Chi Sono i Filosofi oggi?

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Ajith Rohan J.T.F. 2009 FILOSOFIA E FILOSOFI OGGI Socrate nel Cratilo sostiene tre caratteristiche di un ricercatore: «l’interesse per la conoscenza, la benevolenza reciproca e l’intenzione di non ingannare. […]. Vero è il discorso di chi dice che le cose come sono, falso quello di chi dice le cose come dovrebbero essere [o come vorrebbe che fossero]. Secondo Socrate, il discorso vero si genera dall’incontro di una mente con un'altra mente, in un rapporto che rispetti tre requisiti essenziali: conoscenza, bene, verità. Secondo Socrate, dunque, il criterio di verità è “il consenso tra le menti”» . Vale a dire, come abbiamo detto poc’anzi, nel dialogo noi “creiamo” la conoscenza. Se è così, la conoscenza ha, come influente diretto, le tradizioni, la cultura, la politica e altri fattori particolari. BANK OF TALENT

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Bisogna affermare che le culture e le religioni hanno uno sfondo catalitico comune in Asia meridionale, cioè, “l’arte di vedere”, ossia “Darshana”. Il “Darshana” a sua volta assorbe anche ciò che si definisce in occidente come “filosofia”. Ciò vuol dire, anche se quest’ultima fa parte dell’insieme, Darshana non si limita come in occidente solo come “amore per il sapere”, ma per lei tutta l’esistenza umana dovrebbe galleggiare su di essa. Senza “Darshana”, non si può raggiungere nulla. In questa prospettiva, un filosofo oggi in occidente è uno ridotto a un'area di disciplina che non ha mai avuto successo. Con questo articolo noi vi presentiamo una parte di ciò che noi abbiamo progettato.

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Ajith Rohan J.T.F.

2009

FILOSOFIA E FILOSOFI

OGGI

Socrate nel Cratilo sostiene tre caratteristiche di un ricercatore: «l’interesse per la conoscenza, la benevolenza reciproca e

l’intenzione di non ingannare. […]. Vero è il discorso di chi dice che le cose come sono, falso quello di chi dice le cose come dovrebbero essere [o come vorrebbe che fossero]. Secondo Socrate, il discorso

vero si genera dall’incontro di una mente con un'altra mente, in un rapporto che rispetti tre requisiti essenziali: conoscenza, bene,

verità. Secondo Socrate, dunque, il criterio di verità è “il consenso tra le menti”» . Vale a dire, come abbiamo detto poc’anzi, nel

dialogo noi “creiamo” la conoscenza. Se è così, la conoscenza ha, come influente diretto, le tradizioni, la cultura, la politica e altri

fattori particolari.

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INDICE

premessa

Il punto di partenza

Il nesso tra la filosofia e la vita

Il carattere precipuo dell’uomo

Filosofia e libertà

L’oggetto della filosofia

La materia sconosciuta dipende dall’uomo

conclusione

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PREMESSA

La filosofia è squisitamente umana. Il termine

“filosofia” deriva dalla lingua greca: “philos +

sophos”, quindi, designa l’amore per il sapere. D’altra

parte, anticamente la filosofia è stata considerata come

il sapere unitario e massimo che un uomo possa

raggiungere. Quindi, questo massimo livello è

nominato dal termine “saggezza”. La saggezza a sua

volta non è solo teorica ma è insieme teoria e pratica,

cioè, la phronèsis, quindi, come ha definito Aristotele,

è la “saggezza pratica”. La filosofia non è un attività

umana destinata a vagare nelle nuvole, ma è la vita

stessa dell’uomo in quanto uomo. Se qualcuno tenta di

dividere la capacità di “pensare” dal “vivere”, questo è

innanzitutto e soprattutto una contraddizione, perché,

senza un processo complesso dei dati con la capacità

relativa del giudizio, uno non può esprimere qualcosa

per far capire l’altro. Quindi, per separare il “pensare”

dalla vita, occorre pensare deliberatamente. È questo è

un processo di disumanizzazione. Come abbiamo

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dimostrato anche nella nostra tesi di dottorato,

«l’uomo, non può non pensare e non può non

comunicare».

Il termine in lingua Sanscrito “darshana”, significa

“drushyathe anena ithi darshanam”, ossia, “da questo

abbiamo visto”. Ciò che intendiamo come filosofia in

occidente, diventa in Sud Asia1, “la scienza del

vedere”. Non c’è nulla da amare od odiare, ma solo

molto da “vedere”. L’arte del vedere, ossia,

“darshnaya” ha due livelli complementari, “kriya” e

“gnàna”, ossia etica ed epistemologia-ontologica e

altre tipologie. Secondo il nostro avviso, partendo dal

concetto di filosofia e Darshana, la vita dell’uomo, in

quanto “avente logos”, dovrebbe essere fondata sulla

capacità dialettica e critica. In questo modo possiamo

unire ciò che è diviso nella filosofia in occidente, il

soggetto con l’oggetto2. Anche se si tratta su un piano

generale, di un atto dinamico che riguarda la vita

umana, la filosofia e il Darshana sono due modalità

1 Sud Asia costituito da sette paesi: India, Pakistan, Nepal, Bhutan,

Bangladesh, Sri Lanka e Maldive. 2 Cfr. Bhagavathgeetha, 17/3.

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sul piano teorico-pratico. Per quanto riguarda le

finalità della vita pratica: è da qui che scaturiscono le

“visioni del mondo”. Il fatto da notare è che sia la

filosofia sia il “Darshana” sono inseparabilmente

legate alla vita pratica dell’uomo.

Il punto di partenza

Un filosofo fondamentalmente procede ponendosi

delle domande su se stesso e sulla propria esistenza. In

questo modo di procedere, tutto ciò che esiste

fenomenicamente e ciò che uno può pensare e sentire

sui piani particolari, vale a dire tutto ciò che per

l’uomo è possibile (incluso anche il termine possibile)

viene sottoposto alla discussione. In questo modo non

vengono risparmiate, partendo dalla propria esistenza,

la religione, la civiltà, la cultura, la tradizione e ciò

che si conosce e i modi di conoscere e la validità di

ciò che si conosce ed è possibile conoscere ecc. Se è

così, allora, la filosofia non si dovrebbe fermare ad

inginocchiarsi ai sistemi chiusi e assolutamente

perfetti e totalitari che sono a loro volta destinati a

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sparire dal pianeta terra3; invece con il proprio spirito

dialettico e critico, la filosofia pone le domande su

tutto ciò che è possibile proprio nel nome della verità.

La verità secondo Socrate è «il consenso tra le

menti»4.

Il nesso tra la filosofia e la vita

Noi sosteniamo un legame stretto tra il pensare e il

vivere, per quanto riguarda l’uomo. In modo più

preciso, consideriamo l’insieme della filosofia con la

vita umana come, una cosa sola5. L’uomo in quanto

uomo è un ricercatore delle verità ed egli si pone

ininterrottamente domande secondo la propria virtù e

ne cerca le risposte relative6. Con tutto ciò la filosofia

3 Cfr. Berlin Isaiah, Freedom and Its Betrayal, Princeton University Press,

Princeton 2002, pp. 103-104. 4 Platone, Cratilo.

5 Ciò che noi definiamo come pensiero e pratica, per noi sono due forme

dell’unica dimensione, quindi del movimento, cambiamento psico-fisico e

spirituale. Il movimento psico-fisico spirituale di per sé, nello status

indefinito dai concetti (effetto complesso del socio-politico e culturale), è

solo nei movimenti, insensati, indeterminati che sono naturali, spontanei. Se

è così, la vita umana è il modo di cercare il senso per i processi individuati

di volta in volta (coscientemente, incoscientemente o secondo altri fattori)

che sono in perenne movimento. Su questo punto, bisogna ammettere

l’importanza della “formazione” ad una mentalità aperta e flessibile della

persona all’interno di una data cultura. Vale a dire, senza questa prima

impostazione e definizione dei processi naturali psico-fisici, non sarebbe

possibile un’identità personale, culturale e così non ha significato la ricerca

del senso o della verità. 6 Se ciò che ha affermato Socrate è giusto: cioè, la verità è il «consenso tra

le menti», noi oggi possiamo comprendere ciò che accade nel mondo, cioè,

che coloro che hanno un qualsiasi potere, decidono cosa sia conveniente da

considerare come verità. Questo fatto noi lo vedremo nell’articolo in cui

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diventa la catalisis del pensiero e così essa soggiace

alle varie forme e ai modi di pensare. L’uomo in

quanto comunicante vive sulla base della relazionalità,

non può non comunicare. Le frazioni di conoscenza

necessariamente dovrebbero essere comunicate con il

metodo descrittivo, secondo le proprie capacità. Così

nascono e si sviluppano il racconto, la storia, la

conoscenza e la saggezza pratica nella comunicazione.

Il carattere precipuo dell’uomo

Il carattere precipuo dell’uomo è: lui/lei non può, non

comunicare.

Spieghiamo. La comunicazione è lo sfondo e

l’esistenza dell’universo. Nulla può esistere senza le

parleremo dell’ermeneutica che esige l’autorità. Allora, a questo punto, la

gente comune o semplice, ha soltanto una possibilità marginale di essere

accolta come formatrice e ricercatrice della verità. Non ha voce. Oggi i

mezzi di comunicazione sono nelle mani dei potenti e sono controllati dai

loro interessi. Noi vediamo le società così dette dei civili d’oggi come

luoghi delle ipocrisie. La gente comune deve comunque mantenere tutto uno

stato lavorando con le proprie mani. Ci sono oggi poi il cinema, il teatro, la

musica e altri tipi di divertimenti che, utilizzati per raccontare fiabe morali,

per tener sottocontrollo l’emotività della gente con immagini di eroi

moderni, fanatici personaggi del cinema, dei giochi, perfino così detti

criminali, diventano anche una trappola per la gente semplice. Per esempio

nel cinema, l’uomo comune, un povero, diventa un eroe che salva un

presidente. Così nei pensieri nei sogni i semplici pensano d’essere eroi. In

realtà loro sono solo gente comune che dovrà sostenere tutte le spese dello

stato (cfr. Ernst Bloch, Il principio della speranza, I-III volumi e di Herman

Pleij, Sognando la cuccagna). Inoltre il paradiso delle religioni non è nel al

di là ma è legato al presente, alla vita, qui: hic et nunc. Così il povero sogna

di essere consolato nell’al di là, mentre il potente e il ricco vive già su

questa terra, allo spese del povero che lavora un paradiso. Basti pensare che

oggi qualsiasi attività umana è interconnessa con l’economia e con la

politica, le quali a loro volta si fanno pagare anche dai cadaveri.

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relazioni comunicative. Una comunicazione di questo

genere, non è necessariamente coscienziale, emotiva

ed affettiva o intellettuale, cioè, una tipologia riservata

agli esseri umani7. Basti pensare ad una molecola

d’acqua: due molecole d’idrogeno con una di

ossigeno, grazie ad una speciale relazione, formano

una molecola d’acqua. I naturalisti hanno intuito le

traiettorie degli elementi e, nell’incontro di due

elementi, una interferenza violenta da parte di un terzo

elemento (forse intendevano la vita o lo spirito?). Noi

per quanto riguarda l’elemento unificatore, portatore e

sostenitore, riteniamo importante il concetto di

catalisis. Il concetto di catalisis, a sua volta, vibra solo

sui piani complementari e sulle sinergie dell’esistenza

e anche del pensiero umano. Per noi un uomo è simile

a una pianeta, a un mondo vivente, quindi,

comunicante. L’avente logos, ossia l’uomo, deve

guadagnarsi la propria libertà dall’arte della

contemplazione. In questo modo l’avente logos riesce

a “creare” dimensioni diverse, relative alle proprie

virtù. Precisiamo che, con il concetto di 7 Noi non ammettiamo nemmeno una coscienza universale che fa da

catalisis per l’esistenza.

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contemplazione, intendiamo il modo dialettico e

critico di un soggetto che viene in parte guidato dalla

propria coscienza, quindi, dalle forze della retorica ed

ermeneutica del pensiero. In questo processo, vi è

un'altra parte che non dipende dal soggetto cosciente,

che proprio per causa della non consapevolezza,

interviene in modo esplicito8 facendo da catalisis per

una visione dialettica del proprio mondo.

Filosofia e libertà

Ora, un filosofo ponendo delle domande allarga,

secondo noi, l’orizzonte della visione del mondo degli

esseri umani. Anzi, noi riteniamo che non può esserci

alcun uomo (non importa quale sia la classe sociale o i

gradi accademici o la forza intellettuale o il potere e il

denaro che ha) che non abbia filosofato almeno una

volta nella propria vita, cioè che non si sia posto delle

domande riguardo alla propria esistenza e/o l’esistenza

degli altri. Il pensare è, grosso modo, la nostra

esistenza. Ecco perché, Ernst Bloch, dice che dalla

8 Precisiamo che su questo punto non intendiamo alcun fenomeno

misterioso e/o religioso; sono semplicemente i fenomeni naturali che a loro

volta rimangono ancora ignoti a noi esseri umani, come per esempio un

tempo erano a noi ignoti alcuni batteri e virus.

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cultura e dalla civiltà gli esseri vengono imprigionati

nei sistemi. Questi sistemi a loro volta diventano

sovrastrutture che tolgono, ossia sostituiscono, la

libertà degli esseri umani. Ora questo fatto è evidente

nel nostro mondo fatto di ipocrisie: senza la guerra

oggi la pace non può esistere. D’altra parte, senza le

guerre, l’economia dei paesi sviluppati non può tirar

avanti; essi vendono, cioè, le armi ai propri eserciti e

allo stesso tempo ai propri nemici. Allora, un filosofo

inteso come uno che sente per natura e anche per gli

studi compiuti (non è indispensabile), esso dovrebbe

pensare e agire nella libertà, con la libertà e per la

libertà (non intendiamo una forma di anarchia, né

liberalismo, né libertismo). I filosofi non devono

essere sottomessi a nessuno, se non al rispetto della

libertà altrui, al rispetto e alla giustizia (senza cadere

nei relativismi). Vale la pena di ricordare l’unico

esempio che noi abbiamo per ora: il filosofo Socrate.

L’oggetto della filosofia

L’oggetto della filosofia dovrebbe essere l’uomo in

quanto uomo, che cerca la verità e che ha un destino

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per la libertà, nella libertà. Quest’ultima a sua volta è

legata inseparabilmente alla comunicazione, non in

senso moderno della banalità delle comunicazioni, ma

in quanto “avente logos”, che è destinato alla vita

relazionale. In questo contesto l’uomo estende se

stesso partendo dai parametri dati, quindi dal socio-

politico e culturale, verso il cosmo. In questo modo

espande le dimensioni del mondo, cioè di ciò che

circonda l’uomo. In una filosofia dialettica, o

dialogica, la conoscenza immutabile o dogmatica non

ha una funzionalità, invece la conoscenza che muta,

come dice Bachelard la conoscenza «discontinua»,

produce la novità9.

La materia sconosciuta dipende dall’uomo

Se noi non sappiamo cos’è la materia, vale a dire

cos’è questa sostanza come tale, a parte dei fenomeni

materiali che hanno la loro materia costitutiva, noi non

possiamo dire nulla sulla materia. Ma forse come

pensano tanti, grazie alla natura fenomenica fatta forse

da questa cosa che chiamiamo materia, possiamo noi 9 Bachelard Gaston, The Scientific spirit, trans. Arthur Goldhammer, Beacon

press, Boston 1985, p. 54.

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comprendere qualcosa della sua natura? Ci sembra di

no, non avendo un’idea precisa di che cosa sia questa

sostanza materiale. Così tutto ciò che pensa e si

afferma di questo concetto, non sembra sbagliato ma

funzionante e a loro volta dipendente dal logos

umano: «[…]gran parte di ciò che noi sappiamo lo

dobbiamo alle parole della […]lingua, che altri hanno

parlato prima di noi. Senza di esse la nostra

intelligenza non sarebbe maggiore di quella di altri

mammiferi superiori. Senza di esse non sapremmo

costruire i linguaggi e le procedure della scienza. […].

In questa prospettiva i diversi ambiti scientifici non si

confondono davvero tra loro, anzi si ordinano, ma in

modo appropriato, iuxta propria principia, a seconda

del loro maggiore o minore avvicinarsi alle condizioni

di libertà discorsiva e di precisazioni meramente locali

della comune attività verbale»10

. Nonostante questa

lacuna per quanto riguarda la materia, noi ammettiamo

il principio della funzionalità delle leggi fisiche e

chimiche create dagli uomini. Questo dovrebbe

funzionare in uno sfondo di rispetto e di giustizia: 10

De mauro Tullio, Scienze inumane e scienze inesatte, in, Sapere,

bimestrale, febbraio 2008, anno 74, numero 1(1055), pp. 72-76.

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«Expermentation must give way to argument, and

argument must have recourse to experimentation»11

.

Perché l’autore di tutto è l’essere umano in quanto

«avente logos».

CONCLUSIONE

Noi pensiamo che all’origine la “creatività” e la

capacità innovativa in tutti i campi, siano catalizzate

dalla volontà e in parte dalla predisposizione della

persona a sognare. Come sostiene Aristotele, l’uomo è

capace di perfezionare ciò che è per lui pensabile e

esperimentabile; quindi, colui che è capace

d’immaginare mondi diversi, cose diverse, cercando di

combinarle nella propria immaginazione in vario

modo, sarebbe un filosofo? Sembra di sì. Basti

pensare alla “nuova funzionalità” (da quasi

venticinque anni), anzi, al ritorno della filosofia

socratica, come maieutica della verità (quindi, un

filosofo non è colui che sa tutto dell’altro, in modo

esauriente) nella «consulenza filosofica» ossia, «

11

Bachelard Gaston, The Scientific spirit, trans. Arthur Goldhammer,

Beacon press, Boston 1985, p. 4.

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teoria-pratica»12

. Oggi un filosofo, dovrebbe essere in

grado di riorganizzasi secondo i nuovi modelli, nella

vita su qualsiasi punto pratico. Il carattere

indispensabile del filosofo è la capacità di formulare le

domande secondo le “situazioni” e trovare insieme le

“interpretazioni” nuove e pratiche. Bisogna ora

precisare la nostra posizione sulla conoscenza e

sull’ontologia; dunque, per noi sono due discipline

strettamente connesse. Anzi, sono complementari.

Così, la conoscenza di un filosofo pratico, sarebbe

quella basata sui fini (non intendiamo finalismo)13

.

12

Cfr. Rabbe Peter B., Philosophical counseling: theory and practice,

Greenwood publishing group, UK 2001. 13

Noi non intendiamo un finalismo sul piano biologico. Non discutiamo di

un creazionismo o un evoluzionismo; invece noi discutiamo sul piano

conoscitivo. Innanzitutto sosteniamo che la conoscenza sia squisitamente

umana. È una “creazione” umana. In questo senso, epistemologia ed

ontologia sono strettamente connesse in modo complementare. Sul piano

umano, dobbiamo dire chiaramente, che essendo l’uomo un essere libero,

oltre le conoscenze tramandate dalle tradizioni e dalle culture, non vi sono

specie prevedibili. Dunque, non ci sono le conoscenze determinate,

organizzate da qualcuno invisibile. Ripetiamo di nuovo la posizione

aristotelica, che sostiene l’importanza del soggetto umano come intenditore

della perfezionabilità di tutto ciò che è perfezionabile. In questo modo il

finalismo o la scienza moderna non soddisfano la nostra posizione sulla

epistemologia-ontologica. Questa è a sua volta legata al concetto di infinito

pensabile ed impensabile. Non ammettiamo un fine al di fuori della

consapevolezza umana. Non ammettiamo neppure l’esistenza d’un mondo

oggettivo al di fuori della coscienza umana. Ciò che diciamo noi, non vi è

un finalismo che sostiene la subordinazione dei mezzi rispetto ai fini

consapevoli. Sosteniamo innanzitutto e soprattutto, la posizione dell’essere

umano di Kant; cioè, l’uomo non è un mezzo, ma il fine, anzi, possiamo

dire, l’uomo libero, è fine a se stesso. Non c’è un intelligenza come

sosteneva Platone che a sua volta dirigeva tutto «nel modo migliore». Invece

riteniamo l’importanza di una causalità sana che procede insieme con i fini

nella conoscenza. Cioè, un fine sul piano conoscitivo, è sempre una

conseguenza e non nasce dal nulla. Per il concetto di causalità non

intendiamo una causa efficiente aristotelica, che a sua volta crea secondo il

suo piano universale deterministico, o il Dio-architetto di Malebranche, di

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Sembra che si stia affermando un modo unico di

leggere i propri sogni attraverso tutte le discipline,

dalla matematica alla filosofia, dalla teologia all’arte,

dalla scultura alla pittura, alla fisica, alla biologia.

Bisogna però mantenere una comunicazione non

ambigua. Oggi da un filosofo si richiede la

conoscenza dei linguaggi diversi e delle regole interne

proprie delle diverse discipline. Un esempio di questo

genere sarebbe Leonardo da Vinci.

Un filosofo per necessità oggi dovrebbe essere un

ricercatore, come abbiamo detto poc’anzi, che

contempla ciò che a lui/lei è possibile pensare e

sperimentare. Al termine “contemplazione” noi non

diamo un significato religioso; intendiamo invece che

sia il modo dialettico e critico di un soggetto guidato

in parte, dalla propria coscienza, quindi, dalle forze

della retorica ed ermeneutica del pensiero. D’altra

parte ci sono altri fattori imprevedibili ma verificabili

Newton, di Leibniz. Kant invece propone il giudizio «riflettente» contro il

determinismo matematico. Per lui argomento fisico-teleologico non ha

valore per dimostrare il fine (argomento di san Tommaso). Non riteniamo

nemmeno quel finalismo immanente di Hegel. Per noi l’uomo è capace di

intendere il “vero” rispetto alla propria virtù. Questa intenzione, non viene

attuata necessariamente nella vita quotidiana, proprio a causa della

convenienza circostanziale (dominata da: paura, parzialità e piacere).

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in un “dopo” immediato. Cioè, in questo processo, che

non dipende dal soggetto umano in modo esplicito

coscienziale14

ma da catalisis per una visione

dialettica del proprio mondo,occorrono catalizzatori

come, cultura, tradizione, storia, memoria, civiltà ecc.

È interessante ricordare….. «Un idea non è niente

altro che un idea, un semplice fatto di conoscenza, non

produce niente, non può niente; essa agisce solo se è

“sentita”, se c’è uno stato affettivo che l’accompagna

e se risveglia tendenze»15

.

Ora possiamo tirar fuori un'altra conclusione: il

dialogo tra i filosofi è indispensabile in nome della

comunità umana, col rispetto e nella giustizia. Così i

mondi possono essere riconosciuti e le dimensioni e le

visioni del mondo vengono allargate. La filosofia non

rimane sul piano provinciale e ripetitivo16

.

14

Precisiamo, che a questo proposito non ci riferiamo ad alcun fenomeno

misterioso e/o religioso; si tratta semplicemente di fenomeni naturali che a

loro volta rimangono ancora ignoti a noi esseri umani come un tempo erano,

per esempio, ignoti a noi alcuni batteri e virus. 15

Anna Curir & Felice Perussia, Tipi di laboratorio, in Rivista bimestrale,

Sapere, anno 73°, n. 5 (1052), edi. Dedalo, Agosto 2007, pp. 72-79. 16

Come per esempio lo studio delle università d’oggi è, ripetitivo. Non c’è

lo spazio per la “creatività” o per l’innovazione. Tutto, come dice nella

prefazione di Isola dei pinguini, Anatolia Franz: i ricercatori, devono solo

copiare ed incollare. Il nuovo fa paura. I ricercatori devono ricordare ciò che

sanno tutti e basta. Così riceveranno applausi, meriti, regali, medaglie ecc.

altrimenti riceveranno tutte le disgrazie possibili. Una cosa oggi è certa; se

un ricercatore (disgraziato!) che porta il nuovo viene condannato a morte - e

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Ora possiamo dire qualcosa sulle qualità preliminari di

un ricercatore: egli ha una grande curiosità «che ha

per oggetto la ricerca della verità». La curiosità «è il

motore di ogni vita intellettuale»; dice Einstein a

questo proposito «Non ho particolari talenti, sono solo

appassionatamente curioso»17

. Socrate nel Cratilo

sostiene tre caratteristiche di un ricercatore:

«l’interesse per la conoscenza, la benevolenza

reciproca e l’intenzione di non ingannare. […]. Vero è

il discorso di chi dice che le cose come sono, falso

quello di chi dice le cose come dovrebbero essere [o

come vorrebbe che fossero]. Secondo Socrate, il

discorso vero si genera dall’incontro di una mente con

un'altra mente, in un rapporto che rispetti tre requisiti

essenziali: conoscenza, bene, verità. Secondo Socrate,

dunque, il criterio di verità è “il consenso tra le

menti”»18

. Vale a dire, come abbiamo detto poc’anzi,

nel dialogo noi “creiamo” la conoscenza. Se è così, la

questo avviene in Europa o in USA - prima o poi lo si farà santo e gli si

presenteranno anche le scuse. 17

Anna Curir & Felice Perussia, Tipi di laboratorio, in Rivista bimestrale,

Sapere, anno 73°, n. 5 (1052), edi. Dedalo, Agosto 2007, pp. 72-79. 18

Anna Curir & Felice Perussia, Tipi di laboratorio, in Rivista bimestrale,

Sapere, anno 73°, n. 5 (1052), edi. Dedalo, Agosto 2007, pp. 72-79.

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conoscenza ha, come influente diretto, le tradizioni, la

cultura, la politica e altri fattori particolari. Allora,

nell’ontologia noi trattiamo ciò che esiste secondo gli

obiettivi, i fini di un soggetto (può essere anche un

concetto collettivo). Senza questa noi non possiamo

discutere della conoscenza. In questo modo,

ritornando al nostro argomento del nostro articolo,

possiamo dire che un filosofo, è un “creatore” e un

“innovatore” della conoscenza.