CHICCHI DI MEMORIA / Salviamo il Paesaggio
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CHICCHI DI MEMORIA IRPINA
I RESTI DI UN ANTICO PAESAGGIO Uve, impianti e produzioni in via di estinzione
Invito alla realizzazione di un parco ambientale
tra Taurasi, Mirabella Eclano e Bonito.
Riprendere l’antico
La trasformazione degli impianti tradizionali in nuovi sistemi di allevamento per la produzione di
vini docg quali il Taurasi , il Greco di Tufo e il Fiano e le doc di ricaduta ha portato e sta portando
all‟estinzione di vitigni che da quanto risulta dalla memoria orale dei contadini, sono sempre stati
presenti nel territorio. Molti sono anche le piante secolari che in alcuni casi hanno attraversato
indenni la filossera ma non la massificazione della produzione. I vitigni che possiamo chiamare
minori erano utilizzati come uva da taglio o erano insieme agli altri giunti in auge non più di
quarant‟anni fa parte di uvaggi, molto frequenti nelle aree di produzione vinicola tradizionali. Non
bisogna commettere l‟errore di pensare che il monovitigno sia parte integrante della tradizione: la
selezione di un unico vitigno da cui produrre vino è un‟abitudine diffusa con l‟affermazione dei
disciplinari per i vini. Per tradizione ogni viticoltore invece era solito impiantare nella propria vigna
l‟uva che riteneva più adatta al proprio gusto e alla propria idea di produzione. Sono in Irpinia
numerosi i vitigni caduti nel dimenticatoio, basti ricordare a partire dai più noti il coda di volpe,
solo da pochi anni vinificato in purezza, il grecomusc‟ o rovello bianco vinificato ad oggi da
un‟unica cantina come la coda di volpe rossa, lo sciascinoso e il montonico ancora non adottati da
nessuna azienda e dunque ancora di più a rischio estinzione. Vi sono nel paesaggio irpino dei veri e
propri monumenti naturali delle piante sopra elencate e di alcune varietà di maggiore diffusione
come il piedi rosso o di origine allogena ma ormai da secoli adottati in questo territorio come il
barbera. Alcuni di quei vitigni, si vede in particolare per il coda di volpe prima e per quanto accade
per il grecomusc‟ in questi ultimi tempi, si stanno dimostrando come adatti ad essere reimpiantati e
reintrodotti nel commercio poiché non secondari anche se meno diffusi e famosi del tridente di
forza di questo territorio. Non bisogna infatti commettere l‟errore di pensare che il dominio del
fiano, del greco e dell‟aglianico, sia stato legato alla sola migliore qualità di queste uve. Nelle
dinamiche storiche la selezione di un qualunque tipo di prodotto rispetto ad un altro è dato da un
fenomeno apparentemente incontrollabile dato dalla trasformazione del gusto. Abbandonata ormai
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quasi totalmente dalla critica storica il modello interpretativo unilineare ed evoluzionistico, si è resi
conto che la storia della vicenda umana è caratterizzata da cambiamenti dovuti non da altro se non
da un fenomeno che potremmo definire come cambiamento del gusto, intendendo come “gusto” la
trasformazione di un sistema di comportamenti per motivi non spiegabili su piano razionale e
unilineare. Nel corso dei millenni, per un motivo forse dovuto ai cambiamenti climatici o ad una
rete di scelte assolutamente casuali, si è passati in occidente da indossare invece che lunghe vesti,
così come accade ancora per i religiosi cattolici, i pantaloni, tipico indumento orientale, diventati
poi simbolo dell‟occidente in contrasto con le lunghe vesti orientali, un tempo lontano tipico
abbigliamento occidentale. Allo stesso modo nel corso dei millenni sono cambiati i tipi di uve, i tipi
di lavorazioni e i tipi di impianti per un‟insieme di circostanze non necessariamente conducibili ad
un unico modello interpretativo. Riscoprire dei vitigni scomparsi, non è solo un‟operazione
esclusivamente legata all‟opportunismo e ad un fuorviante amore per il vecchio. Continuare a tenere
da parte ciò che in passato è stato scartato a causa di vicende storiche e di gusti, potrebbe oggi
essere un errore anche di tipo economico. Inoltre, potrebbe essere un’affascinante sfida da
intraprendere quella di produrre vino da vitigni storici, salvaguardando gli uvaggi
tradizionali per poter riproporre sapori che altrimenti possono andar perduti.
