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CHIESA E MEDIA NELL’ERA DIGITALE: UNA SFIDA EDUCATIVA

Relazione di S. E. Rev.ma Mons. Claudio Giuliodori

Sommario:

La comunicazione appare sempre più come una questione ecclesiologica di

primaria importanza perché legata alla comunicazione che Dio fa di sé in Cristo e nella Chiesa (1. La Chiesa e la comunicazione del Vangelo) e alla necessità di restare fedele al mandato di annunciare il Vangelo a tutte le genti tenendo conto della nuova cultura generata dai media (2. Evangelizzare nella nuova cultura dei media). Questa caratteristica dell’azione missionaria della Chiesa implica una profonda revisione dei metodi e delle forme con cui oggi si affronta la comunicazione del Vangelo (3. Conversione pastorale, progetto culturale e comunicazione sociale) anche in considerazione dell’avvento delle nuove tecnologie e in particolare di Internet (4. Le nuove tecnologie interpellano la Chiesa). Il magistero non manca di sollecitare con documenti e progetti pastorali un profondo rinnovamento per fare della comunicazione un punto di forza della nuova evangelizzazione (5. “Comunicazione e missione”: una bussola per il cammino della Chiesa), nella prospettiva della sfida fondamentale per il nostro tempo che è quella antropologica e specificatamente educativa (6. La comunicazione e la cultura spingono verso un rinnovato impegno educativo).

1. La Chiesa e la comunicazione del Vangelo

Il Concilio Vaticano II ha segnato un progresso fondamentale nella considerazione delle comunicazioni sociali per la vita e la missione odierna della Chiesa. Il fatto che tra i primi documenti approvati nel 1963 dai padri conciliari, assieme alla Costituzione Sacrosanctum concilium sul rinnovamento liturgico, ci sia il Decreto Inter mirifica, interamente dedicato alle comunicazioni sociali, testimonia quanto questo tema sia diventato centrale nel rapporto tra la Chiesa e il mondo contemporaneo. L’attenzione alle dinamiche comunicative non è certo una novità perché fin dalle origini della Chiesa l’impegno per l’evangelizzazione si è dovuto misurare con le grandi sfide della comunicazione.

L’annuncio del Vangelo appartiene al mandato originario affidato da Gesù agli apostoli: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzando nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,19-

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20; cf Mc 16,15-16). Per compiere questa missione, come già promesso dal Signore, gli apostoli hanno ricevuto un dono particolare nella Pentecoste: «tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo con cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi» (Atti 2,4).

Questo “potere di esprimersi” affidato agli apostoli dallo Spirito Santo ha accompagnato la Chiesa nella sua missione fino ai nostri giorni e suscita in ogni tempo le condizioni migliori e più efficaci affinché ciascuno possa ascoltare il racconto delle grandi opere di Dio nella propria lingua (cf Atti 2,5-13). La necessità di parlare agli uomini di oggi con i loro linguaggi, la loro cultura, le loro speranze, ha condotto i padri conciliari a richiamare tutta la chiesa ad un rinnovato impegno per coniugare l’evangelizzazione con la comunicazione sociale evidenziando come questo binomio costituisca oggi una delle sfide più importanti e complesse per la Chiesa.

È per questo che nell’epoca della comunicazione mediatica la Chiesa non si stanca di riflettere sulla sua missione evangelizzatrice (cf A. Staglianò, Vangelo e comunicazione, 83-120) e trova sempre nuovi motivi per interrogarsi e per rinnovare il proprio impegno nell’annuncio del Vangelo. È questa del resto la sua nativa e permanente vocazione (cf LG 17). Verrebbe meno al mandato del suo Signore se non facesse ogni sforzo per portare il messaggio della salvezza con rinnovato slancio e con piena aderenza alle esigenze del proprio tempo. Da qui nasce quell’interiore esigenza di comunicare l’evento della Salvezza di cui già San Paolo si era fatto interprete quando scrivendo alla comunità di Corinto afferma: «Annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1Cor 9,16).

È all’interno di questa tradizione che Paolo VI poteva affermare in modo lapidario: «La Chiesa si sentirebbe colpevole di fronte al suo Signore se non adoperasse questi potenti mezzi, che l’intelligenza umana rende ogni giorno più perfezionati; servendosi di essi la Chiesa predica sui tetti il messaggio di cui è depositaria; in loro essa trova una versione moderna ed efficace del pulpito. Grazie ad essi riesce a parlare alle moltitudini» (Paolo VI, Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, 8 dicembre 1975, 45. La Chiesa quindi si interroga continuamente su quali siano le forme più adeguate per annunciare, e quindi comunicare nelle forme odierne, Cristo all’uomo contemporaneo. Quella del rapporto tra comunicazione sociale ed evangelizzazione si pone sempre più come una questione sostanzialmente teologica in quanto implica la comprensione: da una parte di come Dio si comunichi continuamente al mondo alla luce dell’incarnazione del Figlio e con il dono dello Spirito Santo, dall’altra di come la Chiesa possa e debba oggi comunicare la fede (cf C. Giuliodori - G. Lorizio (edd.), Teologia e comunicazione, 29-127). Non mancano pertanto rilevanti conseguenze anche sul versante ecclesiologico, soprattutto per quanto concerne la comunicazione all’interno della Chiesa e le molteplici forme di evangelizzazione (cf ibid., 167-186).

