CINEMA E CIBO. CIBO AGLI ALBORI DEL CINEMA Il 28 dicembre 1895, nella prima proiezione pubblica...

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CINEMA E CIBO

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CINEMA E CIBO

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CIBO AGLI ALBORI DEL CINEMA

• Il 28 dicembre 1895, nella prima proiezione pubblica della storia, i fratelli Lumière inserirono anche il rullo “Le dejeuner de bébé”, scena di vita familiare dove un piccolo Lumière veniva imboccato dagli amorevoli genitori.

• Pochi anni dopo, nella “Sorcellerie culinaire” del 1904 Meliès mostra uno chef che sta preparando piatti prelibati che attirano un mendicante che viene scacciato in malo modo.

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• L'occhio di molti cineasti ha saputo

cogliere gli aspetti della cucina che

si possono chiamare senza riserva,

metaforici, sociali e "spirituali“.

• Il cibo come metafora sociale si

manifesta, prima del cinema, in due

splendide incisioni su rame di

Alexander Wieb Bruegel, artista

olandese del XVI sec.

• Si tratta delle notissime "La cucina

magra" e "La cucina grassa".

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• Insieme con altre opere dello

stesso autore, ad esempio il

disegno sulla "Gola" della serie dei

vizi capitali, lasciano trasparire la

capacità di Bruegel di utilizzare il

cibo come metafora cosmica per

descrivere la dimensione orale ed

ontologica dell'uomo.

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[Fischler 1992]

• Cucinare è processo alchemico, magico, in cui occorre esorcizzare la potenziale pericolosità del cibo: il cibo è qualcosa infatti che si introduce, attraverso la bocca, nel nostro corpo.

• E’ un corpo estraneo, potenzialmente pericoloso, contaminante: così egli spiega le costruzioni simboliche attorno al cibo, i suoi miti e riti

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IL PASTO NUDO

“L’istante, raggelato, in cui si vede quello che c’è sulla forchetta”.

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IL PASTO NUDO (1991)

• Riflessioni sul noi e sulla

alimentazione attraverso lo

specchio deformante della droga,

gli stati alterati di coscienza.

• L’uomo divora l’uomo e divora se se

stesso in un rito auto e cannibalico

sconvolgente.

• Il cibo crea metamorfosi interiori

oltre che esteriori.

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WILLIAM BURROUGHS DAVID CRONENBERG

• Il cibo è metafora del femminile

minaccioso.

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FAME E INEDIA• Il cibo come metafora del piacere di vivere, della ricerca (o del rifiuto) della

gratificazione.• MARIE ANTOINETTE• Regia Sofia Coppola• Sceneggiatura Sofia Coppola• Interpreti Kirsten Dunst, Jason Schwartzman, Asia Argento, Rip Torn,

Marianne Faithfull, Steve Coogan, Danny Huston, Aurore Clément• Durata 123 min.

Montaggio Sarah Flack• Musiche Jean-Philippe Rameau• Scenografia Véronique Melery• Fotografia Lance Acord• Paese, Anno Giappone, Francia, Usa 2006• Produzione Columbia Pictures / American Zoetrope• Distribuzione Sony

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• Vicenda intima di una adolescente abbandonata e impeccabilmente abbigliata, costantemente soggetta a convenzioni, che trovala sua libertà (o la sua prigione) nel cibo.

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IL CIBO COME NON-NUTRIMENTO

• La cena di Trimalcione: divorare cibo (e

sesso), senza alcuna vera gratificazione.

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[Lupton 1999].

• L’alimentazione fa parte delle pratiche fondamentali del sé.

• Il cibo è anche strumentale nel sottolineare le differenze, tra gruppi, culture, strati sociali, e serve a rafforzare l’identità di gruppo, a separare e distinguere il "noi" dagli "altri"

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IDENTITA’ CULTURALE

• Il cibo è anche un meccanismo rivelatore

dell’identità etnica, culturale, sociale.

• Si pensi a film come: “Qualcuno sta uccidendo i più grandi cuochi d’Europa” (1978), “Una domenica in campagna” (1995), “L’appartamento” (1960), “Tampopo” (1986), “Banchetto di nozze” (1993).