Non si può d‟altronde neanche escludere che salvaguardare queste aree possa essere un invito a
coloro che sono disponibili a reimpiantare con un sistema tradizionale a starseto, ad esempio anche
l‟aglianico, visto che quest‟ultimo spesso sembra per la forte crescita vegetativa soffrire negli
impianti a spalliera ormai globalizzati. In questo modo salveremo un paesaggio tradizionale, una
tipica produzione e un metodo di lavoro (la potatura e la vendemmia sugli impianti a starseto) che
potrebbe andare perso negli anni e non faremo dell‟Irpinia una pedissequa imitazione della
Borgogna.
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Il rischio di una perdita di identità.
Vitigni antichi e paesaggio attuale da conservare
L‟assunto, da cui prende le mosse il progetto, è che parte del territorio dell‟Irpinia e nello specifico
della media Valle del Calore sta resistendo alla cementificazione ed è caratterizzato dalla presenza
di poderi e di un paesaggio agricolo in cui spesso si conservano tracce di vigneti “secolari” per
produzioni di vino limitate all‟autoconsumo.
È questa una realtà preziosa che va tutelata, se si vuole evitare il depauperamento del patrimonio
vitivinicolo locale già fortemente rimaneggiato dall‟epidemia di fillossera, dall‟impianto negli anni
Ottanta-Novanta del Novecento di vigneti specializzati, che hanno sostituito i vitigni autoctoni
minori o tradizionali con le cultivar di pregio delle tre DOCG del territorio.
Per ora l‟indagine si è concentrata su tre Comuni (Taurasi, Bonito e Mirabella Eclano) tutti ricadenti
all‟interno dell‟areale della DOCG “Taurasi”, in cui negli ultimi anni si sta determinando una
standardizzazione dei sistemi di coltivazione e dei processi di vinificazione con conseguente
omologazione del gusto stesso, dall‟altra, alla seriazione delle produzioni, si è accompagnato un
appiattimento del paesaggio storico agricolo.
Il rischio di una perdita d‟identità, quindi, è ancora più allarmante perché riguarda non solo il
comparto vitivinicolo, ma coinvolge l‟intero paesaggio rurale irpino, il cui assetto paesistico -
territoriale appare oggi profondamente mutato rispetto a quello dominante fino agli anni Ottanta del
secolo scorso. Al bel paesaggio a mosaico delle colture promiscue, armonico e perfettamente
aderente alle peculiarità ambientali dei singoli territori, si è in parte sostituito il paesaggio seriale ed
uniforme delle monocolture specializzate, con conseguente modificazione delle trame campestri e
scomparsa delle componenti residuali ad esse annesse.
Il progetto “Chicchi di memoria Irpina”, vuole contrastare questo fenomeno di
semplificazione e impoverimento del paesaggio rurale attraverso il recupero di
quell’equilibrio tra fattori naturali e fattori di ordine culturale, che per secoli ha segnato la
qualità del paesaggio irpino.
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Lo starsete di Taurasi e della media Valle del Calore
Taurasi è un piccolo paese rurale sulla riva del Calore, nel cuore dell'Irpinia. E' diventato famoso
nel mondo per aver dato il nome all'unico vino DOCG rosso campano. Nei primi anni del XX
secolo era la stazione ferroviaria da cui partivano vini e uve per le grandi cantine del nord dell'Italia
e della Francia, dove la filossera ebbe effetti devastanti e si sentì la necessità di importare vini dal
Meridione d'Italia, che restò a lungo immune dal fenomeno prima degli anni „20 del '900. Il centro
antico del paese del vino è appoggiato su una piccola collina, a circa 350 metri sul livello del mare.
Per arrivarci superato il ponte sul fiume Calore si percorre una strada tortuosa che si arrampica sulla
collina. Al di là delle insegne o di pubblicità piuttosto rare a dimostrazione che l'industria
enoturistica non ha ancora invaso il territorio, se si guarda intorno si vedono numerosi nuovi
impianti di vigneti, noceti, e aree coltivate a grano. La frammentarietà della proprietà ha
salvaguardato la promiscuità delle culture ma la presenza dei filari di viti a cordone speronato
aumenta anno per anno.
