China news n 3 - maggio 2012

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Terzo numero della newsletter realizzata da Iscos sul lavoro e sui diritti del lavoro in Cina

Transcript of China news n 3 - maggio 2012

EDITORIALEa

Cari lettori, eccovi il terzo numero di newsletter di informazione sul lavoro in Cina

Iscos Nazionale, gli Iscos regionali di Emilia Romagna, Piemonte, Sicilia e Toscana e

il sito Cineresie.info. Al centro dell'attenzione questo mese la questione della "carestia" di lavoratori e un'intervista con Anmondiali di lavoro in Cina. Buona lettura!

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BREVIa

Straordinari forzati mascherati

Secondo una recente indagine, gli impiegati cinesi lavorano in media undici ore. L’indagine ha evidenziato come molto spesso gli straordinari molti lavoratori di fronte alle pressioni dell’azienda oppure nella speranza di ottenere promoltre l’orario "volontariamente", senza ricevere compenso. I risultati dell’indagine sono stati stigmatizzati in un articolo dell'agenzia di stampa ufficiale

evidenziava l’illegalità di una simile tendenza.

Aumentano i salari, in apparenza

Stando ai dati del nuovo pubblicato dall’Accademia Cinese delle Scienze Sociali, nei primi quattro mesi del 2012 il lavoratori2riguarda i salari minimi legali, 14 amministrazioni locali hanno innalzato l'ammontare; la città in cui sono più alti

è Shenzhen con 1.500 yuan (circa 185 l’aumento dei salari risulta soltanto apparente: la rispetto all’anno precedente è diminuita del 4,6% mentre il costo della vita è aumentato in tutte le città cinesi. Alla luce di questi dati risulta chiaro che la situazione non è così rosea per i lavoratori migranti cinesi, sempre in difficoltà ad arrivare alla fine del mese.

Cari lettori, eccovi il terzo numero di China News - Storie dalla Cina al lavorosul lavoro in Cina che nasce da una collaborazione tra

, gli Iscos regionali di Emilia Romagna, Piemonte, Sicilia e Toscana e

. Al centro dell'attenzione questo mese la questione della "carestia" di lavoratori e un'intervista con Anita Chan, una delle massime esperte mondiali di lavoro in Cina. Buona lettura!

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Straordinari forzati mascherati

Secondo una recente indagine, gli impiegati cinesi lavorano in media 8,66 ore al giorno, mentre il 30% lavora più di undici ore. L’indagine ha evidenziato come molto spesso gli straordinari non vengano retribuiti a norma di legge e molti lavoratori di fronte alle pressioni dell’azienda oppure nella speranza di ottenere promozioni finiscano per lavorare oltre l’orario "volontariamente", senza ricevere compenso. I risultati dell’indagine sono stati stigmatizzati in un articolo dell'agenzia di stampa ufficiale Xinhua

evidenziava l’illegalità di una simile tendenza.

Aumentano i salari, in apparenza

Stando ai dati del nuovo Libro verde sulle zone ruralipubblicato dall’Accademia Cinese delle Scienze Sociali, nei primi quattro mesi del 2012 il salario medio dei lavoratori migranti cinesi ammonta a 2.173 yuan (circa 268 €), 124 yuan in più rispetto al 2011. Per quanto riguarda i salari minimi legali, 14 amministrazioni locali hanno innalzato l'ammontare; la città in cui sono più alti

è Shenzhen con 1.500 yuan (circa 185 €). Ad un’analisi più attenta, tuttavia, o dei salari risulta soltanto apparente: la percentuale di incremento

rispetto all’anno precedente è diminuita del 4,6% mentre il costo della vita è aumentato in tutte le città cinesi. Alla luce di questi dati risulta chiaro che la

sea per i lavoratori migranti cinesi, sempre in difficoltà ad

n.3, maggio 2012

Storie dalla Cina al lavoro, che nasce da una collaborazione tra

, gli Iscos regionali di Emilia Romagna, Piemonte, Sicilia e Toscana e

. Al centro dell'attenzione questo mese la questione della ita Chan, una delle massime esperte

