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PUPI & PUPARA

Storia di politica mafiosa

A mia moglie Manuela Senza la quale, nulla sarebbe la mia vita.

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INDICE Primo capitolo pag . 3 Secondo capitolo pag. 16 Terzo capitolo pag. 27 Quarto capitolo pag. 40 Quinto capitolo pag. 48 Sesto capitolo pag. 68 Settimo capitolo pag. 82 Ottavo capitolo pag. 90 Nono capitolo pag. 98 Decimo capitolo pag. 107 Undicesimo capitolo pag. 134 Dodicesimo capitolo pag. 140 Tredicesimo capitolo pag. 149 Quattordicesimo capitolo pag. 170 Quindicesimo capitolo pag. 175 Sedicesimo capitolo pag. 201 Diciassettesimo capitolo pag. 225 Diciottesimo capitolo pag. 240 Diciannovesimo capitolo pag. 250

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CAPITOLO PRIMO Nella sala da barba di “Gianni U’ Varberi” ogni lunedì della settimana, giorno dedicato alla chiusura settimanale, l’On Livasulli, inteso “Panzachiatta”, era solito incontrare alcuni dei suoi tirapiedi per dare loro indicazioni su questo o quel da farsi. Gianni U’ Varberi apriva appositamente la sua sala da barba solo per l’Onorevole, era infatti consuetudine che il Livasulli dettasse le sue direttive mentre le mani esperte e familiari di Gianni lo sbarbavano come solo lui sapeva fare. Era il secondo lunedì di giugno e come sempre lo stridolìo della saracinesca della sala da barba rintronava in tutto il quartiere. Una sparuta folla di persone attendeva da una buona mezz’ora per potere conferire con l’onorevole che sarebbe arrivato da lì a poco. Disoccupati, impiegati, insegnanti, politici locali, imprenditori, si mischiavano e si confondevano in un unico comun denominatore: chiedere “u’ favuri” all’onorevole. L’on Lisavulli aveva tante di quelle legislature alle

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spalle che oramai aveva finito di contarle. Era deputato da oltre tre decenni, e la sua, per così dire “ideologia politica”, aveva attraversato tutto l’arco costituzionale. Era stato nella DC, e nel periodo della transumanza era stato eletto prima nelle file del centro destra e poi in quelle del centro sinistra. Più avanti sarebbe ritornato nel centrodestra in attesa che il carro del vincitore ricambiasse direzione. Insomma con qualunque partito egli si candidasse, riusciva sempre ad essere eletto. Nel paese di Fossalumera, appena ventimila anime, non vi era persona che per via diretta o indiretta non avesse ricevuto “Un favuri” dell’On. Panzachiatta. Egli infatti era conosciuto più grazie al soprannome che per il vero cognome. Alto poco meno di un metro e sessanta ed altrettanto largo, con una pancia che portava in giro con lo stesso orgoglio con cui un culturista mostra i suoi addominali. A volte autocitandosi, diceva: “ ah si nun ci pensa panzachiatta!”, a voler sottolineare che il suo intervento in ogni dove e in qualsiasi situazione risultava risolutivo. A dispetto del suo aspetto fisico e della difficoltà di trovare abiti che si confacessero alla tortuosità del suo fisico, l’onorevole era sempre molto elegante.

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Egli infatti era cliente delle migliori sartorie e nel corso delle sue escursioni romane non disdegnava di arricchire il suo guardaroba con realizzazioni sartoriali confezionate con bravura ingegneristica. Quando arrivava, la scia del suo dopobarba rimaneva nell’aria per alcuni minuti, insieme all’odore del suo prezioso e inseparabile toscano. Aveva iniziato a fumarlo il giorno stesso che, ancora giovanissimo, era diventato deputato. Lo aveva visto fare a tanti suoi colleghi di consolidato successo politico. Lo riteneva uno status dal quale non si era più separato. Quel lunedì arrivò con una abbondante ora di ritardo, la folla di gente che lo attendeva fuori si era ulteriormente arricchita. Al gruppo si erano uniti alcuni consiglieri comunali che facevano capo a lui. La imminente scadenza elettorale per le amministrative del paese, creava infatti un fermento che si sentiva nell’aria. La corrente opposta all’onorevole Livasulli scendeva in campo con una candidatura a sindaco del paese particolarmente forte. Aveva infatti fatto il nome del prof. Taverna, un vecchio professore di matematica da tutti conosciuto e stimato.

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Questa candidatura avrebbe certamente creato qualche problema alla parte politica dell’on Panzachiatta. Ma a lui le sfide erano sempre piaciute…. L’auto blu arrivò facendosi spazio tra la folla accalcata davanti la sala da barba. L’autista scese dalla macchina e non fece in tempo a fare il giro dell’auto che un gruppetto aveva già aperto lo sportello anteriore dal quale senza non poca fatica scese l’onorevole. Indossava un prezioso abito di lino bianco stropicciato a dovere. L’autista prese la borsa di cuoio posta sul sedile posteriore mentre l’onorevole iniziava la breve passerella che lo avrebbe portato dentro la sala da barba. In questi pochi metri avrebbe dispensato baci e pachette in faccia a quasi tutti i presenti. Una parola per tutti, una battuta per l’occasione. Poi prima di sparire dietro la saracinesca del salone che sarebbe stata abbassata a metà come si fa quando passa un funerale, si fermava per raccontare un aneddoto, una barzelletta o fare una battuta che avrebbe suscitato la corale risata di tutti i presenti. Poi si sarebbe girato verso Gianni “u varberi”

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che lo attendeva tenendo aperta la tenda per le mosche e stringendogli una delle due guance tra il pollice e l’indice diceva: “ e comu avissi a fari senza di tja !”. Poi spariva dietro la tenda. Davanti l’uscio rimaneva l’autista che, con molta autorità, avrebbe “amministrato” il turno. Cu è u primu stamatina? Chiedeva dall’alto dello scalino posto sull’uscio del salone. Dal folto gruppo di persone si fece largo un signore sulla cinquantina, che era stato il primo ad arrivare. Anche gli altri riconoscendo il suo diritto ad entrare, gli fecero spazio, mentre un giovane diceva: “facemu passari u’ zu Decu ca fici matinata !”. L’uomo aveva l’aspetto dimesso, col viso pieno di rughe, dimostrava molto più della sua effettiva età, i segni di un lavoro pesante gli si leggevano tutti in volto. Aveva indossato la camicia della domenica per incontrare l’onorevole e si era sbarbato di fresco. Si fece largo, chinò il capo e si introdusse nel salone passando sotto la saracinesca abbassata a metà come una gogna. L’onorevole si era già tolto la giacca ed accomodato in una delle tre poltrone presenti nel salone. L’arredamento era anni settanta, vintage diremmo adesso, e al muro, poco distante da una foto di padre Pio, un calendario fermo ad un paio di anni addietro con le fotografie dell’ Arcuri. Gianni aveva iniziato a rigirare il pennello nella

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schiuma, con l’aspetto fiero di chi può vantarsi di essere in qualche modo un uomo di fiducia dell’onorevole. Era scontato il fatto che tutte le conversazioni dell’onorevole non diventassero, fino a disposizione contraria, oggetto di discussione fuori dal salone e Gianni aveva saputo dimostrare affidabilità nel corso di questi lunghi anni. L’onorevole era già comodamente seduto, abbracciato da un elegante e personale asciugamano quando guardò il primo interlocutore dallo specchio. - Onorè bacio le mani! disse l’uomo appena entrato. L’onorevole uscì fuori la mano sinistra da sotto l’asciugamano e la pose tra le due mani dell’uomo che con atteggiamento reverenziale gliela strinse. -Assettati! Disse l’onorevole invitandolo a sedersi sulla poltrona accanto alla sua. - No, onorè arrestu addritta. Gli sarebbe sembrato una mancanza di rispetto nei confronti del suo illustre interlocutore. Poi l’onorevole rivolgendosi a Gianni che aveva preparato con cura la schiuma disse: - Decu è u’ chiù massaru do paisi, Giuvà, no comu a tja ca unni vò mancu cu’ mutu. Scoppiarono tutti in una sonora risata. L’onorevole era un maestro nell’ arte di rompere il ghiaccio, sapeva, infatti, che quell’uomo, forte della sua dignità, era comunque in imbarazzo. - Onorè sempri ca babbia è vossia - Caru Decu, genti allegra Diu l’aiuta. Dimmi chi ha

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bisognu. continuò l’onorevole. - Onorè me figliu, Luvici, su ricorda? Ciù presentavu all’urtimi elezioni quannu ficimu a riunioni a casa di Francu - Mu ricordu eccomu.. poi rivolgendosi al barbiere disse: - un picciuttuni ca di sta porta un ci passa L’uomo accennò un sorriso di orgoglio per le parole dell’onorevole. - Chi avi bisognu u carusu? - Travagliu, onorè avi bisognu di travagliari. Canuscì una bedda carusa e si vulissi sistimari. L’onorevole non si lasciò sfuggire l’occasione. - E a cu apparteni sta carusa ? La sua domanda non era per pura curiosità, ma aveva l’intendo di capire se l’eventuale favore avesse un ipotetico ritorno elettorale. - Vossia u canusci a so patri , hannu a mpresa di costruzioni o Caliatu ( un quartiere del paese) L’onorevole ancora prima che l’uomo dicesse il nome della famiglia - A figlia di Fonziu Maravintanu? Complimenti, so patri è una degna persona e a carusa sacciu ca è beddra e seria. - Grazie onorè, i carusi si vonnu di piccilidri e ora a cosa addivintà ufficiali.

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- Chi sapi fari to figliu? - E’ ragiuneri, studiusu e giudiziusu. - Dicci o me autista ca mu manna in segreteria venerdì, ca videmu chi si po fari. L’uomo si accese di gioia, un sorriso solcò il suo viso e le sue mani andarono alla ricerca della mano dell’onorevole scomparsa sotto l’asciugamano. - Onorè chi ce diri? ripetè un paio di volte. - Nenti, abbasta ca un mi dici paroli. Replicò l’onorevole con una grassa risata a cui fece eco Gianni che stava per completare l’insaponatura. L’uomo uscì dal salone e per la contentezza dovuta alle parole dell’onorevole, sbattè la testa contro la saracinesca, ma non sentì alcun dolore. Il gruppo di persone rimaste fuori lo scrutarono con attenzione al fine di carpire dall’espressione del suo viso l’umore dell’onorevole. L’uomo salutò tutti e si avviò felice per la stradina antistante con andatura veloce come se volesse correre a casa per portare la bella notizia. La processione continuò per tutta la mattina. Totò, l’autista continuava a smistare la folla come farebbe un vigilie urbano. Gianni aveva finito di radere l’onorevole ed era intento a massaggiare le grosse guance adesso lisce come il culetto di un bambino con una crema mandata a ritirare esclusivamente per lui. L’onorevole se ne stava beatamente spaparanzato a farsi massaggiare le gote, ascoltando le richieste più

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disparate, dispensando consigli, speranze e certezze per ogni suo concittadino. I politici locali avevano disposizione di entrare per ultimi, glielo aveva imposto l’onorevole perché solitamente le discussioni si protraevano a lungo e la gente non la si poteva fare aspettare più del dovuto. Verso mezzogiorno, il ragazzo del bar solcò l’uscio del salone con una guantiera così piena di aperitivi, granite e caffè che stentava a portarla. - Onorè questo glielo manda u’ dutturi Marsala. Stamattina si vinni a pigliari u cafè e sapendo della sua presenza ni Gianni mi ha incaricato di portagli questo per lei e i suoi amici. - Pippinè, rispose l’onorevole, ringrazia il dottore da parte mia e salutami a to patri - Grazie onorè resta servito. Gianni u’ varberi conosceva bene i gusti dell’onorevole e si premurò di servirgli il caffè macchiato con il latte che era solito prendere. Mise dentro due cucchiaini abbondanti di zucchero e glielo servì. L’onorevole iniziò a girare il cucchiaino dentro la tazzina, mentre i suoi cinque interlocutori si spartivano il contenuto della guantiera.

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- Andiamo a noi! Esordì l’onorevole per dare inizio ai lavori. Tre dei cinque erano consiglieri comunali, mentre gli altri due assessori dell’ attuale giunta in carica. Il sindaco invece, era del partito alleato dell’onorevole Livasulli che nella passata tornata elettorale aveva sostenuto. Questa volta no! L’onorevole Livasulli non sarebbe rimasto a guardare per lui l’imperativo era: “il sindaco glielo metto io e basta”. Ad aprire la discussione ci pensò uno dei tre consiglieri comunali. Giuseppe Li Valli inteso “u vuciuleru”. Era un grossista di pesce, da queste parti chiamati “Cavaddrara”. Il suo soprannome era dovuto al fatto che egli quando partecipava alle aste del pesce che si tenevano “o capannuni” del molo di FossaLumera” gridava come un ossesso, sovrapponendo la sua voce a quella di tutti gli altri partecipanti. Aveva preso la terza media serale per potere continuare l’ attività ereditata dal padre. Il suo punto di forza, un nucleo familiare così numeroso che la sua elezione era oramai un consolidato del consiglio comunale del paese. Terzo di nove fratelli poteva contare su un numero spropositato di parenti che vedevano in lui “l’intellettuale della famiglia”. L’onorevole lo volle

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candidato a tutti i costi. Diceva sempre: - “Peppi u vuciuleru, unnavi bisognu di manifesti elettorali, chiddu cu tutti i parenti ca avi ci piglia puru si si porta pi presidenti da repubblica” - Onorè chi sava a fari cu sti elezioni? O paisi c’è u burdellu cu chistu professori. A questa affermazione seguirono un coro di commenti anche da parte degli altri presenti. - Carmaria, per cortesia, carmaria. replicò l’onorevole mettendo tutti a tacere. - U professuri è pisciteddru di scogliu, continuò l’onorevole, è misu drocu pi fallo arrustutu. Era chiara la lettura politica che aveva fatto l’onorevole. Il candidato della fazione opposta era un candidato di comodo e pur in qualche modo riconoscendo la qualità della persona, la sua esperienza politica gli faceva presagire che era un candidato destinato a essere politicamente bruciato. L’esternazione placò per qualche attimo gli animi. La lunga esperienza dell’onorevole non dava adito a repliche. Se L’onorevole asseriva che “u professuri” non aveva nessuna possibilità di farcela, significava non solo per lui ma anche per i suoi interlocutori che le cose sarebbero andate così. La discussione certamente non si sarebbe esaurita qui, ma avrebbe aperto prospettive e scenari che avrebbero alimentato la discussione.

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Infatti intervenne uno dei due assessori. Antonio Salamone inteso Nenè u racchiu dovuto alla sua altezza che non superava il metro e cinquanta. Era un funzionario dell’ufficio idrico della provincia sistemato lì naturalmente dall’onorevole. Egli era fedele molto più di un pastore tedesco, disposto a qualsiasi cosa pur di fare come l’onorevole disponeva. - L’onorevoli avi ragioni, “U professuri” unnnavi unni iri. Ci misiru a stu criaturi ca sarà bravu a scola, ma di politica unnni capisci na minchia, cu rispettu parlannu disse Nenè u racchiu per fare eco alle parole dell’onorevole. - Certu è ca navutri lavissimu accuminciari a pinsari a cu ciamu a mettiri pi sinnacu Disse Alfonso Miraglia, geometra in una impresa di costruzioni, di cui si vociferava l’onorevole essere socio occulto. Anche lui sistemato lì dall’onorevole e consigliere comunale. - Cari amici miei, chistu è pinseri miu, picchi vavutri u sapiti ca l’onorevoli Livasulli (autocitandosi) po fari sinnacu puru un pupu di pezza e si decidi ca ciava pigliari, ci piglia. I commenti dei suoi interlocutori furono di appoggio alle esternazioni dell’onorevole, e a seguire battute e

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risate, alle quali partecipava con discrezione lo stesso Gianni u varberi. Quando uscirono dalla sala da barba l’orologio della chiesa segnava le 14.05 e fuori c’erano ancora alcuni ritardatari che si erano soffermati a parlare con l’autista dell’onorevole. -Picciotti ormai è tardu, ni videmu venerdì in segreteria. E dopo i baci e gli abbracci di rito, sprofondato sul sedile della mercedes, l’onorevole scomparve dietro la curva che faceva angolo con il palazzo comunale. Il gruppetto che aveva partecipato alla discussione rimase lì un’altra buona mezz’ora a commentare l’incontro appena finito.

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CAPITOLO SECONDO Anche la fazione opposta all’onorevole Livasulli, non stava certo con le mani in mano. Infatti lo schieramento capeggiato dall’onorevole Loiero stava organizzando una serie di riunioni per promuovere l’ elezione del professore Taverna. L’on Loiero non aveva certo l’esperienza e lo spessore politico di Panzachiatta. Era alla sua prima legislatura. Era diventato deputato con una incredibile “botta di culo”. Egli non era che un semplice consigliere comunale dell’opposizione che aveva condotto una insistente e apparentemente ingiustificata battaglia contro l’ampliamento di un ex capanno da contadini trasformato in un umilissimo e fatiscente villino da parte di un criaturi, lavoratore che avendo visto tre quarti del paese edificare abusivamente e poi sanare, si era permesso di aggiungere qualche stanzino alla fatiscente struttura rurale al fine di trascorrere i mesi di grande calura insieme alla famiglia presso la struttura realizzata. La cosa era stata presa di mira dall’allora consigliere comunale Loiero che intraprese la battaglia non perché non condividesse la trasformazione del capanno, ma

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perché l’ignaro aveva avuto diversi anni addietro un contenzioso con il padre dell’ex consigliere adesso deputato. Coincidenza volle che una sera la panda dell’ex consigliere Loiero andasse a fuoco, ma per un corto circuito, tra l’altro annunciato da un’ intensa puzza di bruciato che aveva convinto il Loiero a recarsi dall’elettrauto la sera prima. L’elettrauto aveva fatto presente che vi era un problema all’impianto elettrico dell’auto, ma che non era nulla di grave e che avrebbe certamente potuto aspettare qualche giorno in attesa del completamento di alcuni lavori da consegnare. Non andò proprio così, la sera stessa dopo avere posteggiato l’auto, un corto circuito che covava all’interno del vano motore, ridusse l’auto in cenere. Il primo a correre sul posto fu un imbranato appuntato della locale stazione dei carabinieri che stilò un verbale dove si dichiarava che l’incendio era di palese matrice dolosa. Loiero non fece in tempo a capire cosa stesse accadendo che il giorno seguente tutti i giornali parlarono di un attentato intimidatorio nei confronti del consigliere impegnato in prima linea nella lotta contro l’abusivismo. Loiero si trovò circondato da microfoni e da giornalisti che chiedevano di intervistarlo Egli sapeva bene che la sua Panda era andata a fuoco da

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sola, ma era già troppo tardi per fermare il circolo mediatico che si era messo in piedi. A dire il vero la cosa non gli dispiaceva più di tanto. In poche ore si ritrovò ad essere un personaggio che da semplice consigliere, riceveva telefonate e attestati di solidarietà da tutte le più importanti autorità locali e regionali. Pochi giorni dopo il deputato della sua corrente politica l’on Pumara, gli propose la candidatura alle elezioni regionali, essendo il simbolo di una politica volta alla legalità e alla trasparenza. Ed eccolo deputato, con un mare di voti da parte di coloro che avevano finito per credere all’attentato piuttosto che ad un banale corto circuito. Presto l’On Loiero finì per diventare un uomo simbolo e per rendere il tutto ancora più teatrale gli venne data la scorta. Certo che per un perito elettronico abituato a salire e scendere le scale dei condomini con vecchi televisori in braccio da aggiustare, ritrovarsi deputato e per di più con la scorta, era come vedere un muto improvvisamente cimentarsi in un’orazione. Questa cosa non era mai andata giù all’onorevole Panzachiatta che tra l’altro era diventato anche il bersaglio preferito dell’illuminato on. Loiero.

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Loiero era solito infatti attaccare pubblicamente l’on Livasulli, facendo riferimento al suo passato nelle file della ormai estinta Democrazia Cristiana ed alle diverse vicende giudiziarie nelle quali era stato più volte coinvolto nel corso della sua lunghissima carriera politica. L’on Loiero faceva capo all’onorevole Pumara suo capo corrente e da sempre riferimento della fazione contraria all’onorevole Livasulli. Ma la politica è l’arte dell’ambiguità e anche loro due per un periodo avevano militato nella stessa corrente politica. Quella tornata elettorale avrebbe comunque aperto gli argini tra le diverse fazioni politiche. “Il sindaco” questa volta faceva gola a tutti per la mole di finanziamenti che erano in arrivo presso il comune di Fossalumera. Appalti per centinaia di milioni di euro. Mettere le mani su quella infinita mole di danaro avrebbe significato tangenti, posti di lavoro, ritorno elettorale, e tanta, tanta carriera politica. D’altronde a Fossalumera non arrivavano soldi da parecchi anni e la fame di lavoro aveva raggiunto livelli a limite della sopportazione. Essere alla guida del paese avrebbe fatto politicamente la differenza. Mimmo Di Lucia lo sapeva bene. Egli non era un

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politico, ma la politica aveva sempre bisogno di lui in ogni tornata elettorale. 45 anni, dall’aspetto spocchioso, capelli neri tirati indietro a mascagna, portava occhiali neri da sole fino a dopo il tramonto. Elegante, sempre in giacca anche nei giorni di calura insopportabile. Custodiva il ferro sotto le preziose giacche che indossava. Da tutti conosciuto come Mimì ù torinese perché aveva vissuto diversi anni in un paesino in provincia di Torino a soggiorno obbligato. Poi, finito di scontare la pena, era ritornato a Fossalumera e lì aveva iniziato a costruire la sua fama di spietato malandrino. Era il reggente della cosca vincente della provincia ed era diventata leggenda la sua efferatezza e il suo modo sanguinario di trattare i nemici. Aveva in mano tutti i traffici commerciali del porto di Fossalumera. Non c’era triglia sulla quale Mimì u torinese non avesse la tirata. Ma egli diversificava. Supermercati, in cui era socio occulto, imprese di calcestruzzi, imprese di trasporti. Era anche presidente della squadra del paese. Tutti conoscevano i trascorsi di Mimì, ma in paese si faceva a gara per chi gli fosse anche lontano parente. Essere parente di Mimì significava avere rispetto e considerazione.

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Della politica egli se ne serviva, in consiglio comunale erano diversi i consiglieri sia di destra che di sinistra che facevano capo a lui. Anche quelli che non erano palesemente vicini a Mimì non si sarebbero mai permessi di contrastare qualcosa che interessasse o appartenesse a Mimì o a qualche suo amico. La domenica Mimì andava a messa con la moglie, bella da togliere il fiato; l’aveva conosciuta durante il periodo del soggiorno obbligato. Era moglie di un grosso imprenditore del paesino piemontese dove Mimì aveva scontato la sua pena. Pur essendo un sorvegliato speciale era riuscito comunque a mettere su una organizzazione dedita ai taglieggiamenti. La donna lo conobbe in un nigth club, e rimase affascinata dal quel malandrino che dalle sue parti si era soliti leggere sui libri o vedere nei film di mafia. Prima fu un rapporto clandestino, poi lei decise di lasciare il marito per seguire Mimì al suo paese di origine. Ottenuto il divorzio, Mimì la fece diventare sua moglie e gli diede due bambini, un maschietto e una femminuccia. Quando passava “La Paola” così la chiamavano in

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paese, nessuno si doveva permettere di guardarla. Era la moglie di Mimì u’ torinese e non era certo portargli rispetto lanciare occhiate alla sua signora. Egli pur essendo un delinquente riconosciuto, un mafioso in ascesa, godeva di amicizie in ogni dove e in qualsiasi ambiente. Spesso lo si vedeva al bar a prendere il caffè con il farmacista, col sindaco, a volte anche con il maresciallo dei carabinieri. Gli onorevoli delle diverse fazioni politiche se lo contendevano. Sapevano bene che i voti che riusciva a spostare Mimì erano decisivi in ogni tornata elettorale. Molta gente si rivolgeva a lui per favori e raccomandazioni di diversa natura. Era influente molto più di un deputato locale. Non era rispettato, era temuto. L’onorevole Loiero aveva qualche difficoltà a relazionarsi con Mimì, non tanto per una questione di natura etica, quanto al fatto che scortato e additato come uomo simbolo della lotta contro le ingiustizie, non poteva certo palesare un eventuale rapporto con il pregiudicato. Peraltro, Mimì aveva più volte fatto capire che

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quell’uomo gli stava sui coglioni, perché ‘mpami e sbirru per convenienza. Quando a volte capitava che i due si trovassero nello stesso luogo, al bar piuttosto che nella piazza principale, il Loiero trovava una scusa per dileguarsi. Mimì si muoveva sempre con al seguito un suo uomo fidato che gli faceva da autista. Era Gerlando Lo Cascio, detto “giullannu pedi di porcu” un ex delinquentello dedito allo scasso di appartamenti che grazie a Mimì aveva fatto il salto di qualità. Era la sua ombra, a volte lo seguiva a debita distanza per guardargli le spalle. La fiducia Giullannu pedi di porcu se l’era conquistata su campo, aveva commesso diversi omicidi su commissione e fuori dalle mura della città su incarico di Mimì, uccisioni commissionate da famiglie appartenenti alla cosca di riferimento di Mimì. Non era l’unico assoldato da Mimì, infatti egli disponeva di una vera squadra di carusi disposti a tutto in cambio di rispetto, soldi e bella vita. Ma guai a sbagliari cu Mimì. Egli non era disposto al perdono. - Cu sbaglia ava pagari

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diceva sempre ai suoi picciotti. - Carù, rivolgendosi ai suoi tirapiedi, minchia cacata nenti cu Mimì. Poi continuava, - pi vavutri u’ me cori ma cu mi voli futtiri l’aspetta u’ cappottu di lignu La chiara minaccia di morte non dissuase uno dei suoi carusi, che nel tentativo di provare a fare da solo, si era permesso di fare la cresta su alcuni incassi che era stato incaricato di ritirare. Si chiamava Carmelo da tutti conosciuto come Melu u’ biunnu per il colore dei suoi lunghi capelli il quale scomparve nel nulla un venerdì pomeriggio. Di lui si ritrovò soltanto la sua motocicletta abbandonata sul ciglio di una trazzera poco fuori dal paese. Nessuno proferì parola sull’accaduto, neanche i familiari di Melu u’ biunnu, che capirono subito la fine che aveva fatto il loro congiunto. In paese se ne parlò solo per qualche giorno e le indagini furono quasi subito archiviate. Insomma in paese non si muoveva foglia che Mimì non volesse. Si poteva dormire con le porte aperte, nessun episodio di delinquenza comune. Mai uno scippo, nè uno scasso, nè una sciarpa, Mimì aveva interesse che il territorio non venisse presidiato.

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Quei pochi posti di blocco che la compagnia locale dei carabinieri faceva sempre negli stessi punti del paese servivano all’appuntato di turno per fermare qualche bella fimmina o qualche innocuo pensionato. Niente di più. TeleLumera, la televisone locale era il megafono dei politici locali. Si vociferava che fosse dell’onorevole Livasulli che l’aveva affidata a Giacomo Sciacchitano, uno con la passione per le tecnologie. Due giornalisti pagati a cottimu per attaccare questa o quella iniziativa politica che non andasse a genio all’onorevole Panzachiatta. Spesso egli stesso si faceva intervistare. - Onorevole Livasulli la procura sta indagando su infiltrazioni mafiose al comune di Fossalumera, cosa ci dice a proposito? Chiese il giornalista durante un’intervista. - ma quale infiltrazione, quale mafia, Fossalumera è un’isola felice. Ma poi con tutti questi giornalisti e scrittori che campano scrivendo di mafia, vuole che sia proprio io a lasciarli disoccupati. La mafia è come il coccodrillo nelle fogne di new York, se ne parla, serve per riempire pile di giornali, trasmissioni televisive, e per non mandare i fondi che necessitano a questa terra per riscattarsi. La mafia è una calunnia per spendere i nostri soldi al nord dai polentoni. Qui che siamo

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mafiosi ci mandano le bucce. Giornalista - Per la prossima tornata elettorale sembra che la competizione si prospetti alquanto combattuta, tanti i temi sul tavolo… - Dobbiamo lavorare duramente per riportare Fossalumera al benessere di una volta, dare risposte significative, posti di lavoro e infrastrutture Giornalista - Si aspettano importanti finanziamenti… - Questo grazie all’azione di pungolo che il sottoscritto da tempo esercita presso le giuste sedi, questo darà una grande boccata di ossigeno per le imprese presenti nel nostro territorio e soprattutto ai tanti giovani in cerca di un’occupazione - Caro il mio Onorevole, menu mali ca ci si tu senooooo… Commentò Mimì stinnicchiato davanti la televisione e rivolgendosi a Giullannu pedi di porcù - Giullà dumani ricordami ca emu a parlari cull’onorevoli, un vulissi ca mischinu ava fari tuttu chistu senza ca nuddru l’aiuta. Giullannu rise, e aggiunse: - nsamasignuri savissi a cumpunniri

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CAPITOLO TERZO L’estate era iniziata, il caldo torrido aveva anticipato il suo arrivo. L’anticiclone delle Azzorre si era posizionato sopra il cielo di Fossalumera e in tutta la provincia i vigili del fuoco avevano un gran bel da fare tra incendi scoppiati per il caldo e alimentati dal vento di scirocco africano e quelli appiccati da aspiranti lavoratori della forestale. Le spiagge di Fossalumera iniziavano a riempirsi di bagnanti. Il palinsesto degli spettacoli proposto dall’amministrazione uscente era alquanto denutrito di fondi che quell’anno non erano arrivati nelle casse del comune. Le imminenti elezioni che si sarebbero tenute ad ottobre non davano certo stimoli a chi di dovere a fare arrivare finanziamenti per iniziative che avrebbero rafforzato l’intenzione del sindaco uscente a ricandidarsi. Il palinsesto delle iniziative annunciava l’arrivo di qualche cantante oramai scomparso dalla scena, pronto ad accontentarsi di poche migliaia di euro per esibirsi e cantare l’unico brano che gli aveva dato una stagione di notorietà.

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I bar e i locali del paese avevano riempito i marciapiedi antistanti il loro esercizio di tavoli , sedie e tanta speranza che quella stagione fosse migliore delle precedenti. Gruppi di emigrati ritornati al loro paese dalla lontana Germania, sfoggiavano l’ultimo modello della BMW ai loro compaesani a testimonianza della fortuna e della non più precaria situazione economica vissuta in tanti anni passati da disoccupati a strusciare per la piazza del paese. Quella apparente tranquillità, solita di un posto dove il tempo e insieme al tempo il trascorrere degli eventi sembra essersi fermato,venne ad un tratto interrotta dal comparire una domenica mattina di una serie di fotocopie distribuite nelle cassette della posta di alcuni palazzi contenente delle rivelazioni alquanto imbarazzanti per i soggetti della missiva. La notizia ebbe un’eco degna di un colpo di stato e la sua diffusione in ogni angolo del paese e subito dopo dell’intera provincia fu pari alla velocità della luce. L’anonimo autore della missiva era stato particolarmente spietato nel suo dire, mettendo alla berlina fatti e personaggi di peso. Imbrogli, tangenti, corna, sesso, ammucchiate, droga conditi dai più torbidi particolari disegnavano uno

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scenario inimmaginabile. Il tutto veniva narrato con lo stile degno dei cantastorie di una volta. Il linguaggio chiaro ma non forbito sembrava volere raggiungere tutti coloro i quali ne avessero preso visione. L’anonimo sembrava quasi divertito nel descrivere la sua narrazione, si intravedeva una morbosità viscerale nel commentare gli intrecci e i protagonisti. Solamente il nome di uno dei protagonisti veniva sostituito da “Omissis”. Era un chiaro segnale, la possibilità celata per un eventuale ricatto. Il mettere in chiaro il nome omesso sembrava essere la conseguenza di una condicio non rispettata.(di un patto non rispettato) Egli, l’anonimo, sembrava essere sicuro che il messaggio al mittente sarebbe arrivato forte e chiaro. Quella originale strategia avrebbe comunque messo in moto il cosiddetto totonome, al quale nessuno sicuramente si sarebbe sottratto. Molti sembravano avere indovinato. Ma il dubbio rimaneva. L’autore era stato particolarmente astuto, infatti, nello stilare il suo racconto era riuscito, fornendo qualche indizio, a fare intravedere la possibilità di individuare chi fosse, ma nel prosieguo della storia, metteva in campo elementi contraddittori

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che confondevano le idee dell’opinione pubblica che non riusciva a trovare la vera identità dietro cui si celava quell’omissis. Chi credeva alla fine del breve racconto di avere indovinato qualcosa non gli quadrava e ritornava a torcersi nei propri dubbi. La lettera iniziava con un profetico: << Vi nasconderete voialtri che spavaldi del vostro vile successo avete e continuate a farlo, imbrogliato la gente, ed essa, inculata, godeva. Voi sguazzando nei vostri traffici fatti di matriosche tradimenti, gioìte e ridete. Ma oggi si riderà di voi, delle vostre pecorine che offuscano mascolinità di cui non siete portatori. Al sindaco che nottetempo si introduce nel letto di quel buontempone del dott. Rinallo che mentre è intendo a fare medicazioni presso l’ambulatorio in cui è di turno, la sua bella signora strombetta col cazzo del primo cittadino. Ella suonatrice di flauti di gente di potere ebbe a provare a render dritto quello dell’ omissis che a dispetto della sua età, continua a essere estimatore di figa. Ma nel frattempo anche la signora primo cittadino allarga le chiappe all’omissis ma per amore del marito, affinché egli lo potesse accontentare nel sogno coronato con la sua elezione anni or sono. E da allora di tanto in tanto penetrare si fa senza non poca fatica da omissis.

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La lettera continuava citando consiglieri comunali corrotti, assessori comunali e provinciali che avevano preso tangenti, impresari concussi e corruttori, deputati regionali e nazionali, destra e sinistra in una sorta di sputtanamento by partisan. E poi festini a base di coca con partecipanti illustri, club privè fuori porta, tendenze omosessuali mai dichiarati dai citati protagonisti. Insomma una vera bufera che non risparmiava nessuno, tranne che l’innominato. Il documento venne immediatamente acquisito dalle forze dell’ordine e la procura aprì un’indagine. Ma la bomba era orami deflagrata e i feriti abbastanza gravi rimasti sul campo erano davvero molti. Dovunque si andasse non si faceva che parlare della lettera. Tra l’altro a termine della missiva si dava appuntamento ad altre puntate con rivelazioni ancora più interessanti. L’attesa si era fatta spasmodica e non passava un giorno senza che si cercasse in giro la continuazione del racconto. Ma chi avrebbe mai potuto scrivere tutto questo? Chi poteva essere a conoscenza di così tanti particolari veri

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o verosimili su tutta questa gente tirata in ballo? Chi poteva conoscere passaggi di tangenti e di danaro in maniera così dettagliata da lasciare intuire che si trattasse di un addetto ai lavori? Il caso era più ingarbugliato di quanto non sembrasse in realtà. Il commissario Rosario Failla era il reggente del locale commissariato di Polizia di Fossalumera. Era lì da circa tre anni. Siciliano anche lui, single, sulla quarantina; forse per il suo bell’aspetto, poco tempo dopo il suo arrivo in paese gli avevano attribuito un paio di relazioni extra coniugali. Non si poteva certo dire di lui come di uno stingo di santo. Sempre elegante, partecipava spesso e volentieri a tutti gli eventi mondani della provincia. Nel corso di questi anni si era fatto un discreto giro di amici. Spesso lo si vedeva con il direttore dell’istituto di credito della locale banca di credito siciliano del paese il Dott. Bernabei, uno del continente, mandato in missione a Fossalumera e lì era rimasto da un paio d’anni. La moglie del direttore era una bella milanese, alta bionda, appariscente. In paese si vociferava che per il commissario nutrisse particolare simpatia, elegantemente ricambiata anche da

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parte del poliziotto. Il marito era ignaro di questa diceria, si sa infatti che i mariti sono sempre gli ultimi a saperlo. Spesso li si vedeva tutti e tre seduti alla caffetteria Trinacria, il bar più antico del paese, da poco ristrutturato e punto di incontro di tanta gente. In un paese come Fossalumera bastava poco per affibbiarti un amante. Era lo sport più praticato. Il commissario conosceva bene il paese e tutti i suoi abitanti. Il suo luogotenente l’ispettore Buggera era infatti di Fossalumera ed era stato trasferito lì, dopo essere stato per tanti anni al nord, in seguito all’interessamento dell’onorevole Livasulli. Era stato lui a raccontare le dinamiche del posto al suo superiore. In poco più di una settimana gli aveva fatto il quadro completo della situazione. I delinquenti comuni, i mafiosi di rango, gli imprenditori, i commercianti, e tante storie dal contenuto morboso. Insomma aveva fatto una perfetta planimetria del paese per dare la possibilità al suo commissario di sapere come muoversi, con chi parlare e di cosa parlare. - Caro dottore, il male di questo paese sono i suoi abitanti, se non ci fossero loro sarebbe come Rimini ripeteva spesso l’ispettore che evidentemente era un estimatore della città romagnola, e considerava nel suo immaginario la città da prendere ad esempio.

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Erano passate alcune settimane dalla comparsa della lettera che aveva messo sottosopra tutto il paese, ma qui le cose si dimenticano solo dopo appena tre giorni. Già non se ne parlava più. L’onorevole Pumara, capo corrente del Loiero già presidente della commissione antimafia, aveva organizzato un incontro a Fossalumera con tutti gli elettori del Loiero. Una sorta di incontro dibattito che aveva come finalità il coinvolgimento degli elettori in prospettiva della nuova tornata elettorale. Pumara era un deputato particolarmente navigato, con una grande esperienza. Si era anch’egli costruito una sua reputazione. Tante promesse, qualche favore, tante speranze. Aveva visto in Loiero l’uomo giusto al momento giusto. Lo adoperava come voleva, e Loiero, dal canto suo, non era solito tirarsi indietro. Avevano da tempo intrapreso la via delle facili battaglie, legate all’ambiente, rendendo impossibile la vita a tanti poveri criatura per diventare il riferimento o meglio l’ostacolo da superare, per questioni più grosse. Erano l’incubo degli appaltatori, che dovevano fare i conti con loro prima di porre anche solo una pietra. Un giro di mazzette e favori in nome e per conto dell’ambiente e della legalità.

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Quando l’onorevole Pumara e compagnia prendevano di mira qualcuno, era la fine. La loro strategia era scientifica: lo sfiancavano. Iniziavano con denunce mirate. Alla procura avevano i loro riferimenti che rispondevano di tacco. Il Cristo di turno finiva per perdersi nei meandri della burocrazia prima e delle aule di tribunale poi per dichiarare,alla fine, la propria sconfitta. Giocavano di fino, punivano il piccolo con potere contrattuale marginale per educare il grande, la società che non poteva certo permettersi di perdere e quindi disposta a pagare. Montagne di danaro che viaggiavano sotto forma di consulenze e incarichi a geometri, architetti, ingegneri che facevano capo a Pumara. Incarichi dirigenziali e tanto altro ancora. Questo era terreno minato, anche per la malavita che non poteva avvicinarsi. Avevano troppi contatti, con procure, giudici compiacenti, commissari e molti altri riferimenti istituzionali. Loro erano l’orco vestito da babbo natale. Un meccanismo inespugnabile. A volte l’imprenditore si ritrovava intrappolato tra la pressione mafiosa di classica memoria, fatta da malandrini impomatati dai quali doveva comprare il calcestruzzo a prezzi improponibili, e l’antimafia che ti proteggeva da se stessa, dalla stessa legge che rappresentava. Di buono c’era che almeno questi non erano soliti usare forme di violenza tradizionale, non ti

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facevano saltare il cantiere, non ti scaricavano una sette e sessantacinque sull’uscio della porta. Erano più soft, ti iniziavano a tartassare di controlli, verifiche ispezioni, affidate a sedicenti funzionari o rappresentanti delle forze dell’ordine. Ti bloccavano i lavori, ti sequestravano il cantiere al punto di farti rimpiangere il più classico dei metodi intimidatori di vecchia maniera. Era una morte più lenta, forse più dolorosa, piena di sofferenza e gastrite. Quei metodi, data la loro non platealità, non erano conosciuti se non da chi li aveva subiti. Niente sangue, niente tritolo, solo carta bollata e ingiunzioni. Calogero Natoli conosceva bene questi metodi. Era un imprenditore vecchio stampo, di quelli venuti su con la carriola e la pala. Un muratore con poca scuola e tanto cervello. All’inizio degli anni settanta in pieno boom edilizio u zu’ Calò, cosi era conosciuto in paese, fece il salto di qualità. Firmò un autotreno di cambiali per costruire la sua prima palazzina, con dieci appartamenti che vendette tutti sulla carta e sulla fiducia che gli aveva dato la gente che ne conosceva l’integrità morale. Da lì fu un crescendo, nel giro di un decennio diventò uno dei più grossi imprenditori edili della provincia, con cantieri sparsi in ogni dove. U zu calò aveva testa e vucca duci, sempre rispettoso di tutti, non perdeva mai occasione per ricordare la sua provenienza. Spesso quando arrivava in cantiere in

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giacca e cravatta non ci pensava due volte a tirarsi via la giacca per fare vedere all’operaio di turno come si dovesse fare un determinato lavoro. U zu’ Calò aveva lavorato una vita, gli rimaneva un sogno da realizzare, un sogno su cui avrebbe puntato tutto ciò che aveva accumulato in trenta anni di lavoro: realizzare un Mega Hotel affacciato sullo splendido mare di Fossalumera. Diceva sempre, affacciandosi su quel tratto di terra che aveva comprato e che si affacciava su un tratto di costa bella da togliere il fiato: “Appena ci viu i luci addrumati, pozzu puru moriri”. Le cose non andarono precisamente così. Ottenute tutte le autorizzazioni per la realizzazioni della struttura, iniziò a edificare. Dovette superare tanti ostacoli prima di ottenerle. Anche in questo caso il calcestruzzo aveva dovuto pagarlo un pò di più, assumere una serie di operai gentilmente segnalati dalla politica, alcuni da personaggi a cui non si poteva certo dire di no. Aveva trascurato un solo particolare. Quel particolare indossava una giacca color cammello e una cravatta con tante piccole giraffe. Si presentò da lui un mercoledì pomeriggio, era maggio. I lavori erano iniziati da qualche mese, avevano messo giù le fondamenta e innalzato lo scheletro di due piani.

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- Carissimo ingegnere Cordato, come sta? E un piacere vederla… esordì u zu’ Calò ignaro di ciò che stava per piombargli addosso. - Caro Sig Natoli, vedo che lei sta bene, sempre in forma…. L’ing. Cordato era un funzionario dell’assessorato regionale al demanio, uno di quelli che aveva seguito l’iter autorizzativo per la realizzazione dell’Hotel. - A cosa debbo il piacere della sua visita? Venga accomodiamoci, aspetti che le faccio portare un caffè - Non si disturbassi, l’ho preso prima di venire qui. I due si accomodarono nell’ufficio du zu Calò. Le pareti erano piene di foto di ville e palazzi realizzati nel corso della sua lunga carriera, li teneva in mostra con grande orgoglio. Tra tutte una foto in bianco e nero che lo ritraeva giovanissimo in canottiera con la pala mentre impastava il cemento. Cordato si soffermò a guardarla con attenzione, riconobbe quasi immediatamente in quella foto u zu’ Calò. Si girò a guardarlo e i due si scambiarono un sorriso

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- U tempu passa e a cira scuaglia disse u zu’ Calò con una nota di nostalgia nella voce. - eh si…. Anch’ io sto andando per la sessantina. Mi creda non vedo l’ora di andare in pensione Disse il Cordato accomodandosi su una delle poltroncine presenti nell’ufficio. Anche u zu’ Calò si accomodò di fronte l’ingegnere. - Ci sono problemi signor Natoli, sono nate delle complicazioni - Chi problemi, mi pare che abbiamo seguito la prassi come dice la legge, noialtri siamo già al secondo piano, chi problemi ci sunnu? incalzò u zu’ Calò quasi impaziente di sapere cosa fosse successo. - I soliti, lei li conosce bene! Hanno impugnato una delle autorizzazioni che abbiamo rilasciato, non lo hanno fatto ancora ufficialmente, ma mi hanno fatto presente che lo faranno da qui a poco. Lei lo sa che io ho i miei contatti con loro e in qualche modo hanno un occhio di riguardo U zu’ Calò si passò la mano tra i capelli tirò un profondo respiro. - Nu lu capisciu, ho affidato il progetto esecutivo

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all’ingegnere che mi hanno segnalato e rumpinu ancora i cugliuna. Mi hanno fatto pagare parcelle stragonfiate … lassamu perdiri và… ma chi bonnu ora? - Non lo so, l’ho voluta avvertire affinché si possa adoperare…non vorrei che si ritrovasse con i lavori bloccati e il cantiere chiuso. Conosco gli sforzi che sta facendo…. L’ingegnere sembrava apparentemente dispiaciuto di quanto stesse accadendo. La situazione ebbe risvolti che mai nessuno si sarebbe aspettato. Un mattino u zù Calò venne ritrovato impiccato ad un tubo dell’impalcatura della struttura in costruzione. Il cantiere era oramai chiuso e sottoposto a sequestro. Le richieste fatte dal gruppo di potere sembrava fossero diventate inaccettabili e l’esposizione finanziaria a cui si era dovuto sottoporre u zu’ Calò non era stata più possibile tamponare. La sua dignità di uomo e lavoratore non aveva sopportato di vedere svanire una vita di duro lavoro. Aveva preferito farla finita. Al suo funerale anche i suoi assassini. Lo scheletro della struttura rimase lì, nessuno se ne interessò più, adesso l’ambiente era stato salvato e quello scempio non aveva più potere contrattuale che potesse interessare ad alcuno.

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CAPITOLO QUARTO Era la terza domenica di luglio, quella settimana sarebbero iniziati i festeggiamenti del patrono del paese. L’atmosfera era frizzante e il comitato dei festeggiamenti aveva iniziato la raccolta dei fondi girando per tutte le attività commerciali del paese. La piazza si sarebbe gremita all’inverosimile e un cantante napoletano sarebbe stato presentato come la star dell’evento. Orde di ragazzi si sarebbero riversati per le vie, e tutte le zitelle del paese avrebbero sfoggiato l’abito nuovo acquistato qualche giorno prima. Tutti, ma proprio tutti, non si potevano esimere dalla classica strusciata sul corso principale. Il Sindaco avrebbe presenziato le iniziative legate all’evento, con moglie a seguito a testimonianza che la lettera che era circolata qualche settimana addietro non aveva certo scalfito il loro matrimonio. Il parroco del paese Don Luigi aveva davo il via ai festeggiamenti e in un clima particolarmente pagano

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veniva portata a spalla dai fedeli la statua del santo nero. La processione avrebbe attraversato il paese con una gran folla di fedeli o presunti tali pronti a correre dietro il simulacro. La corsa era ritmata dal suono di trombe e tamburi, mentre la gente affacciata ai balconi lanciava il pane non sempre in direzione del santo come prevedeva la tradizione. Il comitato era formato da gente di tutte le estrazioni sociali e forse era l’unica occasione in cui il medico del paese devoto al santo si ritrovava con la mano appoggiata sulla spalla del netturbino mentre di corsa in spalla conducevano per le vie cittadine il santo nero. Nessuno si sottraeva al rito e bisognava fare lunghe file e aspettare lunghi turni gestiti dal capo del comitato per potere portare in spalla il simulacro. Mimì u’ torinese non era certo persona da fare la fila o aspettare il turno e quando il simulacro raggiungeva la piazza principale dove si affacciavano i balconi della cosiddetta “gente bene” del paese, si introduceva in mezzo alla folla mentre alcuni dei suoi picciotti gli facevano da corridoio. Anche in quella occasione Mimì indossava la giacca, con una temperatura al limite della sopportazione. Dopo essersi guardato intorno, lanciò uno sguardo verso i balconi che si affacciavano sulla via e con spavalderia mascolina imbracciò sulla spalla all’altezza

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dei piedi del santo la trave di legno che faceva da supporto. La banda procedeva dietro il corteo a pochi passi di distanza e come era consuetudine in quel tratto di paese intonava un lento ritmo che richiamava suoni tipicamente siciliani misti a tonalità etniche. La gente sembrava caduta in una sorta di trance. Grida, fischi, spintoni, bambini che piangevano a squarciagola issati dai genitori fin sopra il viso del santo per fare dare loro la benedizione dal miracoloso santo nero. Muffuletti lanciati dai piani più alti raggiungevano la folla a grande velocità e senza alcuna misericordia religiosa. Giullannu pedi di porcu seguiva a debita distanza il suo padrino. Il Sindaco faceva da apripista insieme al parroco e la sua fascia tricolore era letteralmente appiccicata per il caldo prima alla sua giacca e poi alla sua camicia. Era quasi il tramonto e il sole non aveva nessuna intenzione di dare tregua. Il budello della piazza principale veniva illuminato come l’occhio di bue illumina il protagonista di uno spettacolo teatrale. Un mare di fazzoletti multicolori infestavano la piazza e coprivano la testa dei fedeli che portavano il santo sulle spalle. Mimì si notava subito in mezzo alla folla. Non si

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sarebbe certo scombinato la sua nera mascagna con uno di quei buffi fazzoletti che indossavano tutti gli altri. Partita la processione si sentì appoggiare la mano di chi lo precedeva sulla spalla. Si girò per guardare di chi si trattasse e se lo conoscesse. Il fazzoletto sul viso gli impediva di capire chi fosse. La cosa gli creò un attimo di inquietudine. Iniziò a cercare con lo sguardo sotto gli occhiali neri il suo guardaspalle. La folla era troppa. Pur sapendo che fosse sicuramente a qualche metro da lui, non riuscì a trovarlo. Il simulacro dopo una breve sosta riprese il suo cammino. Fatti pochi metri, l’uomo dietro a Mimì gli si accostò all’orecchio e “sussurrando ad alta voce” perché le grida in torno non glielo avrebbero fatto sentire disse - stavolta u Santu un tinni fici grazia Mimì non fece in tempo a girarsi che quattro colpi consecutivi gli perforarono il torace da dietro. Cadde come una colonna di burro al sole. La sua giacca di lino bianca all’improvviso si colorò di rosso. Cercò di appoggiarsi all’uomo davanti che lo precedeva, il quale si voltò di scatto, quasi a scansarsi. Anche il simulacro accusò la mancanza di una sua colonna portante e si inclinò repentinamente verso un lato. A

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pochi metri con sincronia svizzera cadde anche Giullannu pedi di porcu con due colpi dietro la nuca, che un complice del sicario di Mimì gli aveva piantato con precisione chirurgica. La folla circostante focalizzò l’accaduto solo con qualche secondo di ritardo. Il Santo fu quasi sbattuto a terra dai fedeli che fuggirono in tutte le direzioni. Il simulacro nella fretta di essere posto a terra si inclinò su un lato in una scena a dir poco surreale. La folla in men che non si dica scomparve e sulla strada rimase solo il corpo di Mimì che giaceva a terrà in una pozza di sangue. Accanto i suoi inseparabili occhiali scuri e a qualche ventina di metri Giullannu, il suo luogotenente con il cranio spappolato e sparpagliato poco distante. La folla continuava a correre in ogni direzione, una sorta di forza centrifuga li allontanava dai due corpi che giacevano a terra. Il Santo rimasto abbandonato, era tutto inclinato su un lato, quasi in bilico. Sarebbe bastato un piccolo spintone per farlo giacere a terra insieme ai due cadaveri. Il sindaco con la moglie e il parroco trovarono immediato nascondiglio dietro le vetrine di un negozio lì vicino, mentre un bambino di circa otto anni gridava

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e piangeva perché aveva perso nel trambusto i genitori. La pioggia di pane all’improvviso smise di cadere e l’eco delle sirene della polizia presero il posto di trombe e tamburi anch’essi spariti insieme ai suonatori. Un scena inverosimile si presentava agli occhi dei primi poliziotti accorsi sul luogo. Le due pozze di sangue a diversi metri di distanza sembravano cercarsi per unirsi in un unico rigagnolo e scarpe perse dalla gente in fuga si confondevano con i muffuletti lasciati per terra. Era chiaro che da quel momento in poi a Fossalumera nulla sarebbe stato come prima. Con la morte di Mimì andava via un pezzo da novanta. Certo chi aveva deciso di farlo fuori non lo aveva fatto certamente per compiere una buona azione. Probabilmente i finanziamenti che si prospettava arrivassero a Fossalumera avevano chiaramente suscitato l’interesse da parte di gruppi che non facevano capo alla cosca di Mimì. Gente sanguinaria tanto quanto la loro vittima. Avevano certamente saputo dei contatti che Mimì aveva avuto con alcuni personaggi politici e forse avevano voluto dare un chiaro segnale a tutti quanti.

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Il paese cambiò volto repentinamente, cadde una sorta di coprifuoco e pur essendo ancora in corso i festeggiamenti, furono annullate tutte le processioni. La gente evitava di scendere in piazza, i titolari dei bar iniziarono a togliere le file di sedie e di tavoli sui quali avevano deposto le loro speranze di un’ intera annata. Tutti i tirapiedi di Mimì che erano soliti strusciare per il corso per intere giornate, scomparvero come i topi durante la derattizzazione. Il paese venne presidiato da posti di blocco in ogni dove. Alcuni in paese commentavano - “dopu ca arrubbaru a santa Rosalia ci misiru i gradi”. Era palese che fino a quel giorno in paese sembrava regnare una sorta di anarchia istituzionale, adesso interrotta dalla scomparsa di Mimì.

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CAPITOLO QUINTO - Pronto, l’onorevole Loiero? - Sì chi parla? - sono il segretario del Cavaliere Pisano, resti un attimo in linea che Le vuole parlare Il Cavaliere Pisano era cavaliere del lavoro con decreto regio dell’allora presidente della repubblica Cossetti, era il re dell’edilizia in Sicilia, un magnate, ricco a dismisura. Nell’ambiente era soprannominato “u piscicani” . - Carissimo onorevole, come sta? Spero di non disturbarla… - Cavaliere Lei non disturba mai, come sta? Non la si vede in giro da parecchio tempo. Secondo me lavora troppo. - Che mi dice onorè… alla mia età l’unica cosa che mi rimane da fare è lavorare, voialtri picciotti potete pensare anche ad altre cose… L’onorevole rise.. - Eh caro cavaliere, sapesse …. In questo momento in verità non trovo il tempo per grattarmi la testa.. - Spero riuscirà a trovare il tempo per un caffè, avrei bisogno di parlarle

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Al cavaliere Pisano non si poteva certo dire di no. L’onorevole Loiero non ebbe alcuna esitazione. - assolutamente, Le chiedo solo di darmi il tempo di rientrare, sa oggi e domani sono in commissione - non c’è alcun problema, mi faccia sapere quando sarà di ritorno che la voglio ospite a cena da me - Farò chiamare il suo segretario dal mio per fissare la data - Molto volentieri, a presto e … buon lavoro in commissione - Grazie, a presto…… Loiero non era certo entusiasta di incontrare il cavaliere, ma le cambiali scadono e vanno pagate. Era stato il cavaliere a dargli una grossa mano di aiuto per la sua elezione, e adesso sembrava chiedere dazio. I lavori in commissione finirono prima del previsto, e Loiero sulla strada di ritorno da Palermo fece chiamare il segretario del Cavaliere. -Venerdì sera se per il cavaliere va bene…- - Un attimo che chiedo, qualche minuto al telefono, Va bene, aspettiamo l’onorevole a Villa Papino Villa Papino era la residenza del cavaliere, una splendida tenuta che sovrastava la spiaggia do furnaru nella parte sud di Fossalumera.

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Era al centro di un enorme appezzamento di terra coltivato a vigneto e ulivi che scendeva giù fino al mare rendendo di fatto un enorme tratto di spiaggia accessibile solo dalla proprietà del cavaliere. Alle ventuno in punto i fari della lancia Thesis del l’onorevole Loiero illuminarono l’immenso viale che lo avrebbe portato sull’uscio della villa, seguita da una vecchia croma blindata della scorta. Ad attenderlo sull’uscio il segretario personale del Cavaliere. L’onorevole salì la rampa di scale in marmo di Carrara, chiudendosi il bottone della giacca. L’autista con la scorta rimasero fuori. Varcato l’uscio si introdusse nel meraviglioso salone che egli aveva già avuto modo di vedere. Il segretario fece gli onori di casa nell’attesa che arrivasse il cavaliere. - Ogni volta che entro in questo splendido salone mi sorprendo della sua bellezza - Eh caro il mio onorevole, Lei non è persona che si meraviglia facilmente, questo significa che i miei architetti hanno fatto un buon lavoro esordì il cavaliere che era sbucato all’improvviso da una delle entrare del salone.

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Baci, abbracci, convenevoli. - Lei si mantiene sempre picciotto - E lei mi cugliunìa sempre caro onorevole Il ghiaccio era rotto, l’atmosfera familiare, in un angolo del salone una elegante tavola apparecchiata per quattro persone. Loiero si chiese subito tra sè e sè chi fossero gli altri due commensali. - Venga, accomodiamoci in terrazza, voglio presentarle due amici che questa sera ci terranno compagnia e che volevo farle conoscere. L’on Loiero non fece in tempo a riflettere su chi potessero essere i due interlocutori che si ritrovò seguendo il Cavaliere, nella splendida terrazza affacciata su un mare fermo come un lago sul quale faceva capolino due terzi di una meravigliosa luna. I due ospiti erano appoggiati sul davanzale della terrazza e stavano parlando tra di loro sorseggiando un aperitivo. Erano due signori particolarmente eleganti. Uno alto, di bell’aspetto, con i capelli brizzolati, corti. Indosava un blazer blu e un pantalone bianco. Una classica tenuta estiva, come se fosse stato invitato su uno yacht. Non indossava la cravatta, ma una camicia bianca.

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Visibilmente abbronzato, sembrava fosse lì più per una vacanza che per parlare d’affari. L’altro era più basso, calvo con i capelli ai lati come chi non si vuole rassegnare a perderli, mentre un timido riporto gli attraversava la parte centrale della testa. Portava gli occhiali con le lenti abbastanza spesse. Era in giacca e cravatta, l’aspetto sicuramente più austero, da burocrate. All’arrivo del cavaliere Pisano e del suo ospite i due interruppero la conversazione e gli andarono incontro. Eleganti fiaccole definivano gli ampi confini della terrazza, mentre un piacevole quanto timido vento di scirocco giocava con esse a disegnare strane figure di fuoco. - Cari amici ho il piacere di presentarvi l’onorevole Loiero, mio amico e uomo di grande determinazione. Poi continuò: - Onorevole le presento il dottor Briguglia, amministratore delegato della Erish power (riferendosi al signore alto e brezzolato), e l’ingegnere Sanzio, uno dei massimi esperti di impianti energetici - Sono felice di conoscerla, esordì il dottor Briguglia con accento che evidenziava le sue origini settentrionali.

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- Molto lieto. Rispose Loiero con tono meno coinvolgente del suo interlocutore. Poi rivolgendosi all’ingegnere Sanzio - Ingegnere… -Lieto di conoscerla onorevole, il cavaliere ci ha molto parlato di lei - Spero in bene. continuò Loiero con l’intenzione di fare una battuta che suscitò il sorriso di tutti i presenti. - I nostri amici si fermeranno con noi a cena se le fa piacere. Disse il cavaliere affidando la responsabilità della decisione, peraltro scontata, dell’onorevole. - Assolutamente, con vero piacere. Si stava tentando di uscire dai convenevoli di rito. Loiero aveva iniziato a capire dove voleva andare a parare l’incontro organizzato dal Cavaliere Pisano. I titoli dei due interlocutori erano più eloquenti di qualunque spiegazione. Lo spettacolare panorama fu oggetto di discussione per una buona manciata di minuti, fino a quando non fu comunicato che la cena era pronta per essere servita e quindi ci si poteva accomodare. Dopo i primi commenti sulle prime pietanze servite, il cavaliere Pisano introdusse l’argomento.

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- Il dottore Briguglia e l’ingegnere Sanzio sono scesi da Milano per avere chiarimenti sul progetto che si intende realizzare a Fossalumera. Loro che sono dei veri esperti nel settore delle energie e del petrolchimico, intravedono importanti forme di collaborazione. C’è da aggiungere che il dottore Briguglia cura anche una cordata di imprese specializzate in grandi opere e infrastrutture, roba di alto livello. Poi girandosi verso Briguglia - mi pare che il vostro sia un gruppo da due miliardi di euro all’anno di fatturato, o sbaglio? - Orientativamente.. rispose Brigluglia, lo scorso anno lo abbiamo superato di qualche decina di milioni di euro e quest’anno abbiamo commesse che ci fanno bene sperare di superare anche questo limite . - Stiamo investendo tantissimo in ricerca e i risultati si concretizzano con una leaderschip nel mercato senza euguali, aggiunse l’ingegnere Loiero ascoltava, si sentì per un attimo pinocchio quando finì tra il gatto e la volpe. Qui le monete erano sicuramente molto di più e la balena che lo avrebbe potuto mangiare sembrava essere proprio il Cavaliere Pisano, che continuava a versare del prezioso Glicò fresco da 90 euro a bottiglia, mentre i frutti di mare che facevano bella vista sulla tavola, sembravano appena pescati nel mare antistante la villa.

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- Caro Loiero, questa è una grande e irrinunciabile possibilità per tutta la città di Fossalumera e dintorni, centinaia e centinaia di posti di lavoro che risolverebbero la atavica fame di lavoro che c’è in paese. - senza dubbio, la situazione è davvero drammatica e per noi politici è sempre più difficile dare risposte - Hai voglia di risposte che si possono dare, pensi quanti padri di famiglia da sistemare, quanti giovani. Certo se su una situazione come questa dovessero metterci le mani quattro impresucole locali spalleggiate magari dal malandrino di turno, allora, mi creda non se ne farebbe davvero niente… I due polentoni, non misero bocca sull’argomento. Capivano che ci si stava addentrando in discorsi di cui loro sconoscevano le dinamiche, ma dai quali conoscevano bene i profitti che ne avrebbero tratto. - Lei può fare molto, moltissimo. I bandi di gara che la regione dovrà istruire debbono essere fatti seriamente, da gente competente, che conosce bene l’argomento e le caratteristiche di chi vi partecipa… Loiero aveva capito l’antifona e non poteva certo esternare dubbi o certezze dinnanzi a quei due perlopiù sconosciuti, anche se da garante si era fatto il Cavaliere.

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La discussione non ebbe a continuare, si cambiò argomento e si ritornò sulle cose futili da trattare in questi casi. Poi dopo un po’ il cavaliere ritornò sull’argomento, facendo cenno alla imminente elezione del sindaco del paese. - Questa è una grande possibilità per sbaragliare un’intera classe politica, ci vuole una ventata di novità, visi nuovi, facce pulite, magari anche più donne in consiglio comunale - Su questo argomento con me sfonda una porta aperta. aggiunse Loiero. - Bisognerà impegnarsi davvero molto in questa campagna elettorale e lei sa bene che dopo i fatti di cronaca accaduti in paese, la cittadinanza ha bisogno di una iniezione di speranza, di aria nuova, di una nuova ventata…. Come dice lei. Rivolgendosi al Cavaliere. La serata continuò tra una chiacchiera ed un’altra, si erano fatte circa le 23 quando i due ospiti si congedarono dalla compagnia. - Domattina abbiamo il volo alle otto e non ci è

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concesso fare tardi, siamo sicuri di rivederla al più presto. Disse il dott. Briguglia rivolgendosi all’onorevole. Il Cavaliere li accompagnò alla porta dando disposizione all’autista di accompagnare i suoi ospiti in Hotel. Loiero si era riportato sulla terrazza, a farsi rinfrescare la calura dello champagne dalla brezza africana che nel frattempo si era fatta leggermente più forte. Si era allentato il nodo della cravatta e sbottonato il primo bottone della camicia. Mille cose frullavano nella sua mente, e se pensava che un banale corto circuito della sua vecchia panda lo aveva portato in quella terrazza, la cosa gli suscitava un timido sorriso. Si era appoggiato sul davanzale della terrazza, ipnotizzato dai riflessi che la luna creava sull’acqua. Venne svegliato da quella sorta di piacevole torpore dalla mano del cavaliere che si poggiò sulla sua spalla. - Caro Onorevole spero che la cena sia stata di suo gradimento… - tutto molto buono, a proposito quelle fettuccine come erano pesto…..

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- pesto tunisