Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e...

280
1

Transcript of Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e...

Page 1: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

1

Page 2: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

2

Page 3: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

3

Chiara D’Alessio • Irene Minchillo

LE NEUROSCIENZE E L’EDUCAZIONE

Page 4: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

4

Volume stampato con fondi FARB assegnati al Dipartimento di ScienzeUmane, Filosofiche e della Formazione dell’Università degli Studi di Salerno.

Chiara D’Alessio • Irene MinchilloLE NEUROSCIENZE E L’EDUCAZIONE

280 pagineISBN: 978-88-6152-130-8

© Pensa Editore 2010Via Caponic, 24 • 73016 San Cesario di Lecce

Via San Cesario, C.da Tangano • 73020 Cavallino (Lecce)Tel. e Fax +39 0832 205793 • Cell. 3383996947

www.pensaeditore.it • [email protected]

Page 5: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO IDECLINAZIONI PSICOPEDAGOGICHE NELLA RICERCAPSICOBIOLOGICA1. Tra neuroscienza e psicopedagogia2. La prospettiva genetica e le neuroscienze cognitive3. Tra geni e neurogenetica: la nascita della variabilità

3.1 Il materiale genetico e l’espressione genica3.2 La trasmissione dei caratteri complessi e l’influenza ge-

netica3.3 La componente genetica e ambientale del comportamento3.4 L’identificazione dei geni legati al comportamento3.5 La genomica comportamentale, la neurogenetica e le

neuroscienze4. Geni e plasticità sinaptica

4.1 Genetica e personalità4.2 Studi genetici su capacità e disturbi cognitivi

4.2.1La capacità cognitiva generale4.2.2 Capacità cognitive specifiche 4.2.3 I disturbi della lettura4.2.4 Il disturbo da deficit di attenzione e da com-

portamento dirompente4.2.5 La balbuzie4.2.6 L’ambiente

5. Ipotesi neuroscientifiche sul rapporto mente-cervello5.1 Metodi e tecniche di indagine 5.2 Dallo sviluppo neuronale dell’embrione all’emersione

del Sé 5.3 Il sé sinaptico

6. I neuroni specchio: sostrato neurale dell’esistenza prever-bale e prerazionale6.1 Neuroetica ed educazione

7. ConclusioneBibliografia

pag. 11

“ 19“ 19“ 23“ 23“ 24

“ 26“ 27“ 28

“ 29“ 30“ 31“ 32“ 32“ 36“ 37

“ 38“ 39“ 40“ 42“ 44

“ 45“ 50

“ 56“ 63“ 64“ 65

5

Page 6: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

6

CAPITOLO IIDAL GENE AL MEME: I FATTORI EPIGENETICI-AMBIENTALINELLA NEUROGENESI E NEI PROCESSI MNEMONICI1. Le Neuroscienze Cognitive, L’Educazione e il Ben-Essere2. Dal concetto di gene al concetto di meme

2.1 Dal gene all’epigene2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali2.3 La memetica

3. La neurogenesi nei cervelli adultiBibliografia

CAPITOLO IIIESPERIENZE SOCIALI, SVILUPPO DELLA MENTE, EQUILIBRIOEMOTIVO: UN APPROCCIO PSICOBIOLOGICO ALLA STUDIODELLA RELAZIONE EDUCATIVA1. Lo sfondo epistemologico: discipline e antidiscipline nel

progresso scientifico2. Cervello e relazioni interpersonali3. Il cervello emotivo ovvero il sistema limbico4. I neurotrasmettitori5. Sistemi dopamimergici, noradrenergici, serotoninergici, coli-

nergici6. Cervello e memoria7. Memoria, stress, emozioni: il ruolo dell’amigdala8. Psicobiologia dell’attaccamento9. Attaccamento, stress e sistema immunitario. Implicazioni

educative10. Psicobiologia della relazione: cervello ed empatia11. La neuroplasticità12. Mindfulness, cervello ed educazione13. L’apprendimento mindful14. L’educazione come esperienza di senso. Componenti psico-

biologiche15. Conclusione

Bibliografia

pag. 73“ 73“ 76“ 77“ 80“ 83“ 84“ 87

“ 89

“ 89“ 90“ 95“ 96

“ 96“ 97“ 98“ 100

“ 104“ 111“ 114“ 116“ 119

“ 121“ 122“ 124

Page 7: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

CAPITOLO IVI NEURONI SPECCHIO, L’IMITAZIONE, L’EMPATIA E ILLINGUAGGIO1. La Scoperta del “Meccanismo Specchio”2. Il Sistema Specchio e il Cervello Umano3. L’Attribuzione di Significato4. L’Imitazione e l’Empatia

4.1 Il Neurorazzismo empatico5. Il Linguaggio

5.1 La confutazione delle tesi “vocalistiche” del linguaggio5.2 La Teoria Linguistica di Rizzolatti ed Arber5.3 Dal protolinguaggio al linguaggio verbale

6. ConclusioniBibliografia

CAPITOLO VFONDAMENTI ANTROPOLOGICI E NEUROSCIENTIFICI ADUNA PSICOPEDAGOGIA DELLA CORPOREITÀ1. Introduzione2. Corpo e Corporeità: uno sguardo filosofico 3. La corporeità come prima dimensione dell’essere umano4. Corporeità e persona 5. Sviluppo cognitivo ed apprendimento motorio6. Attività motoria e sportiva e costruzione dell’identità 7. Ricerche sul “cervello in movimento”8. Potenzialità dell’esperienza motoria nella diversabilità. L’e-

ducazione alla corporeità e lo sport per l’integrazione9. Il laboratorio di movimento 10. Una proposta di formazione per insegnanti ed alunni 11. Conclusione: corporeità ed educazione

Bibliografia

CAPITOLO VIEMOZIONE ED EMPATIA TRA FILOSOFIA E NEUROSCIENZE.RISVOLTI PEDAGOGICI1. Introduzione2. Gli studi sulle emozioni3. Sistemi fisiologici e loro attivazione nell’esperienza emotiva4. Emozioni e sviluppo

7

pag.127“ 127“ 129“ 133“ 136“ 143“ 145“ 147“ 149“ 155“ 156“ 164

“ 167“ 167“ 169“ 170“ 172“ 174“ 176“ 183

“ 187“ 191“ 193“ 196“ 198

“ 201“ 201“ 206“ 216“ 219

Page 8: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

5. Emozioni e neurofenomenologia6. Atti emozionali conoscitivi e percezione affettiva dei valori7. L’empatia

7.1 Introduzione7.2 Empatia e neuroni specchio7.3 L’empatia come fondamento della conoscenza e dell’e-

sperienza intersoggettiva7.4 L’empatia secondo E. Stein7.5 Risvolti pedagogiciBibliografia

CAPITOLO VIIPREVENZIONE E TRATTAMENTO DELLO STRESS NELLEPROFESSIONI D’AIUTO: DALLA PSICOBIOLOGIA DELLA RE-LAZIONE DI CURA AL SIGNIFICATO ESISTENZIALE DELLASOFFERENZA1. Concetto di salute2. Brevi cenni di psicosomatica 3. Cervello e stress4. Aspetti psicobiologici del rapporto paziente-curante.

Correlati e costi dello sforzo mentale ed emotivo5. Prevenzione e trattamento dello stress nelle professioni

d’aiuto6. La relazione d’aiuto con i pazienti e tra i componenti delle

équipe di cura7. Educazione alla salute, senso della cura e significato esi-

stenziale della sofferenzaBibliografia

8

pag.228“ 232“ 232“ 233“ 234

“ 236“ 238“ 245“ 247

“ 253“ 253“ 254“ 256

“ 260

“ 264

“ 266

“ 269“ 274

Page 9: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

A Martina, Lucilla e Stefano, i nostri figli. Ogni giorno con loro ha il sapore di un straordinario regalo:

poter scoprire e capire come una mente diversa dalla tuaorganizza la conoscenza del mondo.

9

Page 10: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

10

Page 11: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

INTRODUZIONE

“L’idea Montessori attraversa il tempo e conserva intatto il suovalore anche oggi. Le sue scoperte, fatte un secolo, fa vengono con-fermate dalla ricerca psicopedagogica e dalle neuroscienze; le suerisposte educative sono più vere ed utili oggi, all’inizio del millennio,che non ieri, all’inizio del ventesimo secolo.

Montessori ci può aiutare a ripensare l’educazione nel tempo del-l’incertezza, a non giocare mai al ribasso quando si tratta di capireche nell’epoca delle passioni tristi i bambini sono la vera passwordper il futuro” (Regni, 2007, p. 19).

Chi scrive è impegnato, da diversi anni, in percorsi di didattica edi ricerca psicopedagogica i quali, tenuto conto dell’enorme sviluppoche, da almeno un ventennio, caratterizza gli studi sul rapporto tramente e cervello, tentano di integrare studi neuroscientifici, psicolo-gici, pedagogici ed offrire spunti di riflessione nella direzione di unacrescente comprensione della complessità di tale rapporto e del suoimpatto sulla qualità dei processi educativi e formativi.

Bob Garrett, nel bellissimo testo “Cervello e comportamento”(2006) definisce le neuroscienze “lo studio multidisciplinare del siste-ma nervoso e del suo ruolo nel comportamento” (p. 2). Aggiungeinoltre: “il termine neuroscienze identifica l’argomento su cui verte laricerca piuttosto che il percorso formativo degli scienziati. Un neuro-scienziato può essere un biologo, un fisiologo, un anatomista, unneurologo, un chimico, uno psicologo o uno psichiatra, ma anche uninformatico o un filosofo” (p. 2); e, proprio in virtù di quanto inten-diamo dimostrare nel presente lavoro, perfino un pedagogista.

L’aveva ben compreso la grande Maria Montessori, la quale, pur

11

Page 12: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

essendo un medico capace di seguire gli sviluppi della neurofisiologia,è vissuta in un periodo che precedeva le grandi scoperte contempora-nee della biochimica e della biofisica cerebrale eppure come pochi pe-dagogisti è stata consapevole della necessità di fondare l’educazione supremesse scientifiche di questo genere; quella che oggi si chiama sinap-togenesi rappresenta una splendida base che conferma le caratteristi-che ed il funzionamento della mente assorbente (Regni, 2007, p. 172).

L’attuale rapporto tra neuroscienze ed educazione si colloca dun-que in un possibile quadro fondativo di una nuova pedagogia scienti-fica lontana da un asettico e freddo positivismo ed a servizio dellapersona, intesa come unità bio-psico-socio-spirituale (Donnarumma,D’Alessio, 2008), pedagogia della quale la Montessori è stata antici-patrice ed antesignana (Acone, 1997).

Quanto scrive Raniero Regni in “Infanzia e società in Maria Mon-tessori” (2007), ben si applica ad introdurre il presente lavoro. Ci siperdonino le lunghe citazioni, ma è quanto di più calzante si è trova-to per l’obiettivo che ci siamo preposti. “Le straordinarie scoperte dioggi fanno pensare al bambino con la reverenza, il rispetto e l’ammi-razione a cui si richiamava cento anni fa Maria Montessori e che l’a-vrebbero riempita di gioia e di ammirazione, perché confermano laricchezza del potenziale umano, il tesoro nascosto nel bambino. Sco-perte che vengono da discipline lontane dalla pedagogia di cui laMontessori è stata puntuale precorritrice e che dovrebbero interessa-re molto le scienze dell’educazione, come la neurofisiologia e le neu-roscienze. Basta anche solo accennare al fatto che, a differenza di tut-ti gli altri organi che aumentano la loro dotazione di cellule, il cervel-lo si sviluppa attraverso una morte selettiva delle sue cellule, i neuro-ni, che avviene a causa delle esperienze che ne scolpiscono la struttu-ra. Secondo alcune ipotesi ancora più ardite, la mente umana in ge-nerale e la mente del bambino in particolare possono rappresentareaddirittura una forma di discontinuità nei confronti delle leggi dellamateria quali ce le presentano la fisica e la chimica. La mente, in con-trasto con la materia, potrebbe essere un fattore di neghentropia, unaforza opposta all’entropia capace di ricreare l’ordine a partire dal di-sordine e costruire sistemi di livello energetico superiore. Oggi noisappiamo che i poteri innati del cervello, incapsulati nelle reti neura-

12

Page 13: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

li, sono molto più grandi e numerosi di quello che si credeva. Ancheper questo ‘scienziati e bambini si assomigliano perché nessuno è piùbravo di loro ad imparare’. Il cervello dei bambini possiede quelle ma-giche potenzialità che si sono sempre sospettate e che noi ora possia-mo concretamente osservare dall’interno e che l’educazione della pri-ma infanzia è per questo decisiva. Dietro ogni gesto del bambino, die-tro ogni materiale che afferrano le sue mani, dietro ogni relazione esintonia con gli altri esseri viventi esistono formidabili apparati neurali.Vediamo perché agiamo e agiamo perché vediamo. Un cervello cheagisce è un cervello che comprende. Come già sapeva la Montessori, lamano è l’organo dell’intelligenza, i bambini pensano con le mani. L’in-trinseca psichicità del movimento, che non accetta la separazione tra ilsensoriale, il motorio ed il cognitivo, è oggi confermata dalle neuro-scienze. Oggi noi sappiamo che non c’è percezione, cognizione e poimovimento. Il movimento e le aree cerebrali addette non sono i termi-nali esecutivi: agire è comprendere. (…). La scoperta dei neuroni spec-chio e la spiegazione della loro funzione rappresentano, ad esempio,una formidabile conferma della cura montessoriana per i dettagli nellapresentazione del materiale di sviluppo. Le cellule cerebrali che coin-volgono la corteccia visiva e motoria, ma anche le strutture emozionali,anticipano movimenti ed oggetti. Grazie ad essi la visione di un’azioneeseguita o subita da un altro individuo attiva i medesimi centri nel cer-vello dell’osservatore. E questo apre orizzonti interessanti anche sulruolo dell’imitazione, della pedagogia mimetica del laboratorio e dellabottega, delle forme di apprendistato moderne che Montessori prima eGardner poi hanno proposto come vera e propria rivincita contempo-ranea dell’apprendistato” (Regni, 2007, p. 16, 17).

Ancora Regni, a proposito della possibile integrazione tra approc-cio biologico ed approccio spirituale nello studio dell’uomo già pro-posta dalla Montessori, così si esprime: “Per la Montessori la menteumana ha qualcosa in sé che trascende il piano pienamente naturale,ma intanto lei si interroga sulla sua struttura, la sua origine e la suaeducabilità. (…) Lo scopo della lunga infanzia è rendere la menteumana disponibile ad apprendere il mondo della cultura, il regnodell’artificiale, della supernatura e forse, superare costantemente i li-velli di civiltà raggiunti. Maria Montessori definisce questa peculiari-

13

Page 14: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

tà umana con un termine suggestivo: embrione spirituale. Il neonatointraprende nel periodo postnatale un lavoro formativo, egli ha unperiodo di vita che non è quello dell’embrione fisico e non è simile aquello che presenta l’uomo da lui formato…così l’umanità ha dueperiodi: uno è prenatale, simile a quello degli animali, ed uno è post-natale, proprio dell’uomo. In questo modo si interpreta il fenomenoche distingue l’uomo dagli animali: la lunga infanzia. Questa lungainfanzia ha un decisivo valore evolutivo: la fede nel bambino non èuna fede ingenua ma è nutrita dalla conoscenza e confermata dallepiù recenti scoperte neuroscientifiche. Il dato collettivo confermaquello individuale, esistenziale per cui la nascita di un bambino rap-presenta una delle poche reali novità cariche di promesse offerte adogni generazione di uomini. La lunga infanzia umana rappresenta undiscontinuità rispetto ad altri esseri, un salto nella vita: l’intrapresa dinuovi destini. È quello che la montessori chiama ‘alone spirituale’che lo avvolge, un alone spirituale che possiede basi biologiche cherisiedono nel sistema nervoso centrale, nel cervello umano con ilquale l’evoluzione naturale ha superato sé stessa. L’evoluzione biolo-gica trascende sé stessa formando il supporto materiale, il cervelloumano, ad individui autocoscienti, che sperano ed amano. NellaMontessori è evidentissimo il legame tra mente e cervello che è oggiuno dei settori più importanti della ricerca attorno all’uomo. Il cer-vello è forse il congegno più complesso dell’universo, formato da 100miliardi di neuroni in grado di formare milioni di miliardi di connes-sioni tra loro; sappiamo che il numero di neuroni tende a diminuirecon gli anni, per cui i neuroscienziati parlano di morte selettiva o po-tatura dei neuroni dopo la nascita e questo fatto ha grandi conse-guenze sul piano educativo e sulla ricerca psicopedagogica, di cui perprima la Montessori ha scoperto le reali potenzialità. Infatti sono leesperienze vissute nei primi mesi e nei primi anni a modificare lemappe neuronali; l’esperienza infantile è in presa diretta con la strut-tura stessa del cervello, l’esperienza incide a livello neuronale. Perl’adulto le informazioni vengono inglobate in una struttura già orga-nizzata mentre per il bambino le prime esperienze costruiscono lastruttura stessa, è quindi qualcosa di molto diverso dalla genericaconsiderazione del valore educativo delle prime esperienze di vita. Il

14

Page 15: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

cervello oscilla tra il caso e la necessità, tra le necessità e gli imperati-vi biologici programmati dai geni e il caso delle esperienze che modi-ficano il cervello stesso. Il programma genetico delle cellule cerebraliè relativamente poco specializzato, il programma dei geni da solonon è sufficiente per specificare la struttura e le funzioni del cervello.I geni stabiliscono una traccia di connessioni essenziali ma questevengono stabilizzate solo dalle esperienze. Il giardiniere che pota lesinapsi è l’esperienza del bambino ovvero gli stimoli ambientali, cioèquello che egli vede, sente, tocca, fa. L’apprendimento per lui è il ri-sultato di un’alterazione delle connessioni sinaptiche tra cellule.Questa straordinaria attività neuronale è segnalata anche dal meta-bolismo del cervello del bambino; esso infatti consuma a due anni lastessa quantità di glucosio di quello di un adulto, ma già a quattroanni è il doppio. Nel cervello del bambino c’è una vulcanica attivitàcerebrale che lo rende molto più potente di quello di un adulto. Seavviene un trauma od una lesione quanto più precocemente essa èavvenuta, tanto è più probabile che il cervello si riveli in grado dieseguire la funzione desiderata a prescindere dal sito della lesione. Ilcervello del bambino è in grado di riparare sé stesso, quello dell’a-dulto no, nel senso che i neuroni sono in grado di gettare dei pontisulla lesione dislocando le varie competenze nelle aree cerebrali cheancora non si sono definitivamente localizzate (…). Oggi, intorno alrapporto tra mente e cervello, è sorto un intenso dibattito che seguealle strabilianti scoperte fatte in materia. La mente senza il cervellonon esiste ma il cervello non è tutta la mente. Le cellule cerebralirappresentano un vero e proprio ponte tra il supporto materiale del-le cellule e quello immateriale della cultura, fin quasi a rendere ob-soleta l’opposizione cartesiana tra res extensa e res cogitans, tra cor-po ed anima, tra spirito e materia. L’evoluzione, come si vedrà nelladimensione più propriamente filosofica montessoriana, fa emergereuna dimensione trascendente la stessa dimensione biologica, un’evo-luzione emergente. I neuroni vanno dalla natura verso la cultura, so-no un ponte gettato tra il regno delle cellule e quello dei simboli, trail materiale e l’immateriale. Come osserva Gardner, se è vero che ilsistema nervoso non sa nulla della cultura, le sue varie regioni sonocostituite in modo tale da sapere molto sul linguaggio. I neuroni non

15

Page 16: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

sanno niente di cultura ma sanno molto di informazione, di codicibiochimici ed elettrici. Forse per questo l’intelligenza umana ha unatendenza naturale a materializzarsi in simboli, a cogliere cioè l’unio-ne di un significante e di un significato e quindi dare vita a formesimboliche che permettano all’uomo di emergere dal piano naturalea quello storico e culturale. (…) Il viaggio evolutivo del cervello èstato lunghissimo. Il bambino nella sua ontogenesi ripercorre le varietappe della filogenesi ed alla fine egli possiede un cervello capace diun ulteriore salto evolutivo. La funzione dell’infanzia, con la suamente plastica, assorbente e dall’attività esplosiva è quindi quella dipermettere l’apprendimento della cultura accumulata nelle genera-zioni precedenti di uomini. Lo scopo è quello di incarnare, e quest’e-spressione montessoriana è, come abbiamo visto per il cervello, veraalla lettera, la supernatura. Quest’ultima infatti cambia e dall’età mo-derna in poi, soprattutto negli ultimi decenni, cambia incessantemen-te a ritmi accelerati, esponenziali. Da qui la decisiva funzione delbambino come mezzo di adattamento e la sua educazione per supe-rare il divario, che rischia di diventare una tragica inadeguatezza traquello che siamo e quello che potremmo essere, tra il nostro corpotecnologico e la nostra anima culturale. La psicologia culturale con-temporanea evidenzia come non esista qualcosa come una naturaumana indipendente dalla cultura e che il substrato biologico è unavincolo o una condizione e non causa dell’azione umana” (Regni,2007, p. 171, 172, 173).

Gli attuali studi sul funzionamento del cervello evidenziano nelcomplesso il ruolo svolto dall’esperienza nel determinare la strutturaed il funzionamento dell’organismo biologico. Sembra, infatti, che lerelazioni umane producano cambiamenti a livello molecolare, conampie implicazioni sulla memoria e sull’apprendimento (Kandel,2007). Purtroppo gran parte delle attuali pratiche psicopedagogichemostra un dualismo marcato e problematico che rende difficile inte-grare il lavoro svolto dagli educatori con le risorse tecnologiche a di-sposizione della neurologia.

Esistono già in psicologia prove cliniche dei cambiamenti indottidalla psicoterapia nei circuiti cerebrali, il che fa pensare ad una stessapossibile azione svolta dai processi educativi, ma l’impatto degli studi

16

Page 17: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

neuroscientifici su queste discipline è ancora limitato1. Crediamo che itempi siano ormai maturi affinché le neuroscienze costituiscano parteirrinunciabile della formazione di chi opera nel settore pedagogico,favorendo la costruzione di metodi e strumenti di lavoro appropriati.

Il lavoro rientra in una precisa scelta epistemologica volta alla co-struzione di un nuovo modo di pensare nelle scienze pedagogicheche, abbandonando controproducenti distinzioni tra cervello e men-te, biologia ed esperienza, natura e cultura, si basa sull’idea che, puravendo i fattori costituzionali e genetici un ruolo importante nellosviluppo della mente umana, i fattori sociali e le relazioni umane pla-smano lo sviluppo del cervello e della mente (ib.). Alla pedagogia sipresenta oggi una nuova, irripetibile opportunità. Quando si tratta distudiare le relazioni i neuroscienziati non possono fare a meno di unaguida ed, in questo senso, la pedagogia può offrire un contributo digrande valore alle neuroscienze. Le sue potenzialità risiedono nellapeculiarità delle sue prospettive, le quali possono indicare alle neuro-scienze le funzioni mentali che devono essere studiate per giungeread una comprensione più complessa e profonda del rapporto educa-tivo. La pedagogia in questo può svolgere il duplice ruolo cercandodi rispondere alle domande di propria pertinenza legate ai processieducativi; dall’altro, porre domande sul comportamento cui le neu-roscienze sono chiamate a dare risposta.

In seguito ai progressi compiuti dall’uso euristico delle tecnologienegli ultimi anni, sia la pedagogia che le neuroscienze si trovano inuna nuova e migliore posizione per un riavvicinamento che consenti-

17

1 A questo proposito non possiamo non citare i lavori di E. Frauenfelder e delsuo gruppo di ricerca che, in Italia, hanno funto da apripista per coloro che,avendo colto l’importanza del connubio neuroscienze-educazione, hannointrapreso tale filone di ricerca. Tra di essi vi sono i lavori di Maurizio Sibilioe dei suoi collaboratori, uno dei quali è Filippo Gomez Paloma, curatore delvolume dal titolo: Corporeità, didattica ed apprendimento: le nuove neuro-scienze dell’educazione (Salerno, Edisud, 2010), nel quale appare anche uncontributo di chi scrive.

Page 18: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

18

rebbe alle intuizioni pedagogiche di informare la ricerca di una com-prensione più profonda dei correlati biologici dell’educazione.

È possibile dunque delineare un modello concettuale designato adallineare l’attuale prospettiva pedagogica e la formazione dei futurieducatori con le ultime scoperte neuroscientifiche.

Secondo il neuroscienziato Daniel Siegel l’educazione lavora in pro-fondità nel cervello e nei neuroni modificandone la struttura e attivan-do i geni appropriati: essa agisce “parlando ai neuroni” (Siegel, 2008).Un educatore efficace potrebbe in questa luce definito un vero e pro-prio microchirurgo della mente, un neuroscultore dei network neuro-nali, come la Montessori aveva ampiamente anticipato. Per questo “l’e-ducazione fa direttamente biologia, modella il cervello plastico. Il rap-porto tra cervello, mente, educazione è un tema quanto mai attuale diricerca educativa, un programma che la Montessori ha iniziato e avreb-be sicuramente seguito con passione” (Regni, 2007, p. 17).

Nei limiti delle nostre possibilità e, ammettiamo, piuttosto ardita-mente, tenteremo, nel corso di questo lavoro, di seguire le orme dellagrande Montessori.

Chiara D’Alessio

Bibliografia

Acone G., Antropologia dell’educazione, La Scuola, Brescia, 1997.Donnarumma M. – D’Alessio C., La danza dell’identità, Milano, Gri-

baudi, 2008.Garrett B., Cervello e comportamento, Roma, Zanichelli, 2006.Kandel E., Psichiatria, Psicoanalisi e nuova scienza della mente, Mila-

no, Cortina, 2007.Regni R., Infanzia e società in Maria Montessori, Roma, Armando,

2007.Siegel D., Mindfulness e cervello, Milano, Cortina, 2009.

Page 19: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

ICAPITOLO

DECLINAZIONI PSICOPEDAGOGICHE NELLA RICERCA PSICOBIOLOGICA

di Chiara D’Alessio e Irene Minchillo

1. Tra neuroscienza e psicopedagogia

Nell’antica Grecia, era già presente, con Ippocrate, la consapevo-lezza che fosse necessario all’uomo per capire l’uomo interrogarsinon tanto o non solo sulla sua essenza, bensì sul suo concreto esserefisico. Alcmeone di Crotone aveva già identificato il cervello comesede fisiologica dei sensi e lo stesso Ippocrate aveva affermato che ilcervello, l’organo più potente del corpo, era la sede dell’intelligenza eche gli organi di senso agivano in dipendenza dalle sue capacità di di-scernimento e che danni traumatici e malattie connesse con il sistemanervoso avevano effetti sul comportamento. Sempre Ippocrate, inol-tre, riprendendo le ipotesi formulate da Empedocle, aveva formulatola sua famosa dottrina caratteriologica.

È possibile pertanto affermare che già nel VI secolo a.C., nel mon-do greco, aveva avuto luogo una ricerca dell’uomo sull’uomo centravasulle funzioni e non sull’essenza, valorizzante l’osservazione clinica el’esperienza e, soprattutto, che riteneva il comportamento di ciascun

19

Quando nuovi filoni emergono (...) non è sempre detto che riescano asopravvivere. L’entusiasmo stimolato dalla nascita di un nuovo campod’indagine non è molto diverso da quello suscitato da un cerbiatto chesi rizza sulle zampe per la prima volta ce la farà?. Questa nuova vita ri-uscirà a crescere e a svilupparsi? E davvero ne emergerà qualcosa di si-gnificativo? (Gazzaniga, 2005, p. 4)

Page 20: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

individuo peculiare e distinto da quello di altri in funzione delle ca-ratteristiche fisiche del singolo organismo vivente.

Lo studio del rapporto tra biologia e comportamento è stato suc-cessivamente ripreso e studiato solo dall’umanesimo in poi, soprat-tutto in epoca moderna.

Nell’epoca moderna, inaugurata del dualismo cartesiano, conl’avvento della matematica e della fisica moderna, si è divenuti in-clini ad estendere anche all’area biologica i parametri della mecca-nica classica e della scienza fisica; i successori di Cartesio, nello spi-rito della res extensa, scoprirono simmetrie continue tra organismie macchine definendo il corpo umano come macchina perfetta (Pa-lumbieri, 1999).

Allo stato attuale delle ricerche vi è generale consenso nell’affer-mazione che ogni singolo individuo è il prodotto della componenteambientale e della componente genetica. Quando si passa, negli esitifinali, alla valutazione del contributo di ciascuna componente si ri-presenta il punto critico, l’elemento di discordia, la controversia na-tura-cultura. Il superamento di decenni di contrasti tra i fautori dellaprevalenza della componente ambientale o della componente geneti-ca con la salomonica interazione/correlazione tra le due componentilascia irrisolto il dilemma.

Le prove dell’influenza genetica su un determinato comportamen-to o sugli esiti finali dello sviluppo di una persona possono dare ori-gine a diverse interpretazioni, molte delle quali trovano fondamentonei valori di una società e non nei risultati finali di studi effettuati; es-se hanno altresì un’importante ricaduta in ambito educativo. Si pensiad esempio alla relazione genetica-capacità cognitiva, le scoperte inquesto campo possono dare origine a politiche socioeducative orien-tate a devolvere le maggiori risorse pubbliche ai soggetti più dotati oviceversa ai soggetti meno avvantaggiati; una specifica società può in-tervenire per evitare fenomeni di marginalizzazione oppure può deci-dere di fornire le stesse possibilità di base e ognuno se ne avvantaggiacome può e come sa. Tutto ciò non dipende dalla relazione genetica-capacità cognitiva ma da valori socialmente condivisibili di cui si do-ta una società.

Ogni essere umano è un esperimento genetico unico ed i concetti di

20

Page 21: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

trasmissione, ereditarietà, somiglianza inducono a riflettere sul fattoche ciascun individuo è immerso in un universo familiare che via via siallarga fino a comprendere l’umanità intera come comune espressionedel genoma umano.

La riflessione psicopedagogica si pone come obiettivo in tal sensola comprensione e l’offerta ad ognuno della possibilità di esprimereal meglio quanto ha avuto in dote a partire dalle differenze geneti-che, il che costituisce un’importante base per la massima valorizza-zione di ogni specifica individualità.

Nell’embrione in via di sviluppo segnali biochimici diversi regola-no l’espressione genetica, i pattern metabolici, ordinando la differen-ziazione cellulare. Lo sviluppo neuronale porta gli assoni a trovare lastrada fino alle aree bersaglio, i terminali neuronali si collegano tra diloro creando sinapsi e gradualmente, in maniera non uniforme, si svi-luppa il nostro repertorio comportamentale e mentale che porta all’e-mersione di una persona, un Sé con tutti i suoi attributi (LeDoux,2002), identico nei meccanismi base a quello di tanti altri e differentenegli esiti finali. Ma se e quali fattori ambientali, a partire da quelliprenatali, determinano e selezionano la qualità e la quantità delle no-stre connessioni sinaptiche?

L’affascinante sfida che questo interrogativo pone alla riflessionepsicopedagogica porta a confrontarsi con ipotesi e tesi che voglionola nostra natura mentale coincidente con il complesso di connessionisinaptiche presenti nel nostro cervello (Boncinelli in LeDoux, 2002)e ad immergersi nella letteratura prodotta rispetto allo studio dellosviluppo e del funzionamento delle strutture cerebrali, rifiutando letroppo semplicistiche e scontate storie, più o meno verosimili, sullamente e sul rapporto con il cervello (ib.) e chiarire, alla luce dellenuove scoperte, come “riempire” ciascun ambiente di crescita.

Chi si occupa del rapporto tra psicologia ed educazione non puòignorare il fatto che la psicologia è all’alba di una nuova era nellaquale la ricerca sulla genetica si sposterà dalla dimostrazione dell’im-portanza dell’ereditarietà e dall’identificazione di specifici geni, allagenomica cioè allo studio dei meccanismi che elicitano l’espressionegenica nella fenotipia, nella consapevolezza che il timone della ricer-ca si è spostato dalla relazione mente-cervello, a come emerge la no-

21

Page 22: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

stra coscienza dal cervello (Solms e Turnbull, 2004), alle ipotesi di unpensiero a base “agire” legato alla teoria dei neuroni specchio (Rizzo-latti, Sinigaglia, 2006), o ad un Sé individuale in relazione con la qua-lità e la quantità delle connessioni sinaptiche che caratterizzano ilcervello dove la soggettività e il mondo interiore di ciascun individuosono un tutt’uno con il complesso delle sue connessioni sinaptiche(LeDoux, 2002).

Tutto ciò non è esente da interrogativi di natura etica: quali criterie fini devono guidare la ricerca e, soprattutto, l’orientamento social-mente condivisibile che ne deve derivare affinché, in ambito educati-vo, vi sia una utilizzazione e non una strumentalizzazione delle nuovescoperte.

Solms e Turnbull, ad esempio, nel loro libro Il Cervello e il mondointerno, parlano di una fobia per i geni rispetto al comportamentoumano, legando questa avversione all’equivalenza tra influenza gene-tica e predeterminazione. Ma le ricerche genetiche legata al compor-tamento, alle capacità cognitive, alla personalità non descrivono ciòche dovrebbe essere ma ciò che è. Le ricerche genetiche indaganol’individuo e la variabilità tra gli individui chiedendosi come esse sioriginino, non che cosa porterebbe un dato individuo geneticamente“di tipo X” ad essere un fenotipo “di tipo Y”.

La genetica e la genomica indagano su ciò che è effettivamente suc-cesso tra codice genetico, cervello, ambiente e esito finale. Non vogliopredire ma dire. Gli inevitabili collegamenti con l’eugenetica, le teorierazziali, pulizie etniche, genocidi, esperimenti di ingegneria geneticasono spesso espressione di un arbitrario generalizzante catastrofismoanacronistico ed antiscientifico.

Alla comprensione dell’uomo devono necessariamente concorrerevari settori di ricerca e tra questi la ricerca genetica e la ricerca neuro-scientifica in funzione della determinazione della componente geneticae ambientale e dei relativi meccanismi di funzionamento dei geni nellaindividuale fenotipia, e in funzione della neurofisiologia dei singoliprocessi cerebrali e di come questi si armonizzino tra di loro, per de-terminare l’emergenza spontanea dell’individuo a partire dall’attivitàelettrochimica della massa protoplasmatica presente (LeDoux, 2002).

22

Page 23: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

2. La prospettiva genetica e le neuroscienze cognitive

La psicobiologia è un settore di ricerca che studia il comportamen-to in relazione alle sue basi biologiche (Freberg, 2007). Si tratta di uncampo di studio interdisciplinare in cui convergono settori quali la psi-cologia, la biologia, la biochimica, la genetica, la genomica, le neuro-scienze ed altri campi del sapere ad essa correlati e che indaga sulle re-lazioni fra l’attività del sistema nervoso ed il comportamento osservabi-le (apprendimento, sonno, fame, sessualità, emozioni, psicopatologia).La psicobiologia si interroga sul come la biologia influenza il compor-tamento che a sua volta influenza la biologia, cioè sulla natura circolaredelle relazioni in essere tra biologia e esiti “finali” in una persona (unesempio è rappresentato dal rapporto tra qualità del legame di attacca-mento nell’infanzia e vulnerabilità allo stress da adulti).

La relazione tra le scienze biologiche e le scienze comportamentalipuò essere messa bene in evidenza dalla genetica e dalla genomica,nella loro accezione ampia (genetica comportamentale, genetica mole-colare, genetica ambientale, genomica psicosociale, genomica moleco-lare, neuro genetica, ecc.), rispetto alla quale la psicopedagogia, par-tendo dalla considerazione che l’educazione deve favorire la massimaespressione di ogni essere umano a partire dal patrimonio geneticoavuto in dote, si avvantaggia dell’analisi genetica che prende in esamegeni, espressione genica, comportamento, ambiente e variabilità.

Un altro ambito di grande interesse all’interno della relazione trascienze biologiche e scienze comportamentali è rappresentato dallostudio delle funzioni mentali superiori nelle neuroscienze cognitive enella neuropsicologia, la cui attenzione è incentrata sulle modalità diorganizzazione delle informazioni provenienti dall’interno e dall’ester-no della persona in aree cerebrali specializzate, sui processi in base aiquali la coscienza emerge dal cervello, sulla componente motoria delpensiero e sulle teorie della mente (Gazzaniga, Ivry, Mangun, 2002).

3. Tra geni e neurogenetica: la nascita della variabilità

A partire dalle leggi di Mendel fino al sequenziamento del DNA

23

Page 24: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

dell’intero genoma umano, avvenuto di recente, la genetica è consi-derata una delle grandi scoperte del ventesimo secolo.

Nell’ambito della psicologia applicata all’educazione, pur nella con-sapevolezza dell’importanza dei contributi genetici, persiste ancorauna certa resistenza ad accettarne il ruolo per le derivanti ed evidentiimplicazioni etiche.

Secondo Kagan (1994) la genetica influenza il comportamento inquanto è il corredo cromosomico che determina, in massima parte, losviluppo di un organismo umano, ed è il singolo organismo umanoche è adattivo rispetto all’ambiente. Il corredo genetico non può esse-re modificato dall’ambiente (se non con manipolazioni intenzionali)ma quest’ultimo esercita un ruolo importante nell’espressione genica(Siegel, 2001; Kandel, 2007).

Nell’ultima edizione di Genetica del comportamento (2002), Plo-min et al. evidenziano come le ricerche nell’ambito della genetica,quantitativa e molecolare in particolare, nonché comportamentale,abbiano consentito di analizzare l’influenza dei fattori genetici (eambientali) nello sviluppo del comportamento e nella nascita dellavariabilità. Plomin et al., nella loro trattazione, hanno effettuatouna verifica dell’esistenza della componente genetica (e ambientale)del comportamento, preso in esame i risultati della ricerca per ladeterminazione dei meccanismi attraverso i quali si esplica la com-ponente genetica (e ambientale) e per la determinazione del contri-buto genetico (e ambientale) negli esiti della persona, utilizzandocome approccio metodologico il confronto di una data variabile incoppie di gemelli (monozigoti e dizigoti) cresciuti in famiglia biolo-giche o adottive.

3.1 Il materiale genetico e l’espressione genica

In ogni cellula umana, a partire dallo zigote, è presente l’insiemecompleto delle 23 coppie di cromosomi tipico della nostra specie. Ilgenotipo, il genoma specifico di un individuo, attraverso processi di in-terazione e correlazione con l’ambiente produce il fenotipo, ciò che os-serviamo. La funzione dei geni è quella di esprimersi, di dare originealle proteine, di trasferire dal nucleo al citoplasma l’informazione geni-

24

Page 25: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

ca necessaria per la sintesi proteica: la sequenza dei nucleotidi del Dna,nel nucleo della cellula, viene trascritta in sequenza di nucleotidi diRna, che a sua volta, nell’ambiente citoplasmatico, viene tradotta in se-quenze di aminoacidi e, quindi, proteine. Ciascuna cellula dell’organi-smo umano, che si origina per mitosi dallo zigote, possiede l’interocorredo cromosomico; tuttavia nelle strutture specializzate del corpoumano solo una parte di esso, in base a precisi segnali biochimici, siesprime. Quindi se confrontiamo una cellula del cervello e una celluladel fegato il patrimonio genetico è lo stesso mentre l’espressione geni-ca (alias i prodotti genici, alias il proteoma specifico) è differente (Grif-fiths, Gelbart, Lewontin, Suzuki, Miller, Wessler, 2006).

All’indomani della pubblicazione dell’avvenuta decifrazione del-l’intero genoma umano, effettuata dal genetista Graig Venter, l’emo-zione nel mondo accademico fu grande: i geni umani risultavano es-sere solo trentamila e non centomila come si attendeva. La differenzatra un essere umano e uno scimpanzé era affidata ad uno sparuto1,5% di materiale genetico (Ridley, 2005), poco di più se confrontia-mo la specie umana con quelle di altri mammiferi.

Se la differenza tra specie fenotipicamente così differenti è affidataa poche centinaia di geni cosa ci rende così diversi? Ridley, ne Il GeneAgile (2005) affida questa differenza ai geni hox. I geni hox, definitida Kandel interruttori e da Ridley termostati o promotori, sono dei ge-ni che codificano proteine la cui funzione è attivare altri geni.

In ultima analisi possiamo dire che moltissimi geni non vengonoattivati fino a quando non intervengono i promotori e che i promo-tori possono esercitare effetti sulla quantità di espressione genicache si riflette nella qualità. A livello dei promotori dovrebbe risiede-re la maggior parte dei cambiamenti evolutivi che giustificano le dif-ferenze interspecifiche ma anche quelle intraspecifiche. Per apporta-re modifiche anche radicali nelle diverse specie (e tra individui di-versi all’interno della stessa specie) non sarebbero necessari unagrande quantità di geni differenti ma sistemi in grado di attivare edisattivare la comune matrice genetica in configurazioni diverse.Piccole differenze genetiche, se a carico dei promotori, sarebbero ingrado di giustificare alterazioni significative nell’espressione genica.E se è pur vero che quantità non implica necessariamente qualità

25

Page 26: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

sappiamo, come nozione comune, che l’anatomia riflette la fisiolo-gia, la struttura la funzione.

Nella controversia cultura-natura, le scoperte inerenti il genomaumano con l’individuazione dei geni hox aprono nuovi ed interessan-ti scenari. Un sistema che può attivare l’espressione di un altro gene,il cui prodotto attiva l’espressione di un altro gene e così via è di perse un sistema aperto ove qualsiasi cosa esterna all’organismo (l’edu-cazione, la dieta, uno stato d’animo) potrà influenzare uno dei ter-mostati e, di conseguenza, tutto il sistema: l’ambiente si esprime ser-vendosi dei meccanismi dell’eredità. Il cervello umano rappresenta illuogo della possibilità massima di modifiche nell’espressione genica,il luogo ove la natura incontra l’ambiente, l’esperienza e la cultura. Igeni sono al tempo stesso causa e conseguenza delle nostre azioni(Ridley, 2005).

3.2 La trasmissione dei caratteri complessi e l’influenza genetica

In merito alla genetica quantitativa che si occupa delle modalitàdi trasmissione dei caratteri associati a strutture poligeniche Plominet al. (2001), nella loro trattazione, prendono in esame le conoscen-ze accumulatesi rispetto all’ereditarietà dei caratteri associati alcomportamento.

Già da decenni è risaputo che i caratteri, quali la capacità cogniti-va generale, associati a strutture poligenetiche rappresentano delleeccezioni alle leggi di Mendel: ciascun gene viene ereditato in accor-do con le leggi di Mendel ma il sistema poligenetico segue le regoledell’ereditarietà quantitativa.

Plomin et al. (2001) riportano che nella genetica quantitativa le-gata ai “caratteri comportamentali”, che sono caratteri familiari,l’approccio metodologico utilizzato dalla ricerca per determinarnel’ereditarietà è di tipo indiretto: un carattere complesso quale la ca-pacità cognitiva è una grandezza quantitativa, né più né meno comeil peso corporeo o la pressione sanguigna; se la capacità cognitivagenerale è una grandezza quantitativa è possibile attribuirle un va-lore e indagare sugli individui che ne sono affetti. Dallo studio de-gli individui si passa ad un’analisi statistica della distribuzione del

26

Page 27: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

carattere quantitativo, quindi, alla somiglianza fra individui dellastessa famiglia (con l’uso del “coefficiente di correlazione” di Pear-son). In tal modo è risultato evidente che la somiglianza tra membridi una stessa famiglia è strettamente dipendente dalla loro familiari-tà genetica (l’ereditarietà quantitativa) in conseguenza della qualedue fratelli potranno differire o somigliarsi, rispetto ad un dato ca-rattere, in base alla quantità di materiale genetico ereditato in co-mune. Detto in altri termini la somiglianza tra parenti è direttamen-te proporzionale alla quantità di geni condivisi e in funzione delgrado di parentela genetica cresce la somiglianza fenotipica, chiarosegno dell’influenza genetica.

3.3 La componente genetica e ambientale del comportamento

Per la determinazione quantitativa della componente genetica eambientale del comportamento si esamina la somiglianza parentale.Plomin et al. (2002) riportano i risultati degli studi condotti compa-rati sui gemelli monozigoti e sulle adozioni.

Gli studi sui gemelli e sulle adozioni evidenziano che la somiglian-za familiare esiste anche quando consanguinei sono adottati da fami-glie diverse. Già nel 1989 Loehlin dimostrò che genitori e figli biolo-gici, pur non condividendo l’ambiente familiare, si somigliano in mo-do significativo. Le ultime ricerche genetiche dicono che, per la mag-gior parte dei tratti comportamentali anche complessi, la somiglianzatra parenti è dovuta più alla condivisione del patrimonio geneticoche dell’ambiente di crescita: nella capacità cognitiva generale le so-miglianze parentali sono dovute maggiormente a somiglianze geneti-che, eventuali differenze a differenze genetiche.

Se l’ambiente non contribuisce alle somiglianze fra i membri diuna stessa famiglia ha una sostanziale influenza sulle differenze pur inpresenza di materiale genetico comune. È il caso dei gemelli identiciche possono tendere a differenziarsi in risposta all’ambiente: a paritàdi patrimonio le somiglianze sono dovuti al genotipo comune e le dif-ferenze all’ambiente. La ricerca ha dimostrato che i gemelli identici,considerati più individualmente di altri, non mostrano maggiori diffe-renze pur nella considerazione che i gemelli monozigoti possono ave-

27

Page 28: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

re esperienze simili in quanto simili geneticamente, ovvero, alcuneesperienze possono essere influenzate geneticamente.

La stima della dimensione dell’effetto genetico è data dalla eredita-bilità, una funzione statistica che stima in quale proporzione, in ungruppo di individui, le differenze fenotipiche sono da attribuire a dif-ferenze genetiche. L’ereditabilità si riferisce al contributo genetico, al-le differenze individuali (variabilità) in una data popolazione in un da-to momento (non cosa potrebbe o dovrebbe essere) (Plomin et al.,2002). Per molti tratti e disturbi comportamentali, inclusa la capacitàcognitiva generale e la schizofrenia, l’influenza genetica non è solo os-servabile ma anche sostanziale, spesso arrivando a determinare anchefino al 50% della variabilità della popolazione.

Le differenze fenotipiche non riconducibili a differenze genetichesono da attribuire all’ambiente. A differenza di quanto si è comune-mente portati a credere è proprio la genetica a fornire la prova mi-gliore dell’importanza dell’ambiente.

3.4 L’identificazione dei geni legati al comportamento

Allo stato attuale sono stati individuati i geni, denominati gruppilinkage, responsabili di tratti quantitativi complessi associati ad alcu-ni disturbi e patologie tra cui: il disturbo di lettura (cromosoma 6),l’iperattività e l’alcolismo (cromosoma 11), la malattia di Alzheimerad insorgenza precoce (cromosoma 14), ad insorgenza tardiva (cro-mosoma 19), il ritardo mentale, il daltonismo nonché la preferenzasessuale (cromosoma 10).

Secondo Plomin et al. (2002) la sempre maggiore identificazione digruppi di geni associati al comportamento, fornendo genotipi valutabi-li, consentirà di effettuare grandi passi in avanti nella comprensionedella relazione tra matrice genetica e comportamento, nella verificaquantitativa dell’effetto dell’influenza genetica sul comportamento enella correlazione e interazione tra genotipo e ambiente. Identificato iltratto genetico, sarà possibile verificare quali proteine vengano prodot-te in corrispondenza (e in quali condizioni ambientali) e come i pro-dotti genetici influenzino il comportamento per mezzo del cervello.

In tal senso i geni devono essere considerati non il destino ma

28

Page 29: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

l’aumento del fattore di rischio, l’aumento della probabilità che sisviluppi un dato comportamento così come una malattia, poiché semolti caratteri complessi sono influenzati da geni multipli ciò non si-gnifica che l’ambiente non abbia il suo sostanziale effetto. Al contra-rio, per tratti complessi, l’influenza ambientale sembra essere impor-tante quanto quella genetica.

3.5 La genomica comportamentale, la neurogenetica e le neuroscienze

Da quanto finora esaminato è possibile dedurre l’importanza dellacomprensione dei meccanismi di funzionamento dei geni in relazione alcomportamento, cioè dell’individuazione dei percorsi molecolari chevanno dai geni al comportamento. Il corrispondente settore di ricerca ècostituito dalla genomica comportamentale, settore della genomica psi-cosociale. Poiché la maggior parte delle ricerche sono focalizzate suipattern metabolici cerebrali, la genomica comportamentale è stretta-mente connessa con la neurogenetica, che si occupa specificamente de-gli effetti genetici sulle funzioni del cervello in relazione al comporta-mento, e con le neuroscienze più in generale.

Per l’individuazione dei percorsi molecolari cerebrali che van-no dai geni al comportamento, un altro livello di analisi prendein esame le variazioni molecolari che avvengono a carico delle si-napsi, dette plasticità sinaptica, sulle quali si sono concentrati glisforzi della ricerche neuroscientifiche che si occupano di appren-dimento e memoria (Kandel, 2007).

La genomica comportamentale e la ricerca neurogenetica conti-nueranno, negli anni a venire, nella determinazione dei meccanismiattraverso i quali i geni sortiscono il loro effetto sul comportamentoe, più specificamente, sul cervello. Con il contributo delle neuro-scienze, e grazie anche alle nuove tecniche di neurovisualizzazioneche rendono osservabile il cervello in vivo, diverrà sempre più chiaroil quadro delle vie metaboliche, delle localizzazioni delle funzioni nelcervello e dei meccanismi di funzionamento cerebrale. Emergerà,sempre più chiaramente, quale straordinaria complessità vi sia allabase del funzionamento della mente umana.

29

Page 30: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

4. Geni e plasticità sinaptica

In riferimento all’apprendimento e ai vari tipi di memoria, alle viemetaboliche e ad alcuni geni che entrano in funzione negli specificimeccanismi neurali sono stati condotti studi i cui risultati impongononumerose considerazioni in riferimento al ruolo dei promotori nellebasi biologiche della memoria e alla relazione cultura-natura.

Nel moscerino della frutta, nome volgare della Drosophila, è pre-sente un tipo di neurone chiamato mushroom body neuron che ricevele informazioni sensoriali a seguito di stimoli olfattivi ed elettrici.

La Drosophila è suscettibile di condizionamento classico: i mosce-rini imparano ad evitare gli odori abbinati ad uno shock elettrico(Jellies, 1981). Rispetto alla suscettibilità di condizionamento classicodella Drosophila, un singolo stimolo sensibilizzante è sufficiente aprodurre un cambiamento comportamentale della durata di alcuniminuti. Sedute di sensibilizzazione, ripetute a intervalli di tempo re-golari, possono dare origine a cambiamenti comportamentali delladurata di alcune settimane.

Nel corso di varie sperimentazioni, intervenendo sulla temperatu-ra, si è visto che quando viene bloccata l’azione della proteina chinasiA (PKA) i moscerini sono incapaci di apprendere nuove informazio-ni e formare memorie a breve termine (relazione odore-shock elettri-co). Se si verifica, invece, un eccesso di CREB-2 si blocca la memoriaa lungo termine ma non quella a breve termine (Yin et al., 1994); vi-ceversa un eccesso di CREB-1 causa un’immediata memorizzazione alungo termine di informazioni che normalmente portano solo allaformazione di memorie a breve termine.

La capacità di produrre cambiamenti comportamentali della dura-ta di alcuni minuti è dovuto all’azione della serotonina a livello dellasinapsi asso-assonica fra un interneurone e un neurone sensoriale (A.Freberg, 2007). Il legame della serotonina sul neurone attivava unenzima che converte l’ATP, in AMP ciclico, il cAMP. In seguito ilcAMP attiva la proteina chinasi A( PKA), la quale da’ origine a dellereazioni che si risolvono in un aumento del rilascio di glutammato daparte del neurone sensoriale. I cambiamenti comportamentali delladurata di alcune settimane sono legati all’attivazione ricorrente della

30

Page 31: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

PKA. In effetti quando la PKA è attivata in modo ricorrente essa at-tiva un secondo messaggero: la MAP chinasi. Le due proteine vengo-no trasportate fino al corpo del neurone dove insieme contribuisco-no ad attivare un interruttore genetico all’interno del nucleo cellula-re. L’interruttore è una proteina, la CREB-1 avente funzione bloccan-te rispetto all’azione inibitoria della CREB-2 ; quest’ultima normal-mente impedisce l’espressione di 2 geni. Il primo gene codifica perun altro enzima che consente alla PKA di rilasciare glutammato inmodo pressoché costante anche molto tempo dopo che è cessato ilcondizionamento. Il secondo gene codifica per una proteina che asua volta attiva altri geni che, in ultima analisi, stimolano la crescitadi nuove terminazioni sinaptiche sul neurone sensoriale determinan-do delle modifiche strutturali nei terminali assonici. In tal senso deveessere letta la plasticità delle cellule neuronali.

L’analisi dei risultati delle varie sperimentazioni condotte su Dro-sophila, Aplysia e su svariati casi clinici in campo umano ha reso pos-sibile la comprensione del meccanismo di funzionamento dei sistemipromotori e dell’importanza che rivestono in senso evolutivo, e diapprontare gli attuali modelli di funzionamento della memoria e lo-calizzare le funzioni della memoria nel cervello (Kandel, 2007).

4.1 Genetica e personalità

I genetisti, come tutti, sono attratti dallo studio del temperamentoe della personalità sia in riferimento all’intervallo normale delle diffe-renze individuali sia per valori differenti dalla media.

Plomin et al. (2002) riportano che la ricerca genetica sulla personali-tà suggerisce un ampio coinvolgimento della genetica sui tratti stabilimentre i mutamenti sono in gran parte dovuti a fattori ambientali. Itratti della personalità sono da considerarsi delle differenze tra individuiche si mantengono relativamente costanti nel tempo e che non mutanoa seconda delle diverse situazioni (Pervin & John, 1999). Rispetto all’in-terazione tra geni e ambiente i risultati mostrano come ambiente fami-liare, relazioni nel gruppo di pari ed eventi della vita siano correlati e in-fluenzati dalla genetica: una diversa chiave sul modo in cui un indivi-duo seleziona, costruisce, percepisce l’ambiente nel quale esperisce.

31

Page 32: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Altra direzione di ricerca è rappresentata dalla correlazione trapersonalità e relazioni sociali. Sembra vi sia un’influenza genetica sul-le modalità di instaurare la relazione genitore-figlio, sull’autostima esulle attitudini. Rispetto alla relazione madre-figlio sembra che l’in-fluenza genetica sia da associare a percezioni affettive a riflesso psico-fisico che hanno una loro evidenza nelle prime fasi dello sviluppo,piuttosto che a percezioni relazionali che si istaurano in epoche suc-cessive (Siegel, 2001).

La genetica opera una influenza notevolissima nel campo delledifferenze degli interessi che gli individui mostrano. È bene precisareche ciò che si eredita, a differenza di ciò che qualcuno con eccessivasemplificazione sosteneva in passato, non sono le idee ma l’attitudinead occuparsi di certe cose piuttosto che di altre.

Per quanto riguarda l’identificazione dei geni da associare a trattidella personalità e lo studio sui meccanismi di espressione genica laricerca è cominciata da appena un decennio. A tal proposito sonoparticolarmente interessanti gli studi condotti da E.L.Rossi (2004)nell’ambito della genomica psicosociale. Essi esaminano la natura cir-colare della relazione tra società, psicologia e sistemi genici (una trat-tazione approfondita verrà effettuata in una futura pubblicazione)1.

4.2 Studi genetici su capacità e disturbi cognitivi

4.2.1 La capacità cognitiva generaleSe si vuole dare origine ad una animata discussione tra studiosi

basta chiedere di definire il termine intelligenza. Una definizione diintelligenza è la capacità di apprendere e risolvere problemi (Stern-berg e Grigorenko, 1997). Charles Spearman ha proposto l’esistenzadi un fattore generale (g), un unico tratto alla base di tutti i compor-tamenti intelligenti. Gardner (1983) ha invece teorizzato l’esistenzadi diversi tipi di intelligenza che possono essere presenti anche indi-pendentemente gli uni dagli altri.

32

1 Sul rapporto tra espressione genica e sviluppo di nevrosi o psicosi si vedaanche Kandel (2007), Freberg (2007).

Page 33: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Anche nella genetica comportamentale quello dell’intelligenza èuno degli ambiti più largamente studiati (Plomin, op. cit.).

In campo genetico comportamentale si utilizza il termine capacitàcognitiva generale (g), in sostituzione del termine “intelligenza”, pro-prio perché quest’ultimo ha troppe differenti implicazioni (Jensen,1998) pur nella consapevolezza che l’intelligenza, nella sua accezionepiù ampia, ha una significato ben maggiore e prende in considerazio-ne anche la personalità di un individuo nonché le sue motivazioni ela sua creatività.

Nelle varie analisi, il valore di g deve essere inteso come un puntodi partenza in un campo in cui manca ancora l’esatta percezione ditutte le interrelazioni, le correlazioni e le forze sinergiche che collega-no i diversi aspetti della vita delle persone. In effetti al fine di mante-nere la ricerca in un ambito quantificabile, valutabile e confrontabilePlomin et al. scelgono, come iter metodologico, quello di non am-pliare il termine intelligenza, di non includervi elementi come la sen-sibilità emotiva (Goleman, 1995) o la capacità nella musica o nelladanza (Gardner, 1983) escludendo, di fatto, tutti quegli aspetti chenon consentono di correlare risultati dei test e capacità cognitiva.

Buona parte delle ricerche effettuate in tale ambito si basano sulmodello psicometrico. Secondo tale modello le capacità cognitive so-no organizzate in maniera gerarchica (Carroll, 1993, 1997) da capaci-tà specifiche (valutabili mediante test specifici) a fattori di impattopiù ampio fino alla capacità cognitiva generale. Attraverso l’utilizzodi test d’intelligenza o test di QI vengono valutate le diverse capacitàcognitive specifiche quali sono la capacità verbale, la capacità spazia-le, la memoria e la velocità di elaborazione delle informazioni specifi-che. Analizzati i singoli processi cognitivi si passa ad una integrazio-ne dei risultati ottenuti attraverso la tecnica dell’analisi fattoriale; intale tecnica viene attribuito un peso diverso a processi più complessi,quale il ragionamento astratto rispetto alle semplici discriminazionisensoriali, ricavando, in ultima analisi, un valore indicativo, una sti-ma, della capacità cognitiva generale

Il valore della g rappresenta, comunque, una delle misure più cre-dibili e valide nel settore dello studio del comportamento. La mag-gior parte degli studi effettuati, gli studi sulle adozioni di Leahy

33

Page 34: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

34

(1935), quelli di Skodak e Skeels (1949), quelli di Erlenmeyer, Kim-ling e Jarvik (1963), quelli di Snyderman e Rothman (1988), di Chi-peur, Rovine e Plomin (1990), ecc. concordano nell’evidenziare unasignificativa e sostanziale influenza genetica; circa la metà della va-rianza dei punteggi dei test sulle Q.I si può imputare a differenze ge-netiche tra gli individui (nella popolazione campionata in questi stu-di). Molti di questi studi forniscono anche una stima dell’ereditabili-tà valutata nella misura del 50%. Se metà della varianza della g puòessere imputata all’ereditabilità, l’altra meta è legata all’ambiente.

La ricerca sulla capacità cognitiva generale, comunque, si è spintaoltre il modello psicometrico.

Particolarmente interessanti sono le misurazioni, ottenute incampo neuroscientifico, che valutano direttamente la funzione delcervello (Vernon, 1993). Tali ricerche, pur nel loro estremo interes-se e nella loro estrema validità, non sono ancora state poste suffi-cientemente in correlazione con la genetica.

Un esempio di ricerca è rappresentato dalle indagini di Thompsonet al (2001) che si sono serviti della MRI per creare mappe tridimen-sionali della sostanza grigia del cervello umano. Il volume della so-stanza grigia era altamente correlato alla misura di un’abilità specifi-ca. Sono stati posti a confronto i risultati ottenuti su gemelli omozi-goti e dizigoti. Nei gemelli omozigoti la quantità di sostanza grigiaera praticamente la stessa (0,95%), cioè l’abilità specifica si presenta-va pressoché con identico valore misurato. Tale risultato suggerisceche i geni sono in grado di influenzare il volume di sostanza grigiache sembra direttamente correlato all’abilità cognitiva.

Nel campo della ricerca sulla g si è cercato anche di capire se glieffetti dell’ereditabilità, col trascorrere degli anni, divenissero più omeno importanti. Comunemente si è portati a pensare che le espe-rienze e l’apprendimento aumentino, in crescendo, la loro significati-vità sul fenotipo: col passare del tempo aumenta l’influenza ambien-tale e decresce l’influenza genotipica; in qualche caso si pensa che ilrapporto tra genotipo e ambiente si mantiene costante. Ma è veroesattamente il contrario i fattori genetici diventano a mano a manopiù importanti per la g durante la vita di un individuo (McCartney,Harris, Bernieri; 1990; McGue, 1993, Plomin, 1986); l’ereditabilità

Page 35: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

35

nella età adulta è maggiore. Perché l’ereditabilità aumenta nelle variefasi dello sviluppo, si pensa che effetti genetici relativamente piccoliin tenera età aumentino vorticosamente durante le fasi successive,andando a generare effetti fenotipici via via maggiori. Per il bambinole agenzie formalmente deputate all’educazione, rivestono un ruolocentrale nella sua esperienza intellettuale anche in virtù del suo gradodi dipendenza; per l’adulto l’esperienza intellettuale è di tipo più au-tonomo. Possiamo, però, fare anche un‘altra riflessione. Dalla biolo-gia sappiamo che i sistemi viventi si attestano, in una situazione diequilibrio, a livelli minimi di energia o, se vogliamo, si attestano in si-tuazioni di minor dispendio di energia. Nel passaggio dalla fanciul-lezza all’adolescenza e infine all’età senile si manterrebbero maggior-mente quei comportamenti più in linea, più corrispondenti alla pro-pria natura profonda, per i quali è necessario un minor dispendio dienergia. La maggiore ereditabilità in età adulta sarebbe il riflesso del-la tendenza conservativa dell’organismo umano.

L’ereditabilità, quindi, cambia durante lo sviluppo e i fattori gene-tici contribuiscono ai vari cambiamenti che intervengono durante losviluppo. Di contro l’effetto dell’ambiente condiviso (l’ambiente con-diviso viene stimato come la quota della somiglianza tra gemelli nonspiegabile attraverso i fattori genetici) sembra decrescere passandodalla fanciullezza alle fasi successive dello sviluppo. L’ambiente con-diviso risulterebbe significativo per la g quando due bambini vivononella stessa casa; il suo effetto tenderebbe a decrescere per l’aumentodell’esperire al di fuori della famiglia.

Crescere è sicuramente un continuo mutare. Nel campo della ri-cerca sulla g si è cercato di capire se i fattori genetici possono contri-buire sia ai cambiamenti che alla continuità. Nel cambiamento unprimo momento critico è rappresentato dal passaggio, con lo svilup-po del linguaggio, dall’infanzia alla prima fanciullezza. Un secondo,intorno ai 7 anni, è rappresentato dal passaggio dalla prima fanciul-lezza alla media fanciullezza. Quest’ultimo è considerato uno dei pas-saggi fondamentali dello sviluppo. I fattori genetici contribuisconosia al cambiamento che alla continuità con uno spostamento sostan-ziale verso la continuità. Inoltre sono stati evidenziati nuove compo-nenti genetiche che entrano in gioco a 3 e a 7 anni, i cui effetti si so-

Page 36: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

36

vrappongono nel senso del cambiamento. Sono altresì in corso studivolti all’identificazione, nel genoma umano, di tratti del DNA re-sponsabili dell’ereditabilità della g; ricerche che utilizzano mappedense di marcatori stanno dando risultati promettenti (Ridley, 2005;Freberg, 2007).

4.2.2 Capacità cognitive specifiche Nel modello gerarchico della capacità cognitiva generale, al di sot-

to di essa, ci sono le capacità cognitive specifiche. In tale gerarchia illivello più basso può essere considerato quello dei processi elementa-ri che si pensa siano coinvolti nell’elaborazione delle informazioni,dal recepire, immagazzinare e infine recuperare il prodotto finale.

Anche in merito ai processi cognitivi specifici e ai processi ele-mentari sono stati condotti svariati studi, nonché sulla genetica cor-relata ad aspetti quotidiani delle capacità cognitive come il rendi-mento scolastico (Plomin,op. cit.)

Uno degli studi più ampi sulle capacità cognitive specifiche è loHawaii Family Study of Cognition (DeFreies et al., 1979) che ha coin-volto più di un migliaio di famiglie.

Grazie a due studi condotti separatamente negli stati Uniti e inSvezia è stato possibile evidenziare che tali somiglianze famigliari so-no, per la maggior parte, di origine genetica.

L’ereditabilità aumenta durante l’infanzia e come già per la g sonostati individuati nuovi effetti genetici rispetto alle fasi critiche dellainfanzia e soprattutto della prima fanciullezza che rimanda ad unatrasformazione genetica delle capacità cognitive nei primi anni discuola (Cardon, Fulker, 1993). Le capacità cognitive specifiche gene-ticamente distinte possono essere identificate già a 3 anni. In conclu-sione sia la capacità verbale che quella spaziale mostrano un’influen-za genetica sostanziale e solo una piccola influenza rispetto all’am-biente condiviso. Il grado di influenza rispetto alle capacità di veloci-tà, percezione e di memoria è minore a favore dell’ambiente condivi-so. Anche le misure dell’elaborazione delle informazioni mostranouna influenza genetica, soprattutto per operazioni complesse (Plo-min, op.cit.; Ridley, op. cit.).

Interessante è una previsione, derivante dagli studi effettuati per

Page 37: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

l’identificazione di specifici geni, secondo la quale, rintracciati i geniassociati a specifiche funzioni, si scopre che il loro funzionamentosoggiace ai geni associati alla g nel rispetto del modello gerarchico: sitroverebbero però anche geni specifici solo per alcune capacità e nonper altre, in accordo agli attuali modelli “a multiprocessori” dellamente e con la teoria di Gardner (ib.).

4.2.3 I disturbi della letturaTra i disturbi dell’apprendimento numerose ricerche sono state

condotte sulle difficoltà legate alla lettura. I bambini che presentanodelle difficoltà nella lettura variano in un range compreso tra il 10%e il 30% della popolazione. La dislessia sovente si accompagna condisturbi del calcolo (discalculia) e dell’espressione scritta (disgrafia edisortografia). Il livello intellettivo di questi bambini è nella norma;sono solo le capacità specifiche ad essere compromesse. La diagnosiviene effettuata per comparazione con la normocapacità cognitivagenerale dei bambini e le normostrutture.

Le basi anatomiche della dislessia coinvolgono probabilmente dif-ferenze nella simmetria degli emisferi (Freberg, 2007). La maggiorparte delle ricerche evidenzia nei dislessici una minore differenza trai piano temporale destro e il sinistro (Beaton, 1997). È possibile chele persone affette da dislessia abbiano una probabilità leggermentemaggiore di essere mancine o ambidestre rispetto ai non dislessici(Engliton e Annett, 1994) e con una anamnesi familiare di malattieautoimmuni (Galaburda, 1985). I bambini hanno una probabilitàleggermente più alta rispetto alle bambine di manifestare tale distur-bo (Tallal, 1991), un risultato in accordo con l’ipotesi che il livelloprenatale di androgeni influenzi lo sviluppo degli emisferi (Freberg,2007) e correlato con i processi di neuro genesi, confermato dalle os-servazioni di Galaburda che ha osservato in 4 casi di dislessici di ses-so maschile la presenza, nell’emisfero sinistro, di gruppi di neuroni inposizione anomala e cellule adulte con un’organizzazione anormale.Oltre ad uno sviluppo della struttura cerebrale diverso dalla norma,la dislessia presenta anche diverse connessioni neuronali necessarieall’elaborazione delle informazioni, in termini di difficoltà nell’elabo-razione di stimoli presentati molto rapidamente, presentano attiva-

37

Page 38: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

38

zioni cerebrali diverse durante la lettura. Esattamente nei soggettidislessici si osserva una sovra attivazione dell’area di Broca, abbinataalla mancata attivazione dell’area di Wernicke e del giro angolare(Shaywitz et al., 1998).

Diversi studi familiari, sia su famiglie che su gemelli, hanno mo-strato che la dislessia si trasmette di generazione in generazione. I varistudi non hanno condotto allo sviluppo di tesi univoche. L’opinionepiù diffusa lega il disturbo di lettura sia a geni multipli (probabilmen-te localizzati sul cromosoma 15) che a fattori ambientali (Marino,2004) ma non è ancora chiara la modalità in cui i due aspetti interagi-scono nell’insorgenza del disturbo.

4.2.4 Il disturbo da deficit di attenzione e da comportamento di-rompente

Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) si mani-festa come una mancata inibizione di comportamenti non appropria-ti e una scarsa capacità di pianificazione nelle proprie azioni. Unapercentuale alta di genitori e fratelli di bambini a cui è stato diagno-stico questo disturbo dichiarano di averne, a loro volta, sofferto (Fa-raone, Biderman e Milberger, 1996). Utilizzando sempre studi com-parati sui gemelli l’ADHD manifesta una sostanziale ereditabilità. Ri-spetto all’iperattività i dati stimati mostrano che la componente gene-tica, in questo caso, è maggiore rispetto ad altri tipi di psicopatologiedell’infanzia (ad eccezione dell’autismo). Infatti mettendo insiemetutti i dati si stima una ereditabilità di oltre il 70%. Il meccanismo diquesta influenza genetica è attualmente sconosciuto; è probabile, pe-rò, che vi si coinvolto un sistema di poligenico. Le strutture coinvoltenella ADHD, i gangli della base, sono ricchi di neuroni dopaminergi-ci. I farmaci utilizzati per il controllo dell’ADHD svolgono una fun-zione agonista della dopamina. La ricerca si è, quindi, spostata suigeni associati alla dopamina, compreso il gene per il trasporto (Gill.Daly, Heron, Hawi e Fitzgerald, 1997) e per il recettore della dopa-mina (Ebstein et al. 1996).

Nello studio del cervello, ad un certo punto, si è evidenziato che lepersone con lesioni nei lobi frontali avevano comportamenti simili aquelli affetti da ADHD. È stato ipotizzato che il lobo frontale fosse co-

Page 39: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

involto nella manifestazioni iperattive. I lobi frontali, in effetti, inter-vengono nella pianificazione delle azioni e nella inibizione di compor-tamenti non appropriati. Molti ricercatori hanno, inoltre, notato, unadifferenza volumetrica associata con il disturbo in una struttura deigangli della base (Castellanos et al. 1994).

Il disturbo da comportamento dirompente ha una minore influen-za genetica a favore dell’ambiente familiare condiviso. Rispetto allacondotta, la componente genetica è maggiormente rilevante nei casidi comportamento sociale a insorgenza precoce che tende a perpe-tuarsi anche in età adulta come disturbo della personalità antisociale(DiLalla, Gottesmann, 1989; Lyons et al., 1995; Robbins, Prince,1991). Per il resto è la componente ambientale, nel senso di ambientecondiviso, a mostrare la sua influenza.

4.2.5 La balbuzieLa balbuzie è un tipo di disturbo della comunicazione che si manife-

sta in età precoce, già tra i 2 e i 7 anni e la percentuale di maschi è triplarispetto alle femmine. Nei soggetti balbuzienti alcuni processi linguisticiavvengono nell’emisfero destro (De Nil, 1997, Van Borsel, Achten, San-tens, Lahorte e Voet, 2003); è possibile, pertanto, che entrambi gli emi-sferi cerchino di controllare simultaneamente l’apparato vocale, gene-rando un conflitto (Freberg, 2007).

Vari studi, sempre condotti con il metodo dell’analisi comparatadi gemelli e adottivi, hanno indicato che tali disturbi sono ereditari.Circa un quarto dei parenti di primo grado di bambini affetti daquesto tipo di disturbi manifesta le stesse patologie; mentre i di-sturbi della comunicazione ricorrono solo nel 5% dei parenti deisoggetti di controllo. Tre studi condotti su gemelli hanno dimostra-to una forte influenza genetica: concordanza media del 90% pergemelli monozigoti e del 50% per gemelli dizigoti. Sembrerebbeche ai disturbi, sia di espressione che di ricezione, corrispondano lestesse aree genetiche mentre quando è presente solo un singolo tipodi disturbo siano distinti. Il balbettamento sembra, quindi, esseredi origine prevalentemente genetica (Andrews, Morris-Yates, La-horte e Voet, 2003).

39

Page 40: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

40

4.2.6 L’ambienteLe ricerche in campo genetico stanno dunque profondamente

cambiando il modo di considerare l’ambiente. In effetti le scopertepiù importanti della genetica, in campo psicologico, riguardano so-prattutto l’ambiente. Sempre attraverso ricerche condotte su gemellie fratelli cresciuti nella stessa famiglia biologica o in famiglie diffe-renti, è stato possibile verificare che le esperienze ambientali (am-biente non condiviso) tendono a rendere i bambini cresciuti nellastessa famiglia differenti piuttosto che simili. In secondo luogo unaserie di ricerche suggerisce l’interpretazione che le persone creano leproprie esperienze in parte per ragioni genetiche. Si pensa, cioè, chein base alle proprie propensioni genetiche un singolo individuo“scelga” il proprio esperire creando in tal modo una correlazione tragenotipo e ambiente. È stata inoltre individuata una interazione trail genotipo e l’ambiente che rappresenta la sensibilità genetica al-l’ambiente (Kandel, 2007).