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2. Evangelizzare nella nuova cultura dei media

In questa prospettiva ecclesiologica l’aspetto più rilevante della comunicazione non è legato all’uso degli strumenti mediatici quanto piuttosto alla nuova cultura determinata dall’avvento dei media di massa e dalle innovazioni tecnologiche (cf F. Casetti - F. Colombo - A. Fumagalli, La realtà dell’immaginario. I media tra semiotica e sociologia). Lo aveva ben compreso all’inizio degli anni ’90 il Card. C. M. Martini, quando pubblicò sul tema due interessanti riflessioni teologico-pastorali (cf C. M. Martini, Effetà. Apriti; Id., Il lembo del mantello). Occorre tenere conto, infatti, che siamo immersi in un nuovo contesto culturale di cui i media sono i protagonisti. Ai nostri giorni, come ricordava Giovanni Paolo II parlando dei mass media, «non basta usarli per diffondere il messaggio cristiano e il Magistero della Chiesa, ma occorre integrare il messaggio stesso in questa nuova cultura creata dalla comunicazione moderna. È un problema complesso, poiché questa cultura nasce, prima ancora che dai contenuti, dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con nuovi linguaggi, nuove tecniche e nuovi atteggiamenti psicologici» (Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Redemptoris missino, 7 dicembre 1990, 37). La forte incidenza di questa nuova cultura interpella la Chiesa circa le forme con cui avviene oggi l’annuncio del Vangelo. Si perpetuano processi comunicativi ancora fortemente ancorati a modelli che fanno riferimento ad un tipo di società ormai quasi del tutto scomparsa. La rapidità delle trasformazioni, il modificarsi dei linguaggi e dei costumi, la molteplicità delle agenzie comunicative, la complessità dei fenomeni culturali, la mobilità sociale, sono solo alcuni degli aspetti che esigono un profondo ripensamento delle linee che guidano l’azione pastorale della Chiesa (cf C. Giuliodori - G. Lorizio - V. Sozzi [edd.], Globalizzazione, comunicazione e tradizione). La missione della Chiesa, sia dal punto di vista di un’autentica capacità di comunione ecclesiale sia sotto il profilo dell’annuncio da rivolgere ai lontani, esige oggi che si considerino la comunicazione e la cultura non tanto fattori strumentali quanto piuttosto dimensioni essenziali dell’evangelizzazione e dell’azione pastorale. Si impone una necessaria rivisitazione del rapporto tra contenuto e forma di comunicazione in quanto la forma ormai è parte integrante del contenuto.

Cresce comunque la consapevolezza che la comunicazione sociale sia un passaggio fondamentale dell’impegno della Chiesa per l’evangelizzazione nel nostro tempo. Dai documenti del Magistero (cf F.-J. Eiler - R. Giannatelli [a cura di], Chiesa e comunicazione sociale, I documenti fondamentali), ai contributi teologici (cf D. Contreras, a cura di, Chiesa e comunicazione. Metodi, valori, professionalità; D. E. Vigano, La Chiesa nel tempo dei media), dagli esperti agli animatori pastorali (cf T. Lasconi, Predicatelo con i media), non mancano certo trattazioni e persone che affermano l’importanza della comunicazione per la missione della Chiesa (cf J. M.

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Mora - D. Contreras - M. Carroggio, a cura di, Direzione strategica della comunicazione nella Chiesa. Nuove sfide, nuove proposte). A questa sostanziale convergenza nel rilevare l’importanza della comunicazione non sembra far seguito, però, un’altrettanto significativa azione pastorale che traduca nel vissuto ordinario delle comunità ecclesiali le ricorrenti sollecitazioni del Magistero.

Tra le principali cause va rilevata la sostanziale divaricazione tra la riflessione teologica, la pastorale ordinaria e i processi della comunicazione. Rispetto a quanto affermato nei documenti, e cioè che la Chiesa trova nella comunicazione la via alla comunione e la condizione imprescindibile per l’evangelizzazione, si registra una certa indifferenza da parte della comunità cristiana. La vita della Chiesa sembra reggersi solo sui pilastri della liturgia, della catechesi e della carità, mentre la comunicazione, quando viene presa in considerazione, è relegata a fattore strumentale, di cui qualcuno si fa carico più per passione personale che per una effettiva considerazione teologica e pastorale. Alla comunicazione sociale viene riconosciuta una certa cittadinanza nella Chiesa ma solo in riferimento agli strumenti di cui dispone a livello nazionale o locale e in qualche caso come attenzione ai cattolici impegnati, come professionisti, nel settore delle comunicazioni sociali. Occorre riconoscere che molti sacerdoti e molti laici si dedicano con passione e competenza alla gestione degli strumenti, ma il loro impegno spesso non viene compreso, né adeguatamente valorizzato. Del resto non c’è settore della vita ecclesiale che non sia interessato da questa problematica. Basterebbe fare l’esempio della liturgia per capire il nesso intrinseco tra fede e nuova cultura dei media (cf G. Bonaccorso - A. Grillo, La fede e il telecomando. Televisione, pubblicità e rito) o analizzare come le comunicazioni sociali incidano sulla stessa visione della realtà, sulla conoscenza delle verità e quindi anche sull’esperienza religiosa (cf C. Giuliodori, La verità nei mezzi di comunicazione sociale, in Communio, 165 [1999], 54-63). Per questo si moltiplicano anche le riflessioni e gli interventi, a diversi livelli, sul complesso rapporto tra etica e comunicazione (cf A. Fabris, Guida alle etiche della comunicazione).

