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CGIL • SPI • FONDAZIONE DI VITTORIO Ottavo rapporto sulla contrattazione sociale territoriale ..................................................................................................... IB-ContrattSociale.qxp_ok 09/11/17 12:10 Pagina 1

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CGIL • SPI • FONDAZIONE DI VITTORIO

Ottavo rapporto sulla contrattazionesociale territoriale.....................................................................................................

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uPRESENTAZIONE 3

uINTRODUZIONE • L’AZIONE DEL SINDACATO 5 TRA CRITICITÀ SOCIALI E CAMBIAMENTO TERRITORIALE

uPARTE PRIMA • LA CONTRATTAZIONE SOCIALE NEL 2016 9

u I dati e il profilo generale della contrattazione sociale 9t Tipologia dei documenti 10t Livello territoriale 12t Andamento nel corso dell’anno 13t Parti coinvolte 14

u Le differenze territoriali della contrattazione sociale 16u I destinatari di iniziative e misure della contrattazione sociale 20

t La presenza dei destinatari negli accordi 20t I destinatari e le misure contrattate 21

u Schede tematiche: misure, progetti, interventi 28t Contrasto della povertà 28t Politiche per l’infanzia 31t Fiscalità locale 33t Immigrazione 35t Politiche abitative 37t Appalti 39

u La contrattazione sociale nei temi di accordo 41t Le aree tematiche principali 41t Processo negoziale, coinvolgimento, partecipazione 45t Pubblica amministrazione e governance territoriale 46t Sistema dei servizi e delle prestazioni 47t Fiscalità locale 48t Diritti, pari opportunità, integrazione 50t Socialità, cultura, benessere 51

uPARTE SECONDA • POLITICHE DI CONTRASTO DELLA POVERTÀ: 53 POLICY, SCELTE, VALORI

u Il Rei e l’attivazione. Alcune questioni aperte 53di Elena Granaglia

u Sostegno al reddito e sostegno all’occupazione: 58due obiettivi non in contrapposizionedi Chiara Saraceno

u Seminario Cgil sulla contrattazione sociale (Roma, 26 e 27 ottobre 2017) 62t Roberto Ghiselli 62t Ivan Pedretti 71t Susanna Camusso 74

uAPPENDICE • LA CONTRATTAZIONE SOCIALE 2016. LE TEMATICHE 81

Il coordinamento e l’impostazione del rapporto si devono a: Maria Guidotti, Cgil nazionale,responsabile del coordinamento dell’Ocs; Cesare Caiazza, Cgil nazionale; Bruno Pierozzi, Spi Cgil nazionale; Roberto Battaglia, Spi Cgil nazionale; Beppe De Sario, ricercatore Fondazione Di Vittorio.

Il nostro ringraziamento va a tutti i responsabili Cgil e Spi regionali e territoriali, senza la cui attività di contrattazione e di alimentazione dell’Osservatorio questo lavoro non sarebbe stato possibile

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INDICE

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OTTAVO RAPPORTO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE TERRITORIALE 3

L’attività dell’Osservatorio sulla contrattazione sociale Cgile Spi si avvicina ai dieci anni, e raggiunge l’obiettivo della pubbli-cazione dell’Ottavo rapporto sulla contrattazione sociale terri-

toriale. L’appuntamento con il rapporto annuale è ovviamente al centrodelle iniziative; il suo valore è garantito dal consolidamento quantitativodell’archivio e dall’affinamento del lavoro statistico e interpretativo sulletendenze della contrattazione. In ogni caso non si attenua l’esigenza di in-trecciare il lavoro dell’Osservatorio ai bisogni dell’organizzazione (conte-nuti utili alla pratica negoziale, materiali per la formazione, etc.). Peraltroquest’anno il rapporto presenta una struttura parzialmente rinnovata, perfornire all’intera Cgil e ai “contrattualisti del sociale” alcuni spunti sia dimetodo sia di merito per la quotidiana attività negoziale che li coinvolge. Dopo le pagine dedicate ai caratteri generali della contrattazione socialedel 2016, difatti, segue il capitolo rivolto all’approfondimento del profilodei destinatari, utile anche per soffermarsi sui pieni e sui vuoti, sull’innova-zione ma anche sui limiti con i quali sono trattati i bisogni e le caratteristi-che dei beneficiari della contrattazione. A questo affondo sui soggetti silega il capitolo successivo, dedicato ad alcune schede tematiche che met-tono in luce e analizzano le soluzioni contrattate, i loro nodi problematicie le pratiche da valorizzare.Il dettaglio quantitativo sulle tematiche negoziate conclude la Parte I delrapporto, presentato con una formula nuova rispetto al passato: aggre-gando voci tematiche e interventi affini e potenzialmente integrati, al di làdella loro appartenenza a specifiche Aree dello schema di classificazione(in ogni caso presentate sistematicamente in Appendice). Come ogni anno, il rapporto Ocs offre valutazioni e interventi con lo scopodi affiancare l’analisi dei dati alla riflessione sindacale e a contributi di stu-diosi e ricercatori. Lo scorso anno la seconda parte del rapporto è statadedicata a Welfare aziendale, welfare pubblico e contrattazione. L’Ottavorapporto presenta un focus sulle politiche di contrasto della povertà, e inparticolare sugli aspetti critici e i dilemmi posti dall’imminente applica-zione del Reddito di inclusione, dopo la sperimentazione del Sia. I contri-buti sono di Chiara Saraceno e di Elena Granaglia. Il Rapporto di quest’anno è anche l’occasione per offrire le valutazioni diSusanna Camusso, Ivan Pedretti e Roberto Ghiselli sullo stato e le prospet-tive della contrattazione, riprendendo a caldo i loro interventi per il semi-nario nazionale sulla contrattazione sociale territoriale che si è svolto aRoma il 26 e 27 ottobre.t

PRESENTAZIONE

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OTTAVO RAPPORTO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE TERRITORIALE 5

L’azione del sindacatotra criticità sociali

e cambiamento territoriale

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L a contrattazione sociale territorialerappresenta una pratica importantenell’azione di rappresentanza genera-

le esercitata dal sindacato, nelle sue articola-zioni confederali e di categoria, per la difesa ela promozione dei diritti dei cittadini e dei la-voratori. Per quanto la contrattazione socialesi addensi tradizionalmente su alcuni “pilastri”(servizi e prestazioni sociali in senso ampio, fi-scalità locale, politiche abitative, infanzia, an-ziani), l’analisi delle stagioni negoziali che han-no impegnato il sindacato negli anni recenticonsente di registrare urgenze e criticità so-ciali, da una parte, insieme a nuovi orienta-menti di policy delle amministrazioni locali. Viemerge una domanda sociale – talora esplici-ta, in altre occasioni carsica e frammentaria –che, non coagulandosi nei classici meccanismidi rappresentanza sindacale, va intercettatanel territorio, intrecciata alle prerogative checompetono agli attori istituzionali e all’auto-nomia dei soggetti sociali.In sostanza la contrattazione sociale è un di-spositivo complesso, che solo in parte può es-sere ricondotto al sistema di relazioni indu-striali che si applica nella contrattazione col-lettiva. Per un verso se ne distanzia ampia-mente (si pensi ai meccanismi della rappre-

sentanza), per altri potrebbe invece ispirarsi aesso, specie nella definizione di “relazioni sin-dacali” basate su meccanismi di informazione,consultazione e partecipazione più vincolantie legati alle specificità della contrattazione delsociale. Questa, difatti, è poliedrica e dipendedalla combinazione dei temi che vi si trattanocon le pratiche negoziali: rispetto alla contrat-tazione collettiva diversi sono l’approccio, lecompetenze, finanche la scansione temporalee il “calendario” che scandiscono la negozia-zione sui servizi sociali, quella generale sui bi-lanci, o su altri temi ancora. Questo richiamosuggerisce limiti e virtù della contrattazionesociale stessa: la possibilità di intercettarenuovi bisogni e nuovi processi sociali, la ne-cessità di aggiornare competenze tecniche enegoziali per stare al passo dei cambiamenti(normativi, sociali etc.), la spinta a ideare nuo-ve forme di relazione e rappresentanza sia ver-so l’alto (con le istituzioni e gli enti locali) siarivolte a cittadini e lavoratori con il coinvolgi-mento di ogni livello sindacale.La contrattazione sociale è una pratica sinda-cale che può essere monitorata anzitutto at-traverso i testi di accordo, che rappresentanogli impegni delle parti, in base alla convergen-za su posizioni e interventi comuni di politica

INTRODUZIONE

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PRESENTAZIONE t L’azione del sindacato tra criticità sociali e cambiamento territoriale6

sociale locale. La lettura delle tendenze prin-cipali, delle novità e delle continuità temati-che richiede un’interpretazione dinamica e apiù dimensioni. Conta, naturalmente, una de-scrizione del cosa, e cioè delle tematiche ne-goziate; questa va però coniugata con una let-tura sempre specifica che consideri allo stessotempo la tipologia di documento, il livello ter-ritoriale, i rimandi ad ambiti di gestione e ap-plicazione delle misure concordate (es. Am-biti sociali e attori del welfare territoriale, ser-vizi per il lavoro, Terzo settore etc.) che preve-dono modalità di relazione non solo e sem-plicemente negoziali, ma anche concertative,tecniche, coalizionali, e così via. Tale comples-sità relazionale va tenuta sullo sfondo dellalettura dei dati presentati nel Rapporto.Questa è una premessa nient’affatto astratta,ma che può orientare la lettura di alcuni datidella contrattazione sociale 2016. Nell’annopassato si conferma, anzitutto, una crescenteconfederalità delle intese: la presenza, in for-me unitarie, di Cgil-Cisl-Uil e Spi-Fnp-Uilp è ilfrutto di un incremento del coinvolgimentodella confederazione e di un consolidato in-sediamento del sindacato dei pensionati.Sul piano delle misure contrattate, la perma-nenza di un’area composita della povertà –sottolineata anche nei preamboli degli accor-di, con riferimenti locali che rendono concre-ta questa criticità al di là dei valori statistici –impegna amministrazioni e sindacato nella ri-cerca di soluzioni innovative, anche in raccor-do con le nuove misure nazionali (sperimen-tazione Sia, prossima attivazione del Rei). Gliinterventi direttamente finalizzati al contrastodella povertà ricorrono quasi in un accordo sudue, con una composizione interna molto va-riegata: un terzo degli accordi prevedonocontributi o trasferimenti economici; circa il10% vede anche sostegni di base e la fornituradi beni di prima necessità, in misura quasi pari– e peraltro in crescita – a interventi più arti-

colati di inclusione e promozione sociale. Os-servata dal punto di vista dei beneficiari, lepersone e le famiglie in condizione di povertàsono presenti in circa il 75% degli accordi, conun abbinamento a misure più variegate diquelle “etichettate” negli accordi come inizia-tive anti-povertà. Difatti, anche il campo dellepolitiche abitative, quello fiscale e tributario,quello dell’inserimento lavorativo (per quan-to in misura inferiore) possono offrire spuntidi intervento a favore dei cittadini in difficoltà. Negli anni più recenti i mutamenti che hannoinvestito le amministrazioni e i servizi pubblicisono stati rilevanti. La contingenza della crisifinanziaria locale si è sovrapposta a nuove nor-mative (dal contrasto della povertà alla rego-lazione degli appalti pubblici, senza contarel’entrata a regime dei meccanismi di bilancioarmonizzato). In questo il sindacato è presen-te in misura crescente specie nel concordarelinee di indirizzo e di cornice, ma non ancoranell’offrire pienamente competenze, soluzio-ni tecniche, tavoli di lavoro congiunti capacidi accompagnare la fase di cambiamento chesi dispiegherà nei prossimi anni. Significativoè il movimento delle tematiche negoziate re-lative alla Pubblica amministrazione, in parti-colare per quanto riguarda l’associazionismocomunale e i servizi associati (tema che nel2016 raggiunge quasi un terzo degli accordi)insieme alla regolazione degli appalti pubblicirispetto agli aspetti di legalità, anticorruzione,qualità dei servizi e tutela del lavoro. Questitemi incrociano gli aggiustamenti e le innova-zioni che riguardano le amministrazioni pub-bliche a diversi livelli territoriali e mettono inluce quanto sia decisivo strutturare una filieradi accordi (con l’ente regione, l’Anci regionale,a livello di ambito territoriale e Unione di co-muni) il cui recepimento a livello comunalemostra – in alcuni contesti – un esempio vir-tuoso del dialogo tra i livelli della contratta-zione sociale.

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Vi sono poi i temi principali che rappresenta-no il cuore degli interventi, dei servizi e delleprestazioni a favore della cittadinanza. I servizisociali, socio-sanitari e assistenziali recupera-no peso, presenti in circa i due terzi degli ac-cordi: in particolare i servizi residenziali, do-miciliari e territoriali, assai sensibili per la com-ponente anziana della popolazione. In lineagenerale vengono trattati (almeno a livellonegoziale) limitati interventi qualitativi esull’organizzazione dei servizi; mentre più dif-fusi risultano gli aggiustamenti della strutturatariffaria e delle rette, con un uso dell’Isee cheva estendendosi nei servizi domiciliari e resi-denziali, dopo l’impasse del 2015 corrispon-dente all’introduzione del nuovo Isee. Cresco-no anche i servizi legati ad accoglienza ed e-mergenza, incrociando i bisogni delle personea rischio di povertà e degli immigrati.La fiscalità locale è il secondo pilastro dellacontrattazione sociale, e si conferma larga-mente il campo tematico più trattato (quasinel 90% degli accordi). Naturalmente, è il det-taglio delle misure a fare la differenza, anchenell’andamento da un anno all’altro: il 2016vede l’introduzione o la regolazione dell’Isee

in circa i due terzi degli accordi, sempre piùconnesso alla compartecipazione ai costi diun ampio spettro di servizi sia di livello comu-nale sia di Ambito territoriale sociale. Ogni an-no le modifiche normative incidono sulla con-trattazione di area fiscale e tributaria (ad e-sempio nei passaggi recenti che hanno coin-volto Imu e Tasi), ma risultano anche interven-ti che orientano la leva fiscale e tributaria lo-cale per intervenire con politiche perequativee di redistribuzione, per quanto limitate: ad e-sempio, il 2016 segna vasti interventi (intornoal 60% degli accordi) sulle tariffe dei servizi diigiene urbana (entro i quali emergono ancheesperienze di differenziazione per fasce, o fon-di di restituzione) e sull’addizionale Irpef co-munale (mediante soglie di esenzione e pro-gressività delle aliquote).Questo affondo anticipa gli approfondimentidelle pagine successive, ma in generale sug-gerisce come la contrattazione sociale richie-da un approccio trasversale, integrato, capacequindi di connettere i fenomeni sociali e gliinterventi conseguenti, andando oltre le com-partimentazioni dei capitoli di bilancio, anchestimolando energie e risorse inedite. t

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La contrattazione sociale nel 2016

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u I DATI E IL PROFILO GENERALEDELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE

L’Osservatorio sulla contrattazione socialeCgil e Spi può attualmente contare su oltre5.600 documenti, tra Accordi, Verbali e Piat-taforme negoziali1. Dal punto di vista organizzativo e analitico,l’Osservatorio ha raggiunto una condizionedi solidità essendo oggi in grado di raccoglie-re la gran parte della documentazione pro-dotta da questa prassi sindacale. Restanotuttavia diverse lacune sia territoriali – in par-ticolare nel Sud e Isole – sia relative alla tipo-logia dei documenti stessi, con un sottodi-mensionamento dei verbali che testimonia-no “accordi mancati” ma anche confrontidecisivi negli ambiti del welfare territoriale(ad esempio con gli uffici di piano dei Pianidi zona). Inoltre, il consolidamento analitico,e in particolare quello dello schema di clas-sificazione tematica, resta disponibile ad ag-giustamenti e modifiche al fine di riconosce-re i cambiamenti delle agende negoziali, del-

le priorità sindacali, ma anche delle temati-che demandate dalle nuove normative re-gionali e nazionali agli ambiti di confrontodella contrattazione sociale (un tema pertutti, quello delle iniziative anti-povertà).I documenti del 2016 sono nel complesso8942. All’incirca un quarto proviene dallaraccolta, classificazione e inserimento ope-rata direttamente sul sistema dell’Ocs daparte dei responsabili Cgil e Spi regionali, at-tivi in gran parte delle regioni. Oltre il 75%dei documenti, invece, sono stati acquisitida osservatori e banche dati delle struttureconfederali e di categoria regionali3, attra-verso la riclassificazione dei testi presentinei rispettivi osservatori.La Tabella 1 mostra l’andamento puramentequantitativo dei documenti raccolti dal 2011al 2016. In termini assoluti, il dato 2016 com-prende 627 Accordi, 230 Verbali e 37 Piat-taforme sindacali. Questo dato rappresentaun arretramento rispetto agli oltre 1.100 do-cumenti del 20154; ma è paragonabile ai datidegli anni precedenti. Questo dato comples-

PARTE PRIMA

1 Se si aggiungono anche i documenti 2009 e 2010, relativi alla fase sperimentale di implementazionedell’Ocs si raggiunge il totale di circa 6.250 documenti inseriti.

2 Documenti (accordi, piattaforme, verbali di incontro) siglati tra il 1° gennaio 2016 e il 31 dicembre 2016.3 Si tratta dell’Osservatorio sulla Contrattazione Sociale Territoriale (Cgil, Spi, Fp dell’Emilia Romagna), del-

l’Archivio Negoziazione (Spi, Fnp e Uilp Lombardia), dell’Osservatorio della Contrattazione Territoriale (CgilLombardia), la Banca Dati della Contrattazione sociale Territoriale del Piemonte (Cgil e Ires Piemonte).

4 Tuttavia, i dati del 2015 comprendono oltre 80 accordi relativi alla programmazione triennale dei Pianidi zona lombardi.

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PARTE PRIMA t La contrattazione sociale nel 201610

sivo, naturalmente, è il frutto di diverse ten-denze regionali e territoriali. In particolare,alcune regioni tradizionalmente al centrodell’attività di contrattazione sociale mostra-no orientamenti differenti: mantenimentodegli alti livelli di diffusione della contratta-zione in Lombardia; conferma di un trend dicrescita costante negli ultimi anni in Veneto;contrazione dei valori assoluti dei confrontiin Piemonte e Toscana. Va messo in evidenzache anche all’interno delle regioni in cui lacontrattazione sociale è più diffusa vi sono a-ree con vocazioni differenti. Non si trattasemplicemente di risultati contingenti, legatiall’andamento discontinuo di anno in anno,ma a vere e proprie “tradizioni” consolidateche hanno attraversato indenni – o quasi –anche gli anni della crisi. Non è questa la sedeper approfondire i fattori e la cause che han-no determinato queste caratteristiche; tut-tavia, esse vanno assunte come un elementospecifico della contrattazione sociale: l’avercostruito relazioni negoziali che affondano leproprie radici in percorsi di mutuo riconosci-mento e di partecipazione delle parti. Nelconcreto, alcune province di regioni delNord e del Centro mostrano una costantecapillarità dei confronti, differente da aree incui si concentrano invece le oscillazioni mag-giori – sia in positivo, per un reinsediamentodell’attività negoziale, sia in negativo per unarretramento della contrattazione stessa –.

Oltre alle caratteristiche delle culture ammi-nistrative locali, una variabile da considerarerisiede nei diversi modelli di governance ter-ritoriale, specie laddove la vivacità degli Am-biti territoriali sociali ha alimentato una retedi relazioni capace di sostenere i confrontianche a livello comunale (si vedano a questoproposito i rimandi presenti negli accordi co-munali a iniziative, risorse, progetti attivi a li-vello territoriale).

Tipologia dei documentiI documenti raccolti e analizzati dall’Ocs so-no distinti in Accordi, Verbali e Piattaformenegoziali. La concretezza dei contenuti deidocumenti vede in realtà un continuum cheva dalla pura e semplice verbalizzazione del-le rispettive posizioni a veri e propri accordiin cui le parti sottoscrivono integralmentegli impegni espressi nel testo. Nel mezzo siritrovano intese che mantengono in eviden-za punti di disaccordo specifici, oppure ver-bali di incontro che evidenziano anche in-terventi e temi condivisi. Vi sono, peraltro,limiti intrinseci non tanto alla nomenclaturadei documenti quanto al processo negozia-le stesso: si percepisce che una parte dei te-mi riportati si riferisce a una presa d’atto,per quanto accompagnata da un esplicitoconsenso, di iniziative e scelte compiute inautonomia dalle amministrazioni locali. Perun altro aspetto, alcuni temi di accordo ri-

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TAB.1 u DOCUMENTI DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE (2011-2016- Val. assoluti)ANNO

2011 2012 2013 2014 2015 2016 TOTALE

Accordi, intese, 708 667 601 523 732 627 3.860protocolli, verbali di intesaResoconti 190 296 299 287 352 230 1.654e verbali di incontriPiattaforme negoziali 35 37 23 27 27 37 184Totale 933 1.000 923 837 1.111 894 5.698 Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

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sultano sottonegoziati rispetto ad altri; ecioè, pur riflettendo un confronto sul meri-to che ha condotto a una posizione comu-ne, tali temi assumono il tono di impegnipolitici di orientamento che semmai richie-dono un’implementazione o un’effettivanegoziazione in altri ambiti (strutture tecni-che delle amministrazioni, enti gestori deiservizi, tavoli di progetto, etc.). In questosenso, la complessità della filiera negoziale– da analizzare e presidiare sindacalmente,in ogni suo aspetto – non si esaurisce nelladifferenza formale tra accordi e verbali. Tuttavia, indicazioni di massima possonoprovenire dai dati osservati. Nel 2016 (Grafi-co 1), la percentuale di accordi sul totale deidocumenti raccolti tocca il 70,1%, in crescitarispetto agli anni precedenti. I verbali rappre-sentano poco più di un quarto (25,7%) deidocumenti. A un livello molto generale, ciòallude a una maggior solidità dei percorsi ne-goziali che oggi giungono più frequentemen-te a un esito condiviso, rispetto agli anni cen-trali della crisi (2013-2014) in cui il rapportotra accordi e verbali è stato di due a uno.

Gli stessi verbali non sono solamente “accor-di mancati”, ma naturalmente esprimono ilvalore di un’attività sindacale in cui contatanto il risultato quanto il processo. Va sot-tolineato che il buon risultato della contrat-tazione sociale dell’anno precedente – il2015 – non è dovuto solamente al primatodel numero annuale di accordi registrato nelperiodo considerato (2011-2016) ma ancheal numero considerevole di verbali; di questi,una parte consistente rappresentavano ten-tativi di reinsediamento della contrattazio-ne nei territori, dopo interruzioni del rappor-to negoziale. Nel 2016 questi tentativi mo-strano risultati ambivalenti, ma positivi al-meno in alcuni contesti (specie in Emilia Ro-magna e Veneto).La presenza delle piattaforme è limitata, erappresenta circa il 4% dei documenti raccol-ti. Per quanto i numeri assoluti non consen-tano un’interpretazione univoca, le caratte-ristiche delle piattaforme riflettono in unacerta misura la disomogeneità territorialedella contrattazione, con una maggiore pre-senza nelle regioni in cui si concentra la gran

GRAF.1* u TIPOLOGIA DEL MATERIALE (ANNI 2011-2016 - VAL. %)

*I dati degli anni precedenti il 2016 – in questo grafico come nei successivi – comprendono anche documentiinseriti nel corso di 2016 e 2017, pertanto si potrebbero discostare di alcune frazioni di punto % rispetto aidati del VII rapporto

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

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Piattaforme negoziali

Resoconti e verbali di incontri

Accordi, intese, protocolli, verbali di intesa

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PARTE PRIMA t La contrattazione sociale nel 201612

parte delle intese. Accanto a ciò vi sono tut-tavia segni di specializzazione delle piattafor-me stesse, a proposito delle linee guida perla negoziazione con i comuni, agende per ilconfronto con gli Ambiti territoriali sociali,piattaforme negoziali su temi specifici (nonautosufficienza, politiche abitative, etc.).

Livello territorialeLa contrattazione sociale mostra un radica-mento territoriale diffuso, centrato sulla di-mensione comunale. Gli accordi del 2016che si collocano a questo livello rappresen-tano ben il 87,7% del totale (Grafico 2). Il li-vello intercomunale, sul quale agiscono enticon prerogative chiave soprattutto per lagestione dei servizi sociali, della program-mazione territoriale e delle relazioni asso-ciative delle amministrazioni risulta assaimeno presente (6,8%) ma in linea con gli an-ni precedenti al netto dei picchi rappresen-tati dal rinnovo della programmazione dei

Piani di zona in alcune aree del Paese (nel2013 e 2015). I documenti di livello regio-nale si attestano al 4,3% degli accordi.Per certi versi, tali proporzioni sono conna-turate alla fisionomia della contrattazionesociale e all’attrazione verso il livello comu-nale, laddove si concentrano i confronti in-torno alle risorse di bilancio. Tuttavia, la con-trattazione sociale ha una duplice dimen-sione: quella distributiva, per la quale è es-senziale il negoziato con il soggetto che de-tiene la leva delle risorse – per quanto scarse–; e quella regolativa, che invece è maggior-mente distribuita territorialmente e spessospecializzata funzionalmente tra livelli diver-si. Non a caso, sia gli accordi intercomunalisia quelli di livello regionale hanno in preva-lenza una componente fortemente regola-tiva/programmatoria, sia per materie tradi-zionali (servizi e prestazioni sociali, socio-sa-nitarie, etc.) sia per temi che assumonosempre maggiore rilevanza nella dimensio-

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GRAF.2 u LIVELLO TERRITORIALE (ANNI 2011-2016 - VAL. %)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

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ne sovracomunale (programmazione e ge-stione del territorio, politiche abitative, ac-coglienza e integrazione, inserimento lavo-rativo, etc.). Forzando un parallelo suggesti-vo con la contrattazione collettiva, in quellasociale la “parte normativa” del contratto –in questo caso, si tratta di accordi, protocol-li, intese e non di veri e propri contratti – sialimenta dal confronto realizzato ai livellisuperiori; mentre la “parte salariale” – l’allo-cazione delle risorse di bilancio, di fondi e ri-sorse specifiche, etc. – è prevalentementecollocata a livello comunale. Questo non èun equilibrio stabile, e non necessariamenteottimale, dal momento che proprio la man-canza di centri di bilancio consistenti e au-tonomi a livello sovracomunale può inibiresoluzioni efficaci e innovative su diverse te-matiche: dal contrasto della povertà alle po-litiche di inserimento lavorativo, dalla con-divisione di rete dei servizi sociali alle politi-che abitative e del territorio.

Andamento nel corso dell’annoL’attività negoziale non è omogeneamentedistribuita nel corso dell’anno. Essa è influen-zata da vari fattori, a seconda del tipo di con-fronto e dal merito delle materie. L’esito, chesi traduce nel Grafico 3, è puramente prospet-tico dal momento che mette in luce soprat-tutto l’andamento nel corso dell’anno degliaccordi sui bilanci di previsione con i Comuni. Il 2016 conferma un’inversione di tendenzagià segnalata per il 2015: il 44% delle intese siconcentra nel periodo aprile-giugno, e si ri-duce ulteriormente la quota di accordi siglatinel secondo semestre (dal 43,4% del 2015 al31,9% del 2016) tornando sui valori del 2012,precedenti alle “turbolenze” di bilancio regi-strate in particolare negli anni 2013 e 2014. L’intensità dell’attività negoziale sui bilancidipende sostanzialmente – oltre che dall’ef-ficacia dell’iniziativa sindacale – dai terminidi scadenza e dalle relative proroghe di ap-provazione dei consuntivi proposte dal mi-

GRAF.3 u ANDAMENTO NEL CORSO DELL’ANNO (DATA DI STIPULA ACCORDI 2011-2016, VAL. %)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

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PARTE PRIMA t La contrattazione sociale nel 201614

nistero degli Interni. Nel 2016 la prorogaconcessa è giunta fino al 30 aprile; mentrenell’anno precedente al 31 luglio. A questocorrisponde la concentrazione degli accorditra II e III trimestre dell’anno. Sullo sfondo siintuiscono l’influsso della riforma della con-tabilità armonizzata entrata in vigore a regi-me nel 2016, applicando non senza diffi-coltà adempimenti e procedure che nellatransizione hanno dovuto far riferimento siaallo schema del Dlgs 267 del 2000 sia alnuovo Dlgs 118 del 2011. L’auspicabile stabilizzazione degli appunta-menti della “stagione negoziale”, speciequella incentrata sulle scadenze di bilancio(Documento unico di programmazione,predisposizione del bilancio di previsione),chiama anche il sindacato a una definizioneprecisa delle relazioni tra le parti, le qualisono generalmente centrate sulle materie,in analogia con i capitoli sulle “relazioni sin-dacali” presenti nella contrattazione collet-tiva. Tuttavia, considerando la natura nonstrettamente contrattuale della contratta-zione sociale, oltre allo schema dei temi daportare al confronto occorrerebbe definireun preciso calendario negoziale e le speci-fiche esigenze tecniche e informative chepossano rendere sostanziale l’esigibilità delconfronto.

Parti coinvolteLa contrattazione sociale non è un’attivitànegoziale strettamente formalizzata, sia perquanto riguarda le procedure del confronto,sia rispetto ai soggetti titolati a stabilire re-lazioni tra le parti, e dunque a firmare gli ac-cordi. Inoltre, diversamente dalla contratta-zione collettiva, esistono un’asimmetria e u-na sovrapposizione tra le parti, rispetto siaal mandato ricevuto sia alla constituency acui gli attori devono rendere conto. Difatti,spetta alle amministrazioni tradurre accordi

senza valore contrattuale in atti ammini-strativi e progettuali, e in quanto tali esigibilida parte dei cittadini. Questi sono rappre-sentati dai sindacati, ma anche dalle ammi-nistrazioni stesse che ne hanno ricevuto ilconsenso elettorale. Nel corso degli anni,ciò ha comportato sia effetti critici sia aspet-ti virtuosi. Dal lato sindacale ha significato lasperimentazione di profili e assetti variabilidelle delegazioni trattanti e dei soggetti ti-tolari della negoziazione, rafforzando la cen-tralità confederale e integrando laddovepossibile il contributo delle categorie; allostesso tempo, ciò ha consentito anche solu-zioni flessibili e non standardizzate. In lineagenerale, la multilateralità degli accordi do-vrebbe produrre intese più approfonditebasate su agende più ampie. Naturalmente,l’allargamento dei tavoli di confronto nongarantisce di per sé un buon risultato nego-ziale; questo va coniugato con una compa-gine negoziale che si adatti al livello del con-fronto, agli obiettivi delle piattaforme, e ap-porti le competenze necessarie per una di-scussione di merito.Sotto il profilo dei dati, si osserva un gene-rale aumento degli accordi siglati con il con-tributo di più parti (Grafico 4). Nel 2016 siconsolida la tendenza a una diminuzionedegli accordi con due parti coinvolte (28,8%,contro il 52,2% del 2013), generalmenteamministrazioni comunali e Cgil Cisl Uil, op-pure Spi Fnp Uilp. Parallelamente cresconogli accordi in cui sono presenti tre particoinvolte (60% nel 2016, contro il 36% nel2013) che coinvolgono in genere i Comunie la componente confederale insieme aquella dei pensionati. Minor peso continua-no ad avere gli accordi maggiormente com-plessi, sotto l’aspetto dei partecipanti: soloil 11,3% degli accordi 2016 vede la sigla diquattro o più soggetti; si tratta in questo ca-so di intese che coinvolgono più attori isti-

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tuzionali, e dal punto di vista tematico sonomaggiormente variegati; è invece raro il ca-so in cui l’attore aggiuntivo sia rappresenta-to dalle categorie sindacali degli attivi. I soggetti coinvolti in misura maggioritariasono ovviamente le amministrazioni comu-nali e i sindacati confederali e dei pensionati(Grafico 5 nella pagina seguente). È rilevantenotare la tendenza a una progressiva conver-genza tra la presenza di Spi Fnp Uilp e quelladelle confederazioni, dovuta a una crescitadella partecipazione confederale alle intese(dal 50% circa negli anni 2011-2013 a oltre il75% nel 2016) insieme al mantenimentodella capillarità dell’azione negoziale deipensionati (intorno al 80%-85% nel periodo).I soggetti istituzionali sovracomunali coin-volti sono assai più limitati (10,9% nel 2016)e comprendono Regioni, Province, Unionidei comuni e Unioni montane, Consorzi deiservizi sociali e Ambiti territoriali sociali.Assai più marginali sono gli altri soggetti del

territorio, dalle parti datoriali al Terzo setto-re (tra il 2% e il 3% negli anni considerati). Inquesto caso non appare un profilo sistema-tico di tali contributi: le associazioni dato-riali dell’industria sono presenti in accorditerritoriali, soprattutto intorno ai temi dellosviluppo locale e dell’occupazione; quelledell’artigianato e del commercio sono coin-volte anche in accordi di livello comunaleconcentrati in alcune aree specifiche delPaese. Il Terzo settore e le fondazioni sonopresenti in misura assai limitata, sebbenecon picchi negli accordi pluriennali di pro-gramma e nella concertazione a livello diPiani di zona, oltre che in episodici accordispecifici a livello comunale (politiche abita-tive, accoglienza dei migranti, conciliazionevita-lavoro). Nel complesso, la contrattazione di livellocomunale sui bilanci di previsione dei co-muni resta un’esclusiva di fatto delle orga-nizzazioni sindacali.