Lasciate alle spalle tutte le controversie tra genotipo e ambiente,attualmente alcuni psicologi stanno sinostosando gli studi genetici eambientali al fine di comprendere lo sviluppo per determinare come ilgenotipo si manifesti nel fenotipo. Dalla ricerca sono emerse interes-santi considerazioni. Una prima considerazione evidenzia che i fattorigenetici sono importanti in psicologia poiché contribuiscono fino al50 % della varianza. L’ereditabilità raggiunge valori anche fino al50%. Il che di contro sta ad indicare che nella manifestazione del fe-notipo l’importanza dell’ambiente è altrettanto del 50%. Una secondaconsiderazione riguarda il termine ambiente che ha assunto grazie allagenetica un’accezione più ampia arrivando a comprendere l’ambienteprenatale ed eventi biologici come la nutrizione e la malattia.

In psicologia molte delle teorie relative all’influenza ambientale ri-spetto allo sviluppo di un individuo tendono a porre l’accento sullasomiglianza tra diversi figli e tra figli e genitori come il prodotto del-l’ambiente fornito e condiviso dai genitori. Eventuali differenze trafigli sono maggiormente da attribuire a differenze nella prassi educa-tiva genitoriale. La genetica ha dimostrato invece che la somiglianzafamiliare è quasi interamente dovuta alla eredità condivisa. L’ambien-te condiviso influisce poco sullo sviluppo della personalità. Poche so-

Page 41: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

no state le eccezioni riscontrate in questo senso, una delle quali èrappresentato dai disturbi da condotta. Parafrasando il sottotitolodel celebre libro di J.R.Harris “Non è colpa dei genitori”, si potreb-be dire che “i genitori contano meno di quanto si pensi, è la compa-gnia a contare di più”, è l’ambiente non condiviso che gioca maggior-mente un ruolo. Le influenze ambientali agiscono in maniera noncondivisa rendendo diversi tra di loro i bambini che crescono nellastessa famiglia.

È bene precisare che per ambiente non condiviso bisogna inten-dere tutto ciò che non è paritetico all’interno di un nucleo famigliare.In tal senso rappresentano ambiente non condiviso anche tutte leesperienze non percepite alla pari quali l’ordine di nascita di fratelli,la diversa età (minore variabilità), e l’eventuale diverso affetto genito-riale (maggiore variabilità). Tuttavia l’ambiente non condiviso è rap-presentato soprattutto da fattori esterni alla famiglia, poiché le diffe-renze nelle cure parentali, in relazione allo sviluppo della personalità,appaiono più come effetti che come cause delle differenze tra fratelli.

Come agisca l’ambiente non condiviso sui fratelli non è ancora chia-ro, non solo perché le tipologie di esperienze sono geneticamente in-fluenzate ma anche perché identici meccanismi di pressione direziona-le determinano effetti diversi a seconda del genotipo (Kandel, 2007).

In riferimento alla correlazione tra genotipo e ambiente, che è sta-ta descritta come il controllo genetico dell’esposizione all’ambiente(Kendler, Eaves, 1986), la ricerca ha evidenziato come ogni individuo“crea e sceglie” le proprie esperienze, in parte, per ragioni genetiche.Si parla di tre tipi di correlazione: attiva, passiva ed reattiva. Si consi-deri come esempio la propensione al disegno. Se tale abilità è eredi-tabile, un bambino molto dotato è probabilmente figlio di almeno ungenitore che ha spesso e volentieri le matite colorate in mano. L’am-biente familiare trasmetterà al figlio i geni ma anche un ambiente svi-luppante tale capacità (correlazione passiva). Il bambino dotato peril disegno potrà essere selezionato a scuola per particolari compiti(creazione di cartelloni, di scenografie, ecc.) e avere quindi specialiopportunità (correlazione reattiva). Qualora, per un qualsiasi motivo,dovesse venire a mancare la figura genitoriale geneticamente corri-spondente a tale abilità o nell’ambiente scuola non venisse coltivata

41

Page 42: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

questa propensione, il bambino potrebbe agire sul proprio ambienteper crearsi delle opportunità manifestando il desiderio di iscriversiad un corso di disegno o creandosi in casa, da solo, un angolino perle attività artistico - manuali (correlazione attiva). La correlazionepassiva è quella che si verifica maggiormente nell’infanzia; nelle fasisuccessive sono quelle reattive e attive (Plomin et al., 2002).

L’interazione tra genotipo e ambiente si riferisce alla sensibilità oalla suscettibilità agli ambienti. Un esempio è rappresentato dai di-sturbi della condotta dove figli biologici cresciuti da genitori biologicicon difficoltà verso l’autorità (l’esposizione all’ambiente) mostranouna percentuale di rischio più alto allo sviluppo di caratteristiche anti-sociali rispetto a figli adottivi cresciuti nella stessa tipologia famigliare.

L’esistenza di una relazione tra ambiente e genotipo porta, comeconseguenza, alla possibilità che esistano geni implicati nelle esperien-ze. L’individuazione di questi geni renderebbe possibile indagaremaggiormente sui meccanismi attraverso i quali la predisposizione ge-netica guida gli individui nel creare attivamente le proprie esperienze.L’individuazione dei geni associati al comportamento comporterebbeun ulteriore rivoluzione rispetto all’esperire in chiava genetica.

La domanda critica sarà, negli sviluppi futuri della ricerca, ancorarappresentata da cosa rende diversi bambini cresciuti nella stessa fa-miglia, cioè da come l’ambiente influenzi lo sviluppo psicologico e,quindi, l’esito finale, il fenotipo che si manifesta. I geni, si ripete, nonsono il destino.

5. Ipotesi neuroscientifiche sul rapporto mente-cervello

All’inizio degli anni cinquanta del XX secolo la visione compor-tamentista dell’uomo iniziò a sgretolarsi. La ricerca si spostava nuo-vamente dal comportamento alla genesi del pensiero e dell’io indivi-duale.

In effetti già con Hebb, comportamentista canadese, l’asse dellaricerca aveva subito uno slittamento, una profonda rivoluzione so-prattutto nel modo di concepire il ruolo del sistema nervoso centralein rapporto al comportamento (Legrenzi, 2002). L’interesse dei ricer-

42

Page 43: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

catori si volse al modello logico dello svolgimento dei processi men-tali, dando origine al cognitivismo classico.

I modelli di funzionamento della mente che furono teorizzati inquegli anni, erano caratterizzati da forti criteri interni di logicità, diserialità, scollegati però dal substrato concreto, reale, fisico da cuiemergevano. L’algoritmo del flusso dell’informazione, della sua strut-turazione, dalla sensazione alla percezione e al pensiero, veniva risol-to attraverso diagrammi di flusso lineari, dal basso verso l’alto, conzone di convergenza finali dei dati elaborati. Un flusso dell’informa-zione di tipo verticale sulla base di una concezione dell’essere umanoconcepito come un elaboratore di informazioni.

La ricerca sempre incentrata sui processi e sulle strutture mentalilegati al pensiero e alla conoscenza venne man mano ampliata fino acomprendere la motivazione, la percezione e il contesto sociale .

Con il passare dei decenni, gli studi sui disordini mentali causatida lesioni cerebrali, e sull’anatomia funzionale e strutturale del cer-vello hanno messo in evidenza una certa inadeguatezza dei modellicognitivisti: l’osservazione di casi clinici specifici e le tecniche di neu-rovisualizzazione suggeriscono infatti un flusso dell’informazione,per singolo processo nel cervello, caratterizzato da un simultaneo tra-sferimento di dati in diverse aree del cervello specializzate e intercon-nesse; resta, a tutt’oggi, da chiarire se avvenga un costante confrontotra le elaborazioni parziali o una integrazione finale dei dati.

Attualmente la ricerca neurocognitivista (Gazzaniga, op. cit.) èimpegnata a determinare con sempre maggiore accuratezza e preci-sione, il singolo processo cognitivo e, nel contempo, come questi sin-goli processi si armonizzino tra di loro nel cervello per fare emergereciò che ciascuno di noi è. Un punto di arrivo potrebbe essere saràrappresentato dalla localizzazione, accettata e condivisa dalla comu-nità scientifica, della mente individuale in rapporto al cervello.

In altre parole, per capire il rapporto esistente tra mente e cer-vello, il mondo della ricerca si è interrogato sulle basi della cogni-zione, cercando di acquisire certezze sia sull’elaborazione dell’in-formazione a livello dei singoli processi cognitivi, sia su come essi siintegrino tra di loro per dare origine a ciò che siamo, secondo unpercorso dal particolare al generale, dove il particolare può essere

43

Page 44: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

rappresentato, di volta il volta, dal linguaggio, dalle emozioni, dallamemoria e in generale dal nostro essere in termini di personalità epensiero.

Chi attualmente si occupa di neuroscienze cognitive (ib.) sa chel’oggetto di studio è rappresentato dalle basi neuronali della cogni-zione, che tale settore di ricerca affonda le proprie radici nella neuro-logia, nelle neuroscienze e nelle scienze cognitive, che deve conside-rarsi un settore di ricerca mutuato dalla neuropsicologia e le neuro-scienze e che infine nuovi collegamenti si sono aperti con la geneticae l’anatomia comparata. Al di là dell’ aneddotica sulla nascita del ter-mine “neuroscienze cognitive”, la domanda cruciale, attorno allaquale si svolge tutta la ricerca, è se e come possa scaturire la mentedal funzionamento del cervello (LeDoux, 2002).

Per comprendere come emerge la mente dal cervello è quindi ne-cessario capire il meccanismo di funzionamento del neurone cherappresenta la singola unità funzionale, come tali singole unità si or-ganizzano reciprocamente per dare origine alla percezione e più ingenerale ai processi cognitivi. È necessario capire come si struttura-no e funzionano le diverse aree specializzate del cervello in funzionedella loro reciproca relazione, cioè come i singoli processi cerebrali,a base neuronale, si integrino tra di loro. È inoltre importante com-prendere la natura delle relazioni esistenti tra singoli processi e fun-zionamento complessivo del cervello ed esiti finali nella personalitàe nel comportamento.

5.1 Metodi e tecniche di indagine

Le metodologie d’indagine su specifiche attività mentali e sulle re-lazioni cervello/mente, sono di varia natura e alcune prettamente ap-partenenti a specifici settori di ricerca (tests neuropsicologici, studiodi casi, studi a campione su patologie specifiche ecc.). Estremamenteinteressante è l’integrazione delle diverse metodologie a cui si assistein campo neuroscientifico cognitivo in quanto tutti gli elementi (datineuroradiologici, neuroimmagini e dati elettrofisiologici) sono neces-sari al fine di valutare le aree cerebrali e le caratteristiche funzionaliresponsabili del comportamento.

44

Page 45: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Le tecniche di indagine possono essere divise in due tipologie: gliesami elettrofisiologici e le neuroimmagini.

Tra gli esami elettrofisiologici si annoverano: l’elettroencefalo-gramma (EEG) che fornisce una registrazione dell’attività elettricacerebrale spontanea e la magnetoencefalografia (MEG) che, utiliz-zando un casco con 155 sensori registra i campi relativi ai poten-ziali sinaptici prodotti (Freberg, 2007).

Le tecniche di visualizzazione del cervello, con l’osservazione invivo del cervello, hanno consentito alla ricerca di fare grandi passiin avanti nella comprensione dei meccanismi del funzionamento ce-rebrale.

Esempi di tecniche di visualizzazione sono la TC (tomografiacomputerizzata), evoluzione della tecnologia TAC (tomografia assialecomputerizzata), che consente la formazione di una immagine bi etridimensionale ad alta risoluzione di un cervello in vivo con la visua-lizzazione di sezioni di parti dell’organismo, la PET (Tomografia ademissione di positoni), che rende possibile studiare le attività dei varisistemi nervosi, e la MRI (Neurovisualizzazione con risonanza ma-gnetica), che consente di esaminare l’attività cerebrale grazie a visua-lizzazioni delle strutture celebrali ottenute attraverso il monitoraggiodelle variazioni dell’ ossigeno e del flusso sanguigno nel cervello,l’angiografia che permette di visualizzare i sistemi arteriosi e venosi,lo scanner a ultrasuoni mediante il quale si può studiare la variazionedel diametro delle arterie in malattie cerebrovascolari.

5.2 Dallo sviluppo neuronale dell’embrione all’emersione del Sé

Lo scontro tra ruolo della cultura e ruolo della natura si è presenta-to anche nello sviluppo cerebrale. Opinione condivisa è che i circuiticerebrali interconnessi si realizzino attraverso una combinazione diinfluenze genetiche e ambientali e che l’effetto dei due fattori, geneti-co e ambientale, si elicita nello stesso modo: collegare sinapsi. L’atten-zione, di conseguenza, si è volta sui meccanismi che portano, già apartire dalle primissime fasi della vita, alla formazione delle connes-sioni sinaptiche legate ai geni e all’esperienza.

L’attenzione della ricerca è stata attratta, in particolare, dai precisi

45

Page 46: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

46

segnali che guidano, durante le prime fasi dello sviluppo embrionalecerebrale, le cellule nelle loro giuste sedi e i terminali assonici alle ri-spettive connessioni sinaptiche.

In merito alla formazione del cervello è accertato che avviene se-condo criteri geneticamente scanditi: si producono specifiche protei-ne che contribuiscono ad orientare assoni verso aree prestabilite. Invia di determinazione è il sistema genico che controlla la formazioneiniziale e i meccanismi di funzionamento.

A partire dallo zigote, una serie di divisioni mitotiche portano allaformazione della blastula prima e della gastrula poi. Nella gastrula èpossibile osservare la presenza di tre strati cellulari, di cui il più ester-no darà origine al sistema nervoso. È a partire da questo stadio che ilsistema nervoso inizia a formarsi attraverso un processo noto comeneurulazione (Berardi, Pizzorusso, 2006). La crescita neuronale del-l’embrione continuerà attraverso la formazione della placca neurona-le che evolverà in tubo neuronale. In quest’ultimo stadio avvengonodei processi molto importanti. Il tubo neuronale si suddivide in re-gioni, le future aree cerebrali, e i precursori neuronali danno origineai neuroni e alle cellule gliali (neurogenesi) che migrano verso la lorodestinazione finale nel sistema nervoso, differenziandosi. Raggiuntala loro postazione definitiva gli assoni delle cellule si accrescono an-dando ad individuare le cellule neuronali con cui connettersi (sinap-togenesi) e formando i primi circuiti.

La neurogenesi e la sinaptogenesi sono, pertanto, due processi di-stinti. Il primo si riferisce al processo di formazione dei neuroni e ilsecondo alla formazione di sinapsi. Il numero di cellule neurali concui si nasce è, pressoché, lo stesso per tutta la vita (per quanto recentiricerche confermino un certo grado di rigenerazione della cellule neu-ronali in età adulta sia per fenomeno naturale che indotto) mentre ilnumero di sinapsi è soggetto a modifiche lungo tutto l’arco della vita.

Grazie a degli studi condotti sulla Drosophila et al. è stato possibi-le individuare il sistema genico, detto omeotico, in relazione al siste-ma nervoso nel periodo prenatale e capirne il meccanismo di funzio-namento. In Drosophila si è visto che la proliferazione delle celluleneuronali nel periodo prenatale è sotto il controllo di un pool genicola cui espressione è rappresentata da proteine che controllano la di-

Page 47: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

sposizione delle cellule, dando origine a barriere che guidano e con-tengono il movimento cellulare, e a superfici esterne adesive che con-sentono alle cellule di aggregarsi (LeDoux, 2002; Ridley, 2005).Giunte alla loro postazione definitiva le cellule si differenziano. Inparticolare iniziano a crescere le terminazioni assoniche in direzionedei loro bersagli, con il quale interagiranno attraverso specifici neu-rotrasmettitori, che guideranno la formazione delle sinapsi.

I circuiti neurali, così formati, verranno progressivamente raffinatidall’esperienza, attraverso l’attività elettrica che essa evoca nei circui-ti stessi e matureranno verso il loro definitivo assetto (Berardi, Pizzo-russo, 2006).

Secondo LeDoux (ib.) se vi è unanime accordo sul fatto che la tran-sizione dalle iniziali, immature connessioni neuronali del cervello gio-vane alla connettività matura e altamente specifica che caratterizza ilcervello adulto implichi attività neurale, vale a dire trasmissione sinap-tica, ciò che bisogna stabilire e se l’attività innescata dalla stimolazioneambientale contribuisca a realizzare le connessioni mature oppure si li-miti a selezionare, dall’insieme iniziale di connessioni stabilite, quelleche saranno mantenute e quelle soggette a sfoltimento nell’arco del se-condo anno di vita. In altre parole bisogna chiedersi se il sum e il cogi-to cartesiano emergono, nelle prime fasi della vita, da un insieme pree-sistente di opzioni sinaptiche, oppure se le esperienze esplicano un lo-ro effetto additivo aggiungendosi alle basi sinaptiche iniziali.

Le teorie neodarwiniane forniscono interessanti spunti di riflessio-ne in merito alla relazione esperienze-sinapsi.

Il premio Nobel N. Jerne ha contestato il concetto di mente “ta-bula rasa” scritta dall’esperienza di Locke, riprendendo quanto espo-sto dalla filosofia greca in merito all’apprendimento. Secondo Jernel’idea di apprendere dall’esperienza deve essere sostituita dall’ideache l’esperienza realizza una selezione da una sorta di conoscenza la-tente preesistente.

Jean-Pierre Changeux, neuroscienziato francese, ha concluso chel’attività neurale non crea nuove connessioni, piuttosto contribuisceall’eliminazione di quelle preesistenti.

Successivi neodarwinisti neurali hanno affermato, in ottemperanzaal principio biologico che la natura non commette sprechi, che le

47

Page 48: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

connessioni sinaptiche sono in competizione tra di loro, tendono asopravvivere solo quelle utilizzate, le altre vengono eliminate. Il mec-canismo attraverso il quale avviene questo “sfoltimento” sinaptico ri-sponde ai principi della ridondanza (alla nascita sono presenti un nu-mero maggiore di sinapsi), dell’utilizzo (si mantengono sono quelleattive) e della sottrazione (le altre vengono eliminate). Le influenzeesterne avrebbero pertanto il ruolo di selezionare le sinapsi da un in-sieme preesistente, geneticamente predeterminato e specifico del ge-nere umano. In tal contesto teorico la nascita della variabilità sarebbecorrelata all’esistenza di un certo numero di sinapsi casuali cioè al ca-suale incontro tra terminali e dendriti al di là dello schema generalegeneticamente stabilito. Il mantenimento delle sinapsi risponderebbead preciso significato in termini di prodotti genici: le vie metabolichenon attive, non supportate sufficientemente da input ambientali, siatrofizzano. Lo sfoltimento sinaptico maggiore, l’eliminazione di viesinaptiche non attive, si realizzerebbe tra i 12 e i 24 mesi di vita di unindividuo. Se le teorie neodarwiniane fossero corrette, il Sé emerge-rebbe per selezione da possibilità preesistenti per mezzo dell’attività(LeDoux, 2002).

In effetti già gli studi compiuti da da Hubet e Wiesel negli anniSessanta del XX secolo avevano ampiamente suggerito che l’uso ab-bia un effetto limitante sulla morte sinaptica (ib.).

Ulteriori studi hanno messo in evidenza come l’attività mentale in-terviene sia sulla conservazione sinaptica che sulla qualità della sin-gola connessione determinandone un aumento in complessità. L’atti-vità mentale, quindi, è responsabile di un accrescimento in termini dicomplessità sinaptica, cioè in un numero maggiore di terminazioniassoniche e di conseguenza di sinapsi per dato neurone.

Come già evidenziato in precedenza, studi sulla Drosophila melano-gaster hanno evidenziato la sensibilità di questa specie al condiziona-mento classico: i moscerini imparano ad evitare gli odori abbinati aduno shock elettrico (Jellies, 1981); l’esposizione alla variabile indipen-dente, nel lungo periodo, porta a durature variazioni nel comporta-mento, legate a variazioni nella sintesi proteica (la via del cAMP-PKA-MAPK-CREB) che determinano, in ultima analisi, l’attivazione di geniche stimolano la crescita di nuove terminazioni sinaptiche. L’attività

48

Page 49: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

“mentale” che generalmente avviene in conseguenza di tali sollecitazio-ni è strettamente legata alla morfologia delle sinapsi, all’aumento delnumero delle sinapsi tra neuroni sensoriali e neuroni motori e all’effi-cacia sinaptica, cioè all’incremento dei numeri dei pacchetti di quantidi neurotrasmettitore rilasciato per ogni potenziale sinaptico (Kandel,2007). L’accrescimento in sinapsi riferita all’organizzazione cerebrale,legato all’attività mentale e sottogiacente all’effetto ambientale, può es-sere visto come un moto ascendente: parte da due cellule neuronali diidentiche tipologie, si estende alle connessioni tra diversi sistemi neu-ronali fino a considerare le connessioni tra i due emisferi e risulta esse-re un’implementazione cerebrale di connessioni già preesistenti e nonuna creazione di vie “ex novo”.

Da quanto sin qui esposto è possibile effettuare una serie di rifles-sioni-conclusioni.

I geni codificano per un sistema predeterminato di connessioni si-naptiche, su tale sistema interviene attivamente l’ambiente di crescitadeterminando un decremento (per sfoltimento) ma anche, per tutto ilciclo vitale, un aumento nella quantità e nella quantità delle connessio-ni preesistenti all’interno e tra i sistemi cerebrali (selezione e imple-mentazione mirata). L’insieme di tali meccanismi porta alla differenzia-zione di un individuo dagli altri dello stesso gruppo parentale (con ilquale condivide un maggior numero iniziale di geni e quindi, di con-nessioni) e, più in generale, alla variabilità fenotipica. Nel corso dellavita dell’individuo intervengono altri pool di geni, precisamente nel-l’infanzia, nella prima fanciullezza e nella media fanciullezza che espli-cano la loro azione in senso epigenetico, un rafforzamento o meno del-la selezione e dell’implementazione mirata dei circuiti sinaptici. L’im-plementazione mirata e la selezione devono essere viste come due fac-ce della stessa medaglia: lo sviluppo sinaptico. L’ambiente, sortendo ilproprio effetto in termini di selezione e implementazione mirata di al-cuni percorsi sinaptici piuttosto che altri, gioca il suo ruolo sulle carat-teristiche individuali e sulla variabilità poiché le caratteristiche di unindividuo, psicologiche, mentali e comportamentali sono mediate pro-prio dalle sinapsi del cervello.

Secondo LeDoux le sinapsi del nostro cervello ci rendono ciò chesiamo; dalle nostre sinapsi emergerebbe la coscienza dell’Io individua-

49

Page 50: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

50

le, la percezione del Sé, il nostro essere. A causa delle miliardi di diver-se combinazioni sinaptiche possibili, siamo esseri unici e irripetibili.

5.3 Il sé sinaptico

Nel testo Il Sé sinaptico Joseph LeDoux prova appunto a dare unasua interpretazione al meccanismo del funzionamento del cervellonella sua interezza, per avvalorare la tesi secondo la quale siamo inluogo delle nostre sinapsi.

Le prime ipotesi sulle modalità di funzionamento della mente, al-l’interno del movimento cognitivista, erano basate sulla cibernetica inuna sorta di parallelismo con i processori di tipo seriale. Esempi didiversi sistemi neurali erano rappresentati dalla funzione sensoriale,dal controllo motorio, dall’emozione, dalla motivazione, dall’intensi-tà dell’attivazione fisiologica e comportamentale dell’organismo nelcaso della regolazione viscerale, dal pensiero, dal ragionamento e daiprocessi decisionali.

Ad esempio, nel caso dei fenomeni sensoriali, percettivi e motori,si pensava che fossero ripartiti in aree corticali ben distinte: nel lobooccipitale le aree sensoriali, un insieme costituito dalle aree visive, so-matosensoriali e uditive, nella parte posteriore del lobo frontale learee motorie e tra le prime e le seconde, interposte, le vaste regionicorticali, le cosiddette aree associative aventi il compito di elaborare idati informativi provenienti dalle diverse aree sensoriali per trasferirlialle aree motorie.

I dati sperimentali degli ultimi vent’anni hanno profondamentecambiato questa visione trasformandola in un mosaico di aree anato-micamente e funzionalmente distinte ma interconnesse tra di loro eformanti circuiti destinati a lavorare in parallelo e a integrare le infor-mazioni in apposite zone di convergenza dati.

Il parallelismo è oggi effettuato con i multiprocessori, sistemi ca-ratterizzati da più vie che lavorano in parallelo sia in modalità auto-noma che con trasferimento simultaneo di dati in vie processuali dif-ferenti, interconnesse, e con zone di convergenza per l’integrazionedei dati.

Ciascun processore (sistema neurale) può avere una sua specifica

Page 51: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

51

funzione operativa e diversi tipi di compiti possono essere eseguitidal cervello in simultanea: guidare un’autovettura, comunicare conun altro individuo tramite cellulare (con auricolare!) e controllare leattività del proprio figlio posto nel seggiolone. Nella realtà dei fatti,però, ciascun sistema non è isolato ma immerso in una complessa tra-ma di relazioni: ciascun circuito neurale è parte di sistema di vieparallele, rispetto alle quali vi è un simultaneo trasferimento di dati euna integrazione degli stessi.

Prendiamo, ad esempio, l’esempio della “tazzina di caffè” (Rizzo-latti e Sinigaglia, 2006).

Afferrare una tazzina di caffè, un oggetto qualsiasi, sembra il frut-to di due processi indipendenti seppur coordinati tra di loro, rag-giungere e afferrare, con il primo che precede il secondo. La registra-zione dei movimenti del braccio e della mano ha mostrato che i duemovimenti iniziano e si svolgono in parallelo. Il braccio si muove perraggiungere la tazzina, simultaneamente la mano prefigura la presanecessaria per afferrarla (ib.).

Pertanto alla semplice immagine di processazione dell’informazio-ne in circuiti in parallelo, indipendenti l’uno dell’altro, dobbiamo so-stituire l’immagine di processazione dell’informazione attraverso re-gioni differenti interconnesse ove la processazione stessa si armonizzain virtù del fatto che cellule di diverse regioni scaricano in sincroniapotenziali d’azione incrociando, altrettanto in sincronia, i dati in zonedi convergenza. La comprensione di un evento visivo, ad esempio lavista di un oggetto, avviene in virtù del fatto che colore e forma si ar-monizzano sin da subito poiché le cellule che processano tali elementisi attivano nel medesimo istante confrontando e integrando dati.

I dati si integrano costantemente arricchendosi di sfumature, mo-dificandosi in funzione del numero e della qualità delle connessionisinaptiche presenti (all’interno di un singolo processo e) tra i proces-si cerebrali.

Riprendendo l’esempio della tazzina, per afferrarla è necessarioscegliere la tazzina tra i vari oggetti presenti nel campo visivo attivan-do in contemporanea i circuiti mnemonici, simultaneamente bisognaorientare testa e occhi per apprezzarne forma, orientamento del ma-nico e colore della tazzina e sempre in sincronia localizzarla rispetto al

Page 52: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

corpo per raggiungerla, e prendere le giuste misure per afferrarla ri-spetto alle nostre intenzioni (bere, spostarla).

Un altro esempio potrebbe essere rappresentato dall’esperire delneonato a cui si accosta la madre. Un sistema processa le immagini,un altro i suoni e un altro gli odori; dal punto di vista del nostro cer-vello non sono tre diverse esperienze ma aspetti diversi di una unicaesperienza.

Il livello finale raggiunto, il grado di complessità espresso dal cer-vello nel processare l’informazione, dipendente dal numero di con-nessioni esistenti nei e soprattutto tra i diversi circuiti, riflette la pla-sticità sinaptica, cioè la capacità dei sistemi cerebrali di essere modi-ficati dall’esperienza, che a sua volta riflette le esperienze vissute.

Le funzioni pertanto dipendono dalle connessioni, interrompendole quali si perderanno le funzioni (LeDoux, 2002) o meglio si perde-rà la capacità di scambiarsi informazioni tra diverse aree cerebralicon perdita dell’unità della mente e del comportamento (sindromeda disconnessione).

Un caso di sindrome da disconnessione riguarda un paziente inetà adolescenziale che aveva subito un intervento di commisurotomiaper il controllo dell’epilessia. L’operazione consisteva nella recisionedei nervi tra i due emisferi al fine di evitare che gli attacchi si trasferi-scano da una parte all’altra. In conseguenza dell’intervento i dueemisferi divennero indipendenti l’uno dall’altro. A vari giorni di di-stanza dall’intervento il paziente si abbassava i pantaloni con la manodestra e li alzava con la sinistra. Considerando che la mano destra ela mano sinistra sono sotto il controllo, rispettivamente, dell’emisferosinistro e destro, non essendo più collegati i sistemi cerebrali ove siconfrontano i dati, era avvenuta una dissociazione dell’integrazionedell’informazione (le due mani) inerente il controllo motorio.

Molti disturbi psichiatrici possono essere considerati come dete-rioramento delle connessioni, come nel caso di alcune depressioniove le alterazioni nell’organizzazione sinaptica di una zona, legate al-l’innalzamento di ormoni stressori per lunghi periodi di tempo, pos-sono produrre effetti similari alle sindromi da disconnessione.

I danni a carico della corteccia prefrontale ventrale si possono in-terpretare come una interruzione nella capacità di scambiarsi infor-

52

Page 53: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

mazioni emotive per orientare pensieri e azioni. In effetti la sola cosache un’area cerebrale sa di un’altra è lo stato delle sue sinapsi (Le-Doux, 2002).

Da ciò possiamo dedurre che il Sé è tenuto insieme dal cervello at-traverso le connessioni sinaptiche; al cambiare delle connessioni, peresperienza o trauma, il Sé potrà subire modifiche.

Il Sé è quindi modellato dalle esperienze che effettuiamo lungotutto l’arco della vita.

Ne consegue che sistemi differenti (individui diversi) possonoesperire lo stesso mondo, creando di fatto una cultura condivisa, macon risultati differenti nei sistemi cerebrali distinti in termini di gradidi complessità della processazione dell’informazione in funzione del-le esperienze già vissute.

Un esperire comune darà risultati differenti in riferimento all’ela-borazione finale dell’esperienza ma anche ad un’ulteriore modificadella plasticità sinaptica con un’ulteriore differenziazione.

In questo sistema di costante integrazione di dati la plasticità è co-ordinata anche dai sistemi dei neurotrasmettitori quali la dopamina,la serotonina e l’acetilcolina (LeDoux, 2002).

La principale funzione dei neurotrasmettitori è quella di regolarela neurotrasmissione tra neuroni a livello delle sinapsi che sono giàattive quando essi giungono a destinazione. Inoltre essi, come già evi-denziato, possono indurre plasticità sinaptica e, quindi, apprendi-mento e memoria.

Poiché la processazione di una informazione può avvenire con ilcontributo di sistemi cerebrali caratterizzati da diverse reciproche ve-locità di esecuzione, che tendono ad aumentare in funzione dellacomplessità del processo, un’altra funzione importante dei neurotra-smettitori è quella, una volta rilasciati, di influenzare un’ampia gam-ma di processi e l’assimilazione dei molteplici elementi di una espe-rienza, consentendo che essa venga memorizzata simultaneamenteanche se attraverso sistemi multipli (LeDoux, 2002). Gli stimoli emo-tivi hanno un’influenza sui neurotrasmettitori svolgendo su di essi unforte effetto innesco (questo, ad esempio è uno dei campi d’indaginedella genomica psicosociale).

Già è stato detto che l’elemento di convergenza della plasticità in

53

Page 54: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

parallelo è rappresentato da regioni in cui le informazioni provenien-ti da diversi sistemi vengono integrate e che prendono il nome di zo-ne di convergenza. La convergenza, come già detto, avviene sia in iti-nere che nella fase finale e il grado di complessità finale sarà propor-zionale al grado di complessità espresso nelle fasi intermedie. La con-vergenza si verifica all’interno dei sistemi prima che tra i sistemi. Siritiene, riprendendo l’esempio forma e colore di un oggetto e analiz-zandolo rispetto alla forma, che il sistema del riconoscimento dell’og-getto sia organizzato in modo gerarchico: nella prima fase ogni cellu-la riconosce l’orientamento di uno spigolo o di un contorno; le cellu-le della seconda fase ricevono quanto già riconosciuto e sono in gra-do di organizzare una rappresentazione dell’oggetto maggiore. Que-sto tipo di convergenza si ripete in modo gerarchico fino alla fine delprocesso nel quale in un piccolo complesso di cellule sinapticamenteconnesse si riversano tutti gli input convergenti dai livelli inferiori esi rappresenta la forma dell’oggetto. Alla fase intrasistemica seguequella intersistemica.

L’ipotesi prospettata da LeDoux prevede l’esistenza di specificheregioni cerebrali di convergenza quali ad esempio la corteccia pre-frontale. In tal senso si preferisce far riferimento a quella avanzata daSolms e Turnbull (2004) che, rifacendosi alle intuizioni di Lurija,suggeriscono una distribuzione omogenea di zone di convergenza intutta l’area cerebrale, ritenendola maggiormente corrispondente a ciòche avviene nel cervello anche solo in virtù del principio della con-servazione dell’energia nei sistemi viventi.

Il Sé viene assemblato e reso coeso da processi dal basso versol’alto ma anche di tipo discendente. I pensieri e le memorie colloca-ti nella memoria di lavoro, per esempio, possono influenzare ciò dicui ci occupiamo, il modo in cui vediamo le cose, il modo in cui cicomportiamo (LeDoux, 2002). Il processo attraverso il quale unpensiero può diramare ordini prende il nome di casualità discen-dente.

Anche gli stati emotivi svolgono un ruolo cruciale nell’organizza-zione dell’attività cerebrale.

Abbiamo già visto che influenzano il sistema dei neurotrasmettito-ri, ma è attraverso l’amigdala che gli stati emotivi influenzano tutto il

54

Page 55: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

sistema cerebrale. In presenza di uno stimolo attentivo, l’amigdala at-tiva tutte le aree cerebrali. I sistemi emotivi organizzano anche l’ap-prendimento attraverso una corrispondenza tra situazione emotiva,stato attentivo e la tipologia di apprendimento che si sta mettendo inessere. Ne consegue che qualora l’apprendimento sia legato agli statiemotivi, essendo attivate un maggior numero di aree cerebrali, la si-gnificatività dell’apprendimento stesso è maggiore. Ciò deve farci ri-flettere sulla necessità di correlare l’attività educativa ai bisogni an-che di natura emotivo-affettiva tipici delle diverse età. Infatti, l’espe-rire una vasta gamma di emozioni, nella misura in cui attiva gran par-te delle aree cerebrali, favorisce lo sviluppo e la coesione del Sé nellamisura in cui migliora la qualità e la quantità delle connessioni tra si-stemi emotivi e capacità cognitive.

Nel corso dell’evoluzione, lo sviluppo delle funzioni superiori,caratteristico della nostra specie, è stato possibile, oltre che conl’aumento delle dimensioni della scatola cranica, anche con una ri-organizzazione dello spazio cerebrale. In questo processo di risi-stemazione delle aree cerebrali un punto critico è rappresentatodalla connettività tra i sistemi cognitivi, i sistemi emotivi e motiva-zionali. Ne deriva che la casualità discendente, dal pensiero all’a-zione, dal sapere cosa fare al fare effettivamente, è a volte cosa nonsemplice; non sempre gli elementi acquisiti in modo esplicito cor-rispondono a quelli impliciti e ciò avviene in particolare nei siste-mi emotivi.

Nell’attuale stadio evolutivo del cervello, è come se non esistesse-ro connessioni ancora sufficientemente sviluppate per tenere insiemecapacità cognitive e stati emotivi. Ciò comporta un certo grado didifficoltà alla coesione del Sé nella misura in cui esso dipende sia dasistemi che operano in modo esplicito che implicito. Attraverso i si-stemi espliciti affermiamo in modo intenzionale ciò che siamo e comeci comporteremo; ma solo in parte riusciamo a fare ciò, dal momentoche abbiamo un accesso inconscio imperfetto ai sistemi emotivi, chesvolgono un ruolo tanto cruciale nel coordinare l’apprendimentoproveniente da altri sistemi (LeDoux, 2002).

55

Page 56: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

6. I neuroni specchio: sostrato neurale dell’esistenza preverbale eprerazionale

Effettuando un parallelismo con la teoria della mente a processoriparalleli e zone di convergenza continue, potremmo dire che, oggi, ledomande “come funziona il cervello?” e “qual è la relazione mente-corpo?” sono state simultaneamente trasferite in tutto il mondo; intutte le aree del globo vi sono unità funzionali (équipe di lavoro) chestanno trattando dati in base al proprio ambito di studio specifico,confrontando e incrociando, già in itinere, i risultati parziali delleproprie ricerche con quanto elaborato e/o in via di elaborazione inaltre aree del globo.

Per dirla con Solms e Turnbull (2004) quando uomini di scienzacooperano, è possibile raggiungere una immagine più accurata di ciòche è davvero la mente.

Un esempio di convergenza di studi è rappresentato dalla tratta-zione, nel libro Il cervello e il mondo interno di Solms e Turnbull (ib.)dei sistemi esecutivi localizzati nei lobi prefrontali (in qualità di “se-de ove si radica l’essenza della nostra natura umana”) in relazione airisultati di una scoperta tutta italiana, quella dei neuroni specchio.

I neuroni specchio sono una classe di neuroni che si attiva siaquando si compie un’azione in prima persona sia quando la si osser-va compiuta da altri e il cui ruolo primario è quello di far da media-tori per la comprensione del significato delle azioni altrui (Rizzolatti,Sinigaglia, 2006).

In merito alle ricerche sui neuroni specchio condotte dall’équipedi Giacomo Rizzolatti presso l’Università di Parma, si è accertato chele aree costantemente attive durante l’osservazione delle azioni altruisono la porzione rostrale anteriore del lobo parietale inferiore e il set-tore inferiore del giro precentrale più quello posteriore del giro fron-tale inferiore. In alcuni esperimenti si è osservata attività anche inun’area più anteriore del giro frontale inferiore, nonché nella cortec-cia premotoria dorsale (Rizzolatti, Sinigaglia, 2006). Più precisamen-te il sistema dei neuroni specchio, nonostante un notevole grado disovrapposizione, ha un’organizzazione somatotopica, con foci corti-cali dedicate ad azioni condotte con la mano, la bocca e il piede.

56

Page 57: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Fino alla scoperta di Rizzolatti si pensava che tali neuroni si atti-vassero solo quando si compie un’ azione in prima persona e che l’at-tivazione di questi neuroni fosse correlata solo a funzioni motorie.

Nel corso di alcune ricerche, inerenti lo studio di neuroni specia-lizzati nel controllo dei movimenti della mano, i ricercatori di Parmasi accorsero che gli stessi neuroni che si attivavano quando una scim-mia compiva un’azione in prima persona (ad esempio prendere unabanana), si attivavano anche quando era un altro a compiere la stessamedesima azione (uno sperimentatore che prende una banana da uncesto di frutta posto dinanzi la gabbia del macaco mentre la scimmiaè intenta ad osservare la scena). L’utilizzazione della fMRI ha consen-tito una localizzazione successiva più precisa delle aree coinvolte nelsistema umano dei neuroni specchio in presenza di azioni complesse(afferrare per mangiare, dare un calcio a un pallone, prendere oggettiper ordinare): la parte posteriore della cosiddetta area di Broca (tra-dizionalmente deputata al controllo dei movimenti della bocca ne-cessari per l’espressione verbale), larghe parti della corteccia premo-toria e del lobo parietale inferiore e pertanto più esteso rispetto aquello identificato nella scimmia. Sperimentazioni successive, con-dotte da Giovanni Buccino e altri nel 2001, hanno evidenziato comeil sistema dei neuroni specchio non sia limitato ai movimenti dellamano e neppure agli atti transitivi ma risponda anche agli atti mimaticon un pattern di attivazione analogo ma limitato al lobo frontale(Rizzolatti, Sinigaglia, 2006).

In effetti l’osservazione di atti compiuti da altri determina, nel-l’uomo, un immediato coinvolgimento delle aree motorie deputateall’organizzazione e all’esecuzione di quegli stessi atti. Questa sortadi coinvolgimento cerebrale consente di decifrare e comprendere ilsignificato delle azioni altrui ad un livello privo di qualsivoglia me-diazione riflessiva, concettuale e/o linguistica e fatto solo di cono-scenza motoria e vocabolario d’atti. Da esperimenti condotti da Mar-co Iacoboni è emerso che il coinvolgimento delle aree motorie si atti-va anche si manifesta solo la chiara intenzione di un atto motorio. Laconoscenza motoria, in varie specie e in misura maggiore nell’uomo,di conseguenza avrebbe un ruolo decisivo nella comprensione del si-gnificato delle azioni altrui. Ciò non implica che le stesse azioni e/o

57

Page 58: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

intenzioni non possano essere comprese in modo diverso, grazie aprocessi intellettivi basati su elaborazioni di informazioni sensorialie/o visive (Rizzolatti, Sinigaglia, 2006). Tra le due modalità di com-prensione vi è una profonda differenza. L’attivazione delle aree mo-torie comporta un coinvolgimento in prima persona del soggetto,una profonda empatia, che gli consente di esperire l’azione come sefosse lui stesso a compierla e di comprenderne a pieno il significato.Il “come se” diviene patrimonio del soggetto coinvolto nell’osserva-zione, parte del suo esperire concreto e non virtuale, patrimonio in-dividuale e di specie.

Già all’inizio della scoperta dei meccanismi di funzionamento deineuroni specchio ci si è chiesto se essi potevano essere alla base del-l’imitazione.

Il termine imitare è strettamente connesso con la capacità di un in-dividuo di replicare un atto, già appartenente al proprio patrimoniomotorio, dopo averlo visto compiere da un altro e/o con la capacità diapprendere uno schema d’azione nuovo dopo averlo osservato.

Nel primo caso la scoperta dei neuroni specchio suggerisce una ri-considerazione dei meccanismi di imitazione visti come una traduzio-ne motoria immediata dell’azione osservata e di cui è già stato deci-frato e compreso il significato motorio proprio attraverso il sistemaspecchio. Più che di imitazione, quindi, bisognerebbe parlare di unareplicazione. Nel secondo caso, quando si parla di apprendimento dinuovi profili d’azione, esperimenti mostrano che le forme di imita-zione di eventi motori dipendono dall’attivazione di aree corticali do-tate di proprietà specchio: una sorta di corrispondenza semanticadelle informazioni visive provenienti da osservazioni di atti altrui conle rappresentazioni motorie corrispondenti.

Non tutte le azioni osservate vengono replicate. Nel cervello uma-no deve esistere un sistema che consenta, una volta codificato unevento, il passaggio da “azione potenziale” ad azione esecutiva qua-lora necessario. Le attuali conoscenze portano a pensare che questasorta di segnale o di interruttore esista e che esso sia in associazionecon dei sistemi genici.

La relazione tra sistemi specchio e sistemi di controllo potrebbechiarire taluni aspetti legati all’imitazione precoce dei neonati. A po-

58

Page 59: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

che ore dalla nascita i bambini sanno già riprodurre alcuni gesti qualila propulsione della lingua o il sorridere. Una possibile spiegazionepotrebbe risiedere in un sistema specchio già attivo associato con unsistema di controllo ancora immaturo, fattore chiave dell’autoregola-zione del cervello neonato e fondamento preverbale e prerazionaledell’intersoggettività.

Il meccanismo della comprensione di azioni compiute dagli altri èstato estremamente utile per ampliare il campo di indagine. Gli stessiscopritori dei neuroni specchio hanno dichiarato che proprio la com-prensione delle loro caratteristiche di attivazione diretta e pre-rifles-siva determina, intorno agli individui, l’esistenza di uno spazio d’a-zione condiviso da altri individui, per cui si originano forme di inte-razione sempre più elaborate.

In campo evolutivo evidentemente la formazione di questa capaci-tà di interazione è avvenuta contemporaneamente all’interno dell’or-ganismo biologico come al suo esterno, e questo ci aiuterebbe a capiredove indirizzare le ricerche future, dato che proprio le interazioni sibasano su sistemi di neuroni specchio sempre più complessi, articolatie differenziati man mano che li si studia. La capacità di parti del cer-vello umano di attivarsi alla percezione delle emozioni altrui, espressecon moti del volto, gesti e suoni; la capacità di codificare istantanea-mente questa percezione in termini “viscero-motori”, rende ogni indi-viduo in grado di agire in base a un meccanismo neurale per ottenerequella che gli scopritori chiamano “partecipazione empatica”.

Dunque un comportamento bio-sociale, ad un livello che precedela comunicazione linguistica, che caratterizza e soprattutto orienta lerelazioni inter-individuali, che sono poi alla base dell’intero compor-tamento sociale.

Comunque sia, gli ultimi esperimenti hanno confermato che difronte al comportamento dei soggetti, i neuroni specchio hanno ma-nifestato la loro presenza in aree del cervello più ampie di quelle in-traviste all’inizio. Di volta in volta hanno presentato un’architettura eun’organizzazione cellulare diversa, semplice o sofisticata a secondadei fenomeni emotivi che provocavano la reazione neurale. Perciò selo studio precedente del sistema motorio aveva portato la ricerca aconcentrarsi sull’analisi neurofisiologica dei movimenti più che dei

59

Page 60: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

comportamenti, individuando “semplicemente” i circuiti neurali pre-posti al nostro rapporto con le cose, la scoperta dei neuroni specchio elo studio della loro natura profonda ci permette di fare un salto nellaconoscenza del cervello, di gettare le basi unitarie per indagare suiprocessi neurali responsabili dei rapporti fra le persone. In pratica sista scoprendo il complesso meccanismo biologico alla base del com-portamento sociale degli uomini.

Nel testo Il cervello e il mondo interno (2004), Solms e Turnbullprendono in esame il tronco encefalico superiore e la correlazionecon i sistemi d’azione. Il tronco encefalico rappresenta una strutturache riceve input da tutte le modalità sensorimotorie, ed è una zona diconvergenza. Secondo Antonio Damasio questa regione cerebralerappresenta il SELF (Simple Egolike Life Form) o Sé Primario o SéPrimitivo; una sorta di Io di base su cui vanno a innestarsi tutte lerappresentazioni più complesse del nostro Io che può essere visto co-me l’origine del sentimento di essere vivi e la consapevolezza di es-serlo. Tale fonte di coscienza non deve essere pensata solo come di ti-po sensoriale. La percezione dello stato fisico del corpo è estrema-mente correlata con il sistema motorio e con il sistema delle emozioniin quanto scopo primario della percezione è guidare l’azione e scopofondamentale della coscienza è la percezione delle emozioni (Solms eTurnbull, 2004). Come dire che il SELF guida le azioni sulla base diun’attribuzione di valori (ib., 2004).

Tale attribuzione di valori innesca dei programmi motori (compor-tamenti) di tipo riflessivo e istintivo (comportamenti stereotipati eaventi carattere di compulsività). Il Sé Primario è essenzialmente,quindi, un meccanismo passivo, privo di libero arbitrio, in grado,cioè, di innescare programmi motori ma senza alcuna capacità di scel-ta. Concettualmente il libero arbitrio si connota, quindi, come la ca-pacità di scegliere di non fare una cosa, come una capacità inibitoria.

Rappresentazioni più complesse dell’Io, che si innestano su questoIo primitivo, appaiono come lo sviluppo di un sistema del Sé forte-mente correlato a meccanismi inibitori. Lo sviluppo di questi meccani-smi inibitori, localizzati nei lobi prefrontali, ci rende diversi da altrimammiferi in quanto capaci di reprimere le compulsioni primitive estereotipate. Nell’uomo, grazie ai lobi prefrontali, esiste la possibilità

60

Page 61: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

di ritardare una data azione a fronte dell’intervento del pensiero, chepuò essere visto come un agire immaginario, cioè a fronte della valuta-zione delle conseguenze delle nostre azioni. In altre parole, partono iprogrammi dell’azione prevista, ma l’azione vera e propria viene inibi-ta. Il pensiero ha valore, quindi, di un agire senza l’azione.

I lobi prefrontali maturano dopo la nascita principalmente intor-no ai due anni di età e intorno ai cinque anni di età, pur continuandola loro crescita per i primi vent’anni di vita. Le esperienze che attiva-no questi meccanismi esecutivi nei primi anni di vita ne determine-ranno la struttura individuale.

L’operatività di tali intrinseche capacità inibitorie, di natura neuro-chimica, è, di conseguenza, letteralmente plasmata dalle figure paren-tali e dalle figure di riferimento nell’ambiente di crescita del bambino.

Grazie alle scoperte di Rizzolatti sappiamo che il pattern di neuro-ni scarica allo stesso modo nel caso di un’azione compiuta in primapersona e nel caso di una azione osservata e “immaginata”. Questaclasse di neuroni è stata osservata solo nei sistemi di azione.

È probabile però che sia rintracciabile anche nei sistemi dell’emo-zione, cioè che essi rappresentino la base neurobiologica dell’empa-tia. Pertanto questo meccanismo sarebbe alla base del processo di in-teriorizzazione del comportamento delle figure di riferimento. Ciòconsentirebbe di stabilizzare i programmi esecutivi, attivandoli ripe-tutamente attraverso l’osservazione senza che i comportamenti deb-bano essere concretamente eseguiti. La passività è in questo modotramutata in attività (auto inibita) mentre simultaneamente l’azione sitrasforma in pensiero.

Relativamente all’empatia, da esperimenti condotti (Singer, 2004)risulta che in soggetti che osservano altri provare dolore l’empatia at-tiva automaticamente l’insula e la corteccia cingolata anteriore, areeche sembrano coinvolte come se il dolore fosse un dolore fisico in-tenso e reale. In un successivo esperimento si studia la reazione di unsoggetto che non può osservare direttamente un’altro che soffre mapuò vedere attraverso una lancetta i livelli del dolore: in effetti, im-magina il dolore dell’altro. Anche in questo caso, pur in assenza delcontatto oculare facilitante l’immedesimazione emotiva, nel soggettosi attivano quelle specifiche aree, a testimonianza della interconnes-

61

Page 62: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

sione tra razionalità ed emotività-affettività: tale meccanismo di os-servazione-imitazione-comprensione è stato definito simulazione in-carnata.

Ricadute e declinazioni psicopedagogiche delle ricerche citatepossono essere rinvenute nelle seguenti riflessioni: se vi è un sostratoneuronale alla base dell’esistenza preverbale e prerazionale dell’iden-tità sociale, se il nostro cervello risuona con quello di un’altra perso-na in una sorta di metacomunicazione, nel nostro essere è già inseritageneticamente la possibilità di una relazione significativa con l’altro,elemento che è alla base di ogni percorso educativo possibile (Don-narumma D’Alessio, 2008).

In base agli studi citati è possibile concludere che la ricerca neuro-scientifica, in quanto studio delle basi biologiche dei processi mentalie sociali umani, acquisterà crescente rilievo e spazio in campo psico-pedagogico.

Quando si parla di funzionamento mentale infatti anche i neuro-biologi sentono un grande bisogno di punti di riferimento esterni(Kandel, 2007). In questo senso la psicopedagogia, come disciplinapreposta allo studio dei processi antecedenti e concomitanti alle si-tuazioni educative e didattiche e all’elaborazione di matrici volte allaloro ottimizzazione, può offrire un contributo prezioso ad una com-prensione profonda e sfaccettata della mente umana. Rispetto infattialle teorie neurobiologiche, più soddisfacenti dal punto di vistascientifico ma spesso centrate su aspetti troppo specifici a discapitodi una visione globale dei fenomeni, essa può rilevare aspetti del fun-zionamento mentale che si esplicano solo all’interno della complessi-tà tipica delle situazioni educative e didattiche.

Citando Kandel (2007, pag. 27-28) possiamo dire che “gli studi cel-lulari sugli stadi critici di sviluppo e di apprendimento hanno mostratoche le connessioni tra neuroni sono influenzate da processi genetici edevolutivi: ciò che resta ancora da determinare è la forza di tali connessio-ni. Dobbiamo a questo fattore – l’efficacia a lungo termine delle connes-sioni sinaptiche - influenze ambientali quali l’apprendimento.

Negli studi finora compiuti, è emerso che l’apprendimento modifical’efficacia di percorsi preesistenti, inducendo in tal modo l’espressionedi nuovi schemi comportamentali. Così quando parlo a qualcuno e lui

62

Page 63: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

mi ascolta, non solo io e lui raggiungiamo un contatto visivo e vocale,ma l’azione dell’apparato neuronale del mio cervello produce effetti di-retti e duraturi sull’apparato neuronale del suo cervello e viceversa”.

Dunque, l’intervento educativo mutua la propria efficacia grazie al-la capacità delle parole e dei gesti di indurre trasformazioni nel cervel-lo ed agire conseguentemente sui processi mentali delle persone coin-volte. Facciamo un semplice esempio che sottolinea altresì la circolari-tà di questo processo. L’insegnante o l’educatore che ha contatti con-tinuativi con il mondo dell’infanzia e della fanciullezza, può sperimen-tare come le esperienze della meraviglia e dell’entusiasmo, che spessovengono sostituite in età adulta da un disincantato cinismo, possonoessere mantenute in maniera quasi automatica grazie al meccanismoascrivibile ai neuroni specchio. L’adulto che vive tra bambini speri-menta spesso una curiosità ed una freschezza mentale ed emotiva dif-ficili da ritrovare in soggetti che vivono in contesti differenti.

6.1 Neuroetica ed educazione

Quanto detto finora ha numerose implicazioni evidenziate ancheda una neonata disciplina: la neurotica, un campo di studio interdi-sciplinare che indaga sulle precondizioni biologiche della capacitàmorale, nel tentativo di colmare il gap esistente tra principi etici ecorporeità dell’uomo, elemento questo profondamente connessocon ogni discorso di tipo educativo che continuamente fa i conticon un dover essere. La neuroetica propone una visione del cervelloin continua relazione con l’esterno e lo definisce come realtà orga-nica in costante rapporto con il corpo, il contesto intersoggettivoed il mondo considerato come repertorio di strumenti utilizzabili(Boella, 2008).

Tale disciplina, focalizzandosi su quanto precede, prepara o im-pedisce l’obbedienza alla norma, s’incentra su una morale trascen-dentale di tipo husserliano, in base alla quale la morale stessa si radi-ca nel vissuto, chiedendosi se nei funzionamenti corporei sia già in-sito un significato morale (ib., 2008).

Le tecniche di imaging cerebrale prima citate infatti, tramiteesperimenti su punti moralmente critici o significativi, permettono

63

Page 64: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

di evidenziare la neurofisiologia ad essi sottesa (aggressività, dispe-razione, menzogna, altruismo…).

Secondo Boella (2008) nelle nostre scelte morali (e dunque anchein quelle di natura educativa) l’approccio iniziale alla realtà è media-to dalle emozioni, definite forme di saggezza pratica che ci orientanonella vita quotidiana e poi seguito, mediante una successiva astrazio-ne, dall’atteggiamento cognitivo “oggettivo”. Nel rapporto educativovi è un coinvolgimento, un interesse ed una preoccupazione che puòesser fatto rientrare nel senso hedeggeriano della “cura”: per questomotivo risulta di particolare interesse poter visualizzare la relazionetra meccanismi cerebrali e convinzioni e comportamenti morali. Ciòporterebbe ad un’accresciuta consapevolezza che potrebbe condurread un’estensione della moralità, con le innegabili ricadute anche incampo formativa.

7. Conclusione

Nei molteplici sensi che abbiamo prospettato psicobiologia e psi-copedagogia sono dunque profondamente connesse. Per tale motivoci si augura, parafrasando Kandel, che il radicato dualismo che in pas-sato le ha scisse in approcci diversi alle situazioni educative si rivelisolo un fatto transitorio.

Il connubio tra le due discipline si pone dunque come strumentoscientifico e clinico assai promettente per la valutazione degli esiti deiprocessi educativi e la diagnosi dei disturbi connessi e come importan-te premessa per una crescente comprensione del pensiero e del com-portamento in grado di aprire nuovi affascinanti scenari di ricerca.

64

Page 65: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

BIBLIOGRAFIA

Andrews, G., Morris-Yates, A., Howie, P., Martin, N., G., Geneticfactors in struttering confirmed. In Archivies of GeneralPsychiatry, 48, 1034-1035, 1991.

Beaton, A.A., The relation of planum temporale asymetry and mor-phology of the corpus callosum to handedness, gender, anddyslexia: A rewiew of the evidence. In Brain and Language, 60,252-322, 1997.

Berardi, N., Pizzorusso, T., Psicobiologia dello Sviluppo. Laterza, Bari,2007.

Boella L., Neuroetica. La morale prima della morale. Milano, Cortina,2008.

Bouchard, T., Jr., Genes, environment, and personality. In Science,264, 1700-1701, 1994.

Brooks, A., Fulker, D.W. DeFries, J.C., Reading performance andgeneral cognitive ability; A multivariate genic analysis of twindata. In Personality and Individual Differences, 11, pp. 141- 146,1990.

Buss, A.H., Plomin, R., Temperament: Early Devoloping PersonalityTraits. Erlbaum, Hillsdale, NJ, 1984.

Buss, D.M, Evolutionary Psichology: The New Scienze of the Mind.Allyn Bacon, Boston, 1999.

Buccino, G., Prefazione. In Il Sé sinaptico, LeDoux, Cortina, Milano,2002.

Cardon, L.R., Fulker, D.W., Genetics of specific cognitive abilites. InPlomin, R. McClearne, G.E. (a cura di), Nature, Nurture, andPsychology (pp. 99-120). American Psychology Association,Waschington, DC, 1993.

Carrol, J.B., Human Cognitive Abilites, Cambridge University Press,New York, 1993.

65

Page 66: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Carrol, J.B., Psychometrics, intelligence and public policy. InIntelligence, 24, pp. 25-52, 1997.

Castellanos, F. X. , Giedd, J. N., Eckburg, P., Marsh, W.L., Vaituzia,A.C., Kaysen, D., Hamburger, S.D., Rapoport, J.L.,Quantitative morphology of the caudate nucleus in attentiondeficit hyperactivity disorder. In American Journal of Psychiatry,151, 1791-1796, 1994.

Chambers, M.L., Hewitt, J.K., Fulker, D.W., Variation in academicachievement and IQ in Twin Pairs. In Intelligence, 151, 1791-1796, 2000.

Changeux J.P., Dehaene, S., Cognition, 33, pp. 63-109, 1989.Chipuer, H.M., Rovine, M.J., Holm, N.V., Plomin, R., Lisrel mode-

ling: Genetic and environmental influences on IQ revisited. InIntelligence, 14, pp. 11-29, 1990.

DeFries, J.C., Johnson, R.C., Kuse, A.R., McClearne, G.E., Polovina,J., Vandenberg, S.G., Wilson, J.R., Familiar resemblance for spe-cific cognitive abilites . In Behavior Genetics, 9, pp. 23-43, 1979.

De Nil, L.F., Stuttering: A neurophysiological perspective. In N.B.Ratner C. Healey (a cura di), Current perspectives in stuttering:Nature and treatment (pp. 85-102). Mahwah NJ: Erlbaum, 1999.

DiLalla, L.F., Gottesman, I.I. Heterogeneity of causes for delinquencyand criminality: Lifespan perspectives. In Development andPsycopathology, 1, pp. 339-349, 1989.

Dobzhansky, T., Heredity and The Nature of Man. Harcourt, BraceWorld, New York, 1964.

Donnarumma D’Alessio M., D’Alessio C., La danza dell’identità,Milano, Gribaudi, 2008.

Drain, P., Folkers, E., Quinn, W.G., CAMP – dependent proteinKinase and the disruption of learning in trangenic flies. InNeuron, 7, 71-82, 1991.

Ebstein, R.P., Novick, O Umansky, R., Priel, B., Osher, Y., Blaine, D.,Bennet, E.R., Nemanow, L., Kats, M., Belmaker, R.H.,Dopamine D4 receptor (D4DR) exon III polymorphism asso-ciated with the Human personality trait of the novelty seeking.In Nature Genetics, 12, 78-80, 1996.

66

Page 67: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Erlenmeyer-Kimling, L., Jarvik, L.F., Genetics and intelligence: Areview. In Science, 142, pp. 1477-1479, 1963.

Faraone, S.V: Biderman, J., Milberger, S., An exploratory study ofADHD among second degree relatives of Adhd children. InSociety of Biological Psychiatry, 35, 398-402, 1996.

Freberg, A.L., Psicologia Biologica. Tr. It. Zanichelli, Bologna, 2007.Galton, F., Natural Inheritance, Macmillan, London, 1989.Galaburda, A.M. Sherman, G.F., Rosen, G.D., Aboitiz, F.,

Geschwind, N., Developmental dyslexia: Four consecutivepatients with cortical anomalies. In Annals of Neurology, 18,222-223, 1985.

Gardner, H., Formae mentis: saggio sulla pluralità dell’intelligenza. Tr.It. Feltrinelli, Milano, 1983.

Gazzaniga, M.S., Ivry R.B., Mangun, G.R., Neuroscienze Cognitive.Tr.it. Zanichelli, Bologna, 2009.

Gill, M., Daly, G., Heron, S., Hawi, Z., Fitzgerald, M., Confirmationof dissociation between attention deficit hyperactivity disorderand a dopamine trasporter polymorphism. In BiologicalPsychiatry, 2, 311-313, 1997.

Goleman, D., Intelligenza emotiva. Tr. it. Rizzoli, Milano, 1998.Gottfredson, L.S., Why g matters: The complexity of everyday life. In

Intelligence, 24, pp. 79-132, 1997.Griffiths, A., Gelbart, W., Lewontin, R.C., Suzuki, D. T., Miller J.H,

Wessler S.R., Genetica: Principi di analisi Formale. Zanichelli,Bologna, 2006.

Harris, J.R., Non è colpa dei genitori. La nuova teoria dell’educazione:perché i figli imparano più dai coetanei che dalla famiglia.Mondadori, Milano, 1998.

Heston, L.L., Psychiatric disorder in foster home reared children ofschizophrenic mothers. In British Journal of Psichiatry, 112, pp.819-825, 1966.

Hubert D. H.- Wiesel, T.N., Laminar and columnar distribution ofgeniculocortical fibers in the macaque monkey J. Comp.Neurol. 146, pp. 421-450, 1972.

Iacoboni, M., Woodds, R.P., Brass, M., Bekkering, H., Mazziotta,

67

Page 68: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

J.C., Rizzolatti, G., Cortical mechanism of human imitation. InScience, pp. 2526 – 2528, 1999.

Iacoboni, M. Koski, L.M., Brass, M. Bekkering, H., Woods, R.P.,Debeau, M.C., Mazziotta, J.C., Rizzolatti, G., Reafferent copiesof imitated actions in the right superior temporal cortex. InProcedings of National Academy of Science of USA, 9898, 24, pp.13995-13999, 2001.

Jellies, J. (1981), Associative olfactory conditioning in Drosophila mela-nogaster and memory retention through metamorphosis. IllinoisState University, Normal, IL. Master’s thesis, 1981.

Jensen, A.R., The g Factor: The Science of Mental Ability. Praeger,Westport, CT, 1998.

Jerne, N. in Schmitt, F. O. (a cura di), The Neurosciences. RockefellerUniversity Press, New York, 1967.

Kagan, J., Galen’s prophecy: Temperament in human nature, NewYork, Basic Books, 1994.

Kandel, E., Psichiatria, psicoanalisi e nuova biologia della mente.Raffaello Cortina, Milano, 2007.

Kandel, E., Alla ricerca della memoria. Codice, Torino, 2008.Kendler, K.S., Eaves, L.J, Models for the joint effects of genotype and

environment on liability to psychiatrics illness. In AmericanJournal of the Psychiatry, 143, pp. 279-289, 1986.

Kenrick, D.T., Funder, D.C., Profiting from contoversy: Lesson fromthe person situation debate. In American Psychologist, 43, pp.23-34, 1998.

Leahy, A.M., Nature- nurture and intelligence. In Genetic PsychologyMonographs, 17, pp. 236-308, 1935.

LeDoux, J., Il Sè sinaptico. Come il nostro cervello ci fa diventare quel-lo che siamo. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2002.

Legrenzi, P., Storia della Psicologia. Il Mulino, Bologna, 2002.Loehlin, J.C., Willermann, L., Horn, J.M., Personality resemblance in

adoptive families: A 10-year follow-up. In Journal of Personalityand Social Psychology, 42, pp. 1089-1099, 1982.

Lyons, M.J., True, W.R., Eisen, S.A., Goldberg, J., Meyer, J.M.Faraone, S.V., Eaves, L.J., Tsuang, M.T., Differential heritability

68

Page 69: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

of adult and juvenile antisocial traits. In Archivies of GeneralPsychiatry, 52, pp. 906-915, 1995.

Mackintosh, N.J., IQ and Human Intelligence. Oxford UniversityPress, Oxford, 1998.

Marino V., et al., A locus on 15q15 – 15qter influences dyslexia: a fur-ther support from a transmission disequilibrium study in an ita-lian speaking population. In: Journal of Medical Genetics, 1, 42-46, 2004.

McCarteney, K. Harris, M.J., Bernieri, F., Growing up and growingapart: A developmental meta-analysis of twin studies. InPsychological Bulletin, 107, pp. 226-237, 1990.

McCarthy, R.A., Warrington, E.K., Neuropsicologia cognitiva.Raffaello Cortina Editore, Milano 1992.

McGue, M., From proteins to cognitions: the behavioral genetics ofalcoholism. In Plomin, R. McClearne, G.E. (a cura di), Nature,Nurture, and Psychology (pp.245-268). American PsychologyAssociation, Washington, DC, 1993.

Palumbieri S., L’uomo questa meraviglia, Roma, Urbaniana UniversityPress, 1999.

Pedersen, N.L., Plomin, R., Nesselroade, J.R. Mc Clearn, G.E., Aquantitative genetic analysis of cognitive abilites during thesecond half of the life span. In Psychology Science, 3, pp. 346-353, 1992.

Pervin, L.A:, John, O.P., Handbook of Personality: Theory andResearch. Guilford, New York, 1999.

Petrill, S.A., Intelligence and academic achievement: A behavioralgenetic perspective. In Education and Psychology Review, 3, pp.36-45, 2002.

Philipps, K. Matheny, A.P. Jr., Evidence for genetic influence on bothcross-situation and situation- specific components of behavior.In Journal of Personality and Social Psychology, 73, pp. 129-138,1997.

Plomin, R., Development, Genetics, and Psycology. Erlbaum,Hillsdale, NJ, 1986.

Plomin, R., Rutter, M., Child development, molecular genetics, and

69

Page 70: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

what to do with genes once they are found. In Child develop-men, 69, pp. 1221-1240, 1998.

Plomin et alii, Genetica del comportamento, Raffaello Cortina, Roma,2001.

Ridley, M, Il gene agile. La nuova alleanza tra eredità ed ambiente.Milano, Adelphi, 2005.

Rizzolatti, G., Sinigaglia, C., So quel che fai. Raffaello Cortina, Milano,2006.

Roberts, C.A., Price, R.K., Adult disorders predicted by childhoodconduct problems: Results from the NIMH epidemiologiccatchment area project. In Psychiatric, 54, pp. 116-132, 1991.

Rossi E.L., Discorso tra geni, ed. SAS, Benevento, 2006.Shaywitz, S., Shaywitz, B.A. Pugh, K.R., Fulbright, R.K., Constable,

R.T., Functional disruption in the organization of the brain forreading in dyslexia. Proceeding of the National Academy of theScience of the USA, 95, 2636-2641, 1998.

Skodak, M., Skeels, H.M., A final follow-up on one hundred adoptedchildren. In Journal of Genetic Psychology”, 75, pp. 84-125,1949.

Smith, E., Daryl, J. Nolen-Hoeksema, B.S. (2001), Fondamenti diPsicologia. Tr. It. Zanichelli, Bologna 2004.

Snyderman, M. Rothman, S., The IQ Controversy, Media Publication.Transaction, New Brunswick, NJ, 1998.

Solms, M., Turnbull, O., Il Cervello e il Mondo Interno: Introduzionealle neuroscienze dell’esperienza soggettiva. Raffaello Cortina,Milano, 2002.

Spearman, C., General Intelligence, objectively determined and mea-sured, In American Journal of Psycology, 15, pp. 201- 293, 1994.

Sternberg, R.J. Grigorenko, E.I., Intelligence: Heredity andEnvironment. Cambridge University Press, Cambridge, 1997.

Sternberg, R.J, Salter, W., Conceptions of intelligence. In R.J.Sternberg (a cura di), Handbook of Human Intelligence (pp. 3-28). New York: Cambridge University Press, 1982.

Tallal, P., Hormonal influences in developmental learning disabilities.In Psychoneuroendocrinology, 16, 203-211, 1991.

70

Page 71: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Thompson, R.F., Il Cervello. Tr.It. Zanichelli, Bologna, 1997.Thompson, P.M. Cannon, T.D. Narr, K.L., van Erp, T., Genetic

influences on brain structure. In Nature Neuroscience, 4, 1253-1258, 2001.

Thompson, L.A. Detterman, D.K., Plomin, R., Associations betweencognitive abilities and scholastic achievement: Genetic overlanpbut enviromental differences. In Psychological Science, 2. p. 158-165, 1991.

Vernon, P.A., Biological Approaches so the Study of HumanIntelligence. Ablex, Norwood, NJ, 1993.

Yin, J. C. P., Wallach, J.S., Del Vecchio, M., Wilder, E.L., Zhuo, H.,Quinn, W.G., Tully, T., Introduction of a dominant negativeCREB transgene specifically blocks long-term memory inDrosophila. Cell, 79, 49-58, 1994.

71

Page 72: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

72

Page 73: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

IICAPITOLO

DAL GENE AL MEME: I FATTORI EPIGENETICI-AMBIENTALI NELLA NEUROGENESI E NEI PROCESSI MNEMONICI

di Irene Minchillo

1. Le Neuroscienze Cognitive, L’Educazione e il Ben-Essere

Attualmente è in corso un dibattito accademico per chiarire l’epi-stemologia delle Neuroscienze cognitive e la sua eventuale costituzionein “Scienza” (oggetto di studio, campo di esistenza, metodologia di ri-cerca). All’interno di questo dibattito non è ancora chiaro quale debbaessere il confine tra la psicologia biologica e le neuroscienze cognitive:se trattasi dello stesso campo di ricerca o se la prima si occupa della lo-calizzazione delle funzioni cerebrali e la seconda della determinazionedella struttura e dei meccanismi di funzionamento delle stesse.

