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Chi era Alvaro del Portillo Profilo biografico Nel 1975 Álvaro del Portillo è stato eletto successore di Josemaría Escrivá alla guida dell’Opus Dei. Il governo pastorale che ha svolto per diciannove anni è stato caratterizzato dalla fedeltà allo spirito del fondatore e al suo messaggio. Biografia 05 marzo 2004 Mons. Álvaro del Portillo nacque a Madrid (Spagna) l'11 marzo 1914, terzo di otto fratelli, in una famiglia dalle profonde radici cristiane. Era ingegnere civile, Dottore in Lettere e in Diritto Canonico. Nel 1935 entrò a far parte dell'Opus Dei, fondato da san Josemaría Escrivá il 2 ottobre 1928. Visse con piena fedeltà la vocazione all’Opus Dei, mediante la santificazione del lavoro professionale ed il compimento dei doveri ordinari, e svolse una vastissima attività apostolica fra i compagni di studio ed i colleghi di lavoro. Molto presto san Josemaría trovò in lui il sostegno più valido: per quasi quarant’anni egli stette al suo fianco e ne fu il collaboratore più stretto. Il 25 giugno 1944 fu ordinato sacerdote. Da allora si prodigò in pienezza nell’adempimento del ministero pastorale, al servizio dei fedeli dell’Opus Dei e di tutte le anime. Nel 1946 stabilì la propria residenza a Roma, accanto a san Josemaría. Prestò un esemplare servizio alla Chiesa anche adoperandosi nel compimento degli incarichi affidatigli dalla Santa Sede, come Consultore di diversi Dicasteri della Curia Romana e, in particolare, mediante l’attiva partecipazione ai lavori del Concilio Vaticano II. Il 15 settembre 1975 fu eletto primo successore di san Josemaría. Il 28 novembre 1982 il Santo Padre Giovanni Paolo II eresse l’Opera in Prelatura Personale e lo nominò Prelato dell’Opus Dei; il 6 gennaio 1991 gli conferì l’ordinazione episcopale. Tutta l’attività dispiegata da Mons. Álvaro del Portillo nel governo fu caratterizzata dalla fedeltà al fondatore e al suo messaggio, in uno zelo

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Chi era Alvaro del Portillo

Profilo biografico

Nel 1975 Álvaro del Portillo è stato eletto successore di Josemaría Escrivá alla guida dell’Opus Dei.

Il governo pastorale che ha svolto per diciannove anni è stato caratterizzato dalla fedeltà allo spirito

del fondatore e al suo messaggio.

Biografia 05 marzo 2004

Mons. Álvaro del Portillo nacque a Madrid (Spagna) l'11 marzo 1914, terzo di otto fratelli, in una

famiglia dalle profonde radici cristiane. Era ingegnere civile, Dottore in Lettere e in Diritto

Canonico.

Nel 1935 entrò a far parte dell'Opus Dei, fondato da san Josemaría Escrivá il 2 ottobre 1928. Visse

con piena fedeltà la vocazione all’Opus Dei, mediante la santificazione del lavoro professionale ed

il compimento dei doveri ordinari, e svolse una vastissima attività apostolica fra i compagni di

studio ed i colleghi di lavoro. Molto presto san Josemaría trovò in lui il sostegno più valido: per

quasi quarant’anni egli stette al suo fianco e ne fu il collaboratore più stretto.

Il 25 giugno 1944 fu ordinato sacerdote. Da allora si prodigò in pienezza nell’adempimento del

ministero pastorale, al servizio dei fedeli dell’Opus Dei e di tutte le anime. Nel 1946 stabilì la

propria residenza a Roma, accanto a san Josemaría. Prestò un esemplare servizio alla Chiesa anche

adoperandosi nel compimento degli incarichi affidatigli dalla Santa Sede, come Consultore di

diversi Dicasteri della Curia Romana e, in particolare, mediante l’attiva partecipazione ai lavori del

Concilio Vaticano II.

Il 15 settembre 1975 fu eletto primo successore di san Josemaría. Il 28 novembre 1982 il Santo

Padre Giovanni Paolo II eresse l’Opera in Prelatura Personale e lo nominò Prelato dell’Opus Dei; il

6 gennaio 1991 gli conferì l’ordinazione episcopale. Tutta l’attività dispiegata da Mons. Álvaro del

Portillo nel governo fu caratterizzata dalla fedeltà al fondatore e al suo messaggio, in uno zelo

pastorale instancabilmente teso all’estensione degli apostolati della Prelatura, al sevizio della

Chiesa.

Seguendo gli insegnamenti di san Josemaría, gettò le radici della propria dedizione al compimento

della missione ricevuta in un profondo senso della filiazione divina. Il suo amore alla Chiesa si

manifestava nella totale comunione con il Papa ed i vescovi. La carità verso tutti, la sollecitudine

vivissima per le sue figlie ed i suoi figli dell’Opus Dei, l’umiltà, la prudenza e la fortezza, l’allegria

e la semplicità, la dimenticanza di se stesso e l’ardente anelito di conquistare anime a Cristo,

rispecchiato nel motto episcopale – regnare Christum volumus! - assieme alla bontà, alla serenità e

al buon umore che da lui emanavano, sono aspetti che si fondono a comporre il ritratto della sua

anima.

All’alba del 23 marzo 1994, poche ore dopo il ritorno da un pellegrinaggio in Terra Santa, dove

aveva seguito con intensa pietà il cammino terreno di Gesù, da Nazareth al Santo Sepolcro, il

Signore chiamò a Sé questo suo servitore buono e fedele. La mattina precedente aveva celebrato

l’ultima Messa a Gerusalemme, nella chiesa del Cenacolo.

Lo stesso 23 marzo, il Santo Padre Giovanni Paolo II si recò a pregare dinanzi alle su spoglie

mortali, che ora riposano nella cripta della chiesa prelatizia di Santa Maria della Pace – viale Bruno

Buozzi, 75, Roma – continuamente accompagnate dall’orazione e dall’affetto dei fedeli dell’Opus

Dei e di migliaia di persone.

Vittorio Messori parla della beatificazione di Álvaro del

Portillo

Riportiamo l’articolo uscito sul “Corriere della Sera” del 15 settembre, sulla beatificazione di mons.

Álvaro del Portillo.

Ufficio stampa 16 settembre 2014

Sabato 27 settembre, a Madrid, sarà proclamato beato mons. Álvaro del Portillo, Prelato dell’Opus

Dei e primo successore del Fondatore, san Josemarìa Escrivá de Balaguer. Per disposizione di

Benedetto XVI, solo le canonizzazioni sono celebrate a Roma dal pontefice, ma non ci sono norme

per il luogo delle beatificazioni, escludendo solo piazza San Pietro a Roma, riservata al papa. Mons,

del Portillo è nato a Madrid ma ha passato a Roma tutta la sua vita sacerdotale, essendo il più stretto

collaboratore del Santo aragonese. A Roma è la sede centrale da cui per 19 anni ha amministrato i

90.000 membri (solo il 2 per cento sacerdoti) della mitica Obra e a Roma resta – e resterà – il suo

corpo. Dunque, si era pensato a una beatificazione nella nostra capitale, ma alla fine ci si decise per

Madrid, affermando che non c’era a Roma una piazza abbastanza grande per contenere l’enorme

folla prevista .

Naturalmente, i soliti dietrologi si sono affrettati a ipotizzare il divieto di un papa Francesco ostile

all’Opus Dei, ricordando che la Compagnia di Gesù ostacolò gli inizi della nuova famiglia religiosa

e proprio ad alcuni gesuiti si deve la “leggenda nera“ giunta alla grande sino a Dan Bown. Per

capire come la realtà sia diversa, basterebbe un’occhiata a una foto di Jorge Bergoglio arcivescovo a

Buones Aires: sulla scrivania, una foto di un sorridente sant’Escrivá de Balaguer. Sulla tomba del

santo Fondatore, nella sede ai Parioli dell’Opera, mons. Jorge volle andare a pregare: ci si aspettava

che stesse in ginocchio alcuni minuti e invece non si rialzò che dopo tre quarti d’ora di orazione

intensa, ad occhi chiusi. L’attuale prelato, mons. Javier Echevarría, è già stato ricevuto ben tre volte

in lunghi colloqui privati a Santa Marta. In Argentina i rapporti della numerosa comunità dell’Obra

con l’ arcivescovo Bergoglio sono stati sempre di stretta collaborazione, anche perché i seguaci di

sant’Escrivá lavorano con la consueta concretezza ed efficacia nelle Villas Miserias della periferia .

Dunque, il prossimo 27 anche Francesco si rallegrerà di avere firmato, nel luglio dello scorso anno,

il decreto per la beatificazione di Álvaro del Portillo. Decreto che riconosceva come miracolosa la

guarigione di un neonato cileno. La Postulazione della causa ha comunicato di avere ricevuto ben

13.000 segnalazioni da tutto il mondo di favori e grazie ottenuti per intercessione del candidato agli

altari.

La vicenda prescelta fra tante altre –perché giudicata la più indiscutibile e la più significativa– è

quella di Susana Ureta Wilson , moglie di un professionista di Santiago del Cile che, nel 2003,

comprese presto che la sua seconda gravidanza sarebbe stata molto difficile. Gli esami rivelarono

che il maschietto che attendeva sarebbe nato con un onfalocele, un’ernia a livello ombelicale che

conteneva il fegato ed alcune viscere addominali. Inoltre, il feto presentava una “tetralogia di

Fallot“, cioè un insieme di ben quattro gravi difetti cardiaci, con il miscelamento del sangue

arterioso in quello venoso.

Né lei né il marito facevano parte dell’Opus Dei ma avevano avuto in dono una immaginetta con

una preghiera a quello che era ancora soltanto il Servo di Dio Álvaro del Portillo. Gli Wilson

decisero subito di scartare la possibilità di un aborto e di affidarsi alla preghiera. Così la donna, tra

l’altro, fissò sul ventre e portò sempre su di sé il “santino“ di don Álvaro. Quando il figlio José

Ignazio fu partorito, pesava solo 1 chilo e 750 grammi. Due giorni dopo la nascita fu operato per

l’onfalocele ma durante l’intervento ebbe il primo dei molti arresti cardiaci che si susseguiranno.

Nei giorni seguenti ebbe gravi crisi per la mancanza di ossigeno nel sangue e per la difficile

espansione dei polmoni. Questi eventi provocarono gravi conseguenze: una ecografia rivelò lesioni

al cervello. Meno di venti giorni dopo la nascita, José Ignacio ebbe anche una crisi epilettica. I

medici decisero di effettuare un intervento cardiochirurgico di tipo palliativo, almeno per

stabilizzare la situazione, ma le condizioni precipitarono anche per un accumulo di sangue attorno

al cuore che ne rendeva difficoltosi i battiti. In quel povero corpicino devastato gli eventi traumatici

si susseguirono senza tregua Alle 15,30 del 2 agosto , ecco l’arresto cardiaco che sembrò decisivo:

per ben oltre mezz’ora il cuore cessò di battere e a nulla servirono i tentativi per riavviarlo. Dopo

quasi 40 minuti, i medici cessarono le manovre, convinti che il bambino fosse ormai morto. La

madre, intanto, accasciata su una panca accanto alla porta della sala operatoria, recitava di continuo

e a voce alta la preghiera a don Álvaro. A quel punto giunse il primario del reparto e per prima cosa

chiese a un infermiere a che ora fosse morto quello sventurato bambino. A suo avviso, infatti, ogni

sforzo per salvarlo sarebbe stato vano. E invece, proprio mentre i chirurghi lasciavano la sala, il

ronzio degli strumenti segnalò che il cuore aveva ricominciato a battere, prima lentamente e poi

raggiungendo il numero normale di pulsazioni. Per tutta la giornata e poi nella notte le condizioni

del piccolo migliorarono di continuo in modo spettacolare. Gli esami mostrarono che il cervello non

aveva subito danni, come ci si aspettava da un arresto cardiaco così prolungato. Un mese dopo, José

Ignacio lasciava l’ospedale. Ora è un bel ragazzino biondo di 11 anni che studia e fa vita normale:

impressionano le fotografie mentre gioca a calcio e a tennis, canta e balla, scherza con i compagni,

va a scuola come tutti. Per dirla con la mamma (che, assieme al marito, si è recata in pellegrinaggio

a Roma, per ringraziare sulla tomba di don Álvaro): << Mio figlio è una creatura felice, entusiasta,

socievole, nella sua classe è un piccolo leader. Ogni madre ne sarebbe orgogliosa >>

Furono gli stessi medici che avevano assistito alla sopravvivenza di quell’esserino di poco più di un

chilo e mezzo che si presentarono come testimoni quando il Cardinal Arcivescovo di Santiago

istituì un tribunale diocesano che indagò sui fatti. I risultati, inviati a Roma, furono sottoposti alla

Consulta medica internazionale della Congregazione dei Santi che, esaminato con la cura consueta

il dossier sanitario, dichiarò che la sopravvivenza del neonato, la mancanza di danni cerebrali a

causa del prolungato arresto cardiaco, la pronta e piena ripresa sino alla normalità non avevano

spiegazione allo stato attuale della scienza medica. Non si dimentichi che questi specialisti di molte

nazioni, non necessariamente credenti, quasi tutti docenti universitari e, in ogni caso, luminari nelle

varie discipline mediche, seguono una grande prudenza a difesa della loro reputazione

professionale. In caso di dubbio, anche lieve, preferiscono chiedere che il caso sia archiviato. La

pratica fu trasmessa poi alla Consulta dei Teologi che dichiararono provata, al di là di ogni

ragionevole dubbio, la relazione tra la guarigione prodigiosa e la richiesta di intercessione a don del

Portillo. Infine, i cardinali e i vescovi membri della Congregazione, riesaminato tutto il dossier,

dichiararono fondata la realtà del miracolo. Così, il papa sudamericano ha potuto autorizzare per il

prete madrileno (che da giovane laico fu ingegnere di ponti e strade) la gloria degli altari che sarà

proclamata il 27 sulla piazza più grande di Spagna.

40 iniziative contro la povertà

Il 25 settembre si terrà a Madrid un incontro internazionale durante il quale saranno rese note le

esperienze maturate nelle 40 attività sociali volute da Álvaro del Portillo in tutto il mondo.

Notizie 15 settembre 2014

L'

"Incontro Internazionale Álvaro del Portillo: 40 iniziative contro la povertà", avrà luogo a Madrid il

25 settembre.

