chimica Crepe nella tavola...

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82 Le Scienze 541 settembre 2013 www.lescienze.it Le Scienze 83 Fotografia di Holly Lindem Crepe nella tavola periodica CHIMICA La scoperta dell’elemento 117 ha riempito l’ultima posizione vuota nella tavola periodica degli elementi. Tuttavia, anche se è stata completata, potrebbe perdere il suo potere predittivo di Eric Scerri

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La scoperta dell’elemento 117 ha riempito l’ultima posizione vuota nella tavola periodica degli elementi. Tuttavia, anche se è stata completata, potrebbe perdere il suo potere predittivo

di Eric Scerri

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Tutti gli elementi fino al 116, più l’e-lemento 118, erano già stati scoperti, e il 117 ha riempito l’ultima casella vuota ri-masta nella riga più in basso. Questo ri-sultato segna un traguardo storico. Quan-do Dmitrij Mendeleev – anche lui russo – e altri crearono la tavola periodica, negli anni sessanta del XIX secolo, fu il primo grandioso schema a organizzare tutti gli

elementi conosciuti a quell’epoca. Mendeleev lasciò diverse posi-zioni vuote nella sua tavola, e fece l’audace previsione secondo cui un giorno sarebbero stati scoperti nuovi elementi che avrebbero ri-empito quelle posizioni. Da allora sono seguite numerose revisioni della tavola, ma fino a oggi tutte avevano lacune. Con l’elemento 117, per la prima volta la tavola periodica è completa.

Probabilmente il fantasma di Mendeleev starà festeggiando il trionfo della sua profezia, almeno fino a quando chimici e fisici nucleari non sintetizzeranno nuovi elementi che obbligheranno ad aggiungere nuove righe alla tavola periodica, forse lasciandosi dietro qualche posizione vuota.

Ma proprio quando gli ultimi pezzi del puzzle stavano per an-dare al loro posto, qualcosa di più fondamentale iniziava ad anda-re storto. E potrebbe compromettere la stessa ragion d’essere della tavola periodica: la ciclica ricorrenza di proprietà che dà alla ta-vola il suo nome.

Mendeleev non si limitò a prevedere l’esistenza di elementi che dovevano ancora essere osservati, ma riuscì addirittura ad antici-parne correttamente le proprietà chimiche, basandosi proprio su quelle ricorrenze. Ma quando il numero atomico (il numero di pro-toni del nucleo) è arrivato a valori elevati, alcuni dei nuovi ele-menti aggiunti non si sono più comportati come richiede la tavola periodica; vale a dire, le loro interazioni chimiche, come il tipo di

legame formato con altri atomi, non somigliano a quelle degli al-tri elementi della stessa colonna sulla tavola periodica. La ragione è che alcuni degli elettroni in orbita attorno ai nuclei più massicci raggiungono velocità prossime a quella della luce. Nel gergo dei fi-sici diventano particelle «relativistiche», e di conseguenza gli atomi si comportano diversamente da quanto suggerirebbe la loro posi-zione nella tavola. Inoltre, prevedere esattamente la struttura or-bitale di ciascun atomo è assai complicato. Quindi proprio ora che l’opera di Mendeleev è completa e se ne potrebbe celebrare il suc-cesso, rischia di perdere il suo potere esplicativo e predittivo.

Un successo completoFino a oggi sono state pubblicate oltre 1000 versioni della ta-

vola periodica, diverse sia per la disposizione sia per la scelta degli elementi inclusi, che però hanno tutte una caratteristica comune. Se si ordinano gli elementi in modo sequenziale in base al nume-ro atomico (i primi tentativi usavano il peso atomico), le loro pro-prietà chimiche tendono a ripetersi dopo una particolare sequenza di elementi. Per esempio, se iniziamo con il litio e ci muoviamo di otto posti in avanti raggiungiamo il sodio, che ha molte proprietà simili: entrambi sono metalli abbastanza morbidi da essere tagliati con un coltello ed entrambi reagiscono facilmente con l’acqua. Se ci spostiamo di altri otto posti, raggiungiamo il potassio, morbido anch’esso e reattivo con l’acqua, e così via.

