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D on Lorenzo Milani alla doman- da: “che cosa è la politica?” ri- spose: “uscire insieme dai pro- blemi”. Ed è proprio questo tipo di po- litica che costruisce la democrazia. In- fatti, se viene meno ogni spirito di au- tentica partecipazione nella ricerca del bene comune, ogni idealità soccombe e solo l’egoismo e la corruzione pos- sono trionfare. Non vogliamo addentrarci nel discorso propriamente politico, anche se ci tro- viamo in un momento in cui appare quanto mai urgente il rispetto della le- galità. Ma pensiamo piuttosto quali possibilità, quali percorsi sia possibile individuare per costruire una diversa convivenza civile, diversa da quella di oggi dove domina solo la ricerca della felicità, del benessere e dei privilegi per- sonali, anche a costo dell’alto prezzo che altri sono costretti a pagare. Tali scelte egoistiche determinano un im- pressionante aggravamento delle si- tuazioni di esclusione, solitudine e po- vertà estreme: l’altro sembra un valo- re di cui si è totalmente perso il fon- damento, il richiamo universale che il suo esistere esprime. Ma come è possibile far rivivere qual- che idealità? È certamente un passo imprescindibi- le ritrovare il valore del confronto e del dialogo, un confronto capace di far dia- logare le differenti idealità all’interno dello stesso agire sociale. La democrazia non ammette una vo- lontà imposta dall’alto, da qualsiasi au- torità provenga. La sola volontà vin- colante è quella costruita insieme nel confronto, nella ricerca di convinzioni e di norme decise dalla maggioranza e rispettose delle minoranze. La democrazia è dibattito perché nel confronto e nello scambio di idee c’è crescita, c’è acquisizione di senso, men- tre la rende vana ogni processo che vo- glia risolvere la contraddizione assimi- lando l’altro. Solo creando nel nostro quotidiano u- na cultura della moralità, possiamo pensare di arrivare a sintesi sempre più avanzate e coraggiose per promuove- re quella vita “relativamente” buona che è nelle umane possibilità. Con la par- tecipazione personale e un impegno co- stante e paziente possiamo porre in es- sere azioni di contrasto al dilagante in- teresse individuale che si traduce trop- po spesso anche in manifestazioni di pesante corruzione. La sfida consiste proprio nel rendere que- sto nostro vivere sociale una democra- zia sostanziale, concretizzando con con- sapevolezza e competenza i valori di ba- se di cui una società sana è portatrice e accettando i lunghi tempi che questa scelta inevitabilmente richiede. È su questi valori, e sulla mancanza de- gli stessi, che riflettiamo in questo nu- mero. la redazione C C i i e e l l o o T T e e r r r r e e e e ESPORTARE LA DEMOCRAZIA Nell’ingenua convinzio- ne che esportare la de- mocrazia sia possibi- le, si sono fatte delle guerre, che in realtà ave- vano altri scopi meno i- dealistici. I fallimenti a cui si è andati incontro hanno suscitato un sen- so di sfiducia. No, la democrazia non è un bene universale. È un prodotto del- l’Occidente. Lasciamo che le altre nazioni trovino il sistema che va bene per loro. Ma qual è l’alternativa? Dove manca la democrazia non può esserci altro che un sistema autoritario, comunque sia strut- turato. E gli effetti di tale sistema oggi so- no visibili a tutti. Quindi la democrazia non ha alternative, nonostante i rischi che comporta, primo fra tutti quello che, proprio servendosi di essa, formazioni integraliste giungano al potere e la sop- primano. Che pensare allora? Certo, la democrazia è indispensabile per la cre- scita integrale di un popolo, ma essa non può essere imposta, deve essere conqui- stata e difesa da tutti, in un contesto di scambi internazionali. Ma come? L’unico strumento è la for- mazione della persona. Non solo scon- figgere la piaga dell’analfabetismo, ma educare al rispetto della persona altrui e alla ricerca del bene comune, prima e magari a scapito del proprio interesse personale. A questo dovrebbe puntare lo stato, investendo risorse nella scuola e in tutte le iniziative di carattere educativo. Ma non bisogna dimenticare che la for- mazione della persona è un compito ti- picamente «religioso», che si assolve so- lo coniugando il rispetto verso l’Assolu- to con quello verso l’altro, visto anch’e- gli come un assoluto nei confronti del quale non si può prevaricare. In questo senso la religione cristiana è uno stru- mento di grande valore. Come mai tan- te volte non è riuscita a cambiare la men- talità dei suoi adepti? padre Sandro Notiziario dell’Associazione Pubblicazione quadrimestrale - Giugno 2010 - Anno IX - n. 2 Editoriale Poste Italiane S.p.A. - sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1 comma 2 - DCB Milano L A DEMOCRAZIA NON È MAI UN REGALO...

