Charles Perrault - I Racconti Delle Fate

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Charles Perrault - I raccontidelle fateTRATTO DA: I racconti delle fate /di C. Perrault ; tradotti da F. Verdinois. -Napoli : Società Editrice Partenopea,1910.Informazioni sul "progetto Manuzio"Il "progetto Manuzio" è unainiziativa dell'associazione culturaleLiber Liber. Aperto a chiunque vogliacollaborare, si pone come scopo lapubblicazione e la diffusione gratuita diopere letterarie in formato elettronico.

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  • Charles Perrault - I raccontidelle fate

    TRATTO DA: I racconti delle fate /

    di C. Perrault ; tradotti da F. Verdinois. -Napoli : Societ Editrice Partenopea,1910.

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    Il libro d'oro della giovent I RACCONTI delle FATEDI C. PERRAULT

  • Tradotti da F. VERDINOIS NAPOLISOCIET EDITRICE

    PARTENOPEA 1910

  • PARTE PRIMA - Quandoc'eran le Fate

  • Avvertenza degli editori

    Quest'opera fu da noi gi pubblicata inedizione economica e in due volumi.Riproducendola in carta da lussoabbiamo voluto serbarla integralmente,riunendo i due volumi in un solo, con ladivisione in parte prima e parte seconda.Ci serva a giustificare le due prefazioniscritte a qualche mese di distanza l'unadall'altra e appunto per l'edizioneeconomica.

  • L'editore al Lettore

    Ancora una versione dei racconti diPerrault! esclameranno in coro,stupefatti, gli amatori di libri vecchi enuovi. Proprio: ancora una! e pour causedirebbe un nostro confratello d'oltr'alpi.E la cause bisogna ricercarla nel fattoche quasi tutte le edizioni del Perraultpubblicate finora in italiano,specialmente quelle economiche, sonoscelleratamente tradotte; errori ed orroriscappan fuori ad ogni pagina, e nescappassero per davvero sarebbe unbene, il guaio che vi restano e conquanto danno dei giovani lettori non v'chi non veda!

  • da tempo che i pi celebripedagogisti han gettato il gridod'allarme: Attenti ai libri che debbonoandare per le mani dei ragazzi! In queiteneri cervelli le impressioni sonoagevoli come nella cera, e vi restanoincancellabili come nel bronzo. Se siabituano a leggere volumi scritti inbuona lingua, correttamente, ne trarrannodurevoli benefici per la loro istruzionefutura e viceversa. Ora non v' chi nonsappia quanto sia difficile una buonatraduzione, e che per ottenerla bisognarivolgersi a scrittori di polso, a quelliche vanno per la maggiore, i quali non sicontentano dei pochi soldi che si offronoal primo improvvisato traduttore ignarodegli elementi rudimentali della lingua

  • del testo, e, quel che peggio, anche diquella nella quale deve tradurre. E sonquesti i traduttori traditori, che spargonosui lussureggianti campi dell'italianafavella il mal seme, disgraziatamentefecondo, dei barbarismi, degl'idiotismi,dei francesismi ed altri simili ibridismi;e ne guastano l'armonica pronunzia,storpiandone l'ortografia; e ne turbano lalimpida costruzione, traducendo allalettera locuzioni proprie ad altrilinguaggi.

    Gli editori che assoldano questicrumiri della penna si scusan dicendoche trattandosi di edizioni a buonmercato non si pu far diversamente. Es che si pu fare, contentandosi di unguadagno limitatissimo; come facciam

  • noi, che affidiamo le nostre traduzioni alVerdinois, al Borrelli, ad Arnaldo deLysle ed ai pi competenti scrittori,riconosciuti ed affermatisi per purezzadi lingua e semplicit di stile.

    Buon mercato non deve significarlibro mal fatto, tutt'altro, giacchappunto per la sua grande diffusionequesto genere di letteratura ha unainfluenza potentissima sull'educazionedel popolo.

    E poi non bisogna mai falsare ilpensiero di un autore, n far servire isuoi libri ad uno scopo diverso daquello pel quale furon scritti.

    Istruire e divertire, ecco il compitoche si era proposto il Perrault, e ci eglistesso dichiara nella prefazione ai suoi

  • tre racconti in versi. Noi, che a lui cirivolgiamo, abbiamo voluto fare ilmeglio che si poteva per aderire al suopensiero, non badando a sacrificii, navendo in mira esagerati guadagni. E achi meglio potevano affidare latraduzione dei suoi meravigliosiracconti se non al Verdinois? il quale,sia detto fra noi, anch'egli sottol'incantesimo di una fata potente, da cuiha ricevuto l'impareggiabile dono di unamagica penna, che sa mirabilmentetrasformare una lingua in un'altra.Insomma un mago anche lui! Il regnodel meraviglioso dominio suo. Perci isuoi scritti affascinano ed avvincono.Leggendo questo libro, vedrete quantavivezza d'immaginazione, qual grande

  • ricchezza di colori ha saputo profonderein esso, tanto da farne un'operaoriginale, un vero capolavoro, ungioiello di grazia, che conquider grandie piccini. Proprio cos come Perraultvoleva, giacch prima di divertire conquesti racconti i fanciulli, egli avevaintrattenuto i vecchi parrucconidell'Accademia francese, a cui lileggeva, fra una seduta e l'altra, con lorodiletto profondo.

    E l'idea di trascrivere questiracconti dalle meravigliose fonti delletradizioni popolari, sorprendendoli sullelabbra delle nonne e delle vecchieserve, non venne forse inspirata alPerrault da quei versi del La Fontaine,nei quali il celebre favoleggiatore

  • diceva che se Pelle d'Asino gli fossenarrata egli vi avrebbe gustato unestremo piacere?

    Di queste pubblicazioni, chepossono andare con pari utilit e dilettofra le mani di grandi e piccini, neabbiamo gi dato, modestia a parte,splendidi saggi. I fantastici e smagliantiracconti del celebre scrittore amiricanoW. Irving, che il Verdinois ha tradotto eche noi abbiamo stampato in unelegantissimo volume dal titolo NelRegno Fatato1, quel capolavoro digrazia e di fantasia, La leggenda dellabella Baldura2 di V. Hugo, che ci haprocurato lettere di entusiasmo da tuttala giovent italiana, ed anche di V. Hugoi meravigliosi ed istruttivi racconti

  • dell'Epopea del Leone3, tradotti dalVerdinois con cos delicata finezza ditocco, ne sono una incontrastata eluminosa conferma.

    L'Epopea del Leone, eroica, tenera,delicata e meravigliosa finzione, che fapensare al gran poeta stesso che laconcep; il leone non forse lui? ilgiudice terribile che s'intenerisce allapreghiera di una bimba? E chi meglio diV. Hugo poteva istruire e dilettare ifanciulli, egli che ad essi dedic, si pudire, tutte le cure della sua vecchiaia?Nessuno ha mai considerato l'infanziacon sguardi pi carezzevoli e commossi;Egli si sentiva rapito dinanzi a dueocchioni ingenui pieni di aurora, edinanzi ad una piccola bocca rosea che

  • balbettava parole di paradiso. E comesapeva incantarli, mettendo sempre infondo ai suoi racconti, ai giuochi che peressi inventava ed a tutti i lorodivertimenti un'idea grandiosa!

    Improvvisava pei suoi nipotiniun'infinit di racconti morali comequello della buona pulce e del cattivore; e l'altro del buon cane, che, morendovittima della sua devozione per unagiovanetta, trasformato in angelocustode; e quello dell'asino, il quale,cosa straordinaria... aveva due lungheorecchie, e, cosa pi straordinariaancora, con una udiva solo il s e conl'altra il no; in modo che la poverabestia si trovava continuamente fra duevoci contrarie: il bene ed il male.

  • E le lettere, le lettere di affetto,piene di tante cose dolci, divertenti esoprattutto di utilissimi consigli, che ilGran Poeta scriveva, quando trovavasiin viaggio, ai suoi figli? Oh! quellelettere meravigliose ogni padredovrebbe leggerle, studiarle e farlestudiare a tutti i suoi! Che salutarilezioni di amor paterno e filiale se netrarrebbero.

    Chi sa, un giorno forse non lontano,se l'incoraggiamento dei nostri lettorinon ci verr meno, le raccoglieremo epubblicheremo.

    Ma non solo negli scritti enell'improvvisazione ci si rivela l'affettodi Hugo pei piccoli, egli aveva anche un

  • ingegno tutto speciale nell'organizzarefeste per l'infanzia.

    In esilio aveva dato vita a queicelebri pranzi annuali per i fanciullipoveri, che tanto bene fecer loro, e,tornato in patria, ogni anno l'albero diNatale di casa Hugo era uno di quegliavvenimenti attesi con ansia giocondadai fortunati che potevano intervenirvi.

    Il Natale specialmente del 1877 feceepoca, tanto che i giornali ne diederol'ampia relazione, che ci piace quiriportare.

    I due nipotini di Hugo avevanoinvitati per la circostanza tutti i loropiccoli amici ed all'ora fissata unincantevole stuolo di bimbi, ridendo e

  • cinguettando, si present alla via diClichy N. 21.

    Pur essendo in pieno giorno, eranoappena le due del dopo pranzo, sivedeva il salone illuminatofantasticamente. In esso nascondevasi V.Hugo, preparando la sorpresa dellafesta.

    Ad un tratto le porte del salone sispalancarono ed un grido diammirazione eruppe dal pi profondo diquei piccoli petti: il lampadario, ilmonumentale lampadario di casa Hugo,appariva trasformato, come per virtd'incantesimo, in gigantesco albero diNatale. Ed i gridi di gioia delle roseebocche, e gli applausi festanti di quelledelicate manine crebbero d'intensit,

  • raggiungendo il massimodell'entusiasmo, quando scorsero in unangolo il gran Poeta circondato da unalegione di pupattole, da un reggimento dipulcinelli. Dal lato dove erano lepupattole si vedeva scritto: Cameradelle pupattole e dall'altro: Senato deiporricinelli.

    Quando i bambini furono tutti aposto, il Poeta prese la parola e disse:"Signori senatori, signore senatoresse, idisgraziati che dovete giudicare sonograndi delinquenti, ogni giornocommettono attentati mostruosi; nonvivono che di rapina e di spoliazioni, ilfurto per essi un'abitudine. Se voi ligraziate, cominceranno di nuovo aspargere il male ed il terrore. Non hanno

  • alcun rispetto per le cose sacre e sirendono responsabili degli atti piimpertinenti e pi sacrileghi contro gliedifici religiosi. In una parola, sono deigrandi scellerati; nondimeno io vipropongo di accordar loro la grazia e divotar l'amnistia. Si conducano qui iprigionieri".

    Fu portato un piccolo oggettoaccuratamente coperto: "Ecco imiserabili, disse il Maestro, i quali nonsi pentono mai del male che fanno;quelli che vogliono perdonarli alzino lamano!"

    Tutti i bambini alzarono le mani.Allora V. Hugo sollevando il velo

    che nascondeva il misterioso oggetto,scopr una gabbia dove erano rinchiusi

  • due poveri passeri, che, spaventati dallaluce improvvisa, si misero a batter leali, ed a cacciar acute strida.

    V. Hugo and alla finestra, l'apr, eprendendo delicatamente i dueprigionieri, di loro la libert, fra gliapplausi del suo incantevole minuscolosenato.

    Poi cominci la distribuzione deigiocattoli, tirando a sorte; alle bimbetoccarono le pupattole, ai bimbi ipulcinelli. In fine V. Hugo esclam: "Viresta un ultimo lotto" e ci dicendomostr un biglietto da cinquecento lire.

    L'ansia crebbe, il piccolo mondoinvoc la buona sorte, ognun persenaturalmente; ma il gran Poeta con un

  • pietoso inganno fece in modo che lasomma toccasse ai poveri.

    Chi volesse saperne di pi intorno aVictor Hugo ed i bimbi legga la mirabileprefazione di Pasquale Borrelli al nostrovolume Leggenda della Bella Baldura.