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Secondo una recente indagine, gli impiegati cinesi lavorano , mentre il 30% lavora più di

undici ore. L’indagine ha evidenziato come molto spesso gli a norma di legge e

molti lavoratori di fronte alle pressioni dell’azienda oppure ozioni finiscano per lavorare

oltre l’orario "volontariamente", senza ricevere compenso. I risultati dell’indagine sono stati stigmatizzati in un articolo

Xinhua nel quale si

Libro verde sulle zone rurali pubblicato dall’Accademia Cinese delle Scienze Sociali, nei

salario medio dei migranti cinesi ammonta a 2.173 yuan (circa

ù rispetto al 2011. Per quanto riguarda i salari minimi legali, 14 amministrazioni locali hanno innalzato l'ammontare; la città in cui sono più alti

ù attenta, tuttavia, percentuale di incremento

rispetto all’anno precedente è diminuita del 4,6% mentre il costo della vita è aumentato in tutte le città cinesi. Alla luce di questi dati risulta chiaro che la

sea per i lavoratori migranti cinesi, sempre in difficoltà ad

Discriminazione sul lavoro: piccoli passi avanti

Importanti novità nel campo della discriminazione sul lavoro per i malati di AIDS. Nella provincia dello Hunan un nuovo regolamento entrato in vigore in maggio impedisce ai datori di lavoro di licenziare i dipendenti sieropositivi e li obbliga a mantenere la segretezza rispetto alla malattia, assegnando eventualmente il lavoratore ad una nuova mansione, là ove necessario. Si tratta di un importante passo avanti in un ambito estremamente dibattuto nella società cinese odierna. L’ONG Hengping, in un nuovo rapporto sulla discriminazione sul

lavoro nel 2010-2011, ha evidenziato come l’ostacolo più grande nella sensibilizzazione su questo tema sia rappresentato proprio dagli uffici governativi che spesso sono i primi ad attuare pratiche discriminatorie nei confronti dei malati. E’ dunque importante, hanno sottolineato gli attivisti dell’ONG, che le buone pratiche inizino dall’alto in modo da influenzare positivamente il mondo dell’impresa e la società.

Giovani laureati verso la precarietà

Le università cinesi continuano a sfornare laureati (6.6 milioni nel 2011) ma il mercato del lavoro non sembra essere altrettanto ricettivo verso i giovani in possesso di un diploma e le paghe assomigliano spesso a quelle dei lavori più umili. Nelle scorse settimane alcuni neolaureati della Guangdong University hanno cercato di esprimere la loro preoccupazione vestendosi

e facendosi fotografare come lavoratori migranti. Della piccola sfilata hanno parlato vari giornali cinesi. Come ha dichiarato al China Daily uno degli studenti intervistati, a quanto pare i giovani laureati non sono più l’elite della società e dovranno accontentarsi di lavori e paghe molto più basse rispetto alle loro aspettative. Il problema dei neolaureati che conducono esistenze precarie è molto presente nel dibattito pubblico in Cina da qualche anno a questa parte, questi giovani sono conosciuti come “la tribù delle formiche”, di loro ha scritto anche il New York Times in un’interessante reportage del 2010.

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FOCUSa

Una conversazione con con Anita Chan

Anita Chan, visiting fellow dell'Australian National University, è un'autorità indiscussa sulle questioni del lavoro in Cina. Dopo aver iniziato la sua carriera accademica occupandosi della generazione delle guardie rosse, della società rurale cinese e dei movimenti di massa in Cina, da quasi due decenni si occupa di lavoratori cinesi. L'abbiamo incontrata in marzo e abbiamo discusso con lei alcuni degli ultimi sviluppi nella situazione del lavoro in Cina.