3. Conversione pastorale, progetto culturale e comunicazione sociale

Il cammino della Chiesa italiana può essere assunto a paradigma delle sfide poste oggi alla riflessione teologica e alla vita ecclesiale dai processi mediatici. A partire dal Convegno Ecclesiale di Palermo (1995) è stata avviata una stagione di profondo rinnovamento ecclesiale e culturale. Le parole forti e incisive del Santo Padre hanno spinto la Chiesa italiana a dare nuovo slancio al suo impegno missionario attraverso una vera “conversione pastorale” che implica una intrinseca “svolta culturale” finalizzata a riannodare il legame tra la fede e la vita. La separazione tra fede e vita

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infatti è uno dei nodi più critici con cui deve misurarsi l’impegno per la nuova evangelizzazione. Il rapporto tra fede e vita è anche il nucleo sorgivo di una cultura cristianamente ispirata. Sempre a Palermo il Papa evidenziava i rischi della frantumazione culturale e della progressiva marginalizzazione della fede come fattore generatore di cultura; «la cultura è un terreno privilegiato nel quale la fede si incontra con l'uomo. Perciò mi compiaccio per la scelta compiuta dalla Conferenza Episcopale Italiana di dedicare attenzione prioritaria ai rapporti tra fede e cultura, attraverso la messa in opera di un progetto o prospettiva culturale orientato in senso cristiano» (Discorso di Giovanni Paolo II all’Assemblea del III Convegno Ecclesiale, n. 3, in Conferenza Episcopale Italiana, Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia, AVE, Roma 1997, 56).

Il Progetto culturale ha così guidato il cammino della Chiesa italiana fino ad ispirare gli orientamenti pastorali che ne hanno segnato le scelte all’inizio del terzo millennio (cf Conferenza Episcopale Italiana, Orientamenti pastorali 2001-2010, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 29 giugno 2001). Il cammino intrapreso, nel quadro del progetto culturale, ha reso i cattolici italiani più consapevoli di quanto la fede sia determinata dalla verità e dal principio dell’Incarnazione. È la presenza del Dio fatto uomo, vivente nella sua Chiesa, che sospinge i battezzati ad annunciare il Vangelo a tutti gli uomini e in tutte le situazioni. Annunciando il Vangelo la Chiesa “fa cultura” nella duplice prospettiva dell’evangelizzazione della cultura e della inculturazione della fede (cf Pontificio Consiglio della Cultura, Per una pastorale della cultura, 23 maggio 1999, 2-6). Tale prospettiva è stata ripresa e autorevolmente confermata anche da Benedetto XVI in occasione del IV Convegno Ecclesiale di Verona (2006) e costituisce il filo conduttore del documento di sintesi del Convegno (cf Conferenza Episcopale Italiana, Nota pastorale “Rigenerati per una speranza viva” (1Pt 1,3): testimoni del grande “sì” di Dio all’uomo, 29 giugno 2007). La maggiore difficoltà incontrata in questo percorso riguarda la reale capacità dei diversi soggetti ecclesiali ad assumere fino in fondo la sfida delle comunicazioni sociali. In particolare si sente l’assenza di figure in grado di sviluppare su larga scala quel “inversione culturale” auspicata dall’insegnamento del Magistero. Nei principali documenti sulle comunicazioni sociali, dalla Inter mirifica (1963) alla Communio et progressio (1971) fino alla Aetatis novae (1992), si afferma l’importanza della comunicazione sociale per la vita e la missione della Chiesa, ma non si parla molto di una formazione diffusa e coinvolgente rispetto a tutta la comunità ecclesiale. Ci si riferisce quasi esclusivamente ai professionisti del settore, ai giornalisti e ai responsabili dei media. È interessante notare, inoltre, che l’unica attenzione esplicita rivolta a soggetti dell’azione pastorale della Chiesa riguarda la formazione dei sacerdoti (cf Congregazione per l’Educazione Cattolica, Orientamenti per la formazione dei futuri sacerdoti circa gli strumenti della comunicazione sociale, 19 marzo 1986). Questo documento rappresenta una delle sintesi più interessanti sulla dimensione pastorale delle

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comunicazioni sociali e sulla necessità che vi siano animatori motivati e competenti. Quanto affermato per la preparazione dei sacerdoti può essere applicato a tutti gli operatori pastorali. Un orizzonte così vasto, e inevitabilmente complesso, come quello offerto oggi dal binomio “comunicazione e cultura”, esige da tutti i membri della comunità cristiana, ma in particolare modo dagli operatori pastorali, attitudini nuove e, soprattutto, un’ampia formazione. La formazione costituisce la condizione di partenza per preparare animatori competenti ed efficaci, come auspicato da Giovanni Paolo II nel suo ultimo documento dedicato proprio alle comunicazioni sociali (cf Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Il Rapido Sviluppo, 24 gennaio 2005). Non mancano, per fortuna, strutture di riferimento sia per la cultura che per la comunicazione. Sono ormai diversi in Italia e nel mondo i centri specializzati in grado di offrire proposte di formazione ad alto livello in questo settore.