“ (...) Quando per detta esportazione il vino diventò una merce grandemente ricercata e pagata a
prezzo altamente remunerativo, si distrussero i castagneti, si abbatterono le piantagioni di
nocciuoli e con rapidità fulminea, nei piani, sui colli e ovunque v'era palmo di terreno libero, si
piantarono viti senza più badare se ad esse confacessero terreno e clima”.
Queste parole sembrano descrivere quanto sta avvenendo oggi ma la storia è fatta di corsi e ricorsi e
A. Valente parla di ciò che avveniva un secolo fa. L'aglianico, per la sua alcolicità, il suo colore
rubino intenso e la complessità dei profumi, così come il primitivo pugliese o il nero d'avola
siciliano, era adatto per tagliare le grandi produzioni del nord. Allora gli impianti di vite anche
nuovi erano tutti col sistema tradizionale “a starsete” o “avellinese”. Questo tipo di impianto ha una
tradizione millenaria come è possibile dedurre dalla descrizione che ne da Plinio il Vecchio nel I
sec. d.C. (Naturalis Historia XVII.166) chiamandolo vigna a compluvium, poiché sembra formare
una stanza con uno spazio aperto al cielo. Nel compluvium o starsete le vigne sorrette da pali oppure
da alberi bassi sono disposte ai quattro lati di un quadrilatero, a circa 3/4 metri di distanza le une
dalle altre. Ai quattro pali sono legate le corde di salice in modo da unire i quattro lati e le diagonali
del quadrilatero, a circa 1.80/ 2.00 metri di altezza. Solitamente per facilitare questo tipo di
impianto dalla medesima radice partono dai due ai quattro fusti intrecciati.
Lo “starsete” si presenta anche in modi diversi a secondo dei territorio e dei vitigni. A ridosso di
Avellino, è talmente basso da sembrare una piccola pergola. Nell‟area di Taurasi mantiene una
quota standard di circa due metri. Seguendo invece l‟antica via Appia in direzione di Passo di
Mirabella, in un territorio compreso tra Mirabella Eclano e Bonito, gli starseti posso raggiungere
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anche altezze considerevoli, per un massimo di 4 mt e utilizzare per sostegno non pali ma alberi da
frutta o olmi, seguendo un altro metodo tramandato nei secoli che ricorda da vicino l‟alberata.
Al di là delle sue varietà questo tipo di impianti oltre a garantire una grande produttività consentiva
di lasciare liberi degli spazi per una promiscuità di colture su di un livello superiore con olivi o
alberi da frutta e inferiore con ortaggi, grano o mais. Il piccolo proprietario terriero in questo modo
aveva la possibilità di trarre più fondi di reddito dal suo podere. Quello starsete così frequentemente
utilizzato agli inizi del '900 è sopravvissuto in molte proprietà e non tutte le aziende, per lo più
piccole e a conduzione familiare, hanno adottato gli impianti viticoli più facili e più produttivi a
cordone speronato anche se quei lunghissimi filari con notevole densità di piante hanno vita facile
sulle dolci pendenze della collina di Taurasi.
Le tecniche dello “starsete” nel loro insieme costituiscono un vero e proprio patrimonio tradizionale
che insieme all‟antichità dei vitigni definiscono specifiche unità paesaggistiche - presidi
paesaggistici - sempre più a rischio di estinzione. Questo assetto, certamente da approfondire,
comporta inevitabili ricadute tanto su aspetti materiali quanto immateriali: da una parte la
standardizzazione dei modi di produzione ha effetti sull‟omologazione del paesaggio storico, con la
sostituzione delle colture promiscue. Se da una parte la standardizzazione dei processi di
vinificazione ha prodotto un‟omologazione del gusto, con vini certamente eleganti, eccellenti sotto
il profilo organolettico, dall‟altra assistiamo alla persistenza e talvolta al recupero di vini dal gusto
forse meno raffinato, ma più caratterizzati da un punto di vista territoriale, che definiremo
- archeologia dei sapori - . Si possono vedere i contadini che su scale a tre piedi ( o' trespolo)
potano oppure fanno la vendemmia con una lentezza e una meticolosità di altri tempi. Passeggiando
per i campi è bello ammirare queste piante “mostruose”, con basi dai diametri insoliti per chi è
abituato a vedere gli impianti nuovi a cordone speronato. Si ammirano rami simili a spire di serpenti
sospesi in alto in un equilibrio apparentemente precario ma che dura da secoli. I terreni sciolti a
base calcarea e limosa hanno impedito il proliferare della filossera salvando le vigne su piede franco
e questi meravigliosi impianti. Come anche lo stesso Plinio racconta il compluvium non è ottimale
per la qualità a causa della cattiva esposizione al sole, allora era usato perché consentiva una grande
produzione d'uva, oggi bisogna salvarli perché ultimi testimoni di una tradizione – utili e
indispensabili a riempire il granaio della memoria d’Irpinia.