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D on Lorenzo Milani alla doman-da: “che cosa è la politica?” ri-spose: “uscire insieme dai pro-

blemi”. Ed è proprio questo tipo di po-litica che costruisce la democrazia. In-fatti, se viene meno ogni spirito di au-tentica partecipazione nella ricerca delbene comune, ogni idealità soccombee solo l’egoismo e la corruzione pos-sono trionfare.Non vogliamo addentrarci nel discorsopropriamente politico, anche se ci tro-viamo in un momento in cui apparequanto mai urgente il rispetto della le-galità. Ma pensiamo piuttosto qualipossibilità, quali percorsi sia possibileindividuare per costruire una diversaconvivenza civile, diversa da quella dioggi dove domina solo la ricerca dellafelicità, del benessere e dei privilegi per-sonali, anche a costo dell’alto prezzoche altri sono costretti a pagare. Taliscelte egoistiche determinano un im-pressionante aggravamento delle si-tuazioni di esclusione, solitudine e po-vertà estreme: l’altro sembra un valo-re di cui si è totalmente perso il fon-damento, il richiamo universale che ilsuo esistere esprime.Ma come è possibile far rivivere qual-che idealità?È certamente un passo imprescindibi-le ritrovare il valore del confronto e deldialogo, un confronto capace di far dia-logare le differenti idealità all’internodello stesso agire sociale.

La democrazia non ammette una vo-lontà imposta dall’alto, da qualsiasi au-torità provenga. La sola volontà vin-colante è quella costruita insieme nelconfronto, nella ricerca di convinzionie di norme decise dalla maggioranzae rispettose delle minoranze.La democrazia è dibattito perché nelconfronto e nello scambio di idee c’ècrescita, c’è acquisizione di senso, men-tre la rende vana ogni processo che vo-glia risolvere la contraddizione assimi-lando l’altro.Solo creando nel nostro quotidiano u-na cultura della moralità, possiamopensare di arrivare a sintesi sempre piùavanzate e coraggiose per promuove-re quella vita “relativamente” buona cheè nelle umane possibilità. Con la par-tecipazione personale e un impegno co-stante e paziente possiamo porre in es-sere azioni di contrasto al dilagante in-teresse individuale che si traduce trop-po spesso anche in manifestazioni dipesante corruzione.La sfida consiste proprio nel rendere que-sto nostro vivere sociale una democra-zia sostanziale, concretizzando con con-sapevolezza e competenza i valori di ba-se di cui una società sana è portatrice eaccettando i lunghi tempi che questascelta inevitabilmente richiede.È su questi valori, e sulla mancanza de-gli stessi, che riflettiamo in questo nu-mero.

la redazione

CCCCiiiieeeelllloooo TTTTeeeerrrrrrrreeeeeeEESSPPOORRTTAARREE LLAA DDEEMMOOCCRRAAZZIIAA

Nell’ingenua convinzio-ne che esportare la de-mocrazia sia possibi-

le, si sono fatte delleguerre, che in realtà ave-

vano altri scopi meno i-dealistici. I fallimenti a cui

si è andati incontro hanno suscitato un sen-so di sfiducia. No, la democrazia non èun bene universale. È un prodotto del-l’Occidente. Lasciamo che le altre nazionitrovino il sistema che va bene per loro.

Ma qual è l’alternativa? Dove manca lademocrazia non può esserci altro che unsistema autoritario, comunque sia strut-turato. E gli effetti di tale sistema oggi so-no visibili a tutti. Quindi la democrazianon ha alternative, nonostante i rischiche comporta, primo fra tutti quello che,proprio servendosi di essa, formazioniintegraliste giungano al potere e la sop-primano. Che pensare allora? Certo, lademocrazia è indispensabile per la cre-scita integrale di un popolo, ma essa nonpuò essere imposta, deve essere conqui-stata e difesa da tutti, in un contesto discambi internazionali.

Ma come? L’unico strumento è la for-mazione della persona. Non solo scon-figgere la piaga dell’analfabetismo, maeducare al rispetto della persona altruie alla ricerca del bene comune, prima emagari a scapito del proprio interessepersonale. A questo dovrebbe puntare lostato, investendo risorse nella scuola e intutte le iniziative di carattere educativo.Ma non bisogna dimenticare che la for-mazione della persona è un compito ti-picamente «religioso», che si assolve so-lo coniugando il rispetto verso l’Assolu-to con quello verso l’altro, visto anch’e-gli come un assoluto nei confronti delquale non si può prevaricare. In questosenso la religione cristiana è uno stru-mento di grande valore. Come mai tan-te volte non è riuscita a cambiare la men-talità dei suoi adepti?

padre Sandro

Notiziario dell’AssociazionePubblicazione quadrimestrale - Giugno 2010 - Anno IX - n. 2