4. Le nuove tecnologie interpellano la Chiesa

A fianco dei media tradizionali, carta stampata, radio, televisione, cinema si vanno imponendo nuove forme di comunicazione che sfruttano le potenzialità della rete Internet. I nuovi media, e l’interazione sempre più stretta tra questi e quelli tradizionali, offrono nuove opportunità per dare voce al Vangelo. Su questo versante siamo solo agli inizi e la strada è tutta da percorrere. È necessario che la Chiesa s'interroghi su che cosa il Signore le chiede per far arrivare la Sua voce fino agli estremi confini degli sviluppi mediatici, perché questi sono oggi i veri confini della terra. Le nuove tecnologie stanno modificando la stessa geografia dei media. Si ampliano le possibilità di iniziative anche per chi non ha grandi risorse. La multimedialità offre nuove possibilità di espressione e di comunicazione che possono dare nuovo slancio alla stessa azione pastorale della Chiesa (cf M. Aroldi - B. Scifo, Internet e l’esperienza religiosa in rete).

Le novità che ci stanno di fronte muovono verso una piena e totale globalizzazione e sembrano portare alla formazione della “comunità unitaria nel mondo intero”, come l’ha definita il Concilio Vaticano II, quale esito del rapido sviluppo tecnologico. L’uomo infatti - si legge nella Gaudium et spes -, «specialmente con l’aiuto della scienza e della tecnica, ha dilatato e continuamente dilata il suo dominio su tutta intera quasi la natura e, con l’aiuto soprattutto degli accresciuti mezzi di molte forme di scambio tra le nazioni, la famiglia umana poco a poco è venuta a riconoscersi e a costituirsi come una comunità unitaria nel mondo intero» (cf 33a).

Come non vedere nelle nuove e straordinarie possibilità di comunicazione offerte dalle reti telematiche un’eco dell’anelito all’universalità che caratterizza la missione della Chiesa? Gli spazi virtuali si sovrappongono a quelli reali e le distanze si misurano in possibilità di accesso, non più in chilometri. Attraverso Internet si può

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entrare in comunicazione, in tempo reale, con ogni angolo della terra e potenzialmente con ogni uomo (cf H. Haker - E. Borgman - St.van Erp [edd.] Cyber-spazio, cyber-etica, cyber-teologia, Con, XLI (2005/1) 1-147).

Certo non manca chi ha ancora paura dei media e mostra scetticismo. I media sono una grande opportunità, ma il loro pieno utilizzo esige dalla Chiesa un impegno straordinario per adeguare i suoi linguaggi e i suoi strumenti. La Chiesa quindi è ben consapevole che i mezzi della comunicazione sociale sono indispensabili per la realizzazione della sua missione. Per questo pur conservando un atteggiamento critico sul modo con cui questi mezzi vengono spesso utilizzati, la Chiesa non ha perso, e non perde occasione, per veicolare attraverso di essi la verità del Vangelo, pur consapevole dei rischi che si possono correre e sui quali occorre vigilare (cf Congregazione per la dottrina della fede, Istruzione circa alcuni aspetti dell’uso degli strumenti di comunicazione sociale nella promozione della dottrina della fede, 30 marzo 1992).

Attenta a tutti i fenomeni sociali e alla loro ricaduta sullo sviluppo dell’umanità, la Chiesa da tempo si interroga sul fenomeno comunicativo collegato ad Internet (cf documenti del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, Etica in Internet e La Chiesa e Internet, 22 febbraio 2002) e nel 2002 ha inteso dedicare anche la Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali ad un’ampia riflessione sul tema «Internet: un nuovo Forum per proclamare il Vangelo» (cf Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della comunicazioni sociali, 24 gennaio 2002) .

Con il suo messaggio il Santo Padre offre alcune stimolanti piste di ricerca che meritano un’attenta considerazione da parte di tutta la comunità ecclesiale. La riflessione va collocata nella costante attenzione ai mutamenti epocali che nel corso dei secoli ha condotto la Chiesa a «varcare anche numerose soglie culturali, ognuna delle quali ha richiesto energia e immaginazione nuove nell'annuncio dell'unico Vangelo di Gesù Cristo» (cf ibid., 1). Proprio pensando all’incidenza di Internet e al nuovo contesto culturale che le nuove tecnologie stanno determinando sul versante della comunicazione e dell’informazione, non meno che su quello del costume e della cultura, il messaggio sottolinea che «la Chiesa si trova senza dubbio di fronte a un’altra soglia decisiva».

Occorre quindi essere pienamente consapevoli che «il ciberspazio, è una nuova frontiera che si schiude all'inizio di questo millennio» (cf ibid., 2). Capire, interpretare e valorizzare la cultura di Internet, è la nuova sfida che attende la Chiesa anche se non deve mancare quel necessario discernimento per affrontare anche quella evidente «commistione di pericoli e promesse» connessa con il diffondersi di Internet. Vengono anche indicati alcuni percorsi per l’azione della Chiesa, tra cui: favorire il passaggio dal virtuale all’appartenenza comunitaria; offrire documentazione, itinerari di formazione e di catechesi; avvicinare i lontani all’esperienza religiosa anche se è “vero che rapporti mediati elettronicamente non potranno mai prendere il posto del contatto umano diretto, richiesto da un'evangelizzazione autentica” (cf ibid., 5).