    ** *Abbiamo voluto narrarvi tutto ci

    per dimostrarvi che, come pei traduttori,cos per gli autori, a noi non piacericorrere al primo venuto, bens ai pigrandi specialisti del genere, a quelliche sanno sul serio divertire ed istruire iragazzi.

    Con questo programma ai volumi gipubblicati seguiranno le novelle delcelebre Grimm, il grande scrittore

  • tedesco, L'ultima Fata del Balzac, INuovi Racconti di Fate e la Bacchettamagica di Madama di Sgur ed altri deipi noti autori di tutti i paesi.

    Daremo anche a Cesare quel che diCesare, evitando il riprovevole uso diattribuire tutti i racconti di fate, sienoessi scritti all'epoca di Omero o a quelladel La Fontaine, da autori russi od...ostrogoti, al Perrault, il quale non ne hascritto che solo undici: otto in prosa etre in versi, e son quelli che noipubblichiamo in questo e nel prossimovolume, che avr per titolo Le Fiabedella Nonna. Abbiamo, per maggiorintelligenza dei nostri piccoli lettori,fatto tradurre in prosa anche i treracconti in versi.

  • Ad ogni autore attribuiremo quindiquello che ha scritto, evitando l'ibridomiscuglio, la grande confusione di cui si or ora discorso ed abituando cos iragazzi all'ordine ed al discernimentodei caratteri e delle forme delle diverseletterature.

    . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .- Basta, basta! - sentiamo gridare da

    tutte le parti. - La finite s o no conquesta inutile cicalata; vogliamo leggerei racconti di Perrault, noi!

    E ci proprio quando ci accorgiamoche chi fa l'altrui mestiere fa la zuppanel paniere. Abbiamo voluto impancarcia scrittori e di tutto si parlato fuorchdi quello che si sarebbe dovuto.Naturalmente voi vi sareste aspettati che

  • vi dicessimo chi era Perrault, inqual'epoca visse, come fu che scrissequesti racconti, e avete ragione.

    Espieremo il fallo parlandovi ditutto ci nel prossimo volume delPerrault, che, come si gi detto, avrper titolo: Le Fiabe della Nonna.

    Ora, tirateci pur le orecchie, che, adifferenza dell'asino di V. Hugo, cosaveramente straordinaria... son piccole!

    Per la Societ Editrice PartenopeaG. G. Rocco.

  • La Bella del BoscoDormiente

    C'era una volta un re e una regina,ch'erano tanto tanto arrabbiati di nonaver figli. Visitarono tutte le acque delmondo: voti, pellegrinaggi, divozionispicciole, tutto inutile. Alla fine per laregina divenne gravida e partor unabambina. Si fece un bel battesimo; sidettero per comari alla principessinatutte le Fate ch'erano in paese (sette sene trovarono), affinch ciascuna lefacesse un dono, come usavano le Fate aquel tempo, e cos la principessina ebbetutte le perfezioni immaginabili.

  • Dopo la cerimonia del battesimo,tutta la brigata torn a palazzo reale,dove un gran festino era preparato per leFate. Davanti a ciascuna fu messo unmagnifico piatto con un astuccio di oromassiccio contenente un cucchiaio, unaforchetta e un coltello di oro fine, ornatidi diamanti e rubini. Ma mentre sipigliava posto a tavola, eccoti entrareuna vecchia Fata, che non era statainvitata, perch da pi di cinquan'anninon usciva dalla Torre, e la si credevaincantata o morta.

    Il re le fece dare un piatto; ma non cifu modo di darle un astuccio d'oromassiccio come alle altre, visto che solosette se n'erano ordinati per le sette Fate.La vecchia si figur che la

  • disprezzassero e brontol frai dentiqualche minaccia. L'ud una giovaneFata che le stava vicino, e pensando chequella avrebbe potuto fare allaprincipessina qualche maleficoincantesimo, s'and a nascondere, subitodopo tavola, dietro una tenda, per essercos l'ultima a parlare e poter ripararealla meglio al male che avrebbe fatto lavecchia.

    Le Fate intanto incominciarono afare i loro doni alla principessa. La pigiovane le promise ch'essa sarebbe lapi bella ragazza del mondo; la secondache avrebbe spirito come un angelo; laterza che avrebbe una graziaimpareggiabile in ogni cosa che facesse;la quarta che ballerebbe a perfezione; la

  • quinta che canterebbe come unusignuolo, e la sesta che sonerebbe ameraviglia ogni sorta di strumenti. Lavecchia Fata, venuta la sua volta, disse,crollando il capo, pi dal dispetto chedalla vecchiaia, che la principessa sibucherebbe la mano con un fuso e nemorrebbe.

    Il terribile presagio fecerabbrividire tutti e non ci fu un solo chenon piangesse. Sbuc in quel punto didietro la tenda la giovane fata, e disseforte queste parole: "Rassicuratevi, re eregina: vero ch'io non ho tanto potereda disfare quel che ha fatto la miaanziana. La principessa avr la manobucata da un fuso; ma invece di morirne,cadr solo in un sonno profondo, che

  • durer cento anni, in capo ai quali ilfiglio di un re verr a svegliarla".

    Il re, per cansare la disgraziaannunziata dalla vecchia fata, fece subitopubblicare un bando col quale siproibiva a chicchessia di filare col fusoo di aver fusi in casa, pena la testa.

    Dopo quindici o sedici anni, ungiorno che il re e la regina erano andatia una loro villa, la giovane principessacorrendo qua e l pel castello epassando da una camera all'altra, montfino in cima ad una torre, in una soffitta,dove una buona donna se ne stava solettaa filar la sua conocchia. La buonavecchia niente sapeva della proibizionedel re. "Che fate, brava donna? domandla principessa. - Filo, bella giovane,

  • rispose la vecchia che non la conosceva.- Ah, che bella cosa! esclam laprincipessa; e com' che fate? Date qua;voglio vedere se son buona anch'io."Detto fatto; e poich era vivace e un po'stordita, ed anche perch cos ordinavala sentenza delle fate, si buc la manocol fuso e cadde svenuta.

    La buona vecchia, moltoimbarazzata, chiama aiuto. Si corre datutte le parti; si spruzza d'acqua la facciadella principessa; la slacciano; lebattono nelle mani; le strofinano letempie con l'acqua della reginad'Ungheria: tutto inutile!

    Allora il re, che era rientrato inpalazzo e che subito accorse al rumore,si ricord della predizione delle fate, e

  • pensando giustamente che la cosadoveva succedere poich le fatel'aveano detto, fece allogare laprincipessa nel pi sontuosoappartamento del palazzo, sopra un lettotutto ricamato d'oro e d'argento. Parevaun angelo, tanto era bella; poich ildeliquio non le avea tolto il vivoincarnato delle guance e il corallo dellelabbra. Solo gli occhi avea chiusi, ma lasi sentiva respirar dolcemente, e cifacea capire che non era morta.

    Ordin che la lasciassero dormire inpace fino al tempo assegnato. La buonaFata che le avea salvato la vitacondannandola a dormir cent'anni,trovavasi nel regno di Matacchino,dodicimila leghe lontano, quando alla

  • principessa capit la disgrazia; ma in unattimo ne fu avvertita da un nano cheavea degli stivali di sette leghe, cio chefacean sette leghe in un sol passo. LaFata part all'istante, e in capo ad un'oraarriv sopra un carro tutto di fuocotirato da dragoni e smont nella cortedel castello. Il re le porse la mano el'aiut a metter piede a terra. Ellaapprov quanto da lui era stato fatto; ma,preveggente com'era, pens che almomento di svegliarsi la principessasarebbe stata molto imbarazzatatrovandosi sola soletta in quel vecchiocastello. Che fare? a che espedientericorrere? In meno di niente, trov.

    Tocc con la sua bacchetta tuttoquanto trovavasi nel castello, fuorch il

  • re e la regina: governanti, dame d'onore,cameriere, gentiluomini, ufficiali,maestri di casa, cuochi, guatteri,galoppini, guardie, svizzeri, paggi,fantini. Tocc anche tutti i cavalli dellescuderie, non che i palafrenieri, i grossimastini della corte, e la piccola Puff, lacagnetta della principessa che le stavaaccanto sul letto. Toccati appena; tutti siaddormentarono per destarsi poi nelpunto stesso della loro padrona, peresser pronti a servirla. Perfino gli spiediche stavano sul fuoco, carichi di fagianie pernici, si addormentarono, e cospure il fuoco. Tutto ci in un momento.Le Fate non andavano per le lunghe.

    Allora il re e la regina, baciata lafiglia loro senza svegliarla, uscirono dal

  • castello e fecero bandire che a chiunqueera proibito avvicinarvisi. Del divietonon c'era bisogno, perch in un quartod'ora, crebbero tutt'in giro al parco tantie tanti alberi grandi e piccoli, tanticespugli e spine ingrovigliati, che nbestie e n uomo vi potean passare; nonsi vedea pi che la cima delle torri delcastello, e anche da molto distante.Certo era pure questo, un colpo dellaFata affinch la principessaaddormentata non fosse disturbata daicuriosi.

    In capo a cent'anni, il figlio d'unregnante di allora, appartenente a unafamiglia diversa da quella dellaprincipessa dormiente, trovandosi acaccia da quelle parti, domand che mai

  • fossero certe torri ch'ei vedeva spuntaredi mezzo a un bosco foltissimo.Ciascuno gli rispose secondo ne aveasentito parlare. Dicevano gli uni chequello era un vecchio castello visitatodagli spiriti; gli altri che tutti gli stregonidel paese vi tenevano il loro sabbato. Lacredenza pi comune era che un orco viabitasse, e che l dentro ci si portassequanti bambini potea prendere permangiarseli a comodo, senza che sipotesse seguirlo, visto che egli soloaveva potere di aprirsi un passaggio nelfolto del bosco.

    Il principe non sapea che pensare,quando un contadino prese la parola egli disse: "Principe, pi di cinquant'annifa, mi diceva mio padre che in quel

  • castello c' una principessa la pi bellache si possa vedere, che vi doveadormire cent'anni e che l'avrebbesvegliata un figlio di re, cui ella eradestinata."

    A questo discorso il giovaneprincipe si fece di fuoco. Credette subitoche toccasse a lui metter fine alla bellaavventura, e spinto dall'amore e dallagloria, deliber di veder all'istante diche si trattasse. Non appena si avanzverso il bosco, tutti quegli alberi, queicespugli, quelle spine, si aprirono da sper dargli il passo. Egli and diritto alcastello che sorgeva in fondo a un granviale: stup un poco per, vedendo chenessuno dei suoi l'aveva seguito, poichgli alberi si erano ricongiunti, appena

  • passato lui. And avanti lo stesso. Ungiovane, principe e innamorato, sempre valoroso. Entr in una ampiaanticorte, dove ogni cosa alla bellaprima era capace di agghiacciarlo dalterrore. Un silenzio terribile; dapertuttol'immagine della morte; corpi distesi diuomini e di bestie che parevano morti. Ilprincipe si avvide nondimeno al nasoimpustolito e alla faccia rossa deglisvizzeri, che questi erano soloaddormentati, e le tazze ancoracontenenti qualche goccia di vinomostravano chiaro che s'eranoaddormentati bevendo.

    Traversa una gran corte lastricata dimarmo. Monta la scala, entra nel salonedelle guardie, e le trova schierate in fila,

  • carabina a spallarme, e russando dellagrossa. Traversa varie sale zeppe didame e gentiluomi che tutti dormivano,chi ritto e chi seduto. Entra infine in unacamera tutta dorata, dove, sopra un lettodalle cortine aperte da ogni lato, vide ilpi bello spettacolo che mai avessevisto, una fanciulla tra i quindici e isedici anni, luminosa, splendida, divina.Si accost ammirato e tremante e les'inginocchi vicino.