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Anche quest’anno il no-stro gruppo “Cielo e Ter-re” si è ritrovato men-

silmente il sabato pomeriggioper proseguire la ricerca sul no-stro essere cristiani oggi. At-traverso la lettura degli Atti de-gli Apostoli abbiamo cercato dicapire come ha avuto originee si è sviluppato il movimentocristiano nato da Gesù e qualierano le caratteristiche della co-munità dei primi discepoli. Attraverso la lettura critica e at-tenta del testo, ci siamo resiconto che la comunità dei pri-mi credenti non solo ha dovu-to affrontare tensioni e contra-sti con il potere politico, reli-gioso ed economico, ma ha vis-suto anche lacerazioni e divi-sioni al suo interno. L’incontrocon la cultura ellenistica deltempo ha portato i primi cri-

stiani, pur fedeli alle proprie ra-dici giudaiche, a rivedere alcu-ne norme e pratiche prima ri-tenute essenziali per la salvez-za (ad es. la circoncisione) e acogliere il nucleo essenziale delmessaggio cristiano.Questo percorso faticoso e sof-ferto ha permesso alla comu-nità dei credenti di rileggere lastoria della salvezza alla luce ditale messaggio essenziale e acomprendere a livello perso-nale e comunitario il fonda-mento della propria identità: lafede in Gesù morto e risorto.Tale consapevolezza dovevaquindi esprimersi in uno stile divita di discepoli che li rendevatestimoni del Regno nel quoti-diano e capaci di “contagiare”la società circostante, di cam-biare i rapporti tra le personee le logiche che governavano il

mondo. L’autore degli Atti hadelineato un modello ideale dicomunità che è diventato cosìil punto di riferimento dei primicristiani ed è valido per le co-munità di tutti i tempi.Alla luce di tale “studio” ci sia-mo quindi domandati se e co-me è possibile vivere e rendereconcreto il messaggio cristianonella realtà del nostro tempo,nella Chiesa di oggi, nelle no-stre comunità. Estremamente efficace è statoil metodo della lettura critica deltesto biblico, utilizzato nei no-stri incontri, per andare al di làdel racconto degli Atti e libera-re il messaggio da errori inter-pretativi che ne offuscano l’es-senza e assolutizzano elemen-ti storici contingenti, creandodistanze e divisioni e impe-dendo un dialogo costruttivo tra

le persone. Questa modalità diaccostamento critico al testo ciha veramente appassionato, avolte anche disorientato, ma hasuscitato in noi il desiderio, l’ur-genza di approfondire la nostraconoscenza della Scrittura.I vivaci e stimolanti dibattiti tranoi, il confronto con altri pun-ti di vista e il riferimento co-stante alla situazione storicaattuale, oltre a farci sentire piùvicini e uniti fra noi, ha susci-tato l’esigenza di approfondi-re il nostro studio sulla comu-nità cristiana, di individuare unpercorso che permetta di vi-vere il nostro “essere insieme”come un “laboratorio” di ri-cerca, di trovare uno spazio dicomunicazione, di confronto edi condivisione, in cui le per-sone interagiscono e si fecon-dano a vicenda.

S embra proprio aver preso il via il Cineforum di Cielo e Terre, una nuo-va “finestra” aperta sul mondo, una simpatica occasione per incontrarcied arricchirci. Ci siamo muniti di un’attrezzatura pratica e leggera

che permette di effettuare ottime proiezioni sulla parete bian-ca della sala. E dopo il film con rapidi movimenti ci mettia-mo in cerchio e prende avvio il dibattito sempre molto inte-ressante.Già nel corso degli ultimi anni, a completamento delle tema-tiche affrontate nei “sabati culturali”, avevamo visto e dibat-tuto insieme alcuni film. Questi momenti di partecipazione cisono sembrati molto importanti e coinvolgenti ed abbiamo co-sì pensato di organizzare un “cineforum” con scadenza men-sile per poter dibattere insieme problematiche attuali signifi-cative, con particolare attenzione alle realtà dell’integrazio-ne, del confronto tra culture diverse, dell’emarginazione.Il linguaggio del cinema è davvero capace di presentare unmondo di situazioni e di sentimenti che solo l’immagine riescea comunicare con tanta efficacia.Siamo agli inizi di questa attività che va sicuramente migliorata e poten-ziata; attendiamo quindi proposte e collaborazioni. Abbiamo pensato di met-tere a disposizione di chi lo desidera i DVD visti insieme, con le relative sche-de esplicative, ed anche altri film interessanti segnalati o prestati dalle per-sone. A breve vi informeremo circa l’avvio di tale “videoteca”.Sicuramente uno degli aspetti positivi di questi incontri è il clima di sponta-neità, di scambio semplice tra le persone, di comunicazione e ascolto di e-

sperienze e riflessioni. Oltre ai filmgià indicati nei precedenti nume-ri del Notiziario, abbiamo visto ul-timamente “Gran Torino” del re-gista-attore Clint Eastwood e “MarNero” del regista Federico Bondiche presentano entrambi la te-matica dell’integrazione tra per-sone di culture diverse.Ultimi film in programma: “Il se-greto di Esma” e “Il nastro bianco”.

IILL SSEEGGRREETTOO DDII EESSMMAAOpera prima della regista bosniaca J. Zbanic, ilfilm, ambientato a Sarajevo, racconta la straor-

dinaria storia di E-sma e della figliaSara, nata da unostupro etnico. Dopo11 anni dalla finedella terribile guer-ra sono ancora vivii segni delle deva-stazioni subite. Saràil rapporto sofferto evero tra madre e fi-glia ad aprire uncammino di guari-gione e di speranza

e a rendere possibile la costruzione di una nuo-va pagina di storia.