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5. “Comunicazione e missione”: una bussola per il cammino della Chiesa.

Per capire come oggi la Chiesa può affrontare in sintonia con le indicazioni del Magistero e in aderenza alle grandi sfide poste dalla cultura mediatica, è utile richiamare la scelta della Chiesa italiana, prima al mondo, di dotarsi un prezioso strumento per dare alla sua azione pastorale nel campo delle comunicazioni sociali una progettualità ampia e articolata. Nel 2004 è infatti stato approvato e pubblicato dai vescovi italiani il documento Comunicazione e missione. Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa.

Il testo è stato preparato con un lungo e accurato lavoro dalla Commissione Episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali, che si è fatta interprete di un’esigenza ampiamente diffusa e di un’urgenza pastorale evidenziata da molti operatori. Sono stati consultati esperti nel campo delle comunicazioni sociali, teologi dogmatici e pastoralisti, molti operatori del settore. Il documento ha fatto tesoro anche di una felice esperienza che ha visto incontrarsi per la prima volta a Roma con il Santo Padre Giovanni Paolo II, nel novembre 2002, oltre 9.000 animatori della comunicazione e della cultura (cf AA.VV., Parabole Mediatiche. Fare cultura nel tempo della comunicazione).

Con i suoi otto capitoli il Direttorio ripropone una sintesi organica dell’insegnamento del Magistero nel campo delle comunicazioni sociali nel contesto del cammino fatto dalla Chiesa universale e, in particolare, da quella italiana, soprattutto dal Convegno ecclesiale di Palermo ad oggi. Raccoglie le istanze più significative del progetto culturale e traccia un percorso concreto di attuazione degli orientamenti pastorali per il decennio Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia (cf 39). La proposta pastorale del Direttorio parte dalla convinzione che la missione della Chiesa non può prescindere dall’intraprendere un’opera di inculturazione che sappia offrire precisi criteri di discernimento e nello stesso tempo sappia indicare le strade per una piena valorizzazione delle numerose opportunità offerte dalla nuova cultura dei media.

Con questo strumento «si intende proporre alla comunità ecclesiale italiana un quadro strutturato dei contenuti e delle prospettive da cui partire per realizzare una pastorale che consideri le comunicazioni sociali non come un settore, ma come una dimensione essenziale. L’attuazione di una pastorale organica e integrata, che assuma pienamente le opportunità e le sfide della comunicazione sociale, esige un forte impegno educativo e una coerente azione pastorale supportata da competenze e da strumenti adeguati» (cit., Comunicazione e missione…, Presentazione). Le due parti del Direttorio offrono sia i fondamenti sia le indicazioni operative per una svolta nella mentalità e nell’impegno di tutti i cristiani, ciascuno secondo i propri doni e le specifiche responsabilità, affinché l’inculturazione del Vangelo dentro i linguaggi

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mediatici renda i media stessi sempre più capaci di trasmettere e di lasciar trasparire il messaggio evangelico

Il documento, arricchito da un ampio indice delle fonti e da un dettagliato indice analitico, vuole essere una bussola per orientare l’azione di rinnovamento pastorale in un contesto culturale profondamente mutato, soprattutto per l’influsso dei media. I vescovi italiani pongono attenzione all’ambito della pastorale ordinaria e in particolare alla realtà della parrocchia, collegandosi così opportunamente al quadro generale delle riflessioni sviluppate su questo tema, e ben sintetizzate nella nota pastorale Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 30 maggio 2004.

Il testo cartaceo, e anche questa è una novità comunicativa della Chiesa, è corredato anche di una versione su supporto informatico che contiene oltre al testo anche dei video di presentazione per ciascun capitolo e altri strumenti informatizzati per la fruizione e la divulgazione. Oltre ad una proposta complessiva e sistematica d’impegno pastorale, vi sono nel documento proposte innovative come quella relativa alla figura dell’animatore della comunicazione e della cultura e quelle che riguardano la parrocchia, proposte che se attuate potranno contribuire in modo significativo a tracciare il volto della Chiesa missionaria del terzo millennio. Il Direttorio ha definito una piattaforma in grado di sostenere un reale e profondo cambiamento nelle nostre comunità, che in parte è già in atto e che sta producendo i suoi frutti, anche se molte sono le resistenze e molti i passi ancora da fare. Nel Direttorio si indicano piste di lavoro ma soprattutto si delinea un cambiamento di mentalità e di attitudine nel modo di sentire e vivere la missione della Chiesa nell'attuale contesto determinato dalla cultura mediale. Tra i contributi concreti che il Direttorio sta dando al cammino della Chiesa si possono evidenziare:

- una maggiore consapevolezza tra i fedeli che la Chiesa esiste per la comunicazione della fede sia nei termini di un’accoglienza piena della comunicazione che viene da Dio attraverso la Rivelazione e la Tradizione sia nell'ottica del compito di annuncio sempre nuovo e attuale del Vangelo di Gesù Cristo che compete alla Chiesa nel mondo odierno. È la prospettiva teologica da cui parte il Direttorio e che costituisce uno degli elementi di maggiore novità. Ciò che siamo chiamati a fare scaturisce da una rinnovata comprensione dei fondamenti teologici della comunicazione della fede. - l’inserimento in tutta l'azione pastorale, catechesi, liturgia, carità... di un'attenzione

sistematica alla dimensione comunicativa per intercettare i linguaggi dell'attuale cultura mediatica, senza perdere la specificità dei codici comunicativi religiosi. Si tratta di sviluppare un'attitudine culturale in grado di imprimere un forte rinnovamento anche all'azione missionaria della parrocchia, alla quale è chiesto di essere sempre più attenta ai cambiamenti in atto nel territorio. È fondamentale inquadrare questo impegno in un progetto pastorale organico che, attraverso