Secondo Breedlove, Rosenzweig e Watson, se si parte dal postula-to che le neuroscienze cognitive ricerchino come dai processi neurali

73

Le neuroscienze cognitive sono un settore di ricerca che mette in relazio-ne il comportamento con i processi corporei, in particolare con le attivitàcerebrali. In altre parole le neuroscienze cognitive studiano le base biolo-giche del comportamento e dei processi psicologici (anatomia cognitiva) ecome l’attività del cervello si manifesta nel comportamento e nei processimentali (fisiologia cognitiva). In quanto settore di ricerca che vuole inda-gare sulla relazione che esiste tra anatomia e fisiologia del comportamen-to e dei processi mentali o, in altre parole, sulla relazione mente-cervello,esse si avvalgono degli apporti di altre discipline tra cui: genetica delcomportamento, genomica comportamentale, psicobiologia dello svilup-po, modelli neurali, psicologia evoluzionistica, neurologia per immagini,biologia molecolare, biologia dello sviluppo, citologia, anatomia, ecc..(Gazzaniga e al, 2009; Freberg, 2007)

Page 74: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

possano affiorare i processi cognitivi, dato uno specifico comporta-mento, per poterlo caratterizzare sotto il profilo neurocognitivo, de-vono essere seguiti cinque passi consecutivi: 1) descrivere il compor-tamento, 2) studiarne l’evoluzione, 3) osservare lo sviluppo del com-portamento e le sue caratteristiche biologiche nel corso della vita, 4)studiare i meccanismi biologici del comportamento, 5) studiare lepossibili applicazioni della psicologia biologica (Breedlove et al.,2009). In merito all’ultimo punto i tre neuroscienziati precisano cheun importante obiettivo delle neuroscienze cognitive e/o psicologiabiologica è quello di utilizzare le scoperte ottenute per migliorare lasalute e il benessere dell’uomo in riferimento alla manifestazione dieventuali malattie e/o disturbi (soluzione di problemi umani). Lostudio dell’anatomia e della fisiologia del comportamento e degli sta-ti mentali verrebbe pertanto finalizzato alla cura delle disfunzioni ce-rebrali del comportamento quali le alterazioni dei circuiti della me-moria: visione comune ad un po’ tutto il mondo neuroscientifico.Non si può fare a meno di notare che tale approccio applicativo allaconoscenza risente di impostazioni di tipo “medico-psichiatrico”piuttosto che investire l’area della piena realizzazione del sé, del ben-essere della persona. A riprova di ciò si sottolinea che i tre neuro-scienziati, nel loro testo di introduzione alle neuroscienze cognitive,pur sottolineando l’interdisciplinarità della ricerca (la necessità dellaconvergenza di più saperi alla costituzione delle conoscenze neuro-scientifiche), e la partecipazione alla stessa, a vario titolo, di genetisti,psicologi, medici, psichiatri, biologi, ecc., non fanno alcun riferimen-to, tra i settori apportativi, all’educazione, come scienza che si occu-pa della formazione della persona, dell’autorealizzazione del soggettopersona, socialmente e culturalmente orientato sulla scorta di una co-stellazione e di valori e significati in vista di un orizzonte di senso(Acone, 2001), e alla pedagogia, come scienza generale della forma-zione e dell’educazione dell’uomo, come sapere filosofico che pensal’educazione dell’uomo in vista di orizzonti valoriali indispensabiliper ogni tempo storico e per ogni longitudine e latitudine (Burza,1999). Ne consegue un appiattimento dell’interpretazione dei datisperimentali solo su posizioni inerenti il disturbo e la patologia delcomportamento, e non una ricaduta degli stessi sulla riflessione del-

74

Page 75: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

l’uomo sull’uomo, sulle modalità biologicamente più corrette per lacostituzione di luoghi, socialmente e culturalmente orientati, checonsentano la massima espressione delle potenzialità cognitive, emo-tive e sociali individuali, consegnando di fatto le neuroscienze al per-petuarsi della dualità cartesiana, della parcellizzazione dei saperi. An-cora una volta si fa innanzi il difficile nesso tra soggetto, tecnica ededucazione (Acone, 1986). La Pedagogia e l’Educazione dovrebberoessere, invece, figure guida per la ricerca scientifica sul cervello inquanto le uniche legittimate, per proprio statuto epistemologico, allari-fondazione teoretica e all’orientamento teleologico delle altrui me-todologie e scoperte scientifiche. In nessun altro campo dello scibileumano, qualsivoglia pensiero, qualsivoglia enunciazione, viene imme-diatamente assunta e ripensata secondo logiche di centro, fine, valo-re, orizzonte di senso, persona (come essere progettante e progetta-to), piena realizzazione del sé, assunzione di responsabilità reciprocadell’alterità. Sia ben chiaro, ciò non significa che studiosi illustri, co-me Kandel, Kagan, Damasio, LeDoux, non spingano talvolta le pro-prie riflessioni anche in campo educativo, ma l’educazione e la peda-gogia devono entrare a pieno titolo nella ricerca neuroscientifica. Laposta in gioco è grande, è la felicità del fanciullo, dell’adolescente,dell’adulto, dell’anziano, nella consapevolezza che la difficoltà nonrisiederà tanto nella determinazione dei meccanismi specie specifici(ormai in via di definizione), meccanismi riferibili al genoma, maquanto nella loro trasduzione in prassi educativo-didattiche che assu-mano, come valore aggiunto, la variabilità individuale, il genotipospecifico. Si è giunti alla consapevolezza che la pressione selettivadella cultura sul genoma ha sicuramente imboccato la via della diver-sità individuale perché solo diversi approcci alla realtà hanno potutogarantire il successo della specie umana rispetto ad altri organismi vi-venti. Tuttavia, plasticità cerebrale, sinaptogenenesi, neurogenesi,meccanismi specchio, processi pressoché chiari nel loro riferirsi allaspecie umana tutta, rimarranno privi di un significato pieno se non siterrà conto di stili cognitivi, di specifici approcci alla conoscenza, dimotivazioni individuali, di bisogni educativi, di contesti culturali esociali di riferimento. Un approccio olistico alla persona che abbiacome fine valoriale il ben-essere della persona, l’esistere bene, non

75

Page 76: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

come condizione di assenza di patologia (ossia sinonimo di salute),ma come condizione dinamica di equilibrio, includente tutte le di-mensioni dell’essere (fisiche, emotive, mentali, sociali, spirituali), fon-data sulla capacità del soggetto di interagire con l’ambiente in modopositivo, pur nel continuo modificarsi della realtà circostante.

Sicuramente siamo ben lontani da un sistema chiaro di indicazionineuroscientifiche rispetto alla trattazione dello sviluppo del singoloindividuo, ma sicuramente osservare un cervello mentre pensa aiute-rà nel tempo, con il proseguire della ricerca, a chiarire i meccanismiindividuali.

D’altro canto la riflessione pedagogico-educativa non può sottrar-si ad un processo di confronto, di verifica delle proprie osservazionisul campo, dei propri modelli teorici della formazione con il quadrobiologico in divenire dell’essere umano.

Probabilmente la ricerca si orienterà prima in una differenziazionedei meccanismi per genere, come nel caso delle ricerche di LouannBrizendine sul cervello femminile e maschile, per poi arrivare allasingolarità.

Rimaniamo in attesa.

2. Dal concetto di gene al concetto di meme

Secondo Kagan (1994) la genetica influenza il comportamento inquanto è il corredo cromosomico che determina, in massima parte, losviluppo di un dato organismo umano, ed è “lo specifico organismoumano che è adattivo rispetto all’ambiente”. In altri termini sono dideterminazione genetica gli organi di senso attraverso cui un indivi-duo costruisce la propria percezione della realtà.

Secondo i neodarwinisti è casuale il numero di neuroni e, soprat-tutto, di connessioni sinaptiche con cui si nasce. Il termine casuale,nella concezione neodarwiniana, è da riferirsi alla casuale combina-zione di geni in rapporto al miliardo possibile, nella formazione dellozigote, e che da origine a strutture cerebrali piuttosto che ad altre.

Ne viene fuori un quadro sotto il profilo teleologico che fa tremare ipolsi: organi di senso e strutture cerebrali con le quali si interpreta la

76

Page 77: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

realtà ontologicamente predeterminate! In realtà i dati delle più recen-ti sperimentazioni mostrano che le cose non stanno proprio così, maper poterle bene intendere è necessario effettuare un passaggio cultu-rale dal concetto di gene al concetto di meme attraverso l’epigenia.

2.1 Dal gene all’epigene

Nell’ottica della concezione genetica mendeliana si è abituati apensare che, in ogni cellula umana, a partire dallo zigote, è presentel’insieme completo delle 23 coppie di cromosomi della nostra specie.Il genotipo, il genoma specifico di un individuo, interagendo conl’ambiente produce il fenotipo, ciò che osserviamo. I geni, situati suicromosomi, che nel loro insieme costituiscono il genotipo, codificanola produzione di specifiche proteine: geni per il colore degli occhi odei geni per la produzione dei recettori della dopamina. I geni, situa-ti su di un cromosoma, possono essere presenti in diverse versioni al-ternative che prendono il nome di alleli (colore marrone, colore cele-ste, colore verde degli occhi, gruppo sanguigno A, gruppo sanguignoB o gruppo sanguigno 0). La variabilità di una specie sarebbe pertan-to legata alla esistenza di versioni alternative, di alleli. Un individuoha la probabilità di ereditare da ciascun genitore una delle due formealleliche, per un singolo gene, del 50% (coincidente nell’omozigote,divergente nell’eterozigote). I caratteri complessi sono associati, pe-rò, a strutture poligenetiche. Quando un carattere è associato a piùgeni, la sequenza genica, nella sua versione allelica, tende a rimanereunita nella gametogenesi (gruppi linkage), ad essere ereditata in bloc-co. Nella visione della genetica classica la variabilità sarebbe data dafenomeni di ricombinazione genica e di mutazione. All’interno delprocesso meiotico esiste questo passaggio fondamentale che porta al-la nascita di nuova variabilità; avviene quando, all’inizio della meiosi,i due cromosomi omologhi si dispongono uno affianco dell’altro e sireplicano. A questo punto può avvenire un fenomeno di incrocio escambio di segmenti equivalenti di materiale genetico che va sotto ilnome di ricombinazione genica. Si possono originare, così, sequenzenuove di Dna, sequenze nuove di alleli (che unite ad eventuali feno-meni di mutazione, aberrazioni cromosomiche, espansioni di triplet-

77

Page 78: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

te, e imprinting genomico) che danno origine alla variabilità geneticache si riflette nel fenotipo. In questa visione la funzione che esplicanoi geni è quella di “dare origine” alle proteine, di trasferire l’informazio-ne genica necessaria per la sintesi proteica dal nucleo al citoplasma: lasequenza dei nucleotidi del Dna, nel nucleo della cellula, viene tra-scritta danno origine ad una sequenza di nucleotidi di Rna, che a suavolta, nell’ambiente citoplasmatico, viene tradotto in sequenze di ami-noacidi e, quindi, in proteine. Necessariamente ogni gene codificherà– predeterminatamente – per un gruppo di proteine affini. Come direo si è intelligente o non lo si è!

In realtà, a partire dal sequenziamento dell’intero genoma umano,avvenuto nel 2000, si è visto che l’interpretazione mendeliana dei fe-nomeni genetici è molto riduttiva e rispondente solo alla trasmissioneereditaria di un singolo gene o di gruppi linkage.

Le strutture di base della vita, e quindi i geni, sono comuni a piùorganismi viventi filogeneticamente affini (i mammiferi, gli uccelli).Le differenze tra specie affini sono decretate da uno sparuto gruppodi geni che prendono il nome di “geni promotori”. Il gene promoto-re è un gene che influisce direttamente sulla espressività di un altrogene o di un altro gruppo di geni: ne regola l’attività in termini diprodotti genici, di proteoma specifico (Griffiths, Gelbart, Lewontin,Suzuki, Miller, Wessler, 2006). Per fare un esempio i geni che codifi-cano per la lunghezza del collo o per il numero di circonvoluzioni ce-rebrali sono le stesse in tutti i mammiferi. Da una specie ad un’altraciò che varia è il loro grado di espressività codificato dai geni promo-tori ad essi associati. L’insieme dei geni promotori prende il nome di“tratti epigenetici di DNA”. Nella categoria dei fenomeni epigeneticiricadono tutte le attività di regolazione dei geni mediate da processichimici che non comportano cambiamenti del DNA ma che possonomodificare il fenotipo dell’individuo e/o della progenie. Uno studiointernazionale coordinato da Andrew Feinberg della Hopkins Uni-versity e pubblicato nel 2008 sul Journal of the American MedicalAssociation, ha evidenziato che i tratti epigenetici del DNA si modi-ficano nel corso della vita e con loro i livelli di espressione dei geni inseguito a fattori ambientali: variazioni nella dieta possono portare acambiamenti epigenetici e determinare insorgenze di malattie come il

78

Page 79: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

cancro o il diabete. Nel corso del tempo, nel passaggio dalla nascitaalla morte, si possono avere modifiche di tratti epigenetici, modifichenell’attivarsi/inattivarsi di geni promotori in rapporto all’ambiente. Igeni promotori, o geni hox, codificano per fattori di trascrizione,strutture proteiche, che si legano ad altri geni attivandoli. In manierapiù specifica nella cellula avviene che segnali biochimici si muovonodal citoplasma al nucleo dispiegando la cromatina e legandosi a spe-cifiche porzioni di DNA, i geni hox, attivandole; i gruppi proteici de-rivanti si legano tridimensionalmente ai geni regolati rimuovendo l’i-nibizione alla trascrizione. La soggiacenza del DNA epigenetico aifattori ambientali ha fatto dire a Matt Ridley nel suo “Gene Agile”,che esiste una relazione circolare tra genetica ed ambiente: un inputbiochimico determinato da un fattore ambientale modifica l’espres-sione genica con la comparsa di un nuovo comportamento individua-le che modifica l’ambiente. Nella visione di Ridley i geni non sonouno spazio chiuso (gene-carattere), ma uno spazio aperto, per pro-pria intrinseca costituzione, all’ambiente. Nella visione di Ridley i ge-ni non sono dei codificatori di caretteri ma piuttosto un range, unaprobabilità che un determinato evento si manifesti: il se e il quantodipendono dall’ambiente. La specie umana si sarebbe affermata, inhabitat estremamente differenti da quelli originari, proprio in virtù diun sistema genetico pronto a rispondere alle sollecitazioni ambienta-li; il suo modificarsi prontamente rispetto alle pressioni selettiveesterne sarebbe dovuta alla specificità del sistema hox. Secondo Ri-dley il cervello umano rappresenta il luogo della massima possibilitàdi modifiche nell’espressione genica, il luogo ove la natura incontral’ambiente, l’esperienza e la cultura. I geni sono al tempo stesso cau-sa e conseguenza delle nostre azioni (Riddley, 2005). Meno del 2% didifferenza genetica tra l’uomo e lo scimpanzè sarebbe sufficiente adecretarne la differente fenotipia, in quanto, tale percentuale, consi-ste in tratti di DNA epigenetico, andati incontro nel corso dell’evolu-zione a ripetute mutazioni che ne avrebbero alterato profondamentel’attività di regolazione rispetto ad antichi progenitori.

Lo studio di Feinberg, che ha evidenziato la stretta interdipen-denza tra epigeni ed ambiente, è stato condotto prendendo in esamefattori ambientali quali la variazione del regime alimentare e corre-

79

Page 80: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

lando modifiche nell’attività epigenetica ed eventuale insorgenze dipatologie quale il diabete (applicazione su un disturbo). Eppure larelazione epigeni/ambiente ha fortissime ripercussioni nella forma-zione della persona in rapporto all’ambiente, sulla plasticità cerebra-le, sull’apprendimento e sulla memoria, elementi questi non messiassolutamente in evidenza nell’interpretazione dei dati. Per leggere igeni promotori in chiave educativa si può fare uso delle scoperte diKandel sulla memoria e sulle riflessioni nella costruzione del sé diLeDoux.

2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali

Kandel, a partire dagli anni ’50, ha condotto una serie di esperi-menti per capire come si forma nell’uomo l’apprendimento e la me-moria a breve e a lungo termine.

L’apprendimento si può definire come il processo con cui si ac-quisiscono nuove informazioni e la memoria come il processo checonsente il persistere dell’apprendimento in una forma che può di-venire evidente in un momento successivo (Gazzanica et al., 2009).In altri termini l’apprendimento può essere visto come una modifi-ca relativamente stabile del comportamento e la memoria può es-sere definita come l’immagazzinamento e il recupero di informa-zioni apprese che hanno indotto il cambiamento. (Freberg, 2007).Non esiste, in realtà, un precisa linea di demarcazione tra appren-dimento e memoria, sarebbe più corretto vedere la relazione esi-stente tra i processi di apprendimento e memoria come una rela-zione di tipo circolare.

Gli studi di Kandel, nel rispetto del principio riduzionista, si sonoserviti del moscerino della frutta, nome volgare della Drosophila. InDrosophila è presente un tipo di neurone chiamato mushroom bodyneuron che riceve le informazioni sensoriali a seguito di stimoli olfat-tivi ed elettrici (D’Alessio, Minchillo, 2006). I moscerini imparano adevitare gli odori abbinati ad uno shock elettrico (Jellies, 1981) e sonosuscettibili di condizionamento classico, ossia un singola sessionenella procedura di sensibilizzazione basta a produrre cambiamenticomportamentali della durata di alcuni minuti. Una reiterazione del-

80

Page 81: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

l’informazione sensoriale determina una modifica del comportamen-to di varie settimane (in presenza dello stimolo olfattivo frutta volanovia velocemente memori dello choc elettrico), ossia la formazione dimemoria a lungo termine.

Nel corso di varie sperimentazioni si è visto che nella formazionedella memoria giocavano un ruolo la proteina chinasi A (PKA), laproteina CREB-1 e la proteina CREB-2:

quando l’azione della proteina chinasi A (PKA) veniva bloccata,i moscerini erano incapaci di apprendere nuove informazioni eformare memorie a breve termine; se si verificava, invece, un eccesso di CREB-2 si bloccava neimoscerini la memoria a lungo termine ma non quella a brevetermine (Yin et al., 1994); viceversa un eccesso di CREB-1 causava un’immediata memo-rizzazione a lungo termine di informazioni che normalmenteavrebbero portato solo alla formazione di memorie a breve ter-mine.

Si è visto che, nel caso della singola seduta di sensibilizzazione, l’a-zione combinata odore/choc elettrico – input ambientale – determi-nava il rilascio di serotonina nelle sinapsi fra un interneurone e unneurone sensoriale. (Freberg, 2007). La serotonina rilasciata dal in-terneurone nello spazio sinaptico si legava al sensoneurone attivandoun enzima che convertiva la molecola ad alto contenuto energetico,l’ATP, in AMP ciclico (cAMP); in seguito il cAMP attivava la protei-na chinasi A, PKA, la quale originava delle reazioni che si risolvevanoin un aumento del rilascio di glutammato, neurotrasmettitore eccita-torio, da parte del neurone sensoriale con la messa in atto, lungo levie neuromotorie, della reazione di fuga.

L’attivazione del PKA rappresentava il punto in cui la memoria abreve termine si arrestava.

Quando si esponevano ad intervalli di tempo regolari i moscerinia ripetute sedute odore/choc (input ambientale), la PKA si attivavain modo ricorrente. L’attivazione pressoché continua della PKA de-terminava l’attivazione di un secondo messaggero biochimico: la

81

Page 82: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

MAP chinasi. Le due proteine, legandosi tra di loro (fattore biochi-mico in risposta ad un input ambientale), venivano trasportate finoal nucleo del neurone dove insieme contribuivano ad attivare un in-terruttore genetico, un gene hox, che regolava l’attività di un altrogene che normalmente inibisce la trascrizione dei geni creb-1 e creb-2. Il primo dei due geni codifica per una sostanza enzimatica checonsente alla PKA di rilasciare glutammato in modo pressoché co-stante (anche molto tempo dopo che è cessato il condizionamento)formando in tal modo memoria a lungo termine. Il secondo gene co-difica per una proteina che a sua volta attiva altri geni che, in ultimaanalisi, stimolano la crescita di nuove terminazioni sinaptiche sulneurone sensoriale determinando delle modifiche strutturali nei ter-minali assonici.

In conseguenza di quanto esposto si può asserire che gli studi diKandel sulla memoria, oltre a chiarire i processi biochimici attra-verso i quali si apprendono e consolidano comportamenti perma-nenti, consentono di stabilire innanzitutto che la formazione di me-moria a lungo termine implica l’aumento in dimensioni di sinapsigià preesistenti e la crescita di nuove connessioni. Inoltre è possibi-le asserire che il Sé, nella sua componente di autoconsapevolezza edi autorappresentazione, ha il suo correlato biologico nei circuitineurali tenuti insieme dalle connessioni sinaitiche selezionate edimplementate dall’esperienza (LeDoux, 2002). Se un elementoesterno modifica l’impalcatura delle sinapsi modifica il sé, la strut-tura mentale di un individuo. In altre parole fattori ambientali, col-legati a geni promotori, collegati a variazioni sinaitiche hanno con-seguenza sulla plasticità cerebro-mentale. La plasticità è, quindi, unprocesso che può accompagnare un individuo lungo tutto il percor-so della sua esistenza: la mente può sempre cambiare le connessionitra i propri circuiti neurali e, quindi, se stessa. E la possibilità dioperare modifiche è affidata, in ultima analisi, al gruppo di genipromotori presenti nel DNA umano.

Il genoma umano non ha un significato di predeterminato, piutto-sto, di un sistema pronto a costruire nuove vie neurali, nuovi percorsisinaptici, qualora richiesto dal contesto di appartenenza. Il processodi apprendimento/memoria sicuramente è un processo di incremen-

82

Page 83: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

to quanti-qualitatico di connessioni sinaptiche (ma non solo). La pla-sticità, l’attitudine a cambiare radicalmente, a differenza di quanto sicredeva in passato, nei suoi correlati neurali non è una breve finestradell’infanzia o della giovinezza, ma un elemento che può accompa-gnare tutta la vita di un individuo.

Estendendo il discorso si può dire che la specie umana non è le-gata in modo deterministico alle strutture cerebrali in dotazionealla nascita e che pensiero, azione, apprendimento possono attiva-re o disattivare geni, modellando l’attività cerebrale (D’alessio inPaloma, 2009). In questa visione l’educatore può e deve essere unneuroscultore.

2.3 La memetica

La memetica studia la velocità con cui si diffondono le unità di in-formazione culturale denominate meni, termine coniato da Dawkinsin analogia con il più familiare concetto di gene. Un esempio di me-me potrebbe essere un particolare modo di usare il fuoco, che confe-risce un migliore adattamento all’uso di una risorsa alimentare. Dinorma un meme di questo tipo si diffonde nella popolazione se èvantaggioso per i portatori. I memi si trasmettono da un individuo al-l’altro mediante l’apprendimento sociale, a base mirror, che comesappiamo, è stato e continua ad essere molto importante nell’evolu-zione umana (Arjiamaa e Vuorisalo, 2010). Dagli studi condotti daArjiamaa e Vuorisalo in Finlandia è emerso che un meme, una unitàdi informazione culturale, può determinare una pressione selettivasul patrimonio genetico in rapporto al tipo di proteoma prodotto. Inaltre parole non sarebbe corretto parlare di un sistema genetico aper-to all’ambiente o di una relazione circolare ma piuttosto di fattoriambientali che selezionano il patrimonio genetico in virtù delle viemetaboliche, più o meno adattive, espresse. È l’ambiente che influen-za il gene e non il contrario o, se si vuole, è l’ambiente che codificaper il gene! L’ambiente e i geni sarebbero pertanto due parametri incoevoluzione e non in interazione. Gli studi di Arjiamaa e Vuorisalosono stati condotti esaminando, in chiave evoluzionistica, la genetica,la fisiologia e l’ambiente dei primi ominidi attraverso variabili come

83

Page 84: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

la dieta umana. In particolare è stato esaminato l’adattamento al con-sumo di latte, dovuto alla comparsa, in alcuni ceppi umani, di un sin-golo gene mutato (il gene che codifica per l’enzima lattosio). Per tan-to, la specificità degli organismi viventi, in correlazione con gli recen-tissimi studi che hanno mostrato che è la vita che ha modellato il si-stema mineralogico terrestre, sarebbe quella di innescare azioni dimodellamento di sistemi genetici. La specie umana è il massimoesempio di questo principio: la cultura, ciò che viene ritenuto condi-viso e soprattutto condivisibile, seleziona il sistema genetico. Il mec-canismo attraverso cui l’ambiente seleziona, nel corso della vita e nel-le generazioni successive, il patrimonio genetico è a base ormonalenonché a base corporea inteso come indice di massa. Infatti i duestudiosi parlano rispetto alla pressione selettiva del gene per il latto-sio di “un associazione sia con l’indice di massa corporea sia con laconcentrazione di leptina e grelina, gli ormoni che regolano la sensa-zione di fame e sazietà, che hanno avuto origine più o meno ai tempidella transazione dalla cultura paleolitica a quella neolitica” (Arjia-maa e Vuorisalo, 2010). Dagli studi di Hamer, di Lawrence Rossi sul-la genomica psicosociale, sappiamo quanto è importante la triangola-zione sistemi ormonali, sistemi immunitari e neurotrasmettitori nelcervello e come la cultura di appartenenza possa influenzare in ma-niera deterministica tutto ciò. Da quanto esposto ne consegue chenon è tanto la genetica che influenza l’emersione ultima del sé, ma lacultura espressa, in un dato tempo e in un dato luogo, da una comu-nità di essere umani.

3. La neurogenesi nei cervelli adulti

In tutti i cervelli vi sono tracce di nuove cellule neurali. Le cellulestaminali nervose, i progenitori capaci di trasformarsi in ogni tipo dicellule cerebrali, hanno creato, ogni giorno, da cinquecento a millenuovi neuroni in persone che avevano abbondantemente superatol’età in cui si sosteneva cessasse la neurogenesi dell’uomo. Con que-ste parole Gage, nel 1999, annuncia la scoperta di processi di neuro-genesi nel cervello adulto.

84

Page 85: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

In effetti, la nascita di nuovi neuroni (neurogenesi) non cessacompletamente dopo lo sviluppo ma accompagna, in alcune zone delcervello, l’intero ciclo vitale di una persona. Una serie di ricerche re-centi hanno mostrato che essa è indispensabile per la formazione del-la memoria e interessa in particolare l’ippocampo, una parte del cer-vello che si trova nel lobo temporale e che è sede di funzioni cogniti-ve di vitale importanza.

Con il proseguire della ricerca è divenuto chiaro che, per la so-pravvivenza di questi neoneuroni, il fattore di fondamentale è rap-presentato da scansioni temporali che portano le cellule progeni-trici ad essere inserite nei circuiti già esistenti del tessuto ippocam-pale. Da questo rispetto delle scansioni temporali dipenderà infattiil buon esito di tutto il processo. I nuovi neuroni devono quindimaturare secondo una corretta sequenza temporale affinché diven-gano funzionali per l’acquisizione di nuove memorie e per il recu-pero di memorie già esistenti, e devono essere impegnati in nuovicompiti cogniti entro due settimana dalla loro nascita per poter so-pravvivere.

In altre parole, ogni giorno, migliaia di cellule nuove sono genera-te nel cervello adulto, in particolare nell’ippocampo, una strutturaimportante nell’apprendimento e nella memoria. Nell’arco di un paiodi settimane, però, la maggior parte dei nuovi neuroni è destinata amorire, a meno che il soggetto non sia stimolato a imparare qualcosadi nuovo. L’apprendimento - in particolare quello che richiede impe-gno mentale - può mantenere in vita questi neuroni (Shors, 2009).Anche se non sembrano coinvolti nella maggior parte delle forme diapprendimento, questi neuroni, avrebbero un ruolo nella previsionedel futuro sulla base di esperienze passate.

In effetti, nel corso della vita, possiamo essere impegnati, ognigiorno, negli stessi compiti cognitivi, in tal caso le strutture cerebralipreesistenti risultano essere più che sufficienti per le nostre necessità.Oppure possiamo essere chiamati a nuove sfide, in tal caso è necessa-rio un salto neurale, la possibilità di formare nuove ed estese memo-rie. Le cellule neurali differenziatesi, in tal caso, sopravvivono e sonointegrate nel tessuto ippocampale. Oltre alla considerazione, effet-tuata da Shors, che incrementare la neurogenesi potrebbe rallentare

85

Page 86: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

il declino cognitivo e mantenere in forma il cervello sano, potremmoipotizzare, in termini educativi, che la neurogenesi insieme alla sinap-togenesi rappresentino le basi biologiche dei meccanismi piagettianidi assimilazione ed accomodamento, ossia dei meccanismi di ottimiz-zazione delle strutture esistenti (sinaptogenesi) e dell’accrescimentodelle stesse in funzione degli stimoli ambientali (neurogenesi). Anco-ra una volta l’ambiente avrebbe selezionato un sistema genetico aper-to alle variazioni culturali.

86

Page 87: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

BIBLIOGRAFIA

Acone, G, L’ultima frontiera dell’Educazione, Edisud, Salerno, 1986.Acone, G, L’educazione divisa. Armando. Roma, 1986. Acone G., Fondamenti di Pedagogia Generale, Edisud, Salerno, 2001.Arjiamaa, O., Vuorisalo, T., Geni, cultura e dieta. In Le Scienze, 503,

pp. 64-75, 2010. Burza, V., Pedagogia Formazione e Scuola. Un rapporto Possibile.

Armando. Roma, 1999. Freberg, L., A., Psicologia Biologica. Zanichelli. Bologna, 2008.Gallese, V., Dai neuroni specchio alla consonanza intenzionale.

Meccanismi neurofisiologici dell’intersoggettività. Rivista diPsicoanalisi, LIII, 1, pp 197-208, 2007.

Gazzanica, M.S., Ivry, R.B., Mangun, G.R., Neuroscienze Cognitive,Zanichelli, Bologna 2009.

Griffiths, A., Gelbart, W., Lewontin, R.C., Suzuki, D. T., Miller J.H,Wessler S.R. Genetica: Principi di analisi Formale. Ed. It.Zanichelli, Bologna, 2006.

Jellies, J, Associative olfactory conditioning in Drosophila melanogaster,Illinois State University, Normall, IL, Master’s Thesis, 1981.

Kagan, J., Galen’s prophecy: Temperament in human nature, NewYork, Basic Books, 1994.

Marc Breedlove, S., Rosenzweig, M.R., Watson, N.V., Psicologia bio-logica. Ambrosiana, Milano, 2009.

Paloma, F., G., Corporeità, Didattica e Apprendimento, Edisud,Salerno, 2009.

Ridley, M., Il Gene Agile. Adelphi. Milano, 2005.Saragosa, A., Neuroni Specchio nell’uomo. In Le Scienze, 502, pp. 43,

2010.Shors , T.J. Sfida ai nuovi neuroni. In Le scienze, 489, pp. 49-54, 2009.Siegel, D.J., La mente relazione. Raffaele Cortina. Milano, 2001.

87

Page 88: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

88

Wicker, B., Keysers, C., Plailly, J., Royet, J-P., Gallese, V., andRizzolatti, G., Both of us disgusted in my insula: The commonneural basis of seeing and feeling disgust. In Neuron, Vol. 40,655–664. Cell Pres, 2003.

Page 89: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

IIICAPITOLO

ESPERIENZE SOCIALI, SVILUPPO DELLA MENTE, EQUILIBRIO EMOTIVO: UN APPROCCIO PSICOBIOLOGICO

ALLA STUDIO DELLA RELAZIONE EDUCATIVA

di Chiara D’Alessio

1. Lo sfondo epistemologico: discipline e antidiscipline nel pro-gresso scientifico

Parte del mondo pedagogico e psicologico attuale sottostima an-cora il ruolo della psicobiologia, ovvero di quella branca della psico-logia che studia le relazioni tra cervello, corpo e comportamento, ri-tenendola una disciplina lontana da approcci di tipo più tradizionale.In realtà la conflittualità è solo apparente ed è una caratteristica del-l’interazione tra discipline scientifiche strettamente correlate, cosache ha spesso stimolato il progresso della conoscenza (Kandel, 2007).

Come evidenziato da diversi storici delle scienze, per ogni discipli-na esiste in genere un’antidisciplina che genera una tensione creativaall’interno della disciplina madre, mettendone in discussione tesi e

89

“Se diamo alle persone, bambini, adolescenti o adulti che siano, delleinformazioni sulla correlazione tra il funzionamento e la struttura delcervello, sullo sviluppo neurale e l’impatto dell’esperienza e sullo svi-luppo della loro vita mentale, noi le aiutiamo a sviluppare una capacitàdi discernimento che permette loro di vedere la propria mente in unaluce nuova (…) Riflettere sui correlati neurali ci permette di compren-dere l’esperienza, anziché elaborare razionalizzazioni tese a spiegare inostri comportamenti inappropriati allo scopo di liberarcene; gli insightneurali sembrano aiutarci davvero ad avere più compassione e discerni-mento per noi stessi e per le altre persone” (Siegel, 2009, p. 258).

Page 90: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

90

precisione dei metodi. In questo caso la psicobiologia rappresenta lanuova antidisciplina rispetto alla quale la psicologia e la pedagogiacostituiscono le discipline madri. La nostra ricerca tenterà di dimo-strare come la psicobiologia acquisterà crescente rilievo e spazio inquanto biologia dei processi mentali umani; nello stesso tempo la pe-dagogia e la psicologia possono aiutare a definire e chiarire i processiche devono essere studiati se si vuole pervenire ad una comprensioneprofonda e sfaccettata della biologia della mente umana (ib.).

Il tentativo di pervenire a basi epistemologiche comuni allo scopodi studiare e perfezionare le pratiche pedagogiche e psicologiche,sollecitato dalla disponibilità di molti neuroscienziati di farsi caricodegli strati biologici dei comportamenti sociali complessi, consenti-rebbe di prevedere le implicazioni psicobiologiche di tale connubioapplicato ai processi educativi, con l’obiettivo di far convergere studipedagogici, psicologici, biologici e correlare i rispettivi linguaggiscientifici nello studio delle relazioni umane , passando da una ricer-ca puramente teorica ad una ricerca applicata (ib.).

2. Cervello e relazioni interpersonali

Gli studi sul funzionamento del cervello nelle relazioni interperso-nali (nell’ambito della psicobiofisiologia, della neuropsichiatria, dellapsiconeuroendocrinologia, della psicosomatica, della biogenetica) so-no oggi numerosi. Per citarne alcuni: i lavori sulla psiconeuroendocri-nologia dello stress di Biondi, quelli di Sacks, di Turnbull, di Solmssulla neuropsicoanalisi, quelli sui rapporti tra costruzione del sé e ana-tomofisiologia cerebrale di LeDoux, gli studi psicobiologici sull’em-patia di Trevarthen, i lavori sulla memoria e sulla relazione tra psicoa-nalisi, psichiatria e biologia della mente di Kandel, quelli sui neuronispecchio del gruppo di Rizzolatti, quelli sulla coscienza di Damasio eEdelmann, gli studi psicogenetici di M. Ridley e D. Plomin, gli studidi D. Siegel sulla neurobiologia dell’esperienza interpersonale.

Tali studi evidenziano nel complesso il ruolo svolto dall’esperienzanel determinare la struttura ed il funzionamento dell’organismo bio-logico. Prendendo in esame numerose ricerche sulle esperienze nega-

Page 91: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

tive precoci che possono derivare da deprivazioni, esse mostranoquanto possa essere determinante la qualità delle esperienze inter-personali per un normale sviluppo psicologico e neurobiologico.Sembra che le relazioni umane producano cambiamenti a livello mo-lecolare, con ampie implicazioni sull’apprendimento e la memoria(Kandel, 2007).

Oggi numerose ricerche condotte in ambito psicobiologico si ba-sano sulla combinazione di studi epidemiologici, studi di geneticamolecolare e tecniche di brain imaging (ib.): per favorire tale corsosarebbe opportuno unire le risorse a disposizione per la ricerca neidiversi settori (pedagogico, neurologico, psicologico, biologico, far-macologico, ecc.). Gran parte delle attuali pratiche psicopedagogicheoggi mostra un dualismo marcato e problematico che rende difficileintegrare il lavoro svolto dagli operatori con le risorse tecnologiche adisposizione della neurologia.

Esistono già in psicologia prove cliniche dei cambiamenti indottidalla psicoterapia nei circuiti cerebrali, il che fa pensare ad una stessapossibile azione svolta dai processi educativi, ma l’impatto degli studineuroscientifici su queste discipline è ancora limitato. I tempi sonomaturi affinché le neuroscienze costituiscano parte irrinunciabile del-la formazione di chi opera nel settore psicologico e pedagogico, favo-rendo la costruzione di metodi e strumenti di lavoro appropriati.

Il nostro contributo è, abbiamo detto, a carattere epistemologicoessendo volto alla costruzione di un nuovo modo di pensare le scien-ze pedagogiche e psicologiche che, abbandonando le controprodu-centi distinzioni tra cervello e mente, biologia ed esperienza, natura ecultura, si basi sull’idea che, pur avendo i fattori costituzionali e ge-netici un ruolo importante nello sviluppo della mente umana, i fatto-ri sociali e le relazioni umane plasmano lo sviluppo del cervello e del-la mente e favoriscono il raggiungimento di un equilibrio emotivo,indissolubilmente legato, come afferma Siegel (2001), ad un correttofunzionamento delle aree cognitive.

L’integrazione tra ricerca biologica, neurologica, psicologica, filo-sofica e pedagogica può consentire di colmare le lacune esistenti tradefinizioni di comportamenti che poggiano su costrutti psicologici eloro correlati neurali, comprendere le basi biologiche della comuni-

91

Page 92: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

cazione emotiva e gli effetti delle esperienze traumatiche sullo svilup-po del cervello.

In questa prospettiva la valorizzazione del rapporto mente-cervel-lo si dipana nell’ambito di un’antropologia di stampo umanistico-personalista, che, aggiornata alla luce delle teorie neuroscientifiche,tenta di connettere causalità, fisiologia e fenomenologia per una riva-lutazione del cervello inteso non più come meccanismo ma come or-ganismo con una sua teleologia, in proficua scambievole relazionecon l’ambiente, dove l’essere umano appare come sinfonia di un séfisico, psichico, sociale, trascendente.

Il motivo per cui tale convergenza non è stata realizzata primaperché le neuroscienze, ed in particolare la psicobiologia, non appa-riva abbastanza matura da un punto di vista tecnico, per affrontare lequestioni riguardanti i processi mentali in tutta la loro complessità;considerati i recenti progressi oggi è possibile ampliare e perfeziona-re la nostra conoscenza sulle relazioni umane offrendo un nuovo li-vello di comprensione dei meccanismi in gioco (Kandel, op.cit).

Non si tratta di scalzare una disciplina a favore di un’altra: anzi,nel suggerire idee fondamentali sulla mente umana, la pedagogia ela psicologia hanno maggiori potenzialità della psicobiologia, deci-samente meno adatta a contemplare gli aspetti esistenziali; se la psi-cobiologia si mostrerà all’altezza del compito, è probabile che lescienze della mente assorbiranno le teorie e le tecniche principalida essa generate, per poi proseguire per la loro strada (ib.). La di-cotomia tra disciplina madre e antidisciplina indica quanto le duediscipline possano interagire con profitto. In questo la psicopeda-gogia ha un duplice ruolo: da una parte deve cercare di risponderea domande di sua competenza in campo didattico ed educativo; daun altro lato è chiamata a porre una serie di domande cui dovrà ri-spondere la psicobiologia. Le potenzialità della psicopedagogia edella psicobiologia risiedono nella loro visione del mondo e delleloro teorie specifiche sulle variabili interconnesse. L’interazione si-nergica tra psicopedagogia e psicobiologia è stata finora descritta indue paradigmi: le conseguenze sullo sviluppo di alcune forme dideprivazione sociale vissute in età precoce e i meccanismi dell’ap-prendimento (ib.).

92

Page 93: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Questi due filoni di ricerca sono paradigmatici in sensi diversi: es-si esemplificano il genere di problemi che le scienze del comporta-mento sono chiamate a sintetizzare ed a portare all’attenzione dellapsicobiologia e sono interessanti da un punto di vista metodologicoperché illustrano la capacità di semplificare e ridefinire i modellicomportamentali (ib.). La grande opportunità che si presenta oggi al-la psicopedagogia è la seguente: quando si tratta di studiare il funzio-namento mentale, i biologi non possono fare a meno di una guida,dunque la psicopedagogia può offrire un contributo di grande valorealle neuroscienze (ib.). Le sue potenzialità risiedono nella peculiaritàdelle sue prospettive, le quali possono indicare alla biologia le fun-zioni mentali che devono essere studiate per giungere ad una com-prensione più complessa e profonda dello studio della mente umana(ib.). Come affermato nella parte introduttiva di questo lavoro, lapsicopedagogia in questo può svolgere il duplice ruolo cercando dirispondere alle domande di propria pertinenza legate ai processieducativi; dall’altro, porre domande sul comportamento cui la biolo-gia è chiamata a dare risposta, al fine di pervenire ad una visione ve-rosimilmente avanzata dei processi mentali superiori dell’uomo (ib.).

In seguito ai progressi compiuti dalle neuroscienze negli ultimi an-ni, sia la pedagogia sia le neuroscienze si trovano in una nuova e mi-gliore posizione per un riavvicinamento che consentirebbe alle intui-zioni psicopedagogiche di informare la ricerca di una comprensionepiù profonda delle basi biologiche del comportamento. È possibiledunque delineare un modello concettuale designato ad allineare l’at-tuale prospettiva psicopedagogica e la formazione dei futuri educato-ri con le ultime scoperte della biologia (ib.).

L’attuale pensiero degli psicobiologi sul rapporto tra mente ecervello può essere riassunto, in forma semplificata, in cinque prin-cipi (ib.): 1) tutti i processi psichici, perfino i più complessi, deriva-no da operazioni del cervello; l’assunto cardine è che ciò che chia-miamo mente rappresenta un insieme di funzioni svolte dal cervel-lo; l’azione del cervello non si limita a comportamenti motori sem-plici ma si estende a tutti gli atti cognitivi complessi, consci ed in-consci, che associamo al comportamento proprio dell’uomo, comeil pensiero, il linguaggi e la creazione di opere letterarie, musicali

93

Page 94: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

ed artistiche. Un principio correlato è che i problemi di natura co-gnitiva ed emotiva che sorgono in ambito formativo rappresentanoanche disturbi del funzionamento cerebrale, anche quando le lorocause sono di origine ambientale; 2) le combinazione tra geni eser-citano un controllo significativo sul comportamento; 3) una modifi-cazione tra geni da sola non può spiegare tutta la variabilità osser-vabile in un dato tratto di personalità: vi contribuiscono, in misuranotevole, anche fattori sociali ed evolutivi; proprio come le combi-nazioni di geni contribuiscono a determinare il comportamento,anche il comportamento ed i fattori sociali possono esercitare un’a-zione retroattiva sul cervello modificando l’espressione genica ed ilfunzionamento delle cellule nervose; l’apprendimento si traduce inun’alterazione dell’espressione genica: pertanto tutta la “cultura” siesprime sotto forma di “natura”; 4) modificazioni dell’espressionegenica indotte dall’apprendimento producono cambiamenti neglischemi di connessione neuronale che contribuiscono a formare lebasi biologiche dell’individualità e sono probabilmente responsabilidell’insorgenza di differenze comportamentali indotte da circostan-ze sociali; 5) se l’educazione e la formazione sono efficaci è presu-mibile che ciò avvenga attraverso il processo di apprendimento chemodifica l’espressione genica agendo sull’efficacia delle connessionisinaptiche e riscrive i percorsi anatomici delle interconnessioni tra ineuroni del cervello; dunque le tecniche di visualizzazione cerebra-le potrebbero consentire alla fine una valutazione quantitativa del-l’esito dei processi formativi.

L’assunto fondamentale delle neuroscienze è che tutte le funzionidella mente riflettono funzioni del cervello: specifiche lesioni del cer-vello producono alterazioni del comportamento e specifiche altera-zioni del comportamento si riflettono in tipici cambiamenti del fun-zionamento del cervello. Bisogna però premettere che del modo incui il cervello genera i processi mentali abbiamo solo una conoscenzaparziale ed approssimativa. La grande sfida per i neurobiologi e glipsicopedagogisti consiste nel delineare questo rapporto in terminiche siano soddisfacenti per il neurobiologo che studia il cervello eper lo psicologo che studia la mente o il pedagogista che studia l’edu-cazione. Le ricerche di Kandel mostrano che quando impariamo an-

94

Page 95: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

che la mente influenza la trascrizione genetica nei neuroni. Quindipossiamo modellare i nostri geni, cosa che a sua volta influisce sull’a-natomia cerebrale a livello microscopico. L’educazione cambia lepersone attraverso l’apprendimento producendo dei cambiamentinell’espressione genetica che modifica l’intensità della connessioni si-naptiche e, attraverso cambiamenti strutturali che alterano lo schemaanatomico delle interconnessioni tra le cellule nervose e il cervello.L’educazione lavora in profondità nel cervello e nei neuroni modifi-candone la struttura e attivando i geni appropriati: essa agisce “par-lando ai neuroni” (Siegel, 2009). Un educatore efficace è dunque unvero e proprio microchirurgo della mente che aiuta gli educandi asviluppare in modo sano i network neuronali.

Il nostro lavoro prevede la presentazione di una sintesi critica sulcorpus di conoscenze esistenti sugli aspetti psicobiologici delle rela-zioni interpersonali, la prima e più importante delle quali è l’attacca-mento. Ci soffermeremo in seguito sul concetto di mindfulness, l’alfae l’omega del benessere psicofisico. Saranno poi evidenziate le impli-cazioni di tali studi in campo educativo.

Iniziamo col descrivere le strutture cerebrali ed i circuiti neurotra-smettitoriali coinvolti nella memoria e nell’esperienza emozionale,che sappiamo essere strettamente connessa alla qualità della relazio-ne interpersonale.

3. Il cervello emotivo ovvero il sistema limbico

Il sistema limbico (Freberg, 2007) è un gruppo di strutture delprosencefalo organizzate attorno alla parte superiore del tronco en-cefalico coinvolte nella generazione delle emozioni. Le strutture e lefunzioni sono le seguenti: ippocampo (memoria), amigdala (paura,aggressività), talamo (smistamento dell’informazione sensoriale), ipo-talamo (aggressività, regolazione fame, sete, temperatura, comporta-mento sessuale, ritmi circadiani), giro del cingolo (percezione del do-lore ed altre emozioni), setto pellucido (ricordi ed emozioni), giroparaippocampale (memoria esplicita).

95

Page 96: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

4. I neurotrasmettitori

I neurotrasmettitori (ib.) sono messaggeri chimici che mediano lacomunicazione tra neuroni adiacenti nello spazio della sinapsi. Sonosintetizzati all’interno del neurone e rilasciati in risposta all’arrivo diun potenziale d’azione; dopo il rilascio sono disattivati per il riassor-bimento o mediante l’azione di enzimi. Il principale gruppo di ammi-ne biogene con funzione di neurotrasmettitori sono la dopamina, l’a-drenalina, la serotonina. Un sottogruppo è costituito dalla catecolam-mine (dopamina, adrenalina o epinefrina e noradrenalina o norepine-frina). L’acetilcolina è il neurotrasmettitore principale nelle giunzionineuromuscolari, ed è coinvolta nella divisione parasimpatica del si-stema nervoso autonomo.

5. Sistemi dopamimergici, noradrenergici, serotoninergici, coli-nergici

I neuroni dopaminergici del cervello proiettano sui gangli dellabase, sul sistema limbico e sui lobi frontali della corteccia e sono co-involti nel controllo motorio, nella ricompensa e nella progettazionedel comportamento (ib.).

I sistemi noradrenergici usano la noradrenalina come mediatore esono localizzati nel ponte, nel bulbo e nell’ipotalamo. Le proiezionidi tali neuroni raggiungono tutte le regioni principali del cervello edel midollo spinale: il loro ruolo principale è quello di produrre lostato di attivazione fisiologica (arousal) e di vigilanza (ib.).

I neuroni serotoninergici sono situati nel tronco encefalico conproiezioni fino al midollo spinale, cervelletto, sistema limbico e neo-corteccia. Essi partecipano al controllo dell’umore, del sonno, del-l’appetito. I neuroni colinergici sono ampiamente distribuiti nel cer-vello. Un importante sistema di tali neuroni si origina nel prosencefa-lo, nel tronco ed invia proiezioni al sistema limbico ed alla corteccia.Tale sistema partecipa ai processi di apprendimento e memoria (ades. degenera nei soggetti affetti da Alzheimer) (ib.).

96

Page 97: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

6. Cervello e memoria

È noto che fin dalla nascita il cervello risponde alle nostre espe-rienze attraverso la creazione di connessioni tra le diverse cellule ner-vose; circuiti che vengono attivati simultaneamente, secondo l’assiomadi Hebb, tendono ad associarsi ed a essere attivati contemporanea-mente. Prima che l’ippocampo (una struttura cerebrale della qualeparleremo più estesamente più avanti) si sviluppi, il cervello è in gra-do di registrare ricordi di tipo implicito i quali, se successivamente ri-attivati, non sono accompagnati da consapevolezza ma creano l’espe-rienza mentale di comportamenti, emozioni e percezioni (Siegel,2001). La memoria implicita ha come contenuti schemi e modellimentali derivati dalla sintesi e dalla generalizzazione di tali esperienze;essa si organizza a partire dall’attivazione dell’amigdala che presiedealle emozioni; alla memorizzazione implicita delle esperienze affettivepartecipano l’amigdala, che presiede alle emozioni, le aree temporo-parieto-occipitali dell’emisfero destro, i nuclei della base e il cervellet-to (ib.). L’attivazione dell’amigdala porta all’attivazione dell’ipotalamolaterale che, sollecitando il midollo rostrale-ventrale-laterale, stimola ilsistema nervoso autonomo. La midollare surrenale, che è la parte piùinterna della ghiandola surrenale produce adrenalina; le sue emissioniraggiungono il locus coeruleus che secerne noradrenalina le cui mole-cole passano la barriera ematoencefalica. Le aree temporo-parieto-oc-cipitali della corteccia archiviano le esperienze depositate nella memo-ria implicita; nell’acquisizione di memorie procedurali (le cosiddetteabitudini) ha un ruolo importante il corpo striato che favorisce la co-struzione di associazioni dirette tra input percettivi e sequenze moto-rie riguardanti l’avvio automatico dei movimenti (ib.).

Il completo sviluppo dell’ippocampo intorno alla fine del secondoanno di vita permette lo sviluppo della memoria esplicita, che è ac-compagnata dalla sensazione interna precisa dello star ricordando epermette di ricordare le esperienze nell’ordine in cui si sono verifica-te, permettendo lo sviluppo del senso del tempo e della successionedegli eventi; tali capacità sono legate alla maturazione del lobo tem-porale mediale che include l’ippocampo e la corteccia orbito-frontale(ib.). L’ippocampo può essere definito un organizzatore cognitivo

97

Page 98: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

98

primario nel determinare lo sviluppo del senso di sé nel tempo e nel-lo spazio. La sua maturazione è legata anche allo sviluppo della me-moria autonoetica, ovvero di coscienza di sé stessi, mediata dalle areecorticali frontali che, secondo Siegel (ib.), vanno incontro ad uno svi-luppo esperienza-dipendente.

Il cervello è dunque costituito da connessioni nervose che rendo-no possibile l’apprendimento e la memoria; l’energia passa attraversoreti di neuroni attivati che contengono informazioni immagazzinatee/o recuperate attraverso cambiamenti a livello delle connessioni si-naptiche influenzati dall’esperienza. Lo sviluppo cerebrale esperien-za-dipendente si riferisce ai meccanismi attraverso i quali le esperien-ze determinano il mantenimento, la creazione o il rinforzo dei colle-gamenti neuronali. In virtù di ciò le esperienze positive nei primi an-ni di vita costituiscono la base per l’espansione della neocorteccia,per lo sviluppo e la formazione dei circuiti neuronali, per il rilasciodei neurotrasmettitori e per tutti i meccanismi che prendono parte alsistema emozionale legato al processo di memorizzazione (ib.).

7. Memoria, stress, emozioni: il ruolo dell’amigdala

L’amigdala è la struttura cerebrale responsabile dell’attivazioneemotiva conseguente alla percezione di un pericolo. Essa percepisce isegnali dei neuroni che si trovano nella corteccia, in maniera consciao subliminale preconscia (LeDoux, 2002).

L’amigdala manda segnali ad una serie di regioni cerebrali, facen-do abbondante uso di una neurotrasmettitore chiamato ormone di ri-lascio della corticotropina; sono sollecitati i neuroni che portano dal-l’a. verso il mesencefalo ed il tronco encefalico, ossia le strutture re-sponsabili del sistema nervoso autonomo. L’attivazione dell’amigdalafa sì che il sistema nervoso simpatico ordini alle ghiandole di secerne-re adrenalina il che provoca effetti quali tachicardia, ecc.

L’amigdala è implicata nell’amplificazione emotiva della memoriaesplicita: le sue efferenze provocano il rilascio di ormoni da partedella ghiandola surrenale che ritornano al cervello, rivestendo unruolo fondamentale nel processo di retroazione (LeDoux, 2002).

Page 99: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

L’amigdala per mezzo delle sue connessioni con l’ippocampo econ altre regioni del sistema mnestico esplicito potenzia il processodi consolidamento delle memorie esplicite che si sono formate du-rante un arousal emozionale, nei circuiti dell’ippocampo. Se l’arousalè troppo intenso la memoria può essere compromessa. In che modo?

Lo stress compromette la memoria esplicita mutando il funziona-mento dell’ippocampo poiché, in condizioni di forte stress, aumentala concentrazione di cortisolo nel circolo ematico (Siegel, 2001). Ilcortisolo si diffonde nel cervello e si lega ai recettori dell’ippocampoprovocando un disturbo dell’attività ippocampale, che compromettele capacità del sistema mnestico del lobo temporale di formare le me-morie esplicite (ib.). Nel caso in cui lo stress permane, le cellule ip-pocampali cominciano a degenerare ed alla fine muoiono.

La percezione dello stress da parte dell’amigdala regola la secrezio-ne di adrenalina e glucocorticoidi, che attivano il locus coeruleus (nu-cleo del tronco cerebrale i cui neuroni producono adrenalina e nora-drenalina), il quale a sua volta invia all’amigdala potenti segnali di atti-vazione che la stimolano all’attivazione della produzione di CRH (fat-tore di rilascio della corticotropina), che porta alla secrezione di piùadrenalina e glucocorticoidi, formando un circolo vizioso tra la menteed il corpo (ib.). Gli ormoni dello stress influiscono sul funzionamentodella corteccia orbitofrontale e sembrano contribuire a far sì che lepersone sotto stress prendano cattive decisioni; in contrasto con i suoieffetti sull’ippocampo e sulla corteccia, un intenso stress sembra po-tenziare l’intervento dell’amigdala in situazioni di paura (ib.).

La presenza di glucocorticoidi può disturbare la formazione dellamemoria dell’ippocampo e far sì che i neuroni ippocampali si atrofiz-zino e perdano alcune delle loro numerose ramificazioni determinan-do difficoltà ad apprendere ed a ricordare (ib.). Lo stress ed i gluco-corticoidi possono dunque impedire la formazione e la crescita dinuove cellule nervose (ib.). La neurogenesi nell’ippocampo, anche inindividui adulti, può essere influenzata da diversi fattori quali l’ap-prendimento e l’attività fisica (approfondiremo quest’argomento nelcorso del lavoro).

L’amigdala ha connessioni dirette con l’ippocampo, che è la strut-tura responsabile della componente esplicita dei ricordi sia di eventi

99

Page 100: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

emozionali, sia del contesto ambientale e dei particolari sensorialiche accompagnano eventi emozionali passati. La stimolazione indot-ta dall’esperienza relazionale attiva contemporaneamente l’ippocam-po e l’amigdala, due diversi tipi di memoria che si fondono insieme,dando origine al ricordo dell’evento come rappresentazione ed im-magine mentale di esperienze personalmente coinvolgenti (ib.).

8. Psicobiologia dell’attaccamento

Ciò che segue è una serie di riflessioni sul corpus di conoscenzeesistenti sugli aspetti psicobiologici delle relazioni interpersonali, laprima e più importante delle quali è l’attaccamento. Ci soffermeremoin seguito sul rapporto tra attaccamento e stress; saranno poi eviden-ziate le implicazioni di tali studi in campo educativo.

Sappiamo che l’attaccamento si basa su meccanismi cerebrali chespingono il bambino a cercare la vicinanza dei genitori ( o delle per-sone che principalmente si prendono cura di lui) e a stabilire una co-municazione con loro, instaurando rapporti che influenzano lo svi-luppo e l’organizzazione dei suoi processi motivazionali, emotivi emnemonici.

Da un punto di vista evolutivo tale sistema comportamentale au-menta le possibilità di sopravvivenza del bambino; a livello della men-te le relazioni di attaccamento aiutano il suo cervello ancora immaturoa coordinare le sue attività attraverso i processi cerebrali del genitore.

Gli scambi emotivi che caratterizzano un rapporto d’attaccamentosicuro, implicano che l’adulto sia in grado di reagire in maniera pron-ta e adeguata ai segnali trasmessi dal bambino, con risposte che favo-riscono l’amplificazione di stati emozionali positivi e facilitano il con-trollo di quelli negativi. In particolare, i genitori possono aiutare ibambini a ridurre l’impatto di sensazioni spiacevoli come paura, an-sia, o tristezza, fornendo un senso di sicurezza che contribuisce a cal-marli, quando sono turbati. Esperienze ripetitive sono registrate dallamemoria implicita generando attese, e quando schemi o modelli men-tali d’attaccamento che portano allo sviluppo di quella che Bowlby(1983) ha definito come una “base sicura” per affrontare il mondo.

100

Page 101: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Numerosi studi condotti in questo campo hanno dimostrato che idiversi tipi di relazioni d’attaccamento che si stabiliscono durantel’infanzia corrisponde lo sviluppo di caratteristiche specifiche in ter-mini di regolazione delle emozioni, capacità sociali, memoria auto-biografica, funzione riflessiva e processi narrativi. Per descrivere qua-litativamente la natura dell’attaccamento sono utilizzati i termini “si-curo” e “insicuro”, definendo così due categorie generali che com-prendono tutta una serie di situazioni intermedie possibili.

Il sistema dell’attaccamento svolge molteplici funzioni. Nel bam-bino, l’attivazione di questi processi porta a cercare la vicinanza delcaregiver, ricerca che gli consente di essere protetto nei confronti dipericoli di vario genere – mancanza di cibo, variazioni termiche sfa-vorevoli, incidenti, calamità naturali, attacchi da parte di altri indivi-dui o separazione dal gruppo.

Per questi motivi, i meccanismi di attaccamento sono estrema-mente sensibili alle indicazioni di pericolo: l’esperienza soggettiva in-terna che si accompagna alla loro attivazione è quindi spesso associa-ta a sensazioni di paura o ansietà. Può essere scatenata da avveni-menti che per qualche motivo spaventano il bambino, oppure dal ti-more di essere separato dalla figura di attaccamento.

Oltre a svolgere un ruolo cruciale nell’aiutare il bambino ad orga-nizzare le sue esperienze, i rapporti d’attaccamento influenzano pro-fondamente lo sviluppo dei suoi circuiti neurali, e hanno effetti diret-ti sulla maturazione delle attività cerebrali che mediano processimentali fondamentali: memoria narrativa, autobiografica, emozioni,rappresentazioni e stati della mente (Siegel, 2001).

Queste relazioni emotivamente importanti costituiscono la basesulla quale poi si sviluppa la nostra mente. In questo senso, un attac-camento insicuro può rappresentare un fattore di rischio indicativoper quanto riguarda il successivo manifestarsi di condizioni psicopa-tologiche; al contrario, relazioni di attaccamento sicuro nei primi an-ni di vita sembrano favorire lo sviluppo di forme di regolazione emo-tiva (ib.). Le esperienze influenzano i processi della mente durantel’intero corso della nostra esistenza: quelle che si verificano nei primianni di vita pongono le basi fondamentali delle nostre successive re-lazioni con il mondo; determinati tipi di relazioni precoci di attacca-

101

Page 102: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

102

mento favoriscono la regolazione emotiva, la competenza sociale, lefunzioni cognitive e la capacità dell’individuo di reagire positivamen-te alle avversità (ib.).

Un attaccamento insicuro non porta necessariamente allo svilup-po di disturbi mentali, ma aumenta il rischio di disfunzioni psicologi-che e sociali. La competenza sociale dei bambini con attaccamentoevitante è, ad es., gravemente compromessa.

Secondo studi recenti la deprivazione materna negli animali è as-sociata a problemi di comportamento sociale che possono essere ridi-mensionati o risolti con la somministrazione di farmaci serotoninergi-ci, sottolineando l’esistenza di un’influenza diretta delle esperienze diattaccamento precoci sullo sviluppo del cervello. Il fatto che i pro-blemi comportamentali riemergano con la sospensione del farmaco,indica che essi sono radicati nei circuiti nervosi che controllano atti-vità fondamentali, come il comportamento, la regolazione delle emo-zioni e le relazioni sociali (ib.).

Tali osservazioni ricordano che un’eventuale risposta positiva adun farmaco non è sufficiente per considerare una disfunzione di na-tura genetica e non legata alle esperienze dell’individuo: le esperienzeprecoci plasmano la struttura e le funzioni del cervello influenzandole modalità con cui i geni sono espressi (Kandel, 2007).

Anche se i fattori genetici possono portare ad una particolare vul-nerabilità nei confronti di un dato disturbo, i fattori ambientali gio-cano un ruolo cruciale nel determinare le modalità con cui si manife-stano i sintomi della malattia.

Dopo la nascita, le componenti ambientali influenzano in manieraimportante la formazione delle connessioni sinaptiche (Siegel, 2001).I genitori e le altre figure di attaccamento diventano, quindi, gli arte-fici principali dei processi con cui le esperienze del bambino influen-zano lo sviluppo, geneticamente programmato ma esperienza-dipen-dente, del suo cervello. Il potenziale genetico è espresso all’interno diesperienze sociali che esercitano effetti diretti sulle modalità con cuile cellule nervose sono collegate tra loro: in questo modo le connes-sioni umane portano alla creazione di connessioni neurali. Il fattoche l’aver subito esperienze traumatiche in età precoce porti ad unrischio particolarmente elevato di sviluppare disturbi emotivi, ha una

Page 103: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

base neurobiologica (ib.). In questo periodo infatti la sovrapprodu-zione di sinapsi è controllata geneticamente, ma il loro mantenimen-to o la loro eliminazione dipende direttamente da fattori di naturaambientale.

Chiaramente, ciò implica che negli individui in cui il sistema lim-bico è di per sé geneticamente programmato ad una sottoproduzionedi sinapsi, il sovrapporsi di condizioni di sviluppo che induconoun’eccessiva eliminazione di terminazioni sinaptiche porta allo stabi-lirsi di un quadro ad alto rischio (ib.).

Esperienze traumatiche possono avere effetti tossici diretti sul cer-vello del bambino: gli ormoni secreti in risposta allo stress determi-nano fenomeni di morte neurale a livello dei circuiti fondamentalidelle aree limbiche e neocorticali responsabili dei processi di regola-zione delle emozioni. Se esperienze di questo genere s’inseriscono inun quadro di “sottoproduzione sinaptica” geneticamente determina-to, il risultato finale sarà una particolare vulnerabilità nei confronti didisturbi emotivi: geni ed esperienze interagiscono nel creare condi-zioni di rischio per lo sviluppo di patologie successive, rischio cheviene alla fine espresso a livello dei circuiti cerebrali (ib.).

Una serie di ricerche condotte su animali ha evidenziato che cureparentali attente ed affettuose facevano diminuire nell’intero corsodell’esistenza dell’animale la risposta dell’asse HPA (ipotalamo-ipofi-si-surrene), sistema il cui prodotto finale è il rilascio di ormoni gluco-corticoidi da parte della ghiandola surrenale in risposta agli eventistressanti. I cuccioli accuditi in modo adeguato sono meno vulnera-bili alle malattie da stress (ib.).

Inoltre, separazioni prolungate madre-bambino producono un in-cremento dei glucocorticoidi che produce effetti negativi sull’ippo-campo: si è visto che uno stress negativo prolungato produce atrofiadei neuroni dell’ippocampo. Ciò provoca un deterioramento irrever-sibile della memoria nel potenziamento a lungo termine, un meccani-smo essenziale nel consolidamento delle connessioni sinaptiche lega-te all’apprendimento. Gli animali che sperimentano in età precocelunghi periodi di separazione dalla madre, crescono ansiosi, aggressi-vi e leggermente più vulnerabili alla dipendenza da sostanze (ib.).

103

Page 104: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

9. Attaccamento, stress e sistema immunitario. Implicazioni edu-cative

Si è visto che il potenziale genetico di un individuo viene espressoall’interno di esperienze sociali che esercitano effetti diretti sulla mo-dalità in cui le cellule nervose vengono collegate fra loro e che le con-nessioni umane portano alla creazione di connessioni neuronali.

Secondo Siegel (2001) le esperienze traumatiche possono avere ef-fetti tossici diretti sul cervello: gli ormoni secreti in risposta allo stressdeterminano fenomeni di morte neuronale a livello dei circuiti fonda-mentali delle aree limbiche e neocorticali responsabili dei processi diregolazione delle emozioni. Il risultato finale sarà una particolare vul-nerabilità a disturbi emotivi: geni ed esperienze interagiscono nelcreare condizioni di rischio per lo sviluppo di patologie successive, ri-schio che viene alla fine espresso a livello di circuiti cerebrali (ib.).

Uno stress molto intenso, quale quello indotto da una relazione diattaccamento disturbata, può provocare un blocco delle funzionimnemoniche. Tale effetto è mediato dai processi neuroendocrini concui l’organismo reagisce normalmente allo stress attivando l’asse ipo-talamo-ipofisario-adrenocorticale che prevede una liberazione imme-diata e transitoria di noradrenalina ed una risposta più prolungatamediata dagli ormoni glucocorticoidi come il cortisolo (ib.). I gluco-corticoidi, secondo studi recenti, hanno un effetto diretto sull’ippo-campo che presenta un’alta densità di recettori specifici per questiormoni. Uno stress molto forte può determinare un blocco transito-rio delle sue funzioni (ib.).

Uno stress continuato può invece indurre un’alterazione dei nor-mali ritmi quotidiani di secrezione, con livelli ormonali che risultanocronicamente elevati ; ciò può portare ad un inibizione della crescitaneuronale e a processi di tipo degenerativo a carico dei dendriti (Fre-berg, 2007).

Tali fenomeni sono inizialmente reversibili; se però l’esposizionead alte concentrazioni di glucocorticoidi persiste nel tempo, possonosubentrare anche fenomeni di morte neuronale. In pazienti affetti dadisturbo post-traumatico da stress di è osservata una riduzione delvolume dell’ippocampo (ib.). Gli individui caratterizzati da pattern

104

Page 105: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

di attaccamento sicuro hanno una diminuzione della risposta dell’as-se HPA – il livello plasmatico dei glucocorticoidi – ad una varietà diagenti stressanti ed una conseguente diminuzione delle malattie dastress. Invece, le esperienze negative precoci di attaccamento incre-mentano l’espressione genica del fattore di liberazione delle cortico-tropine CRF, l’ormone rilasciato dall’ipotalamo che attiva la rispostadell’asse HPA (ib.).

Uno stress ripetuto provoca atrofia dei neuroni dell’ippocampoche hanno recettori dei glucocorticoidi. Tale atrofia è reversibile sel’esposizione è discontinua, ma se è permanente essa provoca un de-ficit a livello cellulare, nel cosiddetto potenziamento a lungo termine.L’espressione dei recettori per i glucocorticoidi che si determina nellesituazioni di attaccamento insicuro si traduce in una maggiore vulne-rabilità futura a stress (ib.).

I correlati biologici dell’attaccamento sono anche legati ai livelli diossitocina e ai sistemi serotoninergici. Per tale motivo la perdita o illutto scatenano la seguente tempesta biochimica: il turnover dellemonoamine cerebrali viene modificato dando luogo a fenomeni diapoptosi, produzione di ossido nitrico, fosforilazione proteica. Talifenomeni si evidenziano anche nelle neuroimmagini ottenute dal cer-vello sotto stress (Biondi, 2008).

Circa la riformazione della serotonina in seguito ad un grande di-spendio di essa, occorre precisare che essa non si riforma in tempibrevi come la dopamina e la noradrenalina e ciò può dar luogo ad unvero e proprio stato di esaurimento delle risorse funzionali. Nell’ani-male separato sperimentalmente cambiano sensibilità e numero deirecettori postsinaptici per la serotonina creando una situazione similea quella di soggetti umani depressi (ib.).

La teoria dell’attaccamento ha attratto anche l’interesse della psi-coimmunlogia. Sembra infatti che lo stress psicologico conseguentead una modalità di attaccamento insicuro determini anche modifica-zioni della funzione immune. In “Mente, cervello e sistema immuni-tario”, Biondi spiega il rapporto esistente tra stress oggettivo e para-metri immunitari (es. riduzione della capacità rosettante dei linfoci-ti). Studi recenti evidenziano interessanti legami tra attaccamento si-curo e salute. L’attaccamento insicuro è stato associato non solo alla

105

Page 106: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

presenza di disordini mentali ma anche di malattie fisiche e ad altera-zioni delle reattività endocrina allo stress. Sebbene la relazione trastile d’attaccamento e funzione immune non sia stata ancora oggettodi moltissimi studi, ne citiamo uno di Picardi et. alii (2007), apparsoin Psychosomatic Medicine, dal titolo “Atttachment security and im-munity in healthy women” che esplora la relazione tra stile di attac-camento e parametri immunitari in donne sane. Considerato che l’at-taccamento insicuro è associato a peggiori condizioni di salute e adun’alterata reattività psicofisiologica, tale studio ipotizza che esso siacorrelato con un’immunità più bassa. Sono stati considerati i fattoripsicosociali associati all’immunità o alla salute (stress percepito, sup-porto sociale, alessitimia), e vari comportamenti relativi alla saluteche influenzano la funzione immune (esercizio fisico, qualità del son-no, fumo, alcool, uso di farmaci). Alla luce dei risultati appare che isoggetti (donne) con stile di attaccamento insicuro in situazione distress si percepivano scarsamente supportate nelle relazioni significa-tive e ciò era associato con peggiori condizioni di salute ed un abbas-samento della risposta immunitaria; lo stile di attaccamento evitanteera inoltre legato ad una inefficace ricerca di supporto, alla percezio-ne di ricevere scarso supporto dal partner e predisponeva all’isola-mento sociale, il maggior fattore di rischio associato con una ridottaattività delle cellule natural killer (NK). Le spiegazioni psicobiologi-che legate all’associazione tra l’attaccamento evitante e la ridotta fun-zione delle cellule natural killer fanno capo alla relazione tra stile diattaccamento e regioni cerebrali associate con la memoria e la regola-zione delle emozioni. L’attaccamento insicuro può influenzare la re-golazione dello stress ed è in relazione alla reattività endocrina allostress. I mediatori possibili dell’associazione tra l’attaccamento evi-tante e la ridotta funzione NK sono il cortisolo, che inibisce la lisimediata dagli NK delle cellule bersaglio, le citochine e le proteine le-gate allo stress, le metallotionine e le macroglobuline alfa-2, che pos-sono indurre morte cellulare e ridurre la biodisponibilità dello zincoche è fondamentale per il normale sviluppo e la funzione delle NK.Tali studi suggeriscono che lo stile di attaccamento insicuro e lostress emotivo che ne deriva, è un fattore di rischio per la salute.Dunque la problematicità o la rottura dei legami affettivi porta ad

106

Page 107: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

un’aumentata vulnerabilità alla malattia e ad un’aumentata morbilità.Anche la vulnerabilità alle malattie cardiache sembra altresì esserecorrelata alla mancanza di supporto sociale. Ciò implica anche che lostile di attaccamento sicuro sia un fattore protettivo.

Lo sviluppo di un attaccamento sicuro si basa su interazioni conti-nue e coerenti tra educatore ed educando. Se i momenti di corri-spondenza e d’intensa comunicazione emotiva sono rari perché l’e-ducatore non può assicurare la presenza, la sua figura non è per l’e-ducando fonte di sicurezza e conforto. La presenza costante dell’e-ducatore, che in virtù di ritmi lavorativi adeguati è capace di stabilireuna comunicazione efficace e collaborativa, prevede la sintonizzazio-ne reciproca degli stati psicobiologici ed uno scambio d’influenzeche amplificano gli stati affettivi positivi e riducono quelli negativi,permettendo all’educando di creare modelli interni sicuri che per-mettono lo sviluppo di aspettative positive nei confronti di interazio-ni interpersonali successive. L’educando interiorizza la relazione conl’educatore in un modello operativo di attaccamento.

Se a questo modello interno corrisponde un senso di sicurezza, l’e-ducando sarà in grado di esplorare il mondo, di maturare e di sepa-rarsi dall’educatore in maniera “sana”; al contrario, se la relazione diattaccamento è problematica, il modello operativo interno che ne de-riva non fornirà all’educando una base sicura e avrà effetti negativisullo sviluppo dei suoi comportamenti (in termini di curiosità, attitu-dini esplorative o interazioni sociali). Ovviamente se le circostanzecambiano, un attaccamento sicuro può diventare insicuro, e viceversa.