IILL NNAASSTTRROO BBIIAANNCCOOIl film del regista austriaco M. Haneke è ambien-tato in un villaggio rurale protestante della Ger-mania alla vigilia della prima guerra mondiale. L’or-mai anziano maestro racconta una serie di strani“incidenti”, avvenuti sotto lo sguardo attento deibambini costretti a seguire regole di comportamentoassurde e a subire un’educazione repressiva. Il “na-stro bianco”, che il pastore lega al braccio dei suoifigli più grandi, è il simbolo di una “purezza” im-posta che si trasformerà inevitabilmente in odio.Attraverso l’analisi acuta delle relazioni e delle di-namiche perverse tra le persone, il regista ci pre-senta “un microcosmo che assurge a laboratoriodel futuro della Germania nazista”.

pagina a cura dell’Associazione

Gli incontri del sabato

Leggere il mondo attraverso gli occhi del cinema

Per contenere i costi di produzione cistiamo orientando verso un invio delnostro Notiziario per posta elettroni-ca. Chi è interessato a riceverlo è pre-gato di inviare il suo indirizzo e-maila aassaacccchhii@@nniiccooddeemmoo..nneett

Notiziario on-line?

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IIll pprrooggeettttoo iinn GGuuiinneeaa BBiissssaauu 3

Il primo aprile un ennesimo golpe chenon stupisce in questo paese marto-riato perché spesso condizionato o ad-

dirittura governato da persone senzascrupoli e profondamente egoiste. Sonostati catturati il primo ministro e il capodi stato maggiore; il primo ministro ora èa casa sua “libero”, vigilato dall’eserci-to, ma non si sa dove sia il capo di sta-to maggiore. Sono in corso trattative framilitari, presidente e primo ministro perristabilire l’ordine.C’è ancora molta tensione, non si sa sedovuta alla difficoltà di dividersi la “tor-ta della droga” oppure allo scontro tra chivuole la droga e chi vi si oppone. (n.r. LaGuinea Bissau è divenuta snodo fonda-mentale nel traffico della droga dal Sud A-merica all’Europa). Certamente dietroquesta situazione c’è la questione droga;infatti il responsabile del colpo di statoè un generale, scappato da Bissau perchéindiziato per droga; è ritornato dopo duemesi, ha dichiarato la sua innocenza e ri-chiesto il giudizio in tribunale. Poi, te-mendo per la sua incolumità, ha chiestoasilo all’ONU e dopo 45 gior-ni ha fatto il colpo di stato. Quali le prospettive? Sempremolto incerte. Un paese, do-ve la maggior parte dellagente è buona, semplice ebella, si trasforma all’im-provviso in un paese senzacontrollo e violento, a cau-sa di poche persone prepo-tenti e brutali, mentre tutti glialtri non hanno strumenti edenergie per contrastarne l’e-goismo, il cinismo e la cat-tiveria.Un ulteriore golpe che appe-santisce la situazione già pre-caria; l’economia ferma, 4 o 5personalità politiche e milita-ri in contrasto tra loro, i car-telli della droga che soffiano sul fuoco percreare confusione e agire così indisturbatinei loro lucrosi traffici. Tanti amici e conoscenti si chiedono co-me mai succede questo e quanto tale si-tuazione influisce anche sul nostro la-voro in clinica. Molti e vari sono i motivi per cui alcunipaesi sono e restano poveri. Non possoe non riesco ad essere esaustivo. Ne ac-cenno solo alcuni e alla radice. Anche inGuinea potremmo dire che le principalicause di povertà sono molteplici e di di-verso genere: 1. problema demografico e di risorse:

troppe persone con poche risorse sulterritorio a volte limitato o impervio;

2. elementi ancestrali e aspetti cultura-li: usi e costumi che possono esserescelti o subiti non permettono il sor-gere di altri elementi sociali e culturalipiù positivi di quelli presenti; questi puravendo nel loro contesto la loro ragiond’essere e il loro valore evidenzianoun differente modo di pensare il be-nessere e condizionano la crescita delsingolo e della società;

3. potere e sfruttamento: in diversi pae-si pochi hanno il potere e in genere ilpiù forte comanda, anche se non sem-pre a ragione veduta;

4. la carenza di gestione è un altro se-rio problema legato alla mancanza dipreparazione e di professionalità deiquadri dirigenti;

5. progetti e interventi di cooperazione,a vari livelli e in vari settori, che spes-so sfruttano le situazioni a propriovantaggio;

6. modelli politici e di gestione che nonappartengono alla cultura in cui si in-sediano e soprattutto non rispecchianoe a volte non rispettano le necessità e

il contesto. Io ritengo, ad esempio, chein paesi come la Guinea la democra-zia sia un disastro; infatti si è trasfor-mata in un terreno fertile, dove pochifurbi e preparati hanno soggiogato estrumentalizzano popolazioni intere.Sarebbe stato molto meglio un buoncapo villaggio affiancato da sani con-siglieri. Queste autorità locali, infatti,sanno suscitare nella gente rispetto efiducia e possono evitare che il più for-te domini sugli altri.

Non accenno invece alle colpe dell’Occi-dente perchè non condivido l’idea che sidebba incolpare sempre e indiscriminata-mente l’Occidente di essere la causa di tut-ti i mali di un paese in via di sviluppo o in

cerca di una propria stabilità. Sono abitua-to a vivere con africani che sanno assumersile proprie responsabilità e non parlano piùdi colonialismo. Lo ritengono ancora unapossibilità storica, ma sanno anche rico-noscere quando dietro a questa parola sinasconde, come dietro a un paravento, mol-ta ingiustizia solo locale. Preferisco quindi parlare di abuso. E’ e-vidente che chi giunge al potere, da qua-lunque parte arrivi, se invade gli spazie comanda con la violenza o senza at-tuare un’equa distribuzione dei beni co-muni, è un delinquente.Molti miei amici, ad esempio, contesta-no l’uso delle armi, ma colpevolizzanosolo ed unicamente i governanti e mili-tari che le utilizzano e non chi le ha ven-dute. Lo stesso vale per le ricchezze delpaese che vengono depredate senza scru-polo da società dei paesi sviluppati; an-che se non c’è una condizione di vero co-lonialismo, questo è possibile perchè ilpadrone di casa lo permette.Concludendo, tanti sono i sentimenti cheemergono dal considerare situazioni di in-

stabilità politica e militarecome quella che viviamo noiin Guinea. Si prova grande a-marezza e dolore nel vederequanto il male continui an-cora ad occupare il cuore dipochi che giungono addirit-tura fino ad uccidere.Tuttavia si sperimenta la spe-ranza nel constatare la dignitàe la grandezza di tante per-sone che soffrono e lottano insilenzio per un mondo mi-gliore. Ed io ringrazio il cielodi conoscerne molte, in Bis-sau e in Italia, stupende, gran-di, capaci ancora oggi di farnascere la speranza, di man-tenere il sorriso e di vivere congioia il rapporto con gli altri,

valorizzando quello che si è e non tantoquello che si ha.E’ quanto sperimentiamo anche nel no-stro lavoro, grazie a persone fantasti-che e all’umanità dei nostri pazienti. An-che nei momenti di difficoltà conti-nuiamo il nostro servizio; così è statodurante quest’ultimo colpo di stato: pursenza soldi e senza farmaci il nuovopresidente dell’Associazione il dottor A-li, il dottor Manuel e le persone che col-laborano al progetto erano in clinica, in-contrando, confortando, visitando i no-stri pazienti e cercando di trovare le so-luzioni più adatte alle urgenze e neces-sità del momento.

Oscar

La ristrutturazione della clinica procede

Le sfide della democraziaAncora un colpo di Stato in Bissau!

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4 UUnnoo ssgguuaarrddoo ssuull mmoonnddoo

S ono orgoglioso di ap-partenere ad una na-zione che garantisce e

tutela i diritti fondamentali del-la persona, quali ad esempiola libertà di esprimersi libera-mente e la possibilità di intra-prendere una qualsiasi attivitàeconomica. Sono parimentiorgoglioso che la mia nazio-ne faccia parte del cosiddettomondo occidentale dove il re-gime politico adottato è la de-mocrazia, della cui bontà sia-mo tutti convinti, tanto chemolti non si oppongono o ad-dirittura sono consenzientiquando si decide di “esportar-la” in altri paesi anche con l’u-so della forza.Il regime democratico di cui go-diamo pone limiti molto blan-di alle libertà economiche; in-fatti alcune azzardate e sofi-sticate iniziative finanziariehanno precipitato questo stes-so mondo occidentale in u-na crisi economica profonda dacui stenta a riprendersi.La mancanza di nuova produ-zione di ricchezza e la vanifi-cazione di ricchezza preesi-stente ha significato per mol-te persone l’esperienza di pre-carietà di risorse per il propriosostentamento, di incertezzasul proprio futuro, di timore diuna regressione sociale permancanza di prospettive a tro-vare altre forme di occupazio-ne. Il tutto è aggravato dall’e-rosione delle risorse disponi-bili per i governi a sostegno diqueste persone.Sentire che la Cina in questostesso periodo ha continuatoe continua a svilupparsi a tas-si di crescita per noi impensa-bili non può che suscitare am-mirazione ma anche perples-sità, perché nel nostro vissu-to la Cina è un paese grandegeograficamente e demografi-camente, una grande civiltà delpassato che ha sperimentatola via comunista per emanci-parsi da una situazione di di-pendenza e declino.E’ opportuna qualche rifles-sione per esaminare perché laCina, pur provenendo da un re-gime comunista e mantenen-do tuttora un regime a partito