Nelle prime tavole periodiche, incluse quelle elaborate da Men-deleev ma anche da altri, la lunghezza di ciascun periodo – e dun-que la lunghezza di ogni riga – era sempre di otto posti.

Presto però fu chiaro che il quarto e il quinto periodo si ri-petevano non dopo otto, ma dopo 18 elementi. Di conseguenza la quarta e la quinta riga della tavola divennero più lunghe del-le precedenti per far posto al nuovo blocco (i metalli di transizio-ne, che nella rappresentazione più comune della tavola periodica

si trovano nel mezzo). Il sesto periodo si rivelò ancora più lungo, tanto da includere 32 elementi a causa della scoperta di una nuo-va serie di 14 elementi chiamati lantanidi e recentemente ribattez-zati lantanoidi.

Nel 1937 i fisici nucleari iniziarono a sintetizzare nuovi ele-menti, a partire dal tecnezio. Questo elemento occupava una del-le quattro posizioni vuote nella tavola nota all’epoca, che andava dall’1 (idrogeno) al 92 (uranio). Gli altri tre pezzi mancanti arriva-rono presto: due furono sintetizzati (astato e promezio) e il terzo fu scoperto in natura (il francio). Ma anche se queste lacune erano state colmate, alla tavola periodica oltre l’uranio vennero aggiun-te nuove scoperte, lasciando vuote nuove posizioni.

Il chimico statunitense Glenn Seaborg capì che attinio, torio e protoattinio, insieme all’uranio e ai dieci elementi successivi, era-no parte di un’altra serie di 14 elementi, che vennero chiamati at-tinidi o attinoidi (Dato che gli elementi in più in queste due serie renderebbero la tavola ancora più larga, le tavole periodiche stan-dard mostrano le due serie da 14 elementi in un blocco separato nella parte più bassa).

Nella prima metà del XX secolo gli scienziati capirono che la periodicità degli elementi affonda le radici nella fisica quantisti-ca e, in particolare, nella fisica degli elettroni che orbitano attor-no al nucleo. Le orbite degli elettroni sono un insieme discreto per forma e dimensioni. Atomi con numeri atomici più grandi hanno lo stesso tipo di orbite, od «orbitali», di quelli con numero atomi-co più piccolo, a cui però se ne aggiungono altri di tipo diverso. Il

primo periodo ha solo quelli di tipo 1, denominati s, che possono essere occupati da uno o due elettroni (uno per l’idrogeno, due per l’elio). Il secondo e il terzo periodo hanno ciascuno un ulteriore orbitale di tipo s, più tre orbitali di un nuovo tipo, detto p. A sua volta, ciascuno di questi quattro orbitali può essere occupato da uno o due elettroni, per un numero totale massimo di otto elettro-ni, da cui emerge la periodicità di otto posti nella versione origi-naria della tavola. Il quarto e il quinto periodo hanno, oltre al tipo s e p, un terzo tipo, d, che aggiunge altri dieci posti per gli elettro-ni e dunque allunga il periodo fino a 18. Infine, gli ultimi due ci-cli hanno orbitali di tipo s, p, d e f, per una lunghezza di 32 ele-menti (18 più 14).

Quando Yuri Oganessian e collaboratori, dell’Istituto per la ri-cerca nucleare vicino Mosca, hanno annunciato di aver sintetiz-zato l’inafferrabile elemento 117, tutti gli elementi dell’ultima riga erano finalmente al proprio posto. Il collegamento profondo tra la struttura della tavola e la struttura degli atomi implica che il com-pletamento della tavola non sia una questione meramente esteti-ca o di organizzazione scritta dell’informazione. L’elemento 118 è l’unico che ha tutti gli orbitali s, p, d e f riempiti dagli elettroni. Se verranno sintetizzati altri elementi, occuperanno una nuova riga della tavola. Quasi certamente il prossimo sarà l’elemento 119 (si veda il box in questa pagina), che inizierà un nuovo ciclo a parti-re dall’orbitale più semplice, di tipo s. L’elemento 119 e il successi-vo 120 occuperanno i primi due posti nel nuovo periodo, l’ottavo. Ma con l’elemento 121 si renderebbe necessario un intero bloc-Je

n Ch

ristia

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Eric Scerri è storico e filosofo della chimica all’Università della California a Los Angeles. Ha ottenuto un PhD al King’s College dell’Università di Londra. Il suo ultimo libro si intitola A Tale of Seven Elements (Oxford University Press, 2013).

La scoperta dell’elemento 117 nel 2010 ha completato per la prima volta la tavola periodica come la conosciamo, almeno fino a quando nuove scoperte obbligheranno i chimici a estenderla aggiungendo una nuova riga.

Alcuni elementi aggiunti di recente, però, potrebbero mostrare un comportamento chimico diverso dagli elementi della stessa colonna, violando la legge periodica che ha definito la tavola per un secolo e mezzo.

Il sorprendente comportamento potrebbe derivare dagli effetti descritti dalla teoria della relatività ristretta, che provoca una contrazione delle dimensioni dell’orbita di alcuni elettroni, oltre ad altri effetti.

I fisici nucleari continueranno a sintetizzare nuovi elementi, che avranno nuovi tipi di orbitali elettronici, e cercheranno di capirne il comportamento chimico studiando piccole quantità di atomi che hanno vita assai breve.

I n b r e v e

N el 2010, ricercatori russi hanno annunciato di aver sintetizzato per la prima vol-

ta nuclei dell’elemento 117. Questo nuovo atomo non ha ancora un nome, per-

ché di solito la comunità scientifica attende una conferma indipendente prima

di battezzare un nuovo elemento. Ma, salvo sorprese, il 117 ha ormai occupato

il suo posto permanente nella tavola periodica degli elementi.

H1

He2

Li3

Be4

Na11

Mg12

K19

Ca20

Rb37

Sr38

Cs55

Ba56

Fr87

Ra88

119 120

Ne10Ar18Kr36Xe54Rn86Uuo118

F9Cl17Br35I

53At85

O8S16Se34Te52Po84Lv

116

N7P15As33Sb51Bi83Uup115

C6Si14Ge32Sn50Pb82Fl

114

B5Al13Ga31In49Tl81Uut113

Zn30Cd48Hg80Cn112

Cu29Ag47Au79Rg111

Ni28Pd46Pt78Ds110

Co27Rh45Ir77Mt109

Fe26Ru44Os76Hs108

Mn25Tc43Re75Bh107

Cr24Mo42W74Sg106

V23Nb41Ta73Db105

Ti22Zr40Hf72Rf

104

Sc21Y39Lu71Lr

103

Yb70No102

Tm69Md101

Er68Fm100

Ho67Es99

Dy66Cf98

Tb65Bk97

Gd64Cm96

Eu63Am95

Sm62Pu94

Pm61Np93

Nd60U92

Pr59Pa91

Ce58Th90

La57Ac89

2

2

Orbitale di tipo fOrbitale di tipo g

Blocco sBlocco pBlocco dBlocco fBlocco g

121 122

Orbitale di tipo sOrbitale di tipo p

Uus117

Orbitale di tipo d

nuovi elementi, nuovi blocchiQuesta forma della tavola periodica è stata ideata dal chimico Charles Janet. La sua riga più in basso sarà completa con la scoperta degli elementi 119 e 120, i cui orbitali più esterni sono di tipo s. L’elemento 121 sarà il primo ad avere orbitali di una nuova famiglia, denominata «tipo g», e quindi sarà necessario un nuovo blocco per fargli posto (in basso a sinistra).

Esempi di strutture: il litio (Li) ha due orbitali s, che contengono tre elettroni (non mostrati) in totale. Il boro (B) ha due orbitali s (quattro elettroni in totale) e uno p più esterno, con un elettrone.

Ogni due periodi, e dunque ogni due righe nella tavola, compare una nuova famiglia di orbitali elettronici. A destra sono mostrati esempi di forme di orbitali, uno per ciascuna famiglia.

Un laboratorio di meraviglie in crescita continua

La tavola periodica classifica gli elementi secondo le caratteristiche ricorrenti delle loro proprietà chimiche. Que-ste proprietà sono determinate dalle orbite degli elettroni attorno al nucleo, gli «orbitali», e in particolar modo da-gli orbitali più esterni. Passando dai numeri atomici più bassi a quelli più elevati, la struttura dell’orbitale esterno cambia seguendo una regola ricorrente, o «periodica».Per esempio, gli elementi tra il 5 e il 10 hanno orbitali esterni di una famiglia detta p, e questo si ripete per gli ele-menti dal 13 al 18. Tutti questi elementi quindi appartengono allo stesso «blocco p» (in blu).

L A F U T U r A TAvO L A P e r I O D I CA

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Corte

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Nel caso dell’elemento 112 chimici e fisici hanno tentato di ca-pire se l’elemento somigli più al mercurio, che nella tavola perio-dica si trova proprio sopra di lui, o al gas nobile radon, come sug-geriscono i calcoli relativistici. In questi esperimenti i gruppi di ricerca hanno sintetizzato atomi con numero atomico 112, insie-me a isotopi pesanti di mercurio e radon. (Sebbene mercurio e ra-don siano disponibili in natura, i ricercatori usano atomi sintetici perché possono produrli in condizioni identiche a quelle che gene-rano gli elementi più pesanti, anziché basarsi sui dati relativi alle proprietà macroscopiche degli elementi più leggeri e abbondanti).

Negli esperimenti si osserva la deposizione di questi atomi su una superficie mantenuta a temperatura molto bassa e rivestita in parte con oro e in parte con ghiaccio. Se l’elemento 112 si com-portasse come un metallo si dovrebbe legare all’oro. Se fosse più simile al gas nobile radon tenderebbe a depositarsi sul ghiaccio. Fino a oggi, laboratori diversi hanno ottenuto risultati differenti, e

la situazione non è affatto chiara.Anche gli effetti della relatività sull’elemento

114 devono essere ancora osservati. I primi ri-sultati di Robert Eichler, del Paul Scherrer Insti-tut di Zurigo, sono sorprendenti per la netta di-screpanza rispetto alla previsione teorica.

Certamente ci saranno nuovi ingressi nel-la tavola periodica, e lo studio della chimica di questi elementi aiuterà a chiarire i dilemmi. Una questione più generale riguarda la possibilità che la tavola periodica abbia un limite massi-mo di estensione. È opinione condivisa che, se il numero di protoni supera un certo limite, il nu-cleo non riesce a formarsi neanche per un bre-

ve istante. Ma i pareri divergono su dove si collochi questo limi-te. Dai calcoli in cui si ipotizza che il nucleo sia puntiforme, risulta che l’elemento 137 sia l’ultimo possibile. Altri ricercatori hanno tenuto conto del volume del nucleo, e ritengono che l’elemento fi-nale avrà un numero atomico pari a 172 o 173.

Non è chiaro se il principio per cui gli elementi nella stessa co-lonna della tavola periodica hanno un comportamento simile sia valido anche per atomi molto pesanti. La questione non ha gran-di conseguenze pratiche, almeno nel prossimo futuro. La perdita di potere predittivo nel campo degli atomi superpesanti non influi-rà sull’utilità del resto della tavola. La stragrande maggioranza dei chimici non si occuperà mai degli elementi con i numeri atomi-ci più elevati: hanno tutti nuclei molto instabili, e decadono in ele-menti più leggeri pochi istanti dopo essere stati creati.

Tuttavia la questione degli effetti della relatività ristretta colpi-sce al cuore la chimica come disciplina. Se la legge periodica per-desse di valore, i chimici dovrebbero affidarsi maggiormente al-la fisica; se invece la legge periodica mantenesse la sua validità la disciplina potrebbe conservare una relativa indipendenza. Nel frattempo, forse, il fantasma di Mendeleev dovrebbe rilassarsi e stupirsi per il successo della sua migliore invenzione. n

zioni sono stati poi scoperti, un risultato paragonabile ai successi di Mendeleev nell’anticipare l’esistenza di nuovi elementi. Le pre-visioni esatte di Pyykkö riguardavano il legame tra oro e xeno, gas nobile generalmente inerte, e il triplo legame tra oro e carbo-nio. Un altro risultato importante è stata la scoperta di una mole-cola sferica composta da un atomo del metallo tungsteno e da 12 atomi d’oro, che somiglia al «fullerene», composto di solo carbo-nio. Questa sorta di fullerene aureo si forma con una certa facilità dai vapori di oro e tungsteno in presenza di elio.