Abbiamo visto che l’attaccamento è il termine usato per descrive-re la tendenza dell’educando a cercare il contatto stretto con gli edu-catori di riferimento e a sentirsi più sicuri se esse sono presenti. Nu-merosi studi hanno comprovato che se la relazione d'attaccamento èrisolta positivamente, se l’educando percepisce con sicurezza che l'a-dulto si prende cura di lui e lo accompagna e lo supporta nella sco-perta del mondo, in lui si manifesta un corretto comportamentoesplorativo. Dunque la risoluzione della relazione d'attaccamento e ilcorretto comportamento esplorativo sono quei processi dinamici cheporteranno ad uno sviluppo armonico della personalità e, in ultimaanalisi, a bambini, adolescenti e giovani sani, felici, fiduciosi in se

107

Page 108: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

stessi e in grado di inserirsi con successo nell’ambiente che li circon-da. Se invece la relazione d'attaccamento è insicura, ambivalente, simanifesta una crescente difficoltà nell’esplorare lo spazio esterno,nell'entrare in relazione, nell'affrontare nuove esperienze, nel perse-guire con fiducia la ricerca di soluzioni, nel chiedere aiuto. I bambi-ni, incerti e insicuri, diverranno adolescenti e giovani con disagi nelprocesso di costruzione e affermazione della propria identità e nellostabilire relazioni con l’ambiente circostante. L’esistenza di tali ele-menti critici nello sviluppo infantile, ai quali bisogna porre particola-re attenzione, è, seppure in maniera implicita, oggi una conoscenzadiffusa. In minor grado è diffusa la consapevolezza che esistano, inparallelo con quelli dell’educando, altrettanti elementi critici nell'e-ducatore, al quale bisogna offrire un adeguato sostegno per garantir-gli maggiore serenità. A questo proposito ecco dei passi tratti dal te-sto “Una base sicura: applicazioni cliniche della teoria dell'attacca-mento” di John Bowlby (1983). Il paragrafo verte sull'essere genitori:Ad un certo punto della loro vita, io credo, la maggior parte degli esseriumani desidera avere dei figli e desidera che essi crescano sani, felici efiduciosi in sé ... per coloro che non riescono ... le pene sotto forma diangoscia, frustrazione, attrito, e forse anche vergogna o colpa, possonoessere severe ... Essere genitori con successo significa lavorare molto du-ramente. Occuparsi di un neonato o di bambino che fa i primi passi si-gnifica essere impegnati ventiquattro ore al giorno per sette giorni allasettimana e spesso crea molte preoccupazioni. E se il carico di attenzio-ne si allevia man mano che i bambini crescono, se si vuole che crescanobene è ancora necessario fornire moltissimo tempo e moltissime atten-zioni. Voglio anche rilevare che occuparsi di un neonato o di un bambi-no non è un compito per una persona singola. Se il lavoro deve esserefatto bene, se si vuole che la persona che si occupa primariamente delbambino non sia troppo esausta, chi fornisce le cure deve ricevere a suavolta assistenza. Nella maggior parte delle società del mondo questi fat-ti erano dati per scontato e la società si organizzava di conseguenza ...varie persone potevano offrire il loro aiuto ... l’aiuto poteva provenireda una nonna, ... potevano essere coinvolte nell'assistenza ragazze ado-lescenti o giovani donne. Paradossalmente ci sono volute le società piùricche del mondo per ignorare questi fatti fondamentali. Le forze del-

108

Page 109: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

l’uomo e della donna contano come attivo in tutti i nostri indici econo-mici. Le forze dell’uomo e della donna dedicate alla produzione, nellapropria casa, di bambini sani, felici e fiduciosi in se stessi non contanoaffatto.... Il motivo per cui ho sollevato questi argomenti è per ricordare... che esiste il rischio di adottare norme sbagliate ... di considerare unostato normale quello in cui i genitori dei bambini vengano abbandonatia se stessi in una cronica insufficienza di aiuto… È importante fornireuna base sicura da cui il bambino o un adolescente possa partire per af-facciarsi al mondo esterno e a cui possa far ritorno sapendo per certoche sarà il benvenuto, nutrito sul piano fisico ed emotivo, confortato setriste, rassicurato se spaventato. In sostanza il ruolo del genitore consi-ste nell’essere disponibile. Pronti a rispondere quando chiamati in cau-sa, per incoraggiare e dare assistenza ma intervenendo attivamente soloquando è chiaramente necessario. Nel caso di bambini e adolescenti,noi li vediamo, man mano che crescono, avventurarsi sempre di piùlontano dalla base e per periodi di tempo sempre maggiori. Più hannofiducia che la loro casa sia un luogo sicuro a cui fare ritorno, più lo dan-no per scontato, più aumenta la loro capacità di avventurarsi nel mon-do con fiducia”.

Da quanto letto emerge come, in realtà, possa essere difficile il ruo-lo dell’educatore: se non si assolve ad esso positivamente ciò genera inlui un grande senso di frustrazione, di inadeguatezza che si riversa intutte le sue relazioni sociali comprese quelle lavorative. L’educatore de-ve essere messo nelle condizioni di potersi occupare dell’educando, dipoter mettere in atto dei comportamenti favorenti il suo sviluppo psi-chico, biologico, sociale e morale e rispettosi della sua dimensioneemotiva e affettiva. Per un corretto sostegno all’educatore occorre dar-gli il tempo di dedicarsi all’educando e preservargli la possibilità d’es-sere presenza attiva nella sua vita. Ad una base sicura per l’educandocorrisponde una base sicura per l’educatore. Un educatore messo incondizioni di prendersi cura degli educandi è un investimento che lasocietà fa sulle generazioni future. Grazie ad esperimenti ai quali si ègià accennato prima, effettuati su varie generazioni di animali, è plausi-bile pensare che in un bambino, a livello biologico, la cura affettuosacrei una sorta di predisposizione ed aumentino le probabilità nel futu-ro di fare altrettanto. Di fatto si è osservato che negli animali l’ossitoci-

109

Page 110: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

na, un ormone fondamentale per la prestazione di cure materne ade-guate, è presente in quantità elevate in animali femmine che hanno ri-cevuto alti livelli di cure materne; viceversa in un animale femmina cheha ricevuto scarse cure materne la produzione di ossitocina o non èelevata o, seppure elevata, non produce effetto. A livello neurale, ovve-ro delle cellule del cervello, avviene che bassi livelli di cure creano inun cucciolo pochi recettori di ossitocina e, quando sarà adulto e diven-terà genitore, anche se avrà un’elevata produzione di tale ormone, nonavrà i recettori per recepirla (Ridley, 2005).

L’ambiente nel quale educatori ed educandi sono immersi deve es-sere un ambiente sereno, nel quale sia possibile rilassarsi, non carat-terizzato da livelli eccessivi di stress. Un educatore eccessivamentestanco non potrà, come deve, mentre è con l’educando, interessarsi aciò che fa e dice, compito particolarmente oneroso per un educatoreche ha giornate lunghe e difficili (per questo motivo si rivelano parti-colarmente importanti le misure a favore dell’assistenza al genitorelavoratore nel caso di famiglie monoparentali o i programmi di pre-venzione del burnout per gli insegnanti).

In virtù del meccanismo già descritto dei neuroni specchio, uneducando percepisce immediatamente gli stati emotivi delle figureadulte di riferimento, comprendano subito egli è realmente compar-tecipe o meno dei suoi racconti o dei suoi giochi. La possibilità chel’educando esplori sereno il mondo circostante, allontanandosi viavia sempre di più dalla propria figura di attaccamento, sia in terminidi distanza che in termini di tempo ( dapprima saranno poche ore,poi mezze giornate, giorni interi o mesi) dipende dal perdurare dellasensazione della casa base sicura alla quale tornare e alla quale facevariferimento John Bowlby. Nella costruzione della “casa base”, il mat-tone fondamentale è il racconto: il bambino, l’adolescente, il giovaneuomo sa che potrà tornare e trovare un ascolto attento e responsivo.

Bisogna dunque essere consapevoli, nel supportare gli educatori,che il tempo sociale che si investe nell’educazione è un tempo so-ciale che si recupera ampiamente nelle fasi successive: un bambinosicuro e sereno ha maggiori probabilità di non essere un adolescen-te o un giovane adulto che mette in atto atteggiamenti aggressivie/o antisociali.

110

Page 111: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Avere una presenza attiva significa affiancare l’educando con ri-spetto e cura nelle situazioni che l’educando è chiamato a vivere. L’e-ducatore deve poter far percepire la propria rassicurante presenza sianelle attività quotidiane che nei momenti significativi dell’esistenza.Gli effetti negativi di relazioni educative di tipo ambivalente, insicuroo evitante, in famiglia o a scuola, hanno ampi margini di recupero sevengono corretti con la creazione di condizioni ambientali adatte nelperiodo infantile o prepuberale. Essendovi dopo la pubertà un gradodi plasticità inferiore rispetto ai periodi precedenti l’effetto degli in-terventi rieducativi e correttivi, pur potendo essere efficace, ha tempie modalità più lunghi, che passano spesso attraverso dolorosi percor-si psicoterapeutici che comportano costi economici ed umani.

10. Psicobiologia della relazione: cervello ed empatia

Recenti ricerche sull’empatia (Rizzolatti, 2006) ne hanno esploratoil versante neurofisiologico, fondamento biologico naturale, prever-bale e prerazionale dell’intersoggettività. Le tecniche di visualizzazio-ne dell’attività cerebrale (FMRI, risonanza magnetica nucleare fun-zionale) hanno permesso la scoperta di neuroni specchio, localizzatiin diverse zone dell’encefalo.

Compiere un’azione o immaginare di compierla, sperimentare un’e-mozione o assistere all’espressione emozionale altrui attiva le stessearee cerebrali. Osservare un soggetto che soffre provoca un’attivazioneautomatica del lobo dell’insula e della corteccia cingolata anteriore: learee del cervello sono coinvolte come se il dolore non derivasse dal-l’empatia ma fosse un dolore fisico intenso e reale (Singer, 2004).

Anche quando il soggetto del quale si studia la reazione viene se-parato dalla persona della cui sofferenza può essere consapevole, nonmediante l’osservazione diretta ma guardando una lancetta che indi-ca i livelli del dolore (il soggetto immagina il dolore dell’altro), learee cerebrali del dolore si attivano ugualmente. Dunque vi è un’atti-vazione del sistema limbico e delle aree corticali ad esso connesse,non periferica, indipendente dalla stimolazione sensoriale.

Nel sentire il dolore circuiti e centri sensori ed affettivi del dolore

111

Page 112: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

nel cervello sono separati: il cervello sente dolore anche se gli organisensoriali non sono attivati (Biondi, 2008). Tentare di ignorare stimo-li potenzialmente dolorosi costa ugualmente: neanche la rimozione èindolore. Anzi, quando la mente cerca di sopprimere una reazionec’è un uguale consumo neurotrasmettitoriale e possibilità di somatiz-zazione (legata alla mancata elaborazione di contenuti inconsci).

Tutto ciò dimostra l’impossibilità di scindere e la strettissimainterconnessione tra emotività-affettività e razionalità in qualsivo-glia relazione di cura e, nella fattispecie, in quella educativa, il cuicoinvolgimento comporta costi emotivi, costi in molecole, attiva-zione recettoriale ed impegno nel rimettere in moto i circuiti(Biondi, 2008).

La capacità di comprendere gli altri in quanto agenti intenzionali,lungi dal dipendere esclusivamente da competenze mentalistico-lin-guistiche, è fortemente dipendente dalla natura relazionale del com-portamento. Secondo questa ipotesi è possibile conseguire una com-prensione esperienziale diretta del comportamento altrui sulla basedi un’equivalenza motoria tra ciò che gli altri fanno e ciò che fa l’os-servatore.

Il sistema di neuroni specchio è verosimilmente il correlato neura-le di questo meccanismo, descrivibile in termini funzionali come si-mulazione incarnata (Gallese, ). L’azione, tuttavia, non esaurisce ilricco bagaglio di esperienze coinvolte nelle relazioni interpersonali:ogni relazione interpersonale implica infatti la condivisione dellamolteplicità di stati, quali l’esperienza di emozioni e sensazioni. Ciòsi basa proprio sul fatto che le stesse strutture nervose coinvolte nel-l’analisi delle sensazioni e delle emozioni esperite in prima personasono attive anche quando tali emozioni e sensazioni vengono ricono-sciute negli altri.

Un simile meccanismo sembra essere attivo anche durante l’ap-prendimento imitativo e la comunicazione linguistica: sembra quindiche una molteplicità di meccanismi di rispecchiamento siano presentinel nostro cervello. Il concetto di consonanza intenzionale implicache in chi osserva vi sia un’attivazione della rappresentazione deglistati corporei associati a quelle stesse azioni, emozioni e sensazionicome se lui stesso ne stesse facendo esperienza diretta.

112

Page 113: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Ciò indica che vi sono notevoli implicazioni circa la ricchezza e lamolteplicità delle esperienze derivanti dalla relazione con gli altri eche grazie alla consonanza intenzionale riconosciamo gli altri comenostri simili e stabiliamo una comunicazione intersoggettiva ed unacomprensione implicita degli stati mentali altrui. Il circuito neuronispecchio – simulazione incarnata – consonanza intenzionale sarebbedunque un meccanismo implicito di modellizzazione di oggetti edeventi, automatico ed irriflesso con cui l’organismo interagisce.

L’architettura funzionale della simulazione incarnata, originaria-mente scoperta con i neuroni specchio nel dominio delle azioni, èuna caratteristica di base del nostro cervello che rende possibili lenostre ricche e diversificate esperienze intersoggettive.

Quanto detto ha a che fare anche con gli studi sulla Teoria dellaMente, definita come capacità di attribuire stati mentali all’altro(pensieri, intenzioni, affetti, desideri). Essa matura nella prima in-fanzia e si modula sull’apprendimento: è essenziale per le interazio-ni sociali, ha la sua base tecnica nell’empatia ed ha circuiti cerebraliche sono la corteccia del lobo dell’insula, la corteccia cingolata, l’a-migdala, l’ippocampo, snodi e punti di un circuito che appartieneal cervello sociale. Ad es., un grado di empatia maggiore comportauna maggiore attivazione della corteccia insulare e della cortecciacingolata anteriore.

La strada dalla sostanza biologica del funzionamento mentale èdunque fortemente legata alla qualità della relazione di cura. Pertan-to, la relazione educativa, che è la relazione di cura per eccellenza, siconcepisce anche in una dimensione biologica.

Si è visto che il corpo partecipa di ciò che accade a livello emozio-nale e che gli eventi di vita drammatici generano una tempesta neu-rochimica che può durare molto tempo (es. il disturbo post-traumati-co da stress provoca un aumento del cortisolo e uno shrink, ovveroun restringimento del volume dell’ippocampo probabilmente secon-dario ad apoptosi). Gli eventi traumatici sono dunque causa di dannineuronali, così come si suppone che gli eventi connotati da alti livellidi positività emozionale e relazionale siano capaci di riparare talidanni ed “invertire” le rotte neurali senza interventi chirurgici o far-macologici.

113

Page 114: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

11. La neuroplasticità

Gli esperimenti di Rosenzweig e Kempermann (2000) hanno di-mostrato come gli ambienti ricchi di stimoli contribuiscano allacrescita del cervello. Animali cresciuti in ambienti stimolanti cir-condati da altri animali, oggetti da esplorare, giochi da far rotola-re, scale su cui arrampicarsi, ruote, imparano meglio di esemplariidentici dal punto di vista genetico allevati in ambienti poveri. I li-velli di acetilcolina, neurotrasmettitore essenziale per l’apprendi-mento, sono più alti nei topi allenati a risolvere problemi più com-plessi. Negli animali l’esercizio mentale o l’ambiente stimolanteaumentano il peso della corteccia cerebrale del cinque per cento edel nove per cento nelle aree direttamente interessate dagli stimoli.I neuroni sottoposti a stimolazioni presentano uno sviluppo den-dritico superiore del 25%, un aumento delle connessioni per ognisingolo neurone, delle dimensioni e dell’afflusso sanguigno. Similieffetti di arricchimento sull’anatomia cerebrale sono stati riscon-trati in tutte le specie animali testate fino ad oggi. Nell’uomo le in-dagini postmortem hanno mostrato che l’educazione aumenta leconnessioni interneuronali. Un maggior numero di dendriti accre-sce la distanza tra i neuroni, aumentando così il volume e la densi-tà del cervello. Grafman (cit. in Doidge, 2009) ha identificato 4 ti-pi di neuroplasticità:

1. Espansione della mappa che si verifica ai confini tra aree cerebralicome risultato delle attività quotidiane. In ogni area del cervelloche svolge una certa attività sono i neuroni al centro dell’area adessere più impegnati nel compito. I neuroni più esterni sono mol-to meno coinvolti e questo fa sì che aree cerebrali adiacenti sianoin competizione fra di loro per arruolare “neuroni di confine”.Leattività quotidiane determinano quale area cerebrale vinca lacompetizione. Il neuroimaging ha evidenziato come le aree possa-no espandersi rapidamente, anche nel giro di pochi minuti, per ri-spondere alle esigenze del momento.

2. Riassegnazione sensoriale che si verifica quando un senso ècompromesso. (Quando la parte di corteccia preposta ad unsenso non viene stimolata da input esterni (come ad es. la cor-

114

Page 115: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

teccia uditiva nella sordità, essa può ricevere input da un altrosenso, come la vista).

3. Mascheramento compensatorio, favorito dal fatto che ci sonomolti modi in cui il cervello può affrontare un compito e se hadifficoltà o viene privato di una funzione utilizza strategie alter-native che implicano funzioni non compromesse.

4. Sostituzione della regione speculare (quando un emisfero smettedi funzionare, la regione speculare dell’altro emisfero si adatta,svolgendo come meglio può la funzione mentale compromessa).

Molti bambini trarrebbero beneficio da una valutazione miratadelle aree cerebrali, così da identificare le funzioni deficitarie e quin-di un programma che le rinforzi, un approccio ben più efficace e as-sai meno frustrante dell’insegnamento basato sulla semplice ripetizio-ne di un compito (vedi p. 55) Possiamo immaginare quali sarebbero irisultati ottenibili se ogni bambino venisse sottoposto ad una valuta-zione mentale mirata sulla cui base impostare un programma perso-nalizzato per rinforzare le aree essenziali fin dai primi anni di vita,quando la neuroplasticità è molto forte. Sarebbe molto meglio stron-care sul nascere i problemi anziché lasciare che il bambino si convin-ca di essere anormale o stupido, cominci ad odiare la scuola e l’istru-zione e smetta di lavorare nelle aree compromesse, o sviluppi proble-mi emotivi e relazionali, vanificando così le proprie potenzialità.

Con opportune stimolazioni i bambini progrediscono più rapida-mente degli adolescenti perchè in un cervello immaturo il numero diconnessioni neuronali o sinapsi è superiore al cinquanta per cento diquelle di un cervello adulto. Nell’adolescenza il cervello mette in attoun’operazione di radicale potatura. Le sinapsi o i neuroni che sonostati utilizzati in maniera limitata improvvisamente muoiono, secon-do i principio use or lose it, usalo o lo perderai.

La cosa migliore è rinforzare le aree più deboli finchè queste risor-se corticali sono ancora disponibili. Inoltre, la valutazioni mentalipossono essere utili lungo l’intera carriera scolastica e finanche all’u-niversità quando molti studenti (chi scrive ne ha un’esperienza diret-ta) che pure hanno raggiunto buoni risultati all’età della scuola supe-riore, sono in difficoltà poiché le loro funzioni mentali sono sovrac-caricate dalle maggiori prestazioni.

115

Page 116: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

È vero che il grado di plasticità cerebrale dopo i primi anni di vitae la maggiore/minore modificabilità di alcuni circuiti cerebrali nelcorso dell’esistenza sono questioni ancora aperte in campo neuro-scientifico. Un recente contributo di Shors, “Sfida ai nuovi neuroni”apparso su “Le Scienze” nel maggio 2009, illustra una straordinariascoperta: la neurogenesi, in particolare nell'ippocampo, continua an-che in età adulta. La sopravvivenza dei nuovi neuroni è però legata alloro utilizzo entro un paio di settimane: in quest’arco di tempo lamaggior parte dei nuovi neuroni è destinata a morire, a meno che ilsoggetto sia stimolato a in attività nuove. Tale concetto era stato anti-cipato anche da Doidge (2009) che nell’opera “Il cervello infinito”mostra le innumerevoli evidenze scientifiche di una neuroplasticità,che, in tempi ed in modi diversi, perdura per tutta la vita ed è legataproprio alla capacità di dedicarsi ad apprendimenti a carattere diver-so da quelli già affrontati.

Dunque la mente è in grado di conservare le sue capacità di adat-tamento e di produzione di novità: per questo motivo, le esperienzeinterpersonali possono contribuire ad alimentare i suoi processi disviluppo e ad indurre cambiamenti a livelli delle connessioni sinapti-che cerebrali anche in età adulta. Certo è che la completa assenza direlazioni di attaccamento in età precoce o una storia di traumi im-portanti possono dar luogo ad alterazioni irreversibili delle struttureneurobiologiche cerebrali. Com’è dunque possibile prevenire taliesperienze? Se esse si sono già verificate, come migliorare le condi-zioni di tali individui?

Gli studi di Siegel sulla mindfulness tentano di dare risposta aquesta domanda.

12. Mindfulness, cervello ed educazione

Nel bellissimo libro Mindfulness e cervello, Siegel (2009) sostieneche la cultura contemporanea ha dato vita ad un mondo tormentatodi individui alienati, scuole che non riescono a trasmettere alcunaispirazione né a relazionarsi con gli allievi e società prive di punti diriferimento morali che orientino l’esistenza personale e comunitaria.

116

Page 117: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Il modus vivendi delle nuove generazioni è “sempre più distantedalle interazioni umane che l’evoluzione della specie ha sancito comenecessarie per i nostri cervelli ma che non fanno più parte dei nostrisistemi educativi e sociali. Le relazioni umane che ci aiutano a pla-smare le relazioni tra i nostri neuroni sono drammaticamente poche(…) Le vite frenetiche di molti di noi lasciano poco tempo anche persintonizzarci con noi stessi”. Gran parte dell’esperienza scolastica sifocalizza sull’acquisizione di capacità e conoscenze legate a contenutirelativi alle diverse discipline. “Ma il benessere personale ed il com-portamento prosociale richiedono la coltivazione della capacità dicomprendere sé stessi ed essere empatici fin da quando si è giovani,qualità che emergono quando si apprende ad essere riflessivi. Questaabilità della mente, che migliora la vita, si sviluppa come una capaci-tà che promuove flessibilità e resilienza, in noi stessi e nelle relazionicon altre persone . Gli ingredienti di base del benessere e del viveresociale compassionevole sono passibili di insegnamento. La riflessio-ne è il sentiero comune per mezzo del quale i nostri cervelli sostengo-no queste capacità, le nostre relazioni si nutrono di esse e le nostrementi possono raggiungere uno stato di sintonizzazione interna edarmonia” (Siegel, 2009, p. 245).

Studi recenti hanno evidenziato come il benessere e la resilienzasiano promossi dalle relazioni di attaccamento sicuro e potenziatedalla pratica di una consapevolezza che Siegel definisce “mindful”, laquale attiva le funzioni di una specifica regione del cervello, la zonamediale della corteccia prefrontale, che ha una funzione integrativa,ovvero i suoi neuroni raggiungono aree distanti e differenziate delcervello e del corpo. L’integrazione è il meccanismo di base comunedei percorsi che portano al benessere.

Quando le relazioni educative promuovono la sintonizzazione tracoloro che sono coinvolti (genitore-figlio, insegnante-allievo), ovve-ro la percezione reciproca di essere amati, tale comunicazione per-mette agli educandi di sviluppare i circuiti di regolazione del cervel-lo che danno all’individuo una fonte di resilienza nel corso del tem-po, in termini di autoregolazione e di impegno con gli altri in rela-zioni empatiche.

Le funzioni correlate all’attività dell’area mediale della corteccia

117

Page 118: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

118

prefrontale sono nove: 1) regolazione corporea (coordinamento edequilibrio tra funzioni del sistema nervoso simpatico, che funge daacceleratore e del sistema nervoso parasimpatico, che funge da fre-no); 2) comunicazione sintonizzata (coordinazione e risonanza degliinput che provengono da un’altra mente con l’attività della propriamente); 3) equilibrio emotivo (attivazione delle aree limbiche in ma-niera emotivamente significativa e vitale ma non caotica); 4) flessi-bilità di risposta (valutazione degli stimoli, selezione tra varie opzio-ni, inizio dell’azione); 5) empatia (avvio di mutamenti del sistemalimbico e nel corpo avviati dalla percezione dei segnali di un’altrapersona i quali vengono interpretati e valutati sotto forma di imma-ginazione empatica di quello che sta accadendo nelle sua mente); 6)insight (consapevolezza che connette il presente alla storia della no-stra vita e alle immagini del nostro futuro, frutto dei collegamentitra zone corticali che fungono da magazzini mnestici e sistema lim-bico che dà loro una coloritura emotiva); 7) modulazione della pau-ra (consentita dal rilascio del GABA, acido gamma aminobutirrico,neurotrasmettitore inibitore che agisce sull’amigdala; la crescitadelle fibre prefrontali mediali può far sì che la paura sia disappre-sa); 8) intuizione (implica la registrazione degli input provenientidalle reti neurali che circondano i nostri organi interni che invianosegnali alla corteccia prefrontale influenzando il ragionamento e lereazioni: è ciò che comunemente definiamo “saggezza del corpo”);9) moralità (il danneggiamento della regioni prefrontale medialedetermina una compromissione della capacità di agire per il benecomune e non solo per il proprio).

Tali funzioni, secondo Siegel, sono ampiamente favorite dalla pra-tica di quella che egli definisce minduflness.

La mindfulness è l’esatto contrario del vivere in modo automatico,ed implica la sensibilità alle novità delle nostre esperienze quotidia-ne. Essa può essere definita una ri-percezione (Shapiro et alii, 2006,cit. in Siegel, 2008) che prevede autoregolazione dell’attenzione sul-l’esperienza immediata, permettendo un accresciuto riconoscimentodegli eventi mentali del momento presente ed un particolare orienta-mento verso le proprie esperienze nel momento presente caratteriz-zato da curiosità, apertura, accettazione.

Page 119: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Cinque sembrano essere i fattori sottesi alla mindfulness (Baer etalii, 2006 cit. in Siegel, 2008): 1) non reattività all’esperienza interna(percezione delle proprie emozioni e sentimenti senza costrizione areagirvi); 2) osservare/notare/occuparsi di sensazioni/percezioni/pensieri/sentimenti; 3) agire con consapevolezza/concentrati/non di-stratti; 4) descrivere le proprie esperienze a parole; 5) atteggiamentonon giudicante nei confronti dell’esperienza.

La mindfulness è una capacità che può essere appresa tramite lameditazione, le tecniche di respirazione, la focalizzazione sulla recet-tività dei sensi, la riflessività su sé stessi, la consapevolezza dell’interoprocesso che porta alla conquista dell’ipseità, il nostro modo essen-ziale di essere al di sotto degli stati di pensiero e reazione, identità edadattamento.

Con la consapevolezza mindful, il flusso di energia ed informazio-ni che è la nostra mente entra nella nostra attenzione cosciente per-mettendoci di comprendere i suoi contenuti e regolare il suo flussoin modo nuovo. Riflettendo sulla mente abbiamo la possibilità di faredelle scelte e dunque di cambiare, guadagnandone in calma ed insaggezza. Il modo in cui focalizziamo la nostra attenzione ci aiutadunque a modellare direttamente la nostra mente, migliorando il mo-do in cui regoliamo le nostre emozioni, riducendo gli assetti mentalinegativi, favorendo la capacità di guarigione, le risposte immunitarie,la reattività allo stress, l’empatia.

La consapevolezza mindful può modellare direttamente l’attività ela crescita delle parti del cervello responsabili delle nostre relazioni,della nostra vita emotiva e della risposta fisiologica allo stress.

13. L’apprendimento mindful

La mindfulness nell’apprendimento e nell’educazione (Langer,2000 cit. in Siegel, 2008), consiste nell’offrire il materiale in uno stilecondizionale anziché come una serie di verità assolute: ciò lascia inuno stato sano di incertezza che dà vita ad una capacità attiva di im-parare cose nuove; in questo modo la mente si mantiene aperta ri-spetto ai contesti in cui le nuove informazioni sono utili.

119

Page 120: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

120

Il coinvolgimento degli studenti in questo processo è possibile segli studenti pensano che il loro atteggiamento plasmerà la direzionedell’apprendimento in direzione dell’apertura alle novità, attenzionealle differenze, sensibilità ai diversi contesti, consapevolezza dellemolteplici prospettive esistenti ed orientamento al presente. Conside-rare tali dimensioni della mindfulness permette agli studenti di am-pliare ed approfondire la natura dell’apprendimento in tutta la lorocarriera di discenti (Siegel, 2008).

Nell’apprendmento mindful la mente si libera da conclusioni e ca-tegorizzazioni premature e da modi routinari di percepire e di pensa-re ed entra in uno stato flessibile della mente in cui notiamo attiva-mente cose nuove, siamo sensibili al contesto e ci impegnamo nelpresente. La molteplicità di prospettive, l’attenzione alle novità, ilcontesto e la creazione di categorie nuove sono l’essenza dell’appren-dimento mindful. Se affrontiamo le situazioni con una mente apertaci divertiamo di più e viviamo più a lungo (ib.).

Ciò che è importante è l’uso di affermazioni condizionali (po-trebbe essere, può essere stato, a volte può ecc.) che inducono unostato cognitivo che implica il coinvolgimento attivo della mente del-lo studente. Un approccio mindful all’educazione implica un cam-biamento del nostro atteggiamento nei confronti delle persone concui lavoriamo. Il coinvolgimento attivo dello studente nel processodi apprendimento consente all’insegnante di unirsi nel viaggio discoperta che l’insegnamento può essere accettando sia la conoscen-za sia l’incertezza con curiosità, apertura, attenzione e sollecitudinegentile (ib.).

L’insegnante non deve alimentare l’illusione di possedere una co-noscenza assoluta. Insieme, l’educatore e l’allievo possono affrontarela sfida eccitante di sviluppare un insieme di conoscenze che com-prende la natura della conoscenza, la sua dipendenza dal contesto edè attento alle novità ed alle distinzioni. Le ricerche sulla mindfulnesshanno rivelato che essa ha ricadute positive sulla vita della persone intermini di accresciuto senso del piacere, consapevolezza interiore esalute fisiologica (ib.).

Page 121: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

14. L’educazione come esperienza di senso. Componenti psico-biologiche

Non vi è quindi dubbio sul fatto che l’educazione possa portare amodificazioni rilevabili del cervello. Le indagini di neuroimaging ese-guite prima e dopo interventi riabilitativi mostrano sia che il cervellosi riorganizza plasticamente nel corso del trattamento sia che quantopiù il trattamento ha successo tanto maggiore sarà il cambiamento.Quando le persone rievocano i loro traumi hanno dei flashback eprovano emozioni incontrollabili il flusso sanguigno nei lobi frontalee preforntale, che contribuisce a regolare il comportamento, diminui-sce, indicando una minore attivazione di queste aree. Secondo Siegel(op.cit.) lo scopo dell’educazione dal punto di vista neurobiologico èestendere la sfera funzionale dei lobi prefrontali.

La relazione educativa può a nostro avviso collocarsi tra quelleche definiremo “esperienze di senso”, secondo la teoria motivaziona-le di V.E.Frankl nella quale il costrutto definito “volontà di significa-to”, principio dinamico fondamentale per la persona, è l’aspirazionedi ogni essere umano a dar senso alla propria esistenza.

Nell’esperienza di senso l’individuo vive, cognitivamente ed emo-tivamente, l’appagamento della volontà di significato che si realizzaquando la persona realizza valori, ovvero prestazioni umane, caratte-rizzate da una forte connotazione altruistica, quale quella caratteriz-zante ogni processo realmente educativo. Coerentemente con la con-cezione antropologica multidimensionale in base alla quale l’uomo èun unicum bio-psico-noetico, potremmo ipotizzare che l’esperienzadi senso ha radici nella dimensione psicobiologica dell’essere umanoe che vivere una prestazione altruistica intesa come fonte di esperien-za di senso intesa attiverebbe zone sia corticali che limbiche , capacidi indurre nell’organismo reazioni opposte a quelle implicate nell’at-taccamento insicuro, nel distress o nella depressione, e simili invece aquelle che si attivano nei processi della volontà, della decisione, del-l’entusiasmo e dell’amore.

Qualora tale ipotesi fosse dimostrata, si potrebbe ulteriormenteipotizzare che l’essere oggetto o soggetto di comportamenti altruisticipercepiti come altamente significativi per la propria esistenza, così

121

Page 122: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

come avviene nelle relazioni educative, potrebbe comportare unaconseguente benefica ricaduta sui processi fisiologici (aumento delledifese immunitarie, attivazione endorfinica ecc). Si è visto come lostile di attaccamento sicuro sia un fattore protettivo contro il rischiodi sviluppare patologie psicosomatiche. In educazione, ciò dovrebbevalere per l’educando come per l’educatore amorevole, entusiasta,capace di far emergere nuovi e personali orizzonti di senso in colorodei quali è responsabile.

Le implicazioni etiche da ciò derivanti confermerebbero che ilcomportamento altruistico realizzato in un contesto educativo, èun’esperienza di alto valore psicobiologico e morale, che supera lafrequente visione dell’altruismo come rinuncia a parte di sé con con-seguente senso di deprivazione e sacrificio, ritenendolo invece unastraordinaria fonte di energia psicobiologica, in chi dà (ammesso cheviva l’esperienza in maniera autentica) ed in chi riceve. Che è quanto,si può dire dalla nascita, quotidianamente sperimenta chi scrive: fi-glia, allieva, docente entusiasta di genitori, insegnanti, studenti chedonando hanno ricevuto e ricevono donando, in un processo chenon avrà mai fine.

15. Conclusione

Si è visto come lo studio delle relazioni mente-corpo necessita diun approccio di natura sistemica, alla luce del quale il cervello è unsistema composto di sistemi reciprocamente interattivi: ogni proces-so mentale ha infatti componenti affettive e cognitive, senso-motorie,viscerali ed endocrine.

Tentare di spiegare il comportamento di una persona dedicando-si solo a descrivere la sua psiche è il medesimo errore di chi pensache basti misurare il livello ormonale o il ritmo cardiaco. Le scienzebiologiche, la psicologia e le scienze sociali sono a lungo vissuteignorandosi reciprocamente: ma i progressi della conoscenza ven-gono dall’integrazione di discipline e non da specializzazioni ecces-sive. Ad es. la biologia molecolare è rafforzata dall’integrazione conla biochimica e con la genetica, tuttavia l’efficacia di tale integrazio-

122

Page 123: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

ne è legata a dividere referenti e concetti ed all’esistenza di formu-le-ponte sufficientemente dimostrate per legare i concetti di uncampo a quelli di un altro.

La comprensione dei fenomeni mentali e comportamentali nonpuò venire che da una sintesi tra le scienze biologiche e sociali, comeappunto dimostra l’applicazione della psicobiologia allo studio dellarelazione di cura.

La complessità delle interazioni fra la psiche ed il corpo è stata se-lezionata dall’evoluzione perché conferisce un vantaggio decisivo al-l’organismo capace di servirsene per affrontare i problemi che incon-tra nell’ambiente circostante. Essa presenta però un rischio: la possi-bilità di disfunzione dei meccanismi di regolazione.

Dunque la sfida è proprio nel cercare di accogliere la complessità,l’intreccio di fisico e spirituale, biologico e psicologico, nell’accetta-zione delle specificità come delle interazioni. Il ragionamento piùpromettente sarà dunque quello basato sull’interdipendenza, in ter-mini di legame e non di opposizione: non questo o quello che rifiuta,contrasta, esclude ma questo e quello. In una prospettiva, senza dub-bio, mindful.

123

Page 124: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

124

BIBLIOGRAFIA

Biondi M., Biologia della relazione e della psicoterapia, relazionepresentata al convegno Neurobiologia dell’esperienza interper-sonale, Roma, Università S. Tommaso, 12-13 settembre,2008.

Bowlby J., Una base sicura, Milano,Cortina, 1983.D’Alessio C., Fenomenologia dell’adolescenza tra normalità e patolo-

gia. Per una psicopedagogia del senso. In rivista Educare, vol.3, ed. Sellino, Avellino, 2008, pp. 61-96.

Donnarumma M.- D’Alessio C., La danza dell’identità, Milano, Gri-baudi, 2008.

D’Alessio C., Perception and action in early development: the role ofempathy. Relazione presentata al Congresso Internazionale“Perception and Action in Early Development”, UniversitàCampus Biomedico, Roma, 11-12-2008. Pubblicato negli attidel medesimo congresso: Pharmachologyonline, 2, 2009.

Doidge N., Il cervello infinito, Firenze, Ponte alle grazie, 2009.Damasio A., L’errore di Cartesio, Milano, Adelphi, 1995.Edelmann G., Sulla materia della mente. Milano, Adelphi, 2000.Freberg L., Psicologia biologica, Roma, Zanichelli, 2007.Gallese V., Magone P., Eagle M.N., La simulazione incarnata: i neu-

roni specchio, le basi neurofisiologiche dell’intersoggettività edalcune implicazioni per la psicoanalisi. Psicoterapia e Scienzeumane, XL (3): 543-580, 2006.

Garrett B., Cervello e comportamento, Roma, Zanichelli, 2005.Gomez Paloma F., Corporeità, didattica ed apprendimento. Le nuo-

ve neuroscienze dell’educazione. Salerno, Edisud, 2010. Grafman J., Christen Y., Evidence for four forms of neuroplasticity.

In Neuronal Plasticity: Building a bridge from the laboratory tothe clinic, Springer-Verlag, Berlin, 1999, p. 131-139.

Page 125: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Kandel E., Psichiatria, Psicoanalisi e nuova scienza della mente, Mila-no, Cortina, 2007.

Kempermann G., Gast D., Gage F.H., Neuroplasticity in old age: Su-stained fivefold induction of hippocampal neurogenesis bylong-term environmental enrichment, Annals of Neurology,2000, 52, 133-134.

Le Doux J., Il sé sinaptico, Milano, Cortina, 2002.Picardi A. et alii, Attachment security and immunity in healthy wo-

men, Psychosomatic Medicine, 2007.Plomin G., Genetica del comportamento, Roma, Zanichelli, 2002.Ridley M., Il gene agile, Milano, Adelphi, 2006.Rizzolatti G., So quel che fai, Milano, Cortina, 2006.Rosenzweig M.R. et alii, Effects of an enriched environment on the

istology of rat cerebral cortex, Journal of Comparative Neuro-logy, 1963, 123,111-119.

Siegel D., La mente relazionale. Neurobiologia dell’esperienza inter-personale. Milano, Cortina, 2001.

Siegel D., Toward an interpersonal neurobiology of the developingmind: Attachment, mindsight and neural integration.In InfantMental Health Journal, 22, pp. 67-94, 2001.

Siegel D., The Mindful Brain, (trad. it: Mindfulness e cervello, Mila-no, Cortina 2009).

Singer T., Seymour B., Odoherty J., Kaube H., Dolan R.J., FrithC.D., Empathy for pain involbves the affective but not thesensory components of the pain. Science, 303, 1156 -1161,2004.

Turnbull O., Solms M., Il cervello e il mondo interno, Milano, Corti-na, 2005.

125

Page 126: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

126

Page 127: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

IVCAPITOLO

I NEURONI SPECCHIO, L’IMITAZIONE, L’EMPATIA E IL LINGUAGGIO

di Irene Minchillo

1. La Scoperta del “Meccanismo Specchio”

Agli inizi degli anni ’90, presso l’Università di Parma, un equipe diricerca, con a capo Giacomo Rizzolatti, conduceva, mediante un gio-vane macaco, una serie di sperimentazioni sulla modalità di funziona-mento dei neuroni specializzati nel controllo dei movimenti della ma-no. Le indagini venivano compiute collegando degli elettrodi, corre-

127

I neuroni specchio possono essere definiti come una specifica classe dicellule nervose, presenti negli uccelli e nei mammiferi tra cui l’uomo,che caratteristicamente si attivano sia quando un soggetto compie unazione e sia quando osserva passivamente un altro (conspecifico e non)realizzare lo stesso atto. In altre parole, si tratta di neuroni visuo-moto-ri che hanno la capacità di simulare il comportamento altrui, dando alsoggetto una comprensione “dall’interno” (Lavazza, 2009). Già all’in-domani delle prime pubblicazioni, non pochi neuroscienziati, filosofi escienziati cognitivi hanno accolto la scoperta dei “neuroni specchio” co-me una delle più interessanti ed eccitanti degli ultimi decenni. Questotipico caso di serendipità, di scoperta fortuita, potrebbe infatti essere lostrumento con cui il cervello di un individuo interpreta ed apprendeazioni ed emozioni altrui. Attualmente il meccanismo innato di rispec-chiamento motorio è al centro del dibattito sull’ empatia, cognizionesociale, origine del linguaggio, teoria della mente, processievolutivi/adattivi dell’uomo e sull’eziologia di alcune patologie, tra cuil’autismo e i disturbi dell’apprendimento (Saragosa, 2010). SecondoRamachandran, i neuroni specchio sono per la psicologia quello che lascoperta del DNA è stato per la genetica (Ramachandran, 2000).

Page 128: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

lati ad un oscilloscopio1, nella corteccia frontale inferiore della giova-ne scimmia: sino a quel momento si pensava che tali neuroni si atti-vassero solo quando la scimmia compiva un’azione in prima personae che la loro attivazione fosse correlata solo a funzioni motorie (D’A-lessio, Minchillo, 2008).

Nell’ambiente laboratoriale erano presenti dei piccoli contenitoripieni di noccioline americane che venivano utilizzate sia come ogget-to di azioni delle scimmie sia come comportamentistica ricompensaper azioni svolte con oggetti diversi.

Nel corso delle varie sperimentazioni, casualmente, un giovane ri-cercatore prelevò dal contenitore una manciata di noccioline e laportò alla bocca. Gli elettrodi dell’elettroencefalogramma2 (EEC) cheregistrava l’attività dei neuroni motori del giovane primate si attiva-rono: la scimmia era immobile e l’oscilloscopio in movimento!

Come mai i neuroni che normalmente si attivavano quando lascimmia era in azione, per esempio quando portava alla bocca un’a-rachide, ora sparavano se a mangiare l’arachide era qualcun altro?(Rizzolatti, Vozza, 2008) Superata la meraviglia iniziale, comincia-rono una serie di esperimenti volti a studiare l’attività dei neuronidella scimmia quando questa, anziché agire, osservava le azioni dialtri soggetti. (Rizzolatti, Vozza, 2008). Nel corso di tali sperimen-tazioni si scoprì che esisteva un gruppo di neuroni motori che si at-tivavano egualmente sia quando una scimmia compiva un’azione inprima persona sia quando osservava la stessa compiuta da altri. Da-ta la loro capacità di attivarsi anche solo per riflessione di azioni al-trui queste cellule della corteccia premotoria sono state battezzate

128

1 L’oscilloscopio è uno strumento di misura elettronico che consente di visua-lizzare, su un grafico bidimensionale, l’andamento temporale dei segnalielettrici e di misurare tensioni, correnti, potenze ed energie elettriche; attra-verso appropriati trasduttori, analizza qualsiasi fenomeno fisico, anche even-ti casuali e non ripetitivi.

2 L’EEC è una tecnica per lo studio dell’attività cerebrale basata su registra-zioni ottenute mediante il posizionamento di elettrodi sul cuoio capelluto(Freberg, 2008).

Page 129: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

con il nome di “neuroni specchio”. Come già per i motoneuronianche i neuroni specchio mostravano una specificità di attivazioneper differenti azioni (neuroni specchio per mano che afferrava,neuroni specchio per mano che strappava, neuroni specchio permano che teneva e via dicendo) ed erano localizzati nelle aree mo-torie e premotorie.

Restava da stabile se lo stesso meccanismo specchio era presentesolo nel macaco o anche in altri esseri viventi tra cui l’essere umano ese era limitato alla sola “funzione motoria mano”.

In effetti, alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, in campo filo-sofico e in campo cognitivista, era stata avanzata l’ipotesi che, percomprendere l’altrui comportamento, il cervello umano dovesse ne-cessariamente utilizzare lo stesso linguaggio neuronale delle azionicompiute in prima persona nel caso di osservazioni di altrui azioni(traduzione di azioni osservate in meccanismi di azioni compiute).

All’ipotesi avanzata mancava, tuttavia, il sostegno di un riscontrobiologico.

Potevano i neuroni specchio, rintracciati nei macachi, rappresen-tare la base biologica del meccanismo di comprensione del compor-tamento osservato, un meccanismo automatico e immediato di “com-prensione motoria” delle azioni degli altri esseri viventi?

2. Il Sistema Specchio e il Cervello Umano

Il gruppo di Parma in collaborazione con l’Istituto San Raffaele diMilano iniziò un esperimento volto ad accertare la presenza di mec-canismi specchio nel cervello umano. Data l’impossibilità di utilizza-re per motivi etici le stesse metodologie utilizzate con le scimmie, siscelse di indagare il cervello umano con misurazioni di tipo indirettoquali le tecniche di neurovisualizzazione o brain imaging. Le tecnichedi neurovisualizzazione o brain imaging consentono di osservare il cer-vello in vivo mente è impegnato in processi diversi quale la lettura, ouna risposta emozionale. Fanno parte delle tecniche di neurovisualiz-zazione la TAC, la PET e la MRI. Nello specifico corso dell’esperi-mento, condotto con l’utilizzo della tomografia a emissione di posito-

129

Page 130: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

130

ni3 (PET), ad alcuni volontari fu chiesto di osservare, “in vivo”, pri-ma una mano che afferrava con modalità diverse alcuni oggetti, poi,gli stessi oggetti fermi, senza alcuna mano che entrasse in azione.Grazie all’utilizzo della PET furono evidenziate tre aree della cortec-cia motoria che si attivavano quando gli oggetti venivano afferrati dauna mano e che non si attivavano con i soli oggetti statici. Le tre areeerano la porzione rostrale anteriore del lobo parietale inferiore, il set-tore inferiore del giro pre-centrale, il settore posteriore del giro fron-tale inferiore. In taluni esperimenti si osservavano attività anche inun’area del giro frontale inferiore e nella corteccia pre-motoria (Riz-zolatti, Sinigaglia, 2006). Le aree evidenziate erano tutte coinvolte nelcontrollo delle strategie del movimento della mano (Freberg, 2008) erisultavano contigue e/o in parziale sovrapposizione all’area di Broca.Già in questa fase quindi risultava evidente che il circuito specchioavesse a che fare con il “significato del movimento” essendo coinvoltesia la corteccia parietale, ove si decide un movimento, sia l’area pre-motoria, ove in parte un movimento viene pianificato integrando i se-gnali motori con quelli provenienti dal talamo e dai gangli della base,sia la corteccia motoria primaria, deputata al controllo di singoli seg-menti corporei. L’esecuzione del movimento non aveva luogo inquanto non risultava coinvolta né la corteccia prefrontale, sede del si-stema esecutivo, né la via laterale che trasmette i segnali dalla cortec-cia motoria primaria ai motoneuroni spinali avviando così le contra-zioni muscolari (Freberg, 2008). Inoltre il coinvolgimento dei ganglidella base, strutture coinvolte nel controllo motorio, data la loro stret-ta interconnessione con l’amigdala, faceva presagire un qualche ruolonell’attivazione dei neuroni specchio anche del sistema emotivo.

L’insieme delle aree coinvolte venne chiamata “sistema dei neuronispecchio” (Mirror Neuron System, MNS) o più semplicemente “siste-ma specchio”. Dal punto di vista funzionale esso formava un circuito

3 La PET è una tecnica di visualizzazione che fornisce informazioni sulla loca-lizzazione dell’attività cerebrale misurando l’attività metabolica del cervello(Freberg, 2008).

Page 131: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

integrato che svolgeva un ruolo chiave nei processi di comprensionedel comportamento degli altri. La funzione primaria del sistema ven-ne chiamata “matching function” e consisteva nell’accordare le rap-presentazioni visive delle azioni con le corrispondenti rappresenta-zioni motorie (Umiltà, Kohler, Gallese, Fogassi, Fadiga, Keysers, Riz-zolatti G., 2001).

Quindi anche la corteccia umana era dotata di un meccanismospecchio, simile a quello individuato nella scimmia, che si attiva inseguito all’osservazione di azioni altrui con oggetti (Rizzolatti, Voz-za, 2008).

Successive sperimentazioni condotte con l’ausilio della risonanzamagnetica funzionale (fMRI)4 precisarono, circa l’attivazione dellacorteccia motoria, che il meccanismo specchio si aveva anche per al-tre parti del corpo (mani, piedi, bocca, ecc.) e con attivazioni neuro-nali che risultano essere specifiche per le diverse parti corporali. Leattivazioni delle aree corticali in corrispondenza di azioni osservateerano coerenti con l’homunculus5 motorio.

Ulteriori sperimentazioni condotte da Giovanni Buccino e altrinel 2001 mostrarono come, nell’essere umano, l’attivazione del siste-ma specchio non si verificasse solo per movimenti del corpo legatead azioni transitive, diretti ad oggetti, ma rispondesse anche ad azio-ni intransitive, non dirette ad oggetti, ed ad azioni mimate (Rizzolat-ti, Sinigaglia, 2006). Le attivazioni neuronali potevano aversi anchein presenza di azioni transitive, intransitive e mimate esperite me-diante filmati.

131

4 La fMRI è una tecnica che consente di visualizzare l’attività del cervello (learee cerebrali di maggiore e minore intensità) utilizzando una serie di imma-gini prese a determinati intervalli di tempo, immagini che riescono a moni-torare le variazioni dell’ossigeno e del flusso sanguigno nel cervello (Freberg,2008).

5 L’Homunculus è una mappa a forma di “omuncolo” che rappresenta sullacorteccia sensoriale o motoria le diverse parti del corpo e le estensioni corti-cali relative (Freberg, 2008).

Page 132: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

La ricerca mostrava, in tal modo, che la scoperta dei neuroni spec-chio andava ben al di là di un significato meramente motorio. Inol-tre, la capacità di attivazione per azioni intransitive mimate si rivelavapeculiare dell’essere umano (specie specifiche). L’intero repertorio diattivazione delle aree celebrali si verificava anche quando la conclu-sione dell’azione, sia essa transitiva che intransitiva, sia mimata chenon, era nascosta all’osservatore mostrando una certa capacità diastrazione del sistema specchio.

Marco Tettamanti e altri colleghi nel 2005 si interrogarono sindove si spingesse tale capacità di astrazione del sistema specchio.Con l’utilizzo della fMRI registrarono l’attività corticale di alcunivolontari che ascoltavano frasi che descrivevano azioni effettuatecon la bocca, la mano o la gamba. I risultati misero in evidenzauna attivazione correlata di aree della corteccia premotoria speci-fiche per l’azione motoria descritta e di parti dell’area di Broca. Irisultati conseguiti da Marco Tettamanti potrebbero rappresenta-re la conferma di una stretta contiguità neurofisiologica ed evolu-tiva tra la mimesi gestuale ed l’articolazione linguistica, ipotesi giàavanzata da Giacomo Rizzolatti e Michael Arbib dalla fine deglianni ’90.

In un articolo comparso su Le scienze nel Luglio 2009 Lavazza ri-portava la notizia (ultimo di una lunga serie) della pubblicazione deirisultati conclusivi di una ricerca sui neuroni specchio nell’uomo,condotta da un gruppo guidato da Alfonzo Caramazza e apparsa sul-la versione on line dei “Proceedings of National Academy of Science”,che non aveva evidenziato alcuna prova dell’esistenza di una mecca-nismo specchio nell’essere umano.

In effetti, nel corso degli anni sono nate numerose controversie,nel mondo accademico, sulla effettiva esistenza o meno dei neuronispecchio nell’uomo, sulla loro organizzazione, sul loro ruolo e sul lo-ro coinvolgimento in funzioni cognitive quali ad esempio la com-prensione delle azioni, l’apprendimento, il linguaggio.

Le animate discussioni si originano nella difficoltà di dare una di-mostrazione certa della loro presenza nel cervello umano; per motivietici è possibile dedurre la loro effettiva esistenza solo in maniera in-

132

Page 133: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

diretta, con tecniche quali l’elettroencefalografia6 (EEG) o la tecni-che di neurovisualizzazione, che visualizzano l’attività di intere areecerebrali.

Saragosa nel numero di giugno del 2010 di “Le Scienze” riporta lanotizia di uno studio che avrebbe individuato in maniera diretta l’esi-stenza di queste cellule nel cervello umano. Un equipe con a capoFried e composta da vari ricercatori (tra cui l’italiano Iacoboni),presso l’Università della California, afferma di aver rintracciato sin-goli neuroni specchio nell’uomo realizzando una mappa della lorodiffusione.

Per addivenire a questo risultato, il gruppo ha approfittato dellanecessità di inserire degli elettrodi nel cervello di 21 persone epiletti-che per determinare l’eziologia del loro disturbo.

Dalla ricerca è emerso che la percentuale di neuroni specchio nel-l’essere umano, rispetto ai macachi, è molto superiore e meglio distri-buita. La loro presenza, inoltre, sarebbe stata rintracciata anche nellacorteccia visiva, nella corteccia frontale mediale deputata a seleziona-re i movimenti, e nella corteccia temporale mediale legata alla memo-ria (Saragosa, 2010).

3. L’Attribuzione di Significato

Dall’insieme delle sperimentazioni risulta evidente che il sistemaspecchio innanzitutto consente ad un individuo, e in una certa misu-ra ad una scimmia antropomorfa, di comprendere le azioni altrui invirtù del fatto che le stesse vengono rappresentate, nei propri circuiticelebrali, come se venissero eseguite in prima persona (traduzione diazioni osservate in meccanismi di azioni compiute).

La capacità di comprensione dell’azione altrui si conserva anche

133

6 L’EEC è una tecnica per lo studio dell’attività cerebrale basata su registra-zioni ottenute mediante il posizionamento di elettrodi sul cuoio capelluto(Freberg, 2008).

Page 134: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

in caso di informazioni parziali, di azioni parzialmente visibili. Il si-stema specchio è, quindi, un meccanismo di comprensione e previsio-ne motoria (anticipazione di schemi motori). Per sperimentazioni ef-fettuate parallelamente con macachi ed essere umani, si è visto chetale capacità è presente sia nell’essere umano che nel macaco. Esisto-no, però, delle differenze quanti-qualitative tra le due specie. La ca-pacità di previsione motoria è presente nel macaco solo quando os-serva parziali azioni correlate con il cibarsi (afferrare il cibo, rompereuna nocciolina) o con un pericolo ambientale (input auditivi quale ilsuono di un foglio stracciato), mentre nell’uomo il range di attivazio-ne per previsione è più ampio e investe anche la cosiddetta sfera so-ciale. Sia la comprensione che la previsione motoria sono accompa-gnati nella scimmia da un pattern metabolico di espressione genico-motoria (mimica facciale, contrazione muscolare degli arti superiori einferiori) parzialmente assente nell’uomo, ad eccezione dei casi di uncerto coinvolgimento emotivo (azioni legate al cibarsi in un osservato-re affamato). La maggiore espressione delle vie metaboliche del mo-vimento nel macaco rispetto all’uomo potrebbe essere legata a delledifferenze nella corteccia prefrontale, a delle differenze nei sistemiesecutivi. L’attivazione delle stesse nell’uomo nel caso di un coinvol-gimento emotivo farebbe presumere, attraverso i gangli della base, uncollegamento tra il sistema limbico e il sistema specchio. L’attivazio-ne positiva del sistema limbico avrebbe, quindi, nell’uomo, l’effettodi una soppressione dei sistemi esecutivi con il conseguente passag-gio da una semplice traduzioni di azione osservate in azioni replicate.In altri termini l’essere umano tende, in misura maggiore rispetto almacaco, ad osservare – traducendo in circuiti celebrali – ciò che locirconda; la sfera corporale si attiva solo quando è sostenuta di buongrado dal sistema limbico con la conseguente disattivazione dei siste-mi inibitori e attivazione di un repertorio di atti motori percettibilireplicanti quanto osservato. Nel caso del macaco l’osservazione è piùselettiva già dall’inizio (correlazione iniziale “sistema emotivo”) e latraduzione in atti motori più immediata.

Le registrazioni delle attivazioni celebrali hanno mostrato che, sianel caso di azioni visibili o parzialmente visibili, non si assiste ad unasusseguente attivazione di circuiti celebrali rispetto agli atti motori

134

Page 135: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

osservati, piuttosto ad una anticipazione degli stessi. Si è visto, inol-tre, che, pur in un apparente identità iniziale di atti motori (afferrareper bere e afferrare per riordinare), il sistema specchio sa distinguerel’intenzionalità, il perché dell’atto stesso, mostrando diversi gradi diattivazione. Ad un gruppo di persone sono stati mostrati due filmati:nel filmato A veniva mostrata una tavola imbandita per la colazione euna mano che afferrava la tazza dal manico e nel filmato B una tavolain disordine e una mano che afferrava la stessa a palmo aperto. En-trambi i filmati erano privi della conclusione motoria dell’azione.L’attivazione fMRI ha mostrato la capacità del sistema specchio didistinguere l’intenzionalità dell’atto motorio, gli obiettivi e le moti-vazioni dell’azione (prendere la tazza per bere e prendere la tazzaper riordinare): i segnali cerebrali erano gli stessi che venivano regi-strati nel caso di osservazione dell’intera azione. Probabilmente l’os-servazione di azioni anche parziali ma appartenenti ad un repertoriomotorio acquisito degli osservatori, inserite in specifici contesti,“sparano” per catene di neuroni sequenziali corrispondenti ai movi-menti più idonei, più probabili, in quel contesto: per bere afferro latazza dal manico, mentre per riordinarla la agguanto a palmo aper-to; e se per compiere un’azione scelgo dal mio repertorio cerebraleuna determinata catena di atti motori che corrisponde alla scopodella mia azione in quel contesto, quando osservo la medesima azio-ne nei movimenti di un altro il mio cervello opera la stessa cernieralogica (Rizzolatti, Vozza, 2008). Infatti, la capacità di comprensionedell’intenzionalità veniva meno quando agli osservatori si mostrava-no filmati con schemi motori non acquisiti. Poiché la capacità del-l’essere umano di leggere gli obiettivi e le motivazioni che stannodietro un atto motorio altrui dipenderebbe dal repertorio motorioacquisito, se ne può dedurre che la comprensione immediata ed au-tomatica del mondo motorio circostante è direttamente proporzio-nale al grado di esperienza.

Cosa succede quando ci si ritrova ad osservare comportamenti mo-tori che non appartengono alla propria specie come ad esempio l’ab-baiare di un cane o lo schioccare le lebbra di una scimmia? In unostudio di risonanza magnetica funzionale alcune persone hanno guar-dato filmati in cui si vedevano comportamenti conspecifici e non.

135

Page 136: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

L’osservazione del mordere del cibo ha determinato un’attivazionedelle regioni specchio dei soggetti sia che a compiere un’azione fosseuna scimmia un cane o un essere umano; l’osservazione della scimmiache schioccava le labbra o del cane che abbaiava hanno stimolato soloil sistema auditivo e visivo ma non quello motorio delle tre specie(Rizzolatti, Vozza, 2008). I risultati suggeriscono che l’essere umanoriconosce e comprende le azioni degli altri attraverso due meccanismineuronali, uno che riesce ad appaiare, lungo circuiti celebrali, l’azioneosservata con l’azione posseduta dall’osservatore, l’altro basato sul ra-gionamento o su processi cognitivi di ordine superiore. Solo nel pri-mo caso si ha però una conoscenza intima del significato dell’azionemotoria in quanto l’atto osservato sembra proprio uscire dal medesi-mo stampo di un atto già eseguito dall’osservatore!

4. L’Imitazione e l’Empatia

I Neuroni Specchio sono coinvolti sia nei processi imitativi chenei processi empatici. Il ruolo è tale che stanno “costringendo” nonpochi psicologi cognitivisti a rivedere la posizione che occupa il siste-ma motorio nell’impalcatura della mente.

Il sistema specchio è coinvolto anche nei processi imitativi, ovveronei processi in cui l’osservatore deve apprendere una sequenza dischemi non appartenenti al suo repertorio motorio.

Per comprendere il ruolo dei neuroni specchio nei processi imita-tivi è bene precisare cosa si intende per imitazione.

Comunemente si dice che, se si osserva una persona ridere o sba-digliare, si tende ad imitarla. La tendenza a riprodurre ciò che altrifanno, senza averne spesso neanche una comprensione conscia, è unmeccanismo evolutivo presente in molte specie animali. Questo tipodi replicazione automatica di atti motori – che soggiace ad un sistemaspecchio -prende il nome “facilitazioni di risposta” ed ha, per lo più,un significato di “salvavita”. Anche nella specie umana sono presentiprocessi imitativi automatici e involontari quali lo sbadiglio, il riso, ilpianto e la riproduzione involontaria delle espressioni facciali. Nel-l’evoluzione della specie umana questi processi cerebrali, non sogget-

136

Page 137: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

ti al controllo della corteccia prefrontale, si sono conservati ed evi-denziati in quanto predispongono un neonato alle relazioni sociali eall’apprendimento linguistico. I casi di imitazione dovuti ad una faci-litazione di risposta non sono dei veri processi imitativi in quantonon comportano un apprendimento volontario di sequenze motorienuove. Nei processi imitativi deve esserci un individuo che vuole ri-petere volontariamente un gesto osservato nuovo.

Spesso, impropriamente, con il termine imitazione ci si riferisceanche alla replicazione volontariamente di movimenti che già si co-noscono (io alzo un braccio, tu alzi un braccio). Sottoponendo a spe-rimentazione quest’attività, Iacoboni et al., presso il laboratorio diquest’ultimo a Los Angeles, hanno verificato che essa è soggetta al si-stema specchio (replicazione di un comportamento motorio ascrivi-bile al patrimonio di conoscenze già acquisite dell’osservatore).

L’imitazione propriamente detta è, invece, l’esecuzione volontariadi comportamento motorio osservato e non conosciuto ed è un pro-cesso apprendivo: il bambino che passa dalla fase di gattonamento aquella di deambulazione.

Le basi neurali dell’apprendimento per imitazione erano pratica-mente sconosciute, sino a quando Buccino, Vogt et al. nel 2004, pres-so un centro di ricerca tedesco e mediante l’uso della fMRI, non pre-sero in esame i circuiti neurali sottostanti all’apprendimento imitati-vo delle azioni della mano. Nello specifico chiesero ad alcuni volon-tari, che non avevamo mai suonato la chitarra, di osservare un chitar-rista mentre suonava. La sperimentazione riguardava, quindi, l’osser-vazione degli accordi che sulla chitarra venivano eseguiti dalle ditadel musicista e, dopo una pausa, la loro successiva esecuzione. Laprima parte dei risultati della sperimentazione furono in linea conquanto atteso: le aree attivatesi durante l’osservazione degli accordierano quelle già note per essere coinvolte nella comprensione delleazioni altrui (lobo parietale inferiore, parte posteriore del giro fronta-le inferiore e corteccia premotoria adiacente). Il dato sperimentalenuovo veniva fuori dalla pausa. Infatti le aree che precedentemente sierano attivate rimanevano tali (una sorta di ripetizione mentale degliaccordi/neuroni da eseguire), ma si attivava anche il giro frontale me-dio (area 46) e le strutture coinvolte nella pianificazione dei movi-

137

Page 138: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

menti e della memoria (corteccia premotoria dorsale, lobo parietalesuperiore, area rostrale mediale).

Venne proposto, date le caratteristiche funzionali dell’area 46, unmodello di apprendimento per imitazione basato proprio sulle inte-razioni tra questo settore e il sistema dei neuroni specchio (BuccinoG., Vogt S., Ritzl A., Fink G. R., Zilles K, Freund H., Rizzolatti G.,2004). Quando un discente osserva il maestro eseguire degli accordisulla chitarra, le immagini percepite vengono elaborate dal sistemaspecchio che produce una rappresentazione motoria interna all’azio-ne stessa. Più precisamente, la rappresentazione visiva dell’azione èscomposta nei suoi circuiti elementari, che trovano un riscontro insegmenti già presenti nel repertorio cerebrale degli atti motori. I varisegmenti sono quindi assemblati, organizzati, nell’ordine necessario apermettere l’esecuzione fluida e armonica dell’azione da imparare.Questo assemblaggio è compiuto dall’area 46 (Rizzolatti, Vozza,2008); la ricostruzione, comunque, spiega solo una parte dei processidi apprendimento per imitazione, che coinvolgono ovviamente anchealtre funzioni cerebrali quali la memoria e l’attenzione. Si sa , però,che eventuali lesioni all’area 46 provocano deficit nella formazione dimemoria a breve termine di tipo automatico (sia di richiamo che dineoformazione) e deficit nella capacità di selezione dall’ambiente cir-costante gli elementi rilevanti.

Il dato sperimentale di un cervello a riposo ma che mostra un altolivello di attività è in linea con uno studio sulla funzionalità del cer-vello condotta da un team di ricerca diretto da Raichle, presso l’Uni-versità di Washington, i cui risultati sono stati pubblicati su Le Scien-ze nel 2010. Secondo questo studio il cervello conserva un livello diattività persino quando lo si suppone a riposo.

In realtà compiti quale la lettura richiedono un’aggiunta minimadi energia, un incremento non superiore al 5 per cento rispetto aquella già consumata durante lo stato basale. Per capire il perché diquesta incessante “attività di fondo”, nel suo articolo, Raichle utilizzala metafora dell’orchestra sinfonica: durante la fase che precede l’ese-cuzione di un concerto ciascun strumentista singolarmente accorda ilproprio strumento, prova qualche passaggio, se mai quello che haappena imparato, quello che non è ancora perfettamente eseguito; i

138

Page 139: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

violinisti eseguono assieme un breve passaggio, si ascoltano recipro-camente, si raccordano tra loro e così fanno anche i bassi e tutte glialtri componenti dell’orchestra, pronti a percepire il segnale che arri-verà dall’esterno, il segnale che il direttore sta entrando in scena.

Nei processi di apprendimento per imitazione, devono esistere deimeccanismi di rimozione dell’inibizione dei movimenti osservati; secosì non fosse passeremmo il tempo a ripetere internamente tutte leazioni che osserviamo durante il giorno. Ancora una volta eventualilesioni all’area 46 causano difficoltà nella inibizione delle risposte.

Pur con tutti i suoi limiti, i risultati della ricerca condotta in Ger-mania comprovano il fondamentale coinvolgimento del sistema spec-chio dell’apprendimento per imitazione.

Infine, i dati sperimentali, hanno mostrato che i tempi di produ-zione di una esecuzione fluida e armonica dell’azione si accorciavanoquando nel repertorio cerebrale degli atti motori del volontario era-no presenti, per esperienza, un numero maggiore di segmenti similaria quelli da eseguire.

Uno degli aspetti fondamentali del comportamento umano è lapercezione interna del significato delle azioni degli altri insieme allapercezione dell’emotività che accompagna l’azione osservata. Attra-verso questa internalizzazione dell’altro è possibile entrare in unacondizione di “en pathos”, di empatia. L’uomo in quanto animale so-ciale deve molto della sua sopravvivenza, ancestrale e odierna, allasua capacità di comprendere, valutare e anticipare gli stati emotivi al-trui, di entrare in relazione empatica con l’altro.

Vittorio Gallese, in un saggio apparso sulla Rivista di Psicoanalisinel 2007, definisce l’empatia come la dimensione implicita della ca-pacità intersoggettiva di trasferire significati da una persona all’altrautilizzando il corpo come veicolo di questo trasferimento, sia dalpunto di vista dell’espressione del significato, che da quello della ca-pacità di decodificarlo quando ne siamo spettatori.

Nel corso della storia del pensiero umano ci sono stati vari tentati-vi di definire le modalità di questo trasferimento di significato che èdi tipo antepredicativo, pre-verbale ed implicito.

Fino alla scoperta dei neuroni specchio si pensava che la capacitàdi comprensione degli stati mentali-emotivi altrui fosse di tipo logi-

139

Page 140: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

co-deduttivo: se vediamo una persona piangere possiamo immagina-re il dolore che quella persona sta provando attraverso una deduzio-ne razionale. La dimensione razionale non restituiva, però, una esau-stiva he spiegazione circa l’emozione altrui provata.

Uno studio sulla reazioni di disgusto, condotta da Wicker et al.nel 2003, ha dimostrato che l’osservazione di una emozione, in un’al-tra persona, può determinare in chi l’osserva l’attivazione della me-desima regione corticale che è attiva quando l’osservatore provaquell’emozione in prima persona.

Il disgusto è un emozione molto forte e utile nella sopravvivenzadegli esseri umani perché indica che la sostanza che viene assaggiata(o annusata) è cattiva, dannosa, potenzialmente pericolosa. Solita-mente, ad esempio, una reazione di disgusto ad un determinato ali-mento in un bambino in fase di svezzamento è indice di intolleranzaalimentare.

Wicker et al., con l’ausilio della fMRI, sottoposero ad un esperi-mento “di disgusto” alcuni volontari, Fu chiesto loro di annusare so-stanze dall’odore sgradevolissimo e, successivamente, di osservaredelle immagini in cui si vedevano volti di persone dall’espressione di-sgustata (dalle medesime sostanze). In entrambi i casi le aree corticaliattivate risultarono le stesse: l’insula anteriore e il cingolo rostrale.

Esiste, quindi, nel cervello umano un meccanismo simile a spec-chio? Capiamo le emozioni degli altri, e con essi empatizziamo, evo-cando la medesima attività neurale associata alle nostre equivalentiemozioni?

Nel caso della comprensione delle azioni e delle intenzioni i cir-cuiti cerebrali associati all’osservazione e all’esecuzioni di atti motorisono gli stessi.

Nel caso invece della reazione di disgusto l’estensione dei mecca-nismi neuronali e funzionali al dominio delle emozioni e dell’empatianon è diretto, in quanto le aree fino ad oggi identificate come "spec-chio" appartengono ad un circuito fronto-parietale che generalmentenon è associato al sistema libico delle emozioni.

D’altra parte, però, è innegabile che le azioni osservate hanno uncorrelato emotivo e chi osserva l’esecuzione dell’azione partecipa em-paticamente con l’esecutore (Ammanniti, Gallese, Lenzi, Muratori,

140

Page 141: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Pantano, 2005). Inoltre, il pattern di neuroni scarica nelle stesse areecerebrali sia nel caso dell’emozione vissuta in prima persona, sia nelcaso della stessa emozione osservata. Infine Carr et al., nel 2002, han-no dimostrato che il sistema limbico quando si genera empatia, rice-ve informazioni dal circuito "specchio" fronto-parietale attraversouna area disgranulare dell’insula che connette le aree limbiche con lacorteccia fronto-parietale, parietale posteriore e temporale superiore.

Sembrerebbe, quindi, che l’insula giochi un ruolo nella genesi del-l’equivalente affettivo dell’azione osservata e che agisca come stazio-ne di passaggio tra le corteccie frontali e le strutture limbiche, rap-presentando quindi una possibile via di risonanza empatica.

In effetti lesioni funzionali od anatomiche (infarto localizzato)di questo circuito possano alterare le capacità di un individuo dientrare in relazione empatica con le situazioni e con le persone chesta osservando.

In merito all’empatia, un interessante ponte tra neuroscienze efilosofia è rappresentato dalle riflessioni di Laura Boella presentinel libro “Sentire l’Altro - Conoscere e praticare l’empatia” pubbli-cato nel 2006 e in una intervista rilascia testata scientifica “Brain-factor” nel 2009.

Il libro prende l’avvio dalla fenomenologia husserliana: la certezzache la realtà fuori di noi esista e che non sia semplicemente un fanta-sma, un’allucinazione, un punto di vista soggettivo, deriva, dicevaHusserl, dallo scambio di esperienza con altri che, come noi, perce-piscono, sia pure in forme diverse, lo stesso mondo. L’accesso allarealtà del mondo esterno è garantito dunque non solo dalla percezio-ne delle cose, ma anche dall’atto che ci restituisce l’esistenza degli al-tri e le loro prospettive: l’empatia. Il libro continua ponendo l’atten-zione sulle dissertazioni di Edith Stein che mirano a chiarire l’essenzadell’atto che sta alla base di tutte le forme attraverso le quali ci acco-stiamo a un altro: quell’atto è l’empatia. Questa mette in contattocon un’emozione altrui, dolorosa o di altro tipo, ma non è identifica-bile con la partecipazione emotiva, la condivisione di un affetto ocon altre forme particolari di comunicazione con gli altri. Piuttostol’empatia è la via che ci consente di accedere all’intera persona del-l’altro, il termine che indica l’ambito di esperienza entro il quale si

141

Page 142: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

danno le molteplici forme del sentire l’altro, a rendersi conto di ciòche sente, a viverlo con intensità pur sapendo che è suo e non nostroma provandolo come se fosse in-comune. Non una qualche stranaidentificazione nell’altro, ma una forma di accesso alla realtà vissutadi un altro essere umano con la creazione di una realtà co-condivisa,una percezione plurima che diviene il terreno del certo, del vero.

L’empatia diviene, quindi, l’acquisizione emotiva della realtà delsentire altrui e si configura come l’esperienza di un altro in quantosoggetto vivente di esperienza di me. Essa è ciò che restituisce la veri-tà della realtà in sostituzione della visione di tante intrapersonali per-cezioni del mondo esterno dell’io soggettivo. Nella relazione con l’Al-tro, l’Io del soggetto che percepisce rimane in seconda posizione, nonvi è più la divisione tra un Soggetto, primo attore, ed un Oggetto dellarelazione. Siamo in presenza di due soggetti che interagiscono, nellacertezza che la realtà di entrambi viene com-presa, presa insieme.

Lungi dall’essere equivocata con la simpatia, con la compassione,con l’identificazione o con il contagio emotivo, e tanto più dall’essercostretta in una teoria della mente, l’empatia si radica nel presuppo-sto imprescindibile dell’ essere-in-relazione della specie umana ed ècondizione stessa della relazione intersoggettiva.

La corporeità ha un ruolo decisivo nell’emozione dell’incontro,perché è tutto il corpo che vive qualcosa che assomiglia all’esperien-za dell’altro in prima persona, che ha tutta l’intensità del sentire, cheè guidata interamente dal vissuto dell’altro, che ne segue il decorso,ne assume il contenuto. È tutto il corpo che rende possibile il “met-tersi nei panni dell’altro” (Boella, 2006).