unico abbia conseguito, a dif-ferenza di altri paesi comuni-sti o ex comunisti, successi inogni campo tali da aspirare asostituire gli Stati Uniti nellaleadership mondiale.Ciò che sappiamo è che il par-tito unico opera una selezio-ne severa per accedervi ed èformato ora da una nuovaclasse di tecnocrati che hacompletato gli studi adHarward e a Yale.La preferenza viene accorda-ta da questi tecnocrati alle co-siddette libertà positive delgruppo rispetto alle contrap-poste libertà negative del sin-golo. Ciò fa sì che le decisio-ni vengono poi realizzate sen-za l’interferenza di gruppi por-tatori di interessi particolari,come ad esempio sindacati ogruppi in difesa del patrimo-nio urbano o dell’ambiente.Le olimpiadi ultime di Pechi-no realizzate nel segno dellagrandiosità e dello stuporehanno dato al mondo la di-mostrazione dell’efficienza diquesto metodo. Per stare in casa nostra è ilmetodo adottato dalla Prote-zione Civile al cui responsa-bile le leggi accordano nei ca-si di emergenza e pericolo po-teri di ordinanza straordinariatti a superare le leggi poste atutela di interessi legittimi pri-vati o collettivi. L’insofferen-za a “lacci e laccioli” e l’ a-stuzia politica dei nostri go-vernanti li hanno spinti poi piùvolte a dichiarare eventistraordinari eventi del tuttonormali con l’unico obbietti-vo di aggirare i presidi di leg-ge, realizzare opere in tem-pi brevi e presentarsi al po-polo come il governo del fare.La grande intuizione di DengXiaoping nel momento dram-matico di caduta del muro diBerlino, che travolse quasi tut-ti i regimi comunisti dell’epo-ca, fu quella di concedere lelibertà economiche sintetiz-zate dallo slogan “arricchirsiè bello”. Sarebbe stata la mo-dernizzazione dell’economiae la conseguente crescita e-conomica a spegnere la setedi democrazia. La strategia

della crescita a tutti i costicombinava sfrenata libertà e-conomica e controllo politi-co del partito unico.Sinora si è rivelata una stra-tegia di successo che ha per-messo la nascita di una nuo-va élite urbana ricca e bene-stante che allo slogan inizia-le di “arricchirsi è bello” ha ag-giunto “giocare secondo le re-gole” per significare quali so-no gli argomenti che nelle di-scussioni bisogna evitare ecome aggiustare le proprie o-pinioni per adeguarle agli in-dirizzi del partito, lasciandoche esso governi la Cina conguanto di velluto e pugnod’acciaio. E’ questa stessa classe agia-ta ed istruita che a giornalisti,diplomatici e accademici stra-nieri dichiara, quasi a con-vincersi più che a convincere,che un autoritarismo morbidoè un bene per la Cina, che lemasse cinesi non sono pron-te per la democrazia, che con-cedere il diritto di voto ser-virebbe solo a creare caos.L’esperienza di noi occidentalidice che la crescita economi-ca è a fasi alterne di svilup-po e declino, che il benesse-re “matura” le persone e quin-di “seduti sulla riva del fiumeattendiamo che il cadavere cipassi davanti”. Ci chiediamocioè come reagiranno le mas-se cinesi quando verrà a man-care l’obiettivo patriottico difare della Cina un grande pae-

se, moderno e potente, col-lante che sinora ha indotto lemasse cinesi ad obbedire. Edancora ci chiediamo, con lanostra mentalità individuali-sta e competitiva, cosa po-trebbe indurre l’individuo ci-nese a desistere, a fronte diun benessere diffuso, dal chie-dere in misura sempre mag-giore di avere parte a ciò cheproduce, di essere arbitro del-la sua vita, di dire la sua suciò che lo riguarda, di sba-razzarsi con il voto libero diun governo che non lo sod-disfa più.Questi tuttavia sono interro-gativi che ignorano il sub-strato portante della culturacinese. Non considerano cioèl’anima cinese forgiata nelConfucianesimo che rifuggedai conflitti, educa ed abituaalla mediazione ed al prag-matismo. Ed allora mi viene da chiede-re se la stessa anima cineseche ispirò Deng Xiaoping, sulfinire degli anni ottanta, a tro-vare la via d’uscita per salva-re la Cina dalla crisi mondia-le del comunismo non possaoggi ispirare i moderni ed i-struiti tecnocrati a trovare viedel tutto inedite per la gestio-ne della cosa pubblica per an-dare addirittura oltre la de-mocrazia così come noi la co-nosciamo, lasciando noi oc-cidentali sempre in attesa sul-la riva del fiume.

Bruno Martina

Cina e democrazia

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Come collaborare con l’Associazione e sostenere le sue iniziative• Aderendo all’Associazione e tenendosi infor-

mati sulle iniziative promosse dalla stessa.• Segnalando le iniziative sostenute dall’Asso-

ciazione a persone e ad enti (banche, coo-perative, associazioni di volontariato, parroc-chie, istituzioni,...) per eventuali donazioni.

• Segnalando all’Associazione nominativi dipersone, enti, istituzioni eventualmente in-teressati a ricevere il Notiziario e docu-mentazione sull’attività dell’Associazione.

• Contribuendo finanziariamente alla realiz-zazione delle iniziative sostenute dall’As-sociazione.

PER L’INVIO DI OFFERTE:• Bonifico bancario a: “FONDAZIONE PIME onlus”

Via Mosè Bianchi 94 - 20149 Milano - sul con-to corrente c/o Credito Artigiano - Piazza S. Fe-dele - Milano IBAN: IT 10 N 03512 01601000000005733, indicando nella causale “Cie-lo e Terre S106”.Si prega inviare conferma del bonifico trami-te fax allo 02 4695193 o tramite e-mail al-l’indirizzo [email protected], specifican-do nome, cognome e indirizzo, per consenti-re di emettere il documento valido per la de-trazione fiscale.