L’applicazione della meccanica quantistica relativistica si è ri-velata indispensabile per studiare come i composti dell’oro agisca-no da catalizzatori (per esempio, per degradare le sostanze chimi-che tossiche contenute nei gas di scarico delle automobili), anche se l’oro è notoriamente inerte.

Sorprese superpesantiAnche se si tiene conto degli effetti relati-

vistici, elementi come l’oro non deviano poi troppo dal comportamento atteso. Fino a poco tempo fa, il comportamento dei nuovi elemen-ti rispettava quello previsto sulla base della lo-ro posizione sulla tavola periodica. Ma poi sono cominciate le brutte sorprese (o forse le più inte-ressanti). Alcuni esperimenti sulla chimica degli ultimi elementi scoperti hanno mostrato le pri-me minacciose crepe nella regola periodica.

Usando gli acceleratori di particelle per ag-gregare nuclei di massa elevata, i fisici so-no riusciti a produrre elementi «superpesanti», cioè con numero atomico superiore a 103. Gli esperimenti effettuati negli anni novanta su rutherfordio (104) e dubnio (105) avevano già suggerito che questi elementi non han-no le proprietà corrispondenti alla loro posizione sulla tavola pe-riodica. Ken Czerwinski e colleghi dell’Università della California a Berkeley, per esempio, avevano scoperto che in soluzione il ruther-fordio reagisce in modo simile al plutonio, un elemento molto di-stante sulla tavola periodica. Anche il dubnio mostrava un com-portamento analogo a quello del protoattinio, nonostante le loro posizioni sulla tavola siano lontane. Secondo la legge periodica, invece, questi due elementi avrebbero dovuto comportarsi come quelli che nella tavola sono sopra di loro: afnio e tantalio.

In ricerche più recenti, gli scienziati hanno sintetizzato nuovi elementi superpesanti in numeri estremamente ridotti: la scoperta dell’elemento 117, per esempio, era basata sull’osservazione di so-li sei atomi. Gli elementi superpesanti sono in genere molto insta-bili e decadono in elementi più leggeri in meno di un secondo. Gli studiosi si limitano soprattutto a osservare il risultato del decadi-mento nucleare, che fornisce informazioni sulla fisica e sulla chi-mica del nucleo. In questa fase della ricerca è impossibile indagare le proprietà chimiche con il metodo tradizionale, mettendo le so-stanze in una provetta e osservandone le reazioni con altre sostan-ze. Gli scienziati hanno però elaborato tecniche ingegnose per stu-diare la chimica di questi elementi un atomo alla volta.

Gli esperimenti condotti sui due elementi successivi erano sta-ti deludenti rispetto a quelli sugli elementi 104 e 105. Il seaborgio (106) e il bohrio (107) sembravano comportarsi come previsto da Mendeleev, al punto di meritare articoli scientifici dal titolo L’or-dinario seaborgio o Il noioso bohrio [basato in inglese sul gioco di parole tra boring, noioso, e il nome dell’elemento, bohrium, N.d.t.]. La tavola periodica sembrò riprendere la sua funzione.

trazione della carica positiva del nucleo sperimentata a una certa distanza. Perciò il nucleo sembra esercitare sugli elettroni distanti un’attrazione minore, anziché maggiore.

Alcuni effetti relativistici sono evidenti nella vita di tutti i gior-ni. Per esempio sono responsabili del colore dell’oro, che distingue questo elemento dagli altri elementi incolori che lo circondano nel blocco dell’orbitale d della tavola periodica, come l’argento che si trova proprio sopra l’oro.