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L’Idea di un Parco Ambientale
Da un punto di vista progettuale di salvaguardia (ambientale) e valorizzazione (del patrimonio
storico ed economico delle attività ad esse correlate) del territorio, lo studio tende a identificare un
percorso che si snoda fra i suoli vitati dei tre comuni e da altri attrattori, quali: aree archeologiche,
aree boschive, naturalistiche, gole fluviali, belvedere, ecc.; tutti spazi rurali, poco antropizzati e
caratterizzati dalla persistenza della natura e di un carattere del paesaggio irpino in prossimità di siti
produttivi, centri abitati e luoghi dell‟intrattenimento contemporaneo.
La conservazione del patrimonio ambientale e architettonico, culturale di un territorio e quindi, la
relativa riqualificazione storico-paesaggistica e ambientale di un territorio sta diventando una
componente sempre più importante nell‟epoca dell‟economia della conoscenza, perché esalta
l‟identità, la specificità, la peculiarità, evitando il rischio di omogeneizzazioni e standardizzazioni
conseguenti alla globalizzazione. In particolare, la valorizzazione del patrimonio culturale di un
territorio contribuisce a costruire un‟immagine da “vendere” nel villaggio globale, capace di attrarre
nuove attività, nuovi investimenti, nuova forza lavoro, nuovi turisti, nuovi abitanti. Lo studio
contemplerà come azione prioritaria la valorizzazione dei luoghi , visti come riflesso dello spirito
del territorio, come spazi aventi la capacità di esprimere una saggezza collettiva accumulata nel
corso dei secoli. Lo studio diventerà catalizzatore di più idee “processi” di trasformazione,
produttore di valore aggiunto, stimolo per nuove traiettorie di sviluppo del territorio, creatore di
nuove attività/imprese.
Ad esempio lo studio approfondirà le attività di:
.- vinificazione in purezza dei vitigni storici attraverso cantine che adotteranno le vigne;
.- riconoscimento di una comunità del cibo di Terra Madre di produttori dei vitigni storici;
.- costituzione di un Presidio Slow Food sulla produzione di vino dai vigneti secolari.
Lo studio, cercherà di conservare il capitale attuale di territorio, nelle sue differenti forme,
con lo scopo di tramandarlo alle future generazioni, esaltandone le diversità e le biodiversità
locali.
L‟esperienza d‟altre realtà italiane in cui hanno operato nella salvaguardia del proprio territorio e
delle proprie culture, insegna come tale intervento intervenga significativamente e direttamente sul
riequilibrio territoriale e che la loro tutela, oltre che fare aumentare la generale qualità della vita dei
cittadini, determina un sensibile miglioramento della realtà socio-economica locale.
Inoltre, a nostro parere lo studio e il successivo progetto di Piano Ambientale muove le fila
dell‟interesse in merito a:
suolo, garantendo la sicurezza del territorio;
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il patrimonio culturale, recuperandolo e prevedendo il suo giusto valore economico;
il lavoro e le risorse umane, favorendo la possibilità di nuove professionalità;
la ricerca e l'innovazione tecnologica, prevedendo attività di ricerca applicata (vinificazione) da
trasferire al settore vitivinicolo allo scopo di aumentarne le potenzialità produttive e di diminuirne i
rischi in termini di qualità finale del prodotto vino;
i sistemi locali di sviluppo, nella misura in cui gli interventi di salvaguardia e di recupero realizzati
tenderanno a rafforzare la struttura produttiva locale;
ruralità, migliorando la qualità della vita all‟interno degli spazi aperti rurali;
A nostro parere, nel momento in cui viene sollecitata una discussione intorno ad un Piano
Ambientale di recupero e salvaguardia del territorio rurale storico, significa consapevolmente dare
inizio ad un processo che individua in un sistema di criteri e di regole un insieme di scelte
trasparenti e di soluzioni puntuali, che in quel sistema dovranno trovare chiarezza e legittimità. La
Media Valle del Calore, diviene in questo senso un punto di riferimento, di scelte progettuali e
politiche, mappa che descrive un sistema di decisioni coerenti.