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D opo il mio primo viag-gio in Africa per unservizio di pastorale,

ho sempre desiderato tornar-vi. L’occasione si è presenta-ta quando ho saputo che inCamerun, a Doubane, la scuo-la per catechisti St. Augustinaveva bisogno di formatori; hoquindi comunicato la mia di-sponibilità al vescovo e, susuo invito, mi sono recata sulposto per verificare la possi-bilità di una mia futura colla-borazione.Il centro St. Augustin, diretto daun sacerdote nominato dal ve-scovo, è un “villaggio” inseri-to in un ampio spazio agrico-lo dove si trovano diverse ca-sette in muratura: alcune diqueste vengono date ai cate-chisti che con la loro famigliavi rimangono per due anni,tempo di durata del percorsoformativo; altre sono utilizza-te come aule scolastiche e perlavori o momenti comuni; visono inoltre una piccola cap-pella e un’area sacra. Ad ognicatechista, che deve esseresposato e non superare i 40 an-ni, oltre all’abitazione è asse-gnato un pezzo di terreno dacoltivare per il sostentamentodella sua famiglia, a cui con-tribuisce anche la parrocchia.Per frequentare questa scuolail catechista deve essere sceltoe inviato dalla sua parrocchia,dare il proprio consenso ed e-sprimere le personali motiva-zioni; inoltre deve possedereun livello di cultura di base chegli consenta di comprendere ilfrancese e di esprimersi con fa-cilità in tale lingua. E’ fonda-

mentale che il catechista sia unuomo di fede, un lavoratore o-nesto e generoso, e abbia an-che un’esperienza nel campodella pastorale. Purtroppo so-no poche le donne che fre-quentano questa scuola so-prattutto perché, data la situa-zione femminile in Africa, non

hanno il livello di preparazio-ne di base richiesto; tuttaviaviene loro offerta una forma-zione generale che possa mi-gliorare la loro condizione. I catechisti sono impegnatiquotidianamente sia nella fre-quenza ai corsi, che li prepa-rano al futuroo ministero nellaparrocchia di provenienza, sianello svolgimento di moltepli-ci servizi necessari alla vita co-munitaria. Il coordinatore delgruppo che segue il percorsodi formazione è un catechistascelto dal vescovo tra quelliformati presso la scuola diDoubane e proposti dalle varie

zone pastorali; egli fa da pon-te tra i catechisti e il direttoredel Centro, è un fratello tra ifratelli che contribuisce a crea-re tra tutti uno spirito di inte-sa e di unità. Si richiede infat-ti alle coppie un serio impegnonel creare un clima di rispetto,di fiducia, di dialogo e di reci-

proco aiuto all’interno del pro-prio nucleo familiare e con lealtre famiglie.Credo che questo tipo di for-mazione sia veramente effica-ce ed adeguato alla futura mis-sione del catechista. Ho mol-to apprezzato l’attenzione ri-volta alla persona nella suaglobalità, le proposte forma-tive semplici ma precise, rea-lizzate non solo a livello teori-co ma anche concreto, l’im-portanza data alla vita di grup-po come parte integrante del-la formazione.Oltre alla visita di questo cen-tro, ho avuto la possibilità di

conoscere altre missioni e so-no rimasta colpita dalla gran-de disponibilità di tanti laici,che dedicano un tempo dellaloro vita al servizio dei fratellipiù poveri, e dallo spirito fra-terno, semplice e spontaneotra preti, suore e laici che pos-sono sempre contare sull’aiu-to reciproco. Forse proprio lasituazione di grande povertàche esiste in Paesi come que-sto fa nascere lo spirito comu-nitario e rende fraterna la re-lazione tra le persone.Tornata dopo molti anni in queiluoghi già un po’ conosciuti,sono rimasta sorpresa dallecondizioni di povertà in cui sitrova ancora questo Paese; sesolo si pensa che alcune zonenon sono state ancora rag-giunte dall’elettricità, si posso-no immaginare tutti i disagi ele difficoltà che quotidiana-mente la gente deve affronta-re. Ho ancora impressi negli oc-chi e nel cuore il volto e losguardo di una ragazza che,pur trovandosi in un’aula se-mibuia provvista solo di unpezzo di lavagna e di un pic-colo banco, studiava con te-nacia e serenità.Anche durante questo viaggiosono rimasta commossa difronte all’accoglienza sempli-ce e “calda” che gli africani san-no offrire agli ospiti; inoltre hopotuto apprezzare anche la lo-ro straordinaria capacità di co-gliere ogni occasione per e-sprimere la gioia e l’amore perla vita, nonostante la grave si-tuazione di disagio e di povertàin cui si trovano.