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organismi e strutture adeguate (cfr cap. VIII) deve vedere ben integrato il comparto dei media nella missione della Chiesa sia a livello locale sia a livello nazionale. - il sostegno agli operatori dei media, soprattutto quelli dei settimanali diocesani, delle radio, delle televisioni locali, delle sale della comunità e delle nuove tecnologie nell’assunzione di nuove responsabilità, comuni e condivise, per sensibilizzare le comunità ecclesiali; offrire modelli di dialogo tra la Chiesa e il territorio; far emergere la valenza pastorale del servizio offerto dai media locali; aiutare le comunità parrocchiali a ripensare la missione nel territorio (e la loro comunicazione) nel contesto della cultura mediale. Il cammino in questa direzione è stato avviato, ma è necessario fare molto di più creando centri multimediali o definendo rapporti di sinergia, o perlomeno di collaborazione, tra i vari media. - il sempre maggiore raccordo sinergico tra media locali e nazionali (cf circuito delle radio InBlu, Sir e settimanali diocesani, Avvenire e le sue pagine diocesane, Sat2000 e le tv locali, la stampa periodica cattolica, le editrici e le librerie, Acec, siti web nazionali e locali...) quale segno profetico del modo di essere e di comunicare della Chiesa. Gli operatori dei media hanno inoltre il compito di far emergere la natura della Chiesa nel suo essere realtà universale e nello stesso tempo pienamente e totalmente radicata nel territorio. - la formazione e la diffusione della nuova figura dell' animatore della comunicazione e della cultura (cf corsi e-laerning Anicec. È questa una grande responsabilità a cui tutti devono cooperare, nella consapevolezza che la diffusione capillare dell'animatore, in ogni parrocchia o zona pastorale, è la condizione per una reale e concreta attuazione del Direttorio stesso. I cambiamenti in atto e la novità delle sfide esigono, inoltre, per tutti un sistematico e qualificato processo di formazione, a più livelli e in varie forme, in sintonia con le iniziative ecclesiali e in collaborazione con i centri specializzati, valorizzando le associazioni e le realtà dei religiosi e delle religiose che operano in questo campo. - il contributo dato, assieme agli altri soggetti che operano nel settore, per far crescere la coscienza etica e il senso di responsabilità, tutelare le persone e i soggetti più deboli, sollecitare quelle scelte che meglio sappiano promuovere la comunicazione sociale come bene comune e come fattore di crescita sociale e culturale, come già auspicato negli Orientamenti pastorali.

Oltre a favorire un vero e proprio salto di qualità nella pastorale ordinaria, il documento intende anche formare quegli «operai che, con il genio della fede - come affermava il Santo Padre al Convegno Parabole Mediatiche -, sappiano farsi interpreti delle odierne istanze culturali, impegnandosi a vivere questa epoca della comunicazione non come tempo di alienazione e di smarrimento, ma come tempo prezioso per la ricerca della verità e per lo sviluppo della comunione tra le persone e i popoli»

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(Giovanni Paolo II, ai partecipanti al Convegno Parabole mediatiche. Fare cultura nel tempo della comunicazione, 9 novembre 2002).

6. La comunicazione e la cultura spingono verso un rinnovato impegno educativo Guidati dalla Parola di Dio e dal Magistero della Chiesa, che ci permettono di operare un concreto e illuminato discernimento sulla complessa realtà dei nostri giorni, dobbiamo essere sempre più coscienza critica e voce profetica anche nel dibattito pubblico. Nello stesso tempo è urgente intraprendere una vasta opera educativa di cui i media sono parte integrante. Vorrei offrire in questa parte finale alcune coordinate per affrontare la sfide educativa nel campo della cultura e della comunicazione. In questa ottica educativa occorre riprendere quanto evidenziato anche nel recente Sinodo che ha messo in risalto il nesso profondo tra parola di Dio e comunicazioni sociali: “La comunicazione stende ora una rete che avvolge tutto il globo e un nuovo significato acquista l’appello di Cristo: «Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sulle terrazze» (Mt 10, 27). Certo, la parola sacra deve avere una sua prima trasparenza e diffusione attraverso il testo stampato, con traduzioni eseguite secondo la variegata molteplicità delle lingue del nostro pianeta. Ma la voce della parola divina deve risuonare anche attraverso la radio, le arterie informatiche di Internet, i canali della diffusione virtuale on line, i CD, i DVD, gli podcast e così via; deve apparire sugli schermi televisivi e cinematografici, nella stampa, negli eventi culturali e sociali. Questa nuova comunicazione, rispetto a quella tradizionale, ha adottato una sua specifica grammatica espressiva ed è, quindi, necessario essere attrezzati non solo tecnicamente, ma anche culturalmente per questa impresa. In un tempo dominato dall’immagine, proposta in particolare da quel mezzo egemone della comunicazione che è la televisione, significativo e suggestivo è ancor oggi il modello privilegiato da Cristo. Egli ricorreva al simbolo, alla narrazione, all’esempio, all’esperienza quotidiana, alla parabola: «Parlava loro di molte cose in parabole… e fuor di parabola non diceva nulla alle folle» (Mt 13, 3.34). Gesù nel suo annuncio del regno di Dio non passava mai sopra le teste dei suoi interlocutori con un linguaggio vago, astratto ed etereo, ma li conquistava partendo proprio dalla terra ove erano piantati i loro piedi per condurli, dalla quotidianità, alla rivelazione del regno dei cieli. Significativa diventa, allora, la scena evocata da Giovanni: «Alcuni volevano arrestare Gesù, ma nessuno mise le mani su di lui. Le guardie tornarono dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: Perché non lo avete condotto qui? Risposero le guardie: Mai un uomo ha parlato così!» (Gv 7, 44-46). (Messaggio conclusivo del Sinodo sulla Parola di Dio, n. 11).