Due giorni prima della beatificazione di Álvaro del Portillo si terrà a Madrid l’ “Incontro

Internazionale Álvaro del Portillo: 40 iniziative contro la povertà”, che, organizzato dalla

Fondazione per la Promozione Sociale e della Cultura, si propone di far conoscere le iniziative

sociali volute dal primo prelato dell’Opus Dei in tutto il mondo. Più precisamente, saranno

analizzati la fase preliminare, lo sviluppo e le esperienze riguardanti le 40 attività educative e sociali

che sono sempre vitali nei cinque continenti, conservando lo spirito del suo promotore.

L’incontro si svolgerà il 25 settembre in via Sebastián Herrera n. 15. Lo schema previsto dagli

organizzatori farà in modo che la giornata si articoli intorno a cinque gruppi di discussione, che

affronteranno temi come “Genesi: obiettivi, entusiasmo e difficoltà dei primi tempi”; “Iniziative

sociali al Nord”; “Iniziative per la promozione della salute”; “Iniziative per la promozione dei diritti

dell’uomo: educazione, donna e famiglia”; “Iniziative di lotta contro la povertà”.

Ad oggi, hanno confermato la loro presenza all’incontro 21 responsabili di progetti sociali ed

educativi radicati in 16 paesi diversi. Si tratta di iniziative riconosciute nei loro paesi d’origine e dal

profilo assai vario: l’Ospedale Monkole (Congo), il centro di assistenza della donna Baytree

Center a Brixton (Londra), il progetto di sviluppo educativo e famiglie Città dei Bambini di

Monterrey (Messico), Rosedale Achivement Centre che collabora all’educazione e promozione

sociale di bambine che vivono nel Bronx (New York), la scuola di abilitazione tecnica per la donna

contadina Kimlea a Limuru (Kenia), il Center for Industrial Technology and Enterprise di Cebu

(Filippine) dove si formano giovani di condizione disagiata, Fondazione Nocedal (Cile) che si

dedica alla creazione e gestione di istituzioni educative gratuite che forniscono una educazione

tecnica professionale polivalente in settori ad alto rischio sociale per carenze materiali, la Scuola

Montealto (Lima), il Niger Foundation Hospital (Nigeria) che offre assistenza medica alle

famiglie, il Centro Rurale Ilomba (Costa d’Avorio) che cerca di salvaguardare la salute

specialmente nei settori più vulnerabili della popolazione, la Pontificia Università della Santa

Croce (Roma) centro superiore di studi ecclesiastici al servizio di tutta la Chiesa, la Scuola

professionale Pedreira (Brasile), la Scuola Acuautla (Città del Messico), la Women’s Board

Educational Co-operation Society (Nigeria), il CADI (Uruguay) al servizio delle famiglie a

rischio sociale, l’Istituto tecnico CEFIM (Bolivia), il Club culturale e sportivo Monteverde

(Colombia) e il programma Borse di studio dell’Università La Sabana (Colombia).

Della Spagna, oltre alla Fondazione per la Promozione Sociale e della Cultura, parteciperanno a

questo incontro internazionale due ONG: ONAY, nata nel 1992 a Pamplona come frutto di una

richiesta avanzata da San Giovanni Paolo II ad Álvaro del Portillo, che realizza programmi di

interventi sociali nella Navarra e in altri paesi; e Sviluppo e Assistenza, che ha sede a Madrid, e i

cui programmi di volontariato sociale aiutano lo sviluppo integrale delle persone, occupandosi

soprattutto di uno dei grandi problemi dei paesi più progrediti: la solitudine.

Lettera del Prelato (settembre 2014)

Mons. Javier Echevarría suggerisce di approfittare delle feste mariane del mese di settembre per

continuare a preparare la beatificazione di don Álvaro. Al primo successore di san Josemaría

possiamo chiedere che interceda per coloro che soffrono persecuzioni a causa della fede in diverse

parti del mondo.

Lettere pastorali 04 settembre 2014

Carissimi: Gesù mi protegga le mie figlie e i miei figli!

Abbiamo cominciato a percorrere l’ultimo tratto di strada che ci separa dalla beatificazione

dell’amatissimo don Álvaro. Quanto lunghi e quanto corti mi stanno diventando i giorni che

mancano al 27 settembre! Succedeva lo stesso a don Álvaro nelle settimane che precedettero la

beatificazione di nostro Padre. Ci scrisse allora alcune parole che faccio mie in questa circostanza:

«Per approfittare delle abbondantissime grazie che il Signore e la sua Madre Santissima desiderano

diffondere nelle anime (…), preparatevi molto bene interiormente, cercate Dio nel vostro cuore e

cercate di parlare continuamente con Lui, compite molto bene le Norme, offrite con generosità la

stanchezza e le eventuali contrarietà dei trasferimenti» [1]. Come vedete, questo invito è del tutto

attuale.

Tempo fa vi ho dato alcuni suggerimenti per aiutarvi nella preparazione spirituale di questo

avvenimento. Magari ora, ciascuna e ciascuno di voi, nel silenzio dell’orazione, può domandarsi

come ha coltivato il desiderio – tradotto in propositi concreti e in una generosa lotta quotidiana – di

prepararsi meglio a ricevere le grazie che Dio Nostro Signore infonderà nelle nostre anime. In ogni

modo, siamo sempre in tempo per accelerare il ritmo nelle prossime quattro settimane, migliorando

la devozione personale.

Questi desideri si intensificheranno anche grazie alle feste mariane che celebreremo durante il mese

di settembre, praticamente una alla settimana. L'8 è la festa della Natività della Beata Vergine

Maria, la Tutta Santa, la creatura più gradita agli occhi di Dio, che, piena di grazia dal momento

della sua Immacolata Concezione, crebbe quotidianamente in tale pienezza, fino al momento della

sua Assunzione in corpo e anima in Cielo: è il momento di rivolgerci con rinnovata fiducia

all’intercessione di nostra Madre, chiedendole che la grazia di suo Figlio ci purifichi fino in fondo

da tutte le nostre miserie, anche le più lievi. Pertanto, curiamo davvero la Confessione sacramentale

e aiutiamo gli altri ad avvicinarsi ben preparati a questo sacramento di misericordia e di gioia.

Il 12 ecco un’altra commemorazione liturgica: il Santissimo Nome di Maria. Che gioia nell’anima

al solo pronunciarlo! Se il nome di Gesù, come dice san Bernardo, è «miele nella bocca, melodia

nelle orecchie, giubilo nel cuore» [2], qualcosa di analogo si può affermare del nome di Maria.

Perciò vi raccomando, di mettere un particolare impegno, in questi giorni, nella recita

dell’Avemaria, soprattutto durante il Rosario. L’invocazione ripetuta, ma sempre nuova, del dolce

nome scelto da Dio, è come un balsamo che lenisce le contrarietà, una musica che diletta l’udito del

cuore, un cibo saporito per il palato.

A metà mese, il giorno 15, ricorderemo la Vergine Addolorata, che iuxta crucem Iesu, ai piedi della

Croce di Gesù, si unì intimamente al sacrificio di suo Figlio e ci ricevette come suoi figli [3]. Che

cosa posso aggiungere se non che dobbiamo unire alle nostre suppliche il condimento saporito della

mortificazione? In questo modo sarà più facile smuovere il Signore perché ci conceda i suoi doni.

Non invano la Chiesa commemora i dolori della Madonna il giorno dopo l’Esaltazione della Santa

Croce. La Chiesa nostra Madre desidera ispirarci molta devozione per Cristo crocifisso e una

devozione tenerissima, filiale, per Santa Maria, Madre di Dio e Madre nostra, che sta in piedi,

forte, trafitta dal dolore, sola o quasi, accanto alla Croce.

Pensate per conto vostro, aggiungeva san Josemaría. Dite qualcosa al Signore e dite qualcosa a

sua Madre: le cose che diremmo a nostra madre se la vedessimo offesa, maltrattata, oggetto degli

sguardi di gente malvagia. E tutto questo per amore di suo Figlio, crocifissa con il desiderio,

coperta di offese e di umiliazioni [4].

Inoltre, il 15 sarà l’anniversario dell’elezione di don Álvaro come primo successore di san

Josemaría a capo dell’Opus Dei. Vi suggerisco di recitare spesso la preghiera dell'immaginetta,

chiedendo la sua intercessione per le necessità della Chiesa, dell’Opera, del mondo, di ogni persona.

Dinanzi al triste spettacolo di un mondo diviso, di popoli che si scontrano come nemici, di famiglie

dilaniate dalla discordia, la promessa divina di pace e di unità, annunciata nell’Antico Testamento e

ratificata con forza nel Nuovo, è una promessa piena di speranza: indica un futuro che fin d’ora

Dio sta preparando per noi. Tuttavia – spiega il Papa – questa promessa è inseparabilmente

legata a un comando: il comando di ritornare a Dio e di obbedire con tutto il cuore alla sua

legge (cfr. Dt 30, 2-3). Il dono divino della riconciliazione, dell’unità e della pace è

intimamente legato alla grazia della conversione: si tratta di una trasformazione del cuore che

può cambiare il corso della nostra vita e della nostra storia, come individui e come popolo [5].

Infine, il 24 settembre, in alcuni luoghi si celebra la memoria della Madonna della Mercede, titolo

mariano così unito alla storia dell’Opera: nostro Padre pregò dinanzi alla sua immagine in molte

occasioni, in modo particolare nel 1946, precedentemente al suo primo viaggio a Roma e poi al

ritorno. Nelle sue mani, con l’aiuto di don Álvaro, mettiamo con particolare fiducia i frutti spirituali

dei giorni che si approssimano.