Un atomo di un metallo del blocco d colpito da un fotone del-la giusta lunghezza d’onda subisce una transizione. Assorbe il fo-tone e l’energia del fotone provoca un salto di un elettrone da un orbitale d all’orbitale s che si trova sopra. Nell’argento la differen-za energetica (o gap di energia) tra gli orbitali è abbastanza ampia che per provocare la transizione ci vuole un fotone della regio-ne ultravioletta dello spettro. Ma i fotoni nello spettro visibile del-la luce, con energia più bassa rispetto ai raggi ultravioletti, rim-balzano, quindi ai nostri occhi il materiale sembra riflettere quasi perfettamente, come uno specchio.

Nell’oro, la contrazione relativistica abbassa l’energia dell’orbi-tale s mentre aumenta l’energia dell’orbitale d, quindi la differen-za energetica tra i due livelli diminuisce. Di conseguenza la tran-sizione richiede un’energia più piccola, pari a quella trasferita da un fotone nella regione blu dello spettro visibile. I fotoni degli al-tri colori, però, vengono riflessi; di conseguenza quella che perce-piamo è luce bianca a cui è stata sottratta la componente blu, che corrisponde al caratteristico colore giallo dell’oro.

Pekka Pyykkö dell’Università di Helsinki e altri ricercatori ave-vano previsto ulteriori effetti che la relatività può avere sull’oro, incluso il fatto che possa legarsi ad altri atomi in modi soprenden-temente nuovi. I composti attesi come risultato di queste intera-

co in più, almeno in linea di principio, che conterrà orbitali mai osservati finora: gli orbitali g. Come nei casi precedenti, i nuo-vi tipi di orbitali aumenterebbero le possibilità per gli elettroni, e dunque farebbero crescere il numero di colonne. Questo blocco di elementi sarebbe composto da 50 colonne (sebbene i chimici ab-biano già individuato modalità più compatte di rappresentare una tavola così ampia).

La tavola completa, con tutte le sue righe riempite, sembrereb-be la realizzazione finale del sogno di Mendeleev. E avrebbe potu-to esserlo sul serio, se non fosse stato per Albert Einstein e la sua teoria della relatività ristretta.

Andare in crisiQuando ci spostiamo da piccoli a grandi numeri atomici, la ca-

rica nucleare aumenta a causa dei protoni in più. Con l’aumento della carica nucleare cresce anche la velocità degli elettroni negli orbitali interni, al punto che la teoria speciale della relatività ini-zia ad avere un ruolo più importante nella spiegazione del loro comportamento. Questo effetto provoca una contrazione delle di-mensioni degli orbitali più interni e li rende più stabili. Il restringi-mento ha un effetto a cascata sugli altri orbitali s e p, che si con-traggono anch’essi, inclusi gli orbitali di «valenza», i più esterni, che determinano le proprietà chimiche degli elementi.

Tutti questi fenomeni vanno sotto il nome di effetto relativi-stico diretto che, in generale, aumenta con la carica del nucleo di ciascun atomo. Altri effetti di natura opposta, però, complica-no la faccenda. Mentre l’effetto relativistico diretto stabilizza cer-ti orbitali, un altro effetto relativistico «indiretto» destabilizza gli elettroni d e f. È una specie di schermo elettrostatico da parte degli elettroni s e p, la cui cariche negative neutralizzano in parte l’at-

Yuri Oganessian ha guidato il gruppo che ha prodotto l’elemento 117 e ora cerca di sintetizzare il prossimo nuovo elemento, il 119.

The Periodic Table, Its Story and Its Significance. Scerri E., Oxford University Press, 2007.

A Suggested Periodic Table up to Z ≤ 172, Based on Dirac–Fock Calculations on Atoms and Ions. Pyykkö P., in «Physical Chemistry Chemical Physics», Vol. 13, n. 1, pp. 161-168, 2011.

A Very Short Introduction to the Periodic Table. Scerri E., Oxford University Press, 2011.

P e r A P P r O F O n D I r e

Non è chiaro se anche per gli

atomi molto pesanti sia valido

il principio per cui gli elementi della

stessa colonna si comportano in modo simile