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Perché alla fine i veri comunicatori sono i cercatori di Dio che non si sentono mai arrivati e che mettono in gioco la propria ragione e il proprio cuore come ci ha ricordato magistralmente Benedetto XVI nella lezione tenuta a Parigi: “La cosa nuova dell’annuncio cristiano è la possibilità di dire ora a tutti i popoli: Egli si è mostrato. Egli personalmente. E adesso è aperta la via verso di Lui. La novità dell’annuncio cristiano non consiste in un pensiero ma in un fatto: Egli si è mostrato. Ma questo non è un fatto cieco, ma un fatto che, esso stesso, è Logos – presenza della Ragione eterna nella nostra carne. Verbum caro factum est (Gv 1,14): proprio così nel fatto ora c’è il Logos, il Logos presente in mezzo a noi. Il fatto è ragionevole. Certamente occorre sempre l’umiltà della ragione per poter accoglierlo; occorre l’umiltà dell’uomo che risponde all’umiltà di Dio […]Quaerere Deum – cercare Dio e lasciarsi trovare da Lui: questo oggi non è meno necessario che in tempi passati. Una cultura meramente positivista che rimuovesse nel campo soggettivo come non scientifica la domanda circa Dio, sarebbe la capitolazione della ragione, la rinuncia alle sue possibilità più alte e quindi un tracollo dell’umanesimo, le cui conseguenze non potrebbero essere che gravi. Ciò che ha fondato la cultura dell’Europa, la ricerca di Dio e la disponibilità ad ascoltarLo, rimane anche oggi il fondamento di ogni vera cultura” (Discorso di Benedetto XVI, Parigi, 12 settembre 2008). I nostri media devono essere cercatori di verità, instancabili e appassionati, capaci di farsi prossimi e di essere solidali senza venir meno alla necessità di giudicare e discernere per servire la verità nella carità. Se da una parte il Direttorio documenta l’impegno e l’attenzione verso la “questione antropologica” al fine di incidere nella società attraverso i mezzi di comunicazione sociale dall’altra anticipa di qualche anno l’impegno sul fronte della “emergenza educativa” richiamata da Benedetto XVI. Il lettore, il telespettatore, il radioascoltatore, il navigatore di Internet, è il vero protagonista della comunicazione. Chi fruisce dei prodotti mediali può sancirne il successo o il fallimento. Su di essi, con l’obiettivo di affinarne le capacità critiche e le aspettative culturali, occorre intervenire per migliorare la qualità dei media che hanno sempre una valenza educativa o diseducativa. Teniamo presente quanto Benedetto XVI ha indicato nella Lettera sull’educazione indirizzata alla diocesi di Roma il 23 gennaio 2008: “Educare però non è mai stato facile, e oggi sembra diventare sempre più difficile. Lo sanno bene i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti e tutti coloro che hanno dirette responsabilità educative. Si parla perciò di una grande "emergenza educativa", confermata dagli insuccessi a cui troppo spesso vanno incontro i nostri sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare un senso alla propria vita. Viene spontaneo, allora, incolpare le nuove generazioni, come se i bambini che nascono oggi fossero diversi da quelli che nascevano nel passato. Si parla inoltre di una "frattura fra le generazioni", che certamente esiste e pesa, ma che è l'effetto, piuttosto che la causa, della mancata trasmissione di certezze e di valori” […].

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“Non temete! Tutte queste difficoltà, infatti, non sono insormontabili. Sono piuttosto, per così dire, il rovescio della medaglia di quel dono grande e prezioso che è la nostra libertà, con la responsabilità che giustamente l'accompagna. A differenza di quanto avviene in campo tecnico o economico, dove i progressi di oggi possono sommarsi a quelli del passato, nell'ambito della formazione e della crescita morale delle persone non esiste una simile possibilità di accumulazione, perché la libertà dell'uomo è sempre nuova e quindi ciascuna persona e ciascuna generazione deve prendere di nuovo, e in proprio, le sue decisioni. Anche i più grandi valori del passato non possono semplicemente essere ereditati, vanno fatti nostri e rinnovati attraverso una, spesso sofferta, scelta personale”. Dobbiamo guardare all’educazione delle nuove generazioni tenendo conto che essa passa in gran parte attraverso i media, come indicato dal Messaggio di Benedetto