Un modo per affermare che il piano ha le capacità di proporre una “ piano, idea - possibile ”, dove
le soluzioni “strategiche” previste non debbano sempre e soltanto rincorrere, aggiustare, arrivare in
ritardo, dove bellezza ed equità tornino ad essere concetti inscindibili.
Il Piano, metterà in evidenza la struttura del territorio, il carattere delle differenti parti, i luoghi della
memoria; si aprirà alle tentazioni di altri immaginari “possibili” anche attraverso la costruzione di
“questioni nuove”, non risolverà (almeno cercherà di farlo) solo quelli ereditati; solleciterà le
reazioni dei diversi soggetti sociali, li indurrà ad elaborare strategie che si collochino dentro quella
struttura, destinata nel tempo a stabilire un rinnovato stato di diritto.
Per meglio comprendere come le singole azioni del progetto intenderanno perseguire gli obiettivi di
una conservazione sostenibile del territorio e sviluppo del patrimonio culturale in coerenza con i
principi di una azione “coerente”, il gruppo di lavoro ha messo a punto una matrice di sostenibilità,
in cui sono stati esplicitati gli obiettivi, tenendo conto non soltanto dei criteri di efficienza ed
efficacia, ma anche delle più generali ricadute sul sistema territoriale, sociale ed economico.
La matrice di sostenibilità, può essere intesa come un sistema elementare di supporto alle decisioni,
le cui componenti sono costituite da dati di tipo quantitativo e/o qualitativo. Si individuano i criteri
di valutazione disposti per riga a cui sono associati i relativi indicatori quanti-qualitativi, le cui
intensità esprimono la performance di ciascuna azione e/o opzione da valutare, disposte per colonne
rispetto a ciascun criterio. La matrice di sostenibilità sintetizza le informazioni emerse, ponendo in
relazione criteri, sotto-criteri ed indicatori, raggruppati in base ai tre obiettivi:
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.- sostenibilità culturale ed ambientale;
.- sostenibilità sociale;
.- sostenibilità economico-finanziaria.
Obiettivi Criteri Sotto-criteri Indicatori
Sostenibilità
culturale ed
ambientale
1. Tutelare e
valorizzare le risorse
agro-culturali e
migliorare la qualità
dell‟ambiente locale
1.1. Valorizzare la
qualità dei vigneti
storici e degli spazi
rurali
1.2 Valorizzare
l‟identità del
territorio
1.3 Migliorare la
gestione delle risorse
.- Stop al consumo di
territorio agricolo nei
singoli comuni con
relativa adozione di
un piano Ambientale
e approvazione di un
regolamento di
attuazione per la
tutela dei vigneti
storici e degli
elementi costitutivi
del paesaggio rurale
della Media Valle del
Calore
.- Recupero di mq. di
vigneti storici con le
tecniche di
coltivazione storiche
.- Promozione della
memoria storica dei
luoghi
.- Promozione di
tradizioni locali
.- Promozione delle
risorse naturali
.- Promozione della
rete agroculturale
enogastronomica
.- Realizzazione di
poli di attrazione
.- Promozione di
azioni e strumenti
eco-territoriali
Sostenibilità sociale 2. Migliorare
l‟integrazione
sistemica e la
coesione sociale
2.1. Promuovere una
rete della Comunità
del Cibo di Terra
Madre, rafforzando
la governance locale
.- Partecipazione agli
appuntamenti di
promozione e
valorizzazione del
territorio al di fuori
del contesto locale
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2.2 Migliorare
l‟integrazione tra il
Comune “livello
locale” e il territorio
(regionale/nazionale
/internazione)
.- Realizzazione di
un logo e marchio di
identificazione
.- Costruzione di
legami culturali forti
con i contesto e le
aree vicine
.- Attivazione di
servizi turistici
(percorsi, ecc.) e
culturali organizzati
.- Realizzazione di
strutture di
informazione e
diffusione anche da
remoto
Sostenibilità
economica e
finanziaria
3. Garantire la
fattibilità
4. Assicurare la
vitalità nel tempo
3.1 Ridurre i costi di
investimento
3.2 Promuovere
l‟autosostenibilità
dell‟intervento
4.1 Promuovere un
sistema di gestione
integrato
.- Minimizzazione
del costo degli
interventi
.- Massimizzazione
della quota di
finanziamento
privato (cantine per
l‟adozione del
vigneto e successiva
vinificazione)
.- Incremento della
redditività
.- Massimizzazione
del ricorso a regimi
di aiuto
.- Costituzione del
Presidio Slow Food
da vigne storiche
.-Gestione unitaria
delle funzioni
.- Partnerschip
pubblico-privato
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Applicazioni pratiche
Accanto ad una serie di obiettivi di taglio più prettamente culturale, scientifico come la adesione al
Forum Nazionale “Salviamo il Paesaggio-Difendiamo i Territori”, oppure di tipo tecnico per la
successiva caratterizzazione sul piano morfologico (ampelografico) e genetico (marcatori
molecolari) delle viti campionate o la realizzazione di articoli destinate ad un‟utenza diffusa, il
progetto presenta una serie di applicazioni pratiche e di iniziative dalle ricadute economiche per il
territorio.