Gli ultimi anni in Cina sono stati dominati da un acceso dibattito sulle politiche da adottare nel campo del lavoro. In particolare,

molto si è discusso sulla Legge sui contratti di lavoro entrata in vigore all'inizio del 2008. Secondo lei, le leggi che sono state approvate in questi ultimi anni hanno avuto qualche impatto significativo sulle condizioni di lavoro in Cina? La Legge sui contratti di lavoro è molto controversa. Ci sono state più cause, la Legge è piuttosto favorevole ai lavoratori, ma, così come accade con ogni altra legge, i datori di lavoro la possono scavalcare o addirittura evitare direttamente. Per scavalcarla, negli ultimi anni le imprese hanno iniziato a reclutare lavoratori attraverso agenzie invece che assumerli direttamente. In questo modo, sono le agenzie ad essere responsabili per questi lavoratori e le imprese possono mantenere la propria flessibilità. Un altro nuovo sviluppo è che si è affermata la prassi di assumere stagisti tra gli studenti. Moltissimi studenti stanno lavorando in fabbriche cinesi nell'ambito di "stage" che possono durare fino ad un anno. In teoria, sono lì per imparare qualcosa, nella pratica invece si tratta solamente di un altro modo attraverso cui le imprese possono procacciarsi forza lavoro davvero economica. Dunque, al momento attuale i problemi principali in Cina sono il sistema della somministrazione di manodopera e gli stagisti. E si tratta di problemi davvero seri. [continua a leggere]

La carestia di lavoratori

All’inizio di marzo del 2012 il “Nanfang Zhoumo” riportava come il comune di Xintang a Guangzhou, un luogo che alcuni conoscono come la “capitale dei jeans” (niuzaifu zhi du), ma che è noto ai più in quanto teatro di violenti scontri tra lavoratori migranti e forze di pubblica sicurezza, fosse paralizzato a causa dall’assenza di lavoratori migranti. Alla fine di febbraio, quasi un mese dopo il capodanno lunare, le oltre quattromila aziende di abbigliamento e prodotti

complementari che costituivano la spina dorsale di questa comunità erano in ginocchio, piegate da una scarsità di forza lavoro che arrivava fino al 70% della domanda.

Non solo le fabbriche di Xintang, già provate da un crollo del 30% negli ordini causato dalla crisi europea e da una contrazione dei margini di profitto a meno del 5%, avevano dovuto rinunciare a far fronte ai propri ordini, ma i commercianti avevano dovuto fermare i propri affari per l’assenza di merci da vendere e gli alberghi e i ristoranti avevano dovuto chiudere per mancanza di clienti e di personale. La gente del posto dichiarava che anche negli anni precedenti c’erano stati problemi del genere nel periodo successivo alle feste, ma che la situazione non era mai stata così grave. La domanda sorgeva inevitabile: che la riluttanza dei lavoratori migranti a tornare a lavorare a Xintang fosse una strategia di resistenza di fronte alle violenze dell’anno precedente? [continua a leggere]

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LIBRIa

Lavoro e società nella Cina Popolare

Gli ultimi trent'anni sono stati un periodo tumultuoso per il lavoro in Cina. Dal declino delle unità di lavoro all'emergere dell'impresa privata, dalla rottura della "ciotola di riso di ferro" all'introduzione del sistema dei contratti di lavoro, dal tradimento del patto sociale con un'intera generazione di lavoratori all'instaurazione di un nuovo ordine basato su un'idea di legalità più viva nella teoria che nella pratica: nell'arco di un paio di decenni il mondo del lavoro in Cina è stato interamente riscritto.

Il volume "Lavoro e Società nella Cina Popolare" di Luigi Tomba è una guida essenziale per orientarsi negli

sconvolgimenti sociali di questi anni. Oltre a ricostruire le origini storiche ed economiche del lavoro socialista in Cina, questo testo utilizza le vicende della classe operaia cinese come chiave di lettura per interpretare i processi di trasformazione e adattamento che hanno accompagnato l'evoluzione della Cina socialista dal 1949 agli anni Novanta.

In particolare, l'autore sottolinea come la politica del lavoro in Cina si sia trovata due volte alle prese con i rischi della radicalizzazione: prima con gli esperimenti utopici del grande balzo e delle comuni popolari; poi, inseguendo la deregulation, con la deriva neoliberista degli anni Novanta. Tra questi due estremi, permane la costante della macchina burocratica del Partito unico e quella di un mondo del lavoro che dimostra flessibilità e capacità di adattamento nel solco di una tradizione di rapporti sociali che è più antica del socialismo.

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