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• Si potrebbe sottolineare il legame tra cibo e identità familiare, dove c’è la famiglia “normale” con i suoi rituali allora avremo film come “Big Night” (1996), “Fanny e Alexander” (1981), “I morti” (1987), “Il gattopardo” (1963), “Avalon” (1990), “Dicembre” (1990), “A casa per le vacanze” (1995) e “anormale”, e allora avremo film come “Quei bravi ragazzi” (1990), “C’era una volta in America” (1984), e, ovviamente, i tre episodi della saga del il Padrino.

CIBO E FAMIGLIA

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LA SAGA DEL PADRINO

• In particolare in questa trilogia il cibo compare ripetutamente, a volte come “contorno” alla violenza dei mafiosi (“Lascia la pistola e prendi i cannoli” ordina al giovane “picciotto” il grasso Clemenza, vecchio amico di Don Vito, dopo che ha ucciso il traditore Paulie), come strumento diretto di morte (sempre i cannoli, questa volta avvelenati nel terzo episodio), infine come veicolo della memoria di un’età dell’innocenza (nel finale del secondo episodio, quando Michael, nuovo padrino ricorda l’arrivo a casa del padre festeggiato da una grande cassata).

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CIBO E POTERE

• Si può associare il cibo al potere, per cui avremmo per esempio film come “A cena con il diavolo” (1992) tutto concentrato sulla cena del 6 luglio 1815 tra Fouchè e Talleyrand, cena raffinatissima (sia dal punto di vista gastronomico che da quello politico) che termina con la battuta di Talleyrand sul fatto che in Francia i regimi passano, la cucina resta;

• Oppure film come “Il Dottor Zivago” (1966) di David Lean in cui viene rimarcata di continuo la distanza tra gli abbondanti cibi (francesi) dei ricchi e la miseria dei poveri.

• O “Lunga vita alla signora” (1987) di Ermanno Olmi dove, al contrario, il potere della misteriosa “Signora” consiste nel far mangiare gli invitati e nell’osservarli senza toccare cibo.

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ALTRO ANCORA…

• E le associazioni potrebbero continuare, parlando per

esempio di cibo e povertà, cibo e fame, cibo e nevrosi,

cibo e “dietologia” (si pensi a “Sette chili in sette giorni”

di Verdone e alla commedia “dietetica” “Che fame!”),

cibo, malattia e psicopatologia (pensiamo ai film sul

cannibalismo, ultimamente più numerosi – basti pensare

alla serie ispirati ai romanzi di Thomas Harris sul terribile

personaggio dell’analista pazzo Hannibal Lecter).

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ALTRI MOTIVI DI RIFLESSIONE

• "Chocolat" (cibo come espressione dei sentimenti);

• "Ricette d'amore" (cibo e rapporti familiari);

• "Pomodori verdi fritti alla fermata del treno" (Cibo e cambiamento);

• "Le fate ignoranti" (Cibo e sentimenti)

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LA FAME DI TOTO’

• Parlare di Totò e del suo rapporto col cibo vuol dire abbracciare quasi tutta la sua produzione: dico produzione perchè la recitazione di Totò è una continua creazione, anche quando avrebbe dovuto seguire sceneggiature, testi e copioni scritti da altri.

• Troppo facile ricordare solo l'avidità, la fame atavica (che a Napoli definiamo "arretrata"), endemica e perenne, di chi è capace di digerire anche le corde del contrabbasso...

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I film più significativi

• La fame è la protagonista di uno dei suoi film più belli, Miseria e nobiltà, ma ci sono anche altri passaggi esilaranti, come quello di Fifa e arena, in cui il commesso di farmacia Nicolino Capece improvvisa un sandwich tagliando a metà una spugna come se finisse pane, spalmandoci su del dentifricio e del sapone da barba ed infine cospargendolo di talco come se fosse sale o pepe.

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Fame di cibo e di sesso

• Si potrebbe ricordare che il rapporto che Totò nei suoi film ha - o meglio, vorrebbe avere col cibo è assai simile a quello che ha o verrebbe avere con l'altro sesso.

• È fame, infatti, anche quella che, di fronte alla donna che, come si sa, è mobile, lo fa sentire un mobiliere o che gli fa proporre ad Isa Barzizza ne Le sei mogli di Barbablù di partire per un viaggio di nozze al Polo Nord ... perché lì la notte dura sei mesi.

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Fame insoddisfatta

• Ma la sua ingordigia è destinata a non essere soddisfatta, nell'uno e nell'altro caso, perché, non appena Totò si approssima alla preda e sta per farla sua, accade qualcosa o arriva qualcuno ad interromperlo.

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CURIOSITA’• Può sembrare strano ma di tanti film

girati (97) nell'arco di un trentennio, nessuno contiene nel titolo un riferimento alla fame o al cibo.

• Infatti anche Sua eccellenza si fermò a mangiare, si intitolava in effetti Il dott. Tanzarella, medico personale del fondatore dell’impero.

• Vale la pena notare che, anche se gran parte del film ruota attorno ad un pranzo e ad un servizio di posate d'oro che Totò cerca di rubare, riuscendoci alla fine in modo rocambolesco, esso non offre spunti di particolare rilievo a proposito del rapporto fra Totò e il cibo.

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TOTO’ E ALTRI

• In uno dei suo primi film, Due cuori fra le belve, del 1943, sembra quasi di

vedere Chaplin nel Totò, passeggero clandestino su una nave diretta in

Africa, che si traveste da cuoco e suona una sinfonia tra i fornelli usando

come strumenti mestoli, pentole e stoviglie.

• In Totò e Marcellino prova ad improvvisare una cena a partire da quattro

vasetti di mostarda appena rubati, riuscendo alla fine a sottrarre al nipotino

alcune patate che questi stava utilizzando per risolvere uno dei tipici

problemi di matematica che danno alle elementari a proposito di ortolani e

mamme che vanno a fare la spesa.

• In Totò e Peppino divisi a Berlino lo vediamo alle prese con un pranzo

sintetico al quale dice però di preferire uno sfilatino con salame e

formaggio.

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Uccellacci e uccellini (1965)

• Totò e Ninetto rappresentano gli italiani innocenti che sono intorno a noi, che non sono coinvolti nella storia, che stanno acquisendo il primo jota di coscienza.

• Essi prima ascoltano e poi divorano il corso, metafora del marxismo, della conoscenza che si fa coscienza.

• La melanconia dell’autore (cibo intelletuale da divorare come estrema risorsa) si esprime nella frase “Io non piango sulla fine delle mie idee, perché verrà di sicuro qualcun altro a prendere in mano la mia bandiera e portarla avanti! È su me stesso che piango...". 

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La terra vista dalla luna (1966)

• Nell'ottobre 1966 Dino De Laurentis propone a Pasolini di

partecipare con un episodio a un film che sta producendo, Le

streghe: gli altri episodi sono affidati ai registi Luchino Visconti,

Francesco Rosi, Vittorio De Sica e Mauro Bolognini. 

• Pasolini, per questa occasione, riprende una storia già scritta e

non ancora realizzata, Il buro e la bura.

• Nel film sono narrate le avventure donchisciottesche di un padre

e un figlio che, dopo aver pianto la morte della moglie-madre

Crisantema, deceduta per avere ingerito funghi avvelenati,

partono alla ricerca di una Donna ideale, che possa diventare

l'anima femminile della loro baracca, sperduta in una radura

piena di altre catapecchie. 

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Le virtù Femminili

• I due incontrano dapprima una vedova isterica che li

prende a ombrellate, poi una prostituta; a un certo punto

pare che, infine, dopo tanto girovagare, abbiano trovato

la donna perfetta, ma si accorgono che si tratta solo di

un manichino.

• Disperati, padre e figlio continuano un viaggio senza più

alcun senso, finché incontrano una donna bellissima

(Silvana Mangano) che non risponde ad alcuna

domanda, quasi fosse sordomuta.

• Alla fine, Totò le rivolge una richiesta di matrimonio alla

quale Assuntina acconsente.

Tornati tutti nella baracca, in breve, grazie alle "virtù

femminili" (erotiche e culinarie) della donna, tutto si

trasforma e in breve la baracca appare come una

ordinata e graziosa casetta.

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MANGIARE-UCCIDERECibo e Omicidio: digressione su A. HitchchokCibo e Omicidio: digressione su A. Hitchchok

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Andrea Monda: Cibo, cinema e omicidio, Ed. Rai, Roma, 2005

• Tutti hanno ancora in mente l’inconfondibile sagoma di Alfred Hitchcock, accompagnata dall’immancabile motivetto, magari di profilo, a sottolinearne le rotondità del volto e del corpo.

• Non dava l’idea di essere un regista, semmai un cuoco, un grande chef. Ma c’è molta differenza?

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• Il cinema è un fetta di torta, non una fetta di vita

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Truffaut F.: Il Cinema secondo Hitchcock

• Il regista come lo chef, sta in un mondo a parte, essi vivono e lavorano distanti dal resto degli uomini per offrire loro qualcosa che divertirà, allieterà, proprio quegli uomini che conducono la propria vita non sapendo (ma sperando) che ci sia qualcuno che gli sta preparando un “giocattolo”, qualcosa “da gustare”, con gli occhi o con le papille gustative.

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Morandini M.: Storia Universale del Cinema

• Il cibo è, inoltre, prima ancora di essere mangiato, uno spettacolo per gli occhi: alcuni studi hanno rilevato che la vista incida sul gusto per più del 50%.

• Viceversa il cinema può diventare per chi lo fa, come per chi lo vede, una passione sfrenata, divoratrice come nel caso del regista tedesco Werner Herzog che arrivò ad affermare di amare tanto il cinema da leccare la celluloide, da voler mangiare la pellicola.

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“ il cinema è la vita senza le parti noiose”.

• Nel cinema ci sono soltanto due tipi di cibi: i dolci e gli altri alimenti.

• La distinzione non deve essere presa alla lettera; ci possono essere cambi di campo, fluttuazioni tra i dolci e il resto della gastronomia.

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• Entrambi i tipi di cibo, quello dolce, cioè quello della fantasia, e quello di prosaico della realtà entrano nel gioco cinematografico ma con diverse motivazioni, diverse “angolazioni” e diversi esiti narrativi.

• Nel primo caso, quello dei “dolci”, abbiamo una visione del cinema che “tradisce” la vita, il cinema che si rivela una “fetta di torta” .

• Nel secondo avremo il cinema che vuole rimanere fedele alla vita ed allora il cibo diventa il dato forse più aderente alla “cruda” realtà quotidiana dell’esistenza umana.

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• E’ chiaro che Hitchcock, con quelle premesse

teoriche, non poteva non prediligere che i dolci e le

torte (senza peraltro tirarle in faccia a nessuno).

• Nel sadico gioco che egli conduce con lo sventurato

spettatore il cibo è associato con il grande tema che

domina in tutti i suoi film: l’omicidio.

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ALCUNI ESEMPI

• In “Nodo alla gola” (1948) si pranza sul baule dentro cui è

nascosto la vittima dell’omicidio.

• In “Il sospetto” (1941) una scrittrice inglese di gialli e il medico del

villaggio, a tavola, parlano dei diversi modi di uccidere una

persona mentre Cary Grant sta tagliando un pollo.

• Hitchcock alterna sapientemente le inquadrature, alimentando il

sospetto che Grant stia meditando di uccidere la moglie.

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IL COLTELLO

• Il coltello fa la parte del leone anche in almeno altre tre

sequenze tratte da “Blackmail”, “Sabotaggio” e “Il sipario

strappato”.

• Nella prima svolge una funzione di “memoria”

dell’omicidio che si è già realizzato, mentre nella

seconda e nella terza lo vediamo “in azione” (e nella

terza sarà accompagnato da quasi tutti gli utensili di

cucina, compreso lo sportello di un forno).

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Rondolino G.: Storia del Cinema

• Il film hitchcockiano più ricco di metafore culinarie è il

penultimo del grande regista: “Frenzy” (1972).

• Una premessa è obbligatoria: il regista amava mangiare

e si reputava un gastronomo competente; nelle interviste

dichiarava di avere molte riserve sui giudizi formulati

dalla celebre Guida Michelin e in “Frenzy” si diverte a

scherzare sulla cucina inglese e su quella francese.

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Truffaut Francois, Il cinema secondo Hitchcock ( Nuova Pratiche Editrice, 1997)

• La moglie di Oxford, il poliziotto inglese protagonista del film, frequenta i corsi della Scuola francese dì alta gastronomia e passa il suo tempo a sperimentare ricette francesi, per poi propinarle al marito, il quale vorrebbe solo cibi tipicamente inglesi.

• I dialoghi mettono alla berlina il conservatorismo gastronomico degli inglesi, che solo alla fine degli anni sessanta si aprono alle cucine straniere, soprattutto grazie ai ristoranti italiani e orientali che si diffondono a Londra e nelle altre città britanniche.

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• Il regista si prende gioco della cucina francese, delle sue porzioni minime e dell’abitudine ad attribuire pompose denominazioni a piatti preparati con ingredienti poveri.

Belye Claude, Alfred Hitchcock et la tradition grasse (in “Vertigo” n.5, 1990)

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Bragaglia C.: Sequenze di gola. Cinema e cibo, 2001

• Esiste un interazione diretta tra l’atto di mangiare e quello di uccidere.

• Tutte le immagini relative ai pasti sono intercalate da dialoghi o inquadrature dei delitti commessi dal serial killer, il quale alla fine sarà incastrato proprio dalla polvere di patate che ha imbrattato i suoi abiti.

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CIBO E SESSO

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Monda A.: Cibo, cinema, sesso e..., Rai Libri, Roma, 2000

• In due film Hitchcock allude al pasto in campagna, al pic-

nic (e al binomio cibo-sesso).

• Si tratta di “Rebecca” (1940) e “Caccia al ladro” (1955).

• In quello stesso anno il regista Joshua Logan realizza il

suo più famoso film, “Picnic”, con William Holden e Kim

Novak: il cibo viene associato, direttamente e

inequivocabilmente, al sesso.

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UN PO’ DI STORIA

• Non è certo la prima volta, basti pensare ad un regista come Lubitsch e ad un film come Angelo (1937) dove il mangiare ed il parlare sul cibo sono simboli, evidenti allusioni sessuali.

• La combine cibo-sesso è un binomio quasi inossidabile e lo ritroviamo in molte pellicole, specialmente negli ultimi decenni quando cioè il cinema diventa sempre più esplicito nel raccontare vicende imperniate sulla sessualità umana.

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• Tre film in questo senso sono forse più eloquenti degli altri (ed eloquentemente rivelano di muoversi sul versante del cinema come “fetta di torta”): “La grande abbuffata” (1973), “Come l’acqua per il cioccolato” (1992), “Chocolat” (2000).

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FERRERI-BUNUEL• Se i protagonisti del film di Ferreri non fanno altro che

mangiare, dando sfogo ai loro appetiti primordiali, al

contrario avviene per i personaggi de “Il fascino discreto

della borghesia” girato da Luis Bunuel solo l’anno prima,

del 1972 e ribattezzato dalla critica Rebecca Pauly “sei

personaggi in cerca di cibo”.

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Cristina Bragaglia, Sequenze di gola. Cinema e cibo (Cadmo, 2002)

• Gli altri due film (Chocolat, Come l’Acqua per il cioccolato) sull’accoppiata cibo e sesso sono anch’essi due commedie, dal tono fiabesco, magico e, almeno nel primo caso, a lieto fine assicurato.

• Tutti e due hanno anche in comune il fatto di celebrare la potenza del cioccolato, la sua energia vitale, sensuale.

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Giorgioni Livio, Pontiggia Federico, Ronconi Marco, La grande abbuffata. Percorsi cinematografici fra trame e

ricette (Effatà editrice, 2002)

• Un caso a parte è quello rappresentato dal film di Ang Lee

“Mangiare, bere, uomo, donna” (1994).

• Qui ci muoviamo all’interno del cinema fedele alla realtà, in cui alle

dinamiche familiari che sono al centro della storia raccontata dal

regista taiwanese, è associato il ritratto di una società ricca in preda

ad una evoluzione sconvolgente tra americanizzazione violenta e

conservazione della “cinesità”.

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• Il cibo è solo apparentemente associato al sesso per diventare invece metafora esistenziale.

• Il titolo del film è allora spiegato dal protagonista, il vecchio capofamiglia e grande cuoco Chu con questa battuta: “Mangiare, bere, uomo, donna. Cibo e sesso, caro mio! Desideri fondamentali dell’uomo. Non se ne può fare a meno. Ma è tutto qui? Questa me la chiami vita?”.

• L’interrogativo di Chu apre lo sguardo sull’ultimo tema quello del rapporto tra cibo e religione nel cinema, forse il tema più ricco e complesso.

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• La scelta di film collegati al cibo in cui una connatazione “ cristiana” sia fortemente presente è quanto mai ardua.

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• Per motivi di brevità ne segnaliamo soltanto due: “La ricotta” (1963) di Pier Paolo Pasolini e “Il pranzo di Babette” (1987) di Gabriel Axel.

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LA RICOTTA (1963)

• Nel film viene raccontata l’ultimo pasto di un sottoproletario, Stracci, pasto a base di ricotta e continuamente rinviato fino alla convulsa consumazione finale che porterà poi alla morte, in croce, di Stracci.

• Questo breve e intenso racconto (“La ricotta” fa parte del film a episodi RoGoPaG) rappresenta una delle vette del percorso cinematografico di Pasolini e suona un po’ come “antipasto” del capolavoro che il regista friulano girerà l’anno successivo: “Il Vangelo secondo Matteo”.

Page 53: CINEMA E CIBO. CIBO AGLI ALBORI DEL CINEMA Il 28 dicembre 1895, nella prima proiezione pubblica della storia, i fratelli Lumière inserirono anche il rullo.

Il Pranzo di Babette (1987)

• Un altro “vangelo” è quello realizzato da Gabriel Axel con il suo “Il pranzo di Babette”, premiato con l’Oscar come miglior film straniero nel 1987.

• Tratto dal racconto omonimo di Karen Blixen, il film è concentrato, per quasi tutta la sua durata, sul pranzo luculliano che Babette, domestica delle due sorelle Filippa e Martina, intende preparare per ricordare la morte del padre delle sue padrone, anziano decano e fondatore della comunità luterana di uno sperduto paese dello Jutland che fa da scenario all’intera vicenda.

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Livio Giorgini: La simbologia religiosa del cibo nel

cinema d’autore, Cadmo, Roma, 2001.

• Babette è perfetta figura di Cristo: il suo servizio, gratuito, nascosto, silenzioso e umile la rendono una delle immagini cristologiche più efficaci della cinematografia degli ultimi anni.

• Come Maria, anche Babette può esclamare il suo Magnificat: “Ha innalzato gli umili, ha ricolmato di delizie gli affamati”.

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“Nel regno di Dio la presenza del massimo non schiaccia il minuscolo”

J.R.R.TolkienJ.R.R.Tolkien • Al tempo stesso quel pranzo, così succulento, raffinato

quanto concreto, percepibile anche dallo spettatore

attraverso tutti i cinque sensi, è anche allusione, rinvio

ad una realtà “altra”, ad un mistero più grande che, però

non annulla la realtà più piccola.

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CONCLUSIONI (CIRCOLARI)

• Anche cibo è specchio della realtà quotidiana come per i fratelli Lumiere ed anche occasione di spettacolo come per Melies.

• Forse proprio questo film assottiglia il confine tra le due dimensioni.

• Da un certo punto di vista la storia di Babette è quanto di più realistico, quasi prosaico, possa esistere: nessun “effetto speciale”, nessun volo pindarico della fantasia “fa capolino” durante lo svolgersi della trama.

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COMCLUSIONI

• Serve il coraggio di andare oltre l'ovvio,

il convenzionale, oltre l'apparente

logicità dei percorsi razionali e

accettare di immergersi nell'oceano

delle proprie emozioni profonde e

autentiche.

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“Tutta nel cinema ho rinchiuso la vita e tutte le metafore le ho scovate nei film”

Nuovo Cinema Paradiso