Innanzitutto si potrà selezionare il vitigno (o i vitigni) simboli della Terra d‟Irpinia tra quelli
campionati sulla base della lunga persistenza nel territorio indagato; successivamente si
identificherà tra i produttori partecipanti al progetto (sette ad oggi 18.12.2011) la Comunità del
Cibo di Terra Madre in modo da mettere in rete “mondiale” la loro esperienza di custodi (resistenza
contadina” di un dato territorio e di un dato prodotto; il passo successivo potrà essere la produzione,
dopo le necessarie operazioni di microvinificazioni, del vino dei “chicchi della memoria”, ottenuto
dai vitigni selezionati e riconosciuti come tradizionali o autoctoni dalle analisi ampelografiche e
genetiche. Successivamente, una volta prodotta la prima vinificazione ottenuta dall‟uvaggio di tutte
le cultivar selezionate si ipotizza di identificare/condividere il percorso del vino prodotto da vigneti
storici “secolari” con il progetto dei Presidi Slow Food, riconoscendone il giusto valore culturale,
ambientale ed economico.
Altra possibile applicazione pratica del progetto, sarà quella di identificare itinerari guidati di
“enotrekking” (con soste di degustazione), che conducano il turista alla scoperta delle persistenze di
antichi vigneti e forme tradizionali di coltivazione della vite nel paesaggio della Media Valle del
Calore.
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Conclusioni
Bonito, Mirabella Eclano, Taurasi e successivamente gli altri 14 paesi dell‟areale del “Taurasi
DOCG” possono diventare per alcuni aspetti paesi guida, o meglio pilota di un nuovo fare, agire
verso la natura e la storia, diventare base informativa per un vivere che rispetti l‟agricoltura, la
storia, il paesaggio in genere.
Paesi che sappiano pensare che il turismo “enoculturale” e non solo, sia risorsa in cui sperimentare
come vivere bene e sano. In cui, lo sviluppo del territorio è inteso come incentivo economico per la
salvaguardia, la protezione e il recupero umano, ambientale e paesistico. Il Progetto, è finalizzato
nel suo complesso allo sviluppo di una cultura ambientale per uno sviluppo dell‟economia della
Media Valle del Calore in senso tradizionale ed ecocompatibile, ma anche di ri-scoperta di un
qualcosa che è andato pian piano scomparendo. A partire, dalla valorizzazione del patrimonio
ambientale e culturale è possibile puntare, ad un‟offerta diversificata rispetto a quella delle aree
metropolitane e di costiera, attraverso lo sviluppo di un turismo itinerante e diffuso che privilegi
forme di turismo rurale.
In conclusione, il progetto non da una risposta ai tempi di crisi, ma rappresenterà il risultato di una
normalità del lavoro quotidiano, “crisi o non crisi”, gestito con passione e con tenacia da tanti
contadini dell‟Irpinia.
GRUPPO DI LAVORO
Condotta Slow Food Irpinia Colline dell’Ufita e Taurasi
Franco Archidiacono, Alessandro Barletta, Peppino Beatrice, Flavio Castaldo, Antonio Oliviero, Miano Pasqualino
www.condottaufitataurasi.it
Azienda Agricola “Contrade di Taurasi” di Enza Lonardo – Taurasi
[email protected] – www.contradeditaurasi.it
Cantine “Tenuta Cavalier Pepe” di Milena Pepe – Luogosano
[email protected] - www.tenutacavalierpepe.it