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15 Febbraio 2017 CETA PRC / Paolo Ferrero e Rosa Rinaldi: «DOMANI VOTO AL PARLAMENTO EUROPEO: NO AD ACCORDO CHE DEVASTA AMBIENTE E DEMOCRAZIA» Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista Sinistra Europea e Rosa Rinaldi, responsabile Ambiente di Rifondazione Comunista Sinistra Europea, dichiarano: «Domani a Strasburgo si voterà il CETA, l’accordo commerciale tra Ue e Canada, un accordo che ha la stessa logica del famigerato TTIP. Noi siamo contrari a questi trattati sostituiscono alla sovranità popolare che si esprime attraverso la democrazia, il primato del profitto e dei privilegi delle multinazionali. In questo modo l’ambiente, la salute e i diritti dei cittadini vengono calpestati: per questo chiediamo ai parlamentar i di opporsi. I nostro parlamentari del gruppo unitario della sinistra a cominciare da Eleonora Forenza voteranno e daranno battaglia contro questo devastante accordo ma ci rivolgiamo in queste ore a tutti i parlamentari: vergognoso votare un trattato che l’opinione pubblica non conosce e che ha effetti così profondi e negativi sulla vita delle persone e dei popoli europei. Per questo domani saremo in tutte le piazze sia in Italia che a Strasburgo per la mobilitazione europea contro il CETA». 14 febbraio 2017

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15 Febbraio 2017

CETA – PRC / Paolo Ferrero e Rosa Rinaldi: «DOMANI VOTO AL

PARLAMENTO EUROPEO: NO AD ACCORDO CHE DEVASTA

AMBIENTE E DEMOCRAZIA»

Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista – Sinistra Europea e Rosa Rinaldi,

responsabile Ambiente di Rifondazione Comunista – Sinistra Europea, dichiarano:

«Domani a Strasburgo si voterà il CETA, l’accordo commerciale tra Ue e Canada, un accordo che ha la stessa

logica del famigerato TTIP. Noi siamo contrari a questi trattati sostituiscono alla sovranità popolare che si

esprime attraverso la democrazia, il primato del profitto e dei privilegi delle multinazionali. In questo modo

l’ambiente, la salute e i diritti dei cittadini vengono calpestati: per questo chiediamo ai parlamentari di

opporsi. I nostro parlamentari del gruppo unitario della sinistra – a cominciare da Eleonora Forenza –

voteranno e daranno battaglia contro questo devastante accordo ma ci rivolgiamo in queste ore a tutti i

parlamentari: vergognoso votare un trattato che l’opinione pubblica non conosce e che ha effetti così profondi

e negativi sulla vita delle persone e dei popoli europei. Per questo domani saremo in tutte le piazze sia in

Italia che a Strasburgo per la mobilitazione europea contro il CETA».

14 febbraio 2017

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CETA – Eleonora FORENZA in aula a Strasburgo: «LA GRANDE

COALIZIONE DIFENDE LE MULTINAZIONALI, NOI RESTIAMO IN

COALIZIONE CON LE CITTADINE E I CITTADINI!»

Eleonora Forenza, deputata europea de L’Altra Europa – gruppo GUE/NGL (Sinistra

Unitaria Europea), è intervenuta poco fa in plenaria nel dibattito sul CETA, prima del voto

contrario all’accordo, e ha dichiarato: «Sarebbe una battuta se non fosse una tragedia dire che

il Ceta è la risposta progressista al populismo delle destre e al protezionismo di Trump. Voi

proteggete il diritto al profitto, le multinazionali, prima delle persone. Noi vogliamo proteggere il

lavoro, l’ambiente, la democrazia.

Voi dite: “il Ceta creerà posti di lavoro”, peccato che tutti gli studi abbiano dimostrato il contrario, e

che saranno persi 230mila posti di lavoro, di cui 200mila solo in Europa.

Trudeau l’ambientalista? Trudeau è colui che ha plaudito alla costruzione di un oleodotto in Usa e

che si accinge a stringere accordi contrari alle direttive comunitarie.

I socialisti avevano annunciato la fine della grande coalizione invece oggi possiamo vedere che la

grande coalizione continua. Noi restiamo in coalizione coi cittadini e le cittadine».

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Pubblichiamo di seguito articoli di riflessione sul lavoro svolto e sulle

prospettive dei comitato per il NO a Bergamo in relazione al rilancio

dell’iniziativa per la piena attuazione della Costituzione Repubblicana

Antifascista

di Francesco “COCO” Macario.