Senza un’originaria associazione corporea, senza un meccanismodi tipo organico che permette di “accoppiare” ciò che si sente e si sain prima persona a ciò che si vede e si sente nell’altro, non potrebbenascere nessun desiderio o curiosità di esplorare il mondo dell’altro.Il sistema specchio parla di un meccanismo neurobiologico di rispec-chiamento o di risonanza tra aree corrispondenti all’originario diret-to legame intercorporeo tra esseri che fanno parte di un mondo co-mune. Da solo il sistema specchio non è esaustivo della complessitàdel fenomeno, sicuramente sulla scena della relazione e della com-prensione dell’altro è all’opera una complessa architettura neuronale,

142

Page 143: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

in cui memoria e immaginazione hanno una loro cospicua parte(Boella, 2006).

I numerosi studi sull’empatia del dolore, quali quelli di Singer,hanno mostrato che altre aree, oltre al sistema specchio, hanno unaloro rilevanza e, in ogni caso, il processo di “assunzione” dell’altropuò non essere totale (vedo che ti taglio il dito, provo dolore, ma nonnella stessa misura) e presupporre un sistema di inibizione dell’azio-ne specchiante e/o di modulazione delle emozioni e/o di autoregola-zione corporea fondamentale per la conservazione – integra – di unsenso di sé. Tuttavia sono sicuramente ricollegabili a processi empati-ci di tipo specchio, automatico e involontario, fenomeni sia indivi-duali, sia istintivo-naturali, sia storico-collettivi quali il contagio emo-tivo, la simbiosi madre-neonato, nonché fenomeni anche contempo-ranei come il “fare corpo” di un gruppo-branco, di una massa (LauraBoella, 2006).

Ammanniti, Gallese, Lenzi, Muratori, Pantano hanno appena por-tato a termine, presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapien-za”, una ricerca mirante a stabilire quando si formano i meccanismiempatici. Partendo dalle osservazioni di Lorentz (nei mammiferi laprima interazione empatica è con la propria madre), il focus della ri-cerca, con approccio riduzionistico, è stato rivolto al primo periododi vita di un individuo ed alle interazioni tra madre e figlio.

Sicuramente la pubblicazione dei loro risultati potrà chiarire moltidei meccanismi empatici rimasti sin’ora insoluti.

4.1 Il Neurorazzismo empatico

Un gruppo italiano di ricerca, guidato da Salvatore Aglioti, dell’U-niversità “la Sapienza” di Roma, si è chiesto se il pregiudizio razzialepotesse influenzare il grado di empatia verso il dolore altrui.

Quando una persona avverte dolore in una determinata zona, icircuiti corticali e spinali che rappresentano quell’area divengonomeno eccitabili. Lo stesso accade osservando il dolore altrui. Si trattadi una forma di empatia molto basilare, che non riguarda tanto i cir-cuiti cerebrali superiori ma quanto i circuiti sensitivi e motori (Saba-to, 2010).

143

Page 144: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Il gruppo di ricerca di ricerca di Aglioti ha messo a punto unesperimento molto semplice per stabilire se un eventuale pregiudiziorazziale potesse influire su tale meccanismo specchio basilare. È statochiesto ad un gruppo di persone di etnia bianca e di etnia nera di os-servare l’immagine di un ago che pungeva la mano del proprio o del-l’altro gruppo etnico. Ai fini dell’esperimento, l’eccitabilità è statamisurata somministrando stimoli alla corteccia motoria con la tecnicadella stimolazione magnetica transcranica e verificando la reazionedei muscoli da essa controllati (Sabato, 2010). I risultati hanno mo-strato gradi di eccitabilità diversi a seconda se l’ago pungeva unamano “bianca” o “nera”. In altre parole ciascun gruppo mostravauna forte reazione al dolore di membri del proprio gruppo, mentrela condivisione del dolore dell’altro gruppo risultava piuttosto scar-sa. Una minore familiarità dell’aspetto, ostacolo a processi di imme-desimazione, poteva essere alla base dell’indifferenza mostrata. Perverificare questa ipotesi i ricercatori hanno sottoposto il gruppo divolontari ad un test in grado di rilevare i pregiudizi inconsapevoli(lo IAT). Pur dichiarando tutti i volontari di essere esenti da pre-giudizi razziali, il test ha rilevato che molti invece ne erano affetti.Chi aveva più pregiudizi mostrava una minore reazione al doloredell’altrui gruppo e viceversa. A verifica ulteriore ad entrambi igruppi sono state mostrate delle mani viola: pur dichiarando chel’immagine era percepita come poco familiare, la reazione è stata ditipo intermedio. I risultati della sperimentazione, quindi, non sonotanto da ascriversi a processi di mancata immedesimazione maquanto a pregiudizi razziali.

La scarsa empatia verso non appartenenti al proprio gruppo etni-co non è una necessità ineluttabile inscritta nella nostra psiche. È ve-ro che l’immedesimazione è maggiore verso chi si riconosce comepiù simile, ma è possibile condividere il dolore anche di un perfettoestraneo se non si applicano stereotipi negativi (Sabato, 2010). Il fat-to che i volontari che hanno avuto una reazione simile in entrambi icasi della prima fase della sperimentazione (mano bianca e mano ne-ra) ed intermedia nella seconda fase (mano viola), dichiarassero di es-sere vissuti in ambienti aperti alla diversa alterità, mostra che non sitratta di processi automatici ma piuttosto soggiacenti all’esperienza e

144

Page 145: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

alla categorizzazione sociale espressa dall’ambiente di appartenenza.In ogni caso la categorizzazione sociale influenza la nostra mente adun livello molto più profondo di quanto si fosse ritenuto sin’ora, in-fluenzando fortemente il processo di circuiti neurali “imprinting” eprocessi neurali di scarica.

5. Il Linguaggio

Il linguaggio verbale rappresenta una delle espressioni più altedell’uomo ed è sicuramente lo specchio delle sue abilità cognitive. Lacomunicazione fra individui conspecifici è sicuramente presente nelmondo animale ma il linguaggio umano è qualcosa di completamentediverso, un “dono” che consente con semplicità di comunicare, mani-festare, condividere i propri pensieri, le proprie emozioni, le propriesperanze con altri esseri umani.

Nel corso dei secoli sono stati fatti vari tentativi di produrre unmodello teorico sulle origini evolutive del linguaggio verbale ma nes-suno di questi ha dato sufficiente ragione delle peculiarità del lin-guaggio.

La scoperta dei neuroni specchio ha aperto nuovi interessanti sce-nari sulle origini e sullo sviluppo evolutivo del linguaggio verbale nel-la specie umana. Dagli ambienti pro-specchio, con sempre più forza,è avanzata l’ipotesi che, sulla base delle specifiche funzioni dei neu-roni specchio, il linguaggio verbale si sia evoluto da forme arcaichedi comunicazione gestuale.

Da un punto di vista concettuale, la visione secondo la quale il lin-guaggio verbale si sia evoluto a partire dalla comunicazione gestualenon è nuova, era già stata avanzata, ad esempio, nel Settecento dal fi-losofo francese Condillac7. La novità accademica è la messa appunto

145

7 Secondo tale filosofo il primo sistema di comunicazione che utilizzarono inostri antenati si basava sui gesti; successivamente e progressivamente aigesti sarebbero stati associati i suoni che avrebbero acquisito, in seguito, unruolo dominante formando il linguaggio verbale.

Page 146: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

da parte di due studiosi, Rizzolatti e Arbib, di un modello interpreta-tivo, a base specchio, coerente con i dati sperimentali che stanno viavia emergendo dalla ricerca neuroscientifica.

Caratteristicamente si definisce linguaggio una forma di comuni-cazione dotata di una grammatica e di una sintassi, dunque capace diorganizzare una relazione tra emittente e ricevente attraverso regole estrutture codificate. Se si prende in esame il termine comunicazione– processo di scambio di informazioni tramite un meccanismo condi-viso – il linguaggio non è l’unica forma di comunicazione. Infatti, tragli esseri umani e non, è possibile comunicarsi informazioni anchetramite gesti, postura, espressioni facciali, contatti oculari e movi-menti della testa e del corpo. Tuttavia definiamo linguaggio solo ciòche è codice.

Un codice linguistico, come ha dimostrato Ursula Bellugi con isuoi studi sull’ASL (American Sign Language), non richiede neces-sariamente la componente vocale. L’Asl, il linguaggio dei nonudenti, come il linguaggio verbale è un codice, dotato di una suagrammatica e di una sua sintassi, che attiva le stesse aree celebralidegli udenti.

Gli studi della Bellugi hanno messo in evidenza una certa predi-sposizione della specie umana di codificare informazioni attraverso lagestualità e rilanciato, con forza, l’ipotesi dell’origine gestuale del lin-guaggio. La tesi oppositiva ritiene che il linguaggio si sia evoluto apartire dai versi emessi dai primati con funzione di richiamo verso unpericolo.

Nel 1998 Rizzolatti e Arbib hanno pubblicato la loro teoria sull’o-rigine del linguaggio. A questa prima pubblicazione ne sono seguitealtre, nel corso degli anni, che tenevano conto dei risultati delle spe-rimentazione che si andavano accumulando.

Nel loro modello interpretativo ruoli chiave hanno: l’analisi comparativa dei meccanismi cerebrali delle strutturedeputate al richiamo animale e al linguaggio verbale nelle scim-mie e nell’uomo; i contesti emotivi;i neuroni specchio e la condivisione dei significati gestuali;l’analisi comparativa delle zone neurali deputate al controllo

146

Page 147: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

volontario dei movimenti degli arti superiori nelle scimmie edella produzione linguistica verbale nell’uomo;la dominanza genico-manuale dei primati.

5.1 La confutazione delle tesi “vocalistiche” del linguaggio

I due circuiti cerebrali, quello per le vocalizzazioni e quello per illinguaggio verbale, sono localizzati nei due gruppi di animali in zonediverse del cervello. Nelle scimmie, i circuiti del richiamo sono loca-lizzati in una parte interna della corteccia, il giro del cingolo, e instrutture poste sotto la corteccia, chiamate strutture sottocorticali,quali il diencefalo e il tronco encefalico. Le caratteristiche neurofisio-logiche di queste aree indicano che i primati non umani hanno uncontrollo corticale delle vocalizzazioni assai poco sviluppato. Questacapacità, tuttavia, è ritenuta essenziale per lo sviluppo di un linguag-gio vocale. Nell’uomo i centri del linguaggio sono localizzati nellaparte laterale della corteccia. L’uomo conserva la capacità di emette-re, in particolari contesti emotivi, grugniti, grida o urla simili ai versianimali ma la loro localizzazione è posta in zone omologhe a quelledelle scimmie. Vocalizzazioni e linguaggio verbale sono, quindi, nel-l’uomo, comportamenti con un substrato neurale sostanzialmentedifferente e separato.

Da questa prima comparazione si può dedurre che se il linguaggioverbale umano fosse un’evoluzione dei richiami vocali delle scimmie, icircuiti sottostanti avrebbero fatto, più che uno spostamento, un veroe proprio “salto” dalle regioni profonde in cui si trovavano ad una po-sizione completamente diversa, sulla superficie laterale del cervello(Rizzolatti, Vozza, 2008). Ma “la natura non compie salti”. Inoltre se leattuali aree linguistiche verbali sono nell’uomo un evoluzione dei sub-strati neurali dei vocalizzi dei nostri ancestrali progenitori, non do-vrebbero rintracciarsi entrambe le strutture nell’Homo sapiens comeinvece avviene (di cui una, quella che codifica per i vocalizzi, in posi-zione omologa rispetto a quella delle scimmie). Non a caso gli indivi-dui affetti da afasia globale conservano la capacità di emettere “versi”.

Ciascun verso nelle scimmie è sempre collegato ad una e una sola

147

Page 148: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

emozione particolare: un verso per la rabbia, un verso per la paura,ecc.. Inoltre essi sono sempre rivolti all’intero gruppo piuttosto cheal singolo individuo. Nel linguaggio verbale umano, invece, una sin-gola parola può non avere un emozione sottostante ma anche avernediverse. Inoltre, solitamente, tra gli esseri umani la relazione comuni-cativa è di tipo duale, può anche allagarsi a più persone ma non èmai costantemente rivolta a tutti i membri gruppali.

Già da queste prime analisi comparative sembra poco probabileuna derivazione del linguaggio dalle strutture neurali della vocalizza-zione.

Esistono delle eccezioni. Le scimmie verdi africane, piccole scimmienative dell’Africa Centrale, emettono grida diverse, rivolte all’interogruppo, a seconda del tipo di pericolo che avvistano (serpente o un ra-pace). Tali dati indicano che le grida non solo esprimono un’emozione,ma hanno anche un carattere referenziale, di informazione sulla causadel grido di allarme. Altri esperimenti, hanno evidenziato che in questaspecie i richiami possono contenere anche informazioni sull’emittentee sulle relazioni gerarchiche. In altre specie sono stati individuati suonicapaci di trasferire informazioni sulle relazioni sociali e sul cibo. I risul-tati di questi esperimenti sembrerebbero indicare una possibile deriva-zione del linguaggio verbale dai richiami animali (Rizzolatti, Vozza,2008). Nel linguaggio verbale umano un termine può assumere un si-gnificato diverso da quello originario e/o principale oppure indicareun emozione diversa da quella principale; in un sistema, come il “siste-ma versi”, ove il significato assunto da un termine dipende fortementedal contesto emotivo (allarme) da cui si è originato ciò non può, inve-ce, avvenire. È difficile pensare che un sistema aperto come quello ver-bale umano, dove i singoli elementi possono combinarsi tra di loro as-sumendo valenze diversi dai contesti originari, si sia evoluto, invece, daun sistema chiuso come quello dei vocalizzi.

Dalla comparazione del controllo volontario dei movimenti degliarti superiori si evidenza che le regioni corticali sono omologhe neiprimati non umani e nell’uomo. Le caratteristiche neurofisiologichedi queste aree indicano che i primati non umani e i primati umanihanno un controllo corticale (dei movimenti degli arti superiori) do-tato di un alto livello di complessità e che esso è paragonabile nei

148

Page 149: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

due gruppi. Si tratta, inoltre, di specie che peculiarmente mostrano,per caratteristiche genetiche, una dominanza manuale. In altre parolei nostri antenati erano molto meglio preadattati per sviluppare un si-stema di comunicazione intenzionale basato sui gesti manuali piutto-sto che sulle vocalizzazioni (Gentilucci e Corballis, 2006).

5.2 La Teoria Linguistica di Rizzolatti ed Arber

La nascita di una comunicazione gestuale ha come condizione ne-cessaria l’attribuzione univoca del significato del gesto da parte di tut-ti i soggetti interessati nonché la parità tra soggetti comunicanti. Se-condo Rizzolatti ed Arber il sistema specchio soddisfa tale necessità.

Infatti, la caratteristica dei neuroni specchio è rappresentare un’a-zione osservata nei propri circuiti neurali come se venisse eseguita inprima persona. Tale rappresentazione diviene comprensione intimadel significato dell’azione altrui nonché punto di partenza di un pro-cesso imitativo. Ciò implica che se in un gruppo un individuo compieun dato gesto (afferrare con una mano del cibo), tutti gli altri compo-nenti del gruppo comprendono il significato dell’azione in manieraimmediata (senza la necessità di un processo cognitivo). Le cellulespecchio sono quindi il legame tra colui che invia un messaggio e co-lui che riceve un messaggio, e garanzia che, nella relazione, il significa-to attribuito all’informazione dall’emittente sia lo stesso attribuito dalricevente. Inoltre, trattandosi di processi che hanno luogo su una baseneurale comune pongono emittente e ricevente sullo stesso piano.

La teoria di Rizzolatti e Arber risolve, in tal modo, due dei proble-mi più difficili nella comprensione della evoluzione del linguaggio:l’univocità del significato attribuito e la parità dello scambio infor-mativo. Gli ancestrali progenitori della specie umana, grazie al siste-ma specchio, avevano un mezzo di comunicazione immediato e con-diviso. Ogni individuo era in grado di capire il “che cosa” e il “per-ché” delle azioni altrui. E data la dominanza manuale della specie, lamaggior parte dei gesti da capire erano gesti legati all’uso delle mani.L’evoluzione del linguaggio sarebbe stata, quindi, preceduta dall’evo-luzione di un sistema di comunicazione condiviso di tipo gestuale(Rizzollatti, Vozza, 2008).

149

Page 150: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Per la prima volta una teoria sul linguaggio evidenzia il meccani-smo neurofisiologico attraverso il quale si crea il legame comune,non arbitrario, tra individui che comunicano tra loro in condizioni diparità. I neuroni specchio cessano del tutto di essere solo motoneu-roni e divengono, sotto il profilo filogenetico, i primi neuroni con si-gnificato comunicativo che appaiono nella corteccia laterale, elemen-ti fondamentali per comprendere l’evoluzione del linguaggio.

Secondo i due studiosi, quindi, lo sviluppo del linguaggio verbalenell’uomo è la conseguenza del fatto che, nel precursore dell’area diBroca, esisteva, prima della comparsa del linguaggio, un meccanismoper il riconoscimento delle azioni altrui e allo stesso tempo un mec-canismo del controllo manuale.

Nella fase iniziale della costruzione di un mezzo di comunicazionecondiviso, l’uso della mano avrebbe avuto un ruolo fondamentale:dal ruolo della mano, più che da quello della bocca, che probabil-mente è dipeso lo sviluppo della capacità di articolare i gesti in ma-niera tale da dare vita a un primo sistema comunicativo aperto, cioèin grado di esprimere significati nuovi sfruttando le possibili combi-nazioni dei singoli movimenti (Rizzolatti & Sinigaglia, 2008).

La conferma sperimentale che il sistema specchio crea un legame disignificati univoci tra emittente e ricevente è uno studio recente suipasseri. Tale studio non solo ha dimostrato l’esistenza di “neuronispecchio” anche negli uccelli ma anche che attività neuronali specchiosono state registrate nel centro vocale superiore di passeri - un’area ne-cessaria all’apprendimento e alla produzione di suoni musicali. Si trat-ta della prima evidenza sperimentale che dimostri come l’acquisizionedella capacità di comunicare, almeno negli uccelli, possa essere colle-gata all’attivazione del sistema dei neuroni con proprietà specchio.

Nella scimmia la regione corticale deputata al controllo manuale eal riconoscimento delle azioni altrui è la porzione rostrale di cortec-cia premotoria ventrale, l’area F5, dotata di proprietà specchio. Co-me è stato ampiamente descritto nei paragrafi precedenti, i neuronidi quest’area si dimostrano sensibili principalmente ad azioni esegui-te con l’arto superiore, come ad esempio afferrare oggetti o cibo, ma-nipolarli, tenerli in mano, strapparli, ecc.. Una piccola ma significati-va percentuale di neuroni specchio si attiva anche per suoni prodotti

150

Page 151: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

da determinate azioni, come ad esempio rompere una nocciolina ostrappare della carta (con una mano).

Le cellule neurali del controllo dell’arto scaricano dunque indiffe-rentemente per osservazione, ascolto di rumori tipici,esecuzioni indi-viduali di azioni: input sonori audio e visivi.

Sotto il profilo anatomo-fisiologico, nell’uomo le aree del control-lo delle strategie del movimento degli arti superiori con proprietàspecchio risultavano contigue e/o sovrapposte all’area di Broca. Nel-la scimmia, invece prendono il nome di area F5. Tale area è conside-rata, da alcuni, come la regione omologa dell’area di Broca nell’uomo(Rizzolatti & Arbib, 1998).

Ne consegue che la stessa area che nella scimmia controlla tali mo-vimenti manuali e contiene un sistema in grado di stabilire una corri-spondenza tra le azioni osservate e quelle eseguite, ha il proprio pro-babile omologo nell’area di Broca.

Stimolati dalle ipotesi di Rizzolatti e Arber, la Sezione linguistica delIstituto Nazionale della Salute di Bethesda, il Dipartimento di Scienzedell’Educazione della Hofstra University di New York, il laboratorioper il Linguaggio e le Neuroscienze Cognitive dell’università di SanDiego, si sono chiesti quali fossero le aree cerebrali umane che proces-sano l’interpretazione dei significati delle espressioni gestuali, (ossial’interpretazione di specifici movimenti del corpo e delle mani che pos-sono sostituire completamente le parole e che hanno valore di enuncia-ti completi dotati di significati propri compiuti) e che correlazione taliaree avessero con i centri del linguaggio. Nello studio sono stati presiin considerazione due tipi di gestualità: le pantomime, che mimano og-getti o azioni (come l’avvitamento di un tappo), e gli emblemi, usati so-litamente nelle interazioni sociali e che hanno un significato astratto edemotivamente più carico rispetto alle pantomine, come quando peresempio si accosta un dito alle labbra per indicare “non parlare” (Jianget al., 2009). I risultati dello studi hanno mostrato che le aree che deco-dificano per le espressioni gestuali dotate di significato compiuto sonoil giro frontale inferiore, l’area di Broca e l’area di Wernicke, ossia lestesse aree che decodificano il linguaggio verbale e scritto.

Il gruppo di studiosi suggerisce che le aree di Broca e Wernicke,individuate a partire dal diciannovesimo secolo come il cuore del si-

151

Page 152: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

stema linguistico del cervello, non siano in realtà centri dell’elabora-zione del linguaggio, ma piuttosto un sistema semiotico indipendenteche crea collegamento con i simboli di significato sia se queste sonoparole, gesti,immagini, suoni, o oggetti. Un ruolo ben più ampio nel-la comunicazione umana. I risultati confermerebbero l’ipotesi secon-do cui i comuni antenati di grandi scimmie dell’essere umano comu-nicassero con gesti ricchi di significato e che col tempo le aree cele-brali che elaboravano la gestualità si siano adattate all’uso della paro-la. Le nostre aree del linguaggio sono ciò che resta di un antico siste-ma di comunicazione, ciò che resta del punto di partenza del suo svi-luppo evolutivo, e che ora elaborano – indifferentemente – sia gestiche parole. (Jiang et al., 2009).

Questa scoperta non solo fornisce una prova dell’origine gestualedel linguaggio ma aiuta anche a capire l’interrelazione che esiste fra illinguaggio e i gesti quando il bambino sviluppa le proprie capacitàlinguistiche. Nel bambini piccolo, ad esempio, la capacità di verbaledi comunicare è preceduta dalla comunicazione gestuale ed è possi-bile prevederne le abilità linguistiche sulla base del repertorio gestua-le espresso nei primi mesi di vita (Jiang et al., 2009).

Nel continuare l’esposizione della loro teoria Rizzolatti e Arberprendono a prestito le ipotesi formulate da Paget negli anni ’30 sull’o-rigine del linguaggio (“Schematopoeia”). Secondo Paget, i gesti dellamano dei nostri progenitori sarebbero stati accompagnati da movi-menti inconsapevoli della lingua, delle labbra e delle mascelle. In se-guito gli individui avrebbero scoperto che, tramite l’aspirazione dell’a-ria, la bocca è in grado di produrre gesti sonori che gli altri possonocapire: questo, secondo Paget, sarebbe stato l’inizio del linguaggio. Inaltre parole, è possibile che oggetti o eventi descritti attraverso i gestimanuali, come ad esempio rappresentare un oggetto grande medianteun gesto ampio oppure un oggetto piccolo mediante una piccola aper-tura delle dita, siano stati accompagnati da apertura labiale e chiusuralabiale (mimica facciale corrispondente al gesto). L’apertura e la chiu-sura labiale avrebbe prodotto un suono che avrebbe prima affiancato ilsignificato del gesto, poi sostituito. In tal modo si sarebbe sviluppatoun primitivo vocabolario di suoni aventi significato compiuto. In talmodo un sistema a messaggi aperti e visibili, come quello dei gesti, si

152

Page 153: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

sarebbe potuto trasformare in un sistema chiuso e invisibile, comequello dei suoni della bocca e della laringe (Rizzolatti, Vozza, 2008).

A sostegno dell’ipotesi di Paget c’è la maggiore tendenza dellescimmie rispetto all’uomo a riprodurre le azioni osservate. Nei para-grafi precedenti abbiamo visto che per certi tipi di azioni transitive(afferrare del cibo con l’intenzione di mangiarlo), all’osservazione,anche parziale, dell’azione segue tendenzialmente la comprensionedell’intenzione dell’azione e la sua riproduzione in azione: la mano ela masticazione. Il ciclo di apertura e chiusura della bocca legato allamasticazione e ad altre azioni legate alla nutrizione, come ad esempioil succhiare e il leccare cibo, associate al gesto manuale, costituireb-bero la cornice sillabica specifica del linguaggio umano associato alsignificato gestuale. L’attivazione di queste aree, sappiamo, che avvie-ne anche per input auditivi (rompere una nocciolina) e ciò avrebbeampliato l’orizzonte dell’associazione gesto-suono.

Sotto il profilo anatomo-funzionale le cellule della zona cerebrale F5scaricano sia per azioni manuali che durante i movimenti di protrusioneripetuta delle labbra, uno dei gesti facciali comunicativi più comuni frai primati non umani. Jan van Hooff, un primatologo olandese, avevaipotizzato già negli anni sessanta che tali gesti fossero in origine azioniper ingerire il cibo, pertanto legati agli arti superiori, e solo in seguitotrasformatesi in azioni intransitive che comunicavano affiliazione e ras-sicurazione (Rizzolatti, Vozza, 2008). Il complesso di azioni, dunque,che osservate/udite oppure eseguite si dimostra efficace nell’attivareuna parte dei neuroni della corteccia premotoria ventrale di scimmiacomprende movimenti eseguiti con la mano o con la bocca (Gentilucci,Dalla Volta, 2008). Non a caso, l’analisi comparata dei profili anatomo-fisiologico dei due gruppi (primati umani e primati non umani) eviden-zia che la maggior parte delle modificazioni corticali necessarie allacomparsa del linguaggio hanno avuto luogo in quella parte della cortec-cia frontale dei primati non umani, omologa della Broca e deputata alcontrollo della masticazione. (Gentilucci, Dalla Volta, 2006).

Paget aveva anche notato che in molte lingue diverse vi era la ten-denza ad associare il suono “a” a parole che indicano “larghezza” e ilsuono “i” a parole che indicano “piccolo” o “minimo”. Per verificarel’ipotesi di Paget, Gentilucci et al. a partire dal 2001 hanno effettuato

153

Page 154: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

degli esperimenti volti ad accertare se esiste un collegamento fra i gestidella mano e quelli della bocca. In un altro esperimento, videoregistra-to, hanno chiesto a dei volontari di prendere in mano, di volta in volta,un oggetto piccolo e un oggetto grande e di associare al gesto la stessaapertura boccale. Malgrado l’ordine impartito, nelle videoregistrazionisi vedeva che la bocca si apriva maggiormente quando veniva afferratol’oggetto più grande e che l’apertura boccale si restringeva con l’ogget-to piccolo. In un altro esperimento hanno chiesto ai volontari di pro-nunciare le sillabe “ga” e “gu” scritte su ciascuno oggetto. In manierasimilare al primo esperimento, l’apertura della bocca era differente aseconda della grandezza dell’oggetto. Le caratteristiche fisiche e cine-matiche di un dato gesto brachio-manuale vengono ad assomigliare aquelle delle posture (“gesti”) fono-articolatorie. In tal senso, il movi-mento della bocca può essere considerato ciò che rimane nell’uomodell’antico “capire l’intenzione dell’azione e, quindi, replicare – comple-tando – l’azione” (afferrare per masticare e deglutire). Se ne può conse-guire che i gesti della mano e della bocca sono regolati da circuiti co-muni, che determinano anche corrispondenze nelle dimensioni e nellavelocità dei movimenti: al movimento ampio è associata una grandeapertura della bocca e viceversa (Rizzolatti, Vozza, 2008).

Durante l’evoluzione filogenetica, quindi, il linguaggio verbale pa-re aver sfruttato le possibilità consentite dall’area di Broca e dai cir-cuiti specchio sia per quanto riguarda il riconoscimento del significa-to comune delle azioni sia per quanto riguarda l’articolazione vocale(Rizzolatti, Sinisgaglia, 2006) con una interazione tra gesti manuali equelli oro-facciali legati alla masticazione.

L’area “motoria” di Broca, responsabile dei movimenti laringei,oro-facciali, brachio-manuali, sede delle più importanti struttureneurali specchio, si ritroverebbe ad avere nello sviluppo cognitivo-linguistico un ruolo più che determinante (Rizzolatti, Arbib, 1998).

L’evoluzione del linguaggio sembra perciò passata attraverso unaserie di tappe in cui l’importanza dei sistemi neurali specchio coin-volti nei processi di comprensione-riconoscimento immediato di spe-cifici atti motori, imitazione, apprendimento, riproduzione e uso in-tenzionale degli stessi appaiono necessari e determinanti. Dunque,essi non solo costituirebbero il prerequisito (preconcettuale e prelin-

154

Page 155: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

guistico) neurale e motorio dell’articolazione del linguaggio gestualee verbale umano, ma – come sembrano dimostrare altre ricerche –avrebbero un ruolo determinante anche nel riconoscimento degli sta-ti emotivi che sono alla base delle esperienze soggettive e sociali(Gentilucci e Dalla Volta, 2008).

Secondo la teoria di Haekel (1896), la storia evolutiva della nostraspecie (filogenesi) viene ricapitolata o percorsa durante lo sviluppodi ogni singolo individuo. Se così fosse, sarebbe lecito pensare cheun infante s’impadronisce del linguaggio prima attraverso una fase“acquisizione comune di significati”, legata essenzialmente al mecca-nismo specchio, poi attraverso una fase di comunicazione gestualeassociata ad una mimica facciale, meno soggetta a processi inbitoriper immaturità dei sistemi corticali superiori, e, infine, per reiterazio-ne, attraverso un’associazione gesto-suono.

5.3 Dal protolinguaggio al linguaggio verbale

Il passaggio da una comunicazione gestuale ad una verbale, purrappresentando un vantaggio competitivo, ha richiesto un percorsoevolutivo sicuramente lungo e difficile. L’utilizzo di un linguaggio ver-bale, come mezzo di comunicazione, implica infatti che i suoni sianopronunciati in modo chiaro, preciso e sempre uguale e recepiti altret-tanto chiaramente. Se si prendono in esame i centri di produzione deisuoni nei primati, umani e non (rispettivamente il giro del cingolo e lestrutture sottocorticali per i primati non umani e l’area di Broca per iprimati umani), e si confrontano, non si può fare a meno di conclude-re che la parte laterale del cervello dei primi ominidi, sotto pressioneselettiva, si deve essere espansa. In effetti, studi compiuti sulle cavitàcraniche dei progenitori dell’Homo sapiens, indicano che circa duemilioni di anni fa è cominciato un processo di espansione della partelaterale della corteccia (dove ora si trovano l’area di Broca e di Wer-nicke) indotta, forse, proprio dal sistema di comunicazione e che hadeterminato un aumento delle dimensioni del cervello.

Interessante a tal proposito è stato lo studio che ha condotto Lu-ciano Fadiga, uno dei membri dell’equipe che agli inizi degli anni ’90scoprì l’esistenza dei neuroni specchio, sui processi neurali sottostanti

155

Page 156: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

la capacità di riconoscere i suoni emessi dal sistema laringe-bocca. Adalcuni volontari è stato chiesto di ascoltare molto attentamente alcuneparole mentre la corteccia veniva sottoposta a stimolazione magnetica(TMS). I risultati hanno mostrato che ascoltare parole contenenti unadoppia “r”, ma non una doppia “f” (muffa/carro), determina un’atti-vazione delle aree che controllano i muscoli della lingua (Rizzolatti,Vozza, 2008). Il dato sperimentale riflette la maggiore/minore difficol-tà di pronuncia di alcuni suoni: là dove la produzione del suono è piùdifficoltosa, nell’ascolto si attivano le aree che controllano i muscolilaringei. Si tratterebbe di un meccanismo specchio, definito “specchio-eco”, in cui si verificherebbe una facilitazione motoria finalizzata allapercezione del linguaggio indotta dall’ascolto. In altre parole, ascolta-re fonemi induce, nell’ascoltatore, un meccanismo di scarica, un’atti-vazione di vie neurali che riproduce fedelmente la stessa sequenzamotoria di quella usata dal parlante per emettere quello specifico fo-nema (Rizzolatti, Vozza, 2008): comprendo ciò che dici perché è co-me se lo stessi dicendo io! Se a questo quadro sperimentale, appli-chiamo “il principio dell’anticipazione degli schemi motori”, il feno-meno tipico “dell’anticipazione delle conclusioni dei discorsi altrui”,più che riflettere un dato cognitivo nel senso classico del termine, ri-fletterebbe la velocità relativa del sistema specchio-eco.

In conclusione si può dire che gli studi sull’origine del linguaggiodi Rizzolatti e Arber, oltre a chiarire molti dei meccanismi evolutisirimasti sin qui insoluti, delineano un comune meccanismo interindi-viduale di costruzione oggettiva della realtà per equivalenza tra per-cezione individuale e percezione collettiva.

6. Conclusioni

La scoperta dei neuroni specchio impone, nella riflessione dell’uo-mo sull’uomo, una visione del sistema motorio nettamente diverso daquello proposto in passato (mero sistema di controllo dell’esecuzionedi movimenti), coinvolto in processi, quali percezione, apprendimen-to, linguaggio, conoscenza, emozione, ritenuti sin’ora di esclusivo ap-pannaggio della sfera mentalistica.

156

Page 157: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Guardando la realtà, interna ed esterna ad un io-persona, attraversoil significato della scoperta di Rizzolatti et al. sembra che, privi dei neu-roni specchio siamo muti, ciechi e sordi gli uni di fronte agli altri, prividi ogni possibilità di inter-comunicare e realmente comprendere, persi insingoli giochi di astrattismo mentalistico in mezzo al mare, su di un’iso-la deserta. I neuroni specchio, rappresentano più che un ponte tra singo-li mondi, il filo comune che tiene insieme il genere umano consentendodi sfuggire a mere rappresentazioni individualistiche del vero e costruen-do il presupposto indispensabile per una comune realtà oggettiva.

Il significato della scoperta del meccanismo specchio obbligatoria-mente costringe a rivedere la teoria della mente, almeno per ciò cheriguarda la capacità di inferire gli stati mentali altrui (vale a dire conpensieri, opinioni, desideri, emozioni non propri), l’abilità di usaretali informazioni per interpretare, attribuire significati e prevederecomportamenti (Baron-Cohen S, Leslie AM, Frith U. 1985): il campodi studi del cognitivismo sociale. Secondo la scuola di Rizzolatti ilprocesso di inferenza si basa su un processo motorio che diviene, diconseguenza, parte della coscienza, e non solo rispetto ai contenutima anche rispetto ai processi. I processi motori acquisiscono, pertan-to, dignità di fondamenta e parte costitutiva dei processi cognitivi.Viene così a cadere quella tipica separazione tra processi motori eprocessi cognitivi superiori (con un sistema motorio deputato all’a-zione e un sistema cognitivo superiore che “associa” all’azione signi-ficati sulla base di un proprio funzionamento autonomo) che allude-va alla divisione mente-cervello. Secondo Rizzolatti l’esistenza dimeccanismi motori, automatici, finalizzati alla comprensione non im-plica che alla stessa non si possa pervenire attraverso vie logico-de-duttive, ma piuttosto che tra le due vi sia una differenza di attribu-zione di significato: mentalistico nel primo caso, emotivo-corporeonel secondo8. A ben guardare non è solo, o non è tanto, la contrap-

157

8 In questo tipo di modello il processo cognitivo interverrebbe come proces-so secondario – di riflessione – ma non necessariamente di restituzione delsignificato autentico.

Page 158: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

posizione motorio/cognitivo che viene a cadere ma piuttosto la tri-partizione di Hilgard, rifacentesi al concetto plutoniano di anima tri-partita, in cognizione, emozione e motiv-azione. Il sistema motorioentra quindi in tutti gli elementi spirituali dell’essere umano resti-tuendo “l’ontologia dell’essere” alla relazione corpo-mente.

In altre parole, se si considera l’ipotesi “della mente che emergedal cervello” si avrebbe, un insieme di neuroni in attività autoregola-ta, interconnessi da sinapsi genico-ambientali, producenti una me-moria , dai cui circuiti cerebrali emergerebbe la mente; quest’ultimasarebbe solo un flusso di informazioni, un potenziale elettrico. Ma seil flusso di informazioni avesse in sé anche un dato motorio, se avesseoltre il valore energetico, anche quello di massa, ontologicamente do-ve saremmo? Nella mente, nel cervello o “nella mente che è cervelloe nel cervello che è mente”?

Sembrerebbe che, attraverso lo specchio del mondo, parte impre-scindibile di ognuno di noi come valore costante di “soglia”, la corpo-reità sia mezzo che consente di esperire il mondo non perché meromezzo fisico ma in quanto mattone essenziale del processo di com-prensione/conoscenza/consapevolezza della realtà circostante. Mez-zo tanto più efficace perché restituirebbe il significato come valorecomune, quindi, oggettivo e colorito, inoltre, anche della sua dimen-sione emotiva.

In contrapposizione alla visione di Rizzolatti, Caramazza ha evi-denziato che esistono due modelli principali dell’organizzazione dellamente nel cervello: l’approccio riduzionistico e l’approccio mentalisti-co. Secondo tale scienziato, che nega l’esistenza dei neuroni specchio,l’approccio riduzionistico afferma che la cognizione si può ricondurrealla rappresentazione senso-motorio e l’approccio mentalista affermache la cognizione non è riconducibile alla sola rappresentazione sen-so-motorie in quanto i neuroni specchio non sono in grado da soli dispiegare la capacità degli esseri umani di rappresentarsi gli stati psico-logici (credenze, intenzioni, desideri, emozioni) ed ascriverli ad altri(Caramazza e Nicod in Lavazza, 2009). Il sistema specchio avrebbesolo il significato di generatore di input motori, di contenuti precon-sci della mente portati alla soglia della consapevolezza da processi co-gnitivi. Nella visione di Caramazza e Nicod, si avverte il riferimento

158

Page 159: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

alla teoria evolutiva della mente e del comportamento come svilupponei mammiferi della neocorteccia: poiché il pensiero, il ragionamento,la memoria e la capacità di soluzioni di problemi sono meglio svilup-pati nei mammiferi, in particolare negli esseri umani e in altri primatiche hanno una quantità relativamente più ampia di tessuto neocorti-cale, si credeva che questi processi fossero mediati dalla neocorteccia,e non dalla paleocorteccia o altre aree celebrali; di contro, la paleo-corteccia e le regioni subcorticali connesse costituiscono il sistemalimbico, che si diceva mediasse gli aspetti evolutivamente più antichidella vita mentale e del comportamento, le nostre emozioni. In questomodo, si era giunti a considerare la cognizione una funzione dellaneocorteccia, e le emozioni del sistema limbico (LeDoux, 2006).

Sicuramente i neuroni specchio hanno un’influenza sulla costru-zione dei processi cognitivi sociali e sui processi cognitivi più in ge-nerale. Iacoboni, in una intervista rilasciata al “Mental Health” nel2009, parla di una “teoria della mente” troppo macchinosa quandovuole spiegare la gran parte delle interazioni umane quotidiane, che so-no incessanti, veloci, e basate su attività spesso ripetitive” (si vuolespiegare la mente di Macchiavelli per capire l’uomo di tutti i giorni).Sempre nella stessa intervista, afferma che “la scoperta dei neuronispecchio sia molto rilevante per la psicologia, sia generale che cognitivain quanto queste cellule sono specializzate nel codificare le azioni pro-prie e altrui, e presumibilmente ci permettono di mappare le azioni al-trui sulle nostre, cosicché capiamo queste azioni in modo diretto; qua-lunque aspetto del comportamento interpersonale e sociale che coinvol-ga azioni di qualsiasi tipo viene toccato. Ovviamente con questo nonvoglio dire che i neuroni specchio da soli possono gestire questa granparte del comportamento interpersonale e sociale ma che quello che ineuroni specchio fanno è importante e che senza queste cellule rischie-remmo di percepire in modo fortemente alterato le azioni altrui”.

La rilevanza dei processi cognitivi sociali nella costruzione e rico-struzione del sé sono stati ampliamente sottolineati da Siegel ne “Lamente relazionale” ove aveva rilevato come “la narrazione autobiogra-fica è il tentativo di organizzare un sistema coerente tra la processazio-ne e la rappresentazione delle proprie attività e tra la processazione e larappresentazione della mente degli altri”(Siegel, 2001) negando, in tal

159

Page 160: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

modo, una visione riduzionista dei processi cognitivi sociali rispettoai processi cognitivi individuali.

In un’altra intervista, rilasciata al “Brain Factor” nel 2009, sullacontrapposizione Rizzolatti-Caramazza, è intervenuto Vittorio Galle-se che ha sottolineato come ancora troppa parte del mondo accade-mico guarda alle neuroscienze semplicemente come a un mero per-corso di localizzazione e validazione di meccanismi mentali e/o psi-cologici ritenuti validi a priori. Secondo il neuro scienziato nel mo-mento in cui le neuroscienze producono risultati che mettono in di-scussione o addirittura confutano questi modelli, la tendenza è quelladi mettere in discussione i dati piuttosto che i modelli aprioristici.“L’atteggiamento del Prof. Caramazza, al di là dei limiti intrinseci delsuo recente lavoro, da lui sbandierato come prova della supposta ine-sistenza dei neuroni specchio nell’uomo, ne costituisce un chiaroesempio. Nel corso degli ultimi 10-15 anni, a partire dalla nostra sco-perta dei neuroni specchio nel cervello del macaco, numerose ricer-che hanno profondamente modificato sia il modo tradizionale diconcepire la relazione tra percezione e azione, sia il ruolo che perce-zione e azione hanno nella costruzione della cognizione sociale. Lascoperta del meccanismo di risonanza motoria dei neuroni specchioha dimostrato che il sistema motorio, lungi dall’essere un mero con-trollore di muscoli e un semplice esecutore di comandi codificati al-trove, è in grado di assolvere funzioni cognitive che per lungo temposono state erroneamente ritenute appannaggio di processi psicologicie meccanismi neurali di tipo puramente associativo. La percezionedell’agire altrui, cioè il riconoscimento che quelli che osserviamo nonsono puri movimenti fisici ma atti motori finalizzati caratterizzati dauno specifico contenuto intenzionale, risulta essere una modalità del-l’azione, dal momento che si radica nella stessa conoscenza motoriache è alla base della capacità di agire di ognuno di noi. Questo con-cetto è incredibilmente difficile da accettare da parte delle scienzecognitive classiche, secondo le quali il sistema motorio, per definizio-ne, non può avere attributi di tipo cognitivo” (Gallese, 2009). Galle-se, altresì, evidenzia che mentre in altre parti del mondo fioccano laricerche per capire meglio come il meccanismo specchio altera tuttal’“impalcatura cognitiva umana”, in Italia si ci perde in discussioni

160

Page 161: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

circa l’esistenza o meno di tali cellule neurali. “Il meccanismo incarna-to dai neuroni specchio ci restituisce invece un’immagine molto più ric-ca dei processi che sottendono le interazioni sociali, a cominciare daquelle filogeneticamente ed ontogeneticamente di base. La comprensio-ne delle azioni e delle intenzioni motorie altrui, resa possibile dal mec-canismo mirror, mette in discussione l’astratto mentalismo o “mentale-se” di non pochi modelli di psicologia cognitiva, primi tra tutti i tantocelebrati moduli della Teoria della Mente. Il dibattito sulla capacità dicomprendere gli altri concepita unicamente in termini di lettura dellamente altrui è stato per anni sviato dall’assunzione che una volta chia-rito cosa serva alla mente per dar ragione del comportamento altrui (gliatteggiamenti proposizionali) e come attribuiamo agli altri tali atteggia-menti proposizionali, quali credenze e desideri (che si suppone esserealla base delle loro azioni), non rimanga che trovare dove dimori nelcervello tutta questa “psicologia”. Così facendo, però, si è finito per da-re a una presunta spiegazione psicologica assunta come vera a prioriuna altrettanto presunta base neurale, lasciando, tuttavia, inspiegatitanto gli effettivi processi psicologici quanto i reali meccanismi neuraliche sottendono la cognizione sociale. Per anni ci hanno raccontato chequando siamo chiamati a comprendere il comportamento altrui attivia-mo aree specifiche del cervello come la corteccia cingolata anteriore(ACC) e la giunzione temporo-parietale (TPJ) che costituirebbero la se-de nel cervello di un supposto modulo della Teoria della Mente. Tuttociò è falso. È stato infatti dimostrato che tali aree si attivano anche percompiti del tutto scorrelati dalla “lettura della mente” altrui, come l’at-tenzione, o addirittura l’eccitazione sessuale. Questa è la frenologia delventunesimo secolo! E ad incarnare questa frenologia “high-tech” vedopiù gli psicologi cognitivi (che, mediamente, di come è fatto il cervello ecome funziona sanno poco o nulla) che i neuroscienziati che, almeno, sipongono il problema di capire quale sia il meccanismo neurofisiologicoche determina l’attivazione di un dato circuito corticale durante un da-to compito. La verità è che nessuno ha la più pallida idea del perchéaree corticali (come la ACC e la TP) si attivino sistematicamente anchedurante compiti di mentalizzazione. E sa perché? Perché a tutt’ogginon conosciamo il meccanismo neurofisiologico che ne determina l’atti-vazione”. E ancora “L’oggetto del contendere, della disputa scientifica,

161

Page 162: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

è l’esistenza dei neuroni specchio nel cervello dell’uomo. Il Prof. Cara-mazza, sulla base dei risultati del lavoro che ha appena pubblicato, so-stiene di potere provare che essi non esistono. Ma delle due l’una: o ineuroni specchio nell’uomo non esistono, e quindi non ha senso chie-dersi se possano spiegare alcunché; oppure esistono, ma non spieganociò che pretendono di spiegare. Dire come fa il Prof. Caramazza “chenon esistono e che non spiegano” è privo di senso logico, un non sequi-tur. La mia posizione è chiara e netta: la prova definitiva dell’esistenzadi neuroni specchio nell’uomo potrà venire solo ed esclusivamente dal-la loro registrazione diretta9, ottenibile con metodiche invasive e perquesto di difficile ma non impossibile realizzazione. Credo sia solo que-stione di tempo. Fino a quel momento, speculare sulla loro esistenza èlegittimo. Non è invece legittimo affermarne l’inesistenza sulla base didati come quelli prodotti dal Prof. Caramazza. Devo aggiungere che leevidenze scientifiche indirette circa la loro esistenza nell’uomo sono at-testate da un impressionante numero di lavori scientifici internazionaliottenuti con tecniche d’indagine le più diverse, quali PET, fMRI, TMS,EEG e MEG. Il lavoro di Caramazza e colleghi non intacca assoluta-mente queste evidenze sperimentali. La presenza nel cervello umano diun meccanismo riconducibile ai neuroni specchio rappresenta la spiega-zione unificante più parsimoniosa di una serie di diversi dati comporta-mentali e clinici. Inoltre, i neuroni specchio esistono incontrovertibil-mente negli uccelli e nelle scimmie. È pertanto altamente improbabileche un meccanismo rivelatosi adattativo, tanto da essere stato conserva-to nel corso dell’evoluzione in specie evolutivamente così lontane, ven-ga poi ad essere cancellato proprio nella nostra specie.

Dopo anni di geremiadi contro la scienza e la tecnica, dopo la delete-ria predicazione favorente una rigida separazione tra le due culture, quel-la scientifica e quella umanistica, si sta arrivando alla consapevolezza chela spiegazione neuroscientifica di un tratto comportamentale o cognitivo

162

9 La dimostrazione diretta dell’esistenza dei Neuroni Specchio è avvenuta nelcorso del 2010, come riportato nell’articolo di Saragosa pubblicato sulnumero di giugno 2010 de “Le Scienze”.

Page 163: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

non si riduce alla semplice localizzazione, ma è tale solo nella misura incui individua i meccanismi neurofisiologici che rendono possibile l’attiva-zione di un dato circuito cerebrale durante l’esecuzione di un compitospecifico, un incontro tra due mondi che non deve essere reso vano”.

Alla luce della recentissima pubblicazione su “Le Scienze”, checonferma la presenza di tali cellule nel cervello umano, non si puònon sottolineare la correttezza delle osservazioni di Gallese.

Tra l’altro il sistema specchio rimanda, più che ad un idea dell’im-portanza del meccanismo di rispecchiamento, all’importanza dell’in-terconnessione tra sistemi neurali, concetto ampiamente espresso ne“Il Sé Sinaptico” da LeDoux. Il sistema specchio, infatti, necessitacostantemente della interazione di altri sistemi neurali. L’esempio piùclassico è quello dell’empatia. I neuroni specchio contribuiscono allacapacità di empatizzare quando, per fare un esempio, si vede qualcu-no piangere, perché consentono di “simulare” il pianto altrui e per-ché mandano segnali neurali ai centri emozionali classici del lobolimbico, così che si possono anche “sentire” le emozioni che tipica-mente si associano al pianto. (Senza le interazioni con il lobo libico,l’attività dei neuroni specchio, da sola, non basterebbe ad rappresen-tare la complessità del processo empatico.) Contemporaneamente,pur essendo state attivate le vie neurali del pianto, non si piange per-ché i meccanismi di desensibilizzazione e di inibizione dei sistemiesecutivi sono stati a loro volta interconnessi al processo in atto. Ilprovare l’emozione del pianto – senza il piangere – consente di nondisintegrarsi costantemente e di conservare – integro – il senso del sé(cfr. Laura Boella), continuando quella autonarrazione di equilibriotra il sé e il mondo (cfr. Siengel). E conservando il senso di sé, tenen-do bene in mano il filo che unisce al mondo, è possibile separarsi -un passo indietro - da se stessi e flettersi nuovamente su colui chepiange, con un’altra parte del sè, una parte che apparentemente avvi-cina ma che se non si procede con attenzione, spaventosamente al-lontana dal significato autentico delle cose.

163

Page 164: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

BIBLIOGRAFIA

Arbib, M., The mirror system, imitation, and the evolution of langua-ge, in Nehaniv, C. Dautenhahn, K., Imitation in Animal andArtefacts. Cambridge MA, MIT Press, pp. 229-280, 2002.

Boella, L., Sentire l’altro. Conoscere e praticare l’empatia. RaffaelloCortina. Milano, 2006.

Buccino, G., Vogt, S., Ritzl, A., Fink, G., R., Zilles, K., Freundwhl,M., Modulates the excitability of tongue muscles: a TMS study.In European Journal of Neuroscience, 15, 399–402, 2005.

Damasio A., L’errore di Cartesio, Milano, Adelphi, 1995.Feinberg, A.P., Epigenetics at the Epicenter of Modern Medicine. In

Journal of the American Medical Association, 299 (11), pp. 1345-1350, 2008.

Freberg, L., A., Psicologia Biologica. Zanichelli, Bologna, 2008.Gallese, V., Dai neuroni specchio alla consonanza intenzionale.

Meccanismi neurofisiologici dell’intersoggettività. Rivista diPsicoanalisi, LIII, 1, pp. 197-208, 2007.

Gentilucci, M., Corballis, M.C, From manual gesture to speech: agradual transition. In Neuroscience and Biobehavioral Reviews.30, 949–960, 2006.

Gentilucci M., Dalla Volta R. Spoken language and arm gesture arecontrolled by the same motor control system. Q J Exp Psychol61:944-957, 2008.

Gentilucci M., Dalla Volta R., The motor system and the relationshipsbetween speech and gesture. Gesture 2:159-177, 2007.

Iacoboni, M., Woods, R.P., Brass, M., Bekkering, H., Mazziotta, J.C.,and Rizzolatti, G., Cortical mechanisms of human imitation. InScience, Volume 286, pp. 2526 – 2528, 1999.

Jiang, Xu, Gannon, P.J., Emmorey, K., Smith, J.F., Braun, A.R.,Symbolic gestures and spoken language are processed by a com-

164

Page 165: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

mon neural system. In Proceedings of the National Academy ofSciences, Vol. 106 (49), pp. 20664-20669, 2009.

Lavazza, A., Neuroni specchio. Oppure no?. In Le Scienze, 491, pp.18-21, 2008.

LeDoux J., Il sé sinaptico. Milano, Cortina, 2002.Marc Breedlove, S., Rosenzweig, M.R., Watson, N.V., Psicologia bio-

logica. Ambrosiana, Milano 2009.Raichle, M., L’attività del cervello a riposo. In Le Scienze, 501, pp. 54-

59, 2010.Rizzolatti, G., Arbib, M., A., (1998), Language within our grasp

Trends. In Neurosciences, 21, 188–194, 1998.Rizzolatti, G., Vozza, L., Nella mente degli altri. Zanichelli. Bologna,

2008.Rizzolatti, G., Sinigaglia C., So quel che fai. Raffaele Cortina. Milano,

2006. Sabato, G., Neurorazzismo. In Le Scienze, 503. pp. 45-46, 2010. Saragosa, A., Neuroni Specchio nell’uomo. In Le Scienze, 502, pp. 43,

2010.Shors, T.J., Sfida ai nuovi neuroni. In Le scienze, 489, pp. 49-54, 2009.Siegel, D.J., La mente relazionale. Raffaello Cortina. Milano, 2001. Umiltà, M.A., Kohler, E., Gallese, V., Fogassi, L., Fadiga, L., Keysers,

C., Rizzolatti, G., I know what you are doing: a neurophysiolo-gical study. In Neuron, 2001.

Wicker, B., Keysers, C., Plailly, J., Royet, J-P., Gallese, V., andRizzolatti, G., Both of us disgusted in my insula: The commonneural basis of seeing and feeling disgust. In Neuron, Vol. 40,655–664. Cell Pres, 2003.

SITOLOGIA

Ammanniti, Gallese, Lenzi, Muratori, Pantano, Intenzione ed intera-zione: studio neurofisiologico e di neuroimmagini dell'imitazioneempatica nello sviluppo tipico ed atipico http://www.ricercaita-liana.it/prin/dettaglio_completo_prin-2005067072.htm#ab-stract

165

Page 166: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

166

Ramachandran VS. , Mirror neurons and imitation learning as the dri-ving force behind "the great leap forward" in human evolution.http://www.edge.org/3rd_culture/rama/rama_p1.html,29/06/2000

Interview with Marco Iacoboni: L’impatto dei neuroni specchio sullapsicologia e le possibili conseguenze mediche - http://www.lwwpartnerships.com/Interview-with-Marco-Iacoboni

Interview with Vittorio Gallese: Neuroscienze controverse: il caso deineuroni specchio. http://brainfactor.it/index.php?option=com_content&view=article&id=171:neuroscienze-controverse-il-caso-de i -neuroni - specch io -bra infac tor- interv i s ta -v i t tor io -gallese&catid=22:le-interviste-di-brainfactor&Itemid=13

Page 167: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

VCAPITOLO

FONDAMENTI ANTROPOLOGICI E NEUROSCIENTIFICI AD UNA PSICOPEDAGOGIA DELLA CORPOREITÀ

di Chiara D’Alessio

1. Introduzione

Il lavoro intende presentare una serie di piste di riflessione riguar-danti la ricaduta pedagogica degli studi sul concetto di corporeità inambito filosofico e neuroscientifico. Riteniamo che ciò possa costitui-re un’importante base di partenza per ogni tipo di discorso psicope-dagogico e pedagogico-clinico che voglia partire da una visione uni-taria dell’essere umano ove l’artificiosa divisione tra mente e corpo (etra mente e cervello), appartenente ad un ragguardevole passato nelquale certa riflessione filosofica ha avuto un ruolo preponderante,non ha ormai ragione di esistere.

Il perfezionamento di tecniche di neuroimaging (si pensi allestraordinarie potenzialità della magnetoencefalografia) ha permessolo studio del cervello “in vivo” sia dal punto di vista anatomico chefunzionale evidenziando in maniera progressivamente più precisa lanatura dei processi nervosi durante lo svolgimento di compiti cogni-tivi, motori o relativi a stati emozionali. Pur essendo ancora lontanidal comprenderli in tutta la loro meravigliosa complessità, le sugge-stioni offerte sono molteplici.

167

La corporeità è rivelazione dell’armonia che fa dell’uomo, come affer-mava Democrito, un microcosmo o convergenza delle diversità tendentiall’unità. Sotto questo aspetto, la corporeità è un universo in piccoloche condensa l’armonia del macrocosmo. E, insieme, costituiscono l’i-neusaribile fonte della meraviglia (Palumbieri, 2006).

Page 168: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Nonostante le recenti aperture della psicologia e della pedagogia itentativi di dialogo con le neuroscienze avvengono ancora prevalen-temente all’interno delle accademie o in ambito strettamente psicote-rapeutico o, talora, pedagogico-clinico. Dovrebbero invece al piùpresto rientrare a pieno titolo nella formazione degli insegnanti e de-gli educatori in generale, consentendo in loro la creazione di unamentalità aperta al dialogo e la costruzione di metodi e strumenti dilavoro continuamente aggiornati.

Il nostro lavoro non ha la pretesa di appropriarsi di campi appar-tenenti tradizionalmente alla ricerca filosofica o neuropsicologica mavuol essere una riflessione su quanto queste ultime siano, rivisitate inchiave psicopedagogica, in grado di prospettare scenari di enormeinteresse alcuni dei quali tenteremo di delineare.

L’ultimo ventennio ha visto la progressiva proliferazione degli stu-di sul rapporto mente-cervello (nell’ambito della psicobiofisiologia,della neuropsichiatria, della psiconeuroendocrinologia, della psicoso-matica, della biogenetica) che hanno fatto registrare una vera e pro-pria esplosione negli ultimi anni (si pensi ai lavori sullo stress di H.Selye, di O. Sacks e O. Turnbull sui rapporti tra cervello e mondo in-terno, agli studi sulla conoscenza del cervello di J. Eccles, alla messain luce dei rapporti tra costruzione del sé e anatomofisiologia cere-brale di J. LeDoux, agli studi psicobiologici di C. Trevarthen circa irapporti tra empatia e biologia, al lavoro di J. Kandel sulla relazionetra psicoanalisi, psichiatria e biologia della mente, alla scoperta neineuroni specchio operata da G. Rizzolatti, e ai lavori di G. Sinigaglia,e M. Iacoboni, fino ad arrivare alla genomica psicosociale di Rossi(D’Alessio, 2008; D’Alessio, 2009).

Nell’ambito della psicofisicità dell’età evolutiva la relazionemente-cervello-corpo alla luce delle recenti scoperte in campo neu-roscientifico evidenzia i legami tra attività cerebrale, attività menta-le, attività motoria, tanto più stretti quanto più precoce è l’età deisoggetti.

Come già felicemente intuito da Piaget, Bruner, Gardner, Doman,lo sviluppo delle rappresentazioni e dei processi cognitivi è stretta-mente legato alla qualità dell’attività motoria che il bambino puòesperire già dai primi mesi di vita. I recenti studi neuropsicologici

168

Page 169: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

evidenziano come lo sviluppo dell’io parta da esperienze motorie, edè effetto della profonda correlazione tra sviluppo motorio e sviluppoemotivo, intellettuale, sociale. Ogni movimento è strettamente corre-lato allo psichismo che lo produce, essendo al contempo fattore dicostruzione e modellamento di esso: l’interazione tra aspetti motori epsichici è immediatamente ravvisabile nelle emozioni che comporta-no mutamenti delle funzioni fisiologiche. Per questo motivo si avver-te la particolare necessità di convergenza tra studi pedagogici, psico-logici, psicoanalitici, sociologici, antropologici, biologici, fisiatrici edi correlazione tra linguaggi scientifici (psicogenetico, psicodinami-co, neuropsicologico…) che spiegano lo sviluppo sensomotorio, in-tellettivo ed affettivo, estrapolandone nelle varie fasce d’età lo svilup-po progressivo della personalità.

Risulta dunque evidente la necessità, per chi si occupa di disciplinepsicopedagogiche, di non trascurare tali apporti al fine di costruire ifondamenti di una psicopedagogia della corporeità la quale, all’inter-no di una visione umanistico-personalistica dell’educazione e dellaformazione, parte da un’idea di essere umano come unità bio-psico-socio-spirituale, in cui corpo e pensiero, indissolubili in ogni singoloessere umano, gli conferiscano anche carattere di irripetibilità.

La valorizzazione del corpo e del movimento si muoverebbe dun-que all’interno di un’antropologia di stampo umanistico-personalistariletta alla luce delle più recenti teorie neuroscientifiche, la cui visio-ne consenta di elaborare teorie e tecniche psicopedagogiche che trag-gano dalla prima fondamento e dalle seconde giustificazione (si pensialle suggestioni della neurodidattica o al valore compensativo e vica-riante delle attività motorie e sportive che rappresentano veri e pro-pri veicoli privilegiati per l’accesso ai saperi).

2. Corpo e Corporeità: uno sguardo filosofico

Dal punto di vista della filosofia occidentale, nell’antichità corpo eanima sono stati sempre studiati in maniera dialettica o addiritturaoppositiva. Secondo Platone il corpo è tomba dell’anima, che se nedistacca nell’ascesi; per i neoplatonici esso è semplicemente materia.

169

Page 170: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Anche Aristotele, pur tentando di risolvere tale dualismo nella teoriadell’atto primo, considera la vita corporea come una condizione se-condaria; essenza propria dell’uomo è invece la vita razionale, cheviene esplicata meglio se distaccata da ogni esigenza corporea. La vi-sione cartesiana del corpo come compresenza di materia estesa e ma-teria pensante conferisce una nuova importanza allo studio del corpoe lo stesso Leibniz propone l’armonia tra anima e corpo (Palumbieri,2006). Si tratta comunque di approcci dualistici, ove il corpo è consi-derato come sostanza estesa, quantizzabile, sede di processi fisiochi-mici non differenti dall’animale, né dal cadavere. Il secolo XIX è sta-to caratterizzato da due approcci contrapposti: quello logocentricodell’idealismo e quello somatocentrico che si focalizza su ciò che erastato trascurato dalla cultura classica, tendente a ridurre il corpo apuro strumento (ib.).

Nella cultura contemporanea il corpo è considerato all’inizio diogni discorso sull’uomo: ciò non è esente dal rischio di una visionematerialistica che lo considera come principio da cui tutto parte edin cui tutto si risolve. La separazione mente-corpo, avente radice nel-le cartesiane res cogitans e res extensa, sembra ormai del tutto supera-ta da parte di più comunità scientifiche lasciando spazio a visioni ditipo olistico, che, pur partendo da studi che per necessità analitichevengono condotto su versanti differenti, integrano i loro apporti ten-tando di fornire descrizioni, spiegazioni, interpretazioni, applicazioniin risposta ad interrogativi, problemi, esigenze riguardanti lo svilup-po dell’essere umano e la sua formazione. Il punto di partenza è unavisione dell’uomo come unità indivisibile, ove le dimensioni biologi-ca, psicologica, sociale sono aspetti nella realtà vitalmente unificati edove l’uomo integrale non è oggetto osservato, ma soggetto perci-piente (ib.).

3. La corporeità come prima dimensione dell’essere umano

Una prima chiarificazione è di tipo terminologico. Per corpos’intende l’espressione concreta della dimensione corporea fatta diorgani e funzioni e avente le caratteristiche della complessità, della

170

Page 171: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

evolvobilità qualitativa, della verticalità somatica. Per corporeitàs’intende invece l’autopercezione di essere corpo che ci permette dicollocarci nel mondo; tale soggettivizzazione, secondo Marcel, per-mette di attuare processi di conoscenza io-mondo non di mero con-tatto ma di tipo trasformativo (ib.). Dunque alla visione del corpocome oggetto (Korper), come materia da trattare ed osservare ap-partenente all’anatomofisiologia, si accosta quella mutuata dal me-todo fenomenologico che ci permette di soggettivizzare sensorial-mente il corpo, come esperienza organica significativa (Leib).Scienze quali la psicosomatica e la psicoimmunologia hanno messoil luce come nell’esperienza quotidiana le due entità non siano se-parabili. Nel momento in cui il corpo si coglie come mio-corpo, ca-ratterizzato dalla endodinamicità (vita) abbiamo la prima esperien-za fenomenologica della corporeità o corpo come esperienza viven-te (ib.). Tale esperienza originaria o autocomprensione pre-riflessasi fonda sulla percezione immediata del corpo.

La prima realtà che fenomenologicamente incontriamo nella co-scienza è la realtà corporea propria. La prima scoperta che il bambi-no fa è il corpo e così anche la prima sensazione ancora indetermina-ta della nostra esistenza corporea prodotta dalla sensibilità degli or-gani interni è la cenestesi, sentimento fondamentale e pretetico del-l’essere (ib.). L’esistenza come presenza viene colta fondamentalmen-te nel sentimento del proprio corpo e di quanto ad esso si riferisce; ilmondo stesso per l’uomo esiste – nel senso forte della parola - graziealla sua percezione corporea globale. Per questo motivo si può parla-re di primato esistenziale del sentimento fondamentale corporeo, de-finito dalla corrente personalista “incarnazione”, ovvero autoperce-zione somatica facente parte della propria identità (ib.). La sensazio-ne di unità corporea è caratterizzata dalla molteplicità somatica dicontro a quella della specificità degli organi diversi, carica di signifi-cato e di autoappartenenza profonda. Si può parlare di sentimentofondamentale bio-organico come percezione di unificazione di tuttoil corpo che ci permette di sentirci corpo vivente.

Secondo Edith Stein (Donnarumma-D’Alessio, 2008), esso è auto-percezione di centro intorno al quale si ordina tutto il mondo spazia-le; il sentirsi corpo globale fa sì che l’interno sia dato da sé stesso,

171

Page 172: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

non solo come corpo delimitato dalla superficie, in cui si sperimenta-no sensazioni isolate provenienti da vari organi integrate in sensazio-ni più complesse (es. stanchezza, freschezza) che pervadono l’interocorpo e danno luogo a precisi stati mentali positivi o negativi.

4. Corporeità e persona

Considerare la corporeità come accezione dell’umano a partire daun corporeo che si determina e funziona come un io pensante, con-sente di eliminare ogni interpretazione unilateralmente fisiologica omaterialista (Palumbieri, op. cit.).

L’uomo è certamente corpo biologico, ovvero universale corporeoe pulsionale del vivente animale che però in lui diventa “cosciente”.Grazie al Leib, forma percettiva dell’unità di tutte le sensazioni orga-niche, l’uomo ha la sensazione della presenza del suo corpo a sé stes-so e all’esterno, dandogli la sensazione che il suo corpo è lui stesso, èil suo corpo (Marcel, 1980) e non una cosa da nutrire, vestire, utiliz-zare come strumento (ib.).

Appare dunque che il corpo è il segno esteso, visibile, fenomenicodella corporeità come condizione ontologica dell’essere unitario del-l’uomo. Nel pensiero di Antonio Rosmini il corpo-esperienza, quellovissuto, alla base del sentimento fondamentale corporeo è percezioneimmediata del proprio corpo e sfondo per ogni forma di conoscenzadell’uomo, condizione per l’intuizione dell’essere (ib.).

La corporeità ha diversi ruoli all’interno di una visione globaledell’uomo. Il ruolo individualizzante è quello del cogliersi sul pianofisico, come individuo in possesso di questo corpo e sul piano auto-percettivo come momento della sintesi coscienziale, in cui mi sentocorpo qui ed ora in questa porzione di mondo (ib.). Nel ruolo dialet-tizzante l’uomo, grazie alla corporeità, può sperimentare forme di-versificate di unione con l’altro (ib.). Il ruolo relazionante della cor-poreità permette inoltre che l’uomo comunichi all’altro la sua interio-rità, altrimenti inaccessibile, della quale la corporeità diventa moduloespressivo (ib.). Vi è inoltre il ruolo manifestativo, del limite comemanifestazione di parti e soggezione alla corruzione, consunzione,

172

Page 173: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

scadimento, fallimento, nelle esperienze estreme del dolore: nell’am-bito di tale ruolo viene collocato anche l’organismo come disposizio-ne armonica di parti e di funzioni biologiche, anatomiche, fisiologi-che (ib.). L’armonia fa dell’uomo un microcosmo: la corporeità è ununiverso in piccolo che condensa l’armonia del macrocosmo. Il cor-po è, in sintesi, molto più che un aggregato materiale: è apparizionedell’uomo completo, espressione nella quale l’uomo si manifesta in séstesso, l’esserci, la presenza, l’azione prima, il simbolo, la parola, l’ex-carnazione, l’interiorità che si apre (ib.).

La corporeità va dunque considerata nel quadro della unitotalitàantropologica: considerarla separata significherebbe ritornare allaconcezione riduttiva del corpo come mero oggetto e, insieme, farperdere alla persona la sua integralità irrinunciabile (ib.). L’assunzio-ne della dimensione corporea ai livelli ontologici – così da poter direcon Marcel (cit. in Palumbieri, 2006): “Il mio corpo non è quella co-sa che ho: io sono il mio corpo” – esige la collocazione nel quadrodell’indivisibile realtà personale. Pertanto, portare squilibrio tra i si-gnificati costitutivi del corpo è attentare al bene della persona. “L’of-fesa al mio corpo – scrive Bonhoffer- è un’attentato alla mia esistenzapersonale” (cit. in Palumbieri, 2006).

Quanto si è tentato di esprimere finora circa un concezione perso-nalistica della corporeità è ben sintetizzato nelle parole di Mounier:“Le due esperienze, in realtà, non sono distinte: io esisto soggettiva-mente ed esisto corporalmente formano un’unica e medesima espe-rienza. Non posso pensare senza essere ed essere senza il mio corpo:per mezzo suo io sono esposto a me stesso, al mondo, agli altri: permezzo suo sfuggo alla solitudine di un pensiero che sarebbe solo ilpensiero del mio pensiero. Rifiutandomi di concedermi una comple-ta trasparenza a me stesso mi getta continuamente fuori di me, nellaproblematica del mondo e della lotta dell’uomo. Sollecitando i mieisensi mi lancia nello spazio, invecchiando mi fa conoscere il tempo,morendo mi mette di fronte all’eternità; fa pesare la sua schiavitù, maè contemporaneamente alla base di ogni forma di coscienza e di vitaspirituale, mediatore onnipresente della vita dello spirito” (Mounier,1989, p. 36-37).

173

Page 174: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

5. Sviluppo cognitivo ed apprendimento motorio

Passando al punto di vista neuroscientifico un campo promettentedi ricerca è rappresentato dall’indagine sulla portata euristica dellarelazione tra funzioni cognitive ed affettive e movimento in età evolu-tiva, focalizzata sul cervello umano come oggetto di studio multidi-sciplinare di psicologia, neurofisiologia, neuropsicologia, psicobiolo-gia, psicopedagogia. Si è visto come nel corso della storia del pensie-ro si sia partiti da una legittimazione metafisica delle funzioni menta-li, in seguito connesse alla struttura del linguaggio, per poi arrivaread una loro naturalizzazione nel sistema nervoso ed infine alla totalecorporeizzazione di esse in interazione con l’ambiente.

In quest’ambito l’azione assume un’importanza basilare nella ma-turazione dei processi mentali. Da un punto di vista epistemologicovi è un tentativo di connettere causalità, fisiologia e fenomenologiadell’azione per una rivalutazione del corpo inteso non più come mec-canismo ma come organismo con una sua teleologia in proficuascambievole relazione con l’ambiente, dove l’essere umano apparecome sinfonia di un sé fisico, psichico, sociale, trascendente.

Si vuole dunque evidenziare come il concetto di incarnazionedella mente (embodiment) superi la rappresentazione proposizio-nale delle conoscenze proponendo invece la “corporeizzazione” diesse sulla base delle più recenti acquisizioni neuroscientifiche. Cir-ca il rapporto tra sviluppo cognitivo ed apprendimento motorio,appare particolarmente suggestivo l’approccio post-funzionalista,che ha come modello di riferimento le reti neurali ed i sistemi di-namici complessi e come punto centrale l’idea di soggetto cogniti-vo globale come fenomeno cognitivo emergente ed organizzato,che pone il corpo e l’esperienza motoria tra gli elementi costituentila persona. Risulta dunque anacronistica ogni posizione che scindai diversi aspetti delle funzioni mentali e guardi alla mente come adun’entità divisa dal corpo.

Gli studi neuroscientifici hanno messo in luce il coinvolgimentodei sistemi motori nella maturazione del sistema nervoso e dell’attivi-tà cognitiva all’interno della quale la componente motoria e motiva-zionale, nell’ambito di una visione unitaria della mente, è evolutiva-

174

Page 175: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

mente la più antica. Considerando infatti l’embrione, vediamo cheesso è un organismo in cui l’azione precede la sensazione: il movi-mento produce modificazioni nell’ambiente circostante, le cui conse-guenze vengono percepite modificando a propria volta i movimentisuccessivi.

La stretta relazione tra funzioni cognitive e motorie è evidente da-gli studi di Rizzolatti (2006), in base ai quali i neuroni detti specularirappresentano un meccanismo di natura motoria involontaria che sitrasforma in linguaggio. Il linguaggio umano deriverebbe quindi daquesta specificità del sistema motorio, all’interno del quale il movi-mento stesso è comunicazione e linguaggio, e rappresenta dunque unimportante veicolo per la maturazione cognitiva e l’integrazione so-cioaffettiva.