    Allora, poich la fine dell'incantoera arrivata, la principessa si svegli, eguardandolo con occhi pi teneri che unprimo incontro non consentisse: "Sietevoi, mio principe? gli disse; quanto visiete fatto aspettare!" Estasiato da questeparole, e pi dal modo con cui eran

  • dette, il principe non sapeva comeattestarle la sua gioia e la riconoscenza.Le giur di amarla pi di s stesso.Parlava imbrogliato epper piaceva dipi: con poca eloquenza e molto amoresi fa molto cammino. Egli era piimbarazzato di lei, il che naturale. Laprincipessa aveva avuto tutto il tempo dipensare alle cose da dirgli; perchsembra (la storia non lo dice per) chela buona Fata, durante il lungo sonno, leprocurava la dolcezza di piacevolisogni. In somma, gi da quattr'ore siparlavano, e non s'erano dette la metdelle cose da dirsi: "Come! bellaprincipessa, esclamava il principeguardandola con occhi che siesprimevano molto meglio delle parole,

  • la sorte amica mi mise al mondo perservirvi? Solo per me cotesti begli occhisi aprirono, e tutti i re della terra, contutta la loro potenza, non avrebberoottenuto quel che io ottenni col mioamore? - S, caro principe, rispose laprincipessa, solo in vedervi io sento chesiam fatti l'uno per l'altra. Voi vedevo,con voi discorrevo, voi amavo, duranteil mio sonno. La Fata mi aveva empito lafantasia dell'immagine vostra. Io gisapevo che l'uomo destinato a toglierl'incanto sarebbe stato pi bellodell'amore, che pi di s stesso miavrebbe amato, e appena comparso, viho subito riconosciuto."

    Intanto tutto il palazzo erasisvegliato con la principessa. Ciascuno

  • pensava al proprio ufficio, e poich nontutti erano innamorati, si morivano dallafame, tant'era che non mangiavano. Ladama di compagnia, non meno degli altriimpaziente, disse forte alla principessache la carne era in tavola. Il principeaiut la principessa ad alzarsi. Era givestita di tutto punto; ma egli si guardbene dal dirle che era vestita come lavecchia nonna e che portava il collettoalto d'una volta. Non per questo erameno bella.

    Passarono in una sala di specchi, ecenarono. Violini ed oboi sonaronomotivi vecchi di cent'anni, ma semprebelli; e, dopo cena, senza perder tempo,il primo grande elemosiniere gl sposnella cappella, e la dama d'onore tir

  • loro le cortine. Dormirono poco. Laprincipessa non ne aveva gran bisogno eil principe la lasci a punta di giorno,per tornarsene in citt, dove il re suopadre dovea stare in pensiero per lui.

    Il principe gli disse di essersisperduto a caccia nel bosco, e di averdormito nella capanna di un carbonaio,che aveagli dato da mangiare pane neroe formaggio. Il re, che era un brav'uomo,gli credette; ma la regina madre non sicapacit, e vedendolo andare ognigiorno a caccia e trovar sempre dellescuse quando aveva dormito fuori due otre notti, sospett di qualche amoretto.Parecchie volte, per farlo discorrere, glidisse che la vita bisogna godersela; maegli non os mai confidarle il segreto: le

  • volea bene ma ne avea paura. Ella era dirazza orca e il re l'avea solo sposataperch ricca a milioni. Susurravasi anziin corte che avesse tutte le inclinazionidegli orchi, e che vedendo passare deibambini, a gran fatica si tratteneva pernon acciuffarli: sicch il principe nientele disse. Durante due anni continu avedere in segreto la cara principessa el'am sempre pi forte. Il mistero gliconserv il gusto d'una prima passione,e tutte le dolcezze dell'imene nonvalsero a scemare gl'impeti dell'amore

    Ma venuto il re a morte, e vistosiegli padrone, dichiar pubblicamente ilmatrimonio, e si rec in gran pompa aprendere la regina sposa nel suo

  • castello. L'entrata nella capitale fu unacosa magnifica.

    Qualche tempo dopo, il re and a farla guerra all'imperatore Cantulabutta,suo vicino. Lasci alla regina madre lareggenza, e molto le raccomand lareginotta, ch'egli pi che mai adorava,dopo averne avuto due figliuoletti, unabambina che chiamavano Aurora e unbambino cui davano il nome di Giorno,a motivo della loro somma bellezza. Ilre doveva passare tutta l'estate allaguerra; e non appena lo vide partito, laregina madre mand la nuora co' bimbi auna casa di campagna nei boschi, peraver pi agio di saziare l'orrenda suavoglia. Vi and pochi giorni dopo edisse una sera al suo maestro di casa:

  • "Mastro Simone, domani a pranzovoglio mangiare la piccola Aurora. -Ah!Maest, esclam il maestro di casa... -Cos voglio" riprese la regina con lavoce di un'orca, che ha la voglia dimangiar carne fresca.

    Il pover'uomo, vedendo che conun'orca, non c' da scherzare, prese ilsuo trinciante, e mont in camera dellapiccola Aurora. La bambina avevaquattro anni, e ridendo e saltando gli sigett al collo e gli domand dei confetti.Egli si mise a piangere e il trinciante glicadde di mano. Se n'and allora gi alpollaio e tagliato il collo a un agnellino,lo cond con una salsa cos gustosa, chela cattiva regina gli giur di non avermai mangiato niente di pi squisito. Nel

  • tempo stesso, portata via la piccolaAurora, il maestro di casa la consegn asua moglie perch la nascondesse nellacasetta da loro occupata in fondo alcortile.

    Otto giorni dopo la cattiva reginadisse al maestro di casa: "MastroSimone, stasera a cena voglio mangiareil piccolo Giorno". Quegli non fiat,deciso di ingannarla come l'altra volta.Se ne and dal piccino, e lo trov con inmano un piccolo fioretto tirando discherma con uno scimmione. Eppure nonaveva che tre anni. Lo port alla moglieche lo nascose con la piccola Aurora, edi in cambio alla cattiva regina uncapretto tenerissimo, ch'ella trovprelibato. Le cose fin qui erano andate

  • lisce; ma una sera, la cattiva reginagrid con voce tremenda: "MastroSimone! mastro Simone!". Egli accorsee si sent dire: "Domani voglio mangiaremia nuora!" Allora s che mastro Simonedisper d'ingannarla. La reginotta avevavent'anni passati, senza contare icent'anni che avea dormito. Avea lapelle un po' dura, bench bella e bianca;e come fare per trovar nella corte unabestia di quell'et! Deliber dunque, peraver salva la vita, di tagliar la gola allareginotta, e mont in camera di lei conl'intenzione di non pensarci su due volte.Entr, cercando di eccitarsi al furore,col pugnale in mano. Non volle perpigliarla alla sprovvista, e con granrispetto le comunic l'ordine ricevuto

  • dalla regina madre. "Fate, fate pure, lediss'ella, porgendo il collo; eseguitel'ordine che vi si dato. Andr arivedere i miei bimbi, i poveri mieibimbi, che tanto ho amato!" Li credevamorti, dopo che glieli avevan tolti senzadirle niente.

    "No, signora, no, rispose il poveromastro Simone, tutto intenerito, voi nonmorrete. Andrete a rivedere i vostri caribimbi, ma in casa mia, dove gli honascosti, ed io inganner ancora unavolta la regina, dandole a mangiare unacervetta in cambio di voi".

    Subito la condusse in casa di suamoglie, dove la lasci ad abbracciare isuoi bimbi e a piangere con essi, e sen'and a cucinar la cervetta che l'orca

  • mangi a cena col medesimo gusto chese fosse stata la reginotta. Eracontentissima della sua crudelt, e sipreparava a dire al re, quando fossetornato, che i lupi arrabbiati aveandivorato la regina consorte e i duepiccini.

    Una sera che gironzava, come alsolito, pei cortili del castello per fiutarequa o l della carne fresca, ud di dentroa una camera a terreno il piccolo Giornoche piangeva perch la mamma lo voleafar frustare per una cattiveria da luicommessa, e ud pure la piccola Aurorache implorava perdono pel fratello.L'orca riconobbe la voce della reginottae dei bimbi, and su tutte le furie perl'inganno patito, e ordin la mattina

  • appresso con quella voce spaventosache tutti facea tremare, che si portassenel bel mezzo del cortile una grandetinozza. Fece poi empir questa di rospi,vipere, bisce e serpenti, perch lareginotta e i bimbi vi fossero gettati, nonche mastro Simone, sua moglie e laserva. Avea dato ordine di menarli tutticon le mani legate dietro la schiena.

    Erano gi sul posto, e i carnefici sipreparavano a gettarli nella tinozza,quando la reginotta domand in graziache almeno le facessero sfogare il suocordoglio; e l'orca, per malvagia chefosse, consent. "Ahim! ahim!proruppe la povera principessa; debbodunque morire cos giovane? vero cheda molto sono al mondo; ma ho dormito

  • cent'anni, e non giusto che questicontino. Che dirai tu, che farai, poveroprincipe, quando tornando qua non tivedrai venire incontro per abbracciartin il piccolo Giorno cos grazioso n lapiccola Aurora cosi carina, quando iostessa non vi sar pi? Se io pango, perte piango; tu ci vendicherai forse, ahim!su te stesso. S, miserabili, che obbeditead un'orca, il re vi far tutti morire afuoco lento."

    L'orca, udite queste parole che eranoassai pi di uno sfogo di cordoglio, urlinvasa dalla rabbia: "Obbedite,carnefici, e si getti all'istante nellatinozza questa ciarliera." Subito siaccostarono i carnefici alla reginotta el'afferrarono per la sottana; ma in quel

  • punto stesso, il re, che non era cospresto aspettato, entr a cavallo nellacorte. Avea viaggiato co' rilievi diposta, e domand stupito che cosasignificava quell'orrendo spettacolo.Nessuno avea coraggio di dirglielo,quando l'orca, arrabbiata di vedere quelche vedeva, si gett da s a capofittonella tinozza, e fu in un attimo divoratadalle sozze bestie che vi aveva fattomettere. Il re ne fu dispiacente; masubito se ne consol con la bella mogliee i figliuoletti.

    Morale cosa assai naturale aspettare un

    po' di tempo per avere uno sposo ricco,valoroso, amabile e buono; ma

  • aspettarlo cent'anni, dormendo sempre,non c' donna oggi che se la senta.

    La favola accenna anche a questoche spesso i dolci vincoli dell'imene nonson meno dolci perch differiti, e che adaspettare non ci si rimette nulla.

    Ma le donne aspirano con tantoardore alle nozze, ch'io non ho forza ncoraggio di predicar loro questa morale.

  • Barbabl

    C'era una volta un uomo, che avea bellecase e belle ville, vasellame d'oro ed'argento, mobili ricamati, carrozze tuttedorate; ma per disgrazia quest'uomoavea la barba bl; e ci lo rendeva cosbrutto e terribile, che non c'era donna oragazza che non scappasse in vederlo.

    Una sua vicina, una gran signora,avea due figlie bellissime. Egli nedomand una in moglie, lasciandole lascelta di dargli questa o quella. Nessunadelle due lo volea, e se lo rimandavanol'una all'altra, non potendo risolversi asposare un uomo con la barba bl.Un'altra cosa le disgustava, ed era

  • ch'egli s'era gi parecchie volteammogliato, n si sapeva che n'eraavvenuto delle diverse mogli.

    Barbabl, per far conoscenza, lecondusse con la mamma, tre o quattrodelle migliori loro amiche e alcunigiovani del vicinato, in una delle sueville, dove si fermarono otto giorniintieri. Passeggiate, partite di caccia e dipesca, balli, festini, banchetti, non sifacea altro. Anzi che dormire, si passavatutta la notte a giocarsi dei tiri, ascherzare; tutto in somma and cos beneche la pi giovane cominci a trovareche il padron di casa non avea la barbatanto bl e che era un uomo propriocome si deve. Tornati appena dalla villa,il matrimonio fu conchiuso.

  • In capo a un mese, Barbabl dissealla moglie di dover fare un viaggio inprovincia, di almeno sei settimane, perun affare di gran momento; si divertissenell'assenza di lui, invitasse le amiche,le menasse se mai in villa, si trattassesempre alla grande. "Ecco, le disse, lechiavi delle due grandi guardarobe, eccoquelle del vasellame d'oro e d'argentoche non si adopera tutti i giorni, eccoquelle dei forzieri dove conservo l'oro el'argento, quelle degli scrigni con legemme, ed ecco il chiavino di tutti gliappartamenti: questa chiavetta qui delgabinetto in fondo alla grande galleriadell'appartamento a terreno: aprite tutto,andate dapertutto: ma, quanto algabinetto, vi proibisco di entrarvi, e

  • tanto ve lo proibisco che se per poco loaprite, non c' nulla che non vi dobbiateaspettare dal mio furore."

    Ella promise di osservare appuntinogli ordini ricevuti; il marito l'abbraccia,monta in carrozza, e via.

    Le vicine e le buone amiche nonaspettarono che si andasse a prenderleper correre dalla giovane sposa, tantoerano impazienti di vedere tutte lericchezze della casa, non avendo osatovenirvi quando c'era il marito, perchaveano paura di quella sua barba bl.Eccole ora a correre, per le camere, perle guardarobe, pei salottini, tutti pibelli e pi ricchi gli uni degli altri.Montate pi su, non si saziavano diammirare la quantit e la bellezza degli

  • arazzi, dei letti, dei canap, deigabinetti, delle mensole, delle tavole,degli specchi dove si potea mirarsi dacapo a piedi, e le cui cornici dicristallo, o di argento, o di metallodorato, erano le pi belle e magnificheche si fossero mai viste. N ristavanodall'esaltare e dall'invidiare le sortedell'amica, la quale per non sidivertiva punto a veder tante ricchezze,a motivo dell'impazienza che la rodevadi andare ad aprire il gabinettodell'appartamento a terreno.

    Tanto la punse la curiosit, che senzabadare alla sconvenienza di piantare inasso la brigata, infil una scalettasegreta, e con tanta furia discese che dueo tre volte fu per rompersi il collo.

  • Arrivata all'uscio del gabinetto, si fermun poco, pensando alla proibizione delmarito e al pericolo delladisobbedienza; ma la tentazione era cosforte che non seppe resistere: prese lachiavettina e apr tremando la porta delgabinetto.

    Sulle prime, non vide niente, perchle finestre eran chiuse; ma dopo un pococominci a distinguere che l'impiantitoera tutto coperto di sangue rappreso, nelquale riflettevansi i corpi di varie donnemorte e attaccate lungo le pareti. (Eranotutte le mogli che Barbabl avevasposato e che avea scannato una dopol'altra). Pi morta che viva, si lasciscappar di mano la chiave del gabinetto,la raccatt, poi, facendo uno sforzo per

  • riaversi, richiuse la porta, scapp incamera sua; ma non c'era verso dicalmarsi, tanto era, sconvolta.

    Not che la chiavetta era macchiatadi sangue, l'asciug due o tre volte, ma ilsangue non se n'andava; per quantolavasse e fregasse con sabbia e pietrapomice, il sangue rimaneva sempre,perch la chiavetta era fatata, n c'eramezzo di pulirla a dovere: quando silevava il sangue da una parte, lo sivedeva uscire dall'altra.

    Barbabl torn la sera stessa dal suoviaggio, e disse che via facendo avearicevuto lettere che gli annunziavanorisoluto a suo vantaggio l'affare per cuiera partito. La moglie fece il possibile

  • per dimostrargli che era pi che contentadi quel pronto ritorno.

    La mattina appresso, egli leridomand le chiavi, e subito indovin,vedendole tremar le mani, tutto quantoera successo. "Come va, disse, che nonc' qui la chiave del gabinetto? - L'avrlasciata di sopra sulla tavola, balbett lapoverina. - Non mancate di darmelasubito" disse Barbabl!

    Dopo varii pretesti, bisogn pureportar la chiave. Barbabl l'osserv edisse alla moglie: "Che questo sanguesulla chiave? - Non ne so nulla, risposela disgraziata, pallida come una morta. -No? non lo sapete? lo so io allora! gridBarbabl. Siete entrata nel gabinetto?Ebbene, signora, ci entrerete di nuovo e

  • prenderete posto accanto alle signoreche avete visto."

    Ella si gett ai piedi del marito,piangendo, chiedendogli perdono, contutti i segni di un vero pentimento pernon avergli obbedito. Bella e afflittacom'era, avrebbe intenerito una rupe; maBarbabl aveva il cuore pi duro d'unarupe. "Bisogna morire, signora, disse esubito.- Se cos che debbo morire,rispose ella guardandolo con gli occhibagnati di lagrime, datemi un po' ditempo per pregar Dio. - Vi do mezzoquarto d'ora, riprese Barbabl, non unminuto di pi."

    Rimasta sola, ella chiam la sorellae le disse: "Sorella Anna, (ch cos sichiamava) monta, ti prego, in cima alla

  • torre per vedere se vengono i mieifratelli: mi promisero di venire oggistesso, e se tu li vedi, fa loro segno chesi affrettino". La sorella Anna mont incima alla torre, e la povera afflitta legridava di tanto in tanto: "Anna, sorellaAnna, vedi venir nessuno? - E la sorellaAnna le rispondeva: "Vedo soltanto ilpolverio del sole e il verdeggiardell'erba."

    Barbabl intanto, con in mano uncoltellaccio, gridava sgolandosi allamoglie: "Scendi presto, o salgo io. -Ancora un momento, di grazia"rispondeva la moglie; e subito chiamavasommesso: "Anna, sorella Anna, vedivenir nessuno?" E la sorella Anna

  • rispondeva: "Vedo soltanto il polveriodel sole e il verdeggiar dell'erba."

    - Scendi presto, gridava Barbabl, osalgo io. - Vengo, vengo, rispondeva lamoglie; e poi tornava a chiamare:"Anna, sorella Anna, vedi venirnessuno? - Vedo, rispose la sorellaAnna, una nuvola di polvere che vieneda questa parte." - Sono i miei fratelli? -Ahim! no, sorella mia: una mandra dipecore. - Non vuoi discendere, eh?urlava Barbabl! - Un altro momento"rispondeva la moglie, e poi chiamava:"Anna, sorella Anna, vedi venirnessuno? - Vedo, rispose la sorella, duecavalieri che vengono da questa parte,ma sono ancora molto lontano. - Sialodato Iddio! esclam l'altra un momento

  • dopo, sono i miei fratelli; far segno perquanto possibile, che si affrettino."

    Barbabl si mise a gridar cos forteche tutta la casa tremava. La poveradonna discese, e gli si gett ai piedipiangente e scarmigliata. "Cotesto nongiova a nulla, disse Barbabl, bisognamorire!" Poi, con una mano acciuffatile icapelli, con l'altra alzando ilcoltellaccio, stava l l per tagliarle latesta. La povera donna, alzandogli inviso gli occhi morenti, lo supplic diaccordarle un momentino perraccogliersi. "No, no! grid egli,raccomandati bene a Dio" e alzando ilbraccio... In quel punto si buss cosforte alla porta che Barbabl si arrestin tronco. Si apr, e si videro subito

  • entrare due cavalieri, i quali, sguainatele spade, corsero addosso a Barbabl.

    Riconobbe questi i fratelli dellamoglie, uno dragone, l'altromoschettiere, e scapp per salvarsi, ma idue fratelli lo inseguirono con tanta furiache gli furon sopra prima che potesseafferrar le scale. Lo passarono da partea parte con le spade e lo lasciaronomorto. La povera moglie era quasi mortaquanto il marito; e non avea forza dialzarsi per abbracciare i fratelli.

    Barbabl non aveva eredi, e cos lamoglie rimase padrona assoluta di tuttele sue ricchezze. Una parte ne impieg amaritare la sorella Anna con un giovanegentiluomo che da gran tempo le volevabene; un'altra parte a comprare due

  • brevetti di Capitano ai fratelli; e il restoa maritarsi lei, con un uomo molto perbene, il quale le fece dimenticare ilbrutto tempo passato in compagnia diBarbabl.

    MoralePer attraente che sia, spesso la

    curiosit costa caro. Ogni giorno sen'hanno degli esempi. , con buona pacedelle donne, un piacere da nulla, che sidilegua non appena soddisfatto.

    Altra MoralePer poco che si abbia senno e si

    sappia decifrare il garbuglio del mondo,si vede subito che questa storia unafiaba dei tempi andati. Un marito costremendo o che voglia l'impossibile nonsi trova pi. Anche scontento e geloso,

  • lo si vede tutto miele con la moglie; e diqualunque colore sia la sua barba, difficile riconoscere chi dei due ilpadrone.

  • Griselda

    A piedi degli alti monti; dai quali il Poscaturisce e si versa per le campagne,viveva un principe giovane e prode, cheera la delizia del suo paese. Il cielo gliavea fatto, fin dalla nascita, ogni donopi raro, come se proprio si trattassed'un gran re.

    Era robusto, svelto, valoroso; amavale arti, la guerra, i grandiosi disegni, leprodezze, la gloria, quella sopratutto direndere felice il suo popolo.

    Un'ombra per oscurava quel belcarattere: in fondo in fondo al suo cuore,pensava il principe che tutte le donnefossero perfide e infedeli; anche la pi

  • virtuosa gli sembrava un'ipocrita, unasuperba, una nemica spietata, sempreansiosa di tiranneggiare l'uomodisgraziato che le capitasse alle mani.

    La pratica del mondo, dove tantisono i mariti schiavi o ingannati,accrebbe ancora quest'odio profondo.Giur dunque il principe, che se pure ilcielo avesse a posta per lui formatoun'altra Lucrezia, mai e poi mai avrebbepreso moglie.

    Cos, dopo avere impiegato lamattina agli affari di stato, protetto idiritti della vedova e dell'orfano,abolito un'antica imposta di guerra, se neandava a caccia il resto del giorno, dovei cignali e gli orsi, per feroci chefossero, gli davano meno fastidio che

  • non avrebbero fatto le donne, da luisempre evitate.

    I sudditi nondimeno, ansiosi diassicurarsi un successore non menobuono di lui, lo premuravano sempreperch s'ammogliasse.

    Un giorno se ne vennero tutti apalazzo per tentare un ultimo sforzo.Prese la parola uno dei pi eloquenti, edisse tutto ci che si pu dire in casisimili: che il popolo era impaziente diveder assicurato un erede al trono; chegi si figurava di scorgere un astronascente, e che questo avrebbe brillatod'una luce senza pari.

    Rispose il principe in modosemplice e piano:

  • "Son lieto e commosso del vostrozelo, che mi prova dell'amore che miportate; e vorrei subito contentarvi, senon pensassi che il matrimonio uncerto affare, in cui la prudenza non maisoverchia. Osservate bene tutte leragazze: finch stanno in famiglia, sonovirtuose, docili, modeste, sincere; maappena maritate, la maschera non servepi, ed eccole mostrarsi nel loro verocarattere. Questa diventa una bigottabrontolona; quella una fraschettaciarliera, sempre in cerca d'amanti; unaterza si atteggia a far la saputa; un'altraancora si d al giuoco, perde danari,gioielli, mobili, vestiti e manda la casain rovina.

  • "In un sol punto, si somigliano tutte,nel volere a tutti i costi dettar la legge.Ora io son convinto che nel matrimonionon si pu esser felici, quando sicomanda in due. Se dunque voi bramatedarmi moglie, trovatemi una fanciullache sia bella, punto superba, nonvanitosa, obbediente, paziente, senzavolont; ed io vi prometto di sposarla."

    Ci detto, il principe balz in sella esi slanci a spron battuto verso lapianura dove i compagni di caccia loaspettavano.

    Traversati campi e sentieri, li trovalla fine che giacevano sull'erba. Tutti sialzano e fanno squillare i corni. Corronoe abbaiano i levrieri; i cani di puntascuotono il guinzaglio e tirano i servi

  • che li tengono a fatica; galoppano enitriscono i cavalli; rintrona la foresta, ein essa si sprofonda e scompare tutta labrillante e rumorosa brigata.

    Fosse caso o destino, il principeprese un sentiero traverso dove nessunolo segui; pi corre, pi si allontana daisuoi, fino a che non sente pi neppure lostrepito dei cani e dei corni.

    Si trov cos in un posto remoto edombroso, qua e l inargentato da uncorso di acqua. Tutto intorno erasilenzio; e mentre egli si lasciava andareall'incanto malinconico del bosco, eccoche una deliziosa apparizione glicolpisce gli occhi e gli fa battere ilcuore.

  • Era una pastorella che guardava ilsuo gregge, standosene in riva d'unruscello e facendo con mano espertagirare il suo fuso.

    Il cuore pi selvaggio ne sarebberimasto invaghito. Bianca come ungiglio, con una bocca infantile, e dueocchi pi azzurri e pi luminosi delfirmamento.

    Il principe, al cospetto di tantabellezza, si avanza turbato; ma alcalpestio la fanciulla si volta,arrossisce, abbassa gli occhi pudica,con una dolcezza, una sincerit, uncandore, di cui il principe credevaincapace il bel sesso.

    Preso da insolito terrore, egli fa unpasso e, pi timido di lei, le dice con

  • voce tremula di aver perduto la tracciadei suoi cacciatori e le chiede se mai gliavesse visti passare pel bosco.

    - Niente apparso in questasolitudine, risponde la fanciulla. Mastate pur tranquillo, vi rimetter io sullavia.

    - Io ringrazio il cielo, dice ilprincipe, della mia sorte. Da moltotempo frequento questi posti, ma fino adoggi ignoravo quel che essi hanno di piprezioso.

    Cos dicendo, si china per attingerenel ruscello un po' d'acqua.

    - Aspettate, signore, dice lapastorella, e correndo verso la suacapanna, prende una tazza e la porge congrazia al cavaliere assetato.

  • I vasi pi preziosi di cristallo e diagata, i pi ricchi di oro e piartisticamente lavorati, non ebbero perlui mai tanta bellezza quanto quel rozzovaso d'argilla.

    Si avviarono insieme, traversaronoboschi, rocce, torrenti. Il principe siguarda intorno, osserva, nota, cercad'imprimersi in mente la via.

    Arrivarono alla fine in una boscagliascura e fresca; e l, di mezzo ai rami,scerse da lontano, in mezzo alla pianura,i tetti dorati del palazzo reale.

    Accomiatatosi dalla sua compagna,si allontan tutto lieto della bellaavventura; ma il giorno appresso si sentvinto dalla noia e dalla tristezza.

  • Non appena gli fu possibile, tornalla caccia, si stacc dagli amici, sicacci nel bosco, e poich ben siricordava tutto il laberinto dei sentieripercorsi, trov senza molta fatica lacasa della pastorella.

    Seppe che si chiamava Griselda, cheviveva sola col padre, che si nudrivanodel latte delle loro pecorelle e che dallalana di queste, da lei filata, si facevano ivestiti.

    Pi la guarda, pi s'innamora ditanta bellezza e di tante virt; sicompiace di aver cos ben collocato isuoi primi affetti e, senza perder tempo,fa convocare il suo consiglio edannunzia di aver trovato una sposa, una

  • ragazza del paese, bella, saggia,bennata.

    La notizia si sparse in un baleno, enon si pu dire con quanta allegrezza fuaccolta. Il pi contento fu l'oratore, cheattribu alla propria eloquenza lariuscita; e subito per tutta la citt si videun curioso spettacolo, perch tutte leragazze fecero a gara per mostrarsipudiche e modeste e attirar cosl'attenzione del principe, i cui gustierano notorii. Tutte mutarono di vestiti edi contegno; tossirono divotamente eraddolcirono la voce; le pettinature siabbassarono di mezzo palmo, i corpettisi abbottonarono fino alla gola; lemaniche si allungarono.

  • Fervevano intanto per la citt ipreparativi per le nozze. Carri scolpiti edorati, palchi, archi trionfali, fuochid'artificio, balli, operette, musiche.

    Arriv alla fine il giorno sospirato.Spuntata appena l'alba rosata, tutte le

    donne della citt furono in piedi; ilpopolo accorre da tutte le parti, leguardie qua e l fanno far largo. Tutta lareggia rintrona di trombe, flauti, fagotti,cornamuse, tamburi.

    Si mostra alfine il principe,circondato dalla sua corte, ed salutatoda un grido unanime di gioia; ma sirimane molto sorpresi nel vedere che,alla prima voltata, egli prende la via delbosco vicino, come tutti i giorni soleafare. "Siamo da capo, si diceva; eccolo

  • che non sa resistere alla passione e tornaa caccia".

    Il principe traversa la pianura, entranel bosco, passa per questo e per quelsentiero, arriva finalmente alla notacapanna.

    Griselda, che avea sentito parlardelle nozze, voleva anch'essa assistereallo spettacolo, e in quel punto stesso,con indosso gli abiti della festa, uscivasulla soglia.

    "Dove correte cos svelta efrettolosa? le disse il principe,guardandola con tenerezza. Fermatevi.Le nozze non si potrebbero fare senza divoi. S, io vi amo, io vi ho scelto framille bellezze per passar con voi il restodella mia vita; se per voi non direte di

  • no. - Ah, signore! esclam ella, tantagloria non per me. Voi voletescherzare. - Tutt'altro. Ho gi parlato avostro padre; non manca che il vostroconsenso. Ma perch fra noi regnicostante la pace, bisogna giurarmi chenon avrete mai altra volont fuor dellamia. - Lo giuro, e ve lo prometto. Seavessi sposato l'ultimo del villaggio,avrei con gioia accettato di esserglischiava; tanto pi con voi, mio signore emio sposo."

    Fissate cos le nozze, fra gli applausidella corte, il principe conduce la sposanella capanna, dove due damigelle lavestono e l'adornano per l'occasione.

    Fulgida di belt e di ricchezza,emerge finalmente la sposa dall'umile

  • abituro ed accolta da un'acclamazioneentusiastica. Si asside maestosa sopra ungran carro di oro ed avorio, il principeprende posto al suo fianco, i cortigianiseguono in folla.

    Tutto il popolo, avvertito dellascelta del sovrano, accorre incontro alcorteo; fa ressa intorno al carro; pocomanca che non distacchi i cavalli. Siarriva alla chiesa; si compie il sacrorito; si scambia la promessa, si chiude lasolenne giornata fra danze, giuochi,corse e tornei.

    Il giorno appresso, tutte le autorit sipresentano a palazzo per congratularsicoi novelli sposi. Griselda, circondatadalle sue dame, serb un contegno davera principessa. Tanto il cielo l'avea

  • favorita d'ingegno e di prudenza, che inbreve acquist i modi di una verasovrana e seppe guidare le sue dameassai pi agevolmente che non avesseguidato altra volta le sue pecorelle.

    Prima che l'anno spirasse, le lietenozze furono benedette dal cielo coldono di una principessina, bella come unamore, che form la delizia dei duegiovani sposi.

    Griselda volle da s nudrir labambina. "No, disse, non sapreiresistere alle grida supplici della miacreatura; non saprei esser madre a metdella bambina che adoro."

    Il principe intanto, sia che fossemeno infiammato dei primi giorni, siache si facesse vincere dai soliti umori

  • maligni, crede di scorgere non so chedoppiezza in tutte le azioni della sposa.La virt di lei gli pare un tranello; ladolcezza un'ipocrisia; ogni buona parolaun artifizio. Guarda, spia, sorveglia,sospetta, tiranneggia; le toglie le vestisfoggiate, gli anelli, le collane, tutti iricchi doni di nozze; la chiude incamera, ed assai se lascia penetrare inquesta un po' di luce.

    "Si vede, pensava Griselda, ch'ei mivuol provare. Accetto volentieri la suacrudelt e la volont del Signore. Pi sisoffre, pi si felici."

    Ma il principe, non checommuoversi a tanta rassegnazione,diventa pi cupo e sospettoso. "Tutti gliaffetti di lei, pensa, son concentrati nella

  • piccina; per questo che non si cura dialtro, ed ogni rigore le indifferente.Per vederci netto, bisogna colpirla inquanto pi le sta a cuore."

    Un giorno che Griselda con la bimbafra le braccia, le dava latte,accarezzandola e sorridendo, il principeentr di sorpresa. "Vedo, disse, che levolete bene; eppure bisogna che ve latolga, per educarla in tempo e perchnon prenda da voi qualche maniera unpo' goffa. Per buona sorte, ho trovatouna dama fra le pi distinte, che leinsegner tutte le virt che unaprincipessa deve avere. Preparatevi,perch tra poco verranno a prenderla."

    Ci detto usc frettoloso.

  • Griselda tace, piega la testa, rattienea stento le lagrime; e quando vedearrivare lo spietato ministro degli ordinisovrani: " forza obbedire" dice. Poi,presa e baciata la bimba, la consegna frale mani di quell'uomo e le pare in quelmomento di strapparsela dal cuore.

    Sorgeva non lontano dalla citt unmonastero, famoso per l'antichit e perla regola austera che vi regnava. Allapia badessa del luogo e alle cure dellesuore fu consegnata la bimba, senzarivelarne la nascita, insieme con moltianelli di gran valore.

    Il principe, che cercava di soffocarei rimorsi negli usati spassi della caccia,avea paura di riveder la moglie, come siavrebbe paura di rivedere una tigre cui

  • fosse stato strappato il tigrotto. Eppurenon trov in lei che dolcezza, buonemaniere, e perfino un affetto sincerocome nei primi giorni della loro unione.A tanta bont, pi acerba sent la puntadel rimorso; ma cedendo ancora unavolta, per debolezza di carattere, aisospetti che lo torturavano, pens didare alla poveretta un novello colpo, evenne un giorno ad annunziarle che labimba, pur troppo, era morta.

    All'improvvisa notizia, poco mancche Griselda non tramortisse; se nonche, visto impallidire il marito, feceforza a se stessa, ingoi le lagrime e nonpens ad altro che a rendergli menoamaro il dolore. Il principe, dal cantosuo, commosso da tanta bont, fu l l

  • per confessare il vero, per dirle che labimba era sempre viva e sana; ma glienemanc il coraggio, e gli sembr forseanche utile di prolungar la provaincominciata.

    Da quel momento, l'affetto dei duesposi crebbe sempre pi, e cos simantenne, senza mai stancarsi unmomento, per quindici anni di fila.

    La principessina intanto cresceva insenno e in ingegno; dalla madre avevaereditato la bont, dal padre il nobilecontegno. Era anche bella come una fata;ed un gentiluomo di corte vistala percaso dietro la grata del convento, se neinvagh perdutamente.

    La principessa, per l'istinto che proprio delle donne, si accorse della

  • simpatia destata; e dopo avere un po'resistito, per convenienza, la ricambicon egual calore.

    Il giovane era bello, valoroso,nobile; e gi da un pezzo il principepensava di darlo in isposo alla figlia. Fudunque lietissimo di sapere che siamavano; ma il capriccio gli venne difar loro comprare a caro prezzo lamaggior felicit della vita.

    "Li contenter, disse, ma bisognerprima che il tormento ne accrescal'amore; eserciter anche, nel tempostesso, la pazienza di mia moglie, nongi per geloso sospetto, ma perchrifulgano agli occhi di tutti la bont dilei, la dolcezza, il senno, tutti i pregi percui la terra dev'esser grata al cielo."

  • Dichiara dunque pubblicamente che,non avendo eredi ed essendo mortal'unica figlia avuta dal suo follematrimonio, ei deve cercare altrovemiglior fortuna; che la sposa scelta d'illustre prosapia e che finora stataeducata in convento.

    Figurarsi come questa notizia suonamara ai due innamorati! In seguito,senza ombra di rammarico, egli annunzialla moglie che era indispensabilesepararsi; che il popolo, indignato de'bassi natali di lei, lo costringe acontrarre pi degne nozze.

    "Ritiratevi, dice nella vostracapanna, dopo aver ripreso le vostrevesti di pastorella."

  • Tranquilla e muta, la principessaascolt la sentenza. Il dolore la rodevadentro, spremendole grosse lagrimedagli occhi, e rendendola pi bella:cos, a primavera, cade la pioggiamentre splende il sole.

    "Voi siete il mio sposo e il miopadrone, rispose con un sospiro, e perterribile che sia la sorte che mi aspetta,vi mostrer che la mia gioia maggiore quella di obbedirvi".

    And in camera sua, si spogli dellericche vesti, riprese in silenzio gli umiliabiti di un tempo, e di nuovo si presental principe, dicendo:

    "Non so staccarmi da voi senza chemi perdoniate i dispiaceri che forse viho dato; posso sopportare la mia

  • miseria, non gi il vostro sdegno. Fatemiquesta grazia, ed io vivr contentanell'umile mia dimora, senza che mai iltempo possa mutare il mio rispetto e ilmio amore per voi."

    Poco manc che tanta sottomissionee tanta magnanimit non rimovessero ilprincipe dal suo proposito. Commosso,quasi piangendo, egli stava sul punto diabbracciarla, quando di botto lacaparbiet la vinse e gli fece dire conasprezza:

    "Del passato non mi ricordo pi.Sono contento di vedervi pentita.Andate!"

    La poverina parte all'istante incompagnia del padre addolorato."Torniamo, dice, ai nostri boschi, alla

  • rozza dimora; lasciamo senza rimpiantoil fasto della reggia. Le nostre capannenon hanno tanta magnificenza, ma vi sitrova l'innocenza, la quiete, il riposo".

    Torna al suo deserto, riprende fuso econocchia e va a filare in riva a quelruscello dove il principe l'avea trovata.Calma, senza rancore, prega di continuoil cielo che colmi lo sposo di gloria, diricchezza, di quanto, possa bramare.

    Ma il caro sposo intanto, volendosempre pi metterla alla prova, lemanda a dire di venire a corte.

    "Griselda, le dice, bisogna che laprincipessa cui domani mi fo sposo siacontenta di voi e di me. Aiutatemidunque. Nessun risparmio, nessunritegno; fate che in ogni cosa si manifesti

  • la grandezza del principe, e di unprincipe innamorato. Mettete tutta l'artevostra ad ornare gli appartamenti di lei;vi regni il fasto, la nettezza, lamagnificenza; pensate che si tratta di unagiovane principessa da me teneramenteamata. Anzi, perch meglio intendiate ivostri doveri, ve la far subitoconoscere."

    Arriv in quel punto la giovanesposa, e parve pi luminosa e sorridentedell'aurora. Griselda, al solo vederla, sisent dentro un impeto di amor materno;si ricord del passato e dei giorni felici."Ahim! pens, la figlia mia, se il cielol'avesse permesso, avrebbe la stessa ete sarebbe forse cos bella".

  • Un affetto vivo, prepotente, la preseper quella fanciulla; e non appena lavide allontanarsi, non pot fare a menodi dire al principe, mossa dall'inconscioistinto materno:

    "Permettete, signore, ch'io vi faccianotare che l'amabile principessa da voiscelta per sposa, cresciuta ed allevatanegli agi e nella porpora, non potrsopportare, senza pericolo della vita, glistessi trattamenti che io m'ebbi da voi.Per me, il bisogno, gli oscuri natali miavevano indurita alle fatiche, sicchpotevo sopportare ogni sorta di male,senza soffrirne e senza dolermi. Ma alei, che non mai conobbe il dolore, laminima parola un po' aspra potrebbe far

  • male. Io ve ne supplico, signore!trattatela con dolcezza".

    "Pensate, ammon severo il principe,a servirmi come potete; non sar maidetto che una semplice pastorella mifaccia la lezione e m'insegni i mieidoveri".

    A queste parole, Griselda, senzaaprir bocca, si ritira.

    Arrivano intanto gl'invitati allenozze; e il principe, in una magnificasala, prima che la funzione incominci,parl loro in questi termini:

    "Nulla al mondo, dopo la speranza, pi ingannevole dell'apparenza, edeccone una prova luminosa. Chi noncrederebbe che la giovane principessa,

  • mia eletta sposa, non sia felice econtenta? Eppure, non cos.

    "Chi non crederebbe che questogiovane guerriero, vago di gloria, nonsia lieto di queste nozze, egli che neitornei riporter vittoria su tutti rivali?Eppure non cos. "Chi non crederebbeche Griselda, giustamente sdegnata, nonpianga e non si disperi? Eppure ella nonsi duole, consente a tutto, e nulla potstancare la sua pazienza.

    "Chi non crederebbe finalmente allafortuna che mi arride, vedendo la graziadi colei che amo? Eppure se le nozze milegassero, io sarei il pi disgraziato fra iprincipi del mondo.

    "L'enigma vi sembra difficile, madue parole ve lo spiegheranno, due

  • parole che faranno dileguare tutte lesventure or ora enumerate.

    "Sappiate che la bella ed amatasposa mia figlia, e che io la do inmoglie a questo giovane signore, chel'ama ardentemente e n' riamato.

    "Sappiate pure che, vivamentecommosso dalla rassegnazione dellasposa fedele da me indegnamentescacciata, io la riprendo, per ripararecol pi fervente amore ai torti che leinflisse la mia crudele gelosia. Sar pistudioso di prevenire ogni suo desiderioche non fui costante a colmarla diamarezze; e se la memoria sar eternadella mirabile rassegnazione di lei,voglio che molto pi si parli della gloriaonde io ne avr coronata la virt".

  • Come ad un improvviso raggio disole che squarci le nuvole nere dellatempesta, s'illumina e ride la campagna,cos in tutti gli occhi si dilegu latristezza, cedendo il posto alla pischietta allegria.

    La principessina si gett alleginocchia del padre e teneramente leabbracci; la rialz il principe e lacondusse dalla madre, cui il soverchiodella gioia toglieva quasi i sensi. Ilcuore, costante e forte contro gli assaltidel dolore, soccombeva ora alla letizia,e la povera Griselda non poteva chepiangere.

    "Basta, disse il principe, sfogheretea miglior tempo gli affetti. Riprendete le

  • vesti regali e solenniziamo le nozze dinostra figlia".

    Si va in chiesa, si scambia fra glisposi la promessa; e subito doposeguono feste, tornei, giuochi, danze,musiche, banchetti. Tutti gli occhi sivolgono a Griselda, tutte le vociesaltano la sua meravigliosa pazienza. Etale e tanta la gioia del popolo, che siarriva perfino a lodare la prova crudeledel principe bisbetico, alla quale sideve il perfetto modello d'una cos bellae rara virt, che tanto aggiunge pregioalla donna.

  • I desideri ridicoli

    C'era una volta un taglialegna, il quale,stanco della vita - cos almeno diceva -avea gran voglia di andarsene al mondodi l. Da che era venuto al mondo, asentir lui, il cielo spietato non avea maivoluto esaudire un solo dei suoi voti.

    Un giorno che cos si lamentava nelbosco, gli comparve Giove con in manoun fulmine. Figurarsi la paura delpover'uomo! "Niente voglio, esclamgettandosi a terra, niente desideri, nientefulmini, e siamo lesti!"

    "Non temere, lo rassicur Giove.Commosso ai tuoi pianti, vengo amostrarti il torto che mi fai. Ascoltami.

  • Io, sovrano del mondo, ti prometto diesaudire i primi tre desideri che tiverranno in mente, quali che essi siano.Pensa a quel che meglio potrebbeformare la tua felicit; ma poich questadipende tutta dai tuoi voti, pensaci beneprima di farli."

    Ci detto, disparve. E il taglialegna,caricatosi il suo fardello, che gli parveora una piuma, se ne torn tutto lieto acasa.

    "Bisogna, diceva cammin facendo,contenersi con giudizio; bisogna anche,vista la importanza del caso, pigliarconsiglio da mia moglie."

    Entrato che fu nella capanna, subitocont ogni cosa.

  • "Ors, disse, facciamo un bel fuoco,cara la mia Gegia. Siamo ricchi oramai,non dobbiamo che desiderare."

    Non a dire se la moglie formassein mente mille e mille progetti; ma,considerato che bisognava agir conprudenza:

    "Biagio, disse, amico mio, nonguastiamo ogni cosa con la nostraimpazienza. Vediamo bene quel che si hada fare, e rimandiamo a domani il nostroprimo desiderio. La notte si sa, portaconsiglio.

    "Ben detto! approv il marito. Maintanto va a spillare un po' di vino didietro a quei fascinotti.

    Arrivato il vino, bevve, si sdraisulla sedia e gustando tutta la dolcezza

  • del riposo, esclam:"Con una bella fiammata come

    questa, ci vorrebbe proprio un metro disalsiccia."

    Non appena dette queste parole,eccoti un lungo capo di salsicciaspuntare da un angolo del cammino eaccostarsi serpeggiando alla moglie.Gett questa un grido; ma pensandosubito che la cosa era dovuta allaimprudenza del marito, si scagli controil pover'uomo con ogni sorta d'ingiurie.

    "Quando si pu avere un regno,disse: oro, perle, diamanti, broccati, tu,bietolone, mi tiri fuori la salsiccia!

    "Ebbene, ho torto, confess Biagio;ho scelto male, ho commesso unmarrone, far meglio un'altra volta.

  • "S, s, aspetta, ribatt la donna,animale che non sei altro!"

    Seccato e irritato di questirimproveri, il marito stette l l perdesiderare di diventar vedovo; e forse,sia detto fra noi, non potea far di meglio.

    "Gli uomini, disse, son davvero natiper soffrire! Maledetta sia la salsiccia ela tua mala grazia! Piacesse al cielo,brutta strega, che ti pendesse alla puntadel naso!"

    La preghiera fu all'istante esaudita.Detto fatto, il metro di salsiccias'attacc al naso di Gegia. La poverinanon era brutta, e per dir la veritquell'ornamento non faceva buon effetto,meno questo che scendendole penzolonisulla bocca gliela chiudeva a tutti i

  • momenti, impedendole di parlare: granfortuna per un marito!

    Potrei benissimo, diceva Biagio fras, per ricattarmi di questa disgrazia, colterzo desiderio che mi avanza farmi readdirittura... Ma bisogna anche pensarealla bella figura che mi farebbe laregina, assisa in trono con un metro disalsiccia attaccata al naso. Sentiamo ilsuo parere: se pi le piace di diventareuna sovrana con quel po' po' di naso, oinvece rimaner contadina con un nasocome l'hanno tutti"

    Esanimato bene il caso, e benchsapesse quel che valga uno scettro e chequando si coronati si ha sempre unnaso ben fatto, Gegia decise di

  • conservare la sua cuffiona, piuttosto cheesser regina e brutta.

    E cos il taglialegna non divenne npotentato n ricco; e fu ben felice digiovarsi del terzo desiderio che gliavanzava, perch la moglie tornasse adessere quel che era.

    Tanto vero che non tocca agliuomini, miseri come sono, ciechi,imprudenti, malevoli, formar deidesideri; e che pochi fra essi son capacidi ben giovarsi dei doni largiti loro dalcielo.

  • Il Gatto stivalato

    Ai tre figli che aveva un mugnaio nonlasci altro che un mulino, un somaro eun gatto. La divisione fu presto fattasenza bisogno di notaio o procuratore,che s'avrebbero mangiato essi tutto ilmisero patrimonio. Il maggiore ebbe ilmulino, il secondo l'asino, e l'ultimo ilgatto. Non si consolava questi che glifosse toccata una cos magra porzione. "Imiei fratelli, diceva, potranno,mettendosi insieme, guadagnarsionestamente la vita; per me, mangiatoche avr il gatto e fattomi della sua pelleun manicotto, bisogner che muoia difame"

  • Il Gatto, che ud queste parole senzaper farne le viste, gli disse in tonoserio e posato: "Non vi affliggete,padroncino mio, datemi solo un sacco efatemi far un par di stivali per andarnelle macchie, e vedrete che la vostrasorte non poi tanto cattiva quantocredete."

    Bench poco ci contasse, il padronedel Gatto non disper di cavarne uncerto aiuto, tante bravure gli avea vistofare per chiappar sorci e topi, orasospendendosi per le zampe di dietroora facendo il morto sulla farina.

    Avuto il fatto suo, il Gatto s'infil glistivali, si mise in collo il sacco, neafferr i cordoni con le zampe davanti ese n'and in una conigliera dove i

  • conigli abbondavano. Emp il sacco dicrusca e di cicerbite, e stendendosicome se fosse morto, aspett chequalche giovane coniglio, poco espertodelle malizie di questo mondo,s'insinuasse nel sacco per mangiarviquel che vi avea messo.

    Coricatosi appena, il colpo fu fatto;uno storditello di coniglio entr nelsacco, e mastro Gatto strinse subito icordoni, lo prese e lo uccise senzamisericordia.

    Tutto glorioso della preda, se n'anddal re e domand udienza. Lo feceromontare agli appartamenti di SuaMaest, e l, fatto al Re un profondoinchino, disse il Gatto: "Ecco, Maest,un coniglio di conigliera che il sig.

  • marchese di Carabas (cos gli venne intesta di chiamare il suo padroncino) miha incaricato di presentarvi. - Dirai altuo padrone, rispose il Re, che delregalo son molto compiaciuto e loringrazio."

    Un'altra volta, and a nascondersi inun campo di frumento, tenendo sempre ilsacco aperto, e quando due pernici vifurono entrate, tir i cordoni e le presetutt'e due.

    Poi se n'and dal Re, e gliele offrcome avea fatto dei conigli. Il Reaccett volentieri le due pernici e glifece dare una mancia.

    Per due o tre mesi continu il Gattoa portare al Re di tanto in tanto un po' dicaccia da parte del suo padrone. Saputo

  • un giorno che il Re doveva andar aspasso in riva al fiume, insieme con lafiglia, che era la pi bella principessa diquesto mondo, disse al suo padroncino:"Se mi date retta, la vostra fortuna fatta: non avete che a fare un bagno nelfiume, in un posto che io vi indicher, epoi lasciate fare a me."

    Il marchese di Carabas segu ilconsiglio del Gatto, senza indovinare ache potesse servire. Mentre faceva ilbagno, si trov a passare il Re, e ilGatto si di a gridare con quanta neaveva in gola: "Aiuto! aiuto! il marchesedi Carabas annega!" A quel grido il Resi affacci allo sportello, riconobbe ilGatto che tante volte gli avea portatodella caccia, e ordin alle sue guardie di

  • accorrere subito in aiuto del marchese diCarabas.

    Mentre tiravan fuori dall'acqua ilmarchese di Carabas, il Gatto siavvicin alla carrozza e disse al Re chedue ladri erano venuti ed avean portatovia i vestiti del marchese, per quantoegli si sgolasse a gridare al ladro! Ilfurbaccio gli avea nascosti sotto unagrossa pietra.

    Il Re ordin subito agli ufficialidella guardaroba di andare a prendere ilpi sfarzoso vestito che vi fosse pel sig.marchese di Carabas. A lui stesso fece ilRe mille gentilezze, e poich i bei vestitirialzavano la bella figura del giovane, lafiglia del Re lo trov molto di suo gustoe non appena il marchese di Carabas le

  • ebbe rivolto due o tre occhiaterispettose ma un po' tenere, se neinnamor fino alla follia.

    Il Re se lo fece montare in carozza elo volle compagno della passeggiata. IlGatto, tutto lieto di veder riuscire ilpiano architettato, si di a fare ilbattistrada e avendo visto dei contadiniche falciavano un prato, disse loro:"Buona gente che falciate, se voi nondite al Re che questo campo appartieneal signor marchese di Carabas, saretetrinciati e tritati come la carne per lesalsicce."

    Non manc il Re di domandare aifalciatori a chi apparteneva quel pratoche falciavano. "Al signor marchese diCarabas, risposero tutti ad una voce,

  • tanto avevano avuto paura dellaminaccia del Gatto.

    "Avete cost una bella eredit, disseil Re al marchese di Carabas. - Voivedete, Maest, rispose il marchese, un prato che tutti gli anni mi d unreddito abbondante."

    Mastro Gatto, che correva sempreavanti, incontr dei mietitori e disseloro: "Buona gente che mietete, se voinon dite che tutto questo frumentoappartiene al signor marchese diCarabas, sarete trinciati e tritati comecarne di salsicce" Il Re, che passsubito dopo, volle sapere di chi fossetutto quel frumento" Del signor marchesedi Carabas risposero i mietitori, e ilRe se ne rallegr di nuovo col marchese.

  • Il Gatto che precedeva sempre, ripetevala stessa storia con quanti incontrava; eil Re stupiva dei grandi possedimentidel signor marchese di Carabas.

    Mastro Gatto arriv finalmente ad unbel castello, il cui padrone era un Orco,il pi ricco che mai fosse; poich tutte leterre gi dal Re attraversatedipendevano da quel castello.Informatosi di quel che fosse cotest'Orcoe di quanto sapesse fare, il Gattodomand di parlargli, dicendo che nonavea voluto passare cos vicino al suocastello senza aver l'onore di fargliriverenza.

    L'Orco lo accolse con tuttaquell'affabilit di cui un Orco capace elo fece riposare.

  • "Mi si dato ad intendere, disse ilGatto, che voi avete il dono di mutarviin qualunque sorta di animale, chepotete, per esempio, diventar leone oelefante. - vero, rispose burberol'Orco, e per dimostrarvelo, adessovedrete come mi trasformo in leone." IlGatto fu cos spaventato di vedersidavanti un leone, che spicc un salto finsulle grondaie, non senza fatica epericolo, a motivo degli stivali che nonerano buoni per camminar sui tetti.

    Qualche tempo dopo, vistogli mutarforma il Gatto ridiscese e confess diavere avuto una gran paura. "Mi hannopure assicurato, disse, ma io non cicredo, che voi potete anche prender laforma dei pi piccoli animali, di

  • cambiarvi per esempio in topo o sorcio:vi confesso per che la cosa mi pareimpossibile. - Impossibile? esclaml'Orco, adesso vi fo vedere." E dettofatto si mut in un topolino, che si di acorrere sul pavimento. Subito il Gattogli salt addosso e ne fece un boccone.

    Il Re intanto, passando pel castellodell'Orco, volle entrarvi. Il Gatto cheud il rumore della carrozza sul pontelevatoio, corse incontro e disse al Re:"Benvenuta, Maest, nel castello delsignor marchese di Carabas! - Come,signor marchese! esclam il Re, anchequesto castello vostro? Niente puesser pi bello di questo cortile e ditutte le fabbriche circostanti. Vediamonel'interno, di grazia."

  • Il marchese di la mano allaprincipessina, e, tenendo dietro al Reche saliva, entrarono in un'ampia saladove trovarono una lauta colazione chel'Orco avea fatto preparare per certisuoi amici, che doveano venire quelgiorno stesso, ma che non aveano osatoentrare, sapendo della presenza del Re.Ammaliato dalle buone qualit delmarchese di Carabas, come gi laprincipessina ne andava matta, evedendo i molti beni da lui posseduti, ilRe gli disse, dopo aver bevuto cinque osei bicchieri di vino: "Sol che vogliate,signor marchese, voi potete divenir miogenero". Il Marchese, facendo inchinisopra inchini, accett l'onore che il Regli faceva, e quel giorno stesso si spos

  • la principessa. Il Gatto divenne gransignore, e non corse pi dietro i topi cheper solo passatempo.

    MoraleChecch valga una ricca eredit che

    ci venga di padre in figlio, valgono assaipi pei giovani l'industria e l'accortezza.

    Altra moralitSe il figlio d'un mugnaio conquista

    cos presto il cuore d'una principessa esi fa guardar da lei con languideocchiate, gli che il vestito, l'aspetto ela giovinezza non son mezzi di pococonto per inspirare una tenera simpatia.

  • Le Fate

    C'era una volta una vedova, che avevadue figlie: la prima tanto le somigliavanel viso e nel carattere, che veder lei ela mamma era tutt'una cosa. Erano tutt'edue cos intrattabili e superbe che nonera possibile viverci insieme. Laseconda invece, che per dolcezza ecivilt era tutto il babbo, era anche lapi bella ragazza che si potesse vedere.E poich naturalmente si vuol bene a chici somiglia, la mamma farneticava per laprima e non potea soffrire la seconda,facendola mangiare in cucina e lavorarea tutto spiano.

  • Fra le altre cose le toccava allapovera ragazza andar due o tre volte algiorno ad attingere l'acqua due miglialontano di casa, e riportarne piena unabrocca. Un giorno, mentre stava allafontana, le si accost una povera donnache la preg di darle a bere. "Volentieri,buona donna, disse la bella fanciulla erisciacquata l per l la brocca, attinsel'acqua nel posto pi limpido dellafontana, e gliela porse, reggendo semprela brocca, perch bevesse meglio.Bevuto che ebbe, la buona donna ledisse: "Voi siete cos bella, cos buona,cos affabile, che non posso fare a menodi farvi un regalo, (perch era una Fatatrasformatasi in una povera donna divillaggio, per vedere a che punto

  • arrivasse l'affabilit della ragazza). E viconcedo il dono, che ad ogni parola chedirete, vi uscir di bocca o un fiore ouna pietra preziosa".

    Arrivata a casa la bella fanciulla, fusgridata dalla mamma per essere tornatacos tardi dalla fontana. "Vi domandoscusa, mamma, disse la poverina, se hoindugiato un po' soverchio"; epronunciando queste parole le uscivanodi bocca due rose, due perle e duegrossi diamanti. "Che vedo! esclamstupita la mamma; le escono di bocca,mi pare, perle e diamanti. Com' questo,figlia mia?" (Era la prima volta che lachiamava figlia). La povera ragazzaingenuamente le narr quanto le erasuccesso, e tutto il racconto fu anch'esso

  • una pioggia di diamanti. "In verit, dissela mamma, bisogner che vi mandi miafiglia. Guarda, Fanchon, guarda quel cheesce di bocca a tua sorella quando parla.Non ti piacerebbe anche a te di averequel dono? Ebbene, va alla fontana perattingere acqua, e quando una poveradonna ti domander da bere, porgileaffabilmente la brocca. - Bella figurafarei davvero, rispose quella di malagrazia, andando alla fontana! - Voglioche ci vada e subito," - ordin lamamma.

    Obbed la figlia, ma semprebrontolando. Prese con s il pi belvaso d'argento che fosse in casa.Arrivata appena alla fontana, eccotisortir dal bosco una signora

  • magnificamente vestita, che le si accostpregandola di un sorso d'acqua. Era lastessa Fata comparsa alla sorella, mache avea preso figura e vesti daprincipessa per vedere a che puntogiungesse la ruvidezza di quella ragazza."O che vi pare ch'io sia venuta qui perdar da bere a voi? rispose con superbiala screanzata. Che abbia portato a postaper la signora un vaso d'argento? Sevolete bere, accomodatevi pure. - Sietepoco gentile, disse la Fata senza andarein collera; ebbene, vi fo il dono chemerita la vostra sgarbatezza: ad ogniparola che direte vi uscir di bocca unrospo o una serpe."

    Appena l'ebbe vista di lontano, lamamma le grid: "Ebbene, figliuola

  • mia? - Ebbene, rispose la burbera,vomitando due vipere e due rospi. - Ohcielo! esclam la mamma, che vedo! tutta colpa della sorella, e me lapagher". E cos dicendo, corse perbatterla. La povera ragazza scapp eand a rifugiarsi nel bosco vicino.S'imbatt in lei il figlio del re, chetornava dalla caccia, e vedendola cosbella, le domand che facesse l solasola e perch piangeva. "Ahim!signore, gli che la mamma mi hascacciata di casa". Il figlio del re che levide uscir di bocca sei perle e seidiamanti, la,preg di dirgli dondevenisse quel dono.

    Ella gli narr ogni cosa. Il figlio delre se, ne innamor, e considerando che

  • un dono simile valeva assai pi diqualunque pi ricca dote, la condusse alpalazzo del Re suo padre, e la spos.

    Quanto alla sorella, tanto si feceprendere in uggia, che la mamma lascacci; e la disgraziata, dopo avermolto camminato senza trovare un cane,che la ricevesse, and a morire sulmargine d'un bosco.

    MoraleDiamanti e monete d'oro hanno sugli

    animi un gran potere; ma le parolecortesi hanno assai pi forza e valore.

    Altra moraleLa cortesia costa un po' di studio e

    di tolleranza; ma prima o dopo ha il suocompenso, spesso anzi quando meno cisi pensa.

  • Ricchetto dal ciuffo

    C'era una volta una regina, la quale miseal mondo un figlio, cos brutto e malfatto che si stent un pezzo a crederlo unessere umano. Una Fata, presente allanascita, assicur nondimeno che ilbambino sarebbe stato amabile lostesso, visto che avrebbe avuto moltospirito; soggiunse anzi che in virt deldono da lei fattole, egli avrebbe potutocomunicare tutto il proprio spirito allapersona che avesse amato.

    Tutto ci consol la povera regina,che era desolata per aver dato alla luceun cos sconcio marmocchio. Vero cheil bambino non appena incominci a

  • parlare, disse mille cose graziose, conquesto di pi che aveva in tutti i suoimodi non so che di spiritoso, che tuttin'erano incantati. Dimenticavo direch'egli era nato con un ciuffettino sullatesta, ond' che lo chiamavano Ricchettodal ciuffo, essendo Ricchetto il nomesuo di famiglia.

    In capo a sette, otto anni, la reginad'un regno vicino partor due bambine.La prima era pi bella del giorno, e laregina n'ebbe tanta contentezza che sitemette per la sua salute. La stessa Fata,che aveva assistito alla nascita delpiccolo Ricchetto dal ciuffo, erapresente, e per moderare la gioia dellaregina, dichiar a questa che laprincipessina non avrebbe avuto punto

  • spirito e che sarebbe stata sciocca perquanto bella. La regina ne fu mortificata;ma, pochi momenti dopo un maggiordolore le tocc, poich la seconda figliasi trov che era brutta all'eccesso. "Nonvi affliggete tanto, signora, le disse laFata; vostra figlia sar compensata perun altro verso, e tanto spirito avr chesar quasi impossibile accorgersidell'assenza di bellezza in lei. - Dio lovoglia, esclam la regina; ma non cisarebbe mezzo di fare avere un tantinodi spirito alla sorella maggiore, che cos bella? - Per lei, signora, nullaposso io per quanto riguarda lo spirito,rispose la Fata; ma tutto posso quanto abellezza; e poich per farvi contenta sonpronta a fare qualunque cosa, le dar per

  • dono di poter rendere bello o bella lapersona che le andr a genio".

    Via via che si facevan grandi le dueprincipessine, crescevan anche i loropregi, sicch si discorreva da per tuttodella bellezza della prima e dello spiritodella seconda. Vero che anche i difetticrebbero con l'et. La seconda diventavasempre pi brutta, la prima sempre pisciocca: o non rispondeva a chil'interrogava o diceva una scempiaggine.Era inoltre cos goffa, che non riusciva aposare quattro porcellane sul marmod'un caminetto senza romperne una, n abere un bicchier d'acqua senzaversarsene la met sui vestiti.

    Bench la bellezza sia un granvantaggio in una giovanetta, la brutta

  • faceva sempre miglior figura dellasorella nelle brigate. A primo tratto siandava verso la bella per vederla eammirarla; ma subito dopo si correva daquella che aveva pi spirito, per udiredalla sua bocca mille cose graziose;sicch in meno d'un quarto d'ora lagrande non aveva intorno a s animaviva, l'altra invece era circondata datutte le parti. Stupida com'era, la grandese n'avvide, e avrebbe dato volentieritutta la sua bellezza per avere met dellospirito della sorella. La regina, perquanto fosse prudente, non pot fare ameno di rimproverare parecchie volte lasua sciocchezza, il che poco manc nonfacesse morir di dolore la poverina.

    *

  • * *Un giorno essendosi rifugiata in un

    bosco per piangere la sua disgrazia, sivide venire incontro un omicciattolodeforme, ma sfarzosamente vestito. Erail giovine principe Ricchetto dal ciuffo,che s'era innamorato di lei avendonevisto i ritratti sparsi per tutto il mondo,ed avea perci lasciato il regno paternoper avere il piacere di vederla eparlarle. Tutto lieto di trovarla sola, lesi avvicin con tutto il rispetto e lagentilezza immaginabili. Poi vistala cosmalinconica, le disse, dopo i consueticomplimenti: "Non capisco, signorina,come mai una cos bella fanciulla possaessere cos triste; perch infatti, benchio possa vantarmi di aver visto migliaia

  • di bellezze, nessuna, vi assicuro,nemmeno alla lontana, paragonabile avoi". Bont vostra, signore, rispose laprincipessa, e non disse altro. - Labellezza, riprese Ricchetto, tal pregioche vale tutto il resto; e quando la si ha,non so vedere come ci si possaaffliggere. - Preferirei, disse laprincipessa, esser brutta come voi eaver dello spirito, all'esser bella estupida come sono. - Il pi sicuroindizio di spirito la persuasione di nonaverne, signorina; pi se ne ha, pi sicrede di mancarne. - Cotesto non lo so,disse la principessa; so bene invece diessere molto stupida, e da ci deriva ildolore che mi uccide. - Se non chequesto, signorina, io posso facilmente

  • far cessare le vostre pene. - E comefarete? esclam la principessa. - Io ho ilpotere, signorina, disse Ricchetto dalciuffo, di dare tutto lo spirito possibile eimmaginabile alla persona da me amata;e poich questa persona siete propriovoi, signorina, da voi solo dipende averquanto spirito volete, purchacconsentiate a sposarmi".

    La principessa rimase interdetta enon rispose. "Vedo, riprese a direRicchetto, che la proposta vi dispiace,n gi ne stupisco; ma vi do un annointiero per risolvervi". La principessa,sciocchina com'era e smaniosa didiventare intelligente, si figur che lafine di quell'anno non dovesse maiarrivare; di tal che accett la proposta.

  • Non appena ebbe promesso a Ricchettodal ciuffo di sposarlo in capo a un anno,il tal giorno, che si sent subitotutt'un'altra persona; diceva con granfacilit tutto ci che le piacesse, e lodiceva con grazia, con naturalezza, condisinvoltura. Cominci in quello stessomomento una conversazione galante evivace con Ricchetto dal ciuffo, nellaquale tanto brill che Ricchetto pens diaverle dato pi spirito di quanto se nefosse serbato per s.

    Tornata che fu al palazzo, tutta laCorte non sapea che pensaredell'improvviso e straordinariomutamento; poich per quanteimpertinenze avevano udito prima dallabocca di lei, per altrettanto ne

  • ammiravano ora le parole assennate espiritose. Tutta la corte n'ebbe una gioiada non si dire; solo la sorella minorenon ne fu molto allegra, poich, nonavendo pi il vantaggio dello spirito,non pareva pi a fianco di lei che unabertuccia tutt'altro che simpatica.

    Il re la consultava ad ogni poco, equalche volta perfino teneva consiglionell'appartamento di lei. Alla fama delmutamento avvenuto, tutti i giovaniprincipi dei regni vicini fecero ognisforzo per farsi amare dalla principessa,e quasi tutti ne chiesero la mano; ma ellanon ne trovava alcuno che avesse spiritoabbastanza, e mentre a tutti dava retta,con nessuno s'impegnava. Ne arriv allafine uno cos potente, ricco, spiritoso,

  • ben fatto, che la principessa non potfare a meno di guardarlo di buon occhio.Accortosene il padre, le disse che lalasciava libera di scegliersi uno sposo.Ma poich, quanto pi si ha spirito tantopi si dura fatica a prendere una fermarisoluzione in simili faccende, laprincipessa, dopo aver ringraziato ilpadre, domand un po' di tempo perpensare.

    Se n'and per caso a passeggiarenello stesso bosco dove s'era imbattutain Ricchetto dal ciuffo, per meditare picomodamente sul da fare. Mentrepasseggiava immersa nei suoi pensieri,ud sotto i piedi un rumor cupo, comeuno scalpicco di gente affaccendata.Stette in ascolto e sent una voce che

  • diceva: "Portami cotesta pentola". Eun'altra: "Dammi cotesta caldaia". Eun'altra ancora: "Metti legna al fuoco".Nel punto stesso si apr la terra, ed ellavide in gi come una grande cucinapiena di guatteri, cuochi, servi,rosticcieri. Venti o trenta di questiandarono a prendere posto in un vialedel bosco intorno ad un tavolone, e l,con in mano il lardatoio e la coda divolpe sull'orecchio, si misero a lavorarein cadenza al suono di un'armoniosacanzone.

    Stupita a quello spettacolo, laprincipessa domand per chilavorassero. "Lavoriamo, rispose quelloche pareva il capo della banda, per ilprincipe Ricchetto dal ciuffo, le cui

  • nozze si faranno domani". Laprincipessa, ancor pi sorpresa diprima, si ramment di botto che proprioil giorno appresso scadeva il terminedella promessa fatta a Ricchetto dalciuffo. Se n'era scordata, perch nelmomento di farla era una sciocchina; epoi divenuta intelligente per opera evirt del principe, s'era scordata di tuttele sue sciocchezze.

    Non aveva fatto una trentina di passiseguitando la sua passeggiata, quandoecco le si presenta Ricchetto dal ciuffo,ardito, magnifico, come un principe chevada a nozze. "Eccomi, signorina, ledisse, puntuale a mantener la parola, eson sicuro che voi siete qui per mantenerla vostra, rendendomi col dono della

  • vostra mano il pi felice degli uomini. -Francamente vi confesser, rispose laprincipessa, che una decisione non l'hoancora presa, n credo che la prendermai quale voi la desiderate. - Voi mi fatestupire, signorina, esclam Ricchetto dalCiuffo. - Lo credo, disse la principessa,e certo, se avessi da fare con un uomobrutale, senza spirito, mi troverei moltoimbarazzata. La parola di unaprincipessa sacra, egli mi direbbe, ebisogna che voi mi sposiate comeprometteste; ma siccome la persona acui parlo la pi intelligente che sia almondo, io son sicura che sar ancheragionevole. Voi sapete che, da scioccaqual'ero, io non mi risolvevo a sposarvi;come volete ora, dopo avermi dato tanto

  • spirito da rendermi assai pi meticolosadi prima, ch'io prenda oggi unarisoluzione che non potei prendereallora? Se voi pensavate sul serio asposarmi, aveste molto torto a guarirmidella mia grulleria e di farmi veder pichiaro che prima non vedessi. - Se unuomo senza spirito, rispose Ricchetto,avrebbe motivo, come voi dite, dirinfacciarvi la mancanza di parola,perch volete, o signorina, ch'io nonfaccia lo stesso in un fatto in cui tutta lafelicit della mia vita in giuoco? Vipar giusto che le persone dotated'intelligenza siano poste in condizioneinferiore di quelle che non ne hanno? epotete voi pretender questo, voi chetanto ne avete e tanto sospiraste per

  • averne? Ma veniamo al