GRAF.4 u PARTI COINVOLTE, PER CLASSI (ACCORDI 2011-2016, VAL.%)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

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4 o più parti coinvolte3 parti coinvolte2 parti coinvolte

2011 2012 2013 2014 2015 2016

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PARTE PRIMA t La contrattazione sociale nel 201616

uLE DIFFERENZE TERRITORIALI DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE

La ripartizione territoriale dell’attività dicontrattazione sociale conferma nel tempouna polarizzazione lungo le linea Nord-Sud.Questa, peraltro, rispecchia diverse fratturee non solo quelle storiche di natura socio-economica; si evidenzia peraltro anche nel-le pratiche sindacali e nell’attività contrat-tuale: ad esempio nella diffusione della con-trattazione di secondo livello, nella capilla-rità dei servizi fiscali di matrice sindacale edei patronati, etc. Ciò non significa che i dati della contratta-zione sociale non mostrino specificità de-gne di nota, o tanto meno che l’azione sin-dacale non possa intervenire per riequilibra-re i contesti e invertire le tendenze. In estre-ma sintesi la contrattazione sociale (intesaqui come attività complessiva, sommandoaccordi e verbali) ha il suo perno a Nord-O-vest (Grafico 6), area in cui si concentra con

grande continuità temporale circa il 50%-55% di tutta l’attività negoziale del Paese.Ciò non esclude che tale stabilità sia fruttodi andamenti contrapposti, a livello regiona-le o subregionale. Diverso il contesto aNord-Est (principalmente Veneto ed EmiliaRomagna) che negli ultimi anni ha copertouna quota attestata quasi al 30% del totale;soprattutto aumenta la quota di accordi ve-ri e propri rispetto ai verbali, segno di unprocesso di reinsediamento dell’attività ne-goziale. Nelle regioni del Centro la tendenzacomplessiva è a un leggero ma progressivocalo nel corso degli anni più recenti (conl’eccezione del 2015); anche se ciò riflettevicende di livello regionale assai diseguali,con la tenuta in alcune regioni, arretramentiin altre e una crescita progressiva e costantein altre ancora. Il Sud e Isole, invece, rappre-sentano una lacuna considerevole anzituttoper l’Ocs, dal momento che non è stato pos-sibile specie negli ultimi tre anni acquisireun numero congruo di documenti, quanto-

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GRAF.5 uPARTI COINVOLTE (ACCORDI 2011-2016, VAL. %)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

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Amministrazionisovracomunali

Spi Fnp UilpCgil Cisl UilAmministrazionicomunali

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meno rappresentativo dell’attività negozia-le effettivamente svolta nel Mezzogiorno,che per quanto limitata si potrebbe stimarealmeno intorno al 10% del totale, somman-do alla copertura realizzata dall’Ocs Cgil eSpi quella raggiunta da altri osservatori sin-dacali, come quello promosso dalla Cisl.

L’articolazione per livello territoriale degliaccordi realizzati nelle diverse aree del Paese(Grafico 7) mostra diverse specificità: anzi-tutto conferma che il pilastro della contrat-tazione sociale, situato a Nord-Ovest, è fon-damentalmente centrato sul livello comu-nale. Nelle altre ripartizioni si evidenziano al-

GRAF. 6 u RIPARTIZIONE TERRITORIALE (ACCORDI E VERBALI 2011-2016, VAL. %)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

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Sud e IsoleNord-OvestNord-EstCentro

2011 2012 2013 2014 2015 2016

GRAF. 7 u LIVELLO TERRITORIALE PER RIPARTIZIONE (ACCORDI 2016, VAL. %)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

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Sud e Isole

Nord-Ovest

Nord-Est

Centro

Livello comunale Livello intercomunale/provinciale

Livello regionale

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PARTE PRIMA t La contrattazione sociale nel 201618

cune differenze rispetto al peso degli accor-di sovracomunali (provinciali e intercomu-nali); questi risultano meno diffusi – in pro-porzione – in tutte le ripartizioni, a causa diuna presenza non trascurabile nel Sud e Iso-le, riguardante soprattutto la concertazionee il confronto a livello di Ambiti territorialisociali. Riguardo agli accordi regionali, circala metà di quelli raccolti e analizzati si collo-ca nelle regioni del Centro, in particolare suitemi dei sevizi pubblici locali, iniziative disviluppo territoriale, di promozione dell’oc-cupazione e inserimento lavorativo; analo-gamente sono sovrarappresentati gli accor-di regionali al Sud e Isole. Tutto questo indi-ca, da una parte, alcune specificità territoria-li: la capillarità degli accordi comunali aNord-Ovest, mentre suggerisce una certa di-somogeneità dell’azione a livello territorialee regionale, quanto meno di quella che èstata registrata attraverso l’Osservatorio.La differente penetrazione e le caratteristi-

che della contrattazione sociale nelle areedel Paese si riflettono anche nella partecipa-zione dei diversi attori istituzionali e sinda-cali alle intese (Grafico 8). Le amministrazio-ni comunali sono presenti in misura supe-riore alla media nelle regioni del Nord, dovesuperano il 90% degli accordi. Il focus comu-nale delle intese vede differenze tra Nord-Ovest e Nord-Est dal punto di vista della par-tecipazione sindacale: a Nord-ovest è pre-minente il contributo di Spi Fnp Uilp (94,1%,contro 65,4% di Cgil Cisl Uil), mentre a Nord-est la presenza è sostanzialmente paritariaintorno al 84% degli accordi. La contratta-zione nelle regioni del Centro, anche per unpeso maggiore degli accordi sovracomunalisi basa in misura più ampia sul ruolo confe-derale (96,9% Cgil Cisl Uil, contro il 75,3% deipensionati). A Sud e Isole il numero esiguodi accordi non consente una valutazione ap-profondita, per quanto si possa notare co-me la presenza istituzionale maggioritaria

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GRAF. 8 u RIPARTIZIONE TERRITORIALE PER PARTI COINVOLTE (ACCORDI 2016, VAL. %)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

0 20 40 60 80 10010 30 50 70 90

Amministrazioni comunali

Cgil Cisl Uil

Spi Fnp Uilp

Amministrazioni sovracomunali

Sud e isole Centro Nord-Est Nord-Ovest

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OTTAVO RAPPORTO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE TERRITORIALE 19

sia quella degli enti sovracomunali (62,5%),insieme a un ruolo preminente della pre-senza dei sindacati dei pensionati (87,5%,contro il 37,5% di Cgil-Cisl-Uil). I destinatari delle misure e degli interventidella contrattazione sociale avranno unospazio specifico nel prossimo paragrafo. Al-cune valutazioni possono essere introdottea proposito delle differenze territoriali, cheillustrano anche sfumature diverse rispettoa sensibilità e istanze prioritarie sia sindacalisia delle amministrazioni coinvolte. La contrattazione a Nord-Ovest, oltre allagrande capillarità in piccoli e piccolissimi co-muni mostra la centralità di alcuni destina-

tari “tradizionali” (anziani, minori e infanzia,disabili), ma anche delle nuove criticità so-ciali legate alla crisi economica (povertà e di-soccupati); questo si lega a una presenza ri-levante del Terzo settore sia come promoto-re di iniziative sociali sia come destinatariodi contributi e affidamenti di servizi. A Nord-Est, oltre a un solido presidio dei destinatariprincipali (anziani, povertà, disabili e non au-tosufficienti) è più intensa la presenza di la-voratori e imprese, in temi di accordo legatiallo sviluppo locale, a interventi sulla pubbli-ca amministrazione, ma soprattutto alla re-golazione degli appalti e dei servizi pubblici;è anche più intensa l’attenzione per i temi

Sud e isole Centro Nord-Est Nord-Ovest

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Cittadini e famiglie

Povertà

Anziani

Minori e infanzia

Disabili

Non autosufficienti

Imprese

Terzo settore

Lavoratori/trici

Disoccupati

GRAF. 9 u RIPARTIZIONE TERRITORIALE PER DESTINATARI (ACCORDI 2016, VAL. %)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

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PARTE PRIMA t La contrattazione sociale nel 201620

dell’integrazione degli immigrati e dei dirittie tutele per giovani e donne. Nelle regionidel Centro è più spiccata la presenza dei de-stinatari in qualche modo associati al tessutoeconomico e occupazionale: disoccupati, la-voratori, imprese, Terzo settore.

u I DESTINATARI DI INIZIATIVE E MISURE DELLA CONTRATTAZIONE SOCIALE

La presenza dei destinatari negli accordiQuali sono i destinatari della contrattazionesociale, e in che misura è variegata la loroplatea? Anzitutto, gli accordi mostrano unprofilo differenziato, in base alla numerositàdei beneficiari (Grafico 10). La grande mag-gioranza delle intese si addensa intorno a va-lori medi: quasi due terzi dei testi presenta-no interventi a favore di una platea compre-sa tra 4 e 9 destinatari. Quasi il 20% è invecerappresentato da accordi specifici, oppureaccordi di scala ridotta specie nei piccoli co-

muni, in cui i destinatari sono compresi tra1 e 3. All’opposto, vi è il 17% degli accordiche presenta interventi a beneficio di più di9 destinatari; in genere si tratta di accordi dilivello comunale sui bilanci, particolarmentearticolati sia rispetto alle tematiche trattatesia delle misure concordate.I destinatari, a seconda delle misure nego-ziate, possono trarre vantaggi maggiori ominori, diretti o indiretti, immediati o pro-crastinati nel tempo. In parte ciò dipendedal modo in cui vengono focalizzati i sog-getti nel confronto negoziale: il riferimentopuò andare a gruppi di popolazione benprecisi, o vi si può alludere mediante peri-frasi o espressioni sintetiche o allusive (es.popolazione in condizione sociale critica,cittadini in difficoltà, etc.); a volte l’uso dideterminati termini è assai più univoco (es.non autosufficienti, disabili), oppure vienefatto riferimento alla condizione sociale deibeneficiari (es. i lavoratori colpiti dalla crisi)per quanto a questa non sempre segua unaprecisazione della posizione soggettiva peraccedere a un agevolazione o a un servizio(es. cassaintegrati, disoccupati, inoccupati,persone che hanno patito una consistenteriduzione del reddito, etc.). Per non parlaredi “categorie” quali immigrati, donne, giova-ni che – laddove citati – spesso ricadono infacili etichettature, senza che vi sia una loropiena articolazione per condizione sociale,economica, di cittadinanza.Fatta questa premessa, un primo approccioal tema dei destinatari della contrattazionesociale risulta dal loro richiamo generale ne-gli accordi. Va premesso che i documenti2016 (Grafico 11) hanno un carattere netta-mente universalistico, a partire dal dato chenella quasi totalità (94,5%) presentano alme-no una misura/intervento, o un preambolodi intesa tra le parti, riguardante cittadini efamiglie. Una delle maggiori criticità sociali

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GRAF. 10 u NUMERO DESTINATARI PER CLASSI (ACCORDI 2016, VAL. %)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

oltre 9 destinatari

7-9 destinatari

4-6 destinatari

1-3 destinatari

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degli ultimi anni si segnala al secondo posto:individui e famiglie in condizione di povertàrisultano presenti, con almeno una misura ointervento a loro favore, in circa i tre quartidegli accordi (76,4%). Gli anziani sono citati,in quanto destinatari di misure negoziate olinee di intervento, nel 65,6% degli accordi.Naturalmente, gli anziani beneficiano di unaconsistente attenzione trasversale nella con-trattazione sociale, soprattutto per la com-ponente più fragile: disabili e non autosuffi-cienti, dei quali i cittadini anziani sono partepreponderante, sono presenti rispettiva-mente nel 47,8% e 40,8% degli accordi. Un’altra componente tradizionale dei desti-natari è costituita da minori e infanzia (nel49,3% degli accordi). I destinatari in difficoltàoccupazionale (lavoratori in contesti di crisi,inoccupati, disoccupati) oscillano tra il 10%e il 30% degli accordi, con un aumento con-centrato soprattutto tra i soggetti più almargine del mercato del lavoro (disoccupatie inoccupati), collocati tra criticità occupa-zionale e rischio di povertà. Una specificitàdel 2016 è una crescita di attenzione, anchese spesso solo generale e indiretta, che va al-

le imprese e al Terzo settore, insieme ai la-voratori: si tratta di un effetto dell’aumentoconsistente di intese riguardanti la regola-zione degli appalti pubblici e della gestioneesterna dei servizi. Risultano in crescita an-che i riferimenti a immigrati, giovani e don-ne (presenti tra il 15% e il 25% degli accordi);una crescita che tuttavia non sfugge all’eti-chettatura, e semmai richiama la necessitàdi politiche più trasversali che tengano inconto, ad esempio, dei bisogni specifici diimmigrati, giovani e donne non tanto in a-gende negoziali specifiche – seppur neces-sarie – quanto in una definizione più inclusi-va di interventi dal respiro più ampio, ad e-sempio nelle politiche del lavoro, in quellefiscali, nel sistema dei servizi sociali, etc.

I destinatari e le misure contrattateNell’attività di classificazione e inserimentodei documenti è stato sperimentato nel2016 un nuovo sistema di associazione deidestinatari alle singole misure negoziate. Inprecedenza i destinatari erano indicati in u-na chiave distinta rispetto alle voci temati-che, venendo solo associati in generale al-

GRAF. 11 u DESTINATARI (ACCORDI 2016, PRIME 15 VOCI, VAL. %)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

Cittadini e famigliePovertàAnziani

Minori e infanziaDisabili

Non autosufficientiImprese

Terzo settoreLavoratori/trici

DisoccupatiGiovani

InoccupatiImmigrati

DonneLavoratori/trici in crisi

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PARTE PRIMA t La contrattazione sociale nel 201622

l’accordo, qualora in esso vi fosse almeno unriferimento a determinati gruppi di popola-zione o a beneficiari specifici. Attualmente,a partire dai dati 2016, è possibile associarea ciascuna voce tematica selezionata uno opiù beneficiari. Ciò ha comportato un mag-gior affinamento della classificazione dei de-stinatari, potendo considerare anche quelliminori o secondari di ciascuna voce temati-ca prevista negli accordi. Come è stato osservato, la voce di gran lun-ga più presente tra i destinatari è quella chesi riferisce a cittadini e famiglie (il 94,5% degliaccordi presenta almeno un riferimento aldestinatario, vd. Tabella 2). In percentuali a-naloghe (90,9%) si ritrovano cittadini e fami-glie tra i beneficiari delle misure di area fi-scale/tributaria; un dato non distante dal71,5% degli accordi che trattano di temi so-ciali, socio-sanitari e assistenziali. Meno fre-quenti misure universalistiche (o generali-ste) nel campo delle politiche culturali(44,3%) e in quelle abitative (55,2%). Naturalmente i destinatari possono ricorre-

re più di una volta per ciascun accordo, e di-fatti sono presenti misure per cittadini e fa-miglie in media 7,5 volte per documento.Sebbene si tratti del destinatario “tipo” dellacontrattazione sociale – la cittadinanza, in-tesa nel suo insieme – la sua presenza nellediverse aree tematiche non ha lo stesso pe-so specifico. Ad esempio la frequenza di sin-gole voci è assai più ampia nel caso di misu-re fiscali: queste rappresentano il 43,6% ditutte le ricorrenze di cittadini e famiglie (4,1misure per accordo che contiene temi fisca-li), mentre solo il 14,4% delle ricorrenze so-no associate a misure di natura sociale e so-cio-sanitaria (1,8 misure per accordo). Nel primo caso, gli interventi vanno soprat-tutto a definire aliquote e procedure gene-rali per le tariffe rifiuti, trasporti, Tasi, Imu,schemi di compartecipazione al costo deiservizi a domanda individuale. Nel caso dellemisure sociali, si tratta in particolare di inter-venti sui servizi sanitari e territoriali (ambu-latori di medicina generale, case della salute,rete ospedaliera e prestazioni specialistiche),

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TAB. 2 u ANALISI DEI DESTINATARI: CITTADINI E FAMIGLIE (ACCORDI 2016)CITTADINI E FAMIGLIE AREE PREVALENTI

AREA 3 AREA 5 AREA 7 AREA 9 AREA 11 ALTRE AREE TOTALE

Voci tematiche associate 0,9 1,3 3,8 0,9 0,5 - 7,5al destinatario per accordo5

Voci tematiche associate 1,3 1,8 4,1 1,6 1,1 - 8,0al destinatario per accordodedicato6

% sul totale ricorrenze 7,2% 14,4% 43,6% 7,8% 2,7% 24,2% 100%del destinatario7

Presenza destinatario 71,6% 71,2% 90,9% 55,2% 44,3% - 94,5%sul totale accordi8

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

5 A numeratore il numero di voci tematiche associate al destinatario, a denominatore il numero comples-sivo degli accordi 2016.

6 A numeratore il numero di voci tematiche associate al destinatario e a denominatore il numero di “accordidedicati” (con “accordo dedicato” si intende un accordo le cui tematiche interessano quel destinatario).

7 Numero di voci tematiche associate al destinatario in una determinata area sul totale delle voci tematicheassociate al destinatario.

8 Numero di accordi associati al destinatario in una determinata area sul totale accordi della stessa area.

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OTTAVO RAPPORTO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE TERRITORIALE 23

sulla programmazione sociale territoriale, suprevenzione e informazione, in misura piùmarginale riguardo modalità di presa in cari-co e facilitazione dei percorsi di accesso. Le misure a favore dei destinatari anziani(Tabella 3) risultano particolarmente con-centrate nell’area dei servizi socio-sanitari eassistenziali (gli anziani si trovano associatial 64,1% dei temi di accordo di quest’area).Le singole misure vedono preponderanti iservizi residenziali e domiciliari, i servizi perla non autosufficienza (pasti a domicilio, tra-sporti sociali, sostegno psicologico), ma an-che iniziative di prevenzione sanitaria e perla promozione del benessere, tavoli di mo-nitoraggio della condizione sociale degli an-ziani, semplificazione dei percorsi di accessoe iniziative di contrasto della povertà – perquanto in genere non esclusivamente dedi-cate agli anziani –. In quest’area vi è anche lamaggioranza assoluta degli interventi rivoltiagli anziani (57,1%).Al di là del campo socio-sanitario e assisten-ziale, la presenza degli anziani emerge in altricampi della contrattazione. La metà delle vo-ci tematiche negoziate nell’Area 11 è associa-ta a interventi per gli anziani: iniziative di so-cializzazione, centri di aggregazione, turismosociale e attività sportive. Entro circa un quin-

to degli accordi (24,7%) dell’area delle politi-che fiscali (Area 7) vi sono misure specificheper gli anziani: soprattutto sulla comparteci-pazione ai costi dei servizi, agevolazioni ri-guardanti le tariffe delle utenze domestichee restituzioni della spesa sanitaria. Minore ilpeso degli anziani tra le voci dell’Area 9(22,6% degli accordi), concentrate sugli inter-venti di social housing per anziani fragili e suiservizi di trasporto locale, specie per agevo-lare la mobilità verso i servizi sociali e sanitari. Famiglie e individui in condizione di povertà siritrovano nel 76,4% degli accordi; in media2,4 volte per ogni accordo che prevede al-meno un intervento che interessa il destina-tario. I soggetti in povertà si ritrovano con-centrati per la gran parte in tre aree temati-che. La prima è quella del sociale e dell’assi-stenza (nel 56,9% degli accordi dell’Area 5,pari al 38% di tutti gli interventi a favore dipersone in condizione di povertà). In con-creto, sono presenti in primo luogo trasferi-menti monetari, seguiti dalla distribuzionedi beni e servizi di prima necessità e da op-portunità di inclusione sociale (specie me-diante occasioni per esperienze lavorativesocialmente utili). Segue l’area del fisco locale (Area 7, 30% de-gli accordi che prevedono interventi fiscali,

TAB. 3 u ANALISI DEI DESTINATARI: ANZIANI (ACCORDI 2016)ANZIANI AREE PREVALENTI

AREA 5 AREA 7 AREA 9 AREA 11 ALTRE AREE TOTALE

Voci tematiche associate 1,3 0,4 0,3 0,8 - 2,0al destinatario per accordoVoci tematiche associate 2,0 1,5 1,1 1,5 - 3,0al destinatario per accordodedicato% sul totale ricorrenze 57,1% 16,7% 8,6% 15,8% 1,8% 100,0%del destinatarioPresenza destinatario 64,1% 24,7% 22,6% 50,0% - 65,6%sul totale accordiFonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

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PARTE PRIMA t La contrattazione sociale nel 201624

corrispondenti al 29,2% delle ricorrenze delbeneficiario). Si tratta in particolare di esen-zioni e agevolazioni nella compartecipazio-ne al costo dei servizi o nel pagamento ditariffe comunali (Tari) e rimborsi/esenzionidell’Irpef comunale; di frequente si tratta dimisure definite in base a Isee. La terza area che indirizza l’attenzione sullapovertà è quella delle politiche abitative edel territorio (Area 9). In qualche modo, l’o-rientamento a soggetti in condizioni di po-vertà dà il tono e il profilo alle politiche abi-tative in quanto tali: il 27,2% dei riferimential destinatario si ritrova tra gli interventi inquesto campo; osservando invece in gene-rale le accordi che presentano misure di so-stegno all’abitare ben il 62,6% è associato afamiglie e cittadini in condizione di povertà.Concretamente, il focus degli interventi è

sui contributi per l’affitto, su servizi per la lo-cazione (agenzie territoriali, mediazione,garanzie per proprietari e locatari), in misu-ra inferiore anche su soluzioni per l’emer-genza abitativa e interventi per ridurre l’im-patto della morosità incolpevole. Tutte le aree restanti raccolgono solamenteil 5,2% di tutte le ricorrenze del destinatario;tra queste una piccola quota è rappresenta-ta da specifici interventi di inclusione lavo-rativa (Area 6). Tali interventi sono in veritàassai più associati a disoccupati, inoccupatie a distanza anche a disabili, donne, giovani.Dalla lettura degli accordi appare in sostan-za una integrazione solo parziale dei percor-si di attivazione lavorativa all’interno dellapresa in carico da parte dei servizi sociali enei progetti personalizzati rivolti alle perso-ne in condizione di povertà.

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TAB. 4 u ANALISI DEI DESTINATARI: POVERTÀ E DISOCCUPATI (ACCORDI 2016)POVERTÀ AREE PREVALENTI

AREA 5 AREA 7 AREA 9 ALTRE AREE TOTALE

Voci tematiche associate 0,8 0,6 0,8 - 1,8al destinatario per accordoVoci tematiche associate 1,4 2,0 1,2 - 2,4al destinatario per accordodedicato% sul totale ricorrenze 38,0% 29,2% 27,6% 5,2% 100,0%del destinatarioPresenza destinatario 56,9% 30,7% 62,6% - 76,4%sul totale accordiDISOCCUPATI AREE PREVALENTI

AREA 5 AREA 6 ALTRE AREE TOTALE

Voci tematiche associate 0,1 0,9 - 0,4al destinatario per accordoVoci tematiche associate 1,0 1,3 - 1,4al destinatario per accordodedicato% sul totale ricorrenze 12,6% 85,0% 2,4% 100,0%del destinatarioPresenza destinatario 6,0% 66,7% - 29,3%sul totale accordiFonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

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L’articolazione tematica dei destinatari disoc-cupati è complementare a questa lettura:ben il 66,7% degli accordi che hanno un rife-rimento all’area delle politiche del lavoro (A-rea 6) è associato ai disoccupati. Vi si trovanoin media 1,4 voci tematiche, riferite a diversemisure: inserimento lavorativo e – in secondabattuta, a distanza – formazione, rapportocon i centri per l’impiego, misure anticrisi edi sostegno al reddito. Le ricorrenze dei di-soccupati per quest’area rappresentano il85% del totale. Il 6% degli accordi di area so-ciale (Area 5) si orienta a favore dei disoccu-pati (a cui corrisponde il 12,6% delle voci te-matiche associate al destinatario), in partico-lare per interventi assistenziali o promozio-nali di contrasto della povertà. In verità lamaggior parte di questi riferimenti è generi-co, prevede raramente misure anti-povertàaccessibili in virtù della precisa condizione didisoccupazione, in quanto tale. Al contrario,il termine disoccupato è di frequente utiliz-zato in quanto sinonimo (o sineddoche) dipovero, e la condizione di accesso al soste-gno passa da un’effettiva presa in carico odalla prova dei mezzi mediante Isee.Gli interventi a favore dei minori e infanziasono assai diffusi nei documenti della con-trattazione sociale (49.3% degli accordi).

Nei testi in cui appaiono risultano media-mente con una buona frequenza: 2,9 inter-venti per accordo. Minori e infanzia sonoquasi coincidenti, ovviamente, con l’areaspecifica delle politiche educative e dell’i-struzione (si ritrovano nel 94,3% degli accor-di dell’Area 10). Tuttavia la loro sovrapposi-zione con le politiche educative e dell’istru-zione non è completa: le voci tematichedell’Area 10 si associano al 57,1% dei riferi-menti a misure per minori e infanzia; il re-stante 43,9% è suddiviso tra le altre aree del-la contrattazione sociale. A proposito dellepolitiche educative e dell’istruzione, preval-gono gli interventi sugli asili nido, le scuoleper l’infanzia, mentre solo marginalmentealtri istituti di ordine e grado superiore. Nelmerito si segnalano interventi diretti al di-ritto allo studio, comprese iniziative per l’in-tegrazione, benefit e agevolazioni per glistudenti, mense e trasporti scolastici, pre epost-scuola; assai marginalmente vi sonopiani o provvedimenti per l’adeguamentodegli edifici scolastici. Queste iniziative, inol-tre, in alcuni casi associano altri destinatari(donne, disabili, immigrati) a proposito diattività di integrazione, culturali ed extracur-riculari, l’estensione del pre e post-scuola infunzione di conciliazione vita-lavoro.

TAB. 5 u ANALISI DEI DESTINATARI: MINORI E INFANZIA (ACCORDI 2016)MINORI E INFANZIA AREE PREVALENTI

AREA 5 AREA 7 AREA 10 AREA 11 ALTRE AREE TOTALE

Voci tematiche associate 0,2 0,2 2,0 0,4 1,4al destinatario per accordoVoci tematiche associate 1,3 1,1 2,1 1,2 - 2,9al destinatario per accordodedicato% sul totale ricorrenze 13,6% 12,8% 57,1% 10,2% 6,3% 100,0%del destinatarioPresenza destinatario 16,8% 19,2% 94,3% 29,3% - 49,3%sul totale accordiFonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

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PARTE PRIMA t La contrattazione sociale nel 201626

I riferimenti ai minori e all’infanzia si ritrova-no anche in altre aree di intervento. Il 12,8%degli interventi sono associati all’area fiscalee specialmente alla compartecipazione aicosti dei servizi (Area 7). La loro frequenza inquest’area non è trascurabile, dal momentoche minori e infanzia si ritrovano nel 19,2%degli accordi sul tema (in particolare sulladefinizione delle rette e dell’uso dell’Isee). Le voci tematiche dell’Area 11 (socializzazio-ne e cultura) associano diffusamente minorie infanzia (nel 29,3% degli accordi sul tema,pur rappresentando solo il 10,2% delle vocitematiche associate al destinatario). Vi sonoprevisti soprattutto interventi per centri diaggregazione e sport di base, in misura piùmarginale attività culturali extrascolastiche. I minori risultano anche associati all’areadelle politiche sociali in senso stretto (nel16,8% degli accordi dell’Area 5, rappresen-tano il 13,6% degli interventi a favore dei be-neficiari minori e infanzia). In quest’area ilmerito degli interventi è piuttosto fram-mentato ed evidenzia alcuni provvedimentiper la rete dei servizi sanitari territoriali (am-bulatori pediatrici, iniziative informative perla promozione della salute infantile), percentri diurni e assistenza domiciliare rivoltaa minori disabili. Sono scarsi e piuttosto ge-nerici i riferimenti a misure di contrasto del-la povertà orientate ai bisogni dell’infanziae dei minori, nonostante gli studi più recentie le valutazione degli attori sociali e istitu-zionali abbiano evidenziato da tempo l’au-mento della povertà infantile.Giovani, Donne e Immigrati rappresentanodestinatari della contrattazione sociale chenegli anni passati hanno raccolto scarsa at-tenzione, essendo presenti intorno al 10%degli accordi. La nuova modalità adottataper associare con precisione gli interventinegoziati e i beneficiari ha consentito di evi-denziare citazioni e riferimenti più diffusi,

ma permangono alcuni caratteri già eviden-ziati nei Rapporti Ocs degli anni più recenti.In particolare, a proposito di una segmenta-zione e scarsa trasversalità degli interventiche si rileva soprattutto nel peso significati-vo dell’Area 8 (pari opportunità e non discri-minazione) per le misure rivolte a immigratie donne (rispettivamente nel 44,6% e nel52,9% degli accordi che trattano tali voci te-matiche), specie attraverso sportelli e ufficipubblici dedicati ai temi dell’inclusione e o-rientamento, non discriminazione, contra-sto della violenza contro le donne. Altro ab-binamento “elettivo” è quello dei giovanicon i temi dell’aggregazione e della socializ-zazione (nel 26,4% degli accordi Area 11,corrispondente al 34,3% delle misure a favo-re dei destinatari giovani). Ciononostante si intravede nel 2016 unamaggiore diversificazione e si evidenzianoalcuni aspetti – per quanto ancora margina-li, nei fatti – per un nuovo orientamento del-la contrattazione: una maggiore enfasi po-sta su misure – o impegni a realizzarne – nel-l’area del lavoro, soprattutto attraverso in-terventi specifici di inserimento lavorativo (igiovani sono associati a tali misure nel 24,8%degli accordi dell’Area 6), su pre/post-scuolae orari dei servizi pubblici (donne nel 12,2%delle voci tematiche dell’Area 6, in partico-lare su conciliazione vita-lavoro). Rilevanteper gli immigrati è invece il peso dell’Area 5(13,1% degli accordi, e ben il 45,2% di tutti iriferimenti a misure rivolte agli immigratistessi), in cui sono presenti sostanzialmenteinterventi a sostegno di richiedenti asilo e,in alcuni casi, specificamente a minori stra-nieri non accompagnati. Va evidenziato che nelle intese la trattazio-ne degli interventi a favore di giovani, donnee immigrati è ancora frammentata e disor-ganica. Generalmente nella strutturazionedei testi non si segue in esclusiva né la via

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tematica (mediante capitoli specifici dedi-cati alle politiche giovanili, di genere, del-l’immigrazione) né quella pienamente tra-sversale, capace di inserire nei diversi campidi politica sociale un’articolazione proget-tuale che espliciti i diversi destinatari e nechiarisca il coinvolgimento (es. progetti mi-rati a giovani e donne nel campo delle poli-

tiche occupazionali, agli immigrati in quellodelle politiche scolastiche, e così via). Ciò èevidenziato anche dalla infrequente com-presenza, nei singoli accordi, di più di unamisura associata a tali destinatari; in parti-colare, negli accordi che citano gli immigratila media degli interventi è pari a 1,3; indi-cando in questo caso una polarizzazione tra

TAB. 6 u ANALISI DEI DESTINATARI: GIOVANI, DONNE, IMMIGRATI (ACCORDI 2016)IMMIGRATI AREE PREVALENTI

AREA 5 AREA 6 AREA 8 ALTRE AREE TOTALE

Voci tematiche associate 0,1 0,05 0,4 - 0,3al destinatario per accordoVoci tematiche associate 1,0 1,3 1,0 - 1,3al destinatario per accordodedicato% sul totale ricorrenze 45,2% 7,7% 34,8% 12,3% 100,0%del destinatarioPresenza destinatario 13,1% 3,7% 44,6% - 20,3%sul totale accordi

DONNE AREE PREVALENTIAREA 2 AREA6 AREA 8 ALTRE AREE TOTALE

Voci tematiche associate 0,1 0,1 0,7 - 0,3al destinatario per accordoVoci tematiche associate 1,0 1,1 1,3 - 1,6al destinatario per accordodedicato% sul totale ricorrenze 10,2% 21,7% 53,5% 8,9% 100,0%del destinatarioPresenza destinatario 8,2% 12,2% 52,9% - 16,6%sul totale accordiGIOVANI AREE PREVALENTI

AREA 5 AREA 6 AREA 10 AREA 11 ALTRE AREE TOTALE

Voci tematiche associate 0,1 0,3 0,2 0,3 - 0,4al destinatario per accordoVoci tematiche associate 1,0 1,1 1,1 1,3 - 1,5al destinatario per accordodedicato% sul totale ricorrenze 11,2% 28,9% 18,6% 34,3% 7,0% 100,0%del destinatarioPresenza destinatario 5,0% 24,8% 16,6% 26,4% - 26,5%sul totale accordiFonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

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PARTE PRIMA t La contrattazione sociale nel 201628

accordi che sono orientati a misure rivolteall’accoglienza di primo livello (Area 5) e al-tri accordi che intervengono sul piano del-l’inclusione sociale (Area 8).

u SCHEDE TEMATICHE: MISURE,PROGETTI, INTERVENTI

Contrasto della povertàLa presenza delle famiglie e dei cittadini incondizione di povertà tra i destinatari degliinterventi dalla contrattazione sociale è increscita negli ultimi anni. Come evidenziatonelle pagine precedenti, gli accordi 2016 ri-levano tale presenza in circa 3 accordi su 4.Analogamente, la presenza delle misurespecifiche volte al contrasto della povertà èugualmente radicata; ma la sua analisi nonè lineare, dal momento che sono molteplicigli interventi e i capitoli di politica socialeche possono contribuire allo scopo, sia di-rettamente sia indirettamente, in forma or-ganica o puntuale. Le misure specificamente indicate come di“contrasto della povertà” si ritrovano nell’A-rea 5 (Politiche socio-sanitarie e assistenzia-li) e nel complesso ricorrono in circa la metàdei documenti, con uno o più interventi peraccordo. Queste misure sono per lo più le-gate a interventi dei servizi sociali comunalio di Ambito, attraverso erogazioni moneta-rie, beni e servizi di base, iniziative di inclu-sione sociale e occupazionale. I destinatari “famiglie o individui in condi-zione di povertà” si ritrovano anche nel me-rito di altre misure presenti nelle aree tema-tiche negoziate: in particolare nell’area delfisco locale (Area 7) e in quella delle politi-che abitative (Area 9). Per quanto tali misu-re vadano a sostenere aspetti importantidella condizione dei cittadini in difficoltà so-cio-economica, l’integrazione con il sistema

dei servizi e con una presa in carico com-plessiva è più labile, configurando una se-conda fascia di misure di contrasto della po-vertà, o da un altro punto di vista misurevolte al contenimento dei processi di impo-verimento (contributi per l’abitare, accessoagevolato ai servizi sociali, esenzioni o alleg-gerimento del carico fiscale e tariffario).Non sono sempre evidenziate le cornici degliinterventi di contrasto della povertà che sicollocano nell’ambito dei servizi sociali, an-che per la natura stessa degli accordi (spessointese omnibus sul bilancio di previsione deiComuni) e per le modalità di stesura che siconcentrano prevalentemente sulle risorsestanziate e sul loro utilizzo, ma assai più rara-mente sugli aspetti tecnico-organizzativi chene prevedono l’implementazione. Laddoveinvece è descritto anche il quadro dei servizi,le azioni paiono generalmente ispirate a unapresa in carico complessiva, alla valutazionedei bisogni, ed eventualmente a progetti per-sonalizzati di attivazione e/o interventi spe-cifici di sostegno al reddito. In tal senso, i medesimi interventi (ad esem-pio il sostegno dei bisogni primari, attraversopacchi alimentari, buoni spesa etc.) possonoassumere sfumature differenti: apparire iso-lati ed episodici, oppure collocarsi all’internodi un quadro organico di interventi. Per un al-tro verso, anche gli interventi che non preve-dono una presa in carico diretta ma l’accessoa prestazioni agevolate tramite domande ebandi specifici (esenzioni rette dei servizi perl’infanzia, fondi affitto, contributi una tantume riduzioni delle tariffe dei rifiuti, etc.) posso-no offrire ugualmente un contributo per ilcontrasto della povertà, che non richiede e-splicitamente – ma in qualche misura pre-suppone – una qualche forma di presa in ca-rico, per quanto eventualmente “leggera”. Queste due dimensioni non paiono dialoga-re al meglio, almeno attraverso i testi di ac-

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cordo, mentre potrebbero essere messe inrapporto mediante un’azione proattiva ver-so la popolazione a rischio povertà, non for-malmente in carico e non conosciuta daiservizi, ma che accede abitualmente a pre-stazioni sociali agevolate e riduzioni delletasse e tributi locali.Nei testi di accordo emerge il tema – espli-citamente, o implicitamente – dell’integra-zione e della coerenza dei diversi strumentidi contrasto della povertà e di quelli “anti-crisi”. In alcuni accordi, ad esempio, si sot-tolinea il tema della progressione degli in-terventi: interventi ordinari, straordinari, perbisogni specifici, contributi d’emergenza. Lacreazione di uno strumento di contrastodella povertà di livello nazionale – al di làdelle criticità sottolineate dall’Alleanza con-tro la povertà e da altri attori politici e so-ciali – è senz’altro una sfida posta all’organi-cità delle misure locali fin qui adottate e, diconseguenza, alla contrattazione socialestessa. A proposito di integrazione tra misu-re, in alcuni accordi si cita la necessità dicombinare gli interventi propri dell’entecon la sperimentazione del Sia e con altremisure di livello superiore (specie nelle re-gioni in cui è prevista una normativa specifi-ca sul contrasto della povertà), ad esempioper stabilire criteri complementari riguar-danti le soglie Isee e la condizione occupa-zionale che consentano di recuperare le do-mande non ammissibili per il Sia e di esten-dere la platea dei beneficiari. La problema-tica dell’integrazione è tuttavia posta so-prattutto sul piano delle procedure, e menosu quello del coinvolgimento degli attori edei livelli di intervento istituzionale.Dal punto di vista della componente econo-mica del sostegno, sono ricorrenti gli impe-gni per una maggiore sistematicità degli at-tuali fondi anticrisi, attraverso la loro unifi-cazione in un unico fondo oppure mante-

nendo fondi dedicati a temi sociali specifici(casa, inserimento lavorativo, sostegno so-cio-educativo, etc.), o distinguendoli perfunzioni differenti (contributi ordinari me-diante bandi e graduatorie, contributi di e-mergenza, etc.). L’unificazione o quantomeno la sistematiz-zazione degli interventi anticrisi e di contra-sto della povertà si accosta al tema dei rap-porti tra i livelli istituzionali del sistema deiservizi. Il dispositivo degli interventi – rego-lamento, procedure, soggetti gestori, etc. –è considerato generalmente a un livello ot-timale quando viene assunto alla dimensio-ne di Ambito territoriale sociale. Questoprocesso può presentare forme e modalitàdiverse: rafforzando i servizi di Ambito e la-sciando ai comuni la contribuzione indiret-ta; stimolando punti di accesso diversificatisul territorio (centri famiglie, i servizi sociali,sportelli informativi pubblici e in raccordocon l’associazionismo); attivando anchel’associazionismo comunale specie per alcu-ne politiche di respiro territoriale (sostegniper l’affitto e morosità incolpevole, sviluppoErp, progetti speciali di social housing, etc.).Diverse sperimentazioni (Piemonte, Lom-bardia, Toscana) hanno realizzato la condi-visione degli sforzi anticrisi mediante la co-stituzione di fondi provinciali/territoriali,tuttavia non necessariamente coincidenticon gli ambiti sociali. Tali iniziative hanno vi-sto il contributo progettuale delle organiz-zazioni sindacali.Il tema di un uso dei trasferimenti monetariche integri differenti misure e non sia con-traddittorio rispetto ai criteri di ciascuna diesse (ad esempio con il Sia/Rei) viene postoda interventi sul “minimo vitale”, una e-spressione che trova realizzazione in formevariegate. In alcuni casi, il minimo vitale de-finisce una soglia Isee (ordinario o corrente)al di sotto della quale si prevedono agevola-

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PARTE PRIMA t La contrattazione sociale nel 201630

zioni ed esenzioni dal costo dei servizi. Vasottolineato che tra le prerogative del livellocomunale/territoriale vi è proprio la gestio-ne del sistema dei servizi, e quindi a questolivello sarebbe utilizzabile la leva dei contri-buti indiretti contro la povertà, ovvero perl’accesso agevolato o esentato dalla com-partecipazione. In altri contesti, il minimovitale è inteso come erogazione economicafino al raggiungimento di un contributomonetario – di entità variabile in relazioneal beneficio proveniente dal Sia o da misureregionali analoghe – legato a un progettopersonalizzato. D’altra parte, i provvedi-menti locali possono intervenire sull’utenzanon ammessa alle misure nazionali o regio-nali, perché al di fuori dei criteri reddituali ofamigliari di accesso.Si sottolinea in alcuni accordi la necessità diconiugare la strutturalità dei fondi anticrisie di contrasto della povertà con la ridefini-zione delle iniziative di inserimento lavora-tivo e work experience, sia legate alla presain carico da parte dei servizi sociali sia orien-tate puramente all’inclusione occupaziona-le. La necessità di ridefinire tali strumenti sibasa anche sulla grande varietà di iniziativerealizzate in questi anni: borse lavoro e uti-lizzo del servizio civile (per attività sociali,progetti culturali, assistenza educativa, etc.),cantieri di lavoro, voucher di lavoro acces-sorio per episodici interventi di manuten-zione e gestione del verde pubblico, “levevolontarie” a titolo gratuito in funzione di“baratto amministrativo”, tirocini formativiper giovani che hanno assolto gli obblighi diistruzione-formazione, etc.Le azioni di inserimento lavorativo rappre-sentano iniziative di frequente parcellizzatecomune per comune, sostenute dalle fontipiù varie (risorse proprie, fondazioni banca-rie, progetti regionali o accesso ai bandi Por,etc.). Spesso negli accordi con i comuni tali

azioni sono enumerate insieme agli altri e-ventuali interventi antipovertà, in modo piùo meno organico. In altri testi rientrano neicapitoli per il sostegno dell’occupazione; inaltri ancora all’interno degli interventi piùstrettamente sociali e assistenziali messi inopera dai servizi comunali o di Ambito. Ri-sulta assai raro che accordi specifici vadanoa dettagliare gli obiettivi, le procedure, le fa-si della presa in carico, i rapporti tra servizi einteristituzionali che tali progetti richiede-rebbero (ad esempio con i Centri per l’im-piego, con i consorzi dei servizi sociali, congli attori economici del territorio e le loroassociazioni). L’efficacia della progettazionee della programmazione di tali interventidovrebbe tradursi nell’impegno a orientarele attività almeno a livello di Ambito territo-riale sociale, sia per integrare risorse e per-sonale dei singoli comuni sia per coinvolge-re i soggetti istituzionali e le parti sociali. L’attuale sistema d’offerta di occasioni di in-clusione occupazionale appare ancora disor-ganico: voucher, borse-lavoro, tirocini for-mativi e altre forme non paiono di frequenteintegrate in percorsi di inserimento benchiari; con una differenziazione anche deipunti di accesso a tali risorse (percorsi di pre-sa in carico da parte dei servizi, sportelli la-voro gestiti in proprio dai comuni o in con-venzione con l’associazionismo e la coope-razione sociale). Naturalmente non sono e-scluse frizioni o criticità: ad esempio fin dovespingere un modello di presa in carico basa-to su progetti personalizzati? In che misurautilizzare standard e strumenti sperimentatiper il godimento di prestazioni sociali age-volate (in primis, l’Isee) anche per l’accessoalle iniziative di inclusione lavorativa?Tuttavia, esperienze che approfondisconoproprio l’integrazione dei servizi emergonodai testi di accordo: a partire dalla gover-nance che include tavoli permanenti (eco-

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nomia e politiche attive per il lavoro) per ladefinizione congiunta, sia a livello comunaleche di Unione di comuni, di progetti che ve-dano il coinvolgimento delle istituzioni, del-le organizzazioni sindacali (confederali e dicategoria, ad esempio della scuola), dellesocietà partecipate, delle imprese e dellebanche. Accanto a questo livello, l’accessoper i cittadini viene garantito da sportelliper il lavoro a livello d’Ambito territorialesociale, i quali curano il pre-assessment el’orientamento. Le iniziative risultano varie-gate: tirocini e formazione, inserimento oreinserimento finalizzato all’inclusione so-ciale, all’autonomia delle persone e alla ria-bilitazione, anche uso di voucher di lavoroaccessorio; percorsi nei quali valutare l’o-rientamento dei cittadini allo strumentopersonalizzato più adeguato, anche attra-verso la formazione di équipe multidiscipli-nari e networking tra istituzioni diverse. Inquesto contesto integrato, assumono un se-gno meno episodico e precario anche la di-stribuzione di beni di prima necessità e pro-dotti alimentari (in raccordo con la piccolae grande distribuzione o con le scuole delterritorio nell’ambito di progetti per la ridu-zione degli sprechi).In linea generale, laddove le iniziative sem-brano più organiche e strutturate (presa incarico più solida e personalizzata, iniziativecoordinate tra Comuni e Ambiti sociali ter-ritoriali, integrazione esplicita di risorse ecoinvolgimento di attori diversi) sono inclu-se più frequentemente le politiche di soste-gno all’abitare e i servizi socio-educativi.

Politiche per l’infanziaCome è stato osservato nelle pagine dedi-cate ai destinatari, gran parte delle temati-che trattate a favore di minori e infanzia siconnette con l’offerta scolastica. In questadimensione, l’intreccio con gli aspetti eco-

nomici riguardanti rette e tariffe dei serviziè prevalente. Il 2016 va ancora consideratoun anno di passaggio, che vede a un tempola generalizzazione dello strumento Isee perla determinazione delle rette dei nidi o delletariffe delle mense scolastiche e dei traspor-ti. Pertanto, a fronte di un generale mante-nimento dei livelli di contribuzione su unpiano di stabilità, le preoccupazioni ricor-renti negli accordi vanno al complesso dellasostenibilità di bilancio della compartecipa-zione in base a Isee, specie laddove questaera già generalizzata all’intero spettro deiservizi. Rispetto al campo specifico dei ser-vizi per l’infanzia e i minori, la comparteci-pazione è già significativa: quando è citata,si attesta a seconda dei contesti locali su li-velli tra il 40% e il 60%. A proposito di compartecipazione, si evi-denziano alcune tendenze generali. Anzitut-to, una tensione all’omogeneizzazione deiregolamenti Isee almeno a livello di Ambitoterritoriale sociale. In alcuni contesti, a livel-lo d’Ambito i comuni associati hanno, in pri-mis, focalizzato l’attenzione sulle linee ge-nerali (finalità, destinatari, soglia iniziale, fi-nale, quota minima e massima, ecc.), par-tendo da bozze di regolamento già adottatenei territori vicini o utilizzando linee guidapredisposte attraverso accordi con l’Anci re-gionale. Naturalmente non sono assenti dif-ficoltà di omogeneizzazione, anche per i co-sti del servizio differenti in ciascun Comune:pur a fronte di regolamenti comuni, non so-no omogenee le condizioni di base (i costidel personale o di gestione delle strutture). Si intravede anche l’influenza esercitata dalladomanda sociale in mutamento: differenzia-ta e con bisogni variegati. In generale sonosegnalate scarse o assenti liste d’attesa, an-che per un minore ricorso ai servizi per l’in-fanzia da parte dei cittadini. Ciò, per un altroverso, può provocare situazioni critiche circa

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PARTE PRIMA t La contrattazione sociale nel 201632

la tenuta stessa dei servizi pubblici (chiusuradi asili nido e scuole per l’infanzia, esterna-lizzazione dei servizi a favore di cooperativesociali). A questo proposito, sono rari gli ac-cordi in cui viene tematizzata l’esigenza dimonitoraggio dei servizi in appalto riguar-danti specificamente quelli per l’infanzia.Negli accordi si pone diffusamente il temadei servizi a livello di Ambito. Le soluzionipaiono differenti: la semplice adozione diregolamenti Isee di Ambito; la gestione as-sociata di alcuni servizi integrativi scolasticied extrascolastici (mense, trasporti, pre-scuola, post-scuola, corsi ed attività educa-tive e ricreative); la condivisione dell’offertascolastica e dei servizi a livello di Ambito,anche attraverso l’accesso dei residenti deicomuni limitrofi con tariffe differenziate e inbase a quote. Negli accordi ricorrono in misura minore leintese sui regolamenti dei servizi educativinel loro complesso. In tal modo risulterebbepossibile sviluppare anche l’integrazione traservizi per l’infanzia e servizi di sostegno allapopolazione e di contrasto della povertà,specie attraverso i servizi integrativi (centrigenitori-figli, dopo-scuola e centri estivi) el’accesso a risorse economiche di varia ori-gine (Fondazioni di origine bancaria, fondiregionali, associazionismo). L’adozione generalizzata dell’Isee viene ac-compagnata da diverse soluzioni per coniu-gare la progressività della compartecipazio-ne e la presa in carico di situazioni specifi-che: ad esempio, si ritrovano impegni a mo-nitorare il sistema dei servizi (copertura, do-manda, criticità sociali emergenti) e per ri-definire periodicamente le fasce Isee; per in-trodurre un calcolo puntuale delle tariffe –e non per fasce –; per valorizzare e facilitarel’utilizzo dell’Isee corrente; per concentrareeventuali risparmi o avanzi di risorse a favo-re di soggetti specifici, delineando implici-

tamente una misura migliorativa del previ-sto Isee corrente (riduzione rette dei nidiper lavoratori in Cig per almeno alcuni mesinel corso dell’anno, o per coloro che hannoperso il posto di lavoro). Le quote delle rettepossono essere variabili, parzialmente, inbase alla frequenza effettiva. Naturalmente, il sistema della comparteci-pazione ai costi dei servizi per l’infanzia – edi quelli sociali, più in generale – deve esserearmonizzato con gli orientamenti della fisca-lità locale. In alcuni casi si propone l’unifor-mità della soglia di esenzione dalla compar-tecipazione al costo dei servizi e di quella dalpagamento di tasse e tributi locali. In altri ca-si le stesse soglie e fasce Isee – per rette deinidi, mense e trasporti scolastici – risultanodifferenziate tra cittadini con reddito preva-lente da lavoro dipendente/pensione e cit-tadini con altri redditi, almeno per quanto ri-guarda la fascia di esenzione.Al di fuori della trattazione – anche creativae interessante – della dimensione tariffaria edella gestione territoriale dei servizi, sono as-sai meno frequenti i riferimenti ad aspettiqualitativi. Specie a livello di territoriale, ilconfronto si concentra sulla ridefinizione de-gli ambiti scolastici, sulla salvaguardia dellastabilità pluriennale degli istituti e della qua-lità dell'offerta formativa con il fine di tutela-re le professionalità del personale della scuo-la. Alcuni paragrafi specifici degli accordi af-frontano il tema dello stato delle rete scola-stica comunale, impegnandosi per iniziativedi recupero edilizio e manutenzione. Il tema della conciliazione vita-lavoro appa-re episodicamente, in relazione all’estensio-ne degli orari degli asili nido (mediante lacreazione di classi ad orario prolungato omediante l’acquisto di “pacchetti” di pro-lungamento dell’orario). I progetti socio-e-ducativi sono ugualmente rari – nei testi diaccordo, certamente non nelle attività sco-

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lastiche definite a livello di istituto –, ad e-sempio per la cura del verde pubblico, perla promozione dell’identità territoriale edell’economia locale, per scambi culturalianche attraverso risorse europee e in rac-cordo con altri enti pubblici, per progetticulturali e di integrazione (mensa self-servi-ce con attenzione a differenziare gli avanzi,prodotti biologici e locali per il menu, accor-di di programma per l’integrazione scolasti-ca in attuazione della Legge 104/1992).

Fiscalità localeL’area tematica che raccoglie interventi emisure di politica fiscale locale è uno dei pi-lastri della contrattazione sociale territoria-le. Si tratta dell’area più presente nel 2016,dal momento che si ritrova in circa 9 accordisu 10. Molte componenti tematiche di que-st’area risultano in crescita, in particolare latrattazione delle tariffe dei servizi pubblici(trasporti, utenze domestiche, rifiuti) chenel complesso si ritrovano in circa i due terzidegli accordi; e le imposte locali (principal-mente Imu, Tasi, Irpef) risultano presenti intre quarti degli accordi.Un altro elemento monitorato è rappresen-tato dall’Isee; aspetto di particolare interes-se nell’anno dell’applicazione compiuta del-lo strumento, ridefinito in base alla riformaentrata in vigore nel 2015 a seguito delDpcm 159/2013. Difficile valutare quantita-tivamente la diffusione dell’Isee, dal mo-mento che le ampie citazioni esplicite dellostrumento (circa nel 60% degli accordi) pos-sono prevederne la sua conferma pura esemplice, l’estensione a un più ampio spet-tro di servizi e prestazioni, oppure un nessopiù stringente tra i criteri di accesso a servizi,trasferimenti e prestazioni agevolate di na-tura sociale e/o assistenziale e l’intero im-pianto della tassazione locale.A livello assai generale, l’Isee si va diffonden-

do come principale criterio per l’accesso a-gevolato a determinati servizi di livello co-munale o di Ambito territoriale sociale. Essoviene utilizzato mediante l’applicazione disoglie di esenzione e/o fasciazione per lacompartecipazione ai costi dei servizi edu-cativi, sociali e socio-sanitari (asili nido, ser-vizi integrativi per l’infanzia, trasporto socia-le, pasti a domicilio, servizi domiciliari perdisabili e non autosufficienti). Sono presen-ti, nonostante la migliore adeguatezza dellostrumento rinnovato nel 2015, anche com-ponenti integrative e aggiuntive che vengo-no definite a livello locale (ad esempio ilpossesso di determinati beni di consumodurevoli, o differenziazioni in base alla fonteprincipale del reddito famigliare, specie inpresenza di lavoro autonomo).Nel complesso, dai testi di accordo noncompaiono evidenze di un impatto negati-vo degli schemi di compartecipazione finqui adottati sulla sostenibilità economicadegli enti locali (peraltro, in diversi accordisi confermano i dati aggregati nazionali suuna diminuzione delle Dsu). In alcuni con-testi si è proceduto a un’accentuazione del-la progressività della compartecipazione,con una riduzione dei contributi per le fascepiù basse e un innalzamento per quelle piùalte o per le tariffe intere. Nelle regioni in cui è maggiormente svilup-pata la contrattazione sociale, e quindi an-che il raccordo tra i diversi livelli negoziali(comunale, intercomunale, regionale) nondi rado gli accordi comunali fanno riferi-mento a modalità di utilizzo dell’Isee in basead accordo regionale con Anci o con la Re-gione. Si tratta di una soluzione ricorrente,che facilità la diffusione di criteri omogenei,per quanto generali. Più complesso l’effettodi omogeneizzazione e di dettaglio adotta-to a livello di Ambito, laddove i soggettichiamati a fornire norme di cornice sono

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anche gli stessi che (ciascuno nel propriocomune, o attraverso servizi associati terri-toriali) hanno il compito di applicare i rego-lamenti. Alcune agevolazioni si prestano almeglio a una regolazione sovracomunale,specialmente di Ambito territoriale sociale;in particolare per la compartecipazione aiservizi per l’infanzia, a quelli domiciliari e re-sidenziali per anziani, disabili e non autosuf-ficienti; ma anche per i costi delle utenzedelle multiutility del territorio, specie se par-tecipate dall’ente locale.Sempre più l’Isee compare anche al di fuoridal campo della compartecipazione ai costidei servizi di natura sociale – intesi in sensoampio –. La sua applicazione va estendendo-si anche ai criteri per il calcolo di tariffe locali,quali la Tari, sia nella modalità per fasce sia inquella dei fondi di restituzione. La Tari stessa,inoltre, è oggetto di agevolazioni per deter-minate categorie di cittadini, specie in con-dizione di disagio economico, legandosi inalcuni casi alle opzioni di “baratto ammini-strativo” che prevedono la prestazione di at-tività volontarie socialmente utili – specie nelcampo nella manutenzione del verde e del-l’igiene urbana – in cambio di agevolazioni oesenzioni dal pagamento della tariffa stessa.In alcuni contesti territoriali l’Isee viene uti-lizzato per l’esenzione o per contributi diret-ti a sostegno della spesa sanitaria (prestazio-ni specialistiche e acquisto dei farmaci).La diffusione generalizzata dell’Isee si riflettenell’esigenza – ancora in fase embrionale ein discussione in alcuni territori – a unifor-mare i regolamenti Isee sia riguardo allacompartecipazione ai costi dei servizi e perl’accesso alle prestazioni agevolate sia a pro-posito delle modalità di alleggerimento del-la tassazione e delle tariffe. D’altra parte visono già da tempo esperienze di modula-zione delle tasse e dei tributi locali – in par-ticolare dell’Irpef comunale – attraverso la

fasciazione progressiva e una soglia di esen-zione che, laddove presente, si colloca me-diamente intorno ai 12-15.000 euro di im-ponibile Irpef. Modalità alternativa alla fa-sciazione progressiva delle aliquote Irpef ri-siede nell’utilizzo dell’Isee per l’accesso aifondi di restituzione, che in tal modo tengo-no in conto (se commisurati a fasce e soglieIsee corrispondenti a condizioni di effettivanecessità) del complesso dei redditi e deipatrimoni del nucleo e non solo dei redditidel singolo, nonostante l’eterogeneità tratassazione sui redditi e il misuratore utiliz-zato (reddituale-patrimoniale). Tali fondipertanto non incidono alla fonte (mediantesoglie di esenzione e/o aliquote progressivesui redditi), ma si applicano a posteriori me-diante una valutazione complessiva dellacondizione economica dei contribuenti, de-finita attraverso l’Isee. Accanto a queste op-zioni sono presenti altre modalità di agevo-lazione e fasciazione differenziata, ad esem-pio tra lavoratori dipendenti e autonomi,oppure tra nuclei pluripersonali e monoper-sonali (specialmente per le fasce di accessoo di esenzione), oppure favorendo determi-nate categorie di cittadini e famiglie (con fi-gli sotto i 26 anni e con adulti ultra 75enni). Ciononostante, le condizioni categoriali,personali, economico-reddituali in base allequali viene concessa o meno un’agevolazio-ne tariffaria si traducono raramente in un u-nico schema di accesso organico alle agevo-lazioni, se non in alcuni rari casi in cui si pre-vede l’esenzione totale per famiglie che go-dono di contributi di emergenza e contro lapovertà grave, in carico ai servizi sociali co-munali o di Ambito.Nei testi di accordo, i margini di manovra peragevolazioni e alleggerimenti – mirati o ge-neralizzati – della pressione fiscale o delle ta-riffe sono legati soprattutto all’efficacia dellestrategie antievasione, e più raramente al rag-

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giungimento degli obiettivi di efficienza deiservizi (ad esempio all’incremento della rac-colta differenziata, nel caso della Tari). L’effi-cientamento del servizio può rappresentareun fattore supplementare per aumentare imargini di revisione delle tariffe in funzionedelle capacità reddituali delle famiglie.Risulta in crescita la trattazione delle tema-tiche antievasione, in forme più mature ri-spetto agli anni passati. Sebbene non in ma-niera omogenea nei diversi territori, gli ac-cordi registrano i buoni risultati dell’attivitàdi accertamento e recupero delle impostenon versate, e in genere la loro destinazioneai capitoli di spesa sociale e, in particolare, afondi anticrisi, all’inclusione lavorativa e a i-niziative di contrasto della povertà. In alcuniaccordi questo approccio prende una formastrutturale mediante la costituzione di veri epropri “fondi per la perequazione fiscale”. Ri-spetto alla dimensione territoriale, emergela necessità di estendere l’attività antievasio-ne a livello di Ambito sociale, di concertocon i singoli comuni che dovrebbero impe-gnarsi nella revisione della banca dati immo-biliare e nell’integrazione dei servizi informa-tivi con quelli dell’Agenzia delle entrate. Viceversa, sono scarsamente presenti negliaccordi gli impegni per controlli e verifichesulle Dsu presentate per l’agevolazione el’accesso ai servizi. In alcuni casi sono detta-gliati veri e propri piani antievasione che ri-chiamano il livello organizzativo e gestiona-le degli enti pubblici: formazione di profes-sionalità interne in materia di contrasto al-l'evasione fiscale; costituzione di tavoli tec-nici intersettoriali (composti dal personaleassegnato agli uffici tributi, patrimonio, le-gale, marketing territoriale, urbanistica, ana-grafe, lavori pubblici, etc.) per lo svolgimen-to delle attività collegate al perseguimentodelle politiche di equità fiscale. Tali interven-ti sono previsti anche con cofinanziamento

regionale, utilizzando personale interno o senecessario società esterne (previo confron-to con le organizzazioni sindacali).

ImmigrazioneNel corso del 2016, degli oltre 600 accordiraccolti e analizzati oltre il 20% ha previstoalmeno una misura destinata agli immigrati.Queste misure si concentrano in due ambitiprincipali di politica sociale locale: l’areaprettamente sociale, assistenziale e socio-sanitaria (Area 5); e l’area delle iniziative perle pari opportunità e il contrasto delle di-scriminazioni (Area 8); mentre assai limitataè la presenza esplicita degli immigrati tra ibeneficiari di interventi per l’inserimento la-vorativo, tramite forme variegate di workexperience (Area 6). Pertanto, gli interventi per i quali è esplicitoil riferimento agli immigrati si concentranosoprattutto su due dimensioni: accoglienzaed emergenza, rivolgendosi sia a condizionidi povertà e marginalità sociale sia al soste-gno della rete dei servizi per i richiedenti a-silo e altre forme di protezione umanitaria;dall’altro lato – successivo alla pura e sem-plice accoglienza, o gestione della cosiddet-ta emergenza – vi sono azioni destinate agliimmigrati già residenti in modo stabile nelpaese (ad esempio, integrazione socio-cul-turale in ambito scolastico – principalmenterivolta a donne e minori –, sportelli informa-tivi presso i Comuni, apprendimento dellalingua italiana per adulti, attività culturali einterculturali). Va specificato che la contrattazione socialeper definizione non è “categoriale”; pertan-to non beneficia a priori una categoria spe-cifica di cittadini (o lavoratori/trici), se nonnella misura in cui gli interventi siano chia-ramente indirizzati a un particolare gruppodi popolazione (ad esempio servizi per l’in-fanzia, non autosufficienza, etc.). Occorre

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quindi sottolineare che i benefici della con-trattazione sociale per la popolazione immi-grata si intrecciano generalmente con quelliper la popolazione nel suo complesso, omeglio con le componenti a medio-bassoreddito comprese tra i lavoratori dipenden-ti. Ad esempio, la progressività del prelievofiscale locale e della compartecipazione aicosti dei servizi e delle prestazioni sociali in-cide in modo favorevole su una popolazionestraniera che si concentra nelle fasce di red-dito basse e ha più alti tassi di fecondità (vd.rette dei servizi per l’infanzia). Sotto un altroaspetto, la popolazione occupata immigratasi concentra in settori specifici (terziario abassa qualificazione, edilizia, agricoltura,servizi alla persona) per i quali può essered’aiuto una forma di regolazione concorda-ta tra amministrazioni e sindacato: “clausolesociali” degli appalti pubblici, servizi allanon-autosufficienza e qualificazione del la-voro di cura, servizi rivolti alla conciliazionevita-lavoro (ad esempio, pre e post-scuola). Peraltro, una forma di tutela sociale e di cit-tadinanza, non legata alla posizione occupa-zionale, è fondamentale per una componen-te della popolazione che, pur mostrando tas-si di sindacalizzazione più diffusi di quella ita-liana, non gode allo stesso modo dei vantaggidella contrattazione integrativa aziendale,ancora limitata nella sua diffusione e perlopiùconcentrata nel Centro-Nord del paese e nel-le imprese di medie e grandi dimensioni.In terzo luogo, vi è un campo di interventidi contrattazione sociale che è rivolto alle a-ree del disagio e dell’esclusione sociale. Sitratta del vasto repertorio di iniziative di so-stegno, sia diretto sia indiretto, attraversoservizi, prestazioni sociali agevolate e trasfe-rimenti da parte delle amministrazioni loca-li e degli enti gestori dei servizi sociali: con-tributi per l’affitto, esenzioni da rette e costidei servizi, sostegni monetari o mediante

beni di prima necessità per le situazioni diindigenza, e altro ancora. In sostanza, le tre dimensioni della contrat-tazione sociale per gli immigrati prevedono:1) misure specificamente destinate agli im-migrati, attinenti ai campi di solito associatiall’“integrazione” (accoglienza, emergenza,donne e minori); 2) provvedimenti regola-tivi (accesso ai servizi, compartecipazione,sostegno al reddito, regolazione degli ap-palti pubblici, qualificazione del lavoro dicura, etc.) rivolti a un profilo sociale di im-migrati coincidente, nella sostanza, conquello dei lavoratori dipendenti a redditomedio-basso; 3) interventi a beneficio dellapopolazione (straniera e non, naturalmen-te) in condizione di difficoltà e disagio so-ciale, mediante servizi, prestazioni sociali a-gevolate e trasferimenti anche monetari. Può risultare di un certo interesse osservarei modi in cui queste dimensioni (quella spe-cifica e le due dimensioni trasversali) degliinterventi locali a beneficio degli immigrativengono rappresentate nel dibattito socia-le e politico. Gli interventi specifici (speciequelli riguardanti l’emergenza e l’acco-glienza) spesso risultano fonte di polemicapubblica, sia per l’entità delle risorse impe-gnate (per quanto in genere non a caricodelle amministrazioni locali) sia per la per-cezione del “tema immigrazione” nell’a-genda dell’opinione pubblica. Le due di-mensioni trasversali sono entrambe centra-li per le prerogative e le responsabilità eser-citate dagli Enti locali, per quanto il loro “u-so pubblico” sia decisamente diverso. Da u-na parte, vi sono le misure regolative e disostegno del lavoro dipendente che com-prendono la componente immigrata, dal-l’altra vi sono gli interventi destinati alle fa-sce di popolazione in condizione socialecritica. Le prime creano potenzialmente“alleanze sociali” tra residenti immigrati e i-

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taliani, potenziando una voice trasversale,basata su un piano di reciproco riconosci-mento a partire da alcuni bisogni (inseri-mento scolastico, conciliazione vita-lavoro,garanzie per persone assistite e per le lavo-ratrici della cura, diritti del lavoro negli ap-palti pubblici, etc.); le seconde, al contrario,vengono rappresentate di frequente neipunti di frizione creati dalla distribuzionedelle “risorse scarse” del welfare, rivolte afasce sociali socialmente marginali e pocorappresentate politicamente. E questi dueaspetti risultano intrecciati: mentre nel di-scorso pubblico si enfatizza la presuntacompetizione a proposito delle risorse de-stinate agli interventi sociali contro esclu-sione e povertà (la “guerra tra poveri”, il“gioco a somma zero”); si tace, solitamente,sul fatto che un accento posto sul profilosociale prevalente degli immigrati è unacondizione per un’attenzione più solida allacondizione di larga parte del lavoro dipen-dente e alle sue trasformazioni.

Politiche abitativeI temi relativi alla casa e all’abitare si ritrovanoall’interno dell’Area 9 (Politiche abitative edel territorio). L’area nel suo complesso risul-ta presente in circa i due terzi degli accordi2016. Il raggruppamento di voci specificheche si riferiscono alle politiche dell’abitare, insenso stretto, si ritrova in metà dei documen-ti analizzati. Nello specifico delle tematichedi intervento, l’andamento degli anni più re-centi ha visto una contrazione del sostegnodiretto agli affitti attraverso i fondi per la lo-cazione (nel 2016 circa un quinto degli ac-cordi), accanto a una crescita di tematichesacrificate negli anni centrali della crisi: l’edi-lizia sociale (come si vedrà, attraverso formevariegate, e a scale assai diverse), la riqualifi-cazione del patrimonio abitativo esistente, gliinterventi per l’emergenza abitativa.

Quest’ultimo aspetto in particolare si lega siaa interventi per il disagio sociale acuto e perl’accoglienza dei migranti sia ad accenni dicrescita dell’elemento abitativo nei capitolidegli accordi che fanno riferimento al contra-sto della povertà. In alcuni casi, i temi relativiall’edilizia sociale sfumano nell’emergenza a-bitativa, che tende a sovradeterminare i capi-toli sull’edilizia residenziale pubblica; si sot-tolinea anche la diminuzione delle richiestedi contributi per gli affitti, corrispondente aun aumento della morosità incolpevole. L’emergenza abitativa è declinata in formespecifiche nei diversi accordi, anche in rela-zione alle caratteristiche territoriali. Due e-lementi appaiono sottotraccia: il ruolo delTerzo settore e le modalità di presa in caricoadottati dal sistema dei servizi sociali. Attra-verso i progetti più innovativi – o quantome-no non convenzionali – promossi dagli ac-cordi, si delinea il ruolo di un associazioni-smo vivace e di una modalità di presa in cari-co capace di lavorare per progetti integraticon i beneficiari degli interventi: ad esempio,anche mediante la presa in carico dei nucleia rischio di decadenza dalle abitazioni di e-dilizia sociale, o sottoposti a sfratto dall’edi-lizia privata; progetti di “casa sociale”/“con-dominio sociale” e accordi con il volontaria-to per iniziative di accoglienza ed emergen-za; portierato sociale realizzato con il contri-buto di nuclei in emergenza abitativa, co-housing per senza fissa dimora, etc. Ciononostante, in generale lo strumento piùricorrente negli accordi che trattano di poli-tiche abitative è ancora oggi il sostegno eco-nomico per gli affitti. Risulta generalmenteassociato allo strumento Isee, per quanto ra-ramente se ne sottolinei l’integrazione o l’o-mogeneizzazione con le modalità di accessoai servizi a domanda individuale. Il sostegnoall’affitto può non limitarsi all’erogazione dicontributi economici: ad esempio si conso-

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lidano le agenzie per la locazione che pro-muovono, mediano e garantiscono i con-traenti nella stipula di contratti di locazioneagevolati – specie a canone concordato –, u-tilizzando risorse specifiche sia proprie sia re-gionali, anche costituendo fondi rotativi. Icompiti della agenzie possono variare dal-l’incontro tra domanda e offerta all’accom-pagnamento nella ricerca di un nuovo allog-gio, dall’erogazione di contributi di prima si-stemazione all’anticipo della caparra d’affittoe delle prime mensilità, ma anche contributiin “conto riscatto” (rent to buy) per l’acqui-sto della prima abitazione dopo almeno uncerto numero di anni di locazione. In questi ambiti sono utilizzate risorse eco-nomiche di vario genere, ad esempio desti-nate al contrasto della “morosità incolpevo-le”, anche in termini preventivi con la trasfor-mazione dei contratti in essere – se a canonelibero – in contratti a canone concordato, ocomunque favorendo una rinegoziazionedei canoni. Lo stesso sostegno economicopuò essere orientato alla progettazione so-ciale a favore di categorie specifiche di per-sone, specie nelle fasi critiche di transizione:riduzione del reddito, passaggio dal contri-buto per l’affitto all’inserimento in Erp, odall’emergenza abitativa a Erp. Si segnalanoanche interventi di natura fiscale per soste-nere il mercato della locazione agevolata: adesempio la riduzione dell’aliquota Imu per a-bitazioni concesse in locazione in base agliaccordi territoriali (Legge 431/1998). Si evidenziano alcune esperienze basate sulcoinvolgimento di diversi attori locali, attra-verso lo strumento della fondazione di ter-ritorio o comunità, le quali hanno sviluppa-to investimenti per l’acquisto di patrimonioedilizio già costruito, da ristrutturare e offri-re a canoni agevolati. Lo stato del patrimonio residenziale pubbli-co è indicato in diversi accordi come un ele-

mento critico del sistema. Negli accordi vie-ne sottolineato il sottoutilizzo delle abita-zioni, sia per carenze organizzative e gestio-nali sia per condizioni di degrado strutturale(dimensioni, dispersione termica, vetustàdegli edifici). Tale problema viene affrontatocon approcci differenti: ad esempio me-diante l’impegno a investire eventuali risor-se acquisite dalla vendita di appartamentipubblici per le ristrutturazioni del patrimo-nio edilizio in condizioni peggiori, integran-do altri elementi progettuali di qualità (ri-duzione del consumo di suolo, manutenzio-ne ed efficienza energetica). Il recupero edi-lizio di appartamenti di proprietà pubblicapuò anche tradursi in una alternativa alla si-stemazione alberghiera, nelle situazioni diemergenza abitativa. Uno stato non ottimale del patrimonio abi-tativo pubblico è associato a tassi elevati dimorosità, con quote significative di assegna-tari assenti o privi dei titoli per il manteni-mento dell’assegnazione. Pertanto alcuniaccordi prevedono la condivisione di per-corsi di verifica delle assegnazioni, specie inaccordo con le agenzie per la casa. Più in ge-nerale, risulta precaria la condizione e incer-to il monitoraggio del patrimonio ediliziopubblico dismesso, in vista di una sua even-tuale valorizzazione sia per compensare mi-nori entrate sia per rispondere all’emergen-za abitativa. Poco rilievo viene assegnato negli accordi allapromozione di nuova costruzione di abitazio-ni di edilizia convenzionata (progetti Peep),con quote destinate a particolari categorie dipopolazione (giovani coppie residenti, anzia-ni), anche con contributi regionali, fondazio-ni bancarie, agenzie regionali per la casa.In linea generale, tali interventi sono realiz-zati contando sugli strumenti – economici edi governance – comunali o di prossimità.Raramente vengono promossi orientamenti

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alla condivisione di responsabilità a livelloquantomeno di Ambito territorialesociale/Unione di comuni. I campi in cui spe-rimentare una maggiore integrazione terri-toriale sarebbero nient’affatto trascurabili:monitoraggio e censimento continuo delpatrimonio pubblico; interventi di edilizia re-sidenziale; ripristino abitazioni non a norma;accordi con i servizi sociali per una quota diabitazioni da destinare a emergenza abitati-va; agenzie per l’affitto ma anche regola-menti e commissioni per l’assegnazione del-le abitazioni di Ambito/Unione; referente u-nico di Ambito per le politiche abitative.

AppaltiNegli accordi 2016 si segnala la significativapresenza, in discontinuità con gli anni pre-cedenti, di temi di accordo su appalti, lega-lità, procedure e relazioni con i fornitori dilavori pubblici e servizi - anche sociali. Nelcomplesso, circa il 30% degli accordi presen-ta queste tematiche, con una progressioneche ne ha raddoppiato la presenza ogni an-no a partire dal 2014. Per un verso, va consi-derato sullo sfondo il mutamento del qua-dro normativo, con l’introduzione del nuo-vo codice degli appalti (Dlgs 50/2016), enella fase appena precedente l’orientamen-to delle agende sindacali a definire impegnicomuni con le pubbliche amministrazioniriguardanti i diritti dei lavoratori e delle la-voratrici occupati nelle aziende destinatariedi appalti pubblici. Al di là dell’elemento di crescita quantitativa,gli accordi più recenti segnalano diversi ele-menti distintivi che rendono nel merito le ca-ratteristiche di un cambiamento di approc-cio, per quando in divenire. Emerge diffusa-mente l’estensione, soprattutto in termini diprospettiva, della dimensione territoriale i-deale per la regolazione degli appalti: il livelloprovinciale, quello intercomunale delle U-

nioni, degli Ambiti territoriali sociali. Questocon il fine di introdurre meccanismi di unifor-mità nei singoli comuni, ma anche per prefi-gurare centrali uniche di committenza. Inquesta fase giocano certamente un ruoloprotocolli e accordi stipulati dalle organizza-zioni sindacali con le istituzioni intermedie,come le Regioni e l’associazionismo comu-nale (Anci), attraverso linee guida in materiadi appalti pubblici e concessioni di lavori, for-niture e servizi. Peraltro, con l’introduzionedel nuovo Codice degli appalti, oltre alle te-matiche contrattuali a garanzia dell'occupa-zione e della tutela dei diritti delle lavoratricie dei lavoratori, assumono un peso rilevantela difesa della legalità e il miglioramento del-la qualità dei servizi pubblici. Anche facendoriferimento alla normativa già attiva da tem-po (es. i Piani di prevenzione dell’illegalitàprevisti dalla Legge n. 190/2012, Disposizioniper la prevenzione e la repressione della corru-zione e dell'illegalità nella pubblica ammini-strazione), si segnala la sottoscrizione di pro-tocolli per la legalità degli appalti e contro leinfiltrazioni criminali, specie nei settori più arischio (edilizia, trasporti, smaltimento rifiu-ti) e protocolli territoriali con le altre ammi-nistrazioni locali, gli attori economici e so-ciali del territorio.Rispetto ai contenuti, prevalgono le formuledi accordo sul contrasto del “massimo ribas-so” e per la promozione di controlli e verifi-che sulla regolarità contrattuale, previden-ziale e normativa delle imprese aggiudica-tarie. Più rara l’integrazione di impegni suidiritti del lavoro con una discussione con-giunta sulla pianificazione degli interventi,su gare e procedure idonee, sull’esecuzionee il monitoraggio dei contratti, sulla valuta-zione d’impatto degli interventi.La quasi totalità di queste tematiche di ac-cordo, anche perché generalmente inseritein accordi complessivi sul bilancio di previ-

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sione dei comuni, non vedono la partecipa-zione formale delle categorie sindacali degliattivi. In alcuni casi, laddove presente, talepartecipazione arricchisce l’approfondi-mento dei protocolli e risulta essenziale perla trattazione delle prerogative negoziali econtrattuali delle categorie: ad esempio lostimolo per la contrattazione d’anticipo, lacreazione di tavoli congiunti per il contrastodel lavoro irregolare, per promuovere salutee sicurezza, nonché impegni ad applicareCcnl (e Ccpl, nel caso dell’edilizia) firmatidalle organizzazioni sindacali più rappresen-tative, includendo quindi anche il tema delmodello di rappresentanza e i criteri di rap-presentatività da applicare negli appalti. Per-tanto, in un quadro ideale di organicità dellatematica degli appalti (sicurezza, diritti, le-galità) riemerge il ruolo delle categorie de-gli attivi laddove tali iniziative si connettonoa premialità per la contrattazione di secon-do livello da realizzare nelle imprese appal-tatrici, definizione di informazione periodi-ca e strumenti di consultazione con le orga-nizzazioni sindacali.Nei casi più dinamici si osserva una strategiache intende coniugare il contrasto dell’eco-nomia criminale e della corruzione di com-ponenti dell’amministrazione pubblica an-che attraverso la semplificazione e la traspa-renza amministrativa, insieme a procedureispirate a produttività e responsabilità socia-le del committente pubblico e dell’appalta-tore. In tutto questo si ribadisce il ruolo distimolo esercitato dalla domanda pubblica.Sullo sfondo di tali casi vi è solitamente unsolido impianto normativo di livello regio-nale, e una trama di accordi e protocolli pro-vinciali con le Prefetture e altri attori del ter-ritorio. Ad esempio, in alcuni accordi si ritro-vano impegni per l’affidamento di appalti asoggetti economici certificati in base a elen-chi previsti dalle normative regionali; impe-

gni per il miglioramento dei livelli di preven-zione e sicurezza negli appalti ad alto tassodi incedenti sul lavoro (es. facchinaggio e lo-gistica); impegni a considerare le offerte e-conomicamente più vantaggiose nei settorisocialmente sensibili (servizi sociali, educa-tivi, etc.) e ad alta intensità di lavoro (manu-tenzione, ristorazione, etc.); impegni all’in-serimento dei lavoratori disabili negli appal-ti e contrasto del lavoro povero attraversol’applicazione dei Ccnl firmati dalle organiz-zazioni maggiormente rappresentative. Il tema della programmazione emerge oc-casionalmente nelle intese, con cenni ad ap-palti pluriennali, anche per indurre maggio-re economicità e razionalità organizzativa.Accanto a ciò, e oltre la lettera delle normesulle procedure e sulla legalità, alcuni ele-menti qualitativi insistono sull’insediamen-to territoriale operativo delle imprese ag-giudicatarie, sulla verifica della capacità or-ganizzativa dell’impresa stessa in relazionealla dimensione dell’appalto, sulla presenzaverificabile di personale con esperienza eprofessionalità adeguate, sull’impiego an-che di personale proveniente da categoriesvantaggiate (disabili, espulsi dal mercatodel lavoro, ultra 55enni, etc.), principi e lineeguida vincolanti anche per le società parte-cipate, previsione negli atti di gara della re-sponsabilità solidale della stazione appal-tante in base all’art. 30 del Dlgs 50/2016;considerazione di sfavore per le offerte cheprevedano il ricorso a forme precarie di la-voro; estensione delle previsioni degli accor-di anche alle ditte operanti in subappaltocon un’attenzione all’intera filiera; enfasi su-gli aspetti qualitativi e reputazionali delle of-ferte, nonché sui meccanismi sanzionatori.Il piano del confronto e della partecipazione– con sindacati, attori del territorio, cittadini– incrocia raramente la tematica degli ap-palti: ad esempio con la previsione di dibat-

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titi pubblici e audizioni degli attori socialidel territorio in caso di lavori di entità e/oimpatto significativo, o con l’impegno al-l’informazione verso le organizzazioni sin-dacali riguardo la programmazione annualedegli appalti e della eventuale effettuazionedi gare non previste, in modo da consentireun confronto preventivo. Naturalmente, lascarsa connessione tra l’azione confederalee quella delle categorie degli attivi depoten-zia i meccanismi di informazione, consulta-zione e partecipazione che potrebberorafforzarsi nel sistema degli appalti pubblici.

u LA CONTRATTAZIONE SOCIALE NEI TEMI DI ACCORDO

Le aree tematiche principaliLa contrattazione sociale teritoriale è cen-trata tradizionalmente su alcune aree di in-tervento (Grafico 12). Anzitutto le Politichesocio-sanitarie e assistenziali, presenti nel2016 in circa il 85% degli accordi; una pre-minenza che è condivisa con le Politiche dei

redditi e delle entrate, rilevate nel 87%. En-trambe le aree risultano in crescita rispettoagli anni precedenti. Come si osserverà det-tagliatamente nei prossimi paragrafi, e comeanticipato nella lettura qualitativa dei temidi accordo, in linea generale tale crescitapuò essere attribuita all’intensificarsi delle i-niziative antipovertà, sia sul versante dei ser-vizi (Area 5) sia su quello delle agevolazonifiscali, tributarie e tariffarie (Area 7). Non a caso, altre aree in qualche misura le-gate agli interventi antipovertà riflettonoquesta connessione, per quanto con effettidivergenti: le Politiche abitative e del territo-rio crescono, passando da una media intor-no al 50%-55% negli anni precedenti a circail 65% nel 2016; mentre le Politiche del lavoroe dello sviluppo retrocedono intorno al 40%,anche per uno spostamento da iniziative dicontrasto della crisi concentrate prevalen-temente sui lavoratori attivi in condizionecontingente di difficoltà (fondi “anticrisi”per cassaintegrati, lavoratori in mobilità,etc.) a misure più strettamente rivolte alcontrasto della povertà.

GRAF. 12 u AREE TEMATICHE DI I LIVELLO (ACCORDI 2014-2016, VAL. %)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

0

2014 2015 2016

10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

11. Cultura, socialità e sicurezza

10. Infanzia e giovani

9. Politiche abitative e del territorio

8. Contrasto delle discriminazioni e pari opportunità

7. Politica dei redditi e delle entrate

6. Lavoro e sviluppo

5. Politiche socio-sanitarie ed assistenziali

3. Pubblica amministrazione

2. Partecipazione e cittadinanza attiva

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PARTE PRIMA t La contrattazione sociale nel 201642

Lo scatto più significativo dei dati del 2016si evidenzia per l’area della Pubblica ammini-strazione (dal 34,4% del 2015 al 50,7% del2016), soprattutto per la diffusa iniziativanegoziale intorno ai temi della regolazionedegli appalti, delle relazioni tra amministra-zioni e degli interventi riguardanti le societàpartecipate. L’iniziativa negoziale su altre a-ree risulta stabile o in leggera crescita (Poli-tiche dell’infanzia, per i giovani, educative edell’istruzione; Politiche della partecipazione ecittadinanza attiva; Politiche culturali, di socia-lizzazione e sicurezza); mentre è rilevantel’aumento di citazioni e misure riguardantil’area del Contrasto delle discriminazioni e pa-ri opportunità che quasi raddoppia le pre-senze negli accordi (20%). La contrattazione sociale, dal punto di vistadella complessità tematica degli accordi, siconferma assai variegata (Grafico 13). Nel2016 aumentano gli accordi più articolatiche toccano una buona parte delle aree dipolitica sociale locale (il 16% degli accordi af-fronta tra 9 e 11 aree). Rispetto agli anni im-

mediatamente precedenti crescono in mi-sura promettente anche gli accordi di mediacomplessità, che includono tra 3 e 5 aree te-matiche (35% nel 2016) e soprattutto tra 6e 8 aree (41,7% nel 2016, contro circa il 35%nel 2014 e 2015). Si riducono al minimo delperiodo gli accordi che toccano solo 1-2 a-ree tematiche (7,3%); si tratta in buona partedi accordi monotematici e specifici, quindieventualmente rilevanti sia rispetto al tema(spesso politiche del lavoro, sistema dei ser-vizi territoriali, casa, contrasto della povertà,etc.) sia rispetto al livello, dal momento chesono concentrati maggiormente sulle di-mensioni sovracomunali. Questa riduzioneperò è addebitabile anche a un calo degli ac-cordi meno consistenti che vengono realiz-zati a livello di piccoli comuni.Oltre alla pluralità di aree tematiche presentinegli accordi, conta ovviamente la numero-sità delle singole voci tematiche che indicanoil numero di misure e provvedimenti concor-dati nella contrattazione. Nel corso del trien-nio calano gli accordi monotematici o co-

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GRAF. 13 u AREE TEMATICHE I LIVELLO, PER CLASSI (ACCORDI 2014-2016, VAL. %)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

9-11 aree tematiche6-8 aree tematiche3-5 aree tematiche1-2 aree tematiche

2014 2015 2016

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OTTAVO RAPPORTO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE TERRITORIALE 43

munque centrati su un numero esiguo di in-terventi (da 1 a 3 voci, 5% degli accordi 2016).A partire dal 2014 si consolida invece unaquota consistente di intese che prevedonoun ampio spettro di interventi; difatti circa il47% del totale degli accordi comprende piùdi 13 voci tematiche (quindi provvedimenti,azioni o linee di policy) in ogni documento. Questi sono documenti nei quali, in lineagenerale, i diversi capitoli sono approfonditicon un set plurale di interventi; vi sono rap-presentati accordi che si misurano con l’in-tero campo delle azioni e dei bisogni deisoggetti, e verosimilmente si riesce a orien-tare l’attenzione anche verso le aree tema-tiche meno trattate.La contrattazione sociale, come è stato os-servato, mostra una distribuzione non omo-genea nel territorio italiano per diversi aspet-ti di cornice (capillarità, coinvolgimento de-gli attori, specificità dei livelli); ciò si riflettein qualche misura anche sulle tematiche af-frontate (Grafico 15, nella pagina seguente).L’iniziativa a Nord-Ovest è fortemente cen-

trata sui pilastri principali della contrattazio-ne sociale: l’area del sociale, quella delle po-litiche fiscali e delle politiche abitative risul-tano sopra le medie nazionali; con diversatendenza rispetto agli altri territori è signifi-cativa la presenza di politiche per il lavoro(45,7%) e di partecipazione e cittadinanzaattiva (36,7%, soprattutto per il ruolo del Ter-zo settore come destinatario di interventi erisorse, anche per la gestione di servizi e in-terventi sociali); è invece inferiore alla medianazionale la presenza di tematiche relativealla pubblica amministrazione, anche per viadi una negoziazione assai diffusa in piccoli epiccolissimi comuni, quindi centrata su a-gende negoziali più legate alle misure e allerisorse di bilancio. A Nord-Est, l’elemento diuna forte presenza negoziale nelle aree prin-cipali si somma a una pervasiva iniziativa suitemi della pubblica amministrazione (73,9%nelle regioni di Nord-Est), in particolar modosui servizi condivisi e sulle relazioni territo-riali delle amministrazioni, ma anche inizia-tive meno diffuse (riferimenti alle società

GRAF. 14 u VOCI TEMATICHE, PER CLASSI (ACCORDI 2014-2016, VAL. %)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

oltre 13 voci tematiche9-13 voci tematiche4-8 voci tematiche1-3 voci tematiche

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

2014 2015 2016

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PARTE PRIMA t La contrattazione sociale nel 201644

partecipate) in ogni caso raramente presentinelle altre ripartizioni; inoltre è spiccato l’o-rientamento a misure nell’area del contrastodelle discriminazioni e delle pari opportu-nità (31,8%). La contrattazione al Centro èmediamente meno intensa che altrove, emolte aree tematiche risultano sotto le me-die nazionali, con l’eccezione delle politichedel lavoro (grazie a perduranti fondi e inizia-tive anticrisi a livello comunale, ma soprat-tutto diversi accordi territoriali intorno al la-voro e allo sviluppo locale).Le differenze territoriali possono essere sia o-rizzontali, tra regioni e aree del Paese, sia ver-ticali e cioè riguardanti i piccoli centri e quellipiù grandi. Il Grafico 16 si riferisce alla pre-senza delle diverse aree tematiche nella se-lezione degli accordi comunali suddivisa tracomuni capoluogo e altri comuni. Il dato pre-sentato è solo orientativo, e va letto tenendoin considerazione che il rapporto tra docu-menti di livello comunale realizzati nei pic-coli comuni e quelli realizzati nei capoluoghidi provincia è dell’ordine di circa 10 a 1. Pe-raltro tra gli accordi presenti nei capoluoghi

sono più frequenti i documenti monotema-tici e specifici (misure anticrisi, antipovertà,legalità e appalti, interventi per migranti e ri-chiedenti asilo, etc.). Ciò detto, risulta signifi-cativa la bassa frequenza con la quale vengo-no negoziati nei capoluoghi i temi delle poli-tiche abitative e del territorio (anche per unatendenza negli accordi dei piccoli comuni asegnalare interventi anche di piccola scalaper la manutenzione e il decoro urbano). Al-trettanto sacrificate nei capoluoghi le inizia-tive negoziate su infanzia e giovani, cultura esocializzazione, ed anche quelle fiscali che ri-sultano paradossalmente più diffuse – e quin-di portate al confronto con le amministrazio-ni – nei comuni più piccoli. Essendo questo un dato aggregato non re-stituisce il profilo della contrattazione neicapoluoghi, che tuttavia mostra delle speci-ficità: da una parte è più probabile la sigla diaccordi su temi specifici anche rilevanti,dall’altra è minore la frequenza di accordicomplessivi sui diversi aspetti del bilanciocomunale e su un ampio spettro di temi dipolitica sociale.

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GRAF. 15 u AREE TEMATICHE PER RIPARTIZIONE TERRITORIALE (ACCORDI 2016, VAL. %)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

11. Cultura, socialità e sicurezza

10. Infanzia e giovani

9. Politiche abitative e del territorio

8. Contrasto delle discriminazioni e pari opportunità

7. Politica dei redditi e delle entrate

6. Lavoro e dello sviluppo

5. Politiche socio-sanitarie ed assistenziali

3. Pubblica amministrazione

2. Partecipazione e cittadinanza attiva

Nord-Ovest Nord-Est Centro

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OTTAVO RAPPORTO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE TERRITORIALE 45

Processo negoziale, coinvolgimento, partecipazione Nel presentare il dettaglio dei dati riguar-danti i provvedimenti negoziati del 2016 vie-ne introdotto nelle prossime pagine un ap-proccio differente da quello adottato neglianni passati. Come nei precedenti Rapporti,i valori delle voci tematiche – all’interno dellerispettive aree dello schema di classificazio-ne Ocs – si possono consultare sistematica-mente in appendice. In questa sezione, inve-ce, si propongono aggregazioni trasversalialle diverse aree, organizzate per temi. Que-ste, integrate con la trattazione dei destina-tari e con gli approfondimenti tematici pre-senti nei capitoli precedenti, possono fornireulteriori spunti e percorsi di interpretazionedella contrattazione sociale del 2016.Le Aree 1 e 2 fanno riferimento a tematichedi “metodo”, e cioè relative ai rapporti tra isoggetti coinvolti nella negoziazione, maanche agli ambiti di coinvolgimento dei cit-tadini e in generale all’accountability delleamministrazioni. La contrattazione degli ul-timi tre anni è situata in una cornice di tran-

sizione del confronto negoziale in cui le dif-ficoltà finanziarie e di bilancio degli enti lo-cali sono state particolarmente accentuate.È significativo pertanto che sullo sfondo diquesto scenario il 2016 (Grafico 17) mostriun aumento dei riferimenti alla costituzionedi tavoli di confronto, da realizzare in segui-to all’implementazione degli accordi (nel53% dei documenti analizzati, in crescitaconsistente rispetto al 30%-35% dei due anniprecedenti). Analogamente, il rimando amonitoraggio e verifiche dell’applicazionedelle intese raggiunge il 21,9% degli accordi.Meno accentuato l’approfondimento di mi-sure di partecipazione e informazione rivol-te ai cittadini (18,2%, in misura vicina ai va-lori degli anni passati); le quali si realizzanoattraverso uffici informazione (anche speci-fici, ad esempio rivolti a giovani, donne, im-migrati, etc.), Urp e punti unici di accesso;ma anche con l’iniziativa informativa suicontenuti degli accordi promossa dalle partifirmatarie, e in particolare dal sindacato an-che attraverso la propria rete di sedi e i pun-ti di assistenza fiscale e i patronati.

GRAF. 16 u AREE TEMATICHE PER DIMENSIONE DEI COMUNI (ACCORDI 2016, VAL. %)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

Capoluogo Altri comuni

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

2. Partecipazione e cittadinanza attiva

3. Pubblica amministrazione

5. Politiche socio-sanitarie ed assistenziali

6. Lavoro e dello sviluppo

7. Politica dei redditi e delle entrate

8. Contrasto delle discriminazioni e pari opportunità

9. Politiche abitative e del territorio

10. Infanzia e giovani

11. Cultura, socialità e sicurezza

IB-ContrattSociale.qxp_ok 09/11/17 12:10 Pagina 45

PARTE PRIMA t La contrattazione sociale nel 201646

Cresce la voce riguardante la promozionedel Terzo settore e della partecipazione so-ciale (16,3%), sebbene essa mantenga unadimensione ambivalente: tra il sostegno al-l’attivazione del tessuto sociale e associativoe la delega ai soggetti dell’associazionismonella gestione di azioni e interventi sociali.

Pubblica amministrazionee governanceterritorialeLe voci relative all’area della Pubblica ammi-nistrazione sono in forte crescita, e nel com-plesso si ritrovano in circa metà degli accor-di (Graf. 12). Si tratta tuttavia di processicomposti da elementi ambivalenti; come sievidenzia nel Grafico 18, tale aumento è for-temente sospinto da misure e impegni rela-tivi alla regolazione degli appalti pubblici(28,2% degli accordi 2016) e dal tema delleaziende pubbliche e partecipate (12,5%, conun analogo aumento nella voce speculareriferita all’ambito sociale e ai consorzi deiservizi: 7,9%). Lo scatto rispetto agli anni precedenti puòindicare senz’altro un mutamento di sensi-bilità rispetto a questi temi, o anche un con-solidamento del quadro normativo e una

maturazione degli attori (specie intorno allaregolazione degli appalti), anche se solo iprossimi anni potranno mostrare se le di-chiarazioni di intenti avranno preso i contor-ni di un vero e proprio cambio di passo, inparticolare rispetto all’implementazione a li-vello territoriale di una migliore governancedelle aziende pubbliche e delle risorse inve-stite in appalti di servizi e prestazioni, coin-volgendo Unioni di comuni e Ambiti territo-riali sociali. Non a caso risulta in aumento an-che la voce riguardante le relazioni tra am-ministrazioni/gestioni associate (26,9%). Naturalmente, il tema della regolazione siinnesta a quello delle risorse. Parallela all’at-tenzione per la regolazione degli appalti è lacrescita delle voci relative alla pianificazionee gestione del territorio, ovvero gli interven-ti di qualificazione urbana, “piccole opere”di manutenzione e – più raramente – inve-stimenti in infrastrutture di maggior rilievo.Tuttavia è difficile valutare quanto le misureindicate alludano a un’inversione di tenden-za rispetto alla stretta dei bilanci comunalisugli investimenti, oppure esprimano unamaggiore condivisione delle strategie degliinvestimenti – per quanto limitati – da parte

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GRAF. 17 u IL PROCESSO NEGOZIALE, COINVOLGIMENTO, PARTECIPAZIONE(ACCORDI 2014-2016, VAL. %)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

2.4 Promozione del terzo settore e partecipazione sociale

2.3 Informazione, consultazione e coinvolgimento

1.3 Monitoraggio e verifiche

0 10 20 30 40 50 60

1.2 Tavoli di confronto

2014 2015 2016

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OTTAVO RAPPORTO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE TERRITORIALE 47

delle amministrazioni, o quantomeno del-l’informazione circa la loro programmazio-ne. Resta il fatto che la contrattazione sulleregole (es. appalti) e sulla governance terri-toriale delle gestoni associate dei servizi de-ve trovare la via per riflettersi sull’allocazio-ne della spesa pubblica, anche al di fuori deicampi del welfare in senso stretto.

Sistema dei servizi e delle prestazioniI testi di accordo, nella loro struttura spessoriflettono schemi e cornici esterne che si ri-trovano nella scrittura dei documenti. I ca-pitoli dei bilanci comunali possono dare for-ma alle parti e ai paragrafi degli accordi; maanche la strutturazione dei dipartimentidella pubblica amministrazione, con le ri-spettive deleghe e prerogative, si rispecchianei temi affrontati. Ciò si somma natural-mente alle priorità portate nel confrontodalle agende dei soggetti coinvolti. Dal punto di vista dello schema di classifica-zione dell’Ocs, i servizi per i cittadini sonocollocati in diverse aree tematiche, in rela-zione a una valutazione della titolarità isti-tuzionale e della mission, dei destinataricoinvolti, della natura stessa dei servizi e

delle prestazioni. Il sistema che si realizza sulterreno è ovviamente più articolato, e nelGrafico 19 se ne dà una lettura più trasver-sale rispetto alle singole voci tematiche lì ci-tate, eterogenee rispetto alla collocazionenelle aree di appartenenza. Ad esempio le voci legate alla rete dei servizie delle prestazioni di natura sociale, sanita-ria e assistenziale (5.3, presente nel 67,8%degli accordi 2016) sono in crescita signifi-cativa rispetto agli anni precedenti. Questodato si concretizza in una maggiore tratta-zione dei servizi residenziali e domiciliari,prevalentemente per aspetti relativi all’ac-cesso e all’entità delle rette e delle tariffe,soprattutto in base alla generalizzazionedell’Isee (56,3%; si veda inoltre la corrispon-dente voce compartecipazione ai costi delwelfare: 47,5% nel 2016). Questo schema vale anche per gli strumentidi contrasto della povertà (in crescita, presen-ti nel 50,7% degli accordi 2016) e per il lorolegame con la componente delle politiche a-bitative più prettamente rivolta al contrastodelle situazioni socialmente più fragili (46,9%),una connessione in crescita come testimoniala scheda presentata nei capitoli precedenti.

GRAF. 18 u PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E GOVERNANCE TERRITORIALE(ACCORDI 2014-2016, VAL. %)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

2014 2015 2016

0 5 10 15 20 25 30

9.1 Pianificazione e gestione del territorio

5.2.1 Consorzi, aziende speciali e società partecipate

3.7 Relazioni tra amministrazioni e gestioni associate

3.6 Aziende pubbliche e partecipate

3.3 Regolazione appalti e subappalti

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PARTE PRIMA t La contrattazione sociale nel 201648

L’esigenza emergente in diverse aree tema-tiche di sostenere le iniziative a diverso tito-lo antipovertà, non sembra aver influenzatopositivamente l’area delle politiche del lavo-ro e sviluppo: queste stentano in particolarenelle iniziative di protezione e di tutela peril lavoro; ma anche stabili progetti di inseri-mento lavorativo: 20,1% nel 2016. Accantoa ciò non si arresta il calo degli specifici in-terventi di sostegno al reddito rivolti ai sog-getti interessati dalla crisi (6,4%, in partico-lare lavoratori ancora attivi nel mercato dellavoro, ma anche i disoccupati). Restando nel campo degli interventi per il la-voro, questi paiono eludere una piena inclu-sione nel sistema dei servizi, per concentrarsisulla cornice di regolazione. Il gran numerodi accordi sugli appalti pubblici interviene, avolte sui generis, per garantire migliori con-dizioni contrattuali, tutele di salute e sicurez-za, interventi contro l’incertezza nei cambidi appalto; ma tutto questo è demandato adaltri momenti del confronto, e la gran parte

degli accordi sugli appalti presidia operativa-mente soprattutto temi dai riflessi organiz-zativi e procedurali, che riguardano in primoluogo la pubblica amministrazione (efficien-za, legalità, anticorruzione) i quali hanno cer-to un impatto sulle condizioni di lavoro maconfigurano raramente veri e propri accordisociali sugli appalti rispetto alle garanziecontrattuali, alle relazioni sindacali e alla rap-presentanza, al monitoraggio delle condizio-ni di rischio specie in alcuni settori ad alta in-tensità di lavoro (la logistica, le pulizie, l’edi-lizia, i trasporti, etc.). Ciò viene confermatodal fatto che la presenza delle categorie de-gli attivi è assolutamente episodica, di con-seguenza anche il rimando a tavoli specifici,anche negoziali, è del tutto trascurabile.

Fiscalità locale Come è già stato osservato nella scheda te-matica presentata nei capitoli precedenti, il2016 è stato segnato soprattutto dalla ge-neralizzazione dell’Isee (56,3% degli accor-

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GRAF. 19 u SISTEMA DEI SERVIZI E DELLE PRESTAZIONI (ACCORDI 2014-2016, VAL. %)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

0 10 20 30 40 50 60 70 80

9.3 Politiche per la casa e condizione abitativa

9.2.2 Mobilità urbana ed extraurbana

10.5 Diritto allo studio

6.6.2 Sostegno al reddito dei soggetti interessatida crisi aziendali o occupazionali

6.4.3 Progetti di inserimento socio-lavorativo

5.4 Interventi di contrasto alla povertà

7.2 Compartecipazione costi welfare

5.3 Prestazioni e servizi

7.1 Isee

2014 2015 2016

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OTTAVO RAPPORTO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE TERRITORIALE 49

di) quale strumento per l’accesso e la com-partecipazione dei costi dei servizi. L’Isee siva diffondendo anche nel campo delle poli-tiche fiscali, in senso ampio, mediante inter-venti sull’addizionale Irpef comunale (nelcomplesso, il 55,6% degli accordi) in diversicasi ispirata a un principio di progressivitàdella contribuzione, definita con la gradua-lità delle aliquote, o contando su fondi di re-stituzione regolati dall’Isee stesso. La voce che mostra la crescita più sostenuta,confermata nei tre anni dal 2014 al 2016, èquella relativa alle tariffe sui rifiuti (53,8% nel2016, contro poco più del 30% nel 2014).Proprio su questo intervento convergonodiversi obiettivi segnalati dalle pubblicheamministrazioni: la ricerca di una progressi-vità dell’imposizione fiscale e tariffaria, i cuiriflessi possono intravedersi nella destina-

zione di quote dell’evasione verificata e re-cuperata (35,8% degli accordi 2016).Sono stagnanti o in regresso altri campi di in-tervento: soprattutto Imu e Tasi, peraltrotrattati con soluzioni non particolarmenteinnovative, anche a causa del fatto che a unprimo approccio risulterebbero residuali perla platea dei beneficiari degli accordi di con-trattazione sociale (essendo state esclusenel tempo le famiglie e gli individui proprie-tari e residenti nella sola abitazione principa-le). Tuttavia i margini per coordinare anchegli interventi su Imu e Tasi con il più ampiointento della progressività fiscale vi sarebbe-ro, e sono praticati in alcuni casi: ad esempiomediante aliquote Imu agevolate nel caso diabitazioni concesse in locazione in base agliaccordi territoriali sulla casa (che regolano icontratti a canone agevolato).

GRAF. 20 u FISCALITÀ LOCALE (ACCORDI 2014-2016, VAL. %)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

2014 2015 2016

0 10 20 30 40 50 60

7.7 Baratto amministrativo

7.4.5 Tasi

7.4.3 Imu

7.4.2 Addizionali Irpef

7.4.1 Contrasto all’evasione fiscale e tributaria

7.3.2 Utenze domestiche

7.3.1 Rifiuti

7.1 Isee

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PARTE PRIMA t La contrattazione sociale nel 201650

Anche gli interventi sulle tariffe delle utenzedomestiche rappresentano un campo sta-gnante (19,5% nel 2016) non solo quantita-tivamente ma anche sul piano delle soluzio-ni. Ad esempio, il tema è tradizionalmenteaffrontato sul piano informativo, favorendol’accesso dei cittadini ai bonus energia; op-pure prevedendo contributi specifici rivoltiai nuclei e agli individui in condizioni social-mente critiche e di povertà. Assai più rarol’intervento diretto sugli schemi delle tariffee su agevolazioni specifiche facendo leva sul-le società partecipate delle pubbliche ammi-nistrazioni e sulle multiutility del territorio. A questi schemi di agevolazione complessivie organici fanno da contraltare i pur limitatiinterventi di “baratto amministrativo” (in-trodotti nel 2015 e confermati lo scorso an-no nel 2,6% degli accordi) in base ai quali siprevede l’alleggerimento del carico fiscale etariffario dei cittadini in possesso di partico-lari requisiti (livello Isee, condizione occu-pazionale, etc.) in cambio della prestazionedi alcune attività socialmente utili, specie

nella manutenzione delle aree verdi, o nellapulizia degli spazi pubblici; tutto questo disolito non legato a percorsi più ampi di in-clusione sociale o di presa in carico.

Diritti, pari opportunità, integrazioneIl campo dei diritti sociali rivolti a soggettispecifici si concentra sull’Area 8 dello sche-ma tematico (Contrasto delle discriminazionie pari opportunità). È già stato evidenziatonelle schede tematiche e nel capitolo dedi-cato ai destinatari quanto tali misure risul-tino a un tempo segmentate – e cioè con-centrate su una “profilazione” in qualchemisura riduttiva dei destinatari – ma anchesu elementi emergenti. In sostanza si deli-nea una situazione ambivalente, che tutta-via può offrire spunti per una revisione del-le priorità, specie nelle agende negoziali.Le voci di Area 8 si concentrano soprattuttosu pari opportunità e integrazione (15,5%nel 2016), in crescita rispetto agli anni pre-cedenti e centrate soprattutto su iniziativee provvedimenti per l’integrazione degli

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GRAF. 21 u DIRITTI, PARI OPPORTUNITÀ, INTEGRAZIONE (ACCORDI 2014-2016, VAL. %)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

2014 2015 2016

6.7 Azioni per la conciliazione

9.1.4 Adeguamento tempi e orari della città

10.5.1 Pre e post-scuola

10.5.3 Integrazione scolastica

8.6 Contrasto della violenza su donne e minori

8.1 Pari opportunità ed integrazione

5.3.5 Accoglienza ed emergenza

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18

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OTTAVO RAPPORTO SULLA CONTRATTAZIONE SOCIALE TERRITORIALE 51

immigrati e sulla tutela dei diritti delle don-ne, a partire da sportelli informativi per l’ac-cesso ai servizi ma anche per il sostegno deicentri antiviolenza e specifiche attività cul-turali ed educative attraverso corsi ed even-ti scolastici rivolti agli studenti (contrastodella violenza su donne e minori nel 7,3%degli accordi, in aumento). In parte, questeiniziative si legano a servizi specifici di tute-la delle donne vittime di violenza, preve-dendo risorse economiche e soprattuttoalloggi in situazioni di emergenza. Questemisure rappresentano una parte della voceaccoglienza ed emergenza, relativa ai servi-zi e alle prestazioni sociali (11,1% degli ac-cordi), in crescita significativa rispetto aglianni precedenti, anche se più largamentecentrata su iniziative di sostegno all’abitaree all’accoglienza delle persone richiedentiasilo, sia adulti sia minori non accompagna-ti. Stabili, e per certi versi marginali, gli in-terventi in qualche modo riferibili alla con-ciliazione vita-lavoro: 9,2% servizi di pre epost-scuola, che si riflettono tuttavia nel 4%di accordi (in leggera crescita nel 2016) che

alludono esplicitamente ad azioni di conci-liazione. Questo, tuttavia, appare in assenzadi un approccio organico alla conciliazionestessa, dal momento che né i servizi scola-stici, né i trasporti (più orientati ai bisognidella generalità dei cittadini o degli anziani,specie per raggiungere i servizi sociali e sa-nitari) né gli orari dei servizi pubblici e deitempi della città paiono investire in questadeclinazione dell’offerta.

Socialità, cultura, benessere Le iniziative in qualche misura ascrivibili allacultura, alla socializzazione, al benesserehanno mostrato negli anni più recenti unandamento alterno entro gli accordi dicontrattazione sociale. Ciò è certamentedovuto alla differente sensibilità che conse-gna tali interventi a una posizione ancillare,sia nelle agende sindacali sia nelle prioritàdelle amministrazioni e dei capitoli di bilan-cio. Va segnalata ugualmente la ripresa del-le iniziative di socializzazione (28,7% degliaccordi 2016), in particolare centrate suicentri di aggregazione per giovani e per an-

GRAF. 22 u SOCIALITÀ, CULTURA, BENESSERE (ACCORDI 2014-2016, VAL. %)

Fonte: dati Ocs, elaborazione Fdv

2014 2015 2016

0 5 10 15 20 25 30 35

2.4 Promozione Terzo settoree partecipazione sociale

11.3 Piani per la sicurezza urbanala vigilanza ed i soccorsi

11.2 Iniziative di socializzazione

11.1 Offerta e attività culturali

5.3.6 Promozionedella salute e del benessere

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ziani, sullo sport di base e sul turismo so-ciale a beneficio degli anziani. Le attivitàculturali e interculturali sono presenti nel12% degli accordi. Misure per la sicurezzaurbana sono in ripresa e toccano il 13,4%.Si tratta in genere, tuttavia, di iniziative chetendono a restare al margine degli accordi,nei capitoli dedicati al tema in senso stret-to. Tuttavia vi sono segnali per una tratta-

zione più trasversale, considerando che nelcampo della prevenzione sanitaria e delbenessere sono in aumento le iniziative(14% nel 2016) e anche la presenza di so-stegni al Terzo settore e alla partecipazionesociale potrebbe rappresentare un contri-buto proprio per le iniziative più articolatenel campo del benessere complessivo deicittadini e della qualità di vita delle città. t

PARTE PRIMA t La contrattazione sociale nel 201652

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u IL REI E L’ATTIVAZIONE. ALCUNE QUESTIONI APERTE

ELENA GRANAGLIA Università degli studi Roma Tre

Il Rei (introdotto dalla legge di stabilità del2016, delineato dalla Legge Delega n. 33 del15 marzo 2017 e specificato dal Decreto Le-gislativo del 9 giugno 2017) comporta, ov-viamente, un trasferimento monetario. Diri-mente, nell’impostazione della misura, èperò l’attivazione. Le prime righe di presen-tazione del Rei da parte del ministero del La-voro e delle Politiche sociali (2017) sonochiare: il Rei non è da intendersi come “mi-sura assistenzialistica […] un beneficio eco-nomico «passivo». Al nucleo familiare bene-ficiario è richiesto un impegno ad attivarsi,sulla base di un progetto personalizzato (diattivazione sociale e lavorativa) condivisocon i servizi territoriali, che accompagni il nu-cleo verso l’autonomia”. Il progetto persona-lizzato è sostituito dal Patto di Servizio, qua-lora la povertà sia imputabile a sola assenzadi lavoro (anziché a situazioni più complessedi disagio sociale) e l’attivazione possa per-tanto limitarsi all’accompagnamento attra-verso i Centri per l’impiego. Può essere esen-tato dai patti chi abbia responsabilità di cura

e/o frequenti un corso di studio/formazione.L’attivazione rende centrale la rete dei servizi– i servizi sociali, i servizi socio-sanitari e i Cen-tri per l’impiego –. Al loro potenziamento, ilRei vincola una quota del Fondo povertà chenon può essere inferiore al 15% del totale. Sitratta di 262 milioni di euro per il 2018. Aqueste risorse è aggiunto, per i prossimi anni,circa 1 miliardo di euro del PON Inclusione(2014-2020): 750 milioni saranno destinati alrafforzamento dei servizi sociali per la presain carico, il restante a interventi diretti all’in-serimento lavorativo (risorse ulteriori potran-no pervenire dai POR). È altresì previsto unrafforzamento dei Centri per l’impiego grazieall’assunzione di 600 nuovi operatori dedicatialla presa in carico dei beneficiari del Rei. L’idea che il contrasto alla povertà non si e-saurisca nella disponibilità di reddito apparedel tutto convincente. Come scrive Sen, “laletteratura sulla povertà si è soprattutto oc-cupata della mancanza di reddito. Addirit-tura, potrei dire è stata ossessionata da que-st’aspetto della deprivazione che, per quan-to indubbiamente importante, è, però, par-ziale. Dovremmo, invece, adottare una visio-ne degli esseri umani più orientata agli a-spetti dell’attivazione”1. Ben fa, dunque, ilRei a prestare attenzione all’attivazione.

PARTE SECONDA

Politiche di contrasto della povertà:policy, scelte,valori

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1 A. Sen, The Political Economy of Targeting, Annual Bank Conference on Development Economics, World Bank,1992, trad. mia.

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PARTE SECONDA t Politiche di contrasto della povertà: policy, scelte, valori54

Al tempo stesso, non si può non condivide-re l’attenzione riservata dal Rei ai servizi, unsettore di spesa da sempre penalizzato nelnostro paese. Come documenta Marano2

(2016), l’Italia destina ai servizi un quartodella spesa sociale complessiva. La media UE(15 e 28) si aggira attorno a un terzo (in Da-nimarca raggiunge il 40% e in Germania il38%). La penalizzazione dei servizi si accom-pagna alla più complessiva penalizzazionedella spesa sociale, una volta esclusa la spesapensionistica e quella sanitaria. Il valore procapite della spesa al netto delle spese pensio-nistica e sanitaria è, in Italia, pari a circa 1.290euro contro una media di 2010 euro per laUe-15 (in Danimarca supera i 5.000 euro).Ciò nondimeno, il peso attribuito dal Reiall’attivazione lascia aperte diverse questio-ni. In questa nota, mi concentro su valori, aprescindere dalla governance della misura. Alriguardo, mi limito a ricordare l’elevata com-plessità dello schema organizzativo intro-dotto e i rischi, non indifferenti, di costi ditransazione elevati3. Solo presso il ministerodel Lavoro e delle Politiche Sociali, dovreb-bero essere istituiti un servizio d’informazio-ne, promozione, consulenza e servizio tec-nico con compiti di monitoraggio, controlloe valutazione dell’attuazione del Rei cui vaaffiancata la nuova banca dati del Rei (ognianno va predisposto un Rapporto di moni-toraggio e alla valutazione della misura con-corre anche l’Inapp); un Comitato per la lot-ta alla povertà, “organismo di confronto per-manente fra i diversi livelli di governo”, concompiti di sviluppo di linee guida, di colla-borazione al monitoraggio e di formulazio-ne di parere su tutti gli atti di coordinamen-

to operativo; un Osservatorio sulle povertàcui è affidato il compito di predisporre unRapporto biennale sulla povertà e di pro-muovere l’attuazione del Rei; e, ancora, laRete della protezione e dell’inclusione socia-le (articolata in tavoli regionali e locali) che,in collaborazione con il terzo settore, si deveoccupare del complesso delle politiche so-ciali, fra cui le politiche contro la povertà. Concentrandomi sui valori, genera, innanzi-tutto, perplessità la valutazione espressadell’elemento monetario come inevitabil-mente assistenzialistico e passivizzante. Iltrasferimento monetario, al contrario, po-trebbe rappresentare la contropartita diun’assicurazione che individui liberi e ugualiintroducono per contrastare il rischio dimancare di una base fondamentale di red-dito. Non solo: potrebbe anche rispondereall’esigenza di compensare i soggetti per iquali la collettività non abbia fatto abba-stanza sotto il profilo dell’uguaglianza di op-portunità. In quest’ultima prospettiva, il tra-sferimento monetario, lungi dal sancire unarelazione di sfruttamento dei più laboriosida parte dei più poveri, equivarrebbe addi-rittura al “pagamento di un debito” da partedei più avvantaggiati4. Ancora, avere un po’di reddito potrebbe garantire il minimo dicertezze necessario a favorire l’attivazionestessa. In ogni caso, se è indiscutibilmentevero che la spesa sociale del nostro paesepredilige i trasferimenti monetari, ciò ri-guarda la spesa pensionistica, non certo lepolitiche contro la povertà.I patti per l’attivazione comportano, poi,un’asimmetria nella distribuzione dei poterila quale potrebbe mettere a repentaglio l’u-

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2 A. Marano, “Tagli agli enti locali e servizi sociali. Condannati alla marginalità”, Rivista delle PoliticheSociali, n. 3-4, 2016, pp-245-268.

3 Sono, invece, esplicitamente esclusi aggravi per la finanza pubblica.4 R. Goodin, “Social Welfare as a Collective Social Responsability”, in R. Goodin, D. Schmidtz (a cura di),

Social Welfare and Individual Responsibility, Cambridge University Press, Cambridge, 1998, pp. 97-195.

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guaglianza di considerazione e rispetto. Il ri-schio sussiste anche qualora, come avvienenel Rei, siano riconosciuti i diritti dei benefi-ciari a partecipare alla scelta del percorsod’attivazione e i doveri dell’amministrazionealla presa in carico. Il potere fondamentaledi concessione e, susseguentemente, di ridu-zione/sospensione/annullamento del trasfe-rimento nei 18 mesi in cui il Rei può esserefruito5 è, infatti, nelle mani di una sola parte(il contratto nella filosofia politica nasce, in-vece, come relazione fra pari). Al contempo,i processi di attivazione richiedono interfe-renze nelle vite dei soggetti presi in carico:ciò rende inevitabili i rischi di abuso di pote-re. L’interferenza è tanto più pronunciataquanto più i patti saranno improntati a logi-che di condizionalità stringente6. A esserepenalizzati potrebbero anche essere sogget-ti esterni alla misura, ma non certo partico-larmente avvantaggiati, quali i lavoratori abassa remunerazione, esposti alla concor-renza da parte dei beneficiari dei programmidi workfare. In tal caso, esattamente controle attese, l’attivazione potrebbe anche averel’effetto perverso di peggiorare le condizionidi vita di soggetti che lavorano7. I patti suggellano, altresì, un’inevitabile ete-rogeneità di trattamento, conseguente all’al-trettanto inevitabile eterogeneità nella let-tura delle cause dello svantaggio. Si conside-ri, ad esempio, la disposizione riportata nel-l’art. 6 del decreto legislativo sul Rei, secon-do cui “il progetto è definito, anche nella suadurata, secondo il principio di proporziona-lità, appropriatezza e non eccedenza rispet-to alle necessità di sostegno del nucleo rile-vate, in coerenza con la valutazione multidi-

mensionale e le risorse disponibili, in funzio-ne della corretta allocazione delle risorsemedesime”. L’inevitabilità di specificazionidifferenti mi sembra fuori questione e, conesse, di iniquità orizzontali. Valutazioni similisi estendono alle possibili esenzioni dai patti. Ancora, l’attivazione rispecchia una visionesostanzialmente personale delle cause dellapovertà. L’assunto alla base dell’attivazione è,infatti, che, grazie alla presa in carico, i singolipossano intraprendere la strada verso l’auto-nomia. Se così, la povertà è essenzialmentequestione di carenze personali. Tali carenzenon necessariamente sono responsabilitàdel singolo, possono anche dipendere dalcontesto socio-economico. Sono, tuttavia,carenze cui si può porre rimedio offrendo unpercorso personalizzato di sostegno. La visione personale è evidente nelle diversedimensioni di condizionalità presenti nellamisura: nella condizionalità insita nei patti ein quella insita nella fissazione di limiti tem-porali per il godimento del Rei. Resterebbe,però, presente anche qualora l’attivazionefosse concepita come mera opportunità dipromozione delle capacità personali, a pre-scindere da contro-prestazioni. Anche in talcaso, dirimente sarebbe l’intervento di ri-medio a carenze personali.Il problema è che l’attivazione individualepotrebbe essere del tutto insufficiente allafuoriuscita dalla povertà, dipendendo da fat-tori sui quali il singolo, seppure aiutato, po-trebbe avere ben poca leva, in primis, le ca-ratteristiche del mercato del lavoro e, in ta-lune istanze, anche gli effetti che le condizio-ni di svantaggio già hanno prodotto sulle ca-pacità di lavoro. Non a caso, le percentuali di

5 Dopo 18 mesi di fruizione, il Rei è automaticamente sospeso e può essere richiesto solo dopo una pau-sa di 6 mesi.

6 Per evidenze empiriche al riguardo, cfr. G. Commisso, G. Sivini, Reddito di Cittadinanza, Asterios, Trieste, 2017.7 Condizione necessaria, a tal fine, è che l’incremento di offerta di lavoro a bassa specializzazione sia tale

da influenzare le retribuzioni.

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PARTE SECONDA t Politiche di contrasto della povertà: policy, scelte, valori56

successo dell’attivazione sono basse anchein paesi con un’economia e con un sistemadi welfare dei servizi migliore dei nostri. Siaggirano attorno al 25% 8 e diffusa è la pre-senza di cicli di basse retribuzioni e povertà9. A questi problemi generali, che assillano tut-ti gli schemi di reddito minimo centrati sul-l’attivazione, si aggiungono nel nostro Paesei problemi derivanti dalle disuguaglianze ter-ritoriali. Queste ultime, certamente, rifletto-no le note divisioni fra Nord e Sud. Ad esem-pio, a fronte di una spesa sociale comunalepro capite pari a 117 euro (e tralasciando leRegioni a statuto speciale, che hanno unaspesa il cui valore supera il doppio della me-dia nazionale), il Piemonte spende 131, laLombardia 122, l’Emilia Romagna 167, la To-scana 134, la Puglia 66, la Campania 47 e laCalabria 2510. Considerazioni simili si esten-dono alle Fondazioni bancarie e al Terzo set-tore che, nelle intenzioni del Rei, dovrebberocostituire attori centrali nei programmi di at-tivazione. Entrambi hanno una dislocazionemolto disuguale nel paese. Non si sottovalu-tino, tuttavia, le disuguaglianze infra-regio-nali, riflesso delle differenze nelle dimensionie nelle pratiche e culture amministrative deidiversi comuni11. Le disuguaglianze territoriali nelle risorseneppure sono, poi, a parità di bisogni. Sono,al contrario, correlate ai bisogni nella dire-zione segnalata dai cosiddetti effetti Mat-teo, secondo cui chi sta meglio ha di più echi sta peggio ha di meno. Vale a dire, i terri-

tori meno bisognosi hanno più risorse equelli più bisognosi ne hanno meno. Alle disuguaglianze territoriali nelle risorsemateriali si aggiungono le disuguaglianzeterritoriali nelle prassi amministrative, fon-damentali per il successo dell’attivazione. Lastessa discrezionalità amministrativa intrin-seca ai programmi di attivazione è influen-zata dalle condizioni locali. Ad esempio, interritori esposti a forte disagio sociale, lacondizionalità potrebbe essere interpretatain modo molto più lasco che non altrove. Le disuguaglianze territoriali rappresentanouna seria minaccia per la capacità del Rei dirappresentare un livello essenziale di assi-stenza, la quale è ulteriormente aggravatadal fatto che, ai sensi dell’art. 117 della Co-stituzione, l’assistenza è competenza esclu-siva locale. Nonostante le disuguaglianzeancora esistenti in ambito sanitario, ben di-versa è la situazione del Servizio sanitarionazionale, che può contare su un’infrastrut-tura nazionale di servizi molto più omoge-nea. La minaccia persisterebbe anche qua-lora si colmasse quello che oggi da più partiè visto come il limite più serio della misura,la categorialità12. Infine, vi è la questione delle disuguaglianzefra chi può accedere al programma e, conesso, ai piani personalizzati e chi non può ac-cedervi, sebbene in possesso di risorse po-chissimo superiori alla soglia del Rei o, addi-rittura, con un potere d’acquisto inferiore acausa di bisogni che la soglia non prende

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8 Alleanza contro la povertà in Italia, Reddito di inclusione sociale (Reis) proposta, 2014, p. 85.9 Cfr. I. Mulheirn, B. Foley, V. Menne, J. Prendergrast, Vicious cycles. Sustained employment and welfare reform

for the next decade, The Social Market Foundation, London, 2009.10 I dati sono gli ultimi forniti da Istat, 2015 e risalgono al 2012. 11 F. Carrera, B. De Sario, “Bilanci dei Comuni, welfare locale e contrattazione sociale. Connessioni e diver-

genze”, Rivista delle Politiche Sociali, n. 3-4, 2016, pp. 269-286.12 Al momento, il Rei rimane un trasferimento categoriale a favore di un sottogruppo di poveri, le famiglie

con figli e con over 55enni disoccupati. Sul limite della categorialità, cfr. M. Baldini, C. Gori, “Universali o ca-tegoriali? Le nuove politiche contro la povertà e il nodo del target”, Rivista delle Politiche Sociali, n. 3-4, 2016,pp. 131-154.

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sufficientemente in considerazione. Dettoin altri termini, anziché dare luogo a unaprospettiva di universalismo progressivo(dove tutti – o quasi tutti, con l’esclusionedei più avvantaggiati - hanno qualcosa e chista peggio ha un po’ di più), il Rei rischia diaggiungere frammentazioni nelle tutele, inun Paese come il nostro dove la frammen-tazione è già elevata nonché di favorireguerre fra i poveri. L’insieme di queste disuguaglianze, fra terri-tori, da un lato, e fra beneficiari del Rei esoggetti comunque svantaggiati che non loricevono, dall’altro, potrebbe minare la fidu-cia reciproca fra i cittadini e, con essa, la so-stenibilità stessa del reddito d’inclusione13. Ora, è certamente vero che le risorse delPON saranno ripartite in modo più favore-vole ai territori più svantaggiati e, forse unpo’ paradossalmente, minore è il peso delterzo settore, com’è nel Mezzogiorno, mi-nori sono i costi di contrattazione connessialla gestione dei tavoli locali di raccordo frai diversi soggetti deputati al Rei14. Inoltre, o-biettivo fondamentale delle diverse struttu-re attivate a livello centrale è esattamentelo sviluppo di linee guida e di attività di sup-porto e monitoraggio tese a favorire unamaggiore omogeneizzazione nelle prassiamministrative. La Rete della protezione edell’inclusione sociale, dal canto suo, ha ilcompito di guidare il coordinamento e lapromozione del complessivo sistema di as-sistenza sociale.Le risorse del PON e qualche risparmio nellagestione del programma non sembrano, tut-tavia, di dimensioni tali da intaccare il peso

delle disuguaglianze territoriali. Il miliardoprevisto da parte del PON, ad esempio, ri-guarda il complesso delle risorse impegnatefino al 2020, non certo ogni singolo anno. Ilrischio è, dunque, elevato che le aree con piùbeneficiari del Rei e con beneficiari in statodi maggiore bisogno (e più difficili da attiva-re) si trovino penalizzate da una carenza diservizi. Ad esempio, in Comuni piccoli e po-veri (anche qualora associati), come rispet-tare la scadenza dei venti giorni, prevista dal-la legge per la definizione dei piani personalidi attivazione, i quali, sempre ai sensi dellalegge, dovrebbero prevedere l’intervento diun’equipe multidisciplinare in grado di valu-tare le caratteristiche dello svantaggio e didefinire con il nucleo gli aspetti del patto? Ladiscrezionalità nei comportamenti resta,poi, inevitabile; così come, in assenza di ri-sorse addizionali, appare inevitabile il rischiodi disuguaglianze fra i soggetti tutelati dalRei e coloro che non lo sono pur trovandosiin condizioni non molto diverse. Addirittura,il Rei rischia di assorbire risorse da altre fina-lità sociali. Basti pensare alla disposizione se-condo cui molte delle nuove attività del Reidevono essere a costo zero per la finanzapubblica. Il rischio è di distogliere a favoredel Rei anche parte delle poche risorse oggidisponibili per altre finalità sociali. Come affrontare tali questioni? Ovviamente,non esistono risposte semplici. Inoltre, fonda-mentale è il peso dei giudizi di valore. Alcunipotrebbero addirittura comportare l’abban-dono del reddito minimo a favore di schemialternativi di trasferimenti monetari incon-dizionati, quali il reddito di cittadinanza.

13 Sulla relazione fra eterogeneità/arbitrarietà nei processi amministrativi e indebolimento della fiducia,cfr. B. Rothstein, E. Uslaner, “All for All: Equality, Corruption, and Social Trust”, World Politics, n. 58, 1, 2005,pp. 41-72. Sulla relazione fra selettività e indebolimento della fiducia, cfr. B. Rothstein, “The Universal Wel-fare State as a Social Dilemma”, Rationality and Society, n. 13, 2, 2001, pp. 213–233.

14 Sui costi di transazione e sul peso degli stalli nell’esperienza della Carta Acquisti sperimentale, cfr. il belnumero di Autonomie Locali e Servizi Sociali (n. 3, 2015) dedicato alla sperimentazione di tale Carta.

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Restando nella prospettiva del reddito mini-mo, le osservazioni qui esposte richiedereb-bero la rivalutazione della dimensione mo-netaria del reddito d’inclusione, nel pieno ri-conoscimento della legittimità delle finalitàdi compensazione; l’indebolimento dellacondizionalità a favore non solo della pro-mozione della dimensione di opportunitàdell’attivazione, ma anche di una promozio-ne il più possibile informata all’universalismoprogressivo (all’interno dei programmi uni-versali della sanità e dell’istruzione e dei pro-grammi generali di sostegno al lavoro); l’at-tuazione di una politica di sviluppo delle a-ree più svantaggiate in grado di ridurre i di-vari territoriali e un impegno di modificazio-ne strutturale delle opportunità di lavoro of-ferte, delle regole di funzionamento dei mer-cati e delle imprese, rappresentando la causaprimaria della povertà oggi esistente. t

uSOSTEGNO AL REDDITO E SOSTEGNO ALL’OCCUPAZIONE: DUE OBIETTIVI NON IN CONTRAPPOSIZIONE

CHIARA SARACENO Honorary fellow Collegio Carlo Alberto, Moncalieri (Torino)

1. Una contrapposizione infondataSpesso si discute se sia meglio investire nelsostegno al reddito di chi si trova in povertào nel sostegno alla occupazione, come se sitrattasse di due politiche tendenzialmentese non in conflitto, in competizione tra di lo-ro. Questa contrapposizione è presente, o èstata presente in passato, anche nel dibatti-to di altri paesi, anche se più nella forma diun paventato rischio che le politiche di so-stegno al reddito dei poveri costituiscano u-na forma di disincentivazione alla disponibi-lità ad accettare una occupazione che in

quella che vede le politiche redistributive incompetizione con quelle occupazionali, senon altro in termini di priorità. In Italia lacontrapposizione tra le due politiche è stataed è particolarmente persistente, forse per-ché nella diffidenza contro le politiche di so-stegno al reddito si sono trovati e trovanofianco a fianco coloro che pensano che i po-veri abbiano una fibra morale debole e so-stanzialmente non vogliano lavorare, coloroche ritengono che solo il lavoro (remunera-to) dia dignità e coloro, spesso sovrappostiai primi o ai secondi, che ritengono che unsostegno a redditi bassi o nulli alzi il salariodi riserva o, viceversa, indebolisca la contrat-tazione sui salari. In altri termini, la “coalizio-ne” esplicitamente o sotterraneamente ne-mica di una misura di reddito minimo perchi si trova in povertà è stata – ed è – forte etrasversale. Ciò spiega perché solo oggi, do-po che la crisi ha fatto schizzare in alto sia itassi di disoccupazione sia i tassi di povertàassoluta e che non vi è segno di diminuzio-ne, nonostante sia iniziata una modesta ri-presa, sia stato possibile introdurre anchenel nostro paese un embrione di redditominimo per i poveri. Spiega anche le carat-teristiche che ha preso questa misura, primanella forma del Sia e nel prossimo futuro inquella del Rei. Mi riferisco qui da un lato al-l’impianto categoriale, che mira a stabilire u-na graduatoria di “meritevolezza” a parità di(scarso) reddito famigliare equivalente. Essavede in testa le famiglie con minori, o donneincinte, o ultracinquantenni disoccupati,mentre esclude i giovani e le persone sottoi cinquantacinque anni senza figli minori aprescindere da quanto il loro reddito fami-gliare equivalente sia al di sotto della sogliache dà accesso al sostegno. Dall’altro lato miriferisco sia alla esclusione dall’accesso al Siae anche dal Rei, pur in presenza dei requisitidi reddito e di composizione famigliare, di

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individui e famiglie che godono di qualchetrasferimento previdenziale sia al fatto che,di nuovo a parità di reddito e condizioni fa-migliari, l’avere una occupazione e il redditoda occupazione nel Sia pesa negativamenteper l’accesso al sostegno mentre nel Rei nonriceve alcuna incentivazione, ad esempiosotto forma di franchigia. L’apparente con-traddittorietà di quest’ultima caratteristicacon la finalità esplicitamente “lavoristica”del Sia/Rei, mirante appunto ad accompa-gnare ad una occupazione i beneficiari, de-riva da quella contrapposizione astratta: o siriceve assistenza o ci si guadagna un redditocon il lavoro. E quando si ha un lavoro, nonsi ha più bisogno di assistenza.Si tratta di una visione a mio parere sbaglia-ta in linea di fatto, prima ancora che di prin-cipio, per almeno quattro motivi. In primoluogo, avere un lavoro non sempre bastaper uscire dalla povertà1. Il 4,8% dei lavora-tori in Italia nel 2016 viveva in famiglie inpovertà assoluta. E viveva in povertà assolu-ta il 6% delle famiglie in cui la persona di ri-ferimento era occupata (l’11% se si trattavadi operaio o assimilato). In diversi paesi, l’e-sistenza di lavoratori poveri su base fami-gliare (e di famiglie povere di lavoratori), hamotivato l’introduzione, oltre al reddito mi-nimo, di trasferimenti per i lavoratori poveri.È il caso ad esempio, del Regno Unito e, piùrecentemente, della Francia. In altri paesi, adesempio quelli nordici e in Germania, pos-sono accedere al reddito minimo anche la-voratori, se il loro reddito famigliare equiva-lente è inferiore a quello minimo. In entram-bi i casi, per evitare effetti di disincentivo efare sì che “lavorare convenga”, il reddito da

lavoro può venire parzialmente “scontato”,fino ad una certa soglia. Certo, quanto piùbassa è la soglia che dà accesso al sostegno,tanto minore è la possibilità che chi ha unqualche reddito da lavoro (regolare) possaaccedervi, non perché non si trova in po-vertà, ma perché la soglia è troppo bassa. Il secondo motivo per cui la contrapposizio-ne tra sostegno al reddito e occupazione èsbagliata è che un lavoro purchessia non èsempre, anzi quasi mai, la soluzione migliorenel medio-lungo periodo, se produce squali-ficazione sociale e professionale e impediscedi migliorare le proprie qualifiche o anche so-lo di trovare una occupazione adeguata. An-che l’Ocse ormai riconosce l’utilità di un so-stegno al reddito per proteggere il capitale u-mano di chi si trova in povertà, evitando cheesso venga logorato dalla quotidiana ricercadi spezzoni di reddito e dall’affanno di nonriuscire a fronteggiare i bisogni2. Il terzo motivo è che la crescita dell’occupa-zione non sempre è favorevole ai più poveri,su base individuale o famigliare. Anzi, pro-prio lo scompigliamento del mercato del la-voro (e del sistema produttivo) provocatodalla combinazione di crisi finanziaria, inno-vazione tecnologica e globalizzazione deimercati ha mostrato che si sono perse molteoccupazioni manuali semi-qualificate, che ri-guardavano grossi numeri di lavoratori confamiglie in condizioni economicamente mo-deste, laddove i lavori a più alta intensità tec-nologica riguardano persone con altre qua-lifiche (e origini sociali e famigliari). Si puòdiscutere su quanto sia diffusa la polarizza-zione tra famiglie “work-rich”, dove entrambii partner hanno qualifiche professionali ele-

1 Per una analisi più ampia e comparativa si veda C. Saraceno, Il lavoro non basta. La povertà in Europanegli anni della crisi, Feltrinelli, Milano, 2015; I. Marx e B. Nolan, “In-work poverty”, in B. Cantillon e F. Van-denbroucke (a cura di), Reconciling work and poverty reduction, Oxford University Press, Oxford, 2014, pp.131-156.

2 Cfr. OECD, Focus on inequality and growth, OECD, Paris, 2014.

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PARTE SECONDA t Politiche di contrasto della povertà: policy, scelte, valori60

vate e sono entrambi occupati, e famiglie“work-poor” in cui viceversa vi è un’alta den-sità di famiglie mono-reddito basso o in cuitutti sono privi di occupazione, o senza oc-cupazione stabile. Ma la combinazione ditendenza alla omogamia nei rapporti di cop-pia e formazione della famiglia, aumentodella occupazione femminile specie tra ledonne più istruite, e segmentazione del mer-cato del lavoro è una delle nuove cause di di-suguaglianza rispetto ai rischi di povertà3.Infine, ci sono persone che per difficoltà per-sonali, o forti carichi di lavoro famigliare,non possono, più o meno temporaneamen-te, stare nel mercato del lavoro; quindi han-no bisogno di un sostegno al reddito.Una garanzia di reddito minimo, quindi,non è in contrapposizione né con il valoredel lavoro né con il sostegno alla occupa-zione. Piuttosto, mi verrebbe da dire, è unapolitica insieme di sostegno al consumo,quindi indirettamente anche di sostegnoalla occupazione, nella misura in cui i poverispendono per consumi una quota del lororeddito molto maggiore di chi povero nonè, e di sostegno alla occupabilità da due di-versi punti di vista: come ponte verso unaoccupazione che dia reddito sufficiente pergarantire una vita decente a sé e alla pro-pria famiglia, tale misura impedisce che chiha perso un lavoro o non lo trova disperdail proprio capitale umano; come garanzia divita decente anche per i più piccoli impedi-sce che le condizioni di povertà ne riduca-no il potenziale sviluppo delle capacità.Molte ricerche, infatti, hanno mostrato co-me le condizioni di povertà da piccoli, fin inutero, abbiano effetti sullo sviluppo cogni-tivo e sulla salute di lungo periodo, speciese sono rinforzate da deprivazioni lungotutto il percorso di crescita.

2. Oltre al sostegno al reddito, misure di attivazione diversificate Il sostegno al reddito può non essere suffi-ciente a migliorare l’occupabilità presente efutura di chi ne beneficia e più in generale arafforzarne le capacità e le risorse. Possonoessere necessarie, anche se non per tutti enon nello stesso modo, misure di accompa-gnamento e “capacitazione” di tipo diverso.Insieme alla definizione della soglia che dàaccesso al sostegno, a come tener conto dieventuali redditi da lavoro, a come bilancia-re i diritti e le responsabilità individuali deibeneficiari con l’utilizzo del reddito fami-gliare equivalente, in tutti i paesi che hannouna misura di reddito minimo si è prestatauna attenzione crescente alle cosiddette“politiche di attivazione”. Nell’ottica del “ba-stone e della carota”, esse possono esserepiù orientate a sostenere comportamentivirtuosi o viceversa a punire comportamen-ti in contrasto con le regole della misura.Possono, inoltre essere prevalentemente o-rientate all’inserimento occupazionale pur-chessia o invece ad una idea di occupabilitàpiù larga e di integrazione sociale che non silimita all’avere una occupazione. Possono ri-guardare solo gli “occupabili”, o comunquecoloro che sono in età da lavoro, o tutti icomponenti della famiglia beneficiaria. Lemisure di attivazione più diffuse riguardanol’occupazione: dal sostegno alla ricerca di la-voro, ai tirocini, alla riqualificazione profes-sionale, fino alla offerta di lavori temporaneiin situazione protetta, a seconda dei casi maanche della varietà delle misure disponibiliin un determinato paese o anche contestolocale. È evidente che il successo di questeiniziative, in termini di effettivo e duraturoingresso nel mercato del lavoro ufficiale, di-pende non solo dalle caratteristiche indivi-

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3 Cfr. ad esempio A. Atkinson, Disuguaglianza, Cortina, Milano, 2016.

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4 Save the Children ha iniziato un meritorio lavoro di misurazione della povertà educativa in Italia. Si vedain particolare il rapporto Illuminiamo il futuro 2030. Obiettivi per liberare i bambini dalla povertà educativa, Ro-ma, 2015, e Futuro in partenza. L’impatto delle povertà educative sull’infanzia in Italia, Roma, 2017.

duali dei beneficiari, ma anche dal coordi-namento tra servizi di assistenza e serviziper l’occupazione, dal livello di “scrematura”che questi operano tra chi proviene dall’as-sistenza e, forse soprattutto, dalla domandadi lavoro a livello nazionale e locale. Al finedi collegare più fortemente le iniziative diattivazione verso l’occupazione e i serviziper l’occupazione in alcuni paesi, ad esem-pio nel Regno Unito e in Germania, l’assi-stenza economica è amministrata ed eroga-ta direttamente dai servizi per il lavoro, an-che se ciò non evita il fenomeno della “scre-matura”, secondo cui si investe maggior-mente in chi ha maggiori chances di trovareun lavoro. È auspicabile che anche in Italia le agenziedel lavoro vengano responsabilizzate diret-tamente nelle iniziative di accompagna-mento al lavoro rivolte ai beneficiari delSia/Rei, non lasciando questo compito e-sclusivamente alle agenzie di terzo settoree ai sindacati, ma entro una collaborazionemulti-soggetti, in cui dovrebbero entrareanche le associazioni datoriali.Accanto a quelle legate alla occupabilità,due altri tipi di misure di accompagnamentovanno segnalate. La prima riguarda l’insiemedi attività di integrazione sociale in senso la-to, che favoriscano il senso di appartenenzae di inclusione degli individui, specie di quel-li che non possono essere immediatamente,

o forse mai, avviati al lavoro: servizi alla per-sona, partecipazione ad attività comunitarieincluso il volontariato, recupero scolasticoe/o, nel caso dei migranti, apprendimentolinguistico, e così via. Il secondo tipo di mi-sure riguarda più direttamente i minori: dalsostegno scolastico all’arricchimento curri-culare per contrastare la povertà educativa.È un fenomeno relativamente recente, ma increscita, e particolarmente importante làdove il sistema scolastico fatica a contrasta-re le disuguaglianze tra minori. Questa im-portanza è stata riconosciuta qualche annofa anche dalla Corte Costituzionale tedesca,che nel definire i criteri da utilizzare per va-lutare l’entità dell’importo del reddito mini-mo in caso di minori, dichiarò che esso do-veva comprendere anche le spese necessa-rie per lo sport, l’apprendimento di uno stru-mento musicale e simili, ovvero non limitar-si a coprire i bisogni di sussistenza. In questaprospettiva è importante che, insieme al-l’embrione di reddito minimo, in Italia, an-che a seguito dell’importante stimolo di Sa-ve the Children4, sia stato anche stanziato unfondo per la sperimentazione di iniziative dicontrasto della povertà educativa. Sarà im-portante che le due iniziative, dove sonopresenti entrambe, vengano coordinate eche le diverse iniziative messe in campo aseguito di bandi vengano monitorate e va-lutate con attenzione. t

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PARTE SECONDA t Seminario Cgil sulla contrattazione sociale62

u ROBERTO GHISELLI Segretario nazionale Cgil

Quando il 16 maggio abbiamo deciso di ri-prendere e rilanciare il nostro percorso sul-la contrattazione sociale abbiamo dato unprimo, importante segnale all’organizza-zione: anche su questo fronte vogliamo fa-re sul serio, muovendoci in coerenza conle scelte congressuali e con quelle definitenella conferenza d’organizzazione di dueanni fa, consapevoli che vi è oggettivamen-te uno scarto tra il nostro livello d’iniziativae di elaborazione e le esigenze a cui dob-biamo rispondere. Esigenze e problemi chein questi anni si sono profondamente mo-dificati e, complessivamente, sono diventa-ti sempre più complessi.Credo che lo sforzo di aggiornamento dell'i-niziativa deve fare i conti con diversi ordini

di novità di cui è necessario tenere conto:u le profonde trasformazioni del mondodel lavoro, in particolare quelle legate aglieffetti della crisi di questi anni (crisi da cuinon tutti sono già usciti e comunque nesiamo usciti complessivamente diversi dacome vi eravamo entrati), all’avvio dellaQuarta rivoluzione tecnologica, alla ridefi-nizione della catena del valore sui mercatiinternazionali, con la crescita ulteriore del-la frammentazione del mercato del lavoroe degli assetti produttivi, delle modifichenella prestazione lavorativa e sul terrenodelle competenze. u Il secondo ordine di novità riguarda letrasformazioni della società, con bisogninuovi e criticità dirompenti, che vanno go-vernate con un progetto, con un’idea, conun punto di vista che deve tenere assiemeinnovazione, diritti e solidarietà. Trasforma-

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Seminario Cgil sulla contrattazione sociale

(Roma,26e 27 ottobre 2017)

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I contributi che seguono si basano sulla rielaborazione degli interventi diSusanna Camusso (segretario generale Cgil), Ivan Pedretti (segretario ge-nerale Spi Cgil) e Roberto Ghiselli (segretario nazionale Cgil) nel corso dei

lavori del seminario tenuto a Roma il 26 e 27 ottobre sui temi della contrattazionesociale e delle strategie del sindacato. L’incontro ha riunito per due giorni – partedei quali condotti in gruppi di lavoro tematici – le strutture nazionali confederalie di categoria, le strutture regionali e le Camere del lavoro.Il seminario ha fornito un’occasione molto partecipata per valutare lo stato del-l’arte della contrattazione, confrontare le esperienze realizzate nei territori edefinire ipotesi di rilancio sia organizzative sia nel merito dei temi negoziati.

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zioni, come ad esempio l’estendersi del di-sagio economico e delle povertà, che colpi-scono, seppure con intensità diversa, tuttele realtà del Paese e tutte le generazioni(pensiamo al rischio di esclusione dal dirittoallo studio, dai servizi per la prima infanzia odalle prestazioni sanitarie), ma anche la cre-scita dell’età media della popolazione, i pro-cessi migratori – in entrata ma anche in u-scita dal nostro Paese –, la questione di ge-nere e quindi il ruolo diverso delle donnenel lavoro e nella società.u Le trasformazioni politiche, a partire daun diverso rapporto tra la rappresentanzapolitica e la sua composizione sociale, il na-scere di nuovi movimenti, il cambiamentod’identità dei soggetti politici tradizionali, inparticolare della sinistra, e anche le modifi-che del rapporto tra le rappresentanze poli-tiche e sociali. u I cambiamenti o, per meglio dire, il caosdegli assetti istituzionali, a partire dalle vi-cende, fra loro connesse, che si chiamanoriforma costituzionale fallita, legge Delrio suprovince e Aree metropolitane, gli innume-revoli interventi normativi sui piccoli Comu-ni e sulle forme associative delle ammini-strazioni. Un caos che rende incerte le com-petenze, gli assetti istituzionali, le risorse edi conseguenza l’organizzazione dei servizie delle attività. Con l’ulteriore complicazio-ne che anche le Regioni hanno poi tutte le-giferato: sugli ambiti ottimali, sulle formeaggregative, sugli incentivi finanziari, coseche in molte situazioni hanno difficoltà a es-sere implementate. u E inoltre abbiamo sullo sfondo il tema delruolo e dell’autonomia delle regioni, le vi-cende referendarie e il clima pesante che sirespira in tutta Europa.u I processi riaggregativi e le modifiche de-gli assetti nel frattempo stanno riguardandoanche l’insieme dei servizi a rete, con forti

differenziazioni territoriali, settoriali e nelrapporto tra pubblico e privato.u Le modifiche delle politiche contrattuali,in particolare l’irrompere del tema, da noigovernato con fatica, del welfare negozialee del rapporto tra lo stesso e le garanzie diun sistema di tutele generali e universali pertutti i cittadini.La necessità di qualificare ed estendere lacontrattazione sociale territoriale nasce an-che dalla consapevolezza che molti proble-mi che riguardano la tutela della nostra rap-presentanza, dal tema dell’occupazione aquello del disagio sociale, dalla tutela delreddito a quello della coesione e dell’inte-grazione, trovano sempre più risposte nelladimensione territoriale; anche la contratta-zione di categoria, sia quella acquisitiva chequella difensiva, ha l’esigenza di trovare nelterritorio un solido supporto su molte que-stioni. Il baricentro si sta quindi spostandoverso il territorio e, se non fossimo in gradodi sostenere con più efficacia questo secon-do pilastro della contrattazione, la nostracapacità di tutela verrebbe certamente de-potenziata.L’obiettivo è quindi quello di coniugare piùefficacemente l’affermazione dei diritti dellavoro con quelli di cittadinanza, ricercandouna sintesi più alta e innovativa. E quandopensiamo alla contrattazione sociale nondobbiamo intenderla esclusivamente comeun’attività risarcitoria nei confronti delle di-verse forme di disagio, ma un lavoro chesappia anche promuovere, sostenere e o-rientare il cambiamento e la coesione dellenostre comunità.Vanno inoltre tenute saldamente assieme,nel territorio, le politiche sociali con quelledi sviluppo, perché non c’è benessere socia-le se non ci sono sviluppo economico e la-voro; ma è anche vero il contrario: le condi-zioni locali per attrarre investimenti, favori-

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re l’occupazione e lo sviluppo economiconon bastano se il territorio non è in grado diesprimere coesione, legalità, efficienza deiservizi alle imprese e alle persone. Questovale ovunque e vale soprattutto nelle areepiù svantaggiate del Paese, come è emersonegli incontri nelle regioni meridionali.Dopo il 16 maggio in tutte le regioni ci sia-mo incontrati con le strutture per verificarea che punto siamo, qual è il percorso cheabbiamo fatto in questi anni, quali sono sta-ti i risultati positivi e quali i limiti e le diffi-coltà; abbiamo discusso sulle nuove sfide esugli obiettivi che dobbiamo porci. Un per-corso che abbiamo fatto assieme allo Spinazionale e che ci ha consentito di integraree arricchire un quadro importante che ognianno ci viene consegnato dal nostro Osser-vatorio nazionale sulla contrattazione socia-le. Approfitto per ringraziare Maria Guidotti,Beppe De Sario, Bruno Pierozzi, RobertoBattaglia e tutte le compagne dei territoriche svolgono l’importante lavoro di raccoltadei testi, di inserimento dei dati e di elabo-razione degli stessi.L’esigenza è di integrare, perché ad esem-pio emerge che l’attività che svolgiamo èpiù ricca e diffusa di quanto risulta dai datidell’osservatorio. Molta attività non vieneformalizzata, spesso non si struttura e nonsi traduce in piattaforme, accordi, proto-colli o verbali d’incontro. In altri casi, piùbanalmente, non sempre le strutture tra-smettono all’Osservatorio tutto il materia-le prodotto.Altra cosa che mi pare giusto sottolineare èche quando parliamo di contrattazione so-ciale esistono rilevanti differenze territorialisul livello delle iniziative, e non sempre stan-no sul solo crinale Nord/Sud. Le differenzeriguardano soprattutto gli approcci nego-ziali, gli interlocutori di riferimento, le ma-terie trattate, le modalità con cui si forma-

lizzano le nostre proposte. Insomma, quan-do parliamo di contrattazione sociale nontutti la viviamo e la interpretiamo allo stessomodo, anche perché il contesto locale og-gettivamente ci condiziona. In territori incui il 50 per cento delle amministrazioni ècommissariata è certamente più difficile la-vorare, anche per noi.Il peso relativo dei temi con cui ci siamo ci-mentati in questi anni è cambiato ovunque,come è giusto che sia (sarebbe preoccupan-te il contrario) considerando l’emergere, oil ridursi, di determinati bisogni. Vi sono poirilevanti differenze sul modo in cui sono im-pegnate le nostre strutture. Anche se nellamaggior parte delle situazioni vi è un ruoloattivo e centrale della confederazione e, sul-le politiche degli anziani, dello Spi, in molterealtà il sindacato pensionati si trova a svol-gere un ruolo di supplenza, a volte quasi perdelega. E il coinvolgimento delle altre cate-gorie e delle nostre strutture (servizi, asso-ciazioni collaterali), pur vedendo modalità epeso diversi, in genere rappresenta un ele-mento di maggiore criticità, ovunque.Ma gli incontri hanno evidenziato anche unacosa che ritengo la più importante: possia-mo contare su un insieme di esperienze, dicompetenze e di relazioni diffuse ovunque,nelle strutture dove la negoziazione è piùconsolidata, ma anche nelle altre realtà.Spesso il problema è soprattutto comemettere assieme queste risorse, organizzar-le in un quadro progettuale che andrà defi-nito in ogni territorio. Ed è incoraggianteche quasi ovunque è presente questa con-sapevolezza che va organizzata e sostenuta.Dopo l’appuntamento di queste due gior-nate – per noi non un punto di arrivo, ma unmomento di rilancio dell’iniziativa – mi sem-bra una esigenza comune definire in ogniregione e in ogni Camera del lavoro dei pro-getti specifici, che partano dalle peculiarità

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e dalle diverse storie, ma che sappiano met-tere in rete e riorganizzare le nostre risorseper conseguire l’obiettivo del rafforzamentodella capacità di incidere, nell’interesse dellanostra rappresentanza, sulle dinamiche so-ciali dei territori.Partendo da un quadro che ho sommaria-mente riassunto, vorrei ora soffermarmi sualcuni punti centrali del lavoro che abbiamosino a qui condotto.1) Il primo riguarda le modalità, gli interlo-cutori e le materie con cui sviluppiamo lanostra iniziativa. In molte realtà, soprattuttodove l’esperienza è più consolidata ed este-sa, i principali interlocutori della nostra ini-ziativa sono i Comuni, singoli o associati,con i quali ci si confronta e si stipulano inte-se sulla base di piattaforme presentate, qua-si sempre unitariamente, in occasione del-l’elaborazione dei bilanci preventivi. Altrovela nostra attività si svolge soprattutto in sediconsultive o di concertazione, come gli Am-biti sociali, i distretti, a livello regionale, sugliatti di programmazione o nei gruppi di la-voro tematici. In altre situazioni si lavora suproblematiche specifiche che possono ri-guardare, di volta in volta, i servizi socio-as-sitenziali, la povertà, l’immigrazione, la lega-lità, il lavoro.Il problema è che i tre livelli d’iniziativa(quello negoziale, quello concertativo equello consultivo), tutti per noi fondamen-tali, non sempre coesistono e a volte siconfondono. E in molti casi un livello d’ini-ziativa rischia di essere esclusivo. Con piùnettezza dobbiamo far coesistere i percorsinegoziali, che partono dalla definizione dipiattaforme e si completano con la possibilesottoscrizione di atti formali con i nostri in-terlocutori istituzionali; i percorsi e i luoghidella concertazione, nei quali si lavora per lacondivisione degli atti programmatici e perla loro gestione, nelle sedi in cui la rete si fa

più complessa e gli interlocutori diventanoanche gli altri soggetti della rappresentanzasociale, dal terzo settore alla rappresentan-za delle imprese e dell’utenza; e i momentidi mera consultazione.Così come è importante tenere assieme i ta-voli di confronto generale, come quelli con iComuni sui bilanci preventivi, gli accordiquadro con l’Anci o con le regioni, con l’ini-ziativa sui temi specifici che vivono nella no-stra azione quotidiana. In questa fase ad e-sempio siamo chiamati a gestire le novitàconnesse alla gestione delle misure di con-trasto alla povertà, le politiche dell’infanzialegate ai 0-6 anni, o il tema di Garanzia gio-vani nelle sue diverse articolazioni, o il pro-blema dei rifugiati. Inoltre, rispetto alle inte-se che sottoscriviamo è altrettanto impor-tante prevedere le modalità e le sedi nellequali poter esercitare un monitoraggio e u-na verifica sulla corretta attuazione delle in-tese stesse.Siamo consapevoli che il rapporto con i no-stri interlocutori è sempre più complesso.Innanzitutto perché aumenta il divario fra ibisogni crescenti e le risorse disponibili, incostante calo. Poi non vi è dubbio che le vi-cende politiche di questi anni hanno modi-ficato e modificheranno il quadro di riferi-mento. In particolare per le cose che stannosuccedendo nella sinistra del nostro Paese,su ciò che rappresenta il fenomeno 5 stelle,o la nuova destra di Salvini.In particolare il tema della “disintermedia-zione” e della negazione di una funzione dirappresentanza generale, confederale, delsindacato può avere sulla contrattazione so-ciale una incidenza particolare. In questoambito affermare la nostra titolarità e l’eser-cizio stesso della negoziazione era comun-que un problema preesistente in molterealtà. Per quale motivo un sindaco elettodirettamente dagli elettori, che deve ri-

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spondere sulla base del suo programma atutti i cittadini dovrebbe discutere e concor-dare con il sindacato le sue scelte? Argo-mento insidioso, ma legittimo per moltiamministratori. Per la verità, se stiamo ai no-stri dati, non è vero che in questi anni i no-stri spazi negoziali si sono ridotti; in alcuneregioni andiamo indietro, ma in tante altrecresciamo, anche a prescindere dall’orienta-mento politico dei nostri interlocutori. Laverità è che nei territori e nelle città moltospesso agiscono altre dinamiche, altrimentinon si spiegherebbe che i tavoli di confron-to non si sono mai interrotti anche in molteamministrazioni particolarmente sensibili aquesti nuovi orientamenti. Per non parlaredel comune di Roma, dove la sindaca ha sot-toscritto un’intesa generale sui problemidella città con Cgil Cisl e Uil. Certo, non c’èdubbio che ha e avrà sempre meno pesol’“affinità politica” e siamo consapevoli chesempre più dovremo far leva su altri ele-menti, che comunque hanno il vantaggio divalorizzare la nostra autonomia e la nostrafunzione specifica. Le amministrazioni si de-vono confrontare con noi perché rappre-sentiamo in quel territorio una parte impor-tante, prevalente, della loro popolazione. Eun sistema democratico non può prescin-dere dal riconoscimento della rappresen-tanza sociale, che dobbiamo esercitare intutte le sue forme, dall’esercizio negozialealle iniziative di lotta, qualora e laddove lenostre proposte non trovino riscontro.Un altro tema è che noi, il sindacato, perquello che rappresentiamo sul territorio,per le cose che vediamo e che gestiamo, sia-mo una fondamentale risorsa per quel terri-torio, in termini di conoscenze, di parteci-pazione, di coesione. Una risorsa che, assie-me ad altre, l’amministrazione pubblica nonpuò non valorizzare nell’interesse della suacomunità. Questo vale in rapporto a quanto

siamo insediati in quel territorio, a quantosiamo autorevoli e con solidi legami con lanostra gente.2) Il secondo aspetto riguarda il ruolo e ilrapporto fra le nostre strutture. La contrat-tazione sociale coinvolge l’insieme della no-stra organizzazione, con ruoli diversi ma chedevono fortemente integrarsi. Non vi è dub-bio che quando parliamo di contrattazionesociale territoriale il perno della nostra ini-ziativa sono le Camere del lavoro. Sappiamoche la titolarità della contrattazione socialeè confederale, o che sulle politiche per glianziani lo Spi è co-titolare di questo spazio,ma ogni categoria è coinvolta, e deve esserecoinvolta, in questo percorso. Per più ragio-ni: perché le categorie, a iniziare da quellepubbliche, ma non solo loro, organizzano ilavoratori che gestiscono i servizi e presidia-no alle funzioni che consentono l’erogazio-ne delle prestazioni, ed è fondamentale de-terminare coerenza e sinergia fra le politi-che confederali territoriali e quelle contrat-tuali, di categoria, che, come è nel nostro dnadi sindacato confederale, tengono assiemela tutela dei lavoratori e l’interesse generaleper garantire l’efficienza e la qualità dei ser-vizi per i cittadini. Quindi in molti ambitidella nostra iniziativa le categorie sono at-tori negoziali diretti; non solo esse vannocoinvolte, ma sono protagoniste, come nelsocio-sanitario o nelle politiche dell’infan-zia, ma anche sui temi degli appalti, dei ser-vizi a rete, degli orari delle città.La seconda ragione è collegata alla prima:nelle categorie degli attivi fra i nostri iscrittie delegati vi sono delle competenze impor-tanti e diffuse, patrimonio prezioso per ap-profondire le tematiche ed elaborare le pro-poste. Inoltre le categorie, tutte le categorie,rappresentano la nostra gente, le personeche dobbiamo, con il loro aiuto, coinvolgeree tutelare con la nostra iniziativa. Le catego-

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rie, infine, devono essere messe in grado dicontribuire concretamente all’elaborazionedei documenti e delle piattaforme.Ma è importante coinvolgere nella rete del-la contrattazione sociale anche altre strut-ture; alcune hanno un ruolo negoziale o po-litico diretto come il Sunia, la Federconsu-matori, le associazioni degli studenti; altreun ruolo di gestione di rilevanti attività, co-me l’Auser; altre ancora sono contenitori dicompetenze tecniche e di conoscenza deifenomeni sociali (pensiamo ai nostri servizidi tutela individuale: ai Caf sulle tematichefiscali o all’Inca nell’ambito del segretariatosociale, o ai Sol sulle problematiche del la-voro). Dagli incontri di questi mesi ci vieneun messaggio incoraggiante in questa dire-zione e la partecipazione delle categorie,tranne rare eccezioni, c’è stata ed è stata u-na partecipazione attiva. Il punto è rafforza-re il coinvolgimento delle categorie degli at-tivi, concentrandoci sulle modalità concretecon cui ciò si deve realizzare.3) Il terzo aspetto che ritengo opportunomettere in rilievo si collega a quello prece-dente e riguarda i percorsi di elaborazionedelle piattaforme, di coinvolgimento dei la-voratori e dei pensionati, di validazione de-gli accordi. Se c’è un limite che accomunatutte le regioni e i territori, nella gestionedella contrattazione sociale, questo è ap-punto il coinvolgimento dei lavoratori e deipensionati. Anche dove la contrattazione èconsolidata e diffusa il problema esiste, e ilavoratori quasi sempre non sanno quelloche facciamo, quello che possiamo fare,quello che dovremmo fare. La nostra inizia-tiva quindi non trova troppo spesso un ri-scontro esterno; questo credo che sia ilpunto più delicato e dirimente che può ca-ratterizzare la nuova stagione di contratta-zione: il tema dei nostri rappresentati. Pro-blema emerso ovunque e di cui tutti siamo

consapevoli. I lavoratori molto spesso nonsanno quello che facciamo e, peggio ancora,non sanno che certe cose le dovremmo e lepotremmo fare. E quando, in quelle pocheoccasioni, si discute con i lavoratori di listedi attesa in sanità, di trasporti che non fun-zionano, di orari dei servivi o di asili-nido oservizi per non autosufficienti, o di tasse etariffe locali, l’attenzione è sempre alta, per-ché quelle cose incidono sempre più sullecondizioni concrete di vita e di lavoro dellanostra gente. Ed è proprio questo scarto chedobbiamo colmare, una sfida che può ride-finire il profilo della nostra azione e dellapercezione del sindacato fra i lavoratori, te-nendo assieme la tutela contrattuale eser-citata dalle categorie con i diritti di cittadi-nanza da garantire agendo confederalmen-te nel territorio.Questo tema innanzi tutto si pone già dallaprima fase del percorso, quello della valuta-zione dei fabbisogni e delle priorità, prope-deutica alla definizione delle piattaforme.Alcune nostre strutture si stanno impe-gnando in interessanti sperimentazioni, at-traverso diversi strumenti (questionari, in-terviste, assemblee). Sarà importante valu-tarne e socializzarne gli esiti, ed estenderele esperienze in questa direzione. Questocomporta che nel momento in cui si defini-scono i progetti territoriali, oltre agli aspettidi contenuto, dovremo prestare attenzionealle modalità di coinvolgimento dei lavora-tori e dei pensionati, con tutti gli strumenti:dalle assemblee nei luoghi di lavoro (che su-scitano interesse ovunque le facciamo) enel territorio, con tutti gli altri strumenti, daquelli più tradizionali, come i volantini, alweb. Il coinvolgimento dei lavoratori e deipensionati è decisivo e funzionale anche perun’altra questione: la contrattazione socialenon può non mettere in conto anche la pos-sibilità di ricorrere a momenti di mobilita-

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zione, come già oggi in parte avviene, a ini-ziare dai temi della salute. In questo quadro una riflessione è emersadai territori circa i processi di validazionedelle piattaforme e delle intese. La confe-renza d’organizzazione affida questo com-pito ai comitati direttivi delle Camere del la-voro territoriali o a sedi diverse a cui vienedemandata tale titolarità, unitarie laddovevi sono le condizioni. Queste sedi diversepossono essere le articolazioni sub-provin-ciali, le zone sindacali, che molto spessocoincidono con le leghe dello Spi. È una vo-lontà diffusa cercare di portare sempre piùa questo livello la sede dell’elaborazionedelle piattaforme, del coinvolgimento deiquadri e dei delegati nell’assunzione delledecisioni, nel coinvolgimento più generaledei lavoratori e dei pensionati. In questo ambito diverse strutture hanno incorso esperienze interessanti, come ad e-sempio quella del delegato alla contratta-zione sociale. Anche perché è importanteintegrare le linee guida per la contrattazio-ne, che già oggi molto spesso vengono ela-borate a livello regionale o provinciale, conpiattaforme vere e proprie che hanno comeriferimento la specifica realtà comunale od’ambito e che in quanto tali possono esse-re più aderenti alle specificità di quel conte-sto territoriale. A questo riguardo, mentreoggi la maggior parte delle realtà ha comeinterlocutori prevalenti della nostra contrat-tazione le amministrazioni comunali, in al-tre siamo coinvolti principalmente a livellodi Unioni dei comuni, Ambiti sociali o di-stretti socio-sanitari. Premesso che noi fac-ciamo bene a spingere e sostenere i proces-si aggregativi fra le amministrazioni, nelleloro diverse forme (dal consolidamento eaffidamento della personalità giuridica agliAmbiti sociali, alle Unioni dei comuni vere enon costituite solo per la gestione di attività

residuali, o le fusioni fra i comuni stessi),non possiamo però venire meno a un assun-to: la negoziazione deve avere ben chiarochi sono gli interlocutori reali su una mate-ria o su un insieme di materie; e se, comequasi sempre avviene, i livelli sovracomunalihanno competenze limitate, non possiamorinunciare a un confronto diretto con le sin-gole amministrazioni comunali. E in partico-lare non possiamo mancare il momento deibilanci preventivi, a tutti i livelli istituzionali.Quello è il momento in cui si prendono ledecisioni che vincoleranno poi tutte le scel-te in quell’anno.L’esperienza che stiamo conducendo è riccaanche di un lavoro a monte che viene fattodalle nostre strutture regionali, in particola-re nel rapporto e negoziazione con le am-ministrazioni regionali o con il coinvolgi-mento dell’Anci a livello regionale, al fine difavorire le condizioni politiche, di program-mazione, normative e finanziarie che orien-tano e sostengono l’attività gestita dalle am-ministrazioni nel territorio. Naturalmente,soprattutto se pensiamo a politiche comela sanità, il socio-assistenziale, il diritto allostudio, le politiche del lavoro o della casa,tenere assieme il livello regionale e territo-riale della nostra iniziativa è più che mai es-senziale. Come d’altra parte sarebbe impor-tante, e ci stiamo lavorando, definire anchecon le associazioni nazionali di rappresen-tanza degli enti locali e delle regioni proto-colli o linee guida che possano delineare co-muni tracce di lavoro.In tutte le riunioni che abbiamo tenuto è e-merso con forza il tema della formazionesindacale. Formazione che su queste tema-tiche in molte realtà si sta facendo, anchebene, ma abbiamo bisogno di estenderla equalificarla, assumendola come priorità al-l’interno del Piano della formazione della Cgilnazionale. Assieme allo Spi abbiamo cercato

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di capire lo stato dell’arte: dove si fa forma-zione, i contenuti, le persone a cui ci rivol-giamo. Abbiamo anche rilevato il materialeprodotto e le docenze utilizzate. L’idea èquella di mettere a disposizione di tutte lestrutture una serie di strumenti, socializzan-do anche le risorse fra le diverse strutture,che ci consenta in ogni realtà regionale eterritoriale di programmare una specificaattività che, tenendo conto delle diverse e-sigenze, sappia rivolgersi all’insieme deicompagni e delle compagne, naturalmentecon azioni e moduli formativi differenziati,innanzi tutto coinvolgendo chi gestisce di-rettamente la contrattazione ma anche lealtre strutture, sino alla nostra rete di dele-gati e i compagni delle Leghe. Un’iniziativache sappia tenere assieme la cosiddetta “al-ta formazione” con quella diretta a rafforza-re le competenze politiche e tecniche utili avalutare i bisogni di un territorio, costruireuna piattaforma, portare avanti un negozia-to, gestire un percorso di partecipazione, in-terpretare un bilancio, conoscere come sidetermina l’Isee o una tariffa, come funzio-nano i tributi locali, le norme sull’accredita-mento delle strutture, solo per fare alcuni e-sempi. Una formazione che dovrà esseresempre più coordinata, definendo le azioniche vanno condotte assieme e le specificitàche naturalmente ognuno si gestisce, sem-pre e comunque in una logica integrata.Per gestire con più efficacia il nostro impe-gno dobbiamo precisare meglio e rafforzarealcuni aspetti organizzativi, partendo daipunti di forza che già abbiamo. Innanzi tuttouna considerazione generale di metodo. Ilfilo conduttore per le cose che facciamo sichiama “integrazione”. Abbiamo provato adutilizzare questo approccio nelle cose fattein questi mesi. Integrazione all’interno del-l’area welfare nazionale, ma questo, direi, èil minimo sindacale. Integrazione fra le di-

verse aree della Cgil perché quando parlia-mo di politiche sociali i confini sono inde-terminati e le interazioni con altre politiche,come ho già detto, sono determinanti. Inte-grazione e circolarità nel rapporto con le ca-tegorie e i territori, a tutti i livelli: nazionale,regionale e nelle Cdlt. Una integrazione incui però siano ben chiari i nodi della rete, lediverse e reciproche responsabilità, i luoghidi raccordo e di discussione.Partiamo dal nazionale: dobbiamo rivedere eriorganizzare il funzionamento dei Coordina-menti nazionali esistenti, sia quello generaledell’area welfare, che quelli specifici settoriali,precisando meglio per ognuno le competen-ze, la composizione e le modalità di lavoro. Ein particolare le modalità di lavoro le dovre-mo decidere assieme. Altrettanto dovremofare nelle regioni e nei territori, sapendo chele situazioni sono diverse, in alcuni casi le co-se già ci sono e funzionano, in altri vanno mi-gliorate, in altri ancora i coordinamenti vannocostruiti ex novo. Come detto, in ogni realtàregionale/territoriale dovremo definire deiPiani di attività che, sulla base delle diversecondizioni ed esperienze, e tenendo contodella discussione che stiamo svolgendo assie-me, dovranno contenere le coordinate siapolitiche che organizzative entro cui muover-ci. Questi Piani dovranno essere discussi e ap-provati dagli organismi dirigenti confederaliai livelli di competenza, come passaggio so-stanziale rispetto al coinvolgimento dell’or-ganizzazione. Con il progetto dovremo in o-gni territorio individuare i luoghi e le compe-tenze da attribuire nella gestione concretadell’attività: il ruolo dei direttivi, dei coordi-namenti, delle zone sindacali, le modalità dicoinvolgimento dei delegati, delle Leghe, deilavoratori e dei pensionati. A questo proposi-to alcuni territori hanno ipotizzato progettisperimentali, opportuni in particolare per ge-stire le attività più innovative e complesse.

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Il fatto che anche nella stessa regione, o intempi diversi anche nello stesso territorio,l’attività di contrattazione veda delle rile-vanti differenze, significa che molto spessoil lavoro poggia sulla responsabilità e sul-l’impegno del singolo compagno o su ungruppo di compagni. Questa cosa va supe-rata. Dobbiamo essere in grado di struttu-rare il lavoro all’interno dell’attività ordina-ria dell’organizzazione, mettendo assiemele soluzioni organizzative, la programmazio-ne dell’attività e le necessarie valutazioniche collegialmente e a ogni livello dovremocostantemente fare sull’andamento e sull’e-sito del lavoro. Un po’ ovunque, soprattuttonelle strutture più piccole, è emerso unoscarto oggettivo fra le cose che si dovrebbe-ro fare e le risorse disponibili, umane e fi-nanziarie. Qui dobbiamo farci venire delle i-dee, innanzi tutto utilizzando al meglio le ri-sorse che abbiamo, ricorrendo a tutte lecompetenze e disponibilità che ci sono,dentro e fuori di noi: non sono sufficienti inostri funzionari, ma dobbiamo pensare alcontributo dei pensionati, dei collaboratorie dei volontari, non solo nello Spi ma ad e-sempio anche nelle zone, valorizzando lecompetenze e la militanza che abbiamo frai nostri delegati e iscritti; anche con un uti-lizzo più efficace degli strumenti informaticidi cui già disponiamo, dalle anagrafi degli i-scritti e degli utenti dei servizi fino ai sociale agli altri mezzi di comunicazione o diinformazione.E, come regola, le cose dobbiamo farle assie-me. Poi ci sarà sempre un piccolo Comune,una zona, una situazione in cui, come oggispesso avviene, sarà lo Spi ad arrivare dove laCamera del lavoro ha delle difficoltà. Ma unacosa è viverla in questo modo, dentro unquadro d’azione comune, altro sono invecele deleghe, esplicite o implicite che in alcunicasi, per fortuna pochi, vengono affidate allo

Spi; deleghe che gli stessi compagni pensio-nati vivono con disagio. E dagli incontri cheabbiamo fatto in questi mesi abbiamo regi-strato che la discussione sui conflitti di attri-buzione e di competenza fra le strutture èdel tutto limitata e marginale, e vi è propriodove la nostra iniziativa è più limitata. In-somma: dove si lavora bene il lavoro c’è pertutti, basta trovare gli equilibri giusti.Infine, dobbiamo affinare e rendere ancorapiù fruibili gli strumenti di supporto che co-me strutture nazionali, e a volte regional-mente, possiamo mettere a disposizionedelle strutture. Oltre a tutto questo, noi ab-biamo due altri strumenti fondamentali. U-no è l’Osservatorio nazionale sulla contrat-tazione sociale, che da anni raccoglie e ana-lizza gli atti della negoziazione, gestito attra-verso la collaborazione tra Cgil, Spi e Fonda-zione Di Vittorio. Un patrimonio importan-te e consolidato che va utilizzato meglio ealimentato meglio. Girando per le regioniad esempio emerge che moltissimi accordi,piattaforme, verbali non vengono trasmessiall’Osservatorio. Lo stesso accesso ai dati vafacilitato, a iniziare dalla collocazione del si-to internet. Dall’osservatorio si possono de-sumere i dati qualitativi e quantitativi dellacontrattazione, la sua evoluzione, i suoi limi-ti. Si possono evidenziare le buone prassi, ocomunque le nuove idee, che senza timoredobbiamo far conoscere perché moltospesso si fanno ottime cose ispirandosi allecose fatte da altri – magari migliorandole –.Abbiamo poi l’Osservatorio dei bilanci deiComuni, delle aziende pubbliche e ora an-che delle Regioni, promosso dallo Spi e ge-stito dall’Ires Morosini del Piemonte. Colgol’occasione per un ringraziamento alle com-pagne e ai compagni che presiedono a que-sto lavoro, in particolare a Francesco Mon-temurro che lo coordina. Uno strumentoconsolidato e fondamentale a supporto del-

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la contrattazione, alla base anche delle azio-ni formative, e che ora è accessibile con unaapposita app che sta per essere messa a di-sposizione di tutte le strutture.Partendo dall’esperienza di questi mesi hocercato di evidenziare i nodi politico-organiz-zativi che credo più rilevanti e che, assiemealle questioni di contenuto, è bene valutare eportare a sintesi. L’aggiornamento delle trac-ce tematiche che ieri sono state discusse neigruppi, la discussione che continuerà in ple-naria stamattina e il contributo che ci daràSusanna costituiranno il materiale frutto diun lavoro comune che servirà a ognuno dinoi, nei rispettivi ruoli, per rilanciare, con tut-ta la convinzione e l’impegno di cui siamocapaci, questo importante lavoro.t

u IVAN PEDRETTI Segretario generale Spi Cgil

Nel condividere sostanzialmente l’analisi diRoberto Ghiselli, mi soffermerò in partico-lare sulla parte iniziale della relazione, ovve-ro sulla parte inerente al tema delle trasfor-mazioni sociali ed economiche avvenute, inquanto ritengo che sia questo il tema sulquale siamo chiamati a fare un “salto di qua-lità”. I mutamenti intervenuti negli anni re-centi sono stati profondi e pesanti. Alcunihanno aspetti positivi, come ad esempiol’allungamento della vita della popolazione,ma contestualmente a questo aspetto posi-tivo c’è un tema cruciale da affrontare, ine-rente al sistema delle protezioni sociali daricostruire per rispondere a questo allunga-mento della vita delle persone. Vanno inol-tre date risposte alle criticità, come ad e-sempio il tema delle cronicità nella fase fi-nale della vita della persona. Va anche rimar-cato che, rispetto alla positività del dato del-l’allungamento della vita, c’è un dato preoc-

cupante costituito dalla crisi della natalità.C’è dunque un problema rilevante su comeaffrontare questa crisi del tasso di natalitànel nostro Paese, costruendo strumenti e in-terventi a sostegno del sistema di protezio-ne sociale, che rispondano alle necessitàdelle nuove generazioni.L’altro grande tema che abbiamo di fronte anoi è quello della trasformazione del siste-ma economico-finanziario e di conseguen-za del mercato del lavoro, sia sul versante in-ternazionale che rispetto alla realtà del no-stro Paese. In Italia in particolare sono fuo-riusciti dal panorama produttivo alcuni set-tori strategici: la chimica, la siderurgia, il set-tore automobilistico. Siamo comunque unPaese a forte trazione produttiva, di trasfor-mazione, ma molto diffusa nel territorio at-traverso la rete delle piccole imprese, a voltemicro imprese. Questa fotografia ci dice chenon siamo più di fronte a un paese struttu-rato sulla dimensione industrializzata cheabbiamo conosciuto negli anni della forteindustrializzazione. Per questi motivi riten-go che sia importante aver avanzato una se-ria analisi e riflessione partendo dalla pro-posta della “Carta dei diritti” per definire co-me ricostruire il diritto del lavoro e del lavo-ratore in una dimensione economica e pro-duttiva diversa dal passato, oggi moltoframmentata. Va inoltre affrontato il temadel cambiamento determinato dall’innova-zione tecnologica, dalla telematica, dallainformatizzazione e digitalizzazione. L’altro tema connesso alle trasformazioni e-conomiche e produttive in atto riguarda lacostruzione di un sistema di welfare chesappia rispondere a questa nuova fase; unwelfare che sia più vicino alle condizioni del-le persone che vogliamo rappresentare.Altro tema da approfondire è quello del pro-cesso migratorio, che è strutturale e non siesaurirà in un breve periodo temporale e

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che va affrontato con grande serietà. Credonon sia più sufficiente dichiarare di essere fa-vorevoli all’accoglienza, ma occorre un siste-ma di accoglienza e una integrazione nel ri-spetto della legislazione, a partire dai valoricostituzionali, evitando che questo processomigratorio determini una frattura socialenell’ambito del Paese; in tal senso si avvertela preoccupazione che posizioni di chiusurapossano fare breccia anche dentro il corpoche rappresentiamo. Ritengo che questo siaun tema che dovremmo affrontare con chirappresentiamo, con i lavoratori, con i pen-sionati, perché l’immigrazione non sia iden-tificata come un tema di separazione.In questo contesto dove si accrescono feno-meni di chiusura sociale si è sviluppata an-che una nuova spinta in ambito istituziona-le, una sorta di idea di separatismo. Questarichiesta di maggiore autonomia passa sot-to la definizione di “regionalismo”, ma dopoil referendum del Veneto si è compresoquale era l’idea reale che li muoveva, ovveronon quella di un confronto di merito con loStato per definire nuovi spazi di interventoregionale, ma più semplicemente quella ditrattenere una maggiore quota di risorseper il proprio territorio. In questa logica sipuò quindi determinare una pressione poli-tica per ritornare a forme di contratti regio-nali, a un fisco i cui proventi vanno nelle cas-se della Regione e dove solo una quota mi-noritaria viene trasferita allo Stato per rea-lizzare la solidarietà.Infine è fondamentale affrontare i processi dimutamento del sistema di welfare, a partiredal tema che investe uno dei pilastri del wel-fare, quello della sanità e in particolare dellasalute delle persone. Sul sistema sanitario siè fatta strada l’idea della costante riduzionedell’intervento finanziario da parte dello Sta-to e con la riduzione delle risorse anche undisimpegno delle istituzioni verso il soste-

gno al sistema universale. Dall’altro lato, sista sviluppando in modo rapido un sistemadi “integrazione sanitaria” che è sempre piùsostitutiva piuttosto che integrativa.Questa operazione determina una disegua-glianza sociale tra chi ha possibilità di acces-so al sistema integrativo e chi non ha possi-bilità di accedere a tale sistema. Ritengo chequesto sia un problema che investe diretta-mente la nostra realtà, sia rispetto alla poli-tica negoziale e contrattuale che svolgiamo,sia riguardo alla rivendicazione generale diun sistema sanitario di carattere universale.I fatti ci dicono che già siamo di fronte a unsistema di protezione sanitaria fortementedifferenziato tra regione e regione, con qua-si venti sistemi diversi. Per rispondere a que-sta situazione c’è bisogno di costruire unaforte iniziativa, occorre una capacità di ne-goziazione per garantire a tutti i cittadini li-velli essenziali sanitari, per una ripresa dellacapacità dello Stato di sovrintendere all’uni-versalismo sanitario e interrompere questafase di sostituzione sanitaria privatistica, chesi muove anche attraverso la contrattazionedi vario genere, sia aziendale che nazionale.Oltre alla questione della sanità c’è un’altragrande priorità, che riguarda il tema dellanon autosufficienza. Come ci dimostrano nu-merosi studi e la realtà quotidiana, all’allun-gamento della vita e della vecchiaia corri-sponde nella fase finale sempre più frequen-temente la possibilità di cadere in una con-dizione di non autosufficienza. Per risponde-re a questa situazione c’è chi si predispone(come ad esempio teorizzato da MaurizioSacconi) a sostenere che a fronte della ridu-zione delle risorse occorre mettere insiemetutte le risorse stanziate, per dare vita a deifondi negoziali che sostengano la non auto-sufficienza. Anche in questo caso determine-remmo un’azione che avrebbe come conse-guenza quella di accentuare le disuguaglian-

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ze sociali tra chi potrebbe pagare quell’inte-grazione e chi non potrebbe farlo.Da quanto illustrato appare chiaro che ab-biamo alcuni temi significativi che investo-no la nostra politica di contrattazione socia-le sul piano generale. A questi si può aggiun-gere anche il tema dell’istruzione. Purtrop-po ormai abbiamo settori di giovani in etàscolare che non studiano più, o che fannofatica ad avere l’opportunità per poter pro-seguire gli studi e questo fenomeno non in-veste solo il Sud del Paese, ma anche il Nord. C’è poi il grande tema della territorialità, ov-vero di quanta parte della protezione socia-le, di quello che definiamo come welfare dicomunità, si sviluppa nel territorio, sia nelladinamica pubblica che privata. Ritengo chequello sia il centro della nostra azione dicontrattazione sociale, quando si afferma l’i-dea che la contrattazione sociale è la nuovafrontiera di una rinnovata negoziazioneconfederale. Una contrattazione che non èin alternativa alla contrattazione aziendale.In passato le protezioni sociali venivanoconquistate attraverso la grande mobilita-zione nei luoghi di lavoro e poi nella società:oggi quel paradigma è rovesciato. Noi dob-biamo ripartire dalla ricostruzione della ca-pacità di negoziazione territoriale anche ri-pensando un po’ alla nostra storia: se il lavo-ro diffuso è in quel luogo, in quel territorio,nello stesso modo in cui mi occupo di quellavoro, della protezione di quel lavoratore,così mi occupo anche del pensionato, quin-di sia dal punto di vista lavoristico che daquello della cittadinanza.Per rispondere a questo tema così comples-so, io non intravedo altro che il rafforzamen-to di una capacità di contrattazione di ca-rattere orizzontale. Capisco che questo puòcreare anche conflitti, ma ritengo che laquestione sia questa, tema a cui saremochiamati prima o poi a rispondere. Per e-

semplificare: non ritengo sia sufficientemettere insieme la Confederazione, lo Spi ei servizi chiamando poi le categorie a fare laloro parte. Non ritengo che così si otterreb-bero i migliori risultati. Occorre un altro per-corso, innovativo, che provi a realizzare la ri-composizione delle categorie, nel contem-po spostando risorse, dirigenti sindacali, av-viando anche un percorso formativo di qua-lità. Questo perché, se la nuova frontiera in-dividuata è quella indicata ed è di carattereorizzontale, devo anche affidare un nuovopotere negoziale alle Camere del lavoro. Èuno sforzo che dobbiamo provare a fareperché il conflitto tra localismo, corporati-vismo e universalismo ci può travolgere. Noidobbiamo pensare invece a un’azione che,interpretando i cambiamenti generali, provia tenere insieme innanzitutto il Paese e ov-viamente anche noi.Ritengo in conclusione che i problemi cheabbiamo di fronte siano questi. Il salto di qua-lità che chiediamo deve avere questo oriz-zonte. Certo non è semplice, è una cosa com-plessa. Avremo un congresso che può essereuna grande occasione di approfondimento,prima ancora la Conferenza programmatica.Bisognerebbe coglierle come grandi oppor-tunità di cambiamento strategico. È cambiato il mondo, sono cambiati i partiti.I partiti che abbiamo conosciuto non ci so-no più. L’atteggiamento nostro nel rapportocoi partiti adesso è profondamente diverso,ora è fondato sulla nostra capacità strategi-ca e propositiva. In base a questi presuppo-sti mi confronto con tutti, sapendo che la di-mensione che ho di fronte è questa. La crisidella rappresentanza investe i partiti, manon solo loro, riguarda anche noi. È tempoche anche noi cominciamo a riflettere suquesto problema, perché riguarda tutti,pensionati e non. Ma questo è un altro temada affrontare e alla fine di un processo di di-

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scussione sarà necessario provare a dare so-luzioni, attraverso la definizione di una nuo-va capacità di rappresentanza e di rappre-sentatività del sindacato.La contrattazione è una priorità per la vitadi un’organizzazione sindacale, la questionefondamentale è in quale modo viene svilup-pata. A questo proposito rispetto alle dina-miche che la relazione indicava c’è il temadel modo nel quale costruisco la piattafor-ma, come la faccio vivere. In tal senso è ne-cessario certamente elaborare la piattafor-ma e avviare la contrattazione tradizionalee quella sociale, ma occorre anche sostene-re questo percorso attivamente, occorre di-ventare “agitatori sociali”, bisogna stare nelterritorio, capirne i bisogni e i fenomeni,comprenderne il cambiamento, come il dis-sesto idrogeologico, lo spopolamento dallearee interne verso le grandi città, le questio-ni delle aree urbane. Da tutti questi intreccitematici possiamo avere materia per rico-struire un’identità sindacale che si muovecomprendendo la trasformazione.Questi sono gli ambiti nei quali possiamoapprofondire la nostra azione negoziale. Ab-biamo costruito delle iniziative in positivo.La contrattazione sociale ha dato qualchespazio di novità. Ritengo che adesso occorra“buttare un po’ in là il cuore, oltre l’ostaco-lo” e allargare la nostra azione di contratta-zione e di negoziazione sociale. t

u SUSANNA CAMUSSO Segretario generale Cgil

Il territorio è il luogo, ovviamente non esclu-sivo, in cui si possono ricomporre diritti dellavoro e diritti di cittadinanza; intendendoil territorio non solo come luogo di una di-namica organizzativa della struttura sinda-cale, ma come dimensione di ricostruzione

della rappresentanza in un percorso demo-cratico. Il salto di qualità che ci compete èagire affinché l’attività di contrattazione so-ciale, che noi facciamo e che dobbiamo faremeglio e di più, diventi luogo di definizionedi rappresentanza.Nel profilo della nostra rappresentanza i pri-mi interlocutori immediati sono sempre ecomunque lavoratori e pensionati. I lavora-tori attivi, i pensionati, i disoccupati, cioè lecategorie “classiche”, non superate da alcunprocesso di innovazione perché ancora cen-trali nella struttura sociale e che danno le-gittimità all’organizzazione sindacale nellasua funzione di contrattazione. Lavoratori epensionati vanno coinvolti in un percorso dirappresentanza al cui centro si collocano idiritti del lavoro e di cittadinanza. Infatti c’èbisogno di strumenti di contrattazione chenon siano esclusivamente quelli che abbia-mo conosciuto nella nostra pratica.Ciò non è possibile senza un processo verodi partecipazione e senza avere al centro l’i-dea che la contrattazione sociale non èun’attività di una sola parte dell’organizza-zione. Se si considera la contrattazione so-ciale un’attività di qualche specialista, rea-lizzata in solitudine e senza coinvolgere nel-la discussione gli organismi dirigenti, nonsarà uno dei punti centrali nella definizionedella linea dell’organizzazione.Questo attiene alla ricomposizione dellanostra attività, a come il sindacato può af-frontare le nuove diseguaglianze e le nuovecontraddizioni, e rispondere concretamen-te alla consapevolezza che non è sufficientela stretta dimensione lavorativa per ricom-porre le differenze e le fratture che si sonodeterminate nella più ampia dimensionesociale.C’è un dato cruciale nella condizione del no-stro Paese dopo la crisi, di cui discutiamo intante occasioni: si tratta dell’impoverimen-

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to generale. Ma non è l’unico cambiamentoche ci consegna la crisi, perché la distanzache si determina tra le persone e le risposteche danno i servizi sono alimentate dallescelte che sono state fatte nel recente pas-sato. I tagli di bilancio sono anche questo: lacesura di una relazione tra domanda socialee risposte istituzionali, proprio quando lecondizioni sociali sono peggiorate a causadella crisi.Questi tagli hanno solo ragioni economi-che, oppure, nella crisi e nel cambiamentodelle modalità di rappresentanza da partedella politica, le istituzioni stesse sono di-ventate altro da quello che dovrebbero es-sere, e cioè un riferimento nella risposta alladomanda sociale dei cittadini? C’è chi pro-pone il localismo con l’intento della rotturadell’unità istituzionale di questo Paese, ol-tre che dell’unità sociale. È una chiave cheriemerge e risulta paradossalmente possi-bile che la crisi l’abbia rafforzata, perché l’u-scita dalla crisi può produrre ulteriori dise-guaglianze. C’è una seconda chiave di lettura e riguardala solitudine degli amministratori, che hannoscarse forme di partecipazione e di relazionecon la città, con il territorio, con un’idea diuna rappresentanza che non si esaurisca nelmomento del voto e nella scelta del sindacoeletto universalmente. Al contrario, vi è lanecessità di una rappresentanza che andreb-be costantemente alimentata.Esperienze di democrazia partecipativa nelleamministrazioni sono pochissime. Per de-mocrazia partecipativa non intendo esclusi-vamente il coinvolgimento della propria par-te, ma un dialogo aperto con tutti i cittadini. Se la Cgil e il sindacato decidono di soste-nere un percorso democratico di costruzio-ne della contrattazione sociale, vi sarà ancheil problema di rendere credibile, per le per-sone che rappresentiamo, che il sindacato è

in grado di ottenere risposte dalle istituzio-ni. Oggi non è scontato, soprattutto quandosi tratta di istituzioni decentrate che si stan-no moltiplicando, frazionando, ricompo-nendo e in cui si ha difficoltà a individuaregli interlocutori appropriati.Se si accede all’idea che anche il sindacatoha bisogno di ricomporre diritti sociali, di-ritti del lavoro e diritti di cittadinanza chenon sono automaticamente assolti dai dirit-ti sociali, occorre costruire un percorso par-tecipativo e, dentro questo, ridare senso efinalità alle istituzioni, sapendo che gli inter-locutori, nella variegata rappresentazionedelle amministrazioni locali e regionali, so-no sempre più distanti dall’idea che la lorofunzione comprenda un’azione partecipatanel rapporto con i cittadini.Per questo c’è una relazione tra le modalitàcon cui il sindacato esercita la rappresen-tanza, e quindi la contrattazione, e la pro-spettiva democratica di un Paese, perchél’erosione dalla partecipazione dei cittadiniè di per sé una riduzione della democrazia. Nei mesi scorsi il dibattito mediatico sulleperiferie, invece di essere un’occasione sucome ricostruire una condizione di vita po-sitiva per tutti, è diventato il falso imperativodel “mandiamo via i migranti”. Non è avve-nuto per uno strano cortocircuito nella testadelle persone, ma per il consolidamento, inassenza di un luogo di partecipazione, dellecontrapposizioni tra i soggetti, utilizzate perdeterminare l’autonomia della politica ri-spetto alla partecipazione dei cittadini. Se esiste questa crisi della rappresentanza edella partecipazione, allora non si può pen-sare che la contrattazione sociale si concen-tri esclusivamente sulle categorie storica-mente più fragili. Disuguaglianza e fragilitàhanno cambiato il loro profilo, anche se ov-viamente con crescenti povertà e con cre-scenti fenomeni di mancanza di lavoro c’è

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una drammatizzazione delle fragilità concondizioni più acute nei luoghi in cui il lavo-ro, in qualche modo, continua a esserci econtinua a esercitarsi.È in ragione di questo che la Cgil deve cam-biare la struttura con cui affronta la contrat-tazione sociale, mantenendo una confede-ralità in cui ciascuno nella propria attività(che siano i pensionati o che sia una catego-ria di attivi), misura le nuove fragilità e lenuove domande, riportandole a sistema,sintesi, definizione comune delle priorità.Non c’è una cesura tra ciò che si contrattain termini di inclusione e integrazione nei si-ti produttivi, nelle filiere, nei nuovi o nei vec-chi insediamenti, con quello che viene fattonella contrattazione sociale, che non è altro,dal punto di vista dei contenuti e del modoin cui viene organizzato, da ciò che viene fat-to per il cambiamento della qualità dellacontrattazione collettiva. Questo propone un’idea di integrazione dellavoro confederale intesa non in termini tra-dizionali o, per meglio dire, non esclusiva-mente tradizionali. Ciò non implica solo cheogni categoria ha un suo portato di espe-rienza, oltre che una funzione di inclusionee partecipazione dei lavoratori e delle lavo-ratrici che rappresenta, o dei pensionati edelle pensionate, ma è anche il tentativo dimettere in relazione ciò che la categoria staesercitando nell’organizzazione dei suoi la-voratori o nella relazione tra i suoi lavoratorie i lavoratori di altre categorie, con le oppor-tunità della contrattazione sociale.Il sindacato ha molto insistito perché, oltreal rinnovo dei contratti pubblici, ci fosse de-legificazione. Ovviamente ci siamo mossi intermini di rappresentanza dei lavoratori, didifesa del loro reddito, di contratti da rinno-vare. Ma vanno considerate anche altre con-nessioni; per cui, se non c’è la possibilità diconfrontarsi sull’organizzazione del lavoro,

non saremo in grado di dare una risposta suiservizi o di valutare quali sono gli orari diffe-renti che servono per rispondere ai bisognidei cittadini.La contrattazione di categoria dovrà esserein relazione con ciò che si muove nel territo-rio. Dobbiamo proporre il coinvolgimentodelle lavoratrici e dei lavoratori, un coinvol-gimento che non va in un’unica direzione,non è solo la rilevazione e l’ascolto dei biso-gni, è anche in relazione con la loro condi-zione lavorativa e con ciò che può avveniresui luoghi di lavoro in rapporto al territorio.Dobbiamo abituarci a considerare insieme isoggetti della fragilità e della diseguaglian-za, perché per definizione la condizione diinvecchiamento, ad esempio non sempreattivo, è indubbiamente una condizione difragilità, ma la crisi ne ha determinate nu-merose altre e ugualmente rilevanti. Se unaquota consistente di poveri “assoluti” nelnostro Paese è rappresentata dai minori,vuol dire che c’è un tema che riguarda lacondizione dei bambini e dei ragazzi che,non ovunque e non nello stesso modo, do-vrebbero essere il centro delle politiche dimedio termine, perché la contrattazione so-ciale deve contribuire a migliorare progres-sivamente le condizioni sociali e non esclu-sivamente rispondere all’emergenza. Le fragilità sono molte. Vediamo i due estre-mi, bambini e anziani. Se immaginiamo unprocesso di integrazione per un bambino, vainnanzitutto considerato il problema dell’ac-cesso al percorso scolastico e ai suoi costi, ildiritto allo studio, il mantenimento di unpercorso solido. Per l’anziano i temi specificipossono riguardare le Università della terzaetà e i percorsi di formazione permanente,ma i primi bisogni di risposta sociale proba-bilmente sono un po’ differenti, prima di tut-to c’è il tema della non autosufficienza. Gli u-ni e gli altri hanno bisogno di alcune risposte

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che sono comuni. Ad esempio l’accesso allasanità vale per il bambino povero come perl’anziano, per quanto ovviamente abbianobisogno anche di risposte specifiche. Perché questi esempi? Perché sono i due te-mi che incrociano anche le tendenze del co-siddetto welfare aziendale. Per gli uni e pergli altri si pone il problema di qual è il rap-porto tra processi assicurativi privatistici euniversalità del trattamento per le persone.C’è un’idea che alcune prestazioni che do-vrebbero essere un diritto universale deb-bano orientarsi verso la privatizzazione.Ma se ci fosse davvero un’iniziativa dellacontrattazione sociale che consentisse di ri-spondere a quei bisogni nel rapporto con iservizi pubblici, ci sarebbe lo stesso entusia-smo rispetto a delle pratiche sostitutive?Questa è la domanda che bisogna porre algoverno sulla sanità. Se 11 milioni di perso-ne non si curano, significa che vi è una per-cezione diffusa di non avere la garanziadell’universalità del servizio. Quindi tuttociò che viene offerto in sostituzione vienepercepito come una forma di garanzia per ilproprio futuro.La prima operazione da compiere è rimet-tere le risorse nel fondo sanitario nazionalee nel suo funzionamento. Questo perché lacrescita del ventaglio di prestazioni del wel-fare aziendale è legata anche alla mancanzanel territorio di una contrattazione capacedi determinare condizioni di servizio utili.Il fatto è che quanto più il sindacato riescead agire sul territorio rispetto all’universalitàdei servizi tanto più garantisce la funzioneintegrativa del welfare contrattuale. In casocontrario abbiamo un effetto di sostituzio-ne o sistemi disuguali. Si verrebbe cioè ad a-vere un doppio binario: da una parte, nelprivato, si accede rapidamente alle presta-zioni; dall’altra, nel pubblico, vigono listed’attesa, code infinite e difficoltà.

Anche qui esiste una relazione tra qualecontrattazione svolgere nei luoghi di lavoroe la contrattazione sociale. Ovviamentedobbiamo anche reindirizzare la contratta-zione del welfare. Si è infatti trattato di unastagione che, in qualche modo, ha vistoun’egemonia delle piattaforme presentatedalle aziende rispetto a una nostra capacitàdi proposta. Penso che non possiamo per-metterci di discutere per anni come abbia-mo fatto sulla previdenza complementare enon restare al passo rispetto a un mondoandato molto avanti.C’è un problema di ricomposizione tra ciòche, nel nostro linguaggio, chiamiamo con-trattazione territoriale, contrattazione so-ciale, contrattazione per lo sviluppo. Abbia-mo questa tastiera (spesso un po’ incom-prensibile, che dipende dai linguaggi matu-rati nelle varie situazioni) che tuttavia ri-schia di sottendere una divisione tra ciò cheè contrattazione per lo sviluppo – per la Cgilè contrattazione sul Piano del lavoro e per ilPiano del lavoro – e ciò che invece è la con-trattazione sociale, quella che riguarda i di-ritti e i bisogni delle persone. Sappiamo chenon si ricompongono grandi fratture e dise-guaglianze solo con le politiche sociali, maoccorre un’idea di sviluppo del territorio:quali caratteristiche, tendenze, fragilità in-tervengono quando ad esempio parliamo diassetto idrogeologico, di ambiente, e qualiopportunità dal punto di vista produttivo.C’è una terza fattispecie: quella dedicata allafiscalità territoriale, che è una parte deigrandi temi fiscali del Paese. Vorrei che fossechiaro che bisogna occuparsi di una relazio-ne tra i bisogni del territorio e le politiche disviluppo, le questioni fiscali sono assai rile-vanti. Come le amministrazioni locali agi-scono sulla quota fiscale di loro competen-za è questione rilevante. Abbiamo molto u-tilizzato, e giustamente, la negoziazione sul-

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la leva fiscale. Abbiamo chiesto e ottenutopolitiche di progressività, spesso maggioredi quella prevista dal sistema fiscale nazio-nale. Oppure abbiamo agito sulle esenzioni.Poco siamo intervenuti sul governo di com-partecipazione alla spesa, che è invece un e-lemento crescente. E poco abbiamo potutofare sul tema delle risorse utilizzate per gliinvestimenti.Se vogliamo instaurare una relazione tracondizione di vita nel territorio e investi-menti dobbiamo sapere che non ci sono so-lo infrastrutture, ma investimenti. Significaanche strutturare e organizzare i servizi, so-prattutto laddove il gap tra domanda e ser-vizi esistenti è ampio, come ad esempio nel-le aree interne del Paese e nel Mezzogiorno:le prime per ragioni spesso territoriali e diriduzione della popolazione; il Sud per ra-gioni di povertà, di desertificazione del la-voro e della presenza delle strutture.Quindi, come declinare queste politiche senon nel rapporto tra idea di sviluppo del ter-ritorio e politiche sociali che poi ne deriva-no? Bisogna, probabilmente, rimettere inmoto anche una discussione rispetto a ciòche, sul piano fiscale, nelle regioni, nei co-muni, nelle amministrazioni, è possibile ot-tenere. Ovviamente tutto ciò non ci esoneradal ragionare e sostenere che la riforma fi-scale e il rapporto tra tassazione dei redditie tassazione dei patrimoni è del tutto squi-librato. Il cosiddetto bonus degli 80 euro hadue “tagliole”: una in alto agisce se aumen-tano i redditi personali, e per effetto dellostesso meccanismo di attribuzione del bo-nus lo si perderà; ma l’altra tagliola sta inbasso, per coloro che hanno restituito il bo-nus perché il loro reddito era a tal punto di-minuito da portarli fuori della fascia di per-cepimento del bonus. Questo perché, se inalto il bonus si ritorce in una tassa contro lacontrattazione e danneggia la nostra fun-

zione di agente di regolazione salariale,quando la “tagliola” si muove verso il bassovuol dire che ci sono persone passate dall’a-vere un reddito che gli consentiva di esserenella fascia degli 80 euro ad avere un reddi-to inferiore.La discussione nel seminario del 26 e 27 ot-tobre dovrebbe aver determinato intendi-menti che certo torneranno nelle prossimediscussioni e di certo nel dibattito congres-suale; ma in ogni caso dovrebbe aver deter-minato cambiamenti che non hanno biso-gno né di modifiche statutarie né di nessunaltro imprimatur se non della scelta politicadi farli. Se si costituisce un coordinamento,se i Direttivi approvano delle linee-guidapiuttosto che delle piattaforme, ciò richiedeuna scelta e una volontà politica; richiede unconfronto del gruppo dirigente che determi-ni questa scelta come sua priorità. E, ovvia-mente, richiede risorse, persone che vi si de-dichino, un livello di indagine e di ascoltomaggiore nei confronti dei cittadini. Non ètutto risolvibile nelle linee-guida, negli osser-vatori e nei Rapporti sulla contrattazione.Ne consegue che nelle discussioni che sisvolgono nel territorio, nelle Camere del la-voro e a livello regionale venga considerataanche la questione delle risorse non solomonetarie, ma anche di intelligenze e qua-dri: i delegati che hanno attitudine per lacontrattazione sociale, la disponibilità deipensionati a lavorare in chiave confederale.Tutto ciò richiede che si mettano a disposi-zione queste risorse per l’organizzazionecollettiva. Inoltre richiede di lavorare sul te-ma della formazione e sul versante dell’altaformazione, per una maggiore valorizzazio-ne delle competenze.Lavorare sulle competenze non è una purascelta di alfabetizzazione. Le competenzeincidono sulla ricostruzione delle funzioni edei ruoli, e quindi sul patrimonio politico e

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sulla capacità di interlocuzione con le istitu-zioni. Tutto questo ha un senso valoriale. Haa che fare con il nostro rapporto con le isti-tuzioni e con quale democrazia si agisce nelnostro Paese. Temi che sarebbe bene nonseparare perché altrimenti negoziare sull’al-locazione delle risorse di un’amministrazio-ne e sulle sue competenze apparirebbe solouna banale questione tecnica. No: ciò è frut-to di scelte politiche progressive che vengo-no esercitate e di quale pressione i cittadinimettono in campo. La formazione deve poiavere, credo con sempre maggiore urgenza,un’altra funzione: quella di ricomporre fran-tumazione e divisione nella discussione delnostro corpo attivo, come avremmo dettouna volta, tra i nostri dirigenti, tra i nostriquadri attivi, tra i nostri iscritti.Non è strano perché, se la rappresentanzapolitica è quella che abbiamo detto, non es-sendo l’unico soggetto di interlocuzione, èevidente che la spinta del discorso pubbliconei confronti dei nostri iscritti, dei lavoratorie dei delegati dà messaggi opposti a quellidell’integrazione, dove per integrazione siintende quella tra un lavoro stabile e un la-voro precario, tra un italiano e un cittadinomigrante. In questo senso la contrattazioneè uno strumento per ricomporre quelle e al-tre fratture.Risanare le divisioni che ci sono, intervenirein termini di riunificazione della domandasociale significa dare delle risposte a tutti enon solo darle a qualcuno togliendo a qual-cun altro.L’obiettivo non può che essere quello del-l’integrazione, il che significa partire in ogniconfronto da quello che è il soggetto indi-scutibilmente più debole e su cui si deter-mina la frattura sociale. Darsi delle prioritànon vuol dire ridurre le piattaforme a unasingola questione, ma porsi il problema dicome tenere insieme priorità e ricomposi-

zione delle fratture mi pare il tema su cui bi-sogna ancora lavorare per costruire un sen-timento comune dell’organizzazione. Per questo abbiamo bisogno di una politicadelle alleanze e do per scontato che così di-cendo si parli a Cisl e Uil, ma c’è bisogno diandare oltre. La norma sul contrasto alla po-vertà è stata frutto dell’agire una grande al-leanza, l’Alleanza contro la povertà, compo-sta unitariamente dalle organizzazioni sin-dacali, ma anche da altri soggetti che hannocostretto il governo a un processo di con-fronto diverso da quello che caratterizza so-litamente la dialettica con le organizzazionisindacali.Non è obbligatorio riprodurre in ogni terri-torio esattamente le stesse modalità e lestesse alleanze, ma bisogna coniugare il la-voro che fa il sindacato nel rapporto con co-loro che rappresenta e una relazione con glialtri attori sociali del territorio. Occorre pro-vare a tessere relazioni sapendo che possia-mo essere i federatori – se siamo unitari an-cor meglio – di un gioco di interlocuzione disoggetti che teoricamente possono ancheoccuparsi delle stesse materie, ma non han-no una capacità di interlocuzione. Avere al-leanze tra più soggetti che individuano lepriorità per il territorio è di per sé un ele-mento di rapporto di forza con le ammini-strazioni locali.Penso che vi siano le condizioni e che abbia-mo l’energia per farlo. Anche se ci apprestia-mo a una campagna elettorale nazionaleche sarà complessa, anche se siamo in vistadi una stagione di difficoltà, contempora-neamente si apre una finestra di opportu-nità in cui la questione della democrazia edel rapporto con i cittadini va rilanciata.Stiamo preparando adesso la stagione dicontrattazione sociale, indipendentementedai tempi di discussione dell’organizzazioneche ovviamente continueranno a esserci.

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Penso che il frutto di questo lavoro sia dipartire con rinnovata energia e con moda-lità differenti nell’esercizio della contratta-zione sociale. Credo che questi due giorni,come anche altre occasioni seminariali cheabbiamo avuto, ci diano un insegnamentopiù generale. Siamo un’organizzazione chefa moltissimo, che ha grande esperienza, mache non sa valorizzarla al meglio e in questomodo farne patrimonio comune e colletti-

vo. La contrattazione sociale è un terrenoperfetto, da questo punto di vista, per fare erilanciare esperienze e per essere un luogodi costruzione di un patrimonio collettivo.Se dedicassimo più energie a ragionare, co-noscere e discutere dell’esperienza dellacontrattazione sociale, delle sue difficoltà edei risultati positivi, forse faremmo tutti in-sieme un salto di qualità. t

(Bozza non rivista dall’autore)

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APPENDICE

La contrattazione sociale 2016Le tematiche

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APPENDICE t La contrattazione sociale 2016: le tematiche82

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4. Politiche di bilancio(345/56,9%)

AREA 4 u POLITICHE DI BILANCIO (ACCORDI)Area primo livello Area secondo livello

4.1. Confronto sugli accordi di mandato (2/0,3%)4.2. Confronto sui bilanci di previsione (318/52,5%)4.3. Confronti su consuntivo e assestamento di bilancio (54/8,9%)4.4. Monitoraggio, ricerca, raccolta dati, osservatori (20/3,3%)

1. Relazioni tra le parti e definizione del processo(543/89,6%)

AREA 1 u RELAZIONI TRA LE PARTI E DEFINIZIONE DEL PROCESSO (ACCORDI)Area primo livello Area secondo livello

1.1. Valutazioni di premessa (419/69,1%)1.2. Composizione tavoli di confronto (321/53%)1.3. Monitoraggio, ricerca, raccolta dati, osservatori (133/21,9%)

3. Pubblicaamministrazione(307/50,7%)

AREA 3 u PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (ACCORDI)Area primo livello Area secondo livello

3.1. Politiche del personale e formazione (42/6,9%)3.2. Esternalizzazioni e internalizzazioni (15/2,5%)3.3. Regolazione appalti e subappalti (171/28,2%)3.4. Accreditamento (1/0,2%)3.5. Organizzazione e razionalizzazione (52/8,6%)3.6. Aziende pubbliche e partecipate (76/12,5%)3.7. Relazioni tra amministrazioni e gestioni associate (163/26,9%)3.8. Uso del patrimonio pubblico (32/5,3%)3.9. Monitoraggio, ricerca, raccolta dati, osservatori (3/0,5%)

2. Politiche e strumenti dellapartecipazione e cittadinanzaattiva (194/32%)

2.1. Bilanci sulla qualità sociale (14/2,3%)

2.2. Bilancio partecipato, partecipativo(25/4,1%)2.3. Percorsi di informazione,consultazione, coinvolgimento deilavoratori e dei cittadini (110/18,2%)2.4. Promozione del terzo settore edella partecipazione sociale (99/16,3%)2.5. Monitoraggio, ricerca, raccolta dati,osservatori (4/0,7%)

2.1.1. Bilancio sociale(8/1,3%)2.1.2.Bilancio di genere(2/0,3%)2.1.3. Bilancioambientale (0/0%)

AREA 2 u POLITICHE E STRUMENTI DELLA PARTECIPAZIONE E CITTADINANZA ATTIVA(ACCORDI)

Area primo livello Area secondo livello Area terzo livello

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5. Politiche socio-sanitarieed assistenziali (518/85,5%)

5.1. Programmazione servizi e prestazioni (151/24,9%)

5.2. Modelli organizzativi e dell’offerta (157/25,9%)

5.3. Prestazioni e servizi(411/67,8%)

5.4. Interventi di contrastoalla povertà (307/50,7%)

5.5. Non autosufficienza(106/17,5%)

5.6. Welfare integrativo/mutualità territoriale (7/1,2%)5.7. Monitoraggio, ricerca,raccolta dati, osservatori(29/4,8%)

5.1.1. Piani e programmazionesociale (25/4,1%)5.1.2. Piani e programmazionesanitaria (78/12,9%)5.1.3. Piani e programmazioneintegrata (25/4,1%)5.1.4. Piani di zona e/o distrettuali(76/12,5%)

5.2.1. Aziende speciali e societàpartecipate (48/7,9%)5.2.2. Modalità di affidamentodelle prestazioni (50/8,3%)5.2.3. Semplificazione percorsi di accesso (69/11,4%)5.2.4. Modalità di presa in carico(18/3,0%)5.2.5. Carta dei servizi/Diritti degli utenti (40/6,6%)

5.3.1. Residenziali (201/33,2%)5.3.2. Semiresidenziali (54/8,9%)5.3.3. Domiciliari (275/45,4%)5.3.4. Territoriali (213/35,1%)5.3.5. Accoglienza ed emergenza(67/11,1%)5.3.6. Prevenzione socio-sanitaria e promozione della salute e delbenessere (85/14,0%)

5.4.1. Minimo vitale/Redditominimo (17/2,8%)5.4.2. Contributi economici una tantum (187/30,9%)5.4.3. Contributi in servizi/beni di prima necessità (70/11,6%)5.4.4. Interventi promozionali per l’inclusione sociale (57/9,4%)

5.5.1. Contributi economici(48/7,9%)5.5.2. Servizi di sostegno alla non-autosufficienza (78/12,9%)5.5.3. Regolarizzazione,formazione e accreditamento lavoro di cura (14/2,3%)

AREA 5 u POLITICHE SOCIO-SANITARIE ED ASSISTENZIALI (ACCORDI)Area primo livello Area secondo livello Area terzo livello

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6. Politiche del lavoro e dello sviluppo (246/40,6%)

6.1. Accordi di area e pianificazioneinterventi (10/1,7%)6.2. Sviluppodell’economia sociale e solidale (9/1,5%)6.3. Sostegno ad aziendee creazione di impresa(32/5,3%)6.4. Azioni perl’inserimento lavorativo(172/ 28,4%)

6.5. Tutela del lavoro(58/9,6%)

6.6. Protezione sociale e del reddito (54/8,9%)

6.7. Azioni per laconciliazione (24/4,0%)6.8. Monitoraggio,ricerca, raccolta dati,osservatori (6/1,0%)

6.4.1. Sportello lavoro/servizi per l’impiego (36/5,9%)6.4.2. Formazionecontinua/professionale (18/3,0%)6.4.3. Progetti speciali di inserimentosocio-lavorativo (122/20,1%)

6.5.1. Contrasto ed emersione del lavoro nero e irregolare (13/2,1%)6.5.2. Contrasto della precarietà e stabilizzazione del lavoro (11/1,8%)6.5.3. Salute e sicurezza (31/5,1%)

6.6.1. Ammortizzatori sociali (2/0,3%)6.6.2. Sostegno al reddito dei soggettiinteressati da crisi aziendali od occupazionali (39/6,4%)6.6.3. Sostegno all’autoimpiego e microimpresa (2/0,3%)

AREA 6 u POLITICHE DEL LAVORO E DELLO SVILUPPO (ACCORDI)Area primo livello Area secondo livello Area terzo livello

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7. Politica locale deiredditi e delle entrate(527/87,0%)

7.1. Isee (341/56,3%)7.2. Compartecipazionecosti welfare (274/47,5%)

7.3. Tariffe servizipubblici (370/71,1%)

7.4. Imposte e tasse locali(442/71,9%)

7.5. Altre imposte tariffee tasse locali (23/3,8%)7.6. Calmieramentoprezzi (10/1,7%)7.7. Barattoamministrativo (16/2,6%)7.8. Monitoraggio,ricerca, raccolta dati,osservatori (1/0,2%)

7.2.1. Rette servizi pubblici (192/31,7%)7.2.2. Ticket sanitari (72/11,9%)

7.3.1. Rifiuti (326/53,8%)7.3.2. Utenze domestiche (118/19,5%)7.3.3. Trasporti pubblici (46/7,6%)

7.4.1. Contrasto all’evasione fiscale e tributaria (217/35,8%)7.4.2. Addizionali Irpef (337/55,6%)7.4.3. Imu (269/44,4%)7.4.4. Tasse di scopo (11/1,8%)7.4.5. Tasi (237/39,1%)

AREA 7 u POLITICA LOCALE DEI REDDITI E DELLE ENTRATE (ACCORDI)Area primo livello Area secondo livello Area terzo livello

8. Azioni di contrastodelle discriminazioni e pari opportunità (121/20%)

AREA 8 u AZIONI DI CONTRASTO DELLE DISCRIMINAZIONI E PARI OPPORTUNITÀ(ACCORDI)

Area primo livello Area secondo livello

8.1. Pari opportunità e integrazione (94/15,5%)8.2. Azioni contro le discriminazioni per età (2/0,3%)8.3. Azioni contro razzismo e xenofobia (1/0,2%)8.4. Azioni contro le discriminazioni di genere e scelta sessuale(1/0,2%)8.5. Azioni contro le discriminazioni ai disabili (3/0,5%)8.6. Azioni di contrasto della violenza su donne e minori (44/7,3%)8.7. Monitoraggio, ricerca, raccolta dati, osservatori (0/0,0%)

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9. Politiche abitativee del territorio(393/64,9%)

9.1. Pianificazione e gestione del territorio(166/27,4%)

9.2. Politiche ambientali(165/27,2%)

9.3. Politiche per la casa e condizione abitativa(284/46,9%)

9.4. Monitoraggio,ricerca, raccolta dati,osservatori (9/1,5%)

9.1.1. Definizione, attuazione e varianti dei piani regolatori(3/0,5%)9.1.2. Programmazione, recuperourbano e cura del territorio(108/17,8%)9.1.3. Programmi diinfrastrutturazione del territorio (81/13,4%)9.1.4. Adeguamento tempi e oraridella città (6/1,0%)

9.2.1. Organizzazione servizi igieneurbana, raccolta differenziata e verdepubblico (44/7,3%)9.2.2. Mobilità urbana ed extraurbana(112/18,5%)9.2.3. Efficienza e risparmio energeticoed idrico (24/4,0%)

9.3.1. Programmazione edilizia sociale(92/15,5%)9.3.2. Risanamento alloggi (36/5,9%)9.3.3. Graduazione sfratti emergenzaabitativa e morosità (49/8,1%)9.3.4. Interventi sugli affitti(134/22,1%)9.3.5. Agevolazioni acquisto primacasa (1/0,2%)

AREA 9 u POLITICHE ABITATIVE E DEL TERRITORIO (ACCORDI)Area primo livello Area secondo livello Area terzo livello

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10. Politichedell’infanzia, peri giovani, educative e dell’istruzione(247/40,8%)

10.1. Asili nido(130/21,5%)10.2. Scuole d’infanzia(64/10,6%)10.3. Scuola primaria emedie inferiori (50/8,3%)10.4. Università, scuolesuperiori, Centri di FormazioneProfessionale (5/0,8%)10.5. Diritto allo studio(186/30,7%)

10.6. Apprendimentopermanente e universitàpopolari (6/1,0%)10.7. Monitoraggio,ricerca, raccolta dati,osservatori (3/0,5%)

10.5.1. Pre e post-scuola (56/9,2%)10.5.2. Mense e trasporti (130/21,5%)10.5.3. Integrazione (41/6,8%)10.5.4. Convenzioni e agevolazioni per gli studenti (22/3,6%)10.5.5. Contrasto della dispersionescolastica (1/0,2%)

AREA 10 u POLITICHE DELL’INFANZIA, PER I GIOVANI, EDUCATIVE E DELL’ISTRUZIONE(ACCORDI)

Area primo livello Area secondo livello Area terzo livello

11. Politiche culturali,di socializzazione e sicurezza(246/40,6%)

11.1. Promozionedell’offerta e delle attivitàculturali (73/12,0%)

11.2. Iniziative di socializzazione(174/28,7%)

11.3. Piani per la sicurezza urbana, la vigilanza e i soccorsi(81/13,4%)11.4. Monitoraggio,ricerca, raccolta dati,osservatori (0/0,0%)

11.1.1. Biblioteche e servizi informativi(20/3,3%)11.1.2. Promozione delle attivitàculturali e interculturali (58/9,6%)

11.2.1. Promozione centri diaggregazione (102/16,8%)11.2.2. Promozione del turismo sociale(65/10,7%)11.2.3. Promozione dello sport di base(29/4,8%)

AREA 11 u POLITICHE CULTURALI, DI SOCIALIZZAZIONE E SICUREZZA (ACCORDI)Area primo livello Area secondo livello Area terzo livello

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Supplemento al n. 11-2017 di Materiali di Rassegna Sindacale Direttore responsabile Guido Iocca

Chiuso in tipografia il 9 novembre 2017 • Stampa Spadamedia, Roma

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