Per ciò che riguarda la relazione didattica, l’attuale gestione deicontesti scolastici è ancora fortemente dominata da una visione duali-stica del rapporto psiche-corpo, principalmente fondata sulle capacitàverbali dei suoi attori e risente ancora molto della parcellizzazione di-sciplinare che, pur essendo legittimata da esigenze analitiche, ha fattoperdere di vista l’unità dell’io-corpo, in cui l’io è espressione dell’uni-tà biopsicosociale che trova nel corpo la sua completa espressione.Nel sistema scolastico attuale il comportamento del docente è caratte-rizzato generalmente dal porsi come ruolo-sapere e dall’utilizzo di cri-teri cognitivo-mentali in cui gli aspetti sensomotori sono generalmen-te trascurati. Per questo motivo interessanti suggestioni vengono of-ferte dalla neurodidattica, ove la modalità di trasmissione del sapereutilizza l’educazione motoria come disciplina legata all’emotività e alpiacere per acquisire conoscenze o metodi in altri ambiti del sapere(Gomez, 2009). In questa prospettiva il ruolo del corpo è quello dimediatore nello sviluppo del germogliamento neurale connesso all’ap-prendimento: in tale processo l’azione reciproca degli schemi cogniti-vo-motori dell’individuo con le regole, i rapporti ed i significati insitiin ogni ambiente retroagisce sul comportamento cognitivo ed affetti-vo creando un processo interattivo complesso. Importanti sono altresìle implicazioni dell’integrazione dei sistemi di codifica cognitivo espaziale ed i loro effetti sulla capacità di assunzione di informazioni,autorganizzazione delle conoscenze, orientamento spazio-temporale.

175

Page 176: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Un altro aspetto significativo da un punto di vista strettamentepsicopedagogico è la valenza condivisa dello spazio motorio sportivocome fonte di significati all’interno di un sistema di relazioni favo-rente la sperimentazione della continuità della propria identità neltempo, l’utilizzo produttivo delle proprie energie e lo sviluppo diesperienze di successo alla base del senso del proprio valore.

6. Attività motoria e sportiva e costruzione dell’identità

Le riflessioni che seguono sono mutuate, oltre che da studi speci-fici, (che ci si propone di approfondire ulteriormente), dall’osserva-zione diretta di una serie di dinamiche personali, relazionali, cultura-li, sociali riguardanti il rapporto fra bambini, attività motoria e mo-dalità di affrontamento della pratica di discipline sportive in diversicontesti (scolastico ed extra).

L’esito finale di questi approfondimenti dovrebbe consistere nellarealizzazione di percorsi costruiti sulla base dell’interazione continuadelle discipline psicologiche, pedagogiche, sociologiche e mediche, icui risultati vadano integrati in un prodotto finale inclusivo di tuttigli apporti, ovvero con una valenza formativa di tipo globale.

L’idea è nata dalla condizione di chi scrive: contemporaneamentedocente, genitore, psicopedagogista, sportiva, la cui forte attenzioneai problemi dell’educazione contemporanea ha portato a scorgerenella valorizzazione delle pratiche legate al movimento in età evoluti-va grandi potenzialità formative, un tempo prerogative della agenzieeducative tradizionali (famiglia, scuola, chiesa, associazioni), la cuicrisi (Acone, 2004) è purtroppo tristemente evidente. L’obiettivo ditali pratiche va ben oltre il sviluppo fisico.

Affrontare lo sviluppo e l’educazione partendo dal corpo, intesocome Leib e non come mero Korper, ci sembra una maniera tra le piùefficaci ed immediate, in tempo di crisi di valori, di veicolare conte-nuti che contribuiscano alla formazione integrale dell’essere umanocome essere maturo, competente, responsabile.

La pratica sportiva, a tutti i suoi livelli, costituisce forse ancorauno dei pochi “universali” condivisi dalle diverse società. La ragione

176

Page 177: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

di ciò, a nostro avviso risiede nel fatto che, quando correttamenteproposta ed attuata, induce una sensazione di benessere nelle dimen-sioni biologica, psicologica, sociale dell’uomo curandone anche la di-mensione etica, all’interno della quale, quest’ultimo si dibatte neltentativo di trovare sfondi ed orizzonti comuni.

Partiamo da una riflessione di carattere generale: nello sport l’abi-lità e la destrezza fisica si coniugano alla competitività, in cui l’agoni-smo e l’antagonismo sono mediati dallo spirito di rispetto dell’avver-sario e dalla finzione della lotta che è tipica della gara. Anche losport, di per sé, è un momento della rivelazione dell’uomo per l’eser-cizio del pluridimensionale della corporeità e dell’intelligenza, dellaforza di volontà e della lealtà, della formazione del carattere, lo spa-zio per l’affermazione del sé (Palumbieri, op.cit.). Tale affermazionedel sé consiste nel rispetto dell’altro, nel conseguimento dell’unicoobiettivo concordato non per prevaricare, ma per misurarsi con laforza dell’altro; lo sport, inoltre, è lo spazio per lo sviluppo delle atti-tudini della socialità, nella coordinazione dei sistemi di gioco, di at-tacco o di difesa e nella più ampia integrazione con la squadra (ib.).Le patologie dello sport si evidenziano sia a livello individuale, quan-do viene esercitato come esibizionismo, sia a livello collettivo, quan-do prevale il commercialismo ove si cerca di oscurare la tensione in-trinseca dell’attività ludica che è la spontaneità e la gratuità; pertanto,quanto più lo sport viene praticato per mettersi in mostra o per rica-varne profitti a tutti i costi ,tanto più perde di slancio – che è invececostitutivo- e si meccanicizza (ib.). Questo messaggio è tanto più ur-gente oggi, in cui si tende al mercato sportivo tanto diverso dall’ago-nismo ellenico impregnato di quelle idealità che non sono frutto del-le ideologie del tempo, bensì espressioni di quella struttura d’essereche è all’interno della tensione ludica.

Il fine dello sport può essere visualizzato o come prossimo o comeremoto: quello prossimo coincide con quanto immediatamente si in-tende conseguire con una certa azione ed è, nel caso particolare, svi-luppare e fortificare il corpo sotto il profilo statico e dinamico; il finepiù remoto è lo sviluppo della personalità aperta alla socialità (ib.).Ma c’è anche un fine profondo, che è la preparazione mai completataalla vita come slancio verso una meta secondo la gerarchia dei valori

177

Page 178: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

che il soggetto intravede; in questa complessa operazione si distin-guono alcune virtù richieste per un atleticità a livello della formazio-ne della personalità e sono disposizioni etiche che, mentre aiutanol’atleta a vivere nell’integralità della sua esistenza personale e socialel’attività ludica, nello stesso tempo lo corroborano per una produtti-vità specifica nel campo agonistico: esse possono essere il coraggio, lafortezza, la docilità, l’umiltà, la resistenza, il sacrificio, la condivisionedella gioia dell’altro e dell’affermazione anche dell’avversario (ib.).

Nelle società occidentali, uno degli aspetti caratterizzanti la post-modernità è quello della quasi totale emancipazione dell’essere uma-no dalla necessità di movimento fisico. Gli innegabili vantaggi in ter-mini di ottimizzazione dei tempi, che ciò comporta ha portato ad unaserie di conseguenze sul piano medico ben note a tutti: sembra che lascarsità di attività fisica sia una condizione innaturale e anzi nocivaall’essere umano.

L’incremento progressivo della pratica di discipline sportive osemplicemente del camminare1 ne è la dimostrazione: laddove nondeve più muoversi o stancarsi fisicamente per sopravvivere, l’uomo sicrea artificialmente occasioni in cui ciò può avvenire. All’interno diquesto fenomeno una grossa fetta è rappresentata da quella che defi-niremmo “tensione verso l’estetica” che culmina nell’idea di un cor-po sano quindi bello, come conseguenza della pratica disciplinata diuna o più attività motorie. Diciamo che in questa sede le dinamicheconnesse a tale fenomeno nel mondo adulto non saranno prese diret-tamente in esame, se non in relazione alla loro valenza formativa sullegiovani generazioni.

Partendo infatti da un punto di vista prettamente psicopedagogi-co (il che comprende anche il biologico) è evidente che, se per l’adul-

178

1 La semplice osservazione delle strade sia cittadine che periferiche può por-tare chiunque alla constatazione dell’aumento progressivo delle persone chepraticano la corsa lenta, il cosiddetto “jogging”. L’incremento di questofenomeno sarebbe, tra l’altro, una delle numerose assimilazioni di stili di vitatipicamente statunitensi. Senz’altro non la peggiore, aggiungiamo.

Page 179: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

to la scarsità di movimento è deleteria, per un bambino rappresentauna forte limitazione, in alcuni casi addirittura la chiusura di un im-portantissimo canale formativo che può essere causa di una serie diproblemi di crescita fisica, psicologica, sociale. Si pensi anche solo al-la molteplice valenza del gioco motorio spontaneo, di gruppo, all’a-perto. Ovvero ciò che ha costituito gran parte della giornata deibambini, dalla preistoria fino a metà del secolo scorso e che per ibambini di oggi rappresenta un vero lusso, essendo quasi impossibiletrovare tempi e spazi per praticarlo.

A differenza di molti altri giochi tradizionali, che non potendocompetere con la tecnologia di quelli attuali hanno perso interesseagli occhi dei bambini, questo tipo di gioco è un classico senza tem-po. Oltre infatti all’innegabile sensazione di benessere fisico indottadal movimento all’aria aperta, l’aggregazione spontanea di bambinicomporta il piacere connesso al divertirsi insieme, la condivisione dipensieri e stati d’animo, momenti di grande importanza per la cresci-ta psicologica. Dimensioni che sono limitate quando, ad esempio, sipratica uno sport con l’istruttore, contesto nel quale non c’è necessi-tà, come nel gioco di gruppo spontaneo, di prendere decisioni e sta-bilire regole accettate da tutti, gestire le conflittualità, negoziare: tut-te attività preparatorie alla vita sociale di sicura efficacia.

Tornando all’interazione tra biologico e psicologico, il gioco all’a-ria aperta, abituando ad un impegno fisico che durava anche alcuneore, induceva una maggior resistenza alla fatica ed alle temperature(sia calde che fredde). Inoltre lo sporcarsi e i piccoli incidenti comecadute, sbucciature e qualche inevitabile scazzottata erano all’ordinedel giorno e venivano ampiamente tollerate anche dai genitori indu-cendo una tolleranza del dolore fisico e delle inevitabili tensioni chesorgevano nell’interazione, le quali fortificavano la capacità di affron-tare le difficoltà dell’esistenza. Siamo convinti che questi momentisiano assolutamente indispensabili e non vi sono, a nostro avviso, at-tività sostitutive che abbiano uguale valenza sull’evoluzione psicofisi-ca e sulla formazione.

Alimentati con cibi di facile consumazione e digestione, spesso insovrappeso, inebetiti dalla pubblicità che li induce a circondarsi dioggetti inutili, divisi tra compiti scolastici, corsi d’inglese, computer e

179

Page 180: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

playstation, in case dove la televisione è sempre accesa, abituati adaddormentarsi davanti ai canali che trasmettono cartoni 24 ore su 24ed a svegliarsi davanti al medesimo spettacolo, le interazioni con i ge-nitori ridotte al minimo, bambini e ragazzi al massimo dedicano setti-manalmente 2 o 3 ore al movimento, dove nell’ora è spesso compresoil tempo di spogliarsi e rivestirsi.

Una delle cose che inoltre capita sovente di osservare è una sorta diiperprotezionismo fisico-psicologico: il tentativo di preservare il pro-prio spesso unico figlio da ogni forma di fatica, dolore, conflitto, e ladrammaticità con la quale questi momenti vengono vissuti prima ditutto dal genitore e di riflesso, dai figli, sta generando, come sostengo-no molti pediatri intervistati da chi scrive, una generazione di “inetti”.

L’affrontamento autonomo della strada, anche per brevi percorsi,o lo stesso gioco in strada, a causa di pericoli reali o presunti, sonoelementi quasi del tutto scomparsi dalla vita dei bambini: quasi nes-suno gioca più per strada e moltissimi non fanno da soli nemmenopiccoli tratti. Queste attività costituirebbero invece un poderoso alle-namento per i processi attentivi , a nostro avviso, di valore trasversa-le: un bambino che percorre anche solo alcune centinaia di metri perrecarsi a scuola o va in bicicletta deve essere attento ad un’infinità dicose, il che provoca l’allertamento contemporaneo di più sensi, e lacoordinazione sempre più precisa dell’attenzione con il movimento.

Volendo ulteriormente soffermarci su quella che potremmo defi-nire una sorta di “fenomenologia” dell’infanzia contemporanea, sot-tolineiamo che chi scrive è da almeno vent’anni, per motivi sia pro-fessionali che familiari, osservatrice attenta e studiosa di quanto acca-de nel mondo dei bambini, a scuola, in casa, nei contesti ludici esportivi. La forte curiosità scientifica per il dipanarsi e l’evolversi didinamiche che vedono la connessione tra stili di vita e di pensiero digenitori, insegnanti, istruttori, sportivi ed il loro esito sulle modalitàdi sviluppo dei bambini, e le numerose richieste di aiuto in tal senso,ci hanno portato spesso a riflettere su quale fosse la maniera ottimaledi affrontare alcune categorie di problemi.

La necessità di adeguarsi, nell’ambito dell’istruzione, al moltipli-carsi in maniera esponenziale delle conoscenze, la pubblicizzazionecontinua della necessità di acquisire una serie di contenuti e compe-

180

Page 181: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

tenze per “farsi strada” nella vita, porta molti genitori a bombardarei propri figli con attività di vario genere, con la motivazione che que-sti rappresentino l’alternativa ad un pomeriggio passato, dopo aversvolto i compiti, tra televisione, playstation, computer. In tutto ciòspesso è inserita anche l’attività motoria e sportiva. Ma perché gli ef-fetti di tipo globale che prima abbiamo menzionato si facciano senti-re, dev’esserci una concomitanza di fattori: l’adeguatezza del luogo,la possibilità di fruirne in un tempo disteso dove il bambino non arri-vi già affannato e stanco o debba scappare via immediatamente do-po, la competenza professionale degli istruttori, sulla promozionedella quale da diversi anni sia il CONI che altre associazioni hannoattivato diverse iniziative formative.

Vi è uno stretto rapporto tra lo sviluppo di un’identità solida eduna realistica autostima, in larga parte costituita dal riconoscimento ela valorizzazione della propria corporeità, non in senso riduttivamen-te estetico ma come entità corporea unica ed irripetibile. Lavoraresulla corporeità significa dunque rafforzare l’autostima ed il senso diidentità: si pensi ai correlati psicologici della posturologia e dell’o-steopatia, discipline olistiche in base alle quali è possibile modificareil proprio “stare nel mondo” proprio a partire dal corpo.

È noto a tutti che la qualità dell’attività motoria ha un effetto sullacostruzione dell’identità soprattutto in età evolutiva. Ciò sembra es-sere ignorato nella quasi totalità delle attuali scuole primarie, dove ledue ore che dovrebbero essere dedicate all’educazione motoria ven-gono occupate da altro. Bisognerebbe invece valorizzare le tematicheteorico-pratiche ad essa relative, elaborando riflessioni e progetticoncreti riguardanti il rapporto tra corporeità ed identità ed i modiin cui è possibile intervenire in età evolutiva.

Sommando gli effetti della scarsa attività fisica a quelli del circuitoeconomia-pubblicità-spettacolo-consumo, si favorisce la confusionetra bisogni reali e desideri indotti, inducendo spesso i soggetti a com-portamenti pericolosamente simili a veri e propri disturbi alimentari.L’attività motoria come educazione alla gioia di muoversi, al rispettodi sé e dell’altro può avere notevole valore formativo e rieducativonei casi di soggetti iperattivi, con disturbi della condotta o al contra-rio ipocinetici; potrebbe inoltre essere una forte antidoto alla pro-

181

Page 182: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

gressiva pervasiva virtualizzazione dell’esperienza fin dalle tenera età,favorendo il contatto significativo con luoghi e persone reali. La pre-sentazione e la pratica inoltre delle diverse discipline sportive, ognu-na delle quali oltre a sviluppare specifiche abilità ha anche valenzeformative differenti, ci induce a riflettere sul fatto che l’educazionemotoria riveste un’importanza tutt’altro che marginale, e come talenon può più essere uno dei fanalini di coda nella scuola pubblica.

L’attività motoria e sportiva dovrebbe altresì favorire lo sviluppodella capacità di resilienza (D’Alessio, 2008; Trabucchi, 2009) defini-ta come la capacità dell’individuo di reagire con successo a situazioniavverse imparando a sviluppare competenze a partire dalle difficoltàe rafforzando la fiducia in sé e nel proprio agire. Le variabili psicolo-giche coinvolte nei processi di resilienza sono la forza d’animo, il sen-so del proprio valore, la speranza e l’ottimismo, il senso di competen-za ed autoefficacia, l’empatia e la disponibilità, il potere, la comunità,l’insight, l’indipendenza, la relazionalità, l’iniziativa, la creatività, ilsenso dell’umorismo, la moralità: tutte dimensioni ampiamente favo-rite dall’educazione motoria e sportiva. Il principio in base al qualeciò che viene appreso in un contesto viene applicato anche ad altri fasì che le competenze sociali ed i valori che lo sport trasmette e con-sente di vivere (spirito di squadra, disponibilità a fornire una presta-zione, disciplina) vengano trasferite anche in altri campi dell’esisten-za umana. Nello splendido testo “Resisto dunque sono” Pietro Tra-bucchi presenta numerose evidenze scientifiche a sostegno di tale te-si, riportando un’efficacissima espressione di Christian Zorzi, meda-glia d’oro alle olimpiadi di Torino 2006: “La capacità di resistere allostress, di superare gli ostacoli e di rimanere motivati nel perseguire ipropri obiettivi: questa è la resilienza. Ho trovato estremamente inte-ressante l’idea che si possa costruire, allenare ed insegnare alle nuovegenerazioni. Se lo sport deve dare qualcosa di buono alle nuove ge-nerazioni, questa potrebbe essere la strada. Dai campioni dello sporte dalle loro storie possiamo apprendere tecniche e metodologie perportare nella vita, nella scuola, nel mondo del lavoro, nel quotidiano,la capacità di essere resilienti… Credo che oggi nel nostro mondo cisia bisogno di molta resilienza” (Trabucchi, 2009, p. 210).

182

Page 183: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

7. Ricerche sul “cervello in movimento”

La corrente funzionalista aveva già stabilito una diretta connessio-ne tra esercizio fisico e abilità mentale, che aiuta i soggetti praticantiattività ludico-motorie o sportive a conseguire una maturazione pre-coce di parametri intellettivi e maggiore prontezza nella prestazionecognitiva. Nell’atto sportivo sono comprese le aree del linguaggio,della memoria, dell’attenzione, dell’intelligenza e dunque l’attivitàsportiva influisce positivamente su stili attentivi, percezione e proces-si di costruzione ed elaborazione dell’informazione.

Da un punto di vista neuroscientifico si è rilevato che l’eserciziofisico aumenta la neurogenesi dell’ippocampo ed i neuroni neogene-rati si inseriscono nei circuiti ippocampali, suggerendo che ciò possacontribuire al potenziamento delle capacità cognitive (Kempermann,2000). Il movimento causa non solo un miglioramento della vascola-rizzazione dei muscoli ma anche del tessuto nervoso: l’attività fisicaaumenta il volume e le ramificazioni dei capillari cerebrali rendendopossibile l’angiogenesi; inoltre, grazie all’attivazione ed alla disattiva-zione di geni specifici per la sintesi dei trasmettitori e delle strutturecellulari presenti nel nucleo, il movimento stimola anche la neuroge-nesi. Anche il potenziamento mnestico a lungo termine è favorito dalmovimento (Ayan, 2009).

I neuroni dell’ippocampo, che è tra le regioni più studiate del cer-vello, sono così addensati che possono archiviare per lungo tempo leinformazioni in entrata tramite speciali meccanismi che provocanorapidi cambiamenti plastici nelle cellule nervose: un’attività fisica re-golare aumenta queste possibilità (Ayan, 2009). L’aumento della neu-rogenesi dovuto al movimento può favorire fenomeni di riparo cere-brale dopo una lesione del sistema nervoso centrale adulto: numero-se evidenze sperimentali dimostrano che l’esercizio fisico determinauna forte riduzione della morte neuronale dell’ippocampo e migliorail recupero motorio dopo l’ischemia cerebrale. L’attività motoria pro-muove negli animali adulti l’espressione di fattori neuroprotettivi chefavoriscono i fenomeni di plasticità, come le neurotrofine. Tali studihanno evidenziato come l’azione dell’attività motoria, agendo su fat-tori endogeni, potrebbe potenziare la capacità di far fronte al declino

183

Page 184: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

delle funzioni cerebrali ed aumentare la capacità di risposta a lesioni(Doidge, 2008).

Secondo la Kubesch (2004, 2005, 2007), per il cervello l’attività fisi-ca è un’esperienza che provoca adattamenti neurobiologici mutevoli.Essa influisce sull’attivazione o disattivazione di più di 500 geni diffe-renti. Infatti, oltre a stimolare i processi di sviluppo del cervello infan-tile e di conservare anche in età adulta la capacità di fornire prestazionicognitive, il movimento favorisce la neoformazione, la crescita, la con-servazione e la connessione di cellule nervose; adattamenti, questi, ge-nerati sia dall’aumento di fattori di crescita di tipo neurotropico dovu-to all’allenamento ed ai carichi utilizzati, sia da una maggiore concen-trazione di neurotrasmettitori come la serotonina. Ne consegue che,essendo la quantità di cellule nervose e di sinapsi collegate con l’effi-cienza cognitiva, emozionale e sociale, si è potuto ipotizzare che l’atti-vità fisica abbia effetto anche sulle prestazioni intellettuali di alto livel-lo. Queste, definite funzioni esecutive, riguardano ad esempio la capa-cità di concentrarsi sull’essenziale e di inibire l’esecuzione di attività incontrasto con l’obiettivo perseguito ed il contesto, ed hanno anche ache vedere con il comportamento sociale (aggressività ed empatia). Perverificare tali ipotesi sono stati utilizzati test neuropsicologici compute-rizzati (Marker Tasks, elettroencefalogramma ed analisi genetico-mole-colari). È emerso che, tenuto conto che le prestazioni cognitive posso-no beneficiare maggiormente del neurotrasmettitore dopamina, neisoggetti in cui nella parte frontale del cervello la dose di dopamina siriduce più lentamente a causa di un processo genetico, se sottoposti asforzi fisici, la dose di dopamina viene incrementata e si nota un mi-glior rendimento in compiti particolarmente impegnativi. Ad esempiosi è rilevato che, dopo una corsa di otto minuti rispetto ad una condi-zione di riposo, migliorano i risultati su test di memoria a breve termi-ne e concentrazione; due corse progressive della durata di tre minuticonsentono di memorizzare più velocemente dei vocaboli e di miglio-rare la capacità di memorizzazione nello spazio di 6 mesi, anche se lostudio dei vocaboli precede una corsa di resistenza di 40 minuti. Insintesi, associando la lettura, il calcolo, la ripetizione di vocaboli in lin-gua straniera a movimenti impegnativi dal punto di vista della coordi-nazione si ottengono risultati migliori (Kubesch, op. cit).

184

Page 185: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Anche secondo Kramer (2007), ai fini di un miglioramento delleprestazioni fisiche e mentali attraverso le attività motorie sono parti-colarmente efficaci le offerte di movimento che associano un caricoaerobico alla forza e alla mobilità e che coinvolgono anche le capaci-tà coordinative (equilibrio, reazione, adattamento e differenza). Inquesti processi un ruolo importante è svolto dai lobi frontali e dalcervelletto, responsabile di processi motori e di numerose funzionicognitive, come la concentrazione e la memoria di lavoro. Su questabase è stato possibile dimostrare, che esercizi bilaterali basati sullacoordinazione, grazie al coinvolgimento delle strutture neuronalipreposte a compiti sia cognitivi che coordinativi, migliorano la velo-cità e la precisione della concentrazione (ib.).

Ricerche condotte da Hillmann (2009) e Tomporowski (2008)hanno messo in evidenza che i bambini più sportivi ottengono in me-dia risultati scolastici migliori e che le loro prestazioni sono propor-zionali alla loro resistenza fisica; sembra inoltre che l’allenamento allaresistenza aerobica, attraverso un’attività muscolare protratta e tran-quilla, sia molto efficace nel rafforzare le capacità di pianificare azio-ni e coordinare le capacità esecutive.

Secondo una ricerca di Petty (2009), l’attività fisica agevola lo svi-luppo di una sana autostima promuovendo il benessere mentale adessa connesso. Confrontando lo stato d’animo di ragazzi in sovrappe-so prima e dopo un programma di allenamento, è emerso che essiavevano sviluppato più buonumore e soddisfazione per sé stessi.

L’allenamento aerobico riduce inoltre il livello dell’ormone dellostress, il cortisolo (D’Alessio, 2009), rilasciato dalle ghiandole surre-nali, che ha come primo effetto la produzione di energia a breve ter-mine ma, a lungo andare, provoca fenomeni di morte neuronale nel-l’ippocampo; in ciò l’attività fisica ha una vera e propria valenza neu-roprotettiva. Inoltre muoversi aumenta i livelli cerebrali di triptofa-no, che è un precursore della serotonina, la quale diminuisce nei sog-getti depressi, unitamente al BDNF (fattore di crescita nervosa), percui spesso in tali sindromi viene somministrato un farmaco inibitoredella ricaptazione della serotonina. Uno studio di Blumenthal (1999)ha dimostrato che l’allenamento produceva un effetto terapeuticoequivalente a quello di tali farmaci nella sindrome depressiva.

185

Page 186: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Anche gli effetti positivi generati dai giochi di integrazione efairplay possono essere neurologicamente provati. Sempre secondola Kubesch (op. cit.), l’assunzione da parte del cervello di un com-portamento corretto e leale equivale ad una vittoria mentre, in ca-so di atteggiamento scorretto, esso reagisce manifestando dolore emalessere fisico attivando l’area cerebrale relativa allo stomaco. Alcontrario in chi osserva uno sportivo che si comporta lealmente, simette in moto il sistema di compensazione, ad es. in occasione diatteggiamenti cooperativi che, attivando le aree cerebrali ad essiconnesse, incita l’osservatore a fare altrettanto rafforzando talecomportamento.

Tali considerazioni hanno tanto più valore alla luce degli studi re-lativamente recenti di Blalock (1989) che ha scoperto che non esisteseparazione tra i sistemi nervoso, endocrino, immunitario i quali co-municano tra di loro grazie a neurotrasmettitori detti “ubiquitari”.

L’addestramento sportivo si può dunque definire a pieno titoloun tipo di apprendimento cognitivo con componenti emotive e socia-li che consente, attraverso l’acquisizione di abilità motorie generali especifiche, di ampliare e differenziare le proprie competenze, ricono-scendo all’individuo un ruolo attivo nella costruzione della compe-tenza e delle sue prestazioni motorie.

Attraverso la pratica sportiva, oltre a sperimentare la percezione ela padronanza del proprio corpo, si offre la possibilità a chi è porta-tore di una diversità di soddisfare in modo produttivo bisogni legatiall’esperienza di gioco, agonismo e vita di gruppo, occasione che ra-ramente viene loro offerta nei contesti di vita quotidiani. I rapporticon l’ambiente si strutturano anche attraverso il movimento e gli ef-fetti autopercettivi di questo processo contribuiscono all’organizza-zione della personalità.

L’azione reciproca degli schemi cognitivo-motori dell’individuocon le regole, i rapporti ed i significati insiti in ogni ambiente, re-troagiscono sul comportamento cognitivo ed affettivo creando unprocesso interattivo complesso. In esso lo spazio motorio sportivoassume anche una valenza simbolica condivisa che produce signifi-cati all’interno di un sistema di relazioni; ciò implica l’uso di duesistemi di codifica della presa d’informazione spaziale: uno autor-

186

Page 187: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

ganizzativo ed uno di codificazione spaziale, la cui integrazionepermette una migliore capacità di orientamento spazio-temporale.Ciò comporta, ad esempio, la sperimentazione della continuitàdella propria identità nel tempo che è alla base di un utilizzo pro-duttivo delle proprie energie, condizione a sua volta importanteper avere di esperienze di successo che conducono a sviluppare ilsenso del proprio valore.

L’attività motoria, attraverso la percezione, la verifica ed il con-fronto immediati della propria esperienza, affina le capacità autore-golativa e diviene motivo di emancipazione. L’acquisizione progressi-va dell’indipendenza che ciò consente incide sulle dinamiche matura-tive di tipo cognitivo, investigativo ed affettivo aumentando il sensodi autoefficacia, ovvero il sentirsi capaci di raggiungere obiettivi pre-posti.

In quest’ambito la pratica di un’attività sportiva può senz’altro ri-vestire un ruolo di primo piano nell’acquisizione di nuove possibilitàdi comunicazione e percezione del proprio mondo interno che, uni-tamente allo sviluppo di competenze relazionali con la realtà esterna,favoriscono la costruzione di stili di vita attiva.

Partendo dal presupposto che ogni assetto cognitivo comporta lamessa in gioco di processi di tipo affettivo, emotivo e corporeo, chiinsegna dovrebbe conoscere bene i livelli primitivi di sviluppo ed es-sere formato ad utilizzare il corpo e la sensorialità come medium disistemi rappresentativi precedenti, acquisendo, più che nuove parole,altre forme di pensiero che permettano di dare un senso alla culturamolto oltre quello del semplice linguaggio verbale.

8. Potenzialità dell’esperienza motoria nella diversabilità. L’edu-cazione alla corporeità e lo sport per l’integrazione

Nell’attività educativa sull’alunno diversabile o anche con gli alun-ni che per svariati motivi (immigrazione, appartenenza a fasce socialimarginali) non hanno familiarità con la lingua italiana, la possibilitàdi utilizzare l’esperienza ed il vissuto senso-motorio assume un’im-portanza centrale. Partire dall’azione corporea, ovvero dalla dimen-

187

Page 188: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

sione non verbale, può rappresentare per questi soggetti il canaled’accesso privilegiato a successivi livelli di comprensione logico-con-cettuali, sui quali l’intervento con un approccio puramente verbale oal massimo grafico risulta spesso inefficace.

Tali alunni hanno spesso un vissuto caratterizzato da continui fal-limenti cognitivi e spesso solo attraverso la scoperta della propria ef-ficienza motoria apprendono nuove possibilità di relazionarsi con ilmondo esterno. Correre, lanciare la palla o tirare a canestro permettedi sviluppare una visione più articolata delle proprie potenzialità conqualificazioni positive come efficienza fisica ed autonomia di azione.Attraverso la pratica sportiva, oltre a sperimentare la percezione e lapadronanza del proprio corpo si offre la possibilità a chi è portatoredi una diversità di soddisfare in modo produttivo bisogni legati all’e-sperienza di gioco, agonismo e vita di gruppo, occasione che rara-mente viene loro offerta nei contesti di vita quotidiani.

Sovente i piani educativi individualizzati per gli alunni portatori diuna qualche diversità sono troppo incentrati sul potenziamento dellecapacità e delle competenze prevalentemente necessarie in ambitoscolastico e sono carenti negli aspetti che consentono di attivare pro-cessi di integrazione all’interno di un prospettiva esistenziale più va-sta. Le attività sportive sembrano essere oggi uno dei modi più diffu-si per impiegare il tempo libero, tranne che nel mondo della disabili-tà, dove prevale un approccio puramente riabilitativo, e, per motiviculturali od economici, spesso anche nelle altre forme di diversità.

In questi ambiti la portata educativa dello sport offre invece occa-sioni irrinunciabili per compensare i problemi di sviluppo e/o la la-cune formative dovute a deficit specifici, in quanto le attività psico-motorie tipiche delle sport sono alla base di ogni apprendimento epossono accompagnare la crescita in ogni sua tappa. Tutto questo haun’importanza cruciale se si pensa che l’esperienza quotidiana in am-bito educativo e sociale del disabile o comunque del diverso lo portaa vivere situazioni in cui l’insuccesso e la frustrazione generano quel-la che viene definito “senso di impotenza appreso” che dà luogo a ri-petute esperienze di fallimento, che alla fine conducono alla struttu-razione di un’immagine di sé negativa.

Nella storia dello sport ha sempre prevalso un’idea di atleta sim-

188

Page 189: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

bolo di perfezione, bellezza, ed abilità: solo da un trentennio le per-sone disabili, la cui unica caratterizzazione era spesso la malattia, siaccostano alla pratica sportiva. L’eccezionale valenza di quest’ultima,da un punto di vista del superamento delle discriminazioni, sta nelfatto che nell’atto sportivo la disabilità viene superata valorizzando inmodo massiccio le abilità, facendo leva sulla determinazione perso-nale nel raggiungimento del confine dei propri limiti e nel supera-mento degli ostacoli, dove non vi sono disabili ma solo atleti.

Per ciò che riguarda gli sport di squadra, essi assolvono un’impor-tante funzione socializzante, non in senso generico come avviene inaltri contesti, ma profondamente aggregativa e di appartenenza, for-nendo quel tipo di sostegno sociale che permette di affrontare anchemomenti di sana competizione, dai quali spesso il disabile è escluso.Tali momenti sembrano essere insostituibili nel mettere in grado chiè spesso collocato già dal suo affacciarsi alla vita ai margini della so-cietà, di affrontare con grinta e slancio costruttivo il suo rapporto colmondo. Per ovvi motivi, la promozione di tali percorsi all’internodell’istituzione scolastica nei suoi primi segmenti, appare di partico-lare urgenza.

Una delle più grandi sfide dell’educazione motoria e sportiva oggiè rappresentata proprio dalla valorizzazione della differenza e con es-sa l’accettazione dei limiti e dei difetti del corpo come espressione diautenticità ed unicità esistenziale (Naccari, 2006). Educare alla diffe-renza significa cogliere la relatività assoluta della bellezza fisica, rela-tiva all’appartenenza alla terra, ad un luogo geografico, ad una cultu-ra, ad un sesso, ad un’epoca, cercando oltre tutti i condizionamentila bellezza dell’espressione del sé, nascosto nell’unicità insostitubiledi ciascun essere umano e nell’autentica disponibilità ad armonizzar-si con gli altri. La percezione di sé attraverso l’amplificazione dellarealtà propriocettiva può portare ad una migliore accettazione dellapropria realtà psicofisica e ad una valutazione dell’immagine perso-nale come espressione della persona dotata di volume psichico che sipalesa nel volume corporeo, restituendo a chi si muove il senso delproprio essere globale in movimento. Lo spessore del volume psicofi-sico, attraverso opportuni esercizi per l’amplificazione della consape-volezza sensoriale e la valorizzazione dei vissuti legati alle esperienze

189

Page 190: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

di movimento, contribuisce alla ricerca di una bellezza non massifica-ta che è quella dell’unicità della soggettività dell’esserci (ib.). Conun’attitudine fenomenologicamente orientata, che preveda la sospen-sione del giudizio verso gli altri e verso sé stessi, si può imparare adascoltarsi, muoversi e sentire autenticamente non solo in base ai det-tami ed ai clichè della ragione, che paragona e giudica in base a crite-ri estrinseci, ma promuovendo la visione dal cuore (DonnarummaD’Alessio, 2003) che va oltre l’apparenza, nell’autenticità profondadell’essere.

Spesso quest’attitudine è presente in chi, in base ai parametriestrinseci della normalità, è più diverso. I cosiddetti diversabili so-vente non sono inclini al giudizio e, se non fossero i presunti normo-dotati a far pesare con il loro sguardo il significato discriminante deiclichè della bellezza, non soffrirebbero della loro diversità. Per lavo-rare nella direzione di un’autentica integrazione, come armonia ditutte le differenze possibili, a scuola od in altri contesti, proprio l’e-ducazione motoria e gli sport consentono notevoli potenzialità, con-siderando ovviamente di volta in volta la molteplicità ed eterogeneitàdelle diversabilità possibili, senza con questo voler misconoscere ilreale problema di intervento specifico che il tipo di disabilità puòcomportare.

È proprio l’intelligenza corporeo-cinestetica a permettere l’acces-so a tutte quelle forme di intelligenza anche quando queste si presen-tano notevolmente depauperate. La realizzazione di laboratori dimovimento in cui sono presenti ragazzi normodotati e diversabili èformativa per entrambi. I primi infatti possono imparare attitudinigeneralmente in disuso tra i ragazzi, ovvero, l’empatia, il prendersicura dell’altro, l’accettazione della differenza, l’armonizzazione pos-sibile fra ruoli e competenze diverse; i secondi possono ispirarsi nel-l’acquisizione di quel senso dell’io, di autoconsapevolezza e respon-sabilità carente in loro, non solo a causa dei deficit manifestati, masoprattutto perché di solito privati delle opportunità per interagire etrovare forme di presenza e di esistenza. Tra l’altro la piacevolezza in-trinseca delle attività motorie e del giocare insieme attiva la motiva-zione per l’attività da svolgere e agevola lo sviluppo della creatività.

190

Page 191: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

9. Il laboratorio di movimento

I laboratori di movimento possono dunque valorizzare la specifi-cità espressiva di ogni essere umano, anche se portatore di qualchediversabilità (si pensi al lavoro di alcuni gruppi di teatro-danza, cheintegrano soggetti normodotati con diversabili); ogni differenza èpensata qui come ricchezza ed ogni contributo motorio può essereletto, interpretato ed amplificato dagli altri, in un quadro comples-sivo e variamente significativo di creatività autenticamente indivi-duale e di gruppo, che può nascere anche dagli stimoli più disparati(Naccari, 2006).

Per questo ogni rieducazione strumentale che si indirizza specifi-camente al sintomo e mira a sopprimerlo mediante un apprendimen-to più o meno dissimulato, non fa che aumentare le pressioni interne,diminuendo sempre più la sicurezza affettiva. L’espressione della mo-tricità individuale non deve invece essere legata a standard di prima-to o di classifica, ma deve condurre a determinare ed a considerareesclusivamente il livello personale di maturazione delle esperienzespecifiche vissute (ib.). Circa le diverse potenzialità che possonoemergere nel contesto dell’educazione motoria, non bisogna dimenti-care che ognuno di noi è un soggetto diversamente abile se collocatoin un contesto che non valorizza le attitudini personali. Spesso inol-tre i diversabili manifestano abilità vicarianti di iperdotazione rispet-to agli standard comuni. Le abilità ritenuti oggi normali sono infattiuna selezione umana, culturale, epocale delle potenzialità dell’essereumano terrestre.

Dunque non vi può essere un’educazione psicomotoria per ilbambino con ritardo, un’educazione psicomotoria per il bambinodislessico, un’educazione psicomotoria per il bambino normale diffe-renti l’una dall’altra.

Può invece esserci solo un’evoluzione verso una concezione globa-le dell’educazione e quindi verso un’accresciuta efficienza dell’azioneeducativa che deve in ogni caso tendere a dare al bambino – al ragaz-zo, all’adulto – i mezzi per sviluppare al massimo le sue possibilità equelli per la sua indipendenza (ib.).

L’utenza scolastica nel suo insieme presenta ormai sempre più

191

Page 192: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

forti immagini di varietà, molteplicità, disuguaglianza (si pensi allamassiccia presenza di alunni immigrati), confondendo ulterior-mente il confine già labile della normalità. L’educazione motoriapuò in questo offrire un notevole contributo all’educazione socialee civica perché permette il confronto continuo tra le uguaglianze ela diversità, il senso del gruppo, la divisione dei compiti, la coope-razione, lo scambio di ruolo. Per lavorare in questa direzione oc-corre adottare un approccio didattico che utilizza le potenzialitàdell’interazione tra soggetti attivi, autori e non amministratori delproprio sapere, del proprio movimento e della propria identità.Ciò comporta il passaggio da una didattica dell’integrazione (comeassimilazione ai modi di pensare, muoversi, sentire e comportarsitipici dei soggetti normodotati) e della prestazione ad una didatti-ca della soggettualizzazione.

In questo l’educazione motoria concorre a sviluppare tutti gli aspet-ti della personalità ed a superare le barriere psicologiche e culturali.

Tra le diverse metodologie capaci di condurre ad un’integrazioneautentica, anziché di una riduzione del mondo del diversabile a quel-lo del normodotato, vi sono le tecniche del setting, sia pedagogicoche terapeutico, centrati sulla mediazione corporea (ib.). Tali percor-si privilegiano tutti gli esercizi motori che vanno nella direzione dellosviluppo dell’autonomia, dell’indipendenza e della socializzazione.Le metodologie pedagogiche all’interno di un laboratorio del genereprevedono l’integrazione di esercizi di educazione fisica (lavoro sulritmo, sullo schema corporeo, sul coordinamento motorio ecc.) congiochi di relazione e rispecchiamento ed attività alle quali ad unaconsegna semplice è richiesta una risposta creativa e personale (tec-niche di improvvisazione e danza, giochi di ruolo danzati, meditazio-ne in movimento, tecniche di massaggio e rilassamento, apprendi-mento e riproduzione di coreografie provenienti da contesti culturalimolto diversi, elaborazione di coreografie individuali e di gruppo,produzione di storie e danze) (ib.).

192

Page 193: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

10. Una proposta di formazione per insegnanti ed alunni

La realizzazione di tali percorsi all’interno della scuola prevede unprimo momento di formazione degli insegnanti, organizzato, coordi-nato e condotto in collaborazione tra i formatori ed i docenti di edu-cazione motoria, i quali fungono da supporto nell’organizzazione, nelcoordinamento e nella conduzione delle attività. Queste ultime, spe-rimentate personalmente su sé stessi nel ruolo di corsisti, verrannopoi proposte dai docenti agli alunni, nel rispetto del principio didat-tico in base al quale ciò che si sperimentato in prima persona vienemeglio trasmesso.

La scansione dei momenti di un eventuale corso di formazionepotrebbe essere la seguente (Naccari, 2006):

1) Riflessione iniziale sulla necessità di attivare un’educazione nondepositaria ma problematizzante, orientata ad una formazionedi tipo globale e complesso che preveda il recupero delle di-mensioni affettiva e corporea, espressiva e comunicativa, inte-grando la mediazione verbale con il linguaggio del corpo comemezzo per veicolare il senso dei messaggi di cui l’insegnantestesso si fa interprete;

2) Presentazione delle metodologie a mediazione corporea comeveicolo per il rovesciamento della prospettiva su di sé, che con-senta di aprirsi e fare esperienza di aree personali ancora ine-splorate o parzialmente integrate, permettendo di sviluppareuna maggiore consapevolezza e flessibilità comunicativa, aper-tura all’integrazione fra intelligenze diverse, lettura di statiemotivi e di dinamiche affettive personali ed interpersonaliemergenti dalle espressioni corporee, attenzione alle connota-zioni socioculturali dei fenomeni affettivi, capacità di ridurreconflittualità e competizione ansiogena;

3) Realizzazione di attività, divise in due fasi (all’interno di ognunadelle quali sono previsti più incontri a seconda del tempo a di-sposizione), aventi ognuna i seguenti obiettivi e modalità:

193

Page 194: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

I FASE: lavoro sulla dimensione individuale

Obiettivi:- Favorire la consapevolezza del proprio percorso di autorealizza-

zione e dei bisogni personali- Potenziare la creatività personale come autenticità- Sviluppare l’immaginazione- Sviluppare ed integrare le proprie capacità intuitive- Riconoscere, canalizzare ed integrare le proprie esigenze profonde- Sviluppare la capacità di ascolto, canalizzazione, integrazione, ver-

balizzazione delle emozioni- Stabilizzare l’umore- Ritrovare la fiducia di base e strutturare l’autostima- Recuperare il piacere funzionale del corpo- Amplificare la consapevolezza sensoriale- Comprendere, gestire, trasformare i propri limiti e lati oscuri - Sviluppare la capacità di ascolto ed analisi fenomenologica della

coscienza attraverso le sensazioni, percezioni, propriocezioni- Appagare il bisogno di movimento e di gioco- Dare corpo ai propri sogni

Modalità:- Immaginazione attiva in movimento- Meditazione in movimento- Tecniche di rilassamento e visualizzazione- Immaginazione guidata- Sperimentazione della dimensione simbolica del movimento e del-

la danza- Tecniche di improvvisazione e danza contemporanea- Tecniche di teatro-danza- Giochi di ruolo danzati- Integrazione di tecniche plastico-pittoriche e narrative a partire

dal movimento- Amplificazione della gamma dei movimenti- Sviluppo della capacità di coordinazione

194

Page 195: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

- Lavoro sull’immagine corporea- Tecniche di rilassamento- Tecniche di autocontatto

II FASE: lavoro sulla dimensione relazionale

Obiettivi:- Favorire la consapevolezza della dimensione non verbale della co-

municazione- Saper nominare, distinguere e verbalizzare emozioni e vissuti- Ampliare le possibilità espressive- Differenziare ed articolare le potenzialità relazionali- Sviluppare le capacità empatiche- Sviluppare le capacità di confronto con chi è diverso da noi - Sapersi rapportare ed osservare senza giudizio- Saper valorizzare lo spessore eterogeneo delle relazioni umane- Saper cooperare, condividere, guidare, seguire, dare attenzione,

ascoltare l’altro da sé, assumere ruoli diversi in base al gruppo dicui ci fa parte

- Consentire la strutturazione e l’elaborazione del senso di apparte-nenza

- Strutturare abitudini improntate ai valori condivisi- Sviluppare la consapevolezza e la sensibilità della cittadinanza ter-

restre

Modalità:- Giochi di relazione e rispecchiamento in movimento- Dialogo motorio- Tecniche di massaggio- Elaborazioni coreografiche in coppia o in gruppo- Meditazione e rilassamento in coppia e in gruppo- Esercizi di sintonizzazione in movimento- Sperimentazione della dimensione simbolica del movimento e del-

la danza

195

Page 196: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

- Immedesimazione creativa con elementi della natura- Integrazione di tecniche plastico-pittoriche in coppia ed in grup-

po, a partire dal movimento- Conoscenza ed esecuzione di danze etniche di diversi paesi del

mondo.

11. Conclusione: corporeità ed educazione

Al termine di questo lavoro ci piace citare la bellissima espressio-ne di Metz: “Il corpo è sempre apparizione dell’uomo completo: èquell’espressione nella quale l’uomo intero si manifesta in sé stesso.È l’esserci, la presenza, l’azione prima, la parola, il simbolo, il media-tore dell’essere, la excarnazione, l’interiorità che si apre dell’uomo.Nel corpo si incontra non solo un aggregato materiale, bensì l’appa-rizione dell’unico uomo completo” (Metz, 1996, p. 336).

Abbiamo tentato di dimostrare, attraverso questo lavoro, come datutto ciò non possa assolutamente prescindere chi si occupa di edu-cazione.

L’epistemologia pedagogica attuale non può che pensare ad unacorporeità che, lungi dal presentarsi come semplice dato oggettuale,come un in sé inerte, è un in sé in movimento verso il sé. In essa, ilfattore movimento si coglie finalizzato al bene del sé, alla fortificazio-ne del sé, alla riproduzione del sé. E tutto questo in forma non etero-diretta ma autodiretta. La corporeità, insomma, si offre sempre dota-ta di un movimento che sorge all’interno o autogeno. Tale movimen-to è denominato vita (Palumbieri, 2006). L’incarnazione, come speci-fica struttura d’essere dello spirito umano è esprimibile solo attraver-so la corporeità; l’excarnazione è la struttura d’essere del corpo uma-no nel momento in cui essa si apre all’integrazione dello spirito uma-no (ib.). Il dualismo emerge solo nella misura in cui si ha una conce-zione oggettuale del corpo. Si è visto come la fenomenologia riscoprail sentirsi corpo, alla base del sentirsi essere, che facilità il camminodella ricerca della base dell’unità interiore. Se l’essere dell’uomo è unesser-ci, esso è necessariamente un essere nel corpo, base di ogni at-teggiamento interiore o comportamento personale e relazionale; la

196

Page 197: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

concezione della corporeità come dimensione dell’uomo, grazie alnucleo autocoscienziale al quale si riferisce, è strada necessaria persuperare il dualismo: su questa linea, il corpo è luogo dell’incarnazio-ne dell’interiorità (ib.).

L’uomo esiste nel mondo grazie al suo corpo e, una volte che visi-bilizza la propria interiorità, resta proteso verso di essa, per conti-nuare a svolgere il suo ruolo costitutivo di manifestare ciò che non èaltrimenti accessibile se non con la mediazione corporea (ib.).

Concludendo, una psicopedagogia che valorizzi la corporeità co-me imprescindibile basilare elemento ontologico della natura umana,in cui la stessa corporeità ha dimensioni fenomenologicamente moltodiverse dalla corporeità animale, riprendendo tematiche già affronta-te in passato nella storia della filosofia, della psicologia e della peda-gogia, apre, con gli ulteriori apporti neuroscientifici, nuovi ed affasci-nanti scenari, di estremo interesse sia epistemologico che applicativo.

197

Page 198: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

BIBLIOGRAFIA

Acone G., La paideia introvabile. La Scuola, Brescia, 2004.Ayan S., Cervello sano in corpo sano, in Mente e cervello, n. 58, Mila-

no, Cortina, 2009.Blalock J. – Costa O. (1989), Immune Neuroendocrine Interactions:

Implications for Reproductive Physiology In: Annals of NewYork Academy of Sciences.

Blumenthal et alii, Effects of exercise training on older patients withmajor depression. Archives of Internal Medicine, 159, 2349-2356, 1999.

Donnarumma M. - D’Alessio C., Modelli di sviluppo e comunicazio-ne in età evolutiva, in Quaderni del Dipartimento di Scienze del-l’educazione (pp. 135-155), Pensa Editore, Lecce, 2007.

D’Alessio C., Per un’antropologia dello sport come ascesi dell’uo-mo contemporaneo, in L’odore della bellezza: antropologiadel fitness e del wellness, Il Delfino, Milano, 2007 (pp. 221-237).

D’Alessio C., Fenomenologia dell’adolescenza tra normalità e patolo-gia, Rivista Educare n. 3, Sellino, Avellino, 2007, 21 pagine.

Donnarumma D’Alessio M., Vedere dal cuore, Milano, Gribaudi,2003.

Donnarumma M. - D’Alessio C., La danza dell’identità, Milano, Gri-baudi, 2008.

D’Alessio C., Perception, Emotion, Action in Early Development: Em-pathy from an Integrated Philosophical-Neuroscientific Ap-proach. www. Pharmachology.online.com, vol. 1 newsletter; p.479-492, ISSN: 1827-8620, 2009.

D’Alessio C., Motor Education of Children aged 0-3: NeuroscientificEpistemology and Operative Proposals for Nursery school. In: XIInternational Conference off Sport Kinetics. Current and Futu-

198

Page 199: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

re Directions in Human Kinetics Research. Kallithea - Greece,26-09-2009, Kallithea: Papadopoulos-Starosta, vol. 1, p. 326-327, ISBN/ISSN: 978-960-88403-2-4.

D’Alessio C., L’approccio neuroscientifico nelle esperienze sociali enell’equilibrio emotivo della relazione educativa, in Gomez Pa-loma (op. cit.), 2009.

Doidge N., Il cervello infinito, Firenze, Ponte alle Grazie, 2009.Gomez Paloma F., Corporeità. didattica, apprendimento: le nuove neu-

roscienze dell’educazione. Salerno, Edisud, 2009.Husserl E., Meditazioni cartesiane, Milano, Bompiani, 1970.Kempermann G., Gast D., Gage F.H., Neuroplasticity in old age: Su-

stained fivefold induction of hippocampal neurogenesis bylong-term environmental enrichment, Annals of Neurology,2000, 52, 133-134.

Kubesch S, Bretschneider V, Freudenmann, R, Weidenhammer N,Lehmann M, Spitzer M, Grön G (2003). Aerobic enduranceexercise improves executive functions in depressed patients.Journal of Clinical Psychiatry, 9: 1005-1012.

Kubesch S., Sportunterricht. Training für Körper und Geist (Pysicaleducation. Training of body and mind). Nervenheilkunde, 9:487-490; 2002.

Kubesch S., Das bewegte Gehirn. An der Schnittstelle von Sport-und Neurowissenschaft. Sportwissenschaft. Heft 2, 135-144,2007.

Kubesch S., Bretschneider V, Freudenmann, R, Weidenhammer N,Lehmann M, Spitzer M, Grön G., (2003). Aerobic enduranceexercise improves executive functions in depressed patients.Journal of Clinical Psychiatry, 9: 1005-1012.

Kubesch S., Sportunterricht. Training für Körper und Geist (Pysicaleducation. Training of body and mind). Nervenheilkunde, 9:487-490, 2002.

Kubesch S., Spitzer M., Sich laufend wohlfühlen: Aerobes Ausdauer-training bei psychisch Knkraen (Running to well-beeing). Ner-venheilkunde, 18: 363-370, 1999.

Kubesch S., Training exekutiver Funktionen. Die Grundschulzeitsch-rift, 50-53, 2008.

199

Page 200: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Spitzer M, Kubesch S., Lernen bewegt sich. In Erziehung durchSport. Ballspiel Symposium, Karlsruhe, 2005, 16-26.

Kubesch S., Zur Neurobiologie des Sportunterrichts. Impulse, News-letter zur Gesundheitsförderung, 4: 6-7, 2004.

Karr M, Kubesch S., Sporttherapie. In: Hüter-Becker A u. Dölken M(Hrsg). Lehrbuchreihe Physiotherapie - Psychiatrie, Stuttgart:Georg Thieme Verlag, 100-117, 2004.

Lou S., Hippocampal Neurogenesis and Gene Expression Dependon Exercise Intensity in Juvenile Rats, in Brain Research, 121,2001.

Marcel G., Homo viator, Borla, Roma, 1980.Metz J.B., Corporeità, in AA. VV., Dizionario Teologico, a cura di H.

Fries, Queriniana, Brescia, 1966.Mounier E., Il personalismo, Ave, Roma, 1989.Naccaro A., Persona e movimento, Roma, Armando, 2006.Palumbieri S., L’uomo. Meraviglia e paradosso. Roma, Urbaniana

University Press, 2006. Petty K.H. et alii, Exercise effect on Depressive Symptoms and Self-

Worth in Overweight Children. A Randomized Controlled Trialin Journal of Pediatric Psychology on line, 16/2/2009.

Rizzolatti G., So quel che fai, Milano, Cortina, 2006.Sibilio M. (a cura di), Reflecciones didactico-pedagogicas sobre la ense-

nanza de las actividades motoras y ludico-deportivas. Universi-dad de Cordoba, Departamento de Educacion Artistica y cor-poral (UCO), Cordoba, 2009.

Tomporowski P.D., Exercise and Children Intelligence, Cognitionand Academic Achievement, in Educational Psychology Review,vol. 20, n. 2, 2008.

Trabucchi P., Ripensare lo sport. Come utilizzare lo sport per sviluppa-re le potenzialità di ogni persona. Roma, Franco Angeli, 2004.

Trabucchi P., Resisto dunque sono, Corbaccio, Milano, 2007.

200

Page 201: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

VICAPITOLO

EMOZIONI ED EMPATIA TRA FILOSOFIA E NEUROSCIENZE.RISVOLTI PEDAGOGICI

di Chiara D’Alessio e Chiara Pepe

1. Introduzione

Il capitolo ha lo scopo di presentare diverse posizioni teoriche sul-le emozioni elaborate all’interno di più discipline, nel tentativo di in-tegrarle in una visione multiprospettica che le colleghi all’esperienzaempatica ed alle sue applicazioni in campo educativo.

Nel corso della storia della filosofia ed in psicologia l’emozione èstata variamente definita ed interpretata: affezione-modificazionedell’anima (Aristotele, S. Tommaso, Cartesio), principio invisibile diazioni visibili (Hobbes), pensiero confuso oscuro e involontario(Leibniz), prevaricare delle sensazioni sulla razionalità (Kant),espressione emotiva funzionale alla comunicazione e alla convivenza(Darwin), reazione viscerale e neurovegetativa (James). In termini at-tuali, essa può definirsi stato mentale o affettivo in cui il soggetto in-tuisce-percepisce il valore di una situazione, esperienza soggettivameno stabile e intensa del sentimento e della passione, organizzatorecognitivo-affettivo, mediatore tra organismo e ambiente, spinta dina-

201

Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce (B. Pascal).

Certe modificazioni quantitative, e perciò spesso, quasi continue nellefunzioni vegetative, come possono corrispondere ad una serie qualitati-va di stati tra loro irriducibili? Per esempio, le modifiche fisiologicheche corrispondono alla collera non differiscono per intensità da quelleche corrispondono alle gioie e tuttavia la collera non è una gioia più in-tensa, è ben altro (J. P. Sartre).

Page 202: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

mizzata dal bisogno secondo la traiettoria bisogno-emozione-azione.Essa è, con tutta evidenza, un fenomeno complesso.

Il pensiero filosofico fin dall’antichità classica ha sancito unanetta demarcazione tra la sfera emotiva e quella razionale e specu-lativa. La prima veniva identificata con il disordine, l’eccesso e lapassività, mentre la seconda rappresentava l’ordine su tutti i diffe-renti piani: della polis, del soggetto e della coscienza morale. Tut-to ciò ha contribuito alla formazione di una visione di tipo dicoto-mico, che oppone le cognizioni alle emozioni nella spiegazionedella condotta umana. È tuttavia chiaro che nell’analisi delle fa-coltà psichiche o, se vogliamo, della mente, dobbiamo riconosceretre elementi fondamentali: l’emotività, l’affettività e la capacitàcognitiva.

Tale differenziazione non è così facilmente riconosciuta perché ge-neralmente non sono ben chiare le differenze tra emotività ed affetti-vità.

Secondo Jung la funzione intellettiva del comprendere è incapa-ce di pensare una facoltà come il sentire; egli fa collimare l’emotivi-tà con l’affettività, in una attività psichica riferita ai sentimenti. Intal modo sembrerebbe impossibile capire i sentimenti con la razio-nalità e risulterebbe paradossale per l’uomo cercare di gettare unponte tra mondo del pensare e mondo del sentire. Nelle società deipaesi più sviluppati sono assolutamente privilegiate le facoltà intel-lettivo- razionali e le emozioni sono considerate di secondo ordine.Tale atteggiamento è retaggio della cultura classica greca, nella qua-le il razionale, l’estetico ed il vero si coniugavano anche nel giusto,per assumere un valore assoluto di predominanza. Nel mondo anti-co infatti l’emotivo era coniugato come “passione” che, con un si-gnificato intrinseco di istintivo, incontenibile, infrenabile e cieco,era da rifiutare.

Cartesio, invece, rivaluta i sentimenti come espressioni autonomedell’Io che si propone così come soggetto, valore massimo della con-dizione umana che si distingue dal resto del mondo e dall’oggettività;considera il sentimento come fonte della morale e dell’etica, espres-sione massima dell’estetica ed anche mezzo di conoscenza che incri-na la supremazia dell’oggettività e, quindi, del razionale.

202

Page 203: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Pascal riconosce che il cuore ha una capacità conoscitiva diversadall’intelletto, ma assolutamente valida ed efficace: se il pensiero ra-zionale è capace di acquisire conoscenza, non è tuttavia in grado diafferrare l’oggetto nella sua completezza perché è del cuore la capaci-tà di captare intuitivamente e rapidamente la situazione dell’oggetto.Per Rousseau il sentimento riesce a percepire quella forma di bontà edi valore etico di un ambiente inquinato dai condizionamenti, dalprofitto, dall’utile, dal predominio sociale. Un notevole progresso èattuato dai sentimentalisti inglesi del settecento che, nel campo delconoscere, pongono sullo stesso piano sentimenti e ragione.

Kant evidenzia, accanto alla ragione, il sentimento e la volontà chediventano le funzioni mentali principali dell’uomo e che, anzi, lo ele-vano sopra ogni altro essere vivente. Il sentimento acquista sempremaggior valore anche perché gli vengono attribuite particolari capa-cità di giudicare in base ad un nuovo metro che è quello del piacere edel dispiacere. Contro i percorsi della logica e della razionalità, ilsentimento viene esaltato come ponte di spiritualità, come mezzo perseguire il cammino della trascendenza e l’amore acquista un valoreche spalanca le porte alla relazione, alla compartecipazione ed allasolidarietà. Accanto ai valori cognitivo-razionali, prendono posto va-lori esistenziali ed i sentimenti si differenziano fenomenologicamentecome “animici” (amore, odio, tristezza) o “spirituali” (speranza, feli-cità, estasi) dando una visione nuova al senso della vita e del mondo,oltre alla finalità dell’uomo e della sua volontà.

Nel linguaggio comune non si è soliti distinguere tra emozione esentimento, ma li si adotta praticamente come sinonimi. Damasioopera invece una separazione intendendo per emozioni le compo-nenti del processo esibite e rese pubbliche, e per sentimenti le com-ponenti che restano invece private. Bisogna specificare che tale di-stinzione nasce per esigenze di spiegazione ma, in realtà, emozione esentimento appartengono ad un unico processo (così come mente ecorpo appartengono alla stessa sostanza). Secondo le ricerche di Da-masio in tale processo per primo viene il meccanismo dell’emozionecui segue quello per produrre una mappa cerebrale e poi un’immagi-ne mentale (o idea) dello stato dell’organismo che ne risulta, cioè ilsentimento.

203

Page 204: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

«I sentimenti … non insorgono solo dalle emozioni vere e proprie,ma da qualsiasi insieme di reazioni omeostatiche, e traducono nel lin-guaggio della mente lo stato vitale in cui versa l’organismo» (Dama-sio, 2003, p. 107).

All’origine del sentimento è quindi il corpo, costituito da diverseparti continuamente registrate in strutture cerebrali. I sentimenti so-no allora la percezione di un certo stato corporeo cui, talvolta, si ag-giunge la percezione di uno stato della mente ad esso associato o an-che la percezione del tipo di pensieri il cui tema è consono con il ge-nere di emozione percepita. Già con altre ricerche Damasio aveva di-mostrato il ruolo decisivo che i sentimenti hanno nel comportamentosociale (si veda L’errore di Cartesio). E anche qui l’autore ribadisceche l’integrità dei meccanismi dell’emozione e del sentimento è ne-cessaria per un comportamento sociale umano normale. I sentimenti«ci aiutano a risolvere problemi non standard che implicano creativi-tà, giudizio e processi decisionali, e che richiedono l’esibizione e lamanipolazione di grandi quantità di conoscenza» (Damasio, 2003, p.215). All’interno della critica del dualismo cartesiano, Damasio ritor-na sull’importanza della figura di Spinoza, il quale modificò infatti laprospettiva ricevuta in eredità da Cartesio quando iniziò a sostenereche pensiero ed estensione sono sì distinguibili, ma sono anche attri-buti della stessa sostanza. Mente e corpo sono quindi inseparabili,“tagliati dalla stessa stoffa”. Inoltre, Damasio richiama l’attenzionesu una strana situazione che si sta verificando oggi: la moderna asso-ciazione tra mente e cervello non ha eliminato la scissione dualisticatra mente e corpo, ma l’ha solo spostata.

A tutt’oggi, rimanendo ancora in gran parte irrisolte le dicotomiemente-corpo, biologico-psichico, corpo-anima, emozione-cognizio-ne, i risultati attraverso i quali si è dimostrato come l’ambiente bio-chimico del cervello alteri le sensazioni, la partecipazione, la produ-zione eidetica ed il comportamento hanno aperto nuove prospettiveagli studi sull’interazione tra biologico e mentale nell’esperienzaemotivo-affettiva e cognitiva.

I lavori di Daniel Goleman (1996) e Antonio Damasio (1995), purdestando nuovo interesse sul ruolo delle emozioni, hanno talora in-volontariamente contribuito a sottolineare la distanza tra sfera cogni-

204

Page 205: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

tiva e sfera affettiva, mettendole in competizione o dimostrando chelesioni cerebrali che alterano il funzionamento emotivo lasciano in-denne quello cognitivo e razionale.

La neurobiologia dell’emozione e del sentimento dimostrano oggiun’altra delle intuizioni spinoziane, e cioè che la gioia e i sentimentipositivi sono preferibili al dolore in quanto «più favorevoli alla salutee allo sviluppo creativo del nostro essere» (Damasio, 2003, p. 320).Damasio, pertanto, propone di combinare alcuni aspetti della filoso-fia spinoziana con un atteggiamento più attivo nei confronti dell’am-biente che ci circonda: «un atteggiamento combattivo… sembra pro-metterci che non ci sentiremo mai soli finchè il nostro interesse saràconcentrato sul benessere altrui» (Damasio, 2003, p. 339).

Sulle emozioni non esiste un’unica teoria sistematica e completa,risulta quindi difficile formulare una definizione univoca: esse sonoreazioni adattive, di mediazione con l’ambiente, determinate da espe-rienze piacevoli o spiacevoli, caratterizzate da peculiari reazioni so-matiche e da determinate qualità affettive.

Potremmo definire l’emozione una complessa sequenza di reazioniad uno stimolo che includono: valutazioni cognitive, cambiamentisoggettivi, eccitazione neurale, impulso all’azione e comportamentofinalizzato ad avere un effetto sullo stimolo che era all’origine dellacatena. Nella varietà di definizioni che si incontrano, si riscontra ungenerale consenso sul fatto che le emozioni siano il prodotto dell’inte-razione tra modificazioni fisiologiche e processi psicologici, general-mente considerate il risultato di più componenti: neurofisiologica-bio-chimica, comportamentale ed infine legata all’esperienza soggettiva.

L’esperienza emotiva è prodotta dall’interazione di un insieme distrutture neurali dal momento che, ad es., “sentirsi felice” è accom-pagnato contemporaneamente da processi sensoriali e periferici (lemodificazioni corporee correlate alle emozioni) e da processi cogniti-vi superiori (mediati dalla corteccia). Infatti, un’emozione suscita unaserie di risposte nell’organismo, tra cui distinguiamo risposte palesi(il rossore per la vergogna, ad esempio) e risposte somatiche (l’au-mento del battito cardiaco per la paura). Entrambe queste risposteincludono l’attivazione del sistema nervoso autonomo, del sistemaendocrino, dell’apparato motorio scheletrico, i quali per funzionare

205

Page 206: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

necessitano di un insieme di strutture centrali come il tronco encefa-lico, l’ipotalamo e l’amigdala. Studi neuroscientifici condotti con tec-niche di neuroimaging, che permettono lo studio del cervello vivonell’atto di esperire un’emozione, hanno messo in luce con sempremaggiore chiarezza il ruolo dei sistemi centrali e periferici che inter-vengono direttamente nella mediazione dell’ esperienza emotiva, deiquali parleremo estesamente nel corso di questo lavoro, il quale iniziacon un excursus storico che riassume i principali approcci allo studiodelle emozioni.

2. Gli studi sulle emozioni

È noto che i primi studi scientifici sulle emozioni, rappresentati dateorie biologiche e filogenetiche, risalgono al XIX sec. Fu soprat-tutto la teoria di Darwin (1872) ad esercitare un’enorme influenzasul modo di pensare alle emozioni. In essa si sostiene che le emo-zioni sono comuni sia agli uomini che agli animali e fondate sul-l’attivazione fisiologica di energie istintive ed innate. Pertanto, tut-te le funzioni corporee dipendono dai rispettivi organi e tra questefunzioni vengono collocate anche quelle relative al sentimento e al-la sensazione.

Le prime teorie scientifiche sulle emozioni ne cercano una spiega-zione e definizione attraverso il ruolo ricoperto dalle modificazioni vi-scero-somatiche che si verificano nell’organismo in risposta ad un da-to set di stimoli.

Darwin fu il primo a sostenere che le emozioni svolgono una fun-zione centrale per la sopravvivenza dell’individuo e rappresentanouna risposta istintiva e universale alle minacce ambientali, focaliz-zando la sua attenzione sulle espressioni emotive, cioè su gesti visi-bili come lo stringere i pugni, il digrignare i denti, tendere i muscoli,affermando che si trattava di repertori comportamentali automaticie universali, trasmessi ereditariamente. Egli propose la teoria dell’e-voluzione per spiegare l’origine della specie, giungendo alla conclu-sione che la diversità biologica era associata anche alla diversitàcomportamentale e che un aspetto di quest’ultima fosse la moltepli-

206

Page 207: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

cità delle forme di espressione emozionale osservabile in tutti glianimali.

La concezione darwiniana del comportamento espressivo risultaessere di tipo funzionale: le espressioni emozionali agiscono come se-gnali e sono preparatori all’azione. Nonostante fosse convinto del ca-rattere non appreso di molte di esse, egli intuì che alcune erano inve-ce il risultato di una interiorizzazione naturale e spontanea, come leparole di una lingua, usate come mezzo di comunicazione, e ritenneprobabile che gli animali avessero un’innata capacità di riconoscerele espressioni emozionali negli altri. Darwin inoltre riconobbe che ilconcetto di evoluzione si sarebbe potuto applicare non soltanto allosviluppo di strutture fisiche, ma anche all’evoluzione della mente edelle emozioni. Nell’opera L’espressione delle emozioni nell’uomo enegli animali (1872), fornì molti esempi dei modi paralleli in cui ani-mali diversi esprimono le emozioni, ritenendo che tali osservazioniavrebbero fornito la base per operare generalizzazioni sulle origini divari tipi di comportamenti espressivi poiché, a differenza degli esseriumani, è improbabile che gli animali basino le proprie espressionisulle convenzioni sociali.

I progressi della ricerca hanno confermato l’intuizione darwinianadella fondamentale unità dei sistemi viventi: è indubbio che esistanoprocessi comuni a tutti i livelli di sviluppo biologico. Per poter com-prendere appieno le emozioni, è necessario riconoscerne le origininell’evoluzione filogenetica oltre che nello sviluppo biologico (Plut-chik, 1980), idea che ha determinato il passaggio dallo studio dellesensazioni soggettive a quello del comportamento in un contesto bio-logico evolutivo. Gli studi in questo campo, definito della evolutio-nary psychology, hanno sviluppato ulteriormente le ricerche di Dar-win ponendo l’enfasi sul ruolo delle emozioni ai fini della sopravvi-venza umana. Le teorie delle emozioni fondamentali, infatti, sosten-gono che esse sono quadri di risposte che hanno una base innata, chevi è una continuità di queste risposte osservabili fra le diverse specieanimali e che esse abbiano una funzione adattiva. Le emozioni fon-damentali si riconoscono perché hanno segnali distintivi universalicome le espressioni facciali, le quali agiscono come veri e propri se-gnali di comunicazione, fornendo informazioni sugli antecedenti (per

207

Page 208: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

esempio, la presenza di un pericolo), sull’emozione in atto (la paura),sull’attivazione fisiologica (il volto che sbianca) e sulle azioni prevedi-bili (la fuga).

Nel 1884 lo psicologo americano William James pubblicò un lavo-ro nel quale propose nuovo modo di guardare le emozioni, conside-rando il problema della sequenza. James sottolineava che normal-mente quando si verifica un’emozione, si pensa che la percezione diuna situazione origini una “sensazione di emozione”, che è poi segui-ta da varie modificazioni fisiologiche interne ed esterne. Secondo Ja-mes questa sequenza era scorretta in quanto le modificazioni fisiolo-giche seguono direttamente la percezione di un evento eccitante, e lasensazione di queste modificazioni è l’emozione. A suo avviso un’e-mozione sconnessa da ogni sensazione fisica era inconcepibile. Ja-mes, considerando le emozioni “reazioni innate o istintive”, modifi-cabili con l’addestramento e l’abitudine, precisava che la sua teoriadovesse essere applicata solo alle emozioni grezze, quali sofferenza,paura, rabbia e amore. L’importanza di questa che oggi difficilmentedefiniremmo teoria stava allora nel conferire un’aurea di scientificitàa quella che era un’idea di senso comune, riprendendo il concettoche un’emozione è uno stato introspettivo, soggettivo, personale,idiosincratico.

Walter Cannon, un medico americano attivo all’inizio del XX se-colo, studiò le modificazioni fisiologiche che si verificano negli ani-mali sotto stress e utilizzò i suoi dati per mettere in discussione leipotesi di James, tentando poi di individuare nel cervello la “sededelle emozioni”. Sulla base dei suoi numerosi esempi ed esperimenti,si convinse sempre di più di quanto fosse limitativo il feedback visce-rale nella produzione di sensazioni emozionali, riconoscendogli otti-misticamente solo un ruolo secondario. Secondo Cannon (1927)quando il talamo (parte interna del cervello appartenente al sistemalimbico che funziona come centro di raccolta e smistamento dell’in-formazione sensoriale) viene eccitato, alla semplice sensazione si ag-giunge la qualità peculiare dell’emozione. Invece di ipotizzare una se-quenza lineare di eventi che collegano la percezione alla sensazione,come supposto da James, Cannon affermò che la scarica talamicaproduce simultaneamente un’esperienza emozionale e una serie di

208

Page 209: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

modificazioni corporee. Egli era inoltre convinto che quasi tutte leemozioni si potessero considerare in termini di attacco-fuga.

Contrapponendosi alla teoria periferica di James, Cannon ha ela-borato e proposto una teoria centrale delle emozioni che da’ unamaggiore attenzione agli aspetti cognitivi del processo emozionale,dipendendo l’esperienza emozionale dall’attività delle strutture delsistema nervoso centrale che abbiamo menzionato al’inizio di questolavoro e che riprenderemo più avanti. Per Cannon i centri di attiva-zione, di controllo e di regolazione dei processi emotivi non si trova-no in sedi periferiche come i visceri, ma sono localizzati centralmentenella regione talamica, in quanto i segnali nervosi da essa provenientisono in grado sia di indurre le manifestazioni espressivo-motorie del-le emozioni, sia di determinare le loro componenti soggettive attra-verso le connessioni con la corteccia cerebrale.