La campagna referendaria per il NO al referendum costituzionale ha visto anche nella bergamasca sorgere un comitato provinciale e molti comitati nelle diverse aree e valli della provincia. I principali comitati sono sorti nell’Alto Sebino/Valle Camonica, Val Calepio, Val Cavallina, Val Seriana, Val Brembano/Imagna, a Seriate, Dalmine, Treviglio/Caravaggio, Romano, nell’Isola, e anche in altri centri minori. Ai vari comitati hanno aderito, sotto l’egida dell’ANPI provinciale, le varie forze politiche locali della sinitra: Rifondazione Comunista, Possibile, SEL, dissidenti del PD, alcuni esponenti del comitato per la difesa della Costituzione di Bergamo (non tutti in quanto alcuni di quelli legati al PD si sono schierati per il SI), Giustizia e Libertà, diversi collettivi e numerosi sindacalisti, militanti, intellettuali della sinistra. In parte questi comitati si sono appoggiati sia alla struttura che alle relazioni che si erano intrecciate ai tempi della Altra Europa che nella bergamasca aveva avuto un discreto impatto. La campagna è stata molto difficile, sia per l’aggressività del fronte del SI che ha teso a presentare i comitati per il No come dei conservatori. Tesi rafforzata dall’attivismo, relativamente modesto ma presente, dalle forze della destra che hanno scelto il No per motivi diversi da quelli della difesa della costituzione. In particolare la Lega che spesso è stata scelta come interlocutrice nei dibattiti dal PD ed è stata accreditata, assieme ai ciellini, nei dibattiti organizzati dalle varie parrocchie. Il PD ha puntato molto sul ruolo dei deputati, senatori, consiglieri comunali e sindaci, di questi pressoché nessuno (nemmeno della minoranza interna) si è chiaramente smarcato dalle posizioni di Renzi. Anzi qualche esponente di “sinistra” che inizialmente aveva espresso pubblicamente dubbi sulla riforma costituzionale si è velocemente riallineato ma mano che la controffensiva mediatica del PD si articolava.

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Il primo risultato, inatteso da tutti, è stata l’altissima percentuale dei votanti, vicina all’80% nella bergamasca, un dato che ci fa capire che se i cittadini percepiscono che il loro parere conta sono ancora disposti a partecipare. In ogni caso nonostante la profusione di mezzi e l’occupazione di ogni spazio di propaganda possibile, anche nelle zone e nei paesi di tradizionale presenza del PD ha in genere prevalso il NO. La chiave più corretta per interpretare questo risultato è quella sociale. Infatti a Bergamo città il Si prevale nei quartieri dell’alta borghesia (Città Alta, il centro) o della borghesia amministrativa (Loreto), pareggia nei quartieri piccolo borghesi (nei Borghi, Longuelo, ecc.), e perde clamorosamente nei quartieri popolari zone tradizionalmente di sinistra (Grumello, Colognola, Boccaleone, Celadina). A riprova del valore sociale e non politico del voto una considerazione particolare va fatta sui quartieri a nord della città in cui prevale la media borghesia (commercianti, artigiani, piccoli imprenditori) in cui, pur essendo tradizionali feudi urbani leghisti, il SI prevale. Stesso scenario in provincia, con poche eccezioni in alta val Seriana (altro feudo leghista) e in alcun centri dell’Alto Sebino. Quasi ovunque prevale il NO, e dove la presenza dei seggi consente di disaggregare il voto si osserva la stessa dinamica della città: zone popolari per il NO e zone di media e alta borghesia per il SI. Lo schiaffo subito ha da prima portato il PD locale ad ammetterla sconfitta, che localmente in alcune zone assume proporzioni catastrofiche, con i No altre il 70%, pur in presenza di percentuali altissime di votanti. Dopo alcune vaghissime autocritiche gli esponenti del PD, minoranze comprese, hanno proceduto a organizzare il contrattacco nel tentativo di inquinare il senso e rovesciare l’esito del voto del 4 dicembre. In particolare i midia locali hanno iniziato a innalzare peana alla governabilità auspicando la nascita del cosiddetto Partito della Nazione, o quantomeno a un listone, che cerchi di fare il pieno dei voti superando la fatidica soglia del 40% che rimane in campo anche dopo il parere consulta sull’Italicum. L’ipotesi politica che viene sostenuta è del tutto politicista e non lascia nessuno spazio ai temi sociali, infatti in questo modo il gioco delle forze politiche verrebbe esaltato nelle sue componenti e nelle sue modalità più spregiudicate e avulse dalla realtà sociale. Accentuandone ulteriormente il distacco da quest’ultima, abbassando il credito delle istituzioni rappresentative e irrobustendo la contrapposizione fra il “basso” e l’ “alto” della società. Che è esattamente l’opposto di quello che ha rappresentato la vittoria referendaria, infatti come i dati disaggregati della bergamasca dimostrano, non è stato il populismo il protagonista della vittoria del “No”, ma la protesta sociale. Infatti se le teorie populiste vedono come loro punto focale il rapporto particolare tra il capo e il suo popolo, con il voto del 4 dicembre abbiamo assistito alla sconfitta proprio di quel sistema plebiscitario che Renzi cercava di imporre spasmodicamente. Il populismo “dall’alto” ne è uscito molto male. Nonostante la vittoria del NO il dibattito post referendario imposto nei vari comitati bergamaschi è stato a dir poco contraddittorio, non ha affatto analizzato i motivi della vittoria, ma ha solo teso a porre in discussione la possibile continuità dei comitati oltre il referendum. Il tema sotteso è stato quello di togliere di mezzo la struttura organizzativa che si era scontrata con il PD, il tema vero ovviamente era quello di superare la contrapposizione con il PD percepito, in tutto o in parte, nonostante tutto come un possibile alleato politico. In particolare l’ANPI, dentro cui vi sono state durante la campagna referendaria forti lacerazioni, pressato da più parti, ha ritirato il proprio patrocinio ai comitati e ha addirittura diffidato dall’usare le sigla dei comitati del NO le altre forze che ne facevano parte. Sono così stati sciolti ufficialmente i comitati Provinciale, di Treviglio e della val Cavallina, mentre altri continuano come nell’Alto Sebino/Valle Camonica la loro attività. Anche

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gli intellettuali che sono stati gli animatori di moltissime iniziative per il No hanno da subito ribadito il loro impegno a livello provinciale nel preesistente “Comitato per la difesa della Costituzione”. Nei vari comitati è seguita una fase di stasi e confusione, ma anche di dibattito e riflessione, legata anche alla particolare stagione che la sinistra sta vivendo in Europa e in Italia. In particolare il comitato trevigliese, sciolto su pressioni di esponenti della sinistra del PD durante una riunione poco partecipata, si è poi più volte riconvocato e recentemente ha deciso di confermarsi, trasformarsi da “Comitato per il No al referendum costituzionale e contro l’Italicum” in “Comitato per la difesa e l’attuazione della Costituzione”. La discussione a questo punto in provincia di Bergamo si riapre, certo in un panorama difficile, ma in una situazione in cui possiamo dare un contributo decisivo. L’Altra Europa, le liste amministrative, i Comitati per la costituzione e le forze politiche della sinistra hanno oggi la possibilità di costituire anche a Bergamo concretamente quel quarto polo antiliberista di cui si sente tanto la mancanza. Come Rifondazione stiamo facendo molto, ma siamo coscienti che dobbiamo riuscire a fare di più. Il COMITATO per il NO al referendum costituzionale e contro l’Italicum, di Treviglio e dintorni, non si è sciolto, ma continua la sua attività trasformandosi in “COMITATO PER LA DIFESA E

L’ATTUAZIONE DELLA COSTITUZIONE”.

[…………………….] COMO

di Pierluigi Tavecchio. Avanti con convinzione il coordinamento democrazia costituzionale in provincia di Como All’ indomani del 4 dicembre, e della sonora affermazione, anche nella nostra provincia del no al referendum costituzionale , il dato politico più importante ,dopo la sconfitta di chi voleva stravolgere la carta costituzionale ,è stata la decisione di mantenere in attivitá il coordinamento e i comitati che hanno sostenuto il NO.

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Nel caso di Como e provincia, questa decisione é stata sostenuta dalla stragrande maggioranza dei soggetti promotori che riunitisi a metà dicembre hanno convenuto sui seguenti punti

1. a) L’ esperienza di lavoro e di confronto politico avvenuta durante la campagna referendaria, e prima ancora

durante la raccolta di firme per il referendum sull’ Italicum, costituisce un patrimonio prezioso che non può

essere disperso.

2. b) La rete di relazioni e di contatti che si é intrecciata in questi mesi deve essere mantenuta perché, respinto

questo attacco alla costituzione, rimane aperta sul breve periodo la questione di una legge elettorale che

rispetti effettivamente le volontà degli elettori, e sul lungo periodo la questione storica della piena

applicazione della carta costituzionale. Bastano queste due ragioni a giustificare l’esistenza di comitati che

promuovano campagne politiche per la difesa della costituzione.

3. c) i tre referendum promossi dalla Cgil sul lavoro (oggi sappiamo che due soli sono stati

approvati)dovranno vedere la riattivazione dei comitati di difesa della costituzione anche alla luce del fatto

che il voto del 4 dicembre ha lasciato intravedere forti motivazioni economiche e sociali fra i sostenitori del

NO.

Diffondendo i materiali per il NO, nelle piazze, più che negli incontri pubblici o sui sociale network, é apparso subito chiaro come l’opposizione alla ‘riforma’ costituzionale si sia nutrita di ragioni politiche che collegavano ad esempio la deriva autoritaria e la demolizione dello stato sociale, fra precarietà sociale e restringimento degli spazi di democrazia. I compagni e le compagne di Rifondazione Comunista da subito hanno ritenuto indispensabile continuare l’esperienza dei comitati per il NO, prima di tutto per mantenere in vita la mobilitazione contro un governo Renzi-bis mascherato, vero schiaffo alla volontà popolare espressa dal referendum, ed in secondo luogo per non disperdere una crescente sensibilità politica che sa collegare i temi specifici dei quesiti referendari e questioni generali e di principio. Il lavoro che si è reso necessario anche per noi comunisti nell’ ultima campagna referendaria é stato innanzitutto quello di svelare le insidie autoritarie del testo Renzi Boschi e di smascherare le bugie propagandistiche sulla riduzione dei costi della politica e del numero dei parlamentari ‘mantenuti’ chiarendo il vero significato di testi scritti con un linguaggio tecnico poco accessibile. Questo lavoro sarà prezioso anche nel prossimo futuro perché, sui referendum su voucher e appalti occorrerà avere la stessa capacità di far emergere la natura politica dei quesiti e il loro influenza sulle condizioni di tutti i lavoratori, soprattutto per favorire la partecipazione necessaria al superamento del quorum. Un commento finale riguarda le tecniche di comunicazione ed il loro utilizzo da parte nostra. Il fatto che nel referendum costituzionale le ragioni del SI fossero sostenute dalla maggioranza di stampa radio e televisioni e che alla sine il SI abbia perso ci dice una cosa molto importante; come era già successo nel referendum del 2011 sull’ acqua hanno avuto la meglio forme di comunicazione ‘antiche’, come il volantinaggio con spiegazione, il porta a porta, il passaparola individuale e quelle che utilizzano in modo massiccio i social network. Nell’ultima campagna queste pratiche sono state impiegate da noi in modo sempre più intenso ma per renderle efficaci dobbiamo parlare chiaramente per sostenere le nostre tesi e smontare quelle avversarie. Questo dice che dobbiamo prepararci adeguatamente come nell’ultimo anno sulla costituzione , con le numerose iniziative pubbliche di alto livello che, se non hanno spostato molti consensi perchè frequentate

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[…………………….] PAVIA

di Antonietta Bottini – (ABC) e Giuseppe Abba Al referendum dello scorso 4 dicembre in Provincia di Pavia l’affluenza al voto è stata pari al 71,03% (la più bassa rispetto alle altre Province della Lombardia), hanno votato NO il 58,23 % (collocando perciò il dato della provincia nella parte alta della classifica in Lombardia), i SI si sono fermati 41,77%. Da un confronto con i risultati elettorali delle ultime politiche avvenute nel 2013, emerge che i NO sono inferiori al consenso ottenuto dalle liste che formalmente lo sostenevano. Con qualche approssimazione è possibile ipotizzare che nei 172.283 voti per il NO, quelli espressi dall’area a sinistra del PD rappresentino circa il 20%. Nella lunga campagna referendaria, iniziata a marzo 2016 con la fase della raccolta firme, sono nati 6 comitati territoriali (Vigevano, Mortara, Casorate Primo, Pavia, Stradella, Voghera) in ciascuno dei quali è risultato essenziale il contributo dei compagni di Rifondazione Comunista. Non si è voluto comporre un coordinamento provinciale, anche se tramite web è stato possibile far reciprocamente conoscere i calendari delle attività locali. La struttura organizzativa dell’Anpi, con il contributo dell’Arci e il fattivo impegno dei ragazzi dell’UDU (specialmente nella fase di nomina dei rappresentanti di lista fuori sede), ha rappresentato il fulcro di coagulo dei comitati territoriali. Va rilevato, comunque, che tutti gli attivisti mobilitati erano esponenti della galassia di sigle della sinistra PD e della sinistra di alternativa. Il gruppo più numeroso e partecipato è stato quello del Comitato di Pavia- città e zona – con esponenti di sinistra interna al PD, Possibile, Sel, Verdi, Socialisti, PRC, oltre a iscritti delle sezioni Anpi e studenti Udu. E’ mancato invece un impegno diretto di rappresentanti della ‘società civile’ nei banchetti e nelle iniziative referendarie. E’ gioco-forza constatare che le ragioni della democrazia e dell’assetto istituzionale non sono state assunte come prioritarie e/o centrali da donne e uomini che sono tuttavia impegnate-i con costanza e determinazione encomiabili in azioni a tutela di ambiente e territorio o nel volontariato sociale. La società civile si è comunque presentata in massa alle urne il 4 dicembre, ed è proprio grazie alla reattività di un gran numero di elettori ed elettrici a favore della democrazia che si è potuto mettere la Costituzione al riparo dagli attacchi.

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Tutti i Comitati pavesi si sono rigorosamente attenuti all’indirizzo del coordinamento nazionale di incentrare le iniziative e la discussione sui contenuti delle modifiche costituzionali e sui profili di incostituzionalità della legge elettorale, anziché sulla critica politica alle posizioni del Governo. Ciò ha contribuito a mantenere unitaria l’azione dei Comitati, pur a fronte della articolazione delle sigle aderenti. Per detta medesima ragione nessun Comitato ha smobilitato dopo l’entusiasmante vittoria. Gli iscritti Anpi restano individualmente attivi, stante che l’Associazione considera conclusa la propria esperienza nei Comitati. I sei Comitati della provincia di Pavia hanno autonomamente deciso di mantenere organizzata la rete di relazioni costruite, mantenendo in tal modo la capacità di attivarsi tempestivamente nelle fasi che si prospettano cruciali per la democrazia quali la difesa e la concreta attuazione della Costituzione, la formulazione di una legge elettorale costituzionale, la dignità del lavoro in occasione dei referendum cgil. Resta l’interrogativo circa i rapporti da mantenere con la rete dei Comitati della Lombardia e il Coordinamento Nazionale. Nella Assemblea a Roma dello scorso 21 gennaio è stata approvata la proposta di un Direttivo nel quale inserire due rappresentanti (una donna e un uomo) per ogni Regione. Ma la questione non è solo numerica e merita un approfondimento, da fare anche all’interno del nostro Partito.

[…………………….] VARESE

di Marco Zocchi. Comitati per il NO, Rifondazione Federazione Varese, “Avanti per l’attuazione della Costituzione

repubblicana e antifascista” Varese, 9 febbraio 2017 Riprendiamo da subito. Il risultato del referendum del 4 dicembre è stato straordinario per tante ragioni. Straordinario per la bocciatura dello stravolgimento della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza; straordinario per l’altissima affluenza, in inversione di tendenza rispetto al crescente disinteresse verso politica e partecipazione; straordinario perché, a partire dal 4 dicembre, chiunque vorrà proporre modifiche alla Costituzione non potrà farlo deformandone i principi fondamentali per adattarla ai propri interessi particolari.

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E particolarmente straordinario per il lavoro territoriale e la rete di rapporti che si sono intrecciati all’interno dei comitati che per ottenere quel risultato hanno duramente lavorato. Il valore della vittoria del no sta anche in quel sentimento di aggregazione davvero popolare nato per bloccare una deriva autoritaria e verticista. È stata una vittoria della democrazia contro il neoliberismo, contro gli ordini della finanza internazionale, contro le spinte di tutti i poteri forti col pieno sostegno dei principali organi di informazione. Crediamo per questo che quel livello di comunanza e condivisione debba essere tutelato e coltivato. Il movimento che si è creato durante la campagna referendaria con i Comitati per il NO come insieme di cittadini e cittadine di Varese, di Busto Arsizio, di Gallarate, di Saronno, di Cardano al Campo, di Fagnano Olona e di tutti gli altri comuni della provincia di Varese deve proseguire nella sua spinta propulsiva con l’obiettivo di moltiplicare la partecipazione per contrastare ogni ulteriore tentativo di ridurre gli spazi di democrazia a partire proprio dalla discussione sul voto e sulla legge elettorale e dai prossimi referendum sul Jobs Act. Abbiamo potuto verificare, nel nostro territorio, come questa campagna abbia prodotto a sinistra una diffusa riattivazione di energie, passione civile e militanza coinvolgendo tante cittadine e cittadini, associazioni e movimenti oltre a quelli, come ANPI ed ARCI, che hanno direttamente promosso i comitati. La campagna referendaria e lo stesso risultato dimostrano che nel nostro paese c’è un’ampia disponibilità a ritrovarsi attorno ad un progetto di difesa e allargamento della democrazia, di difesa di diritti e beni comuni, di opposizione al neoliberismo. Le stesse modalità orizzontali, dibattute, coese e condivise attraverso le quali si sono costituiti ed organizzati i comitati sono un patrimonio democratico che non va disperso ma, anzi, rivitalizzato ed aggiornato in previsione delle prossime, fondamentali sfide legate all’attuazione della Costituzione e al tema della rappresentanza politica a sinistra. Dal referendum è emersa una domanda di rottura e di cambiamento che però rischia concretamente di trovare risposte nelle proposte politiche della destra xenofoba, fascista, razzista e nazionalista, all’estero come nel nostro paese. Il crollo politico e morale delle socialdemocrazie però non corrisponde all’emergere di una proposta politica di sinistra adeguata. È un problema che non riguarda solo i partiti storici della sinistra ma la stessa incisività delle lotte democratiche e della rappresentanza della classe sfruttata. È un problema che deve essere risolto partendo proprio dalla continuità delle e nelle lotte, dalla condivisione, dalla discussione e dal mettere assieme quel novanta percento che unisce la sinistra anziché fermarci sempre a quel dieci percento che ci divide. Rifondazione Comunista della provincia di Varese ringrazia i compagni e le compagne per il continuo e generoso impegno in questo senso e si rende da subito disponibile per contribuire a questi obiettivi, chiedendo anzitutto che l’attività dei comitati che si sono mobilitati per il referendum nei territori prosegua e si rafforzi. Il Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea_Federazione di Varese

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ARCORE: «PIENO SUCCESSO DELL’INCONTRO SULLE FOIBE NESSUN CEDIMENTO ALLE INTIMIDAZIONI FASCISTE».

di Rifondazione Comunista Circolo di Arcore. Il convegno avente per titolo “Operazione foibe: tra storia e mito” si è svolto regolarmente il 12 febbraio ad

Arcore (MB) con una bella partecipazione di pubblico nonostante le rinunce a mantenerlo del Comune e

dell’Ampi locale.

I fatti. L’Anpi di Arcore aveva organizzato questo convegno con il Patrocinio del Comune e la partecipazione

in qualità di relatrice di Claudia Cernigoi giornalista storica e autrice di articoli e libri sull’argomento.

L’impegno del Comune era così pieno da prevedere l’introduzione dell’Assessore alla Pubblica Istruzione.

Le cose sono cambiate di fronte ad una campagna delle forze politiche di centro-destra spalleggiata da

organizzazioni e gruppi della galassia neofascista tesa ad impedire anche mediante intimidazioni verso la

giunta che l’incontro si svolgesse.

L’amministrazione comunale non ha avuto il coraggio di resistere alle pressioni ed ha poi ritirato il

patrocinio. Anche l’ANPI, che in un primo momento aveva confermato l’incontro, decideva successivamente di

annullarlo. A questo punto è arrivata provvidenziale la decisione dell’ARCI Blob di Arcore di assumere in

proprio l’organizzazione dell’iniziativa con la motivazione “Non potevamo lasciare che ciò accadesse:

conosciamo da quasi un decennio la serietà e l’impegno sul “campo” che questi compagni hanno espresso

nella ricerca storica concernente i tragici e complessi eventi del confine orientale (durante il periodo fascista

prima, e durante la resistenza poi).

Non potevamo non rispondere con “fermezza” e “dignità”a una simile provocazione. Ben consci che forse

una sala pubblica sarebbe stato un contesto ben più consono per Claudia Cernigoi, non avevamo altra

soluzione se non ospitandola presso il nostro circolo.

L’iniziativa, che ha visto la presenza di oltre cento persone, ha avuto un buon successo perché è servita a

fornire un inquadramento storico e politico circa gli avvenimenti in Istria e Dalmazia prima, durante ed alla

fine della Seconda guerra mondiale e come questi fatti siano stati strumentalizzati dai neofascisti. Nemmeno

la presenza di un gruppetto di militanti di Casa Pound ha disturbato più di tanto l’incontro.

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Come considerazione finale dobbiamo constatare l’aumento, in Brianza, delle provocazioni neofasciste e

l’insufficienza della risposta soprattutto da parte delle istituzioni. Preoccupa inoltre l’atteggiamento

dell’ANPI, che in Brianza fa un importante lavoro antifascista che va riconosciuto e sostenuto, che non ha

ritenuto importante, in questa occasione, contrastare l’aggressione mediatica della destra ma

contemporaneamente va considerata con favore e speranza la risposta che c’è stata da parte di forze politiche

della sinistra, di associazioni democratiche e di semplici cittadini.

ARCORE / GIOVANNA CAPELLI (PRC/SE MB): «NO ALLE INTIMIDAZIONI NEOFASCISTE. NO ALLA MEMORIA A SENSO UNICO. NOI VOGLIAMO “RICORDARE TUTTO”».

Comunicato stampa: ARCORE / GIOVANNA CAPELLI (PRC/SE MB): «NO ALLE INTIMIDAZIONI NEOFASCISTE. NO

ALLA MEMORIA A SENSO UNICO. NOI VOGLIAMO “RICORDARE TUTTO”». La Federazione di Monza Brianza del Partito della Rifondazione Comunista giudica grave che ad Arcore

si sia rinunciato a svolgere l’iniziativa che avrebbe dovuto tenersi domenica 12 febbraio 2017. Ricapitoliamo i fatti. L’iniziativa, curata dall’Anpi di Arcore con il Patrocinio del Comune, doveva avere

luogo in una sala del Municipio, in occasione della Giornata del Ricordo. Aveva per titolo “Io ricordo tutto”,

e contemplava la partecipazione di Claudia CERNIGOI, ricercatrice e storica triestina, autrice del libro

“Operazione foibe tra storia e mito”. Al suo annuncio, si erano scatenati gruppi di estrema destra (quelli che

gestiscono in senso sciovinista e neofascista il tema delle “foibe”) per contrastare questo evento, intimidire,

minacciare azioni di contestazione. Ed erano riusciti a ottenere che il Comune togliesse il patrocinio

all’iniziativa – primo cedimento delle istituzioni. Ma sia la Federazione MB di Rifondazione che l’Anpi

provinciale avevano denunciato questa indebita pressione e invitato alla mobilitazione e alla partecipazione

tutti cittadini democratici. Ma poi è giunta la notizia che l’Anpi locale ha rinunciato a svolgere l’iniziativa.

La Federazione MB di Rifondazione comunista trova molto grave questo esito. Dichiara di avere piena stima

in Claudia Cernigoi, autrice di ricerche fondamentali per una ricostruzione equilibrata e oggettiva degli

avvenimenti 1943-45 dei confini orientali; giudica che rinunciare a svolgere l’iniziativa vuol dire darla vinta

alle minacce dei gruppi neofascisti, che si sentiranno incoraggiati a proseguire nella loro tracotanza, come

vediamo in tutta la Brianza, a Milano, a Varese e in tutta la Regione; significa scoraggiare e disarmare gli

antifascisti e i cittadini democratici che si erano impegnati a partecipare e a proteggere l’evento.

Rifondazione Comunista si impegna a organizzare un convegno su questa tematica, ripetendo il titolo

dell’evento che avrebbe dovuto aver luogo ad Arcore, “Io ricordo tutto”: tutte le distruzioni e le violenze

perpetrate dal fascismo italiano in Yugoslavia al fianco dei nazisti, in Albania, in Grecia, nelle guerre coloniali

(Libia, Etiopia). Perché questa è la vera memoria, che noi dobbiamo recuperare, diffondere, condividere,

contro lo stereotipo vittimista dell’“Italiano brava gente”.

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Tutta la nostra solidarietà a Claudia Cernigoi. Organizziamo l’impegno antifascista, a partire dalla riflessione

su questi fatti.

Monza, 10 febbraio 2017.

Giovanna Capelli, segretaria del PRC Monza Brianza.

www.rifondazionelombardia.it