Lydia Cramarossa

Ritorno in Camerun

Page 6: Cielo e Terre 2 2010 - nicodemo.net · mai anziano maestro racconta una serie di strani “incidenti”, avvenuti sotto lo sguardo attento dei bambini costretti a seguire regole di

6 PPaarroollee ee ffaattttii

A ttraverso tante scelte della vita diThomas Sankara, che possiamoaffiancare nel ricordo a quella di

Julius Nyerere, uomo di grandezza in-credibile e a quella di un leader come Nel-son Mandela, figura carismatica di cui l’A-frica aveva un grande bisogno, vogliamoevidenziare la grande lucidità con cuiquest’uomo ha assunto la sofferenza del-la sua gente e ha tentato di dare delle ri-sposte.Nell’agosto del 1983, inizia in uno dei pae-si più poveri dell’Africa, il Burkina Faso, l’e-sperienza rivoluzionaria di Thomas Sanka-ra. Unico presidente in Africa che, in un

contesto di sofferenza impensabile, ha con-tinuato a vivere in mezzo alla sua gente,condividendo la sua situazione.Parlando del suo paese dice:” Pochi dati ba-stano a descrivere l’ex Alto Volta, un paesedi sette milioni di abitanti, più di sei milio-ni dei quali sono contadini, un tasso di mor-talità infantile del 180 per mille, un tassodi analfabetismo del 98%...un’aspettativadi vita media di soli quarant’anni, un me-dico ogni 5.000 abitanti, un tasso di fre-quenza scolastica del 16%”… la situazio-ne parla da sola e Sankara non ha nel cuo-re solo la sua gente, ma tutti quei milionidi esseri umani che per essere neri vivo-no nei ghetti, considerati come animali;tutte quelle donne del mondo intero sfrut-tate da un sistema maschilista, tutti que-gli uomini che hanno perso il lavoro inun sistema che è strutturalmente ingiu-sto ed ancora tutte quelle madri che ve-dono morire di malaria i loro bambini odi fame, mentre il magazzino del vicinodeborda di abbondanza accumulata… Sono esempi molto mirati che ci evi-denziano la totale incapacità di un si-

stema di esprimersi ed organizzarsi insenso democratico… ma tutto il mon-do, sostiene Sankara, è diviso tra “sfrut-tati e sfruttatori”; riferendosi poi, in mo-do particolare al suo paese, considerasfruttatori esterni – l’imperialismo, ilgrande sistema – e sfruttatori interni, gliafricani che sfruttano africani. Che cosa considera imperialismo, Sanka-ra? Non è necessario occupare un terri-torio con dei cannoni, si possono met-tere in atto modalità di sfruttamento mol-to più sottili: può essere un prestito, unaiuto alimentare, un ricatto. Sankara è convinto che la sua respon-sabilità principale sia impegnarsi a de-colonizzare la mentalità della gente, a farcapire agli africani che il sistema degliaiuti ricevuti fino ad oggi è solo servitoad asservirli e a distruggere l’economiadel paese. Per questo Sankara con una lucidità di a-nalisi eccezionale e una grande com-partecipazione alla linea che suggerisce,afferma che la soluzione la si trova so-lo nella capacità di scegliere una lineapolitica che permetta di liberarsi dallaschiavitù degli altri paesi e quindi l’au-tosufficienza alimentare.“Consumiamo burkinabè“ - consiglia …Anche il pane veniva fatto con il miglioperché il mais doveva essere importato. Non fu facile ma in quattro anni il pre-sidente cambiò il volto del paese.Sotto il suo governo l’economia delBurkina ritrovò vigore e la corruzionevenne ridotta a livelli bassissimi. Tutti iprincipali indici della qualità della vitamigliorarono ma soprattutto la popola-zione sviluppò un genuino senso di pa-triottismo che permise di superare le di-visioni tribali.Ma Sankara era solo, aspri dissidi si e-rano creati anche con alcuni paesi oc-cidentali, specie gli Stati Uniti e la Fran-cia, rispetto ai quali il Burkina Faso erastato per lungo tempo in una posizionedi dipendenza economica e di sudditan-za politica.Viene assassinato dagli amici più cari nel1987 in un colpo di stato organizzato daalcuni ufficiali dell’esercito e dall’attualepresidente, un tempo compagno di lotta diSankara. Alla sua morte il Burkina Faso ri-piomba nel dramma della povertà.Ma l’immagine di questo giovane rivo-luzionario che osò sfidare i grandi delmondo resta un esempio di integrità, didemocrazia e di coraggio che riempie

di orgoglio milioni di Africani…esempiodi democrazia che dovrebbe richiamare,sia i paesi del sud del mondo sia i paesioccidentali, all’urgenza di scegliere at-teggiamenti diversi per cambiare l’im-magine dell’Africa in Europa e dell’Eu-ropa in Africa!

a cura di Sandra Rocchi

Nelle pagine che precedono questo articolo abbiamo fatto molti accenni alla democrazia: alla democrazia che non c’èe a quella che vorremmo. Abbiamo visto in particolare le grandi difficoltà e tensioni che attraversano il continenteafricano, soffermandoci a riflettere su quelle specifiche del paese in cui è presente Ceu e Terras, la Guinea Bissau.

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L’Africa di Thomas SankaraUn grande testimone