Seguendo questo approccio, Cannon ha approfondito lo studiodei processi neurofisiologici sottesi alle emozioni, individuando l’a-rousal simpatico come «reazione di emergenza». Si tratta di una con-figurazione di risposte neurofisiologiche che cambiano simultanea-mente alla comparsa dell’emozione, e che comprendono, fra l’altro,l’aumento della frequenza cardiaca e della portata cardiaca, la vaso-costrizione cutanea e gastroenterica, la secchezza faucale, la contra-zione degli sfinteri, la dilatazione pupillare.

Partendo dal contributo di Cannon, Papez (1937) ha avanzato l’i-potesi secondo cui i centri di elaborazione e di controllo delle emo-zioni si situano lungo un circuito composto dall’ipotalamo, dal tala-mo anteriore, dal giro cingolato e dall’ippocampo (circuito di Papez).

MacLean (1949), integrando il circuito di Papez con altre regioni,quali l’amigdala, i nuclei del setto, porzioni della corteccia fronto-or-bitaria e porzioni dei gangli della base, denominò l’insieme di questestrutture neuroanatomiche con il termine di sistema limbico. Que-st’ultimo è stato considerato, nel suo insieme, come un sistema gene-rale di attivazione e di mediazione di funzioni essenziali per la so-pravvivenza dell’organismo e sede di elaborazione e di regolazionedell’emozionalità.

La teoria periferica di James e la teoria centrale di Cannon, puressendo fra loro antitetiche, hanno sottolineato aspetti unilaterali del-

209

Page 210: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

l’esperienza emotiva, con particolare riferimento al versante neurofi-siologico.

Un efficace contribuito all’introduzione di una dimensione genui-namente psicologica nello studio sperimentale delle emozioni è statoSchachter con la teoria cognitivo-attivazionale (o teoria dei due fatto-ri). Schacter elaborò una concezione dell’emozione intesa come la ri-sultante dell’interazione fra due componenti distinte: una di naturafisiologica con l’attivazione diffusa (cioè, emozionalmente non speci-fica) dell’organismo (arousal); l’altra di natura psicologica, con la per-cezione di questo stato di attivazione e con la sua spiegazione in fun-zione di un evento emotigeno plausibile. Entrambe queste compo-nenti sono considerate condizioni necessarie per l’occorrenza di unostato emozionale, ma la loro semplice presenza non è tuttavia suffi-ciente a generare un’emozione. Secondo Schachter, occorre un’attri-buzione causale che stabilisca una connessione fra queste due com-ponenti, in modo da attribuire la propria attivazione corporea a unevento emotigeno pertinente e da etichettare la propria esperienzaemotiva in maniera adeguata. Pertanto, l’emozione è la risultante del-l’arousal e di due atti cognitivi distinti: uno che riguarda la percezio-ne e il riconoscimento della situazione emotigena, l’altro che stabili-sce la connessione fra questo atto cognitivo e l’arousal stesso. La per-cezione dell’attivazione fisiologica e la sua interpretazione cognitivaattraverso il processo di etichettamento determinano il tipo di emo-zione che l’individuo prova.

La cognizione è intesa da Schachter come una conoscenza di tipocausale, che consente di attribuire al tipo di situazione nella quale si tro-va l’individuo lo stato di attivazione fisiologica da lui vissuta, operando,attraverso processi di attribuzione causale, al fine di definire la qualitàdell’esperienza emotiva. Schachter e Singer (1962), dopo numerosiesperimenti, conclusero che l’emozione può essere considerata comeuno stato di risveglio fisiologico e di una cognizione appropriata a que-sto stato. È la cognizione che determina se lo stato di attivazione saràetichettato come gioia, paura, rabbia, ecc.

Anche Mandler (1984) distingue tra attivazione (arousal) dell’or-ganismo e interpretazione cognitiva, sostenendo che l’arousal è lapercezione dell’attività del sistema nervoso simpatico. Si tratta però

210

Page 211: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

di una percezione globale e indifferenziata che non può contribuire adefinire la qualità delle emozioni o a distinguerle l’una dall’altra. Se-condo questo autore, l’esperienza emotiva è il risultato dell’interazio-ne tra attivazione del sistema nervoso autonomo ed elaborazione co-gnitiva, che si basa sull’analisi del significato che gli eventi hanno inrapporto alle aspettative della persona. Tale elaborazione è responsa-bile della qualità e del contenuto delle emozioni. Per Mandler l’espe-rienza emotiva richiede dunque la consapevolezza da parte dell’indi-viduo dei fattori che determinano il processo emotivo.

In base alle teorie cognitivo-attivazionali, quindi, l’emozione ècomposta da uno stato di attivazione dell’organismo (arousal) e dallaconseguente interpretazione cognitiva della situazione.

La concezione bifattoriale di Schachter rappresenta una svoltaimportante nello studio psicologico delle emozioni, perché indivi-dua nell’elaborazione cognitiva il principale aspetto costitutivo del-l’esperienza emozionale. Da tale concezione prendono avvio le co-siddette teorie dell’appraisal che si sono affermate in psicologia ne-gli anni ‘80, in base alle quali l’insorgere di un’emozione è connessoalla valutazione di una situazione e patterns di risposte fisiologichedifferenziate dipendono dalla specifica valutazione cognitiva dell’e-vento. Gli elementi ritenuti essenziali per l’esperienza emotiva sonochiamati valutazioni cognitive e tendenze all’azione e ad essi è attri-buita la funzione di cogliere il significato di un evento emotigeno.Secondo queste teorie, non è la natura dell’evento a suscitare l’e-mozione ma l’interpretazione che la persona dà all’evento in rela-zione al proprio benessere. La teoria dell’appraisal assume che leemozioni insorgono nelle situazioni in cui accade qualcosa di im-portante per l’individuo e servono a prepararlo e a motivarlo ri-spondervi adattivamente. Dunque le emozioni non sono semplicirisposte agli stimoli situazionali, ma rispecchiano le implicazionipersonali di una persona, le sue conoscenze, la sua esperienza pas-sata. Per questo motivo le reazioni emozionali di individui diversialla stessa situazione non sono identiche, così come la reazione del-lo stesso individuo potrà essere diversa in situazioni simili tra loro.

Il termine appraisal è stato introdotto da Magda Arnold (1960),che lo definì come un elemento dotato di percezione, in quanto per-

211

Page 212: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

mette di stabilire in modo immediato, quasi involontario, la presenzao l’assenza di un oggetto o di un evento, ed il suo carattere di negati-vità e di positività e tendenza all’azione. Tale tendenza all’azione èvissuta come emozione e si esprime attraverso modificazioni deglistati dell’organismo che possono dar luogo a delle azioni.

Secondo Frijda (1994), le esperienze emotive sono essenzialmenteesperienze della situazione emotigena e delle sue potenzialità positiveo negative per la persona, per cui emozioni diverse saranno caratte-rizzate da significati situazionali diversi. Inoltre, le esperienze emoti-ve sono motivazioni per il comportamento, poiché ogni emozione èpercepita dalla persona come una tendenza a fare qualcosa. La Ar-nold parla di “tendenze all’azione”, mentre Frijda usa l’espressione“preparazione all’azione” per indicare sia la consapevolezza di unostato preparatorio all’azione, che la sua effettiva attivazione da partedell’organismo.

Scherer (1984), ad esempio, considera le emozioni come generateda un processo continuo di valutazione degli stimoli, valutazione cheavviene attraverso una serie di svariati controlli, o “check”. Ognicontrollo produce a sua volta dei cambiamenti correlati che precisa-no le reazioni emozionali (elaborazione dell’informazione, sostegno,esecuzione-motivazione, azione, monitoraggio). I vari stati emotivicorrispondono perciò a differenti aspetti delle modificazioni di com-ponenti diverse.

Per le teorie dell’appraisal le emozioni sono fenomeni adattivi cheadempiono a precise funzioni: 1) regolazione dell’attenzione: attraver-so l’appraisal, il sistema emozionale monitora l’ambiente per l’indivi-duazione di eventi significativi e mette in allerta in se conscio quandoli scopre; 2) motivazione: attraverso le attività fisiologiche associate ele tendenze all’azione, la risposta emozionale prepara l’individuo e lomotiva ad affrontare l’evento che ha provocato l’emozione.

La prima funzione non dipende dall’attenzione focalizzata, quindisi deve supporre ampiamente inconscia e pre-attentiva. In quanto ta-le, il sistema è rapido, ma poco informativo. La seconda funzione, in-vece, richiede, una descrizione molto dettagliata dello stimolo situa-zionale, perché solo così può predisporre l’individuo a reagire appro-priatamente ad esso, quindi il sistema non può essere pre-attentivo.

212

Page 213: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Vengono distinti così due tipi di elaborazione, corrispondenti alledue diverse funzioni delle emozioni. Il primo tipo di processamentoè quello di tipo schematico: si tratta di processi veloci e automatici,che possono attivare molti tipi di memoria simultaneamente o inparallelo. In esso le emozioni operano inconsapevolmente, non di-pendono dalla volontà e richiedono pochissime risorse attentive; nondipendono completamente dall’informazione di tipo verbale ma an-che da altri tipi di informazione come quella visiva uditiva, cinesteti-ca olfattiva, etc. Il processamento concettuale è invece conscio epressocché esclusivamente verbale, quindi più flessibile, ma più lentoe funzionante solo in modo sequenziale e lineare. In quanto tale è ca-pace di assimilare molte delle risorse attentive.

I due tipi di processamento interagiscono tra loro: l’attivazioneschematica facilita quella concettuale e viceversa (essendo le memo-rie associate). In particolare l’appraisal schematico può influenzare iprocessi emozionali a un livello più basso di quello concettuale ma,una volta attivato, può propagarsi a un livello superiore e irromperenella coscienza. I modelli più recenti dell’appraisal ritengono dunqueche l’elaborazione cognitiva debba essere concepita in modo piùcomplesso e differenziato: è infatti ormai comunemente accettato chenell’ emozione non sia implicato un unico tipo di elaborazione e chequesta vada vista come operante a più livelli tra di loro interagenti.

Uno dei modelli più noti è quello descritto da Leventhal e Sche-rer (1987), che individuano tre differenti livelli di elaborazione: illivello sensomotorio, il livello schematico e il livello concettuale. Illivello sensomotorio, considerato il più primitivo, comprende mol-teplici componenti, costituite da una serie di programmi espressi-vo-motori innati e di sistemi cerebrali di attivazione, che possonoessere stimolati simultaneamente da vari fattori (ad esempio dallavolontà, da una varietà di stimoli esterni o da cambiamenti internidi stato). Questi meccanismi includono le capacità primarie di ri-sposta emozionale dell’individuo e generano i primi comporta-menti emotivi osservabili. Il livello schematico è attivato in modoautomatico ed è costituito dalle associazioni apprese nel corso del-l’età neonatale, in base alle quali si formano rapidamente dei pro-totipi, simili ad immagini, delle situazioni emozionali, integrati alle

213

Page 214: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

risposte sensomotorie innate e a quelle soggettive. Il livello concet-tuale, infine, è conscio, ha un formato proposizionale e include iricordi concernenti emozioni, aspettative, scopi e piani coscientidell’individuo e il concetto di sé. In quanto tale esso permette per-ciò di situare gli eventi emotivi in una prospettiva temporale a lun-go termine. Secondo Leventhal e Scherer, questi tre livelli operanoampiamente in parallelo e simultaneamente nelle persone adulte, ea ciascuno di essi viene effettuata una serie di controlli valutativisugli stimoli, volti a verificarne la novità, la piacevolezza o spiace-volezza, la rilevanza rispetto agli scopi e ai piani dell’individuo, ilpotenziale di coping nei confronti dell’ evento-stimolo e infine lacompatibilità con il concetto di sé e con le norme sociali. Dal pro-filo emergente da tutti questi controlli deriverebbero le diverseemozioni. L’emozione muove l’organismo all’azione adattandoloall’ambiente esterno in un movimento orientato, significativo, nonautomatico e riflesso. L’emozione, dunque, guida e orienta il com-portamento e la condotta.

Le emozioni “muovono” anche la vita cognitiva, precedendo lapercezione, il pensiero, l’immaginazione e risvegliando la memoria.Un’emozione è sempre presente nella coscienza per facilitare, colo-rare, catalizzare, selezionare le attività cognitive. La sfera affettivaintreccia una continua relazione e uno scambio comunicativo con ladimensione più propriamente cognitiva della nostra psiche. Daquesta dinamica interazionale, scaturisce la soggettività di ogni es-sere umano, le sue peculiarità psicologiche, il suo modo di essere edi mostrarsi al resto del mondo (Carotenuto, 2003). La presenza diconnessioni tra il sistema emozionale e quello del pensiero vigile ecosciente è quanto mai evidente nel momento in cui ognuno di noipuò trovarsi a esperire dei segnali affettivi così intensi da riuscire asabotare la linearità di un pensiero corrente. È anche vero però cheil sistema operativo dell’uomo, quello razionale e logico, deputatoalla progettualità e all’intervento finalizzato, non potrebbe espleta-re il suo funzionamento in modo efficiente senza l’intervento e lacollaborazione delle emozioni. Esse sono “le bussole psichiche” cheorientano le nostre scelte, che danno l’avvio al nostro sentire (ib.).Pertanto, il primitivo conflitto tra emozione e cognizione, che per

214

Page 215: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

molto tempo si è risolto unicamente a favore della componente ra-zionale, deve quindi essere inteso sotto un nuovo punto di vista checerchi di integrare e trovare il giusto equilibrio tra le due parti.

Goleman (1996) riconosce nell’uomo l’esistenza di due menti: unache pensa, l’altra che sente. Queste due modalità della conoscenza,così fondamentalmente diverse, interagiscono per costruire la nostravita mentale. La mente razionale è la modalità di comprensione dicui siamo solitamente coscienti, dominante nella consapevolezza enella riflessione, capace di ponderare e di riflettere. Accanto ad essac’è un altro sistema di conoscenza, impulsivo, potente e a volte illogi-co: la mente emozionale. Il rapporto fra razionale ed emozionale nelcontrollo della mente varia lungo un gradiente continuo; quanto piùintenso è il sentimento, tanto più la mente emozionale è dominante epiù inefficace quella razionale. Nella maggior parte dei casi, questedue menti operano in grande sinergia e le loro modalità conoscitive,così diverse si integrano reciprocamente per guidarci nella realtà. Ingenere c’è equilibrio fra mente razionale e mente emozionale; l’emo-zione alimenta e informa le operazioni della mente razionale, mentrequesta rifinisce e a volte pone il veto agli input delle emozioni. Quan-do le emozioni aumentano di intensità, l’equilibrio si capovolge: lamente emozionale prende il sopravvento, travolgendo quella raziona-le. Goleman sostiene inoltre che possediamo anche due distinte intel-ligenze: quella razionale, e quella emotiva. Quest’ultima, definita perla prima volta da Salovey e Mayer nel 1989 come capacità di osserva-re le proprie emozioni e quelle altrui, di differenziarle e di usare taliinformazioni per guidare il proprio pensiero e le proprie azioni, com-prende la capacità di regolare le proprie emozioni, di controllare gliimpulsi, di essere empatici, di modulare i propri stati d’animo, evi-tando che la sofferenza ci impedisca di pensare ed svolge un ruoloimportante nel guidare le nostre decisioni in stretta collaborazionecon l’intelligenza razionale. Il nostro modo di comportarci nella vitaè determinato dal corretto sviluppo di entrambe le intelligenze: è im-portante che un individuo sia abile dal punto di vista logico e razio-nale come da quello emotivo e relazionale.

215

Page 216: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

3. Sistemi fisiologici e loro attivazione nell’esperienza emotiva

Nell’esperienza emotiva fondamentale è il contributo dei sistemifisiologici, di tipo centrale e periferico. Il sistema nervoso centrale(SNC) comprende l’encefalo e il midollo spinale, il sistema nervosoperiferico (SNP) comprende i nervi afferenti ed efferenti e unisce ilSNC con il resto dell’organismo. Fa parte del SNP anche il sistemanervoso autonomo (SNA) che regola le risposte autonome o vegetati-ve. Le modificazioni prodotte dal SNA non accedono a livello di co-scienza e per questo motivo che esso viene definito anche sistemamotorio involontario.

Il SNA viene diviso in due sottosistemi: il sistema simpatico e si-stema parasimpatico, oltre che nel sistema enterico. La risposta emo-tiva è data dall’attivazione del sistema nervoso simpatico, esso attivail corpo durante lo stato di attenzione fisiologica, aumenta la fre-quenza cardiaca e quella degli atti respiratori, stimola l’attività delleghiandole sudoripare, arresta l’attività digestiva e provoca una vaso-costrizione periferica, con aumento di conseguenza della pressionesanguigna e del flusso di sangue verso gli organi interni ed il cervello.

Quando lo stato di attenzione fisiologica termina, il sistema para-simpatico riduce quasi tutte le attività del corpo, ad eccezione della di-gestione che viene attivata. Infine, possiamo affermare che il sistemanervoso simpatico prepara l’organismo “all’attacco o alla fuga”, men-tre in genere quello parasimpatico diminuisce il livello di attività e pro-muove la conservazione dell’energia con il reintegro delle sue riserve.

Le aree cerebrali più importanti per le emozioni sono situate nel si-stema limbico, una rete di strutture nervose organizzate attorno allaparte superiore del tronco encefalico. A partire dagli studi di Papez(1937) è stata rilevata l’importanza di uno specifico circuito cerebralenella vita emotiva degli individui, costituito da un substrato anatomi-co di sistemi corticali primitivi, collocati intorno al tronco encefalico,chiamato da Broca lobo limbico e includente alcune strutture comel’ipotalamo, ippocampo, i corpi mammillari, il talamo anteriore e lacorteccia del cingolo. Alla originaria struttura presentata da Papez so-no state aggiunte ulteriori componenti anatomiche, quali l’amigdala, igangli della base, i nuclei del setto e la corteccia frontale.

216

Page 217: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Il sistema limbico, la corteccia parietale posteriore dell’emisferodestro e la corteccia prefrontale sono connessi ad aree sottocorticali aloro volta interconnesse, in modo tale che l’informazione elaborata inuna regione cerebrale possa facilmente essere convogliata in altre re-gioni. Ad esempio, strutture sottocorticali come l’amigdala, il talamoanteriore e l’ipotalamo svolgono un ruolo prioritario nell’attribuzio-ne del significato affettivo degli stimoli e nella mediazione delle ri-sposte fisiologiche associate alle risposte emotive. Al contrario, tra learee centrali, la regione posteriore dell’ emisfero destro risulta fonda-mentale per l’interpretazione delle informazioni emotive. Infine, lacorteccia prefrontale è implicata sia nell’esperienza emotiva (intesacome vissuto emotivo) sia nell’espressione delle emozioni mediante ilcontrollo delle funzioni motorie.

Gli studi compiuti da Mac Lean hanno fornito una spiegazionedel rapporto esistente tra strutture sottocorticali e corticali, secondocui il controllo neurofisiologico dell’esperienza e dell’espressioneemotiva prevede l’interazione di tre strutture nervose centrali: il tron-co encefalico, il sistema limbico e la neocorteccia. Oltre alle emozio-ni, il sistema limbico interviene anche nell’apprendimento, nella me-moria e nei comportamenti motivati, come l’aggressività e il compor-tamento sessuale.

Di tutte le strutture del sistema limbico, quella maggiormente co-involta nella generazione delle emozioni è l’amigdala che riceve le in-formazioni di tutte le modalità sensoriali e produce paura e ansiaproiettando verso una varietà di strutture nervose che producono aloro volta le risposte emotive. Essa coordina l’attività delle struttureche intervengono nell’espressione fisiologica e facciale delle emozionie le aree corticali che sono presumibilmente sede delle sensazioniconsce in particolare della paura. L’amigdala è coinvolta anche nellagenerazioni di altre emozioni e svolge un ruolo cardine proprio nellapaura e nell’ansia. Essa ha un rapporto diretto con l’ipotalamo e conil sistema nervoso autonomo, nonché con le strutture talamiche, permezzo dei quali esercita le proprie funzioni emotive. Tale circuito ga-rantisce una circolazione efficace delle informazioni in entrata ed inuscita dall’amigdala, che ha alcuni nuclei interconnessi con l’ipotala-mo, la formazione ippocampale, la neocorteccia e il talamo. I due nu-

217

Page 218: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

clei principali che intervengono nella regolazione degli stati emotivisono i nuclei del complesso basolaterale e il nucleo centrale.

L’amigdala svolge due importanti funzioni nel processo cognitivodi comprensione e valutazione della situazione emotiva: valuta il signi-ficato emotivo degli stimoli e media i processi di condizionamentoemotivo.

Con la prima funzione, l’amigdala contribuisce alla valutazione delsignificato dello stimolo, in termini di positività o negatività per l’or-ganismo. Tale processo avviene con l’ausilio di due percorsi anatomicidistinti supportati dall’amigdala: la via talamica e la via corticale.

La via talamica ha la funzione di stimolare risposte comportamen-tali repentine e di attivare processi di elaborazione sufficientementeveloci in attesa di input corticali più specifici che provengono dallavia corticale. La via corticale infatti prevede l’invio di informazionianalitiche che forniscono maggiori dettagli sulla struttura percettiva esemantica dello stimolo, con meccanismi di risposta che sono miratialla specificità della situazione: soltanto a tale livello è possibile rico-noscere pienamente le proprietà simboliche dello stimolo e preparareuna risposta volontaria congrua al contesto.

Con la seconda funzione relativa all’immagazzinamento in me-moria delle informazioni con valore emotivo, l’amigdala e le strut-ture ad esse collegate rappresentano un sistema neuronale coinvol-to nella memoria emotiva, implicato nell’apprendimento inconsciodelle informazioni emotive degli stimoli.

Le funzioni mnestiche dell’amigdala svolgono contemporaneamen-te un ruolo nel condizionamento emotivo, sia per le esperienze emoti-ve negative sia per le esperienze positive: infatti, tra le funzioni princi-pali dell’amigdala vi è la capacità di definire il valore di ricompensa edi rinforzo degli stimoli.

Tra i principali modelli che hanno riconosciuto il ruolo principaledel sistema limbico e in particolare dell’amigdala vi è quello di Le-Doux (2002), secondo il quale ciò che caratterizza l’emozione è la ri-sultante di un’attività integrata di strutture interconnesse, caratteriz-zata da alcune proprietà principali. L’emozione è composta da un in-sieme di processi, come la valutazione della situazione emotigena, l’e-sperienza soggettiva dell’emozione e la sua manifestazione mediante

218

Page 219: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

canali di comunicazione verbale e non verbale. Per LeDoux tali mec-canismi sono la risultante dell’evoluzione filogenetica della specie enon rispondono al contrario ad apprendimenti recenti nello sviluppodell’individuo.

Tra le strutture importanti del sistema limbico abbiamo anche l’i-potalamo, che contiene un elevato numero di circuiti neuronali im-plicati in funzioni che regolano sia il sistema autonomo, sia i parame-tri vitali, come la temperatura, la frequenza cardiaca o i meccanismidi fame. L’ipotalamo inoltre agisce indirettamente anche sul sistemaendocrino mediante l’attivazione dell’ipofisi. Tra le funzioni princi-pali di regolazione svolte dall’ipotalamo abbiamo in particolare: re-golazione del sistema endocrino e del sistema nervoso autonomo(funzioni simpatiche e parasimpatiche).

4. Emozioni e sviluppo1

Nel corso della storia della filosofia ed in psicologia l’emozione èstata variamente definita ed interpretata: affezione-modificazionedell’anima (Aristotele, S. Tommaso, Cartesio), principio invisibile diazioni visibili (Hobbes), pensiero confuso oscuro e involontario(Leibniz), prevaricare delle sensazioni sulla razionalità (Kant),espressione emotiva funzionale alla comunicazione e alla convivenza(Darwin), reazione viscerale e neurovegetativa (James). In termini at-tuali, essa può definirsi stato mentale o affettivo in cui il soggetto in-tuisce-percepisce il valore di una situazione, esperienza soggettivameno stabile e intensa del sentimento e della passione, organizzatorecognitivo-affettivo, mediatore tra organismo e ambiente, spinta dina-mizzata dal bisogno secondo la traiettoria bisogno-emozione-azione.Essa è, con tutta evidenza, un fenomeno complesso.

219

1 Parte del contenuto di questo paragrafo è già stato pubblicato nel testo diM. Donnarumma D’Alessio e C. D’Alessio: La danza dell’identità,Gribaudi, 2008.

Page 220: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Secondo C. Trevarthen (1998) le emozioni dirigono la cognizione(cioè l’attenzione, il comportamento e l’apprendimento) e le forni-scono una valutazione soggettiva e comunicabile. Esse fanno parteintegrante dei motivi del soggetto e presentano una forte organizza-zione adattativa innata. Presiedono alle regolazioni del corpo, del sécosciente, dell’intersoggettività e risuonano tra i soggetti accoppian-do i loro motivi e le loro coscienze e animandoli reciprocamente.Trevarthen ritiene che le emozioni umane vengano elaborate attra-verso l’apprendimento, soprattutto quello di carattere socioculturalee intersoggettivo, ma che la loro origine non sia in esso.

Si è visto che, secondo la teoria evoluzionistica, paura, collera, tri-stezza e gioia sono emozioni fondamentali regolate dai programmineuronali deputati all’adattamento.

Le ricerche neuroscientifiche già citate di LeDoux (ib.) hanno chia-rito l’iter delle emozioni: a partire dall’input sensoriale il percorsogiunge al talamo che invia segnali all’amigdala, che spinge immediata-mente all’azione, e alla neocorteccia la quale elabora un piano d’azionenon più impulsivo ma consapevole. Le reazioni nei lobi prefrontali,nell’amigdala e nell’ippocampo attivano i sistemi immunitario, nervosoautonomo, endocrino. In sintesi, il circuito si articola tra percezione,emozione, reazione fisiologica, azione.

Le emozioni, dunque, sembrano confermare l’esistenza, nell’uo-mo, di una mente razionale e di una mente emozionale impulsiva eimmediata ma dotata di una sua logica e, dunque, non irrazionale:via rationis e via amoris possono integrarsi.

Gli studi neurofisiologici di LeDoux e le ricerche di Golemanhanno rilevato l’esistenza di un archivio della memoria emozionaleche risiede nell’amigdala. Abbiamo visto che negli esseri umani l’a-migdala è un gruppo di strutture interconnesse, a forma di mandorla,posto sopra il tronco cerebrale, vicino alla parte inferiore del sistemalimbico. Ci sono due amigdale, una su ciascun lato del cervello. L’a-migdala umana è relativamente voluminosa rispetto a quella di tuttigli altri primati (le specie a noi più affini dal punto di vista evoluti-vo). L’ippocampo e l’amigdala erano due parti fondamentali del ri-nencefalo che, nel corso della filogenesi, diede origine alla cortecciaprimitiva e poi alla neocorteccia. Oggi queste strutture limbiche

220

Page 221: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

compiono gran parte del lavoro di apprendimento e memorizzazionesvolto dal cervello; l’amigdala è specializzata nelle questioni emozio-nali: se viene resecata dal resto del cervello, il risultato è un’evidentis-sima incapacità di valutare il significato emozionale degli eventi –condizione che viene a volte indicata con l’espressione “cecità affetti-va”. Private del loro significato emozionale le relazioni umane perdo-no di interesse. La vita senza l’amigdala è un’esistenza spogliata di si-gnificato personale. All’amigdala è legato qualcosa di più dell’affetto:tutte le passioni dipendono da essa (Goleman, 1996).

L’amigdala coglie le microespressioni e armonizza le aree cerebraliutilizzando le connessioni neurali e la stessa mente razionale perchériceve gli input prima che siano stati registrati dalla neocorteccia. Lenostre emozioni, insomma, hanno una mente che può avere opinionidiverse da quella della mente razionale.

La ricerca di Richard Davidson (2000) sulla funzione dei lobi pre-frontali e del sistema limbico mette in luce come i collegamenti traqueste strutture ci permettono di mescolare pensiero e sensazioni,cognizione ed emozione. Secondo Davidson le emozioni implicanoun’orchestrazione dell’attività dei circuiti di tutto il cervello, in parti-colare del lobo frontale, che ospita le facoltà operative del cervello(ad esempio la pianificazione), dell’amigdala, particolarmente attivaquando si provano emozioni negative come la paura; dell’ippocam-po, che regola le azioni rispetto al contesto. Inoltre, i lobi frontali, ilsinistro per le emozioni positive, il destro per quelle negative, l’amig-dala e l’ippocampo sono collegati con i sistemi immunitario, endocri-no, nervoso autonomo. Le emozioni, dunque, impattano sulla salutementale ma anche su quella fisica.

Trevarthen, in Empatia e biologia (1998), ci presenta una inte-ressante serie di quesiti intorno alla presenza delle emozioni nelprimo anno di vita del bambino chiarendo la funzione delle emo-zioni che definisce stati centrali di regolazione del cervello, genera-te internamente, che unificano la coscienza e coordinano l’attivitàcoerente del soggetto.

Le emozioni si comunicano tra i soggetti e operano a tre livelli e intre diversi ambiti: 1) per proteggere l’integrità vitale e il milieu inter-ne del corpo del soggetto; 2) per guidare l’azione, la percezione e

221

Page 222: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

l’apprendimento attraverso la valutazione delle opportunità (vale adire,delle possibilità che si percepiscono per un uso attivo del corpo)offerte da oggetti e situazioni nel mondo esterno fisico (non menta-le); 3) per promuovere e sviluppare l’interazione con i comportamen-ti e i motivi di altri soggetti nell’ambiente sociale.

Secondo tale studioso, le emozioni, innate, creano intersoggettivi-tà, cooperazione, cultura e vanno analizzate rispetto a tre ambiti: ilmilieu interno al corpo del soggetto, gli oggetti e le situazioni delmondo esterno, l’interazione con gli altri soggetti nel mondo sociale.Un neonato, anche prematuro, di due mesi può impegnarsi con le ca-rezze, le vocalizzazioni e gli spostamenti del corpo di una personache gli offre sostegno in modo gentile e affettuoso, e può compieremovimenti che l’adulto percepisce come sforzi per parlare e gestico-lare. Questo coinvolgimento empatico e inconsapevole, fondamentodi ogni sviluppo futuro di ogni forma umana di segnalazione, lin-guaggio compreso, influisce sullo stato neuro-ormonale del piccolo,che contribuisce alla regolazione dell’accrescimento eccezionalmenteintenso del cervello verso la fine della gestazione. L’affetto della ma-dre, la sua “preoccupazione materna” e il legame (bonding) diventacosì un fattore chiave dell’autoregolazione del cervello neonato in ra-pido sviluppo, e parte dello schema adattativo della crescita mentaledel bambino. Secondo l’autore citato, le attuali ricerche sulla psicolo-gia del cervello immaturo hanno evidenziato il ruolo dell’imitazione.Il neonato imita vocalizzazioni e movimenti delle mani: lallazioni,sorrisi, gorgoglii, gesti sono protoconversazioni dinamizzate da senti-menti interpersonali. La comunicazione neonatale è, insomma, pre-ceduta da un vero e proprio apprendimento intrauterino reso possi-bile da strutture cerebrali sede endogena ed autonoma di emozioni.Queste, dunque, non sono del tutto apprese: un neonato prematuropuò, infatti, già vocalizzare e sorridere interagendo con l’affetto e lecure della madre.

Microanalisi di osservazioni della comunicazione dialogica effet-tuate con il doppio video da Trevarthen rivelano la ricchezza delleprotoconversazioni madre-neonato: una bimba di due mesi scambiacon la madre espressioni e vocalizzazioni giocose. Già a due mesidalla nascita un bimbo è in possesso di competenze che gli permetto-

222

Page 223: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

no di gestire una relazione dinamica. Vocalizza, sorride, muove lelabbra, la lingua e le sopracciglia e lo sguardo, ruota il capo, si sin-cronizza con l’altro: il bambino danza e canta con la madre. SecondoTrevarthen le protoconversazioni riescono ad innescare sistemi coor-dinati nei due individui che, avendo trovato sfogo espressivo attra-verso il movimento simultaneo di diversi organi, generano un contat-to, una regolazione reciproca nonché una intensificazione dei lorostati motivazionali centrali.

Lo sviluppo del cervello e la crescita psicologica sono il frutto diuna felice e armoniosa continuità e refluenza di affetti che costituisceil fondamento della interazione complessa di moduli espressivi. Unasoverchia eccitazione o depressione, così come il disturbo bipolare,limita la capacità di protoconversazione tra madre e neonato e, seprotratta, la possibilità di azione e cooperazione tra loro. Non si può,dunque, più affermare, sulla scorta di approcci empirici riduttivi, ba-sati su scarsi dati, che nel bambino non siano presenti schemi cogni-tivi, un concetto di sé, script sociali ed emozioni. Contrariamente aquanto affermato da Piaget sull’impossibilità da parte del bambinodi provare emozioni prima di aver raggiunto lo stadio cognitivo dellacostanza dell’oggetto e da Daniel Stern sull’assenza della paura primadei sei mesi (si tratterebbe solo di angoscia primitiva), C. Trevarthensostiene che analisi dettagliate delle videoregistrazioni di protocon-versazioni e giochi madre-figlio rivelano l’esistenza sin dalla nascitadi un’ampia gamma di emozioni che regolano l’intersoggettività.

Il neonato, dunque, già possiede non solo un sistema di emozionicoerente e differenziato, generato per autopoiesi fin dallo stadio em-brionale, ma anche la distinzione fondamentale tra funzioni emotive,relative alla persona, agli oggetti e al corpo, base genetica dell’epige-nesi cerebrale. Allo stesso modo, il colore, il calore, i toni, i tempi e iritmi delle protoconversazioni materne, o comunque adulte, conneonati non sono appresi ma innati. La prova di ciò è la somiglianzadi tali vocalizzazioni nelle culture più disparate.

Si può dunque sostenere, sulla scorta delle più recenti ricerche, cheil substrato neurofisiologico dei codici emotivi sia identico nei piccolie negli adulti le cui risposte emotive si accomodano, completano, in-ter-animano.

223

Page 224: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Le ricerche di C. Trevarthen, condotte dagli anni ’70 ad oggihanno provato il ruolo delle emozioni nello sviluppo dei sistemipercettivi corticali, dell’apprendimento e della memoria. Come giàrilevato, la depressione materna (maternity blues) può incidere sullefunzioni cognitive del bambino e, in particolare, sul linguaggio ilcui sviluppo dipende dalla sintonizzazione positiva col partneremotivo. L’espressione delle emozioni (vocalizzazioni, smorfie, ge-sti) già nel neonato è variegata e non frutto dell’apprendimento so-ciale. Sebbene le convenzioni sociali influenzino limitando o favo-rendo l’espressione delle emozioni, un neonato è già in grado discambiare empaticamente emozioni con un’altra persona, a pattoche essa desideri presentarsi emotivamente disponibile al piccolonei modi a lui comprensibili. In conclusione possiamo affermareche la comunicazione si serve di basi innate. Pensare ad una “cultu-ra innata” può sembrare paradossale. In effetti, però, la socializza-zione (inculturazione, acculturazione) parte da motivazioni innateche abitano un sé neonato giocoso, espressivo, creativo e sperimen-tatore, un sé organizzato, coerente, volitivo e intenzionale.

In estrema sintesi, possiamo a ragione affermare che la culturagiunge al cucciolo d’uomo veicolata, riscaldata e condita da espres-sioni e sentimenti. Come è noto, l’embrione possiede già abbozzi ditessuti e di organi che fanno, sicuramente, di lui un essere umano; ilfeto ha già un sistema nervoso in grado di elaborare mappe compor-tamentali; il neonato è l’autore della psicogenesi dei suoi stati menta-li, di atti intenzionali sempre più specifici e completi in risposta allestimolazioni del mondo esterno.

I reiterati tentativi di esplorazione del piccolo rispondono all’esi-genza di costruire una vita sociale ricca di emozioni. A tale scopo eglimodula atti comunicativi sempre più complessi che preludono aduna vera e propria interazione. L’esplorazione della realtà viene favo-rita dal contatto con persone disponibili a giocare col bambino: in talmodo egli differenzia e raffina i propri sensi e la propria anatomia e,sotto un certo aspetto, anche il proprio sesso e la propria personalità:è un primo abbozzo di identità personale, sociale, di genere. L’assen-za di partner sociali determina, come sappiamo, insicurezza, disadat-tamento, mancanza di empatia, di assertività, di curiosità.

224

Page 225: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Le figure parentali prima, quelle amicali poi esercitano, dunque,influenze determinanti il successivo sviluppo dell’intelligenza e lacrescita psicologica. Dal quarto mese in poi il gioco sociale attiveràrelazioni affettive che evolveranno in direzione di condotte di condi-visione e di cooperazione con gli altri. Sono atti di significazione, diistruzione, di saluto, di riconoscimento, di interesse; sono atti vissuticon entusiasmo e piacere.

Possiamo senz’altro definire tale comportamento come protolin-guistico, protoculturale, protocivile,in quanto la comprensione delnome di oggetti e persone immette il bambino nel proprio ambien-te culturale, nel linguaggio, nelle tecniche, nei valori di un tempo-spazio specifico. Trevarthen (ib.) sostiene che tali comportamentiche tratteggiano la sintassi e la semantica del linguaggio, oltre che ilsuo tono emotivo e la sua prosodia, prefigurando azioni cooperati-ve di tutti i generi e la ricerca cooperativa di conoscenza, sono ma-nifestazioni dello stato del dispositivo cerebrale umano, che lavoraentro un organismo indifeso, tanto immaturo da dover essere nutri-to, portato in giro e protetto da condizioni ambientali estreme. Lastrategia di questa storia di vita rappresenta una notevole inversio-ne del percorso evolutivo. Umano nella sua essenza, il cervello puòiniziare il processo della comunicazione umana prima di aver ap-preso qualsivoglia concetto relativo agli oggetti o ai modi per spo-starsi nel mondo, ed è in grado di avviare il proprio coinvolgimentonell’assimilazione e nell’estensione dell’uso culturale dell’esperien-za prima di poter parlare di essa (ib.). Il cervello umano rappresen-ta dunque un organo culturale che stimola in maniera intuitiva l’ot-tenimento di educazione da parte di altri esseri umani che meglioconoscono i dettagli del mondo. Il trasferimento di conoscenze av-viene in risposta a una richiesta del bambino (ib.).

L’attualità di tali ricerche, considerati i progressi delle neuroscien-ze dagli anni ’70 ad oggi, prova con chiarezza il possesso, nei piccoli,del germe della cooperazione culturale. Fin dall’inizio della vita, nelcervello, organo plastico e misterioso, portatore di dinamismi ancoraoggi sconosciuti, esistono strategie e risorse potenziali che permetto-no la crescita personale e la formazione dell’identità: non si tratta diqualcosa di fisico e chimico ma, conclude Trevarthen, di epifisico ed

225

Page 226: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

epichimico poiché il nostro cervello è programmato per crescere edintegrarsi con altri cervelli che presiedono agli atti cooperativi.

Negli ultimi due decenni, l’embriologia cerebrale, e la comparsadelle prime strutture nei primi mesi del periodo prenatale sono statiosservati e mappati; lo studio delle forze che dinamizzano i sistemicomplessi ha messo hanno messo in luce i processi di interazione na-tura/cultura nella formazione di reti neurali e di mappe cerebrali co-me è documentato dagli studi di Edelman (1987), Cowan (1997), Le-vi-Montalcini (1990) Fracokwiak (1997). In aggiunta a ciò, la teoriadella regolazione genetica che presiede alla nascita e alla selezionedelle connessioni sinaptiche conferma l’esistenza di sistemi innati dipercezione, motivazione, azione che predispongono e rendono possi-bile adattamento e modificazione dell’offerta ambientale.

Le ricerche della psicologia cognitiva hanno inoltre contribuito adelaborare la teoria del cervello-computer che, su base logica, elaborale esperienze. C’è, tuttavia, da osservare che aree relative all’intuizio-ne e alla motivazione, sedi della potenza creatrice (Whitehead, 1985),sono ancora poco frequentate dagli studiosi. Sarebbe opportuno chestudi, ricerche, applicazioni integrassero la storia, filogenetica e onto-genetica, del cervello con lo studio del comportamento perinataleche scopre l’esistenza, nel neonato, di una sorta di know how neiconfronti dell’emozione, della comunicazione e del coinvolgimentocon partner.

Trevarthen (ib.) si ritiene sicuro che un neonato conosca e riescaad entrare in contatto empatico con le emozioni della mamma perchéè in grado di mappare anche il corpo di lei, che attraverso il medesi-mo principio di mappatura intersoggettiva, la madre è evidentementeempatica nei confronti delle emozioni che il corpo del bambino, rit-micamente mobile, esprime e che la reciproca regolazione di bambinie adulti per mezzo delle emozioni nel corso della comunicazione ren-de possibile l’ordinato sviluppo dell’autocoscienza.

Esiste, dunque, anche in cervelli immaturi, la capacità di accop-piamento emotivo di percezioni, emozioni, azioni del neonato conpensieri, sentimenti, atti coscienti regolati da cervelli maturi. Ci rife-riamo a quel processo di maturazione intercellulare che, iniziato nel-l’embrione, giunge alla formazione della neocorteccia, dimora dei

226

Page 227: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

pensieri coscienti relativi a eventi, situazioni, ricordi. Ne consegue,secondo Trevarthen, la consapevolezza che nell’embrione cerebrale èpresente, in nuce, lo spirito umano che energizza il comportamentopre e neonatale naturalmente aperto e capace di danzare e cantare letransazioni con altri esseri umani. In estrema sintesi, noi siamo inna-tamente umani e ciò è terribile e affascinante. In ogni cosa percepitacome bella esiste una caratteristica comune definibile come linea del-la bellezza che la nostra innata sensibilità è capace di cogliere fin dal-la nascita. Bambini e adulti sono attratti da sguardi che dimostranointeresse e da voci affettuose. La visione cromatica è fonte di infor-mazioni relative alla realtà ed ecologicamente utili. Il rosso e il giallo,ad esempio, indicano dolcezza e maturazione per uccelli e mammife-ri e, allo stesso modo, avvertono, se integrati da macchie e strisce,della presenza di veleni. La visione cromatica è valutante perché cari-ca di affetti. Valori cromatici ed estetici sono in relazione con la chi-mica cerebrale delle emozioni come ben sanno gli studenti che, do-vendo evidenziare gli argomenti da memorizzare usano di preferenzail rosso. La visione del rosso incentiva la produzione di un neurotra-smettitore nei sistemi cerebrali deputati alla regolazione delle emo-zioni, influenzando l’attenzione, la coscienza e il ricordo. I giudiziestetici innati, integrandosi con le cognizioni apprese, possono con-tribuire alla formazione di una personalità sociale matura sul pianodella percezione, del controllo delle emozioni e dell’integrazione.

Nel neonato i meccanismi corticali primari sono influenzati dacontatti esterni che risuonano con e sostengono gli stati regolatoricentrali in un processo intercerebrale in cui cure, calore e affetto ma-terno assumono un’importanza decisiva per la produzione degli or-moni della crescita. Gli studi di Trevarthen e di Siegel (2002) mostra-no come gli input del sistema limbico ai lobi frontali, temporali e pa-rietali regolano le connessioni intracerebrali che permettono lo svi-luppo del sistema cognitivo.

In breve, il neonato può costituire un esempio dell’esistenza diuniversali estetici innati che si articolano e maturano nell’esperien-za emozionale e nella comunicazione. L’imitazione neonatale è in-fatti immediata, transmodale e dunque anch’essa un’esperienza ar-tistica. Una madre, infine, come l’artista, non è mai gelida e oggetti-

227

Page 228: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

va: comunica emozioni, trasmette valori nuovi e soggettivi, immagi-na e tesse narrazioni, condivide e celebra miti e invenzioni musicali,aprendo al bambino l’universo della comunicazione.

5. Emozioni e neurofenomenologia

Non vi è intelligenza senza emozione. Ci può essere emozione senza molta intelligenza,

ma è cosa che non ci riguarda.

Ezra Pound

Alla luce di quanto finora esposto, la nostra conoscenza del mon-do, lungi dall’essere ottenuta con la sola ragione astratta e calcolante,è mediata dalle ragioni del cuore. L’intuizione e l’orizzonte di cono-scenza emozionale ci consente di cogliere il senso di ciò che un’altrapersona prova e rivive: le emozioni e sentimenti ci fanno conoscerecosa ci sia nel cuore e nell’immaginazione degli altri-da-noi. Essi ven-gono però inariditi e svuotati nelle persone nelle quali la ragione e lavolontà siano dominanti, oscurando così la figura fragile e disconti-nua, labile e carismatica della vita emozionale ed affettiva.

Nella loro incandescenza, ma anche nella loro vulnerabilità e gra-cilità, le emozioni sono portatrici di conoscenza e di metamorfosi, enondimeno sono facilmente attutite e livellate da contesti interperso-nali aridi e da interiorità desertificate. Le emozioni sono molteplicinelle loro connotazioni tematiche, ma l’elemento comune a ciascunadi esse è rappresentato dal fatto che ci conducono fuori dai confinidel nostro io e ci mettono in contatto, in risonanza, con il mondodelle cose e delle persone, essendo contrassegnate radicalmente dallain-tenzionalità (nel senso inteso da Edmund Husserl), dalla trascen-denza come orizzonte di conoscenza che si oltrepassa infinitamente,al di là di ogni confine individuale.

Lo sfondo filosofico entro cui si colloca la riflessione sulle emozio-ni e sull’esperienza dell’incontro con l’altro è rappresentato dall’ap-proccio fenomenologico i cui temi classici sono quelli dell’alterità al-

228

Page 229: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

l’interno della problematica dell’intersoggettività e quello della cor-poreità, rielaborato in modo approfondito e originale da Merleau-Ponty (1972).

Uno degli aspetti principali della corrente filosofica inaugurata daHusserl e poi continuata secondo differenti declinazioni – spesso inconflitto tra loro – da filosofi come Martin Heidegger, lo stesso Mer-leau-Ponty, Paul Ricoeur, Emmanuel Lévinas, consiste nell’indagarele modalità con cui si costituisce l’esperienza che facciamo del mon-do, cercando di capire da dove traggano la propria validità e legitti-mità gli oggetti di tale esperienza, da quelli più semplici a quelli piùcomplessi, come gli enti matematici, i principi della logica, le leggiscientifiche, ma anche e soprattutto gli altri soggetti.

Va sottolineato, dunque, come aspetti importanti della riflessionefenomenologica trovino oggi evidenti riscontri nei risultati dell’indagi-ne neuroscientifica, e come i risultati della ricerca empirica condottadalle neuroscienze possano fornire un valido contributo a una nuovaformulazione, se non a una risoluzione, di svariati problemi di naturafilosofica che per decenni sono stati e che sono tuttora al centro dellaricerca fenomenologica. Negli ultimi anni, si è assistito ad un processodi naturalizzazione della ricerca fenomenologica cui ha contribuitonegli ultimi decenni, tra gli altri, Francisco Varela (1996), scienziatocileno noto per avere introdotto, assieme a Humberto Maturana, ilconcetto di autopoiesi, mediante il quale si sottolineava l’intrinseconesso tra funzione e struttura, tipico di ogni forma vivente.

Varela approfondì il ruolo dell’interazione corpo-ambiente nei pro-cessi cognitivi, approdando alla formulazione programmatica di unnuovo approccio allo studio della coscienza e dei processi cognitivi de-finito neurofenomenologia, la quale costituisce un approccio interdi-sciplinare allo studio del problema della coscienza, capace di coniuga-re la metodologia empirica delle neuroscienze con l’analisi in primapersona propria della fenomenologia.

In tal modo, secondo Varela, si può superare il dualismocorpo/mente, ponendo al centro dell’indagine empirica il Leib, cioèil corpo nel vivo dell’esperienza, che può essere considerato tanto dalpunto vista di un’analisi filosofica trascendentale, quanto dal puntodi vista dello studio empirico dei processi nervosi che lo sottendono.

229

Page 230: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Questa impostazione, tuttavia, può risultare molto problematica,soprattutto se si tiene presente che fin dai suoi esordi la fenomenolo-gia si è programmaticamente contrapposta all’atteggiamento natura-listico della scienza psicologica, nonché, secondo molti, delle attualineuroscienze.

Già prima di Husserl, Franz Brentano e Wilhelm Dilthey avevanoposto al centro delle proprie riflessioni l’indagine dei vissuti di co-scienza (Erlebnisse). L’intento originario della fenomenologia di Hus-serl consisteva nel raffinare tale indagine nel tentativo di fare emerge-re la dimensione costitutiva dell’esperienza. Un tale intento si propo-neva come alternativo alle strategie epistemiche della contemporaneapsicologia naturale, in particolare di quella fisiologica, incapaci di co-gliere, secondo Husserl, l’effettiva esperienza dello psichico ridotto amera cosa tra le cose.

Tali discorsi conservano la loro attualità ancor oggi. La fratturasuggerita da Dilthey tra scienze della natura e scienze dello spiritocontinua ad alimentare il dibattito contemporaneo in filosofia dellamente e all’interno delle scienze cognitive. Le stesse critiche mosseda Husserl al naturalismo, in nome dell’analisi fenomenologica delladimensione psichica e dei processi che sottendono il nostro avere ache fare con le cose del mondo (altri soggetti inclusi), possono inqualche misura essere applicate anche all’approccio neuroscientificoallo studio della natura umana.

Ciò è tanto più vero dopo lo sviluppo delle potenti tecniche di vi-sualizzazione per immagini dell’attività cerebrale, come la risonanzamagnetica funzionale, le quali consentono di osservare direttamenteciò che accade nel nostro cervello quando siamo impegnati in una va-rietà di compiti percettivi, esecutivi e cognitivi.

Nonostante tali tecniche abbiano una comprovata efficacia euristi-ca, esse vanno comunque supportate da un’analisi fenomenologicadei processi (percettivi, esecutivi e cognitivi) indagati, nonché dai da-ti neurofisiologici derivanti dallo studio diretto dell’attività dei singo-li neuroni (per ora in gran parte esclusivamente possibile nel modelloanimale).

Queste problematiche sono particolarmente evidenti nello stu-dio della cognizione sociale. Trasferire automaticamente nel cer-

230

Page 231: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

vello un modello della mente umana quale quello proprio dellescienze cognitive classiche, che appiattisce ed esaurisce la cogni-zione sociale a una mera utilizzazione degli atteggiamenti proposi-zionali della psicologia ingenua (credenze, desideri, intenzioni)può condurci a risultati inesatti.

Come c’insegna la fenomenologia, la cognizione sociale non èsoltanto “metacognizione sociale”, cioè il pensare esplicitamente alcontenuto della mente altrui per mezzo di simboli o di altre rappre-sentazioni in un formato proposizionale. Le possibilità di trovarenel nostro cervello aree contenenti i correlati neurali di credenze,desideri e intenzioni in quanto tali sono probabilmente vicine allozero. La mentalizzazione, ossia il modo con cui spieghiamo il com-portamento altrui attribuendo un ruolo causale a stati mentali in-terni comporta un livello di competenza personale, e dunque nonpuò essere interamente ridotto all’attività subpersonale di gruppi dineuroni nelle aree della corteccia cerebrale, ipoteticamente specia-lizzate nella “lettura della mente”. È ad esempio quanto magistral-mente sostengono Bennett e Hacker, il filosofo morale ed il neuro-fisiologo autori dell’opera Philosophical Foundations of Neuroscien-ce nella quale, tra le altre cose, avvisano del rischio di incorrere nel-la cosiddetta “fallacia mereologica”, consistente nello scambiareuna parte con il tutto. In base a ciò dire “il cervello pensa, il cervel-lo sente” è un’affermazione priva di fondamento, in quanto non è ilcervello come singolo organo ma l’intera persona a vivere l’espe-rienza.

I neuroni, infatti, non sono agenti epistemici nè sono soggettidi conoscenza: essi conoscono solo il passaggio degli ioni attraver-so le loro membrane. Il mentalizzare ha bisogno di una persona,che potremmo definire come un sistema d’interconnessione tracervello e corpo che interagisce in modo situato con uno specificoambiente popolato da altri sistemi cervello-corpo. Pertanto, èproprio attraverso l’analisi dei differenti meccanismi subpersonaliche emergono quei diversi strati dell’esperienza che, pur nonesaurendola in toto, consentono di descriverne progressivamentegenesi e struttura.

231

Page 232: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

6. Atti emozionali conoscitivi e percezione affettiva dei valori

Un contributo di grande interesse sul ruolo dell’esperienza emo-zionale nella percezione del valore è quello di Scheler (1937), feno-menologo che coniuga i due aspetti in una sintesi mirabile.

Nel pensiero di Scheler il valore è oggetto di esperienza-conoscen-za emozionale che precede la conoscenza intellettuale della cosa. Se-condo tale autore le percezioni affettive , che si manifestano nei piùprofondi strati della vita emozionale, connotano il più elevato grup-po di esperienze, quelle valoriali. La percezione affettiva dei valori sicompie dunque in atti emozionali conoscitivi la cui origine è peròpuramente emozionale. Attraverso le esperienze emozionali, ad es.dell’amore e dell’odio, stringiamo il contatto più immediato ed ap-propriato col valore e solo in conseguenza di tale contatto quel valo-re si manifesta a noi conoscitivamente nella percezione affettiva in-tenzionale.

Il rendiconto dei fondamenti emozionali teorico-conoscitivi nelsistema di Scheler attribuisce un ruolo prioritario alle emozioni,affermando che le esperienze emozionali ci svelano uno dei fattoriprimari della struttura soggettiva della realtà, che è appunto il va-lore. È l’emozione che manifesta l’essenza assiologica degli oggetti:nella percezione affettiva intenzionale del valore è implicita unamotivazione emozionale, una causalità dell’attrazione che agisce daspinta psichica dinamizzante la volontà in direzione dell’oggettodel fine, del valore.

Per Scheler dunque è proprio attraverso la conoscenza emoziona-le, le cui energie sono l’amore e l’odio, l’uomo entra in contatto conl’ordine dei valori. Ragion per cui essa non può essere in alcun mododisattesa.

7. L’empatia

«L’empatia scatta nel momento in cui un essere umano parla con un altro.È impossibile comprendere un altro individuo se al tempo stesso il

nostro sé non riesce a identificarsi con lui (…) Se ricerchiamo l’origine

232

Page 233: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

di questa capacità e di sentire come se fossimo qualcun altro, potremotrovarla nell’esistenza di un innato senso sociale.

Si tratta, di fatto, di un sentimento cosmico e di un riflesso dell’in-terdipendenza dell’intero cosmo che vive in noi; si tratta di una caratte-

ristica ineluttabile insita nel nostro essere uomini».

A. Adler

7.1 Introduzione

Alla luce di quanto fin qui discusso, se i vissuti e le esigenze dellasfera emozionale della persona non vengono decodificati e sono an-nullati in ritmi e standard di comportamento che producono un livel-lo di attivazione anomalo di alta frequenza ed intensità, la personacoinvolta può sperimentare distress, il quale si materializza in unasindrome che si esprime come disequilibrio biologico, emotivo, com-portamentale, sociale.

Nei precedenti paragrafi si è visto come la qualità delle esperienzeemozionali delle persone ha necessariamente a che fare con la possi-bilità nel corso dell’esistenza di relazionarsi con persone capaci di ri-specchiamento empatico.

Una sana empatia quale esperienza affettiva di condivisione si co-struisce in un ambiente che soddisfa i bisogni emotivi, scoraggia uneccessivo investimento sul sé contribuendo a rendere salienti bisognied emozioni altrui, capace di guidare ad identificare ed esprimereun’ampia gamma di emozioni sviluppando contemporaneamentesensibilità e responsività emotiva verso gli altri. Gli stati emozionaliregistrati nell’ambito dei sistemi affettivi interagiscono con l’analisicognitiva nel fenomeno del priming, ovvero dell’attivazione emozio-nale di una rete nel sistema cognitivo.

L’empatia può dunque essere definita tendenza filogenetica allacondivisione emotiva che si configura diversamente a seconda dellemediazioni cognitive e delle relazioni interpersonali.

L’atteggiamento empatico prescinde da precomprensioni persona-li e si apre all’unicità dei fenomeni senza veicolare valutazioni o inter-pretazioni della realtà, della quale offre un’angolazione fenomneno-

233

Page 234: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

logica indispensabile alla trasparenza ed alla non direttività della co-municazione (Donnarumma D’Alessio, 1999).

L’empatia è inoltre metacomunicazione, mediante la quale si tra-smette all’altro la fiducia nelle sue possibilità di contattare le proprieemozioni, formulare valutazioni e decisioni, scoprire compiti e signifi-cati personali (ib.).

7.2 Empatia e neuroni specchio

Da qualche decennio, nell’ambito delle neuroscienze , si stannoindagando i correlati neurali delle componenti “incarnate” dell’e-sperienza del mondo, il che mette fortemente in crisi l’equazionemente = theoria, già criticata, seppure in modi diversi, da Husserl eda Heidegger. L’approccio neuroscientifico parte infatti da una ba-se epistemologica che colloca al centro della propria indagine ilcorpo vivo.

Gli studi sui sistemi fisiologici coinvolti nell’esperienza emotivahanno ricevuto un grosso impulso grazie alla scoperta dei neuronispecchio, avvenuta nel 1991, che ha suscitato una curiosità e un inte-resse che hanno valicato i confini delle neuroscienze, rilanciando temie dibattiti antichi e moderni sul rapporto mente e cervello, sulle mo-dalità di funzionamento e di integrazione dei sistemi abilitati alla per-cezione degli stimoli sensoriali, alla elaborazione e all’effettuazione diazioni automatizzate e/o intenzionali, alle procedure di memorizzazio-ne e di apprendimento e sulla nascita delle prime relazioni empatiche.

I neuroni specchio sono una classe di neuroni che si attiva seletti-vamente sia quando si compie un’azione sia quando la si osservamentre è compiuta da altri. I neuroni dell’osservatore “rispecchia-no” ciò che avviene nella mente del soggetto osservato, come se fos-se l’osservatore stesso a compiere l’azione. Questi neuroni sono statiindividuati nei primati, in alcuni uccelli e successivamente anchenell’uomo, da un gruppo di ricercatori dell’Università di Parma co-ordinato da Giacomo Rizzolatti che si stava dedicando allo studiodella corteccia premotoria. Nell’uomo, oltre ad essere localizzati inaree motorie e premotorie, i neuroni specchio si trovano anche nel-l’area di Broca e nella corteccia parietale inferiore. Nel 1995 gli stu-

234

Page 235: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

diosi citati dimostrarono per la prima volta l’esistenza nell’uomo diun sistema simile a quello trovato nei primati ovvero che la cortecciamotoria dell’uomo viene attivata dall’osservazione di azioni e movi-menti altrui. Più recentemente, altre prove ottenute tramite neuroim-magini e test comportamentali hanno confermato che nel cervelloumano esistono sistemi simili e molto sviluppati e sono state identifi-cate con precisione le regioni che rispondono all’azione/osservazione(Rizzolatti, Sinigaglia, 2006). Data l’analogia genetica fra primati(compreso l’uomo), non è affatto sorprendente che queste regioni ce-rebrali siano strettamente analoghe in essi.

Con gli studi sull’uomo, è apparso evidente che il meccanismo disimulazione riguardava anche le emozioni e le sensazioni tattili pro-vate dagli altri; i neuroni specchio, infatti, si attivano nelle stessearee cerebrali di chi vive l’esperienza in prima persona. I neuronispecchio permettono di spiegare la capacità di relazionarsi agli altrie consentono di comprendere con facilità le azioni degli altri. Gra-zie allo studio sperimentale di alcune emozioni primarie si è potutorilevare che quando osserviamo negli altri una manifestazione emo-tiva si attiva il medesimo substrato neuronale; si tratta di un sub-strato collegato alla percezione, in prima persona, dello stesso tipodi emozione. I neuroni specchio sarebbero quindi alla base dell’em-patia, ovvero della capacità di comprendere e sentire il vissutoemotivo dell’altro. Gli studi clinici su pazienti affetti da patologieneurologiche mostrano che una volta perduta la capacità di provareun’emozione non si è più in grado di riconoscerla quando vieneespressa da altri: questo potrebbe rappresentare una conferma delruolo svolto dai neuroni specchio.

La portata euristica ed applicativa delle ricerche sui neuroni spec-chio, il cui meccanismo di osservazione - imitazione – comprensioneè stato definito simulazione incarnata, ovvero correlato neuronaledella consonanza empatica, ha straordinarie implicazioni. Se il nostrocervello infatti risuona con quello di un’altra persona, se una sorta dimetacomunicazione intercorre tra loro, allora io e l’altro non siamoestranei e la mia personalità, e l’identità che ne è il proprium, è davve-ro moi-monde, non io solipsistico, ma un buberiano io che si realizzanel tu, io che risuona negli altri, per gli altri. Un essere che è possibi-

235

Page 236: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

lità, già inserita geneticamente, di con-essere, pro-essere, in-essere2. Laconsapevolezza di una base neuronale nella relazione con l’altro rap-presenta dunque il fondamento dell’esistenza preverbale e prerazio-nale dell’identità sociale.

7.3 L’empatia come fondamento della conoscenza e dell’esperienzaintersoggettiva

Considerando l’empatia da questo punto di vista, più che natura-lizzare la fenomenologia sembra più promettente fenomenologizzarele neuroscienze, utilizzando le sollecitazioni che provengono dalla ri-flessione fenomenologica, in particolare dalle analisi husserliane sulcorpo vivo (Leib) e sul ruolo che esso ha nella costituzione della no-stra esperienza delle cose del mondo e degli altri. Ciò può costituirela base per uno studio empirico della dimensione soggettiva e diquella intersoggettiva compiuto con presupposti nuovi rispetto aquelli fin qui in gran parte adottati dalle neuroscienze.

Per affrontare il problema del mondo e della sua costituzione co-me mondo oggettivo e intersoggettivo, partiamo dalla posizione diHusserl sul rapporto tra corporeità vivente ed intersoggettività. È in-negabile che il contatto, l’incontro con l’altro avvenga grazie all’uni-co dato oggettivabile dell’alterità: il Leib.

Attraverso la presenza di numerosi vissuti, del cui fluire si ha co-scienza, si dischiude il significato della relazione intersoggettiva gra-zie al medium della corporeità vivente. Il Leib, dunque, consente ilcoglimento del corpo, della psiche e dello spirito di altri io. Lungi dalcostituire una prigione, il Leib designa l’irripetibile peculiarità diogni essere umano, che rivela già nella propria corporeità vivente lasua unicità, dignità, inviolabilità, libertà. Il legame del corpo fisico aun soggetto, infatti, non può essere ridotto alla semplice inseparabili-tà spaziale; si tratta, piuttosto, di un Leib che sente, percepisce ed ap-percepisce, evitando cadute solipsistiche.

236

2 PALUMBIERI S., L’uomo, questa meraviglia, Urbaniana, Roma, 1999; id.L’uomo, questo paradosso, Urbaniana, Roma, 2000.

Page 237: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Quando io incontro l’altro, si produce quella che Husserl definiscePaarung,un accoppiamento e si crea, su tale base, quell’orizzonte co-mune da cui si dipartono le diverse soggettività, con le loro caratteristi-che peculiari. Attraverso l’empatia, mi rendo conto che l’altro sta vi-vendo una serie di atti motori e percettivi che rimandano alla corporei-tà (Leib): alcuni atti di tipo reattivo, impulsivo e istintivo che si riferi-scono alla sfera mentale o psichica, altri ancora che implicano la sferadei valori e comportano prese di posizione volontarie, scelte consape-voli, decisioni libere, e riguardano appunto la motivazione, la libertà, laresponsabilità, rimandando pertanto a una dimensione che con termi-ne unitario Edith Stein chiama spirituale (Geist). Spiritualità personalesignifica vigilanza e apertura: non solo io sono, non solo vivo, ma sonoconsapevole del mio essere e del mio vivere, e tutto in un unico atto.

La forma originaria del sapere, propria dell’essere e della vita spi-rituale, non è quella di un sapere a posteriori, riflessivo, in cui la vitadiventa oggetto di sapere, ma è come un sapere originario circa l’al-tro da sé. Ciò vuol dire essere nelle altre cose, guardare dentro unmondo che sta di fronte alla persona.

Per quanto riguarda la via individuationis, il nucleo (Kern) o radi-ce della persona umana possiede una certa qualità interiore, diversada individuo a individuo, che determina la pienezza e la vitalità del-l’agire; la sua ampiezza e la sua profondità ne descrivono il modo diessere, questa sua peculiare, unica, irripetibile individualità, la qualeconferisce un’impronta unica, originale, a tutto ciò che da tale nucleoproviene. L’unità reale di “anima” e di “corpo vivente”, secondo lafenomenologia tedesca, è una “persona”: tutto ciò che è corporeo-vi-vente (Leibliche) ha una parte interna, interiore, intima, e dunque ilcorpo vivente non è semplicemente un corpo che percepisce, ma ap-partiene a un soggetto, a un io che attraverso di esso sente i suoi statie che a sua volta può entrare in profondo contatto con ciò che l’alter-ego vive e sente.

A proposito del rapporto tra soggettivo e intersoggettivo, giovaqui ricordare la riflessione husserliana nella Quinta delle sue Medi-tazioni Cartesiane (2002): intrecciati in modo tutto proprio ai corpi,come oggetti psicofisici, gli altri sono nel mondo; entro il suo viverecoscienziale, l’io esperisce il mondo insieme agli altri, e il senso di

237

Page 238: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

tale esperienza implica che gli altri non siano formazioni sinteticheprivate dell’io, ma costituiscano un mondo estraneo all’io, come in-tersoggettivo, un mondo che c’è per tutti e i cui oggetti sono dispo-nibili a tutti.

Poco oltre, il fenomenologo precisa ulteriormente il nesso di sen-so che lega l’ego e l’alter-ego asserendo che ciò che mi è specifica-mente proprio in quanto sono un ego, il mio essere concreto comemonade, comprende ogni intenzionalità e quindi anche quella che èdiretta all’estraneo. In tale intenzionalità, si costituisce il nuovo sen-so d’essere che oltrepassa il mio ego monadico nella identità che gliè propria e si costituisce un ego non come io stesso, che però si ri-specchia nel mio io proprio, nella mia monade. Il secondo ego non èsemplicemente presente, ma è costituito come alter-ego, ove quest’e-go incluso nella espressione alter-ego sono proprio io stesso nel mioproprio essere. L’altro, per il suo senso costitutivo, rinvia a me stes-so; l’altro è rispecchiamento di me stesso. Esperienza resa appuntopossibile dal funzionamento dei neuroni specchio.

7.4 L’empatia secondo E. Stein

La studiosa Maria Donnarumma D’Alessio3, nei testi Vedere dalcuore (1999) e La danza dell’identità (2008), ponendosi il compito diesplorare una dimensione fondamentale dell’esperienza colta e strut-turata mediante la visione dal cuore, ci offre la possibilità di percor-rere la via affettiva della conoscenza, facendoci accostare al tema del-l’empatia, intesa in un’accezione prevalentemente fenomenologica,

238

3 Questa parte del lavoro è un omaggio a Maria Donnarumma D’Alessio, miamadre, studiosa attenta dell’empatia la quale mi ha trasmesso fin dall’infan-zia quanto la curiosità, la ricerca, la lettura, lo studio, siano attività connessecon una passione ed una motivazione fortemente intrise di un’emozionalitàpositiva che le connota, attribuendo loro un senso profondo. Riportiamo quiuna sintesi dei suoi scritti sull’argomento, sperando che quanto di così pre-zioso ha scritto possa ancora trasmettersi anche oltre il limite del suo essereterreno.

Page 239: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

divenuta già dal 1916 oggetto di riflessione e di analisi delle ricerchedi Edith Stein, allieva di E. Husserl.

Il cuore dell’educazione è costituito da elementi quali emozioni esentimenti, presenti in tutti i processi interpretativi del mondo. J.Bruner, evidenziando la necessità per la psicologia del futuro di inte-grare diversi indirizzi di studio, quali biologico, evolutivo, individua-le, culturale, le assegna il campo di studio dell’intersoggettività chedefinisce come «il processo per cui si giunge a sapere cosa hanno inmente gli altri e ci si adatta di conseguenza»4.

Le capacità di riconoscere e capacità di individuare e condividereemozioni dipendono da aree cerebrali differenti e separate e ciò co-stituisce un dato prezioso per Bruner, che conferma la sua teoria sul-la possibilità di comprendere l’uomo secondo il duplice riferimento,biologico e culturale. Il processo di costruzione dei significati è, se-condo l’autore, squisitamente culturale, in quanto la mente crea cul-tura e la cultura crea la mente: il cuore della cultura come rete di rap-presentazioni comuni è costituito dal fare significato in assenza delquale, linguaggio, mito ed arte, sono destinati a perire.

In tale ottica, l’intersoggettività quale reciprocità con gli stati in-tenzionali del partner costituisce l’essenza della negoziazione socio-cognitiva a livello umano e culturale e si traduce nella capacità di me-tarappresentazione della mente altrui, ossia quella di leggere pensieri,intenzioni ed emozioni degli altri uomini.

Nel genoma dell’uomo è iscritta la possibilità di contatto e di inte-grazione cognitivo-emotivo-sociale-trascendente; tuttavia, le basineurali che supportano la dimensione empatica possono atrofizzarsie morire se non attivate da un’educazione all’empatia.

Nella società attuale, caratterizzata da un orizzonte storico di globa-lizzazione e mondializzazione, per una sorta di autismo sociale «appre-so», che sul piano sociologico si connota come perdita dei legami so-ciali e declino del senso comunitario, l’uomo sembra aver smarritoquella dimensione empatica che gli consente l’accesso alla conoscenza

239

4 BRUNER J., La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano, 1997, p. 176.

Page 240: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

e alla socialità. Indicatori di tale fenomeno, sono la crisi delle famiglie,la depressione da isolamento ed emarginazione, la criminalità crescen-te, le dipendenze, la depoliticizzazione5.

Scuola, formazione ed informazione, risultano, attualmente, per-meate da logiche di mercato e dallo strapotere della comunicazionemass-mediatica veicolante stress, consumismo, labilità di norme e le-gami, percezione di catastrofi incombenti: è l’effimero dell’effimero,è il capolinea della transizione dall’empiria all’emporia, dall’oggettivi-tà-concretezza alla teleologia del mercato.

Dunque l’empatia (Donnarumma-D’Alessio, 2008), definita da di-verse prospettive di studio quale immedesimazione (Freud), fusioneemotiva con persone e cose nell’esperienza estetica (Herder, Novalis,Lipps), intuizione/percezione affettiva dei valori dei vissuti psichici(M.Scheler), relazione trascendentale intersoggettiva (E.Husserl), re-sponsività ottimale nell’interazione costruttiva (H. Kohut), esperien-za dell’altro come sé, del sé come altro (P. Ricoeur), immersione nelmondo soggettivo altrui (C.Rogers), tendenza filogenetica quale stra-tegia cablata nella circolarità cerebrale profonda fortemente auto-strutturata (C.Trevarthen) va esplorata ed analizzata come fenomenobiologico, cognitivo, affettivo, sociale e spirituale.

Edith Stein, laureatasi nel 1916 con una tesi sul problema dell’em-patia, va oltre il suo maestro Husserl, utilizzando una definizione diempatia come relazione trascendentale intersoggettiva e mezzo per laconoscenza del mondo oggettivo chiarisce genesi, struttura e modi diattuazione di un vissuto di empatia.

Al centro della sua ricerca speculativa, si collocano la conoscenzadell’esperienza estranea (il vissuto altrui) e l’esigenza di cogliere l’es-senza (la percezione di per sé e la e la peculiarità della conoscenzaempatica).

La Stein definisce l’empatia come einfühlung (immedesimazione),ossia come afferramento della coscienza estranea che, in quanto fon-

240

5 FORDE M., Desocializzazione, la crisi della postmodernità, Cantagalli, Siena,2005.

Page 241: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

damento dell’esperienza intersoggettiva e condizione di conoscenza,si rivela utile all’afferramento di sé stessi: l’afferramento di un attosenziente che ci permette di accedere alla dimensione spirituale. Nelsentirsi si conosce il mondo dei valori: la personalità matura sente ivalori nella loro gerarchia e li realizza nella loro pienezza.

«Nell’empatia io vivo ciascuna azione di un altro come azione cheprocede da un valore e questo a sua volta da un sentire (…) un ambi-to di valori (…),a sua volta, motiva azioni future possibili. Una singo-la azione e altrettanto una singola espressione corporale – uno sguar-do o un sorriso – possono perciò offrirmi la possibilità di gettare unosguardo nel nucleo di una persona» (Stein, 1998, p.196).

L’empatia arricchisce il nostro sentire. Infatti, la gioia colta dall’Iosi accende e si alimenta della gioia colta da un Tu e da un Lui. Dal-l’Io e dal Tu emerge, ad un livello superiore, il Noi nel quale si con-servano distinti sia il l’Io che il Tu che il Lui.

La Stein riconosce alla filosofia il merito di essersi posta il quesitointorno al modo con cui noi abbiamo esperienza della coscienzaestranea, ovvero: quale meccanismo psicologico viene attivato nelvissuto di empatia? In che modo, durante la sua crescita l’essereumano sia appropria di tale meccanismo? Nonostante l’intersezionetra filosofia e psicologia, i compiti di tali discipline, secondo la Stein,sono differenti.

Il metodo fenomenologico della filosofia, che parte dall’epochiz-zazione (sospensione, riduzione fenomenologica) e non è subordina-to a nessuna scienza, indaga sull’essenza dell’empatia ovunque essa sidia. Pertanto la psicologia genetica, in quanto studio indagante sullecause della realizzazione del processo empatico, appare completa-mente legata alla ricerca della fenomenologia.

Nell’introduzione al Problema dell’Empatia, la Stein presenta icaratteri distintivi del metodo fenomenologico che parte da unamessa tra parentesi di opinioni, sapere comune e sapere scientifi-co, temporaneamente sospesi ma guardati con un atteggiamento diriflessione, un atto intenzionale fondamentale che permette di in-tuire il senso, l’essenza di situazioni e azioni sia del mondo esternoche del mondo interno.

Scrive la Stein: «Scopo della fenomenologia è la chiarificazione

241

Page 242: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

e con ciò l’ultima fondazione di ogni conoscenza. Per raggiungeretale scopo, la fenomenologia esclude dalle sue considerazioni tuttociò di cui si può dubitare e che può essere in qualche modo elimi-nato. In tal modo, tutto il mondo che ci circonda è soggetto a ridu-zione o a messa fuori circuito, tanto il mondo fisico quanto il mon-do psicofisico. Che resterà quando il mondo e lo stesso Soggettoche lo vive saranno cancellati? Resterà pur sempre un campo infi-nito aperto alla pura indagine. Pertanto cerchiamo di chiarire cosasignifica il mettere fuori circuito. Io posso mettere in dubbio l’esi-stenza della cosa che vedo davanti a me in quanto sussiste la possi-bilità dell’inganno: perciò dovrò mettere fuori circuito il “porre inessere” e non mi sarà permesso di farne uso. Ciò che invece nonposso mettere fuori circuito è la mia esperienza vissuta della cosa(il suo afferramento nella percezione o nel ricordo o in qualsiasi al-tro modo) insieme al suo correlato, ossia il “fenomeno della co-sa”nella sua pienezza (che in quanto Oggetto si dà sempre identicoa sé nelle varie sequenze della percezione o del ricordo). Oggettoche resta inalterato in tutte le sue caratteristiche e può essere presoin considerazione come Oggetto. (…) Ebbene questo genere di“fenomeni” costituisce propriamente l’oggetto della fenomenolo-gia. Ciascun fenomeno è assunto, in tal modo, come base esempla-re ai fini di una considerazione sull’essenza.(…) Occorre ancoradimostrare cosa significhi: la mia esperienza vissuta non può esseremessa fuori circuito. Si può dubitare che Io, questo Io empirico alquale è assegnato un nome, una posizione sociale, e che risulta for-nito di particolari qualità, esista veramente. Tutto il mio passatopotrebbe essere un sogno e il suo ricordo un inganno per cui po-trebbe essere messo fuori circuito e rimane solo come fenomenol’Oggetto della mia considerazione. Ma ‘io’, il Soggetto dell’espe-rienza vissuta, che considero il mondo e la mia persona come feno-meni, ‘io’ sono nell’esperienza vissuta e soltanto in essa permango,per cui non è possibile che siano cancellati o messi in dubbio sial’Io che la stessa esperienza vissuta» (Stein, 1998, p. 67-68).

Ciò è possibile soltanto iniziando un a conversazione interiore conun interlocutore privilegiato, la coscienza, organo di significato, chesveglia il senso dei fenomeni della realtà interna ed esterna.

242

Page 243: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

È l’atteggiamento dell’ascolto umile e rispettoso, ma attivo e pro-positivo, dell’appello, della chiamata che proviene dalle cose, dai fe-nomeni, dalle datità relative all’esperienza vissuta degli altri esseriumani, la cui conoscenza possibile è definibile come empatia.

L’empatia è, dunque, il ri-conoscimento della soggettività altrui:nell’atto empatico si porta a datità una gioia o un dolore estranei.Comprendendoli.

La Stein esamina, contestandola, la teoria genetica di TheodorLipps che spiega l’esperienza del vissuto estraneo con l’imitazione.Ella infatti distingue il contagio emotivo, che non ha valore di cono-scenza, dall’empatia che, in quanto immersione – afferramento dellacoscienza estranea, ha una funzione conoscitiva. Coincide in partecon l’analisi steiniana la teoria di H. Mustenberg, secondo il quale lanostra esperienza dei soggetti estranei deriva da atti di comprensionedella volontà altrui. È come se il volere estraneo passasse nel mio vo-lere pur restando volere di un altro.

L’io, coscienza pura, ipseità base, si esperisce inizialmente senzaqualità e si differenzia da un’altra ipseità, da un «Tu», che gli vienedata in un modo diverso dall’«Io». Inoltre l’Io, soggetto di un vissutoattuale, costituisce anche l’unità del flusso di tutti quanti i suoi vissu-ti: esso è un continuum più che un compositum. Dinanzi a tale unitàdi flussi di coscienza stanno altre e qualitativamente diverse ipseità,quella del Tu e del Lui il cui contenuto, però, dipende dalla strutturadell’anima, che è sempre anima di un corpo.

L’anima, unità sostanziale che si rende manifesta nei vissuti psichi-ci, forma col corpo l’individuo psicofisico e la sua coscienza. Nell’e-spressione dei sentimenti si manifestano le qualità psichiche, il senti-mento inoltre motiva la volontà, la quale si esprime e si compie nel-l’azione.

L’empatia, dunque, accende non solo i nostri sentimenti ma com-pleta mediante l’immagine degli altri la propria immagine del mon-do: mondo percepito e mondo empatizzato sono per la Stein lo stes-so mondo visto simultaneamente in modo diverso. Il brano seguenterivela e documenta l’attualità della ricerca steiniana: «Imprigionatanelle barriere della mia individualità, non potrei andare al di là del“mondo come mi appare”, e in ogni modo si potrebbe pensare che la

243

Page 244: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

possibilità della sua esistenza indipendente – che potrebbe essere da-ta ancora come possibilità – resti sempre indimostrata. Non appena,però, con il sussidio dell’empatia oltrepasso quella barriera e giungoa una seconda e terza apparizione dello stesso mondo, che è indipen-dente dalla mia percezione, una tale possibilità viene dimostrata. Intal modo, l’empatia, come fondamento dell’esperienza intersoggetti-va, diviene la condizione di possibilità di una conoscenza del mondoesterno esistente» (Stein, ib., p. 58).

L’atto empatico, cogliendo vissuti e nessi significativi, apre alla co-noscenza della vita psichica dell’altro. Comprendere è, in fondo, apartire dall’esperienza visibile, vivere all’interno di una totalità di vis-suti, intuirne il senso. Si può pertanto affermare che senso, vissuto edespressione sono totalità comprensibile.

Ancora una volta, l’empatia dilata la comprensione aprendola an-che a moduli espressivi a noi ignoti perché non esperibili. Ma l’em-patia è sempre sana o può ingannarci?

L’inganno è possibile se empatizziamo a partire dalle nostre perso-nali qualità, ossia secondo il nostro metro, pertanto gli altri diventeran-no incomprensibili o saranno modellati da noi e su noi. Un daltonico,ad esempio, non percepisce la gamma dei colori né un bimbo possiedecapacità logiche simili alle nostre: ma l’inganno potrà essere eliminatoda un successivo atto empatico. L’empatia altrui nei miei confronti mioffre, inoltre, una conoscenza più chiara di me stesso: l’autopercezio-ne, infatti, potrebbe anche ingannarmi. A questo proposito citiamouna bellissima frase di P. Coelho che esprime straordinariamente benetale concetto: “Come Darwin fece il giro del pianeta per raccontarci l’ori-gine della specie, così io mi propongo di vagabondare nei prossimi mesiper svelare, per raccogliere gocce sparse della fontana della conoscenza,per scoprire pezzi del mio cuore che io ritrovo in altre persone. Perché unuomo non è altro che l’unione di tutti i suoi incontri”.

L’empatia, dunque, quale fondamento di esperienza, si rivela uti-le all’afferramento di sé stessi. Ma c’è di più. L’afferramento di unatto senziente ci introduce nella dimensione spirituale. Come nellapercezione esterna si costituisce la natura fisica nel sentire che sirende visibile nella espressione degli stati d’animo, così nell’afferra-mento si costituisce il mondo dei valori.

244

Page 245: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Sentire un valore, scrive la Stein, è la fonte di ogni sforzo conosciti-vo, la molla di ogni volontà di conoscenza. Il sentire assiologico è unvalore, come lo è la realizzazione dei valori. C’è, secondo la Stein, cor-relazione reciproca tra persona e mondo dei valori: la persona idealesente i valori nella loro gerarchia e li realizza nella loro pienezza.

Anche secondo Scheler (op.cit.) il vissuto di autentica empatianon è assiologicamente indifferenziato. Nell’intuizione si manifesta-no i valori dei vissuti psichici poiché sono dati in modo originario edogni vissuto ha piuttosto in sé una sua specifica differenziazione as-siologica data immediatamente ed intuitivamente nel “sentimento”relativo.

7.5 Risvolti pedagogici

Alla luce di quanto finora esposto se l’educazione vuol essere sco-perta, creazione, opzione di valori, deve affinare la percezione del-l’occhio emozionale ed empatico, che permette una chiara coscienzadei valori. Solo così potrà aiutare la persona ad inoltrarsi nella pie-nezza assiologica dei valori stessi.

L’assunto fondamentale da cui occorre partire è che esiste unnumero infinito di valori non ancora percepiti e colti ai quali unacoscienza matura può adire spezzando la gabbia del vissuto del-l’uomo tecnicizzato. Affinché attraverso l’educazione venga esperi-to il mondo dei valori, il primo requisito è l’esercizio dell’empatiacome condivisione, apertura, contatto emotivo, preliminare indi-spensabile nel rapporto interpersonale che, quale fondamento del-la comunità, si esprime nella comunione tra le persone.

Il trait d’union tra filosofia, neuroscienze, psicologia e pedagogia èil concetto di cura, che considerata nell’accezione heideggeriana, staa significare aver a cuore, colere, da cui lo stesso termine cultura deri-va. Nell’aver a cuore ogni sapere, in particolare il sapere intorno all’e-ducazione, perde il suo carattere normativo a favore dell’eticità e sipresenta come sapere progettuale e fedeltà creatrice. L’educazionecome umanizzazione dell’uomo, soggetto morale, dialogico, erme-neutico, paradossale unità di senso in cui si realizza una complessitàdi significati, mentre nel suo momento teorico è amore per la sapien-

245

Page 246: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

za, nella sua prassi non può fare a meno della sapienza dell’amore(Donnarumma D’Alessio, 1999). L’empatia lungi dall’essere identifi-cazione e relazione narcisistica, è dunque esperienza dell’altro comesé, del sé come altro (l’espressione è di Paul Ricoeur, 1993).

Nell’educazione la capacità empatica si concretizza come sostegnoe presenza discreta e rispettosa della persona. Al suo più alto livello,è dono di sé, cognitivo ed emozionale, intelligente nell’amore, amo-revole nell’intelligenza, aperta a quel mistero che è l’Altro. Nel quoti-diano divenire e nel tendere insieme alla reciproca autorealizzazionecome persone (Acone, 2005) che, sulla scorta di una costellazione divalori e significati, siano capaci di proporre, sperimentare e condivi-dere orizzonti di senso.

Guardando insieme a nuove – emozionanti – sfide.

246

Page 247: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

BIBLIOGRAFIA

A.a.V.v., Intenzionalità ed empatia. Fenomenologia, psicologia, neuro-scienze, Quaderni dell’AIES- Associazione Italiana Edith Stein,Edizioni OCD, 2008.

Acone G., L’orizzonte teorico della pedagogia contemporanea, Edisud,Salerno, 2005.

Adler A., Understanding Human Nature, Fawcett, NewYork, 1957.Anolli L., Ciceri R., La voce delle emozioni. Verso una seriosi della co-

municazione vocale non-verbale delle emozioni, Franco Angeli,Milano, 1997.

Arnold M. B., Emotion and Personality, Columbia University Press,New York, 1960.

Balconi M., Neuropsicologia delle emozioni, Carocci, Roma, 2004.Bennet M., Hacker M., Philosophical Foundations of Neuroscience,

Blackwell, Cambridge, 2002.Borgna E., L’arcipelago delle emozioni, Feltrinelli, Milano, 2002.Bruner J., La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano, 1997.Cannon W.B., The James-Lange theory of emotions: A critical exami-

nation and alternative theory, American Journal of Psychology,1927.

Carotenuto A., Il tempo delle emozioni, Bompiani, Milano, 2003.Costa V., L’estetica trascendentale fenomenologica. Sensibilità e razio-

nalità nel pensiero di Edmund Husserl, Milano, 1999.Costa V., Franzini E., Spinicci P., La fenomenologia, Torino, 2002.Cowan, P.A., cowan c. p., Interventions as Tests of Family Systems

Theories: Marital and Family Relationships in Children’s Deve-lopment and Psychopathology, in Development and Psychopa-thology, 14, 731-759, 1997.

Cappuccio M., Neurofenomenologia. Le scienze della mente e la sfidadell’esperienza cosciente, Milano, Mondadori, 2006.

247

Page 248: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

D’Alessio C., Dimensioni paidetiche della ricerca psicologica, RivistaEducare, Sellino, Avellino, 2005.

D’Alessio C., Neurobiological and psychological aspects of emotionsand empathy in development. Di prossima pubblicazione, Rivi-sta Pharmacology on line.

D’Alessio C., Emotion, action, perception in early development: the roleof empathy. Pubblicati negli atti del convegno Perception and ac-tion in early development, Roma, Università Campus Biomedico,11 dicembre 2008 e nella rivista Pharmacologyonline, 2, 2009.

Damasio A., Alla ricerca di Spinoza. Emozioni, sentimenti e cervello.Adelphi, Milano, 2003.

Damasio, A., L’errore di Cartesio. Emozioni, ragione e cervello umano.Milano, Adelphi, 1995.

Darwin C. R., The Expression of Emotions in Men and Animals, Lon-don, John Murray, 1872, traduzione it. L’espressione delle emo-zioni nell’uomo e negli animali, Torino, Bollati Boringhieri,1992.

Davidson R. et alii, Emotion, Plasticity, Context and regulation,“Psycological Bulletin” 126 – 6, 2000.

De Palma, A., Pareti G., Mente e corpo. Dai dilemmi della filosofia al-le ipotesi delle neuroscienze. Torino, Boringhieri, 2004.

Donnarumma D’Alessio M., Vedere dal cuore. Empatia, poesia, mista-gogia, Gribaudi, Milano, 1999.

Donnarumma D’Alessio M., D’Alessio C., La danza dell’identità,Gribaudi Milano, 2008.

Edelman, G. M., Neural Darwinism. The Theory of NeuronalGroup Selction, Basic Books, New York,1987, trad. it. Darwi-nismo neurale. La teoria della selezione dei gruppi neurali, Ei-naudi, Torino, 1995.

Edelman G. M., Tononi G., The Universe of Consciousness: HowMatter Becomes Imagination, Basic Books, New York, 2000,trad. it. Un universo di coscienza: Come la materia diventa im-maginazione, Einaudi, Torino, 2002.

Forde M., Desocializzazione, la crisi della postmodernità. Cantagalli,Siena, 2005.

Freberg L. A., Psicologia biologica, Zanichelli, 2007.

248

Page 249: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Frijda N., Emotions are Functional, most of time, in ekman p., david-son r. j., (Eds.), The Nature of Emotion, 112-122. New York,Oxford University Press, 1994.

Gallese V., Corpo vivo, simulazione incarnata, intersoggettività. Unaprospettiva neuro-fenomenologica, in Neurofenomenologia. Lescienze della mente e la sfida dell’esperienza cosciente, a cura diCappuccio m., Milano, 2006.

Gallese, V., Corpo vivo, simulazione incarnata e intersoggettività. InCappuccio, m., Neurofenomenologia. Le scienze della mente e lasfida dell’esperienza cosciente. Milano, Mondatori, 2006.

Garrett B., Cervello e comportamento, Zanichelli, Roma, 2004.Gazzaniga M.S. Jury - R.B. Mangun G.R., Neuroscienze cognitive, Za-

nichelli, 2005.Goleman D., Intelligenza emotiva, Rizzoli S.p.a., Milano, 1996.Goleman D. - dalai lama, Emozioni distruttive, Mondatori, Milano, 2003.Greenspan S. I., L’intelligenza del cuore, Arnoldo Mondadori Editore,

1997.James W., What is an Emotion?, Mind, vol. 9, New York, 1884.James W., The Principles of Psychology, Holt, New York 1890.Husserl E., Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia feno-

menologica. Vol. I: Introduzione generale alla fenomenologia pu-ra. Torino, Einaudi, 2002.

Husserl E., Meditazioni cartesiane. Con l’aggiunta dei Discorsi parigi-ni, Bompiani, Milano, 2002.

Kohut H., Narcisismo e analisi del sè, Boringhieri, Torino, 1976.Lazarus R. S., Emotion and Adaptation, Oxford University Press,

New York, 1991.Ledoux J., Il cervello emotivo: alle radici delle emozioni, Milano, Bal-

dini e Castoldi, 1995.Ledoux J., Il sé sinaptico, Milano, Cortina 2002.Leventhal H., Scherer K. R., The Relationship of Emotion and Cogni-

tion: a Functional Approach to a Semantic Controversy in Cogni-tion and Emotion 1, 2-28, 1987.

Levi Montalcini R., L’asso nella manica a brandelli, Baldini Castoldi,Milano, 2008.

Lévinas E., Alterità e trascendenza, Il melangolo, Genova, 2006.

249

Page 250: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Lipps T., Empatia e godimento estetico in “Discipline filosofiche”Macerata, 2002.

Mac Lean P.D., Evoluzione del cervello e comportamento umano,Ei-naudi, Torino, 1984.

Mandler G., Mind and Emotion, Wiley, New York 1975.Mandler G., The Structure of Value: Accounting for Taste, In M. S.

Clark and S. T. Fiske (eds), Affect and cognition, Hillsdale NewYork, 1982.

Manganaro P., Verso l’Altro. L’esperienza mistica tra interiorità e tra-scendenza, Roma Città Nuova, 2002.

Manganaro P., Verso l’Altro. L’esperienza mistica tra interiorità e tra-scendenza, Roma Città Nuova, 2002.

Maturana H., Varela F., Autopoiesi e cognizione. La realizzazione delvivente, Marsilio, 1985.

Maturana H., Varela F., L’albero della conoscenza, Garzanti, Milano,1987.

Merleau-Ponty M., Fenomenologia della percezione, Il Saggiatore,Milano, 1972.

Papez J.W., A Proposed Mechanism of Emotions, in Archives of Neu-rological Psychiatry, 38, 1937.

Pascal B., Pensieri, a cura di P. Serini, Mondadori, Milano, 1968.Pound E., Selected Letters 1907-1941, a cura di D. D. Paige, Faber

and Faber, Londra, 1971.Plutchik R., Emotion: A Psychoevolutionary Synthesis, Harper &

Row, New York, 1980.Popper K.R., eccles j.c., L’io e il suo cervello, Armando Editore, Ro-

ma, 1994.Ricoeur P., Sè come un altro, Jaca Book, Roma, 1993.Rizzolatti G., Jacoboni J., Mazziotta H., Gallese V., et alii, Cortical

Mechanism of Human Imitation, Science 286, 1999.Rizzolatti G., Sinigaglia C., So quel che fai. Il cervello che agisce e i

neuroni specchio, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2006.Sartre J.P., L’immaginazione. Idee per una teoria delle emozioni, Bom-

piani, 2004.Siegel D.J., La mente relazionale. Neurobiologia dell’esperienza inter-

personale, Raffaello Cortina Editore, 2001.

250

Page 251: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Schachter S., Singer, J.E. Cognitive Social and Physiological Determi-nants of Emotional State, Psychological Review,1962.

Scheler M. G., Il formalismo nell’etica e l’etica materiale dei valori,San Paolo, Milano, 1996.

Salovey, P., Mayer, J.D., Emotional intelligence. Imagination, Cogni-tion., Personality, 9, 185211, 1989-1990.

Siegel D., La mente relazionale, Milano, Cortina, 2002.Stein E., Psicologia e scienze dello spirito. Contributi per una fondazio-

ne filosofica. Roma, Città Nuova, 1996.Stein E., Zum Problem der Einfühlung, München 1980 (ristampa del-

l’edizione 1917), trad. it. Il problema dell’empatia, Studium,Roma, 1998.

Trevarthen C., Empatia e biologia, Cortina, Milano, 1998.Varela F.J., Neurophenomenology. A Methodological Remedy for the

Hard Problem, «Journal of consciousness studies», trad. it. inNeurofenomenologia. Le scienze della mente e la sfida dell’espe-rienza cosciente, a cura di. cappuccio m., Milano, 2006.

Whitehead A. N., The Aims of Education and Other Essays, FreePress, New York, 1985.

251

Page 252: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

252

Page 253: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

VIICAPITOLO

PREVENZIONE E TRATTAMENTO DELLO STRESS NELLE PROFESSIONI D’AIUTO:

DALLA PSICOBIOLOGIA DELLA RELAZIONE DI CURA AL SIGNIFICATO ESISTENZIALE DELLA SOFFERENZA

di Chiara D’Alessio

1. Concetto di salute

La definizione di salute dell’OMS (1946), che giudica la salutecome “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale enon solo assenza di malattia”, ha sovente ricevuto critiche perchéconsiderata utopistica e ingannevole per la stessa pratica medica. Inrealtà la salute non può essere definita uno stato, ma un processodinamico che comporta il raggiungimento di equilibri progressivi.Essa si può pertanto definire come una condizione di equilibrio di-namico per cui un soggetto, inserito in un determinato contestoculturale e sociale, ha le capacità di realizzare i propri rapporti eprogetti vitali in modo adeguato.

Il concetto di salute è inoltre oggi legato ad una visione unita-ria, socioculturale e di genere, dei dati relativi allo stato di salutee malattia del singolo individuo. Le dimensioni in essa compresefanno riferimento anche alla necessità di stabilire una comunica-zione chiara ed umana con il paziente e con i familiari, nonchè lacollaborazione tra le diverse figure professionali nelle attività sa-

253

Io sono uomo nella misura in cui faccio essere l’altro più uomo. Esseresignifica far essere. Io divento uomo nella misura in cui riconosco l’al-tro come uomo e lo promuovo come uomo.Io sono, se faccio dono di me all’altro uomo (Sabino Palumbieri).

Page 254: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

nitarie di gruppo allo scopo di sviluppare un approccio forte-mente integrato al paziente, valutandone criticamente non soloaspetti clinici ma anche relazionali, educativi, etici e sociali coin-volti nella prevenzione, diagnosi e trattamento della malattia,nonché nella riabilitazione e nel recupero del più alto grado dibenessere psicofisico possibile.

Ciò è possibile solo quando, nella consapevolezza dei valori propried altrui ed in base alla conoscenza dei principi su cui si fonda l’anali-si del comportamento e delle sue principali alterazioni all’interno deidiversi vissuti soggettivi, si riescono ad individuare indirizzi terapeuti-ci preventivi e riabilitativi. Naturalmente ciò comporta anche un’ade-guata esperienza nel campo della relazione medico-paziente e la curadella qualità delle pratiche comunicative tra pazienti, famiglie e ope-ratori sanitari all’interno dei contesti sociosanitari che si traduca an-che in capacità di utilizzare in modo appropriato le metodologieorientate all’informazione ed educazione sanitaria.

La capacità di integrare in una valutazione globale ed unitaria del-lo stato complessivo di salute del singolo individuo sintomi, segni edalterazioni strutturali e funzionali aggregandoli sotto il profilo pre-ventivo, diagnostico, terapeutico e riabilitativo passa attraverso l’abi-lità e la sensibilità nell’inserire le problematiche specialistiche in unavisione più ampia dello stato di salute generale di una persona e dellesue esigenze di benessere e la conoscenza dei concetti fondamentalidelle scienze umane per quanto concerne l’evoluzione storica dei va-lori della salute, compresi quelli etici.

2. Brevi cenni di psicosomatica

Nonostante i progressi della medicina, si registrano ancora nume-rosi segnali di malessere per le condizioni psicologiche e la qualitàdelle relazioni nelle strutture sanitarie.

I problemi maggiormente riscontrati sono: carenza di comunica-zione, ambienti poco accoglienti e disponibili, medicina altamentetecnologica ma scarsamente empatica nei confronti dell’utente. Glioperatori sanitari si confrontano quotidianamente sia con le comples-

254

Page 255: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

se e dolorose problematiche del malato che con le difficoltà diagno-stiche, terapeutiche e comunicative insite nella pratica medica speri-mentando frequentemente impotenza terapeutica, dolore, angoscia emorte. Il che può dare origine a tensioni, frustrazioni e conflitti allabase della ben nota sindrome del burnout, spesso anticamera di veree proprie malattie psicosomatiche.

La psicosomatica, disciplina ponte tra biologia, medicina e psi-cologia, che a livello europeo ha avuto esponenti illustri come Ro-bert Dantzer e gli italiani Paolo Pancheri e Massimo Biondi, ha co-me assunto la nozione che il corpo partecipi di ciò che accade a li-vello emozionale. Con essa scompare definitivamente la contrappo-sizione tra psichiatria “mindless” e psichiatria “brainless” che haper tanti anni dominato la scena degli studi sul rapporto mente-cer-vello-corpo. Nelle sue recenti accezioni il termine psicosomatica èstato sostituito da quello di psiconeuroendocrinommunologia.

Avendo infatti ormai attestato con innegabili evidenze scientifi-che (Kop, 2003) che il sistema nervoso ha connessioni con tutti altrisistemi dell’organismo (respiratorio, cardiovascolare, endocrino, im-munitario…), si può affermare che gli eventi di vita drammatici sca-tenano una tempesta neurochimica che può durare a lungo nel tem-po e che il susseguirsi di eventi traumatici porta ad un vero e pro-prio danno neuronale.

La medicina psicosomatica ha mostrato come i successi terapeuti-ci, i miglioramenti e le remissioni dipendano in misura importantedalle condizioni psicologiche del paziente, dal grado di accoglienzadell’ambiente, dalla qualità delle relazioni con gli operatori (bastaconsultare i numerosissimi articoli apparsi su queste tematiche negliultimi anni nella rivista Psychosomatic Medicine). Più recenti studipsiconeuroendocrinoimmunologici evidenziano come la corretta co-municazione, la canalizzazione della creatività e delle emozioni posi-tive possono favorire, attraverso complessi meccanismi neurali, ilcorretto funzionamento del sistema immunitario, migliorando il tonogenerale dell’organismo ed il funzionamento di tutti gli organi, non-chè le possibilità di ripresa nella battaglia contro la malattia. La rela-zione di cura si concepisce dunque anche in una dimensione biologi-ca: ciò comporta l’attenzione allo stato psicobiologico non solo del

255

Page 256: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

paziente anche del curante affinché egli possa svolgere al meglio lesue funzioni e prevenire l’insorgenza del burnout.

3. Cervello e stress

Il potenziale genetico di un individuo viene espresso all’interno diesperienze sociali che esercitano effetti diretti sulla modalità con cuile cellule nervose vengono collegate fra loro: le connessioni umaneportano alla creazione di connessioni neuronali (Siegel, 2001).

Le esperienze traumatiche o fortemente stressanti nel tempo pos-sono avere effetti tossici diretti sul cervello: gli ormoni secreti in ri-sposta allo stress determinano fenomeni di morte neuronale a livellodei circuiti fondamentali delle aree limbiche e neocorticali responsa-bili dei processi di regolazione delle emozioni . Il risultato finale saràuna particolare vulnerabilità a disturbi emotivi: geni ed esperienzeinteragiscono per creare condizioni di rischio per lo sviluppo di pato-logie successive, rischio che alla fine viene espresso a livello di circui-ti cerebrali (ib.).

È il canale comunicativo ipotalamo-ipofisi-surrene ad essere coin-volto nella risposta dell’organismo agli agenti stressanti: le principalisostanze veicolanti messaggi in tale meccanismo sono l’adrenalina edil cortisolo. Esiste anche un fenomeno denominato “analgesia dastress” in base al quale gli oppioidi endogeni (endorfine), che proteg-gono dalla percezione del dolore, provocano uno stato analgesico insituazioni di emergenza, il che è evidentemente un meccanismo con-nesso alla sopravvivenza (Freberg, 2008). Uno stress molto intensopuò altresì provocare un blocco delle funzioni mnemoniche.

Tale effetto è mediato dai processi neuroendocrini con cui l’orga-nismo reagisce normalmente allo stress attivando l’asse ipotalamo-ipofisario-adrenocorticale che tipicamente prevede una liberazioneimmediata e transitoria di noradrenalina ed una risposta più prolun-gata mediata dagli ormoni glucocorticoidi, rilasciati dalla cortecciasurrenale, che influenzano il metabolismo dei carboidrati (ib.).

I glucocorticoidi hanno un effetto diretto sull’ippocampo che pre-senta un’alta densità di recettori specifici per questi ormoni. Infatti

256

Page 257: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

uno stress molto forte può determinare un blocco transitorio dellesue funzioni. Uno stress continuato può invece indurre un’alterazio-ne dei normali ritmi quotidiani di secrezione, con livelli ematici dicortisolo che risultano cronicamente elevati: ciò può portare ad unainibizione della crescita neuronale ed a processi di tipo degenerativoa carico dei dendriti (ib.)

Tali fenomeni sono inizialmente reversibili: se però l’esposizionead alte concentrazioni di glucocorticoidi persiste nel tempo, posso-no subentrare fenomeni di morte neuronale: infatti, uno stress ripe-tuto provoca atrofia dei neuroni dell’ippocampo che possiedono re-cettori per i glucocorticoidi. L’atrofia è reversibile se l’esposizione èdiscontinua ma, se è permanente, provoca deficit a livello cellularenel potenziamento mnestico a lungo termine, legato appunto allafunzionalità dell’ippocampo (ib.). Ad es., nel disturbo post-trauma-tico da stress il prolungato aumento dei livelli di cortisolo provocaun restringimento del volume dell’ippocampo (conseguente adapoptosi). L’impianto di sferette di cortisolo nel cervello di scimmiaprovoca danni all’ippocampo. In conclusione, se i livelli elevati dicortisolo ematico sono presenti per 5 anni o più, sono presenti defi-cit di memoria.

Lo stress compromette dunque la memoria esplicita mutando ilfunzionamento dell’ippocampo poiché in condizioni di forte stressaumenta la concentrazione di cortisolo nel circolo ematico. Il cortiso-lo si diffonde nel cervello e si lega ai recettori dell’ippocampo provo-cando un disturbo dell’attività ippocampale, che compromette le ca-pacità del sistema mnestico del lobo temporale di formare le memo-rie esplicite (Freberg, 2008). Quando lo stress permane le cellule ip-pocampali cominciano a degenerare e alla fine muoiono.

Si è altresì visto che la percezione dello stress da parte dell’amigda-la regola la secrezione di adrenalina e glucocorticoidi che attivano illocus coeruleus (nucleo del tronco cerebrale i cui neuroni produconoadrenalina e noradrenalina), il quale a sua volta invia all’amigdala po-tenti segnali di attivazione che stimolano l’amigdala ad attivare la pro-duzione di CRH. Il CRH, o ormone di rilascio della corticotropina, fuscoperto nel 1983 da W.Wale del Salk Institute. Tale scoperta aiutò acomprendere molte delle componenti biologiche dello stress e le ma-

257

Page 258: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

lattie correlate allo stress. Quando è secreta dall’ipotalamo nel circoloematico, il CRH agisce sulla ghiandola pituitaria per mobilizzare icomponenti della risposta dell’organismo allo stress, come il sistemaendocrino ed immunitario. Il CRF inoltre agisce all’interno dello stes-so cervello, in aree che sono coinvolte nello stress e nella dipendenza.Esso porta alla secrezione di più adrenalina e glucocorticoidi, forman-do un circolo vizioso tra la mente ed il corpo (LeDoux, 2002).

Esiste inoltre un rapporto tra stress oggettivo e parametri immuni-tari, ad es. tra il livello di stress e la riduzione della capacità rosettantedei linfociti (Biondi, 1997). In uno studio di Picardi (2007) “Attach-ment security and immunity in healthy women” pubblicato in Psycho-somatic Medicine, maggiori punteggi ottenuti sulla scala dell’attacca-mento insicuro sono correlati ad una maggiore linfocitotossicità insoggetti sani. Infatti, l’attaccamento ha i suoi correlati biologici legatiai livelli di ossitocina e ai sistemi serotoninergici. La perdita o il luttoscatenano una tempesta biochimica: il turnover delle monoamminecerebrali viene modificato dando luogo a fenomeni di apoptosi, pro-duzione di ossido nitrico, fosforilazione proteica. Nell’animale separa-to forzatamente dalle figure di attaccamento cambiano sensibilità enumero dei recettori postsinaptici per la serotonina: tale situazione èsimile a quella dei soggetti umani depressi (De Paulo-Horwitz, 2008).Dunque, la rottura di legami affettivi porta ad un’aumentata vulnera-bilità alle malattie e ad un’aumentata morbilità. Le neuroimmagini delcervello sotto stress evidenziano fenomeni simili.

Si è detto che la presenza di glucocorticoidi può disturbare la for-mazione della memoria dell’ippocampo e far sì che i neuroni ippo-campali si atrofizzino e perdano alcune delle loro numerose ramifica-zioni determinando difficoltà ad apprendere ed a ricordare. Lo stressed i glucocorticoidi possono dunque impedire la formazione e la cre-scita di nuove cellule nervose (LeDoux, 2002).

In un recentissimo articolo il neuroscienziato italiano AlbertoOliverio descrive le conseguenze dello stress alle varie età della vita:“Lo stress fa parte della vita quotidiana se è moderato e di breve du-rata: ma quando è intenso, duraturo ed agisce su un cervello in viadi sviluppo può lasciare tracce permanenti a partire dalla vita fetale.Numerose ricerche dimostrano che lo stress non va sottovalutato,

258

Page 259: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

anche perché i glucocorticoidi interagiscono con tossine ambientali,in gran parte additivi alimentari, scatenando disturbi dell’umore emodificando le tappe della maturazione sessuale. Nella fase prenata-le, gli stress materni, ansia e depressione comportano minor pesodel nascituro. I neonati di madri stressate sono più piccoli, e a causadegli elevati livelli di glucocorticoidi circolanti nel sangue maternopossono avere un ippocampo meno voluminoso e , dunque, qualcheproblema cognitivo. Nella prima infanzia il sistema ipotalamo-ipofi-si-surrene è labile e sensibile a stress di tipo affettivo, come uno sta-to depressivo materno (che comporta una riduzione della cure olunghi periodi di separazione dalla madre che i piccoli possono per-cepire come abbandono). Gli effetti sono però reversibili: se ci siprende carico dei piccoli in un paio di mesi i livelli di cortisolo ritor-nano normali. Nell’adolescenza, la corteccia prefrontale, da cui di-pendono le funzioni esecutive ed il controllo dell’emotività, va in-contro ad un’intensa maturazione, accompagnata da un aumento deirecettori per i glucocrticoidi, che modulano funzioni cognitive edemotive. Lo stress può quindi generare forme di psicopatologia co-me depressione ed attacchi ansiosi. In seguito ad eventi stressanti idisturbi dell’umore insorgono con una frequenza superiore rispettoall’adulto. Nell’età adulta è stata raccolta una vasta casistica sui di-sordini post-traumatici da stress: in genere c’è una correlazione traepisodi di stress, più specificamente vari tipi di traumi psichici, livel-li di glucocorticoidi e forme depressive (…) Nella vecchiaia, i livellidi glucocrticoidi sono più elevati rispetto ai giovani e agli adulti. Inseguito a stress si verifica un ulteriore aumento del cortisolo che haun ruolo negativo sulla funzione neuronale, in particolare sulle cel-lule della corteccia prefrontale, meno in grado di comunicare tra lo-ro a causa di una riduzione del flusso assonico. Gli stress duraturiaccentuano inoltre il processo di morte neuronale nell’ippocampo enella corteccia prefrontale il che si traduce in una ridotta efficienzacognitiva. In conclusione, il cervello è molto sensibile allo stress edalla conseguente alterazione della produzione di glucocorticoidi chepossono reprimere o innescare l’azione di geni attivi nel sistema ner-voso” (Oliverio, 2009, p. 19).

Dunque lo stress comporta effetti immunologici, neurochimici,

259

Page 260: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

neuroendocrini, comportamentali. Aspetto tutt’altro che trascurabileè che gli ormoni dello stress sono risultano nocivi sulla corteccia pre-frontale (ib.): ciò può determinare la compromissione della capacitàdi prendere decisioni, con tutti i rischi che ciò comporta quando co-involge operatori delle professioni d’aiuto.

4. Aspetti psicobiologici del rapporto paziente-curante. Correlati ecosti dello sforzo mentale ed emotivo

La ricerca psicosomatica ha evidenziato i circuiti neurali centralied i correlati biologici dei processi affettivi e cognitivi (emozioni epensieri). Tali circuiti neurotrasmettitoriali psiconeuroendocrini eneurovegetativi partecipano alla comunicazione paziente-curante.Sappiamo che i neurotrasmettitori sono messaggeri chimici che me-diano la comunicazione tra neuroni adiacenti nello spazio della si-napsi (Freberg, 2008). Sono sintetizzati all’interno del neurone e rila-sciati in risposta all’arrivo di un potenziale d’azione; dopo il rilasciosono disattivati per riassorbimento o mediante l’azione di enzimi. Ilprincipale gruppo di ammine biogene con funzione di neurotrasmet-titori sono la dopamina, l’adrenalina, la serotonina; un sottogruppo ècostituito dalla catecolammine (dopamina, adrenalina o epinefrina enoradrenalina o norepinefrina). L’acetilcolina è il n. principale nellegiunzioni neuromuscolari, ed è coinvolta nella divisione parasimpati-ca del sistema nervoso autonomo (ib.).

I neuroni dopaminergici del cervello proiettano sui gangli dellabase, sul sistema limbico e sui lobi frontali della corteccia: sono co-involti nel controllo motorio, nella ricompensa e nella progettazio-ne del comportamento (ib.). I sistemi noradrenergici usano la nora-drenalina come mediatore e sono localizzati nel ponte, nel bulbo enell’ipotalamo; le proiezioni di tali neuroni raggiungono tutte le re-gioni principali del cervello e del midollo spinale: il loro ruolo prin-cipale è quello di produrre lo stato di attivazione fisiologica (arou-sal) e di vigilanza (ib.). I neuroni serotoninergici sono situati neltronco encefalico con proiezioni fino al midollo spinale, cervelletto,sistema limbico e neocorteccia: essi partecipano al controllo dell’u-

260

Page 261: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

more, del sonno, dell’appetito (ib.). I neuroni colinergici sono am-piamente distribuiti nel cervello; un importante sistema di tali neu-roni si origina nel prosencefalo, nel tronco ed invia proiezioni al si-stema limbico ed alla corteccia che partecipano ai processi di ap-prendimento e memoria (ib.).

La nostra vita di relazione è mediata dal funzionamento di tali si-stemi, a sua volta influenzati dalla qualità di quest’ultima. Il rapportocurante-paziente rappresenta una particolare tipologia di relazione,caratterizzato da livelli di coinvolgimento e di responsabilità il cuiimpatto biologico è stato studiato con diverse tecniche. Lo studio delrapporto curante-paziente presenta diversi problemi, legati all’otteni-mento di riscontri in un setting “naturale” e dunque all’utilizzo dimetodi non invasivi che consentano serialità , costanza nell’osserva-zione e bassi costi.

Alcuni esempi di tecniche di rilevazione semplici ed economicheutilizzate sono: la rilevazione della tensione muscolare tramite elet-tromiografia; la rilevazione attività elettrodermica (GSR) correlatodell’attività neurovegetativa; la rilevazione della frequenza cardiaca,della pressione arteriosa, del polso; l’EEG; la rilevazione dei livelli dicortisolo ematico (Biondi, 2008). Tali misurazioni danno importantiinformazioni sull’attivazione emozionale e sui correlati dei processicognitivi. Ad es. la GSR (galvanic skin response) è correlata con l’at-tivazione della corteccia del cingolo anteriore, posteriore e della cor-teccia motoria primaria.

Gli studi condotti mostrano che la comunicazione con il pazientecoinvolge emozioni che hanno circuiti centrali e correlati perifericisomatici. La comunicazione con una persona sofferente suscita stresse ripetuta attivazione di tali circuiti e può essere seguita da effetti so-matici periferici. Ricerche condotte utilizzando rilevazioni elettro-miografiche sul curante “in situazione” (Biondi, 2008) hanno messoin luce gli effetti della tensione emotiva sul sistema muscolare. Latensione emotiva, trasformatasi in tensione muscolare induce dolorepersistente (cervicale, lombare ecc.).

Sappiamo inoltre che il sistema nervoso vegetativo, che compren-de i correlati neurobiologici delle risposte emozionali, è diviso in s.simpatico (neuroni noradrenergici) e s. parasimpatico (neuroni coli-

261

Page 262: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

nergici). È dunque innegabile che il corpo segua gli effetti emoziona-li. Ad es.: la soglia per l’extrasistolia cardiaca si modifica sulla basedel livello di stress della persona. Ricerche che prevedevano punizio-ni ripetute su animali provocavano l’abbassamento della soglia perprovocare extrasistole con uno stimolo elettrico fino alla fibrillazioneventricolare, che è notoriamente antecedente alla morte (ib.). In que-sto si può trovare la spiegazione degli infarti a cuore integro, chepossono essere causati anche da dolore psichico non sufficientemen-te elaborato e quindi persistente, o della cosiddetta morte da ango-scia o terrore (ib.).

Ricerche condotte con i suddetti strumenti, in ambito oncologico,su medici nel momento di comunicazione della diagnosi hanno evi-denziato che la risposta emozionale del medico è più alta quandomedico e paziente sono dello stesso sesso ed età (ib.). L’identificazio-ne porta dunque ad una risonanza emotiva maggiore (ib.). Ricerchesull’attività elettromiografica rilevata contemporaneamente su medi-co e paziente durante la comunicazione di una diagnosi evidenzianouna consonanza terapeuta paziente nel tipo di tensione muscolare ri-scontrata, indice di rispecchiamento empatico (ib.) Ulteriori ricerchehanno messo in evidenza come il medico che ha una conversazioneimpegnativa o conflittuale col paziente sperimenta variazioni di fre-quenza cardiaca e pressione arteriosa (ib.). Se ciò avviene quotidiana-mente e per molte ore (si pensi al lavoro dell’oncologo o dello psi-chiatra) i costi correlati a tali sforzi possono essere di notevole entità.Non a caso, gli psichiatri ed anestesisti appartengono a categorie pro-fessionali ad alto rischio suicidarlo.

Il rispecchiamento empatico dunque non è a basso costo ma haingaggi a costo emozionale variabile a seconda dei casi. Ascoltare, ri-specchiare, assistere alla sofferenza, interagire e presenziare genuina-mente partecipando impegna e costa a livello profondo, centrale e vi-scerale (ib.).

I correlati neurobiologici dell’intersoggettività sono evidenziabilinell’architettura funzionale della simulazione incarnata, originaria-mente scoperta con i neuroni specchio nel dominio delle azioni, unacaratteristica di base del nostro cervello che rende possibili le nostrericche e diversificate esperienze intersoggettive.

262

Page 263: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Gli studi di Singer (2004) et alii hanno evidenziato come l’os-servare un soggetto che soffre provochi un’attivazione automaticadel lobo dell’insula e della corteccia cingolata anteriore coinvol-gendo le aree del cervello come se il dolore non derivi dall’empatiama sia un dolore fisico intenso e reale.

Anche quando il soggetto del quale si studia la reazione viene se-parato dalla persona della cui sofferenza può essere consapevole,non mediante l’osservazione diretta ma guardando una lancetta cheindica i livelli del dolore (il soggetto immagina il dolore dell’altro)le aree cerebrali del dolore si attivano ugualmente. Dunque vi èun’attivazione del sistema limbico e delle aree corticali ad esso con-nesse, non periferica, indipendente dalla stimolazione sensoriale:circuiti e centri sensori ed affettivi del dolore nel cervello sono se-parati. Il cervello sente allora il dolore anche se gli organi sensorialinon sono attivati. Tentare di ignorare stimoli potenzialmente dolo-rosi costa ugualmente: anche la rimozione ha dei costi. Quando lamente cerca di sopprimere una reazione c’è un uguale consumoneurotrasmettitoriale e possibilità di somatizzazione (legata allamancata elaborazione di contenuti inconsci). Tutto ciò dimostral’impossibilità di scindere la strettissima interconnessione tra emo-tività-affettività e razionalità nella vita professionale del curante.Ciò comporta: costi emotivi – costi in molecole – attivazione recet-toriale – fatica nel rimettere in moto i circuiti (Biondi, 2008).

È certo che curare appaga: ma logora, anche. Il cinismo è spessouna conseguenza della percezione del costo, un meccanismo di difesadal burnout. I processi suddetti, infatti, implicano elevati consumi diserotonina, dopamina, noradrenalina: l’esercizio dell’empatia bruciaenergie molecolari del cervello che vanno continuamente rinnovate e lavita extraprofessionale deve consentire il recupero di tali sostanze (ib.).

Ciò implica un riconoscimento dello specifico stress da lavorodi medico, dello psicologo, dell’infermiere, dello psichiatra ed ingenere di tutte le professioni di aiuto che implichino costi psichicie fisici e necessità di riconoscimento, prevenzione e trattamento.Heilig (2008) ha trovato un legame tra stress, alcolismo e attivitàdel CRH. I soggetti stressati avrebbero una maggiore tendenza al-l’assunzione di alcool, allo scopo di ottenere un effetto sedativo, e

263

Page 264: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

presentano in concomitanza ipersensibilità agli stimoli inducentipaura e livelli maggiori di recettori del CRH nell’amigdala.

La ricognizione dei livelli di stress nelle professioni di aiuto rendeindispensabile l’attivazione di corsi sulla comunicazione, sulla pro-mozione del supporto sociale, sul miglioramento del lavoro in team.

5. Prevenzione e trattamento dello stress nelle professioni d’aiuto

Una migliore capacità di comunicazione può avere effetti sia sullaqualità della cura che sulla riduzione del distress psicobiologico delcurante e del paziente (che comporta una ridotta attivazione del cir-cuito amigdaloideo e dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene).

Elementi protettivi dallo stress all’interno delle istituzioni di cu-ra vengono in questa prospettiva identificati in: abilità comunicati-ve; organizzazione efficiente, leadership efficace, lavoro di squadrae supporto sociale, conduzione di una vita extraprofessionale suffi-cientemente equilibrata (Biondi, 2008). Sembra infatti che tali fat-tori riducano lo stress ed i disturbi ad esso associati. Ad esempio,il supporto sociale, la cui mancanza è correlata a malattie cardia-che (Strike-Steptoe, 2004) previene l’aumento di cortisolo e dipressione arteriosa indotti da stress psicologico sperimentale.

Dunque, le modalità di comunicazione che utilizziamo influisconosui nostri ed altrui assetto neurotrasmettitoriale. Sembra allora chepiù che i farmaci sia la possibilità di comunicare il proprio disagiopsichico e reali cambiamenti nell’assetto di vita a modificare in posi-tivo la trasmissione neurotrasmettitoriale (Biondi, 2008).

In quest’ottica il cervello è presentato come sistema non linearema complesso, in continua circolare interazione tra disposizione ge-netica, livelli dei neurotrasmettitori, clima evolutivo, clima presente(eventi, situazioni), significati attribuiti alle situazioni, comportamen-ti osservabili (ib.). Il concetto di una “chimica della mente” indicache il mondo interno e gli eventi di vita interagiscono l’un l’altro inmodo complesso. La terapia della parola tocca molti circuiti che la-vorano in modo più fine rispetto a molti farmaci, inducendo una verae propria “ginnastica neurotrasmettitoriale” (ib.). All’interno di que-

264

Page 265: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

sta visione, come potremmo definire i ruoli della psicoterapia e dellapsicofarmacologia?

La psicoterapia è il processo di comunicazione e relazione tera-peutica inteso in chiave umanisitica. Si è visto come ci siano evidenzecrescenti circa la dimensione biologica dell’interazione-relazione,della comunicazione ed anche della stessa psicoterapia. I recenti datidi visualizzazione cerebrale mostrano come interventi psicoterapiciabbiano correlati ben definiti a livello di circuiti e centri cerebrali: laterminologia per la rappresentazione dei fenomeni in psicologia, psi-chiatria è stata spesso basata su concetti e parole che contrappongo-no l’organico e lo psichico, il fisico ed il mentale, la spiegazione neu-rochimica e quella psicologica (ib.).

Vi è invece una crescente evidenza che rende necessario rivederequesto orientamento e suggerisce l’esistenza di un comune principioorganizzatore delle diverse terapie farmacologiche e psicoterapicheed una matrice finale comune di esse.

Secondo Biondi (2008), la terapia più biologica a livello fine neu-ronale, a livello di plasticità molecolare e di rimodulazione di circuitie reti neurali non è in realtà quella farmacologica ma la psicoterapia.

Ovvero, per dirla con Bandler e Grinder (1985), la magia della pa-rola. Del resto anche Kandel (2007) porta a sostegno di tale ipotesinumerose ricerche che mostrano come prima e dopo una psicotera-pia che ha portato a guarigione si evidenzi, tramite neuroimaging,l’attivazione di differenti aree cerebrali, a testimonianza dell’esistenzadi un’evidenza, anche biologica, della guarigione.

Una promettente area di ricerca potrebbe essere costituita dal-lo studio del rapporto tra qualità del risultato, senso di appaga-mento professionale e loro incidenza sui livelli di stress percepitodel curante.

Ci si chiede, ad esempio: il livello di soddisfazione per il propriolavoro può rappresentare uno stimolo positivo per la neuroplasticità,in base ad un meccanismo contrario a quello del distress, il cui epilo-go è il burnout? Ricerche in questa direzione potrebbero fornire pre-ziose indicazioni.

265

Page 266: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

6. La relazione d’aiuto con i pazienti e tra i componenti delleéquipe di cura

Le implicazioni di quanto finora discusso sul paziente sono note-voli. Il paziente avverte profondamente l’esistenza nel curante di at-teggiamenti e comportamenti legati allo stress. Ciò si aggiunge ai vis-suti personali spesso drammatici collegati alla malattia, agli eventualiinterventi chirurgici, alle terapie spesso impegnative e debilitanti edalle sofferenze associate. Sembra inoltre che l’importanza delle con-dizioni psicologiche del paziente nel processo di guarigione sia enor-me: i successi terapeutici, i miglioramenti e le remissioni dipendanoin misura importante dalle sue condizioni psicologiche, dal grado diaccoglienza dell’ambiente, dalla qualità delle sue relazioni con glioperatori.

La malattia infatti disorienta l’identità della persona (Donnarum-ma-D’Alessio, 2008): irrompe e disorganizza il ritmo di vita, mette incrisi i rapporti con il proprio corpo e con il mondo in cui la personavive, spesso modifica e fa perdere i ruoli professionali e familiari. Es-sa determina una profonda crisi, sia biologica – per la sofferenze, idisagi, le limitazioni che comporta – sia esistenziale, per le ripercus-sioni che ha sullo stile di vita e sulla progettualità dell’individuo. Talecrisi può dare origine ad ansia, agitazione, collera, comportamenti difuga o ostilità che vanno interpretate come strategie (inconsapevolied automatiche) per fronteggiare la situazione.

L’ansia si manifesta attraverso uno stato continuo di tensione edagitazione che può degenerare anche nel panico. Essa comporta unapercezione accresciuta degli eventi, accompagnata dall’ espressionefisiologica del senso di minaccia, connesso alla paura dell’evento ma-lattia, che include sintomi fisiologici (vertigini, sudorazione, tremore,tachicardia, dolori, difficoltà respiratorie, agitazione, tensione, debo-lezza); sintomi percettivi (senso di irrealtà, ipervigilanza, stordimen-to); difficoltà di pensiero (confusione, amnesie, difficoltà di concen-trazione, di ragionamento, blocco).

Le determinanti del vissuto ansioso sono modulate dal significatopersonale attribuito alle circostanze che l’individuo vive e dal giudizioe dalla stima delle proprie risorse circa le capacità di fronteggiare tali

266

Page 267: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

circostanze. Emerge dunque con forte evidenza la necessità di pro-muovere una competenza relazionale nel personale assistenziale. Unarisposta efficace è data dall’approccio definito “relazione d’aiuto”.

Essa, più che un esercizio di tecniche, rappresenta uno stile di re-lazione, un modo di essere caratterizzato da atteggiamenti positivistabili: accoglienza, comprensione, ascolto attivo ed autenticità. At-traverso un atteggiamento di ascolto è infatti possibile rilevare tuttele fantasie, le verità intuite, le paure esagerate o le rassegnazioni, cioè,l’interpretazione soggettiva dell’esperienza di malattia.

Su queste informazioni è opportuno costruire il proprio compor-tamento assistenziale. E più utile valutare il grado di consapevolezza,le idee e le opinioni che il paziente si è costruito sulla sua malattiapiuttosto che interrogarsi sulle verità da comunicare.

Ad esempio, informare il paziente sulle procedure, i tempi necessa-ri, le modalità, gli risparmia ansie inutili e favorisce reazioni positiveed atteggiamenti collaborativi. È invece decisamente inopportuno ri-ferire al paziente dubbi o incertezze terapeutiche, che potrebbero sor-tire l’effetto di diminuire la fiducia e l’affidabilità dello staff curante.

L’efficacia e la validità dell’assistenza al malato non può essere mi-surata soltanto sull’adeguatezza delle prestazioni erogate o in base al-la gestione attiva della malattia da parte del paziente o della famigliama sarà il risultato di una relazione interpersonale preziosa, costrutti-va e significativa tra malato, sistema familiare ed operatori.

Il lavoro col paziente prevede i seguenti passi:- Far emergere convinzioni e vissuti che accompagnano l’evoluzio-

ne della malattia- Fornire informazioni realistiche sulla curabilità dei sintomi- Attraverso il controllo della sintomatologia fisica, modificare l’at-

titudine verso la malattia- Orientare le aspettative su obiettivi che puntino alla qualità della

vita- Incoraggiare il paziente a verbalizzare le sue fantasie e manifestare

liberamente le emozioni- Prestare attenzione ai termini che il malato usa per descrivere i

sentimenti ed il grado di sopportazione che esprime- Accettare le modalità espressive del paziente

267

Page 268: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

- Costruire atteggiamenti di accettazione nei confronti delle modali-tà aggressive

- Avviare un confronto positivo quando il paziente è pronto a pren-dere posizioni più adeguate

- Incoraggiare la presenza ed il conforto da parte dei familiari.Tale lavoro col paziente va supportato dal lavoro dell’equipe di

cura che prevede:- Avviare un confronto costante, all’interno dell’equipe, su queste

problematiche- Rilevare le modalità usate dal malato per graduare l’impatto della

malattia- Valutare gli atteggiamenti nei confronti della terapia e dei pro-

grammi di cura come espressione del disagio di rapportarsi allamalattia

- Offrire adeguate opportunità per passare gradualmente da un at-teggiamento di evitamento nei confronti della coscienza dello sta-to di malattia ad una graduale e progressiva consapevolezza.Le stesse équipe di cura, d’altro canto, devono contemporanea-

mente curare le seguenti dimensioni:- Prendere coscienza di contenuti interiori propri- Comunicare in maniera sana ed equilibrata- Esprimere liberamente le proprie paure e difficoltà- Riconvertire disagi e conflitti in forma creativa.

Tutto questo allo scopo di:- Sperimentare modalità alternative di comportamento e strategie

della comunicazione e della creatività come presupposto per unmiglioramento delle relazioni degli operatori sanitari con i colle-ghi, il paziente, i familiari

- Facilitare l’espressione di sentimenti conflitti ed insicurezze, per-mettendone la presa di coscienza e l’elaborazione in chiave creati-va ed eventualmente umoristica.I contenuti sui quali focalizzarsi spaziano dalla relazione con la

malattia ed i ruoli del rapporto operatore sanitario-paziente, con par-ticolare riguardo alle difficoltà ed alle problematiche specifiche diogni area; i concetti di congruenza, accettazione empatica, autorive-lazione e comunicazione in prima persona; l’ascolto; gli aspetti psico-

268

Page 269: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

sociali dell’ambiente sanitario con particolare riguardo alle principaliproblematiche e conflittualità esistenti nelle relazioni col paziente econ i suoi parenti ed accompagnatori; le relazioni con i colleghi nel-l’ambito del team operativo. Scopo di tale lavoro è la presa di co-scienza di difficoltà di rapporto con il paziente e con i colleghi e de-gli effetti benefici di una corretta comunicazione sulle problematichepersonali e relazionali e sulla gestione dei conflitti interpersonali.

Le metodologie possono essere molteplici e in gran parte basatesulla possibilità di utilizzare eventualmente strategie creative ed umo-ristiche beneficiando dei loro effetti fisiologici sull’organismo, sull’as-setto psicologico e sulle relazioni. Esse potrebbero includere:- Lezioni teoriche- Laboratori di autocomunicazione ed autorivelazione- Gruppi d’incontro favorenti la corretta comunicazione tra operatori- Gruppi favorenti l’autoconsapevolezza e la capacità di elaborazio-

ne dei propri vissuti e dei propri disagi come operatori sanitari- Esercizi e giochi di espressività psicocorporea- Esercizi e giochi per l’acquisizione della fiducia e dell’affiatamen-

to di gruppo- Laboratori di composizioni creative: lettura umoristica e poesia- Tecniche di rilassamento (distensione immaginativa e training au-

togeno)- Percorsi di educazione alla salute, al senso della cura ed al signifi-

cato esistenziale della sofferenza (vedi paragrafo seguente).

7. Educazione alla salute, senso della cura e significato esi-stenziale della sofferenza

…non era il dolore in sé il suo problema, ma la mancanza di risposte al grido: perché soffrire?

(F. Nietzsche)

L’educazione alla salute è un capitolo fondamentale dell’educazio-ne alla vita perché i due beni, salute e vita, sono profondamente in-terconnessi: l’equilibrio salute non può prescindere dalle scelte di vi-

269

Page 270: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

ta. Da un punto di vista etico, educare alla salute e alla vita significaeducare al rispetto della dignità della persona umana che è caratteriz-zata dalle sue capacità, dalle sue abilità, dalle sue fragilità e dalla suaapertura alla reciprocità e al dono. La salute è la risultante dall’equi-librio organico, relazionale e spirituale riferito alla persona umanache è sostanza relazionale e unità psicofisica.

L’antropologia personalista, così attenta a sottolineare l’unicitàdella persona come entità bio-psico-socio-spirituale, privilegia unanozione olistica di salute e malattia, in cui concorrono ed interagi-scono elementi corporei, psichici e spirituali senza dimenticare leimprescindibili risonanze relazionali. Come la vita umana non puòessere ridotta alle sole dimensioni biologiche, ma è vita della per-sona nella sua multidimensionalità, così la salute non può essere ri-dotta all’una o all’altra delle dimensioni dell’uomo, ma è armoniaed integrazione di tutte le energie personali, fisiche, psichiche espirituali.

L’affermarsi della nozione di qualità della vita mette in luce quan-to la cultura postmoderna sia sensibile agli aspetti emotivi e relazio-nali dell’esistenza, di contro all’impostazione rigidamente intellettua-listica o positivistica di epoche precedenti. In questo senso si tratta diun elemento positivo, soprattutto se si tiene conto che ha spinto lamedicina a superare in molti casi il paradigma strettamente biomedi-co e a porsi nuovi traguardi, come quello di curare anche nell’impos-sibilità di guarire, ossia di assicurare una qualità della vita miglioread un malato cronico terminale.

Tuttavia, la nozione di qualità della vita ha il suo polo negativo emette in discussione il valore della vita stessa. In nome di una pretesaqualità della vita, si può mettere in dubbio che un’esistenza segnatada un handicap valga la pena di essere vissuta o negare che una ma-lattia cronica renda ugualmente possibile una vita felice. In tale otticail peso psicologico della malattia aumenta perché la si vede sotto l’a-spetto dell’inabilità e della perdita. Ne risulta aggravato anche il pesomorale, in quanto essa appare esclusivamente come un limite allapropria libertà di volere e di potere, un evento sgradevole che è de-scritto come un fatto ma che resta non compreso nel suo significato.Si omette di riflettere sulla fragilità che sempre limita l’essere umano

270

Page 271: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

e sull’incapacità di dominare totalmente il corso naturale delle cose,tralasciando la questione antropologica.

Per operare un’inversione di tendenza nel modo di intendere lasalute e la malattia occorre recuperare un maggiore spessore etico:sia la capacità di interrogarsi sul senso, sul perchè profondo delleproprie esperienze sia una più profonda consapevolezza del rapportoche queste hanno con la propria libertà. È indispensabile allora af-fiancare all’approccio clinico e psicologico alla malattia, anche un ap-proccio antropologico e morale.

Il nostro lavoro ha, per l’appunto, inteso fornire una visione d’in-sieme delle dimensioni biopsicosociali delle professioni di cura, al cuiinterno curante e paziente possano sviluppare, recuperando il pro-prio bagaglio culturale e personale, un’immagine rinnovata della pro-pria identità-professionalità.

Professionalità intesa come quotidiana esperienza di senso che siesplica in atteggiamenti caratterizzati da dedizione, cura ed attribuzio-ne di significato a persone ed eventi ad essa connessi. I quali, anchein situazioni altamente drammatiche, sono sempre spunti di crescita,a patto d’essere disponibili a coglierli come tali.

Il rabbino Hillel, personaggio vissuto nel II sec. A.C. (cit. in Frankl,1997) si poneva 3 interrogativi fondamentali: 1) Se non lo faccio io, chilo farà?(sottolineando l’unicità e l’irripetibilità della persona); 2) Senon lo faccio adesso, quando lo farò? (sottolineando l’unicità e l’irripeti-bilità del momento presente; 3) Se lo faccio solo per me stesso, chi sonoio?(sottolineando che l’io si realizza compiutamente e pienamente sol-tanto in un “tu”. Concetto straordinariamente espresso anche successi-vamente nel pensiero di Martin Buber, filosofo ebreo del ’900).

Star bene e star male hanno dunque senso esclusivamente in unambito di condivisione autentica: non si vive per essere sani o malati,ma per riconoscere ed essere riconosciuti. In ultima analisi, per ama-re ed essere amati. Il dolore e la sofferenza, vissuti nella solidarietàcon gli altri diventano il perno di rotazione dal negativo al positivo.

A questo punto ci poniamo un altro interrogativo cruciale che “in-forma” tutto ciò che abbiamo finora detto. Chiunque viva in un con-testo di cura non può fare a meno di chiedersi: è possibile dare unsenso alla sofferenza?

271

Page 272: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Nell’opera Homo patiens. Un’interpretazione umanistica della sof-ferenza, Viktor Frankl (1972) parla del significato esistenziale del do-lore, con queste mirabili parole, che riportiamo fedelmente:

“Anche l’uomo semplice, l’uomo della strada conosce istintiva-mente il possibile significato della sofferenza e quindi il valore dellastessa capacità di soffrire: intuisce cioè tale capacità come un valore(p. 100) Teniamo bene a mente questo: una sofferenza vera, corag-giosa, autentica è una prestazione (p. 100) Coraggio e consolazionepossono essere trasmessi anche da un ammalato agli altri ammalati eperfino al medico che diventa lo specchio che riflette l’immagineesemplare e figurativa dell’uomo ammalato che soffre e realizza unaprestazione con la sua rinuncia. Gli altri ammalati, rivolgendo il lorosguardo verso questo specchio scoprono che niente è impossibile diciò che viene chiesto loro. Perciò che riguarda il medico personal-mente, nella consapevolezza della possibilità o meglio nella consape-volezza dell’attuabilità di questa possibilità, egli si presenterà al mala-to ben diversamente, molto più convinto. E quindi avrà sul malatouna diversa efficacia: egli nella vita e nella sofferenza dell’altro scoprele possibilità di risvegliare la volontà di significato.

Coraggio e consolazione ha ricevuto, coraggio e consolazione hada trasmettere… Chi non ha mai vissuto quest’esperienza: che attra-verso la consolazione di un altro viene egli stesso consolato? Il doloreper prima cosa può dunque essere una prestazione (p. 102-103).

La sofferenza però, purchè sia autentica, oltre che una prestazioneè anche una crescita. Prendendo su di me un dolore, accettandolo inme, io cresco, sperimento un aumento di forza morale: si arriva ad unspecie di ricambio. Infatti l’essenza del ricambio è che la materiagrezza viene rimessa in forza. Lo stesso avviene, sul piano morale,nella trasformazione di quel materiale grezzo che viene dato dal de-stino. Il sofferente non può più formare il suo destino dall’esterno;ma proprio la sofferenza lo pone in grado di dominare il destino dal-l’interno in modo da trasportarlo dal piano fattivo al piano esisten-ziale. Io ho una malattia che non posso cambiare e sono posto dinan-zi al quesito che cosa fare di tale malattia ed inizio con questo. E allo-ra, mentre trasporto il fatto su un piano più alto pongo me stesso, lamia propria esistenza, su un gradino superiore (p. 103) (…)

272

Page 273: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

La sofferenza è una prestazione e una crescita. Ma essa è ancheuna maturazione. Infatti l’uomo che cresce oltre sé stesso, si matura.La vera e propria prestazione del dolore è dunque nient’altro che unprocesso di maturazione (p. 104). L’uomo che soffrendo matura séstesso, matura di fronte alla verità. La sofferenza non ha solo dignitàetica ma anche una rilevanza metafisica. La sofferenza rende l’uomoperspicace ed il mondo trasparente (105).

Ogni nostro tentativo di interpretazione metaclinica del significa-to del dolore porta alla conclusione che il calcolo dell’uomo sofferen-te si risolve nella trascendenza; nell’immanenza resta irrisolto (p.163) (…). E la domanda sul significato del dolore? È lo stesso: chi –al di qua di ogni credenza in un significato superiore – chiede qualesignificato abbia il dolore, trascura che il dolore stesso è una doman-da, e che siamo di nuovo noi ad essere interrogati, che l’uomo soffe-rente, l’Homo Patiens è colui che viene interrogato: non ha egli da in-terrogare, ma da rispondere, da dar soluzione al problema del dolo-re: egli ha da superare l’esame – deve rendere il dolore una prestazio-ne (p. 163) (…)

Allora possiamo dire: nel modo come si prende si di sé il doloreimposto – nel come si soffre sta la ragione del perché della sofferen-za. Tutto dipende dalla posizione, dall’atteggiamento verso il dolore– naturalmente verso un dolore necessario, destinato e proprio perquesto inondabile di significato, e dalla realizzazione dei valori di at-teggiamento, resa possibile dal dolore. La risposta che l’uomo soffe-rente da alla domanda sul perché del dolore attraverso il come eglilo sopporta è sempre una risposta senza parole; ma, al di là della fe-de in un sopra-significato, essa è l’unica risposta significativa. Un’ul-tima parola, non all’uomo sofferente ma all’uomo che avvicina il sof-ferente e soffre con lui: come il dolore, è significativo il vivere insie-me, il soffrire insieme.

Ma anch’esso è significativo e silenzioso: il conforto ha dei limiti –dove tutte le parole sarebbero ben poca cosa, là ogni parola è di trop-po (p. 164)”.

Nemmeno noi aggiungiamo altro.

273

Page 274: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

BIBLIOGRAFIA

Bandler R. – Grinder J., La struttura della magia, Roma, Astrolabio,1981.

Biondi M., Mente, cervello e sistema immunitario, MacGRaw Hill,1997.

Biondi M., Mistretta M., Roscioli C., Farmaci in psichiatria. Indicazio-ni terapeutiche approvate e utilizzo off-label. Il Pensiero Scientifico,Roma, 2008.

Biondi, Biologia della relazione e della psicoterapia, Relazione, diprossima pubblicazione, presentata al Congresso: “Neurobiologiadell’esperienza interpersonale”, Roma, Università S. Tommaso, 12settembre 2008.

CEI (Conferenza Episcopale Italiana), Educare alla salute, educare al-la vita, Sintesi sussidio per la XVII giornata mondiale del malato,Ufficio Nazionale per la Pastorale della Sanità, 2009.

Donnarumma D’Alessio M. – D’Alessio C., La danza dell’identità,Gribaudi, Milano, 2008.

D’Alessio C., Minchillo I., Declinazioni Psicopedagogiche della ricercapsicobiologica, Quaderni del Dipartimento di Scienze dell’Educa-zione, Pensa Editore, Lecce, 2008.

D’Alessio C. – Pepe c., Emozioni ed empatia tra filosofia e neuroscien-ze. Risvolti pedagogici. In: Quaderni del Dipartimento di Scienzedell’Educazione, Università degli Studi di Salerno, Pensa Editore,2009.

Dantzer R., L’illusione psicosomatica, Milano, Mondadori, 1989.De Paulo J.R. – Horwitz L.A., Understanding Depression. Dana

Press, New York, 2008Freberg L., Psicologia biologica, Roma, Zanichelli, 2007.Frankl V.E., Homo Patiens. Interpretazione umanistica della sofferen-

za. Salcom, Varese, 1972.

274

Page 275: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Frankl V. E., La vita come compito, SEI, Torino, 1997.Frankl V. E., La domanda di senso in psicoterapia,in Ricerca di senso,

5, Erikson, Trento, 2005.Gallese V., Dai neuroni specchio all’empatia: meccanismi neurofisio-

logici dell’intersoggettività, Relazione, in corso di pubblicazione,presentata al Congresso: “Neurobiologia dell’esperienza inter-personale”, Roma, Università S. Tommaso, 12-13 settembre2008.

Gazzaniga M., Ivry R., Mangun G., Neuroscienze cognitive. Zanichel-li, Roma, 2005.

Garrett B., Cervello e comportamento. Zanichelli, Roma, 2006.Heilig M.A, Upregulation of voluntary alcohol intake, behavioral

sensitivity to stress and amigdala Crhrl expression following a hi-story of dependence. Biological Psychiatry, 2008, 63 (2): 146-151.

Kandel E., Psichiatria, psicoanalisi e nuova scienza della mente. Mila-no, Cortina, 2007.

Kop W.J., The integration between cardiovascular medicine andpsychoneuroimunology: New development based on convergingresearch fields. Brain Behav Immun, 17 (4), 233-237, 2003.

LeDoux J., Il sé sinaptico. Milano, Cortina, 2002.Luzi G. – Biondi M., L’Anticorpo. Una storia delle difese

immunitarie. GSE, Trieste, 2008.Ordine degli Psicologi della Campania, Gruppo di lavoro di psicolo-

gia ospedaliera, L’identità dello Psicologo in Ospedale, Atti del cor-so di formazione in psicologia ospedaliera, 2008.

McEwen B.- Norton Lasley E., The End of Stress as We Know It, Da-na Press, New York, 2008.

Norton Lasley E., Substance abuse: mapping the patway of addiction,in: The Dana Alliance’s 2009 Progress Report on Brain Research,Dana Press, New York, 2009.

Oliverio A., Lo stress e le età della vita, Mente e Cervello, n. 55, annoVII, 2009.

Pancheri P., Stress, emozioni, malattia. Mondadori, Milano, 1980. Picardi A. et alii, Attachment security and immunity in healthy wo-

men, 2007, Psychosomatic Medicine.Plomin et. Alii, Genetica del comportamento. Zanichelli, Roma, 2001.

275

Page 276: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

Rizzolatti G. – Sinigaglia C., So quel che fai. Il cervello che agisce ed ineuroni specchio. Milano, Cortina, 2006.

Siegel D., La mente relazionale. Neurobiologia dell’esperienza inter-personale. Milano, Cortina, 2001.

Singer T. et alii, Empathy for pain involves the affective but not thesensory components of pain. Science, 303, 1157-1161, 2004.

Solms M., Turnbull O., Il cervello ed il mondo interno. Introduzionealle neuroscienze dell’esperienza soggettiva. Milano, Cortina, 2004.

Strike P.C. – Steptoe A., Psychosocial factors in the development of co-ronary artery disease. Prog Cardiovasc Dis, 46 (4), 337-347, 2004.

Trevarthen C., Empatia e biologia. Milano, Cortina, 2004.

SITOGRAFIA:www.logoterapiaonline.it

276

Page 277: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

277

Page 278: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

278

Page 279: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

279

Page 280: Chiara D’Alessio • Irene Minchillo · Le Neuroscienze Cognitive, ... 2.2 La memoria di Kandel e i fattori epigenici-ambientali 2.3 La memetica 3. La neurogenesi nei cervelli adulti

280

Finito di stamparenel mese di dicembre 2010

da Pensa Editore