XVI per la Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali del 2009 "Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia." (24 maggio 2009). “Vorrei concludere questo messaggio rivolgendomi, in particolare, ai giovani cattolici, per esortarli a portare nel mondo digitale la testimonianza della loro fede. Carissimi, sentitevi impegnati ad introdurre nella cultura di questo nuovo ambiente comunicativo e informativo i valori su cui poggia la vostra vita! Nei primi tempi della Chiesa, gli Apostoli e i loro discepoli hanno portato la Buona Novella di Gesù nel mondo greco romano: come allora l’evangelizzazione, per essere fruttuosa, richiese l’attenta comprensione della cultura e dei costumi di quei popoli pagani nell’intento di toccarne le menti e i cuori, così ora l’annuncio di Cristo nel mondo delle nuove tecnologie suppone una loro approfondita conoscenza per un conseguente adeguato utilizzo. A voi, giovani, che quasi spontaneamente vi trovate in sintonia con questi nuovi mezzi di comunicazione, spetta in particolare il compito della evangelizzazione di questo "continente digitale". Sappiate farvi carico con entusiasmo dell’annuncio del Vangelo ai vostri coetanei! Voi conoscete le loro paure e le loro speranze, i loro entusiasmi e le loro delusioni: il dono più prezioso che ad essi potete fare è di condividere con loro la "buona novella" di un Dio che s’è fatto uomo, ha patito, è morto ed è risorto per salvare l’umanità. Il cuore umano anela ad un mondo in cui regni l’amore, dove i doni siano condivisi, dove si edifichi l’unità, dove la libertà trovi il proprio significato nella verità e dove l’identità di ciascuno sia realizzata in una comunione rispettosa. A queste attese la fede può dare risposta: siatene gli araldi!” In questa prospettiva abbiamo iniziato il nuovo decennio sulla scorta degli Orientamenti pastorali: “Educare alla vita Buona del Vangelo”. La scelta di affrontare il tema dell’educazione viene intesa come risposta alle grandi sfide antropologiche di cui in questo decennio passato abbiamo preso coscienza. Si apre un nuovo capitolo che avrà comunque come orizzonte fondamentale quello della nuova cultura generata dai media

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con i suoi rischi e le sue potenzialità. Nel documento della C.E.I. si dice con chiarezza quali linee si intende seguire nel decennio rispetto alla comunicazione (cfr n. 51) Dagli Orientamenti pastorali “Educare alla Vita Buona del Vangelo”

La comunicazione nella cultura digitale

51. La comunità cristiana guarda con particolare attenzione al mondo della comunicazione come a una dimensione dotata di una rilevanza imponente per l’educazione. La tecnologia digitale, superando la distanza spaziale, moltiplica a dismisura la rete dei contatti e la possibilità di informarsi, di partecipare e di condividere, anche se rischia di far perdere il senso di prossimità e di rendere più superficiali i rapporti.

La crescita vorticosa e la diffusione planetaria di questi mezzi, favorite dal rapido sviluppo delle tecnologie digitali, in molti casi acuiscono il divario tra le persone, i gruppi sociali e i popoli. Soprattutto, non cresce di pari passo la consapevolezza delle implicazioni sociali, etiche e culturali che accompagnano il diffondersi di questo nuovo contesto esistenziale.

Agendo sul mondo vitale, i processi mediatici arrivano a dare forma alla realtà stessa. Essi intervengono in modo incisivo sull’esperienza delle persone e permettono un ampliamento delle potenzialità umane. Dall’influsso più o meno consapevole che esercitano, dipende in buona misura la percezione di noi stessi, degli altri e del mondo. Essi vanno considerati positivamente, senza pregiudizi, come delle risorse, pur richiedendo uno sguardo critico e un uso sapiente e responsabile.

Il loro ruolo nei processi educativi è sempre più rilevante: le tradizionali agenzie educative sono state in gran parte soppiantate dal flusso mediatico. Un obiettivo da raggiungere, dunque, sarà anzitutto quello di educare alla conoscenza di questi mezzi e dei loro linguaggi e a una più diffusa competenza quanto al loro uso.

Il modo di usarli è il fattore che decide quale valenza morale possano avere. Su questo punto, pertanto, deve concentrarsi l’attenzione educativa, al fine di sviluppare la capacità di valutarne il messaggio e gli influssi, nella consapevolezza della considerevole forza di attrazione e di coinvolgimento di cui essi dispongono. Un particolare impegno deve essere posto nel tutelare l’infanzia, anche con concreti ed efficaci interventi legislativi.

Pure in questo campo, l’impresa educativa richiede un’alleanza fra i diversi soggetti. Perciò sarà importante aiutare le famiglie a interagire con i media in modo corretto e costruttivo, e mostrare alle giovani generazioni la bellezza di relazioni umane dirette. Inoltre, si rivela indispensabile l’apporto dei mezzi della comunicazione promossi dalla comunità cristiana (tv, radio, giornali, siti internet, sale della comunità) e l’impegno educativo negli itinerari di formazione proposti dalle realtà ecclesiali. Un ruolo importante potrà essere svolto dagli animatori della comunicazione e della cultura, che si stanno diffondendo nelle nostre comunità, secondo le indicazioni contenute nel Direttorio sulle comunicazioni sociali.

L’impegno educativo sul versante della nuova cultura mediatica dovrà costituire negli anni a venire un ambito privilegiato per la missione della Chiesa.

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