concetto di segno, poich la parola , per definizione, un segno convenzionale dei concetti ed affetti interni. Cos tutti gli elementi che compongono la liturgia convengono nel concetto di segni sensibili di cose sacre, spirituali, invisibili. Questi segni sen-sibili nella liturgia hanno di proprio che furono istituiti sia da Cristo stesso sostanza del sacrificio e dei sette sacramenti sia dalla Chiesa sacramentali, cerimonie, preghiere .

In secondo luogo, sacrificio, sacramenti, sacramentali, cerimo-nie e preghiera canonica, appunto perch segni sensibili di cose spirituali, invisibili, appartenenti non gi a un uomo o a una societ qualsiasi, ma a Cristo e alla Chiesa perch istituiti da Cristo e dalla Chiesa e adoperati come strumenti da Cristo e dalla Chiesa, hanno un'efficacia tutta propria rispetto al fine per cui furono istituiti. Questi segni sono sempre efficaci rispetto a quello che significano8. Ma questa efficacia di natura diversa a seconda che si tratta del sacrificio e dei sette sacramenti istituiti' da Cristo e strumenti di Cristo (che operano anzituttog_ojoere operato, come si dice), o degli altri segni d'istituzione ecclesiastica, e strumenti della Chiesa (che operano anzitutto ex opere operanti? Ecclesiae).

In terzo luogo, quelle realt sacre spirituali invisibili a cui si riferiscono i segni della liturgia, nonch i fini stessi per cui questi segni furono istituiti e sono continuamente messi in opera, riguar-dano da una parte la santificazione che Dio fa della Chiesa e dal-l'altra il culto che la Chiesa come tale rende a Dio. Attraversola mesjsaJn, .opera di questi segni Dio santifica la Chiesa e la Chiesa rende il suo culto pubblico a Dio. Questi due aspetti sono inse-parabili.

Dio per santifica sempre per mezzo di Cristo, Dio e uomo. Almeno dopo il peccato di Adamo, non c' grazia e santificazione che non sia grazia e santificazione di Cristo e in Cristo, cio meri-tata da Cristo, operante l'unione reale con Cristo, e, a partire dal-l'Incarnazione, operata, causata dall'umanit stessa di Cristo quale strumento congiunto della sua divinit. Nello stesso modo ogni culto reso dalla Chiesa a Dio sempre in Cristo, cio in unione con Cristo e attraverso Cristo capo della Chiesa. Anzi, pi propria-mente, il culto della Chiesa non altro che la partecipazione della Chiesa al culto che Cristo capo rende a Dio, quindi il culto di Cristo capo a Dio e il suo sacerdozio continuato nella Chiesa, per la Chiesa e con la Chiesa suo corpo9 . Dunque, nella liturgia, la san-tificazione che Dio fa della Chiesa e il culto che la Chiesa rende a Dio sono in Christo .

Se sono in Christo sono in Spiritu perch, secondo la dottrina generale del Nuovo Testamento, l'azione di Cristo e l'azio-ne dello Spirito sono inseparabili e non si uniti a Cristo che nella

8 Per il senso preciso di questa espressione per quanto riguarda la santi-ficazione e il culto vedi sotto p. 107 ss.

9 Vedi CL, art. 7; MD n. 2; 3; 20; 22.

38 CAP. II - LITURGIA E SEGNI SENSIBILI

presenza e nel possesso del suo Spirito, per cui il culto in Christo necessariamente il culto in Spirita . Non solo il battesimo in Spirita 10 e nella cresima, nella penitenza, nell'eucaristia, nel-l'ordine si riceve lo Spirito ", ma ogni sacrifcio e ogni preghiera cristiana sacrificio e preghiera in Spirita 12. In questo precis senso il culto cristiano spirituale l s e i cristiani essendo in Christo sono un tempio santo nel Signore, nel quale sono coedi-ficati per formare un'abitazione di Dio nello Spirito (Eb 2,21), Di loro si deve dire, con formula paolina comprensiva, manifestante appunto la natura del culto che essi esercitano, che per mezzo di Cristo hanno accesso nello Spirito al Padre I4 : il Padre (per appropriazione) origine da cui proviene e oggetto a cui diretto il culto; Cristo l'unico mediatore di questo. culto; lo Spirito Colui che con la sua presenza rende l'oblazione... accetta, santificata (Rm 15,16).

Se si mettono assieme questi elementi si ottiene la seguente descrizione della liturgia: La liturgia il complesso dei segni sensi-bili di cose sacre, spirituali, invisibili, istituiti da Cristo o dalla Chiesa, efficaci, ognuno a suo modo, di quello che significano e per i quali Dio (il Padre per appropriazione), per mezzo di Cristo capo e sacerdote, e nella presenza dello Spirito Santo, santifica la Chiesa, e la Chiesa nella presenza dello Spirito Santo, unendosi a Cristo suo capo e sacerdote, per mezzo di Lui rende come corpo il suo culto a Dio (al Padre per appropriazione).

A questo punto ricordiamoci dei tre capi di dottrina sopra spie-gati a proposito della storia sacra, e cio: 1. che il senso della storia sacra non altro che comunicare la vita divina agli uomini; 2. che questo senso si realizza concentrandosi tutto nel mistero di Cristo, il quale mistero consiste nel fatto che Dio, riversando in Cristo la pienezza della vita divina, unisce gli uomini a s in Cristo, cio in quanto Cristo comunica loro la vita divina di cui pieno; 3. che, finalmente, il senso della storia sacra e del mistero d Cristo, per il tempo dalla pentecoste alla parusia, si realizza nel mistero della Chiesa quale essere umano divino, istituito porto unico di salvezza, nel quale e per mezzo del quale, si realizza quella comunione di

io Vedi per es., 1 Cor 12,13. Vedi per es., At 8,15 s; Gv 20,23; 1 Tm 4,6-14 e At 20,28. 12 Vedi Rm 15,15 s; cfr. anche Eb 9,14 con la variante hagion; Rm 8,26 s;

Gal 4,6; Ef 6,18; Gd 20. 13 Cfr. FI 3,3 direttamente nella lezione Theo, indirettamente nella lezione

Theou. Il culto cristiano culto spirituale non gi per esclusione del culto anche esterno e sensibile, ma perch, anche se esterno e sensibile, fatto in Spiritu.

14 E quasi letteralmente la formula di S. Paolo: Ef 2,18. Si noti che il concetto di avere accesso (prosagogen) a Dio (cfr. anche 1 Pt 3,18) come anche il concetto di avvicinarsi, essere vicino (eggizo, eggus; erchomai, proser-chomai: cfr: Ef 2,11-12; Eb 4,14-16; 7,19; 10,19-22) hanno un valore cultico. Vedi per es., K. L. SCHMIDT, Prosago, prosagoge, in: Theol. Wrt. zum NT. I 131 ss; PREISKER, Eggus, eggizo, ibid. II 330, 21; SCHNEIDER, Erchomai, proserchomai, ibid. II 663, 50 ss; 681,9 ss; 682,3 ss.

DEFINIZIONE DELLA LITURGIA , 39

vita divina che Cristo trasmette agli uomini dando loro lo Spirito e unendoli cos con s e col Padre. Tenuti presenti questi punti, sar facile ammettere che la liturgia non altro che un modo sui generis, cio sotto il velo dei segni sensibili sacri efficaci, in cui dalla pentecoste alla parusia si realizza il senso della storia sacra, mistero di Cristo, mistero della Chiesa.

La definizione tecnica rigorosa della liturgia

La predetta descrizione della liturgia ottenuta semplicemente mediante l'addizione delle sue propriet essenziali pi caratteri-stiche. Perch, tra queste propriet, si possa arrivare a determinare quella che costituisce l'essenza stessa della liturgia e si possa quindi formulare una sua definizione tecnica rigorosa per genere prossimo e differenza specifica, occorre solo eliminare, nella predetta descri-zione, quelle espressioni che, rispetto alle altre ivi contenute, hanno valore conseguente e spiegativo e, in realt, non aggiungono niente di nuovo per chi sappia intendere la forza di queste altre alla luce della teologia generale.

Cos, nella prima parte, si elimineranno le parole : ...di cose sacre, spirituali, invisibili . Infatti, queste cose sacre, spirituali, invisibili a cui si riferiscono i segni della liturgia sono concreta-mente: la grazia santificatrice, pi o meno immediatamente signifi-cata nei diversi segni liturgici, nonch l'autore di questa grazia, Cristo, e il fine di essa, la gloria futura; ed pure il culto interno che la Chiesa rende a Dio, anch'esso pi o meno immediatamente significato nei diversi segni. Basta dunque dire che la liturgia un complesso di segni della santificazione che Dio fa della Chiesa e del culto che la Chiesa rende a Dio.

Non nemmeno necessario dire che quei segni sono stati isti-tuiti da Cristo o dalla Chiesa; se si dice che si tratta di segni efficaci della santificazione e del culto pubblico, si include ipso facto che sono stati istituiti da Cristo o dalla Chiesa, perch solo segni che siano cose proprie di Cristo o della Chiesa e dunque istituiti da Cristo o dalla Chiesa e adoperati da Cristo o dalla Chiesa possono essere segni efficaci di quello che significano.

Dopo ...efficaci non necessario aggiungere ognuno a suo modo di quello che significano , perch l'efficacia del segno, come segno, necessariamente relativa a quello che significa, e, trattandosi di un complesso di segni, ovvio che la loro efficacia diversa secondo i diversi segni. Baster dunque, nella spiegazione di complesso di segni , distinguere i diversi segni che comprende questo complesso. Dalla natura diversa di ognuno seguir l'efficacia diversa di ognuno.

In una definizione della liturgia per genere prossimo e differen-za specifica non nemmeno necessario esprimere esplicitamente che ogni santificazione viene dal Padre (per appropriazione) per

40 CAP. II - LITURGIA E SEGNI SENSIBILI

mezzo di Cristo capo e sacerdote, nella presenza dello Spirito Santo, e che ogni culto della Chiesa diretto a Dio (il Padre per appro-priazione) nella presenza dello Spirito Santo per mezzo di Cristo capo e sacerdote. Non necessario perch questa semplicemente la dottrina teologica generale (sebbene non oso dire che ci si badi molto e sia molto intesa, ancor meno che sia efficacemente vissuta) del modo in cui a noi viene da Dio ogni bene e del modo in cui si fa ogni nostro ritorno a Dio. In quest