Come nella lettera del mese scorso, torno a chiedervi di non lasciare soli gli uomini e le donne che

patiscono, o sono perseguitati, a causa della fede in diverse parti del mondo. Non pensiamo di non

poter fare nulla. Anche se siamo lontani fisicamente, possiamo sostenerli nelle loro pene con la

nostra preghiera, con il nostro sacrificio e, quando è possibile, anche con i nostri servizi materiali;

soprattutto con una fedeltà più genuina ai nostri doveri cristiani. San Josemaría scrisse che il nostro

lavoro apostolico contribuirà alla pace, alla collaborazione degli uomini tra di loro, alla giustizia,

a evitare la guerra, a evitare l’isolamento, a evitare l’egoismo nazionale e gli egoismi personali:

perché tutti si renderanno conto di far parte di tutta la grande famiglia umana, che è avviata, per

volontà di Dio, alla perfezione [6].

Tutte le guerre sono un flagello per l’umanità, ma appaiono particolarmente obbrobriose quelle

provocate con la falsa e blasfema scusa del nome di Dio, come Papa Francesco – e prima i suoi

predecessori – ha denunciato molte volte. Nelle settimane passate, in particolare, si è resa

particolarmente drammatica la situazione dei cristiani e di altre comunità religiose in Iraq, in Siria,

in Nigeria e in altri luoghi ancora. Dinanzi alle atrocità cui sono sottoposti questi nostri fratelli e

sorelle, trova nuova attualità la riflessione del Santo Padre durante una delle sue omelie mattutine

nella cappella della Casa di Santa Marta: Oggigiorno ci sono più testimoni, più martiri nella

Chiesa che nei primi secoli. Facendo memoria nella messa dei nostri gloriosi antenati qui a

Roma, pensiamo anche ai nostri fratelli e sorelle che vivono perseguitati, che soffrono e che

col loro sangue fanno crescere il seme di tante Chiese piccoline che nascono. Preghiamo per

loro e anche per noi [7].

Nel mese della sua beatificazione, preghiamo don Álvaro per la pace nel mondo e, in modo

speciale, per la consolazione di questi cristiani e di tante altre persone di buona volontà aggredite a

causa di ciò in cui credono. Lui stesso patì nella sua giovinezza la persecuzione per motivi religiosi,

e affrontò la possibilità del martirio, con piena disponibilità a riceverlo se il Signore gliel’avesse

chiesto, quando, in un controllo durante i primi mesi della guerra civile spagnola, i miliziani gli

trovarono un crocifisso in tasca, motivo per cui, a quei tempi, si correva il rischio

dell’incarcerazione e di una severa condanna.

Lo stesso accadde mentre era chiuso in carcere, dove fu minacciato dai carcerieri persino con la

pistola alla tempia. Si abbandonò alle mani del Signore, senza un gesto che disdicesse alla fede o

alla speranza che alimentavano la sua anima. Sono certo che presenterà questa nostra preghiera

davanti a Dio con speciale efficacia. Magari possiamo ripetere una preghiera che san Josemaría

scrisse in analoghe circostanze: Com’è bella l’orazione, che dovresti ripetere spesso, di

quell’amico che pregava per un sacerdote incarcerato in odio alla religione: “Dio mio, consolalo,

poiché patisce persecuzione per Te. Quanti soffrono, per il fatto di servirti!”[8].

Al contempo, raccomandiamoci con autentica fede a questi nuovi martiri contemporanei.

Chiediamo loro che dal Cielo ci sostengano e ci aiutino a essere testimoni dell’amore di Cristo nelle

nostre famiglie, nei quartieri e nelle città dove risediamo, nel nostro Paese, nel mondo intero e tra i

poveri e gli ammalati. Che tutti noi cristiani sappiamo essere, come loro, luci accese in questo

nostro mondo così bisognoso di seminatori di pace e di gioia.

Torno ai preparativi immediati per il 27 e 28 settembre a Madrid, e per il 30 a Roma. Come ci

suggeriva il prossimo beato, «assecondate nel miglior modo possibile le indicazioni che vi daranno,

poche, ma necessarie per il buon svolgimento delle cerimonie e per favorire il profitto spirituale dei

partecipanti alle cerimonie. Soprattutto, figlie e figli miei», proseguiva, «vivete queste giornate con

molto senso soprannaturale, manifestate la vostra devozione nelle cerimonie liturgiche con

naturalezza e semplicità» [9].

Sforziamoci di trasmettere questi consigli a tutte le persone che, da lontano o da vicino, ci

accompagneranno nella celebrazione. Per tutti sarà motivo di gioia che i presenti alla Messa della

beatificazione e a quelle di ringraziamento che saranno celebrate nei giorni seguenti rispondano

unanimemente e senza fretta alle parole del celebrante. «E che i loro canti – canti di ringraziamento

a Dio e di gioia – risuonino e giungano in Cielo con la forza dell’amore: et clamor meus ad te veniat

(Sal 101 [102] 2). Questo deve essere», concludeva don Álvaro, «l’unico clamore – quello delle

vostre preghiere e dei vostri canti – che si oda nelle cerimonie liturgiche (…), impregnato di senso

soprannaturale, di spirito di preghiera, di serena letizia» [10].

Cerchiamo anche di partecipare con più affetto alla Veglia al Santissimo del primo venerdì del mese

e intensificate l’apostolato della Confessione, tanto amato da don Álvaro, e la preghiera per il Papa

e per le sue intenzioni. Ieri ho ordinato presbiteri due vostri fratelli Aggregati. Pregate molto per

loro e per tutti i sacerdoti.

Mi rallegra particolarmente comunicarvi che – con voi tutti – ho potuto stare con le mie figlie e i

miei figli del Venezuela e trascorrere lì l’anniversario della mia ordinazione sacerdotale; dal loro

lavoro apostolico nasceranno abbondanti frutti.

Non vado oltre. Vi assicuro che siete tutti molto presenti nelle mie preghiere, particolarmente chi tra

voi – per varie ragioni – non potrà assistere fisicamente alla beatificazione di don Álvaro. Come già

vi ho detto, saremo tutti molto uniti nella preghiera e nelle intenzioni.

Con tutto il suo affetto, vi benedice e vi ricorda in modo molto particolare,

vostro Padre

Il Papa: «Il matrimonio non è un cammino liscio, senza conflitti»

14/09/2014

Un giorno indimenticabile per venti coppie della diocesi di Roma, che hanno celebrato il

matrimonio davanti a Papa Francesco. Il Papa: "E' normale che gli sposi litighino, sempre si

fa. Ma mai finire la giornata senza fare la pace, mai". Tra le 20 coppie anche Gabriella e

Guido, una mamma single di 48 anni e il compagno con alle spalle un matrimonio annullato:

"Vorremmo che la nostra storia donasse speranza a chi convive e ha rinunciato a sposarsi

davanti a Dio"

Bergoglio sposa 20 coppie nella Basilica di San Pietro

Papa Francesco: "Il matrimonio non è una fiction. E' vita reale"

“E' incalcolabile la forza, la carica di umanità contenuta in una famiglia" ha detto. Poi il

suggerimento alle coppie: "E' normale che gli sposi litighino. Ma vi consiglio: mai finire la

giornata senza fare la pace"

Papa Francesco a Redipuglia: "La guerra è una follia" Papa: "Il sangue delle suore uccise diventi seme di fraternità" Papa Francesco: "Cristiani non 'annacquatevi', non diventate 'mondani'"

Città del Vaticano 14 settembre 2014"Il matrimonio è simbolo della vita, della vita reale, non è una

fiction!". Lo ha affermato Papa Francesco durante la messa in San Pietro in cui celebra il

matrimonio di 20 coppie della Diocesi di Roma. "E' la reciprocità delle differenze - ha aggiunto -.

Non è un cammino liscio, senza conflitti, no, non sarebbe umano. E' un viaggio impegnativo, a

volte difficile a volte anche conflittuale, ma questa è la vita!".

"L'amore di Gesù, che ha benedetto e consacrato l'unione degli sposi, è in grado di mantenere il

loro amore e di rinnovarlo quando umanamente si perde, si lacera, si esaurisce", ha proseguito il

Pontefice. "L'amore di Cristo può restituire agli sposi la gioia di camminare insieme - ha aggiunto-;

perché questo è il matrimonio: il cammino insieme di un uomo e di una donna, in cui l'uomo ha il

compito di aiutare la moglie ad essere più donna, e la donna ha il compito di aiutare il marito ad

essere più uomo".

Papa Francesco ha inoltre sottolineato: “E' incalcolabile la forza, la carica di umanità contenuta in

una famiglia: l'aiuto reciproco, l'accompagnamento educativo, le relazioni che crescono con il

crescere delle persone, la condivisione delle gioie e delle difficoltà". "Le famiglie - ha aggiunto -

sono il primo luogo in cui noi ci formiamo come persone e nello stesso tempo sono i 'mattoni' per

la costruzione della societa'".

"Mai finire la giornata senza fare pace"

Il Papa ha poi rivolto alle coppie un consiglio: "E' normale che gli sposi litighino – ha detto -, è

normale, sempre si fa. Ma vi consiglio: mai finire la giornata senza fare la pace. E' sufficiente un

piccolo gesto, e cosi' si continua a camminare”.

"Le croci ci saranno ma il Signore vi aiuterà"

Infine l’augurio di Bergoglio: "Auguro a tutti voi un bel cammino, un cammino fecondo. Che

l'amore cresca. Vi auguro felicità: ci saranno le croci, ma il Signore è sempre lì per aiutarci ad

andare avanti. Il Signore vi benedica". Con queste parole, pronunciate a braccio, Papa Francesco

ha concluso l'omelia della Messa.

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10 frasi di Papa Francesco sulla famiglia

Il 15 maggio si è celebra la Giornata Mondiale della Famiglia indetta dall'ONU, tema sul quale il

Papa ha parlato diverse volte durante il suo pontificato, sottolineando la necessità di perdonare e di

contare sulla preghiera.

Dal Papa 15 maggio 2014

A partire dal 1994, per volere delle Nazioni Unite, tutti i 15 di maggio si celebra la Giornata

Mondiale della Famiglia. Quest'anno si festeggia il 20° anniversario. Papa Francesco ha mostrato un

particolare interesse per la famiglia sin dall'inizio del suo pontificato e ne ha parlato numerose volte

di fronte alle moltissime persone che vanno a Piazza San Pietro, sottolineando l'importanza di

prendersene cura con affetto. Inoltre, in ottobre, si svolgerà il sinodo dei vescovi sulla

pastorale familiare. Ma cosa pensa papa Francesco quando parla di famiglia? Trascriviamo qui di

seguito alcune frasi che riassumono il suo pensiero.

1. Ma quello che pesa di più nella vita non è questo: quello che pesa di più di tutte queste cose è la

mancanza di amore. Pesa non ricevere un sorriso, non essere accolti. Pesano certi silenzi, a volte

anche in famiglia, tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra fratelli. Senza amore la fatica diventa

più pesante, intollerabile. (Incontro con le famiglie a Roma, ottobre 2013)

2. Le tre parole magiche. Permesso: per non essere invadente nella vita dei coniugi. Permesso, ma

cosa ti sembra? Permesso, mi permetto. Grazie: ringraziare il coniuge; grazie per quello che hai

fatto per me, grazie di questo. Quella bellezza di rendere grazie! E siccome tutti noi sbagliamo,

quell’altra parola che è un po’ difficile a dirla, ma bisogna dirla: scusa. Permesso, grazie e scusa.

(Udienza generale del 2 aprile 2014)

3. Nel vostro cammino familiare, voi condividete tanti momenti belli: i pasti, il riposo, il lavoro in

casa, il divertimento, la preghiera, i viaggi e i pellegrinaggi, le azioni di solidarietà… Tuttavia, se

manca l’amore manca la gioia, e l’amore autentico ce lo dona Gesù. (Lettera del Papa alle famiglie

del 2 febbraio 2014)

4. E il segreto è che l’amore è più forte del momento nel quale si litiga e per questo io consiglio agli

sposi sempre: non finire la giornata nella quale avete litigato senza fare la pace. Sempre! (Udienza

generale del 2 aprile)

5. Sì, è vero, ma è anche questione di umiltà, di riconoscere che abbiamo bisogno di Dio, come il

pubblicano! E tutte le famiglie, abbiamo bisogno di Dio: tutti, tutti! Bisogno del suo aiuto, della sua

forza, della sua benedizione, della sua misericordia, del suo perdono. Questo è pregare in famiglia, e

questo fa forte la famiglia: la preghiera. (Omelia della Messa per l'incontro delle famiglie a Roma,

ottobre 2013)

6. Se invece l’amore è una relazione, allora è una realtà che cresce, e possiamo anche dire a modo

di esempio che si costruisce come una casa. Non volete fondarla sulla sabbia dei sentimenti che

vanno e vengono, ma sulla roccia dell’amore vero, l’amore che viene da Dio. La famiglia nasce da

questo progetto d’amore che vuole crescere come si costruisce una casa che sia luogo di affetto, di

aiuto, di speranza, di sostegno. (Parole del Papa ai fidanzati durante l'incontro di san Valentino a

Roma, febbraio 2014)

7. La famiglia oggi è disprezzata, è maltrattata, e quello che ci è chiesto è di riconoscere quanto è

bello, vero e buono formare una famiglia, essere famiglia oggi; quanto è indispensabile questo per

la vita del mondo, per il futuro dell’umanità. (Parole rivolte ai vescovi il 20 febbraio 2014 durante

un incontro sul tema della famiglia)

8. Il matrimonio è un lungo viaggio che dura tutta la vita! E hanno bisogno dell’aiuto di Gesù, per

camminare insieme con fiducia, per accogliersi l’un l’altro ogni giorno, e perdonarsi ogni giorno! E

questo è importante! Nelle famiglie sapersi perdonare, perché tutti noi abbiamo difetti, tutti!

(Incontro delle famiglie con il Papa a Roma, ottobre 2013)

9. Quando ci mostriamo attenti verso le nostre famiglie e i loro bisogni, quando comprendiamo le

loro difficoltà e le loro speranze …il vostro impegno a sostegno delle famiglie non aiuta soltanto la

Chiesa, ma la società dello Sri Lanka nel suo insieme. (Discorso rivolto ai vescovi dello Sri Lanka,

3 maggio 2014)

10. La gioia vera viene da un’armonia profonda tra le persone, che tutti sentono nel cuore, e che ci

fa sentire la bellezza di essere insieme, di sostenerci a vicenda nel cammino della vita. (Messa di

chiusura dell'incontro delle famiglie a Roma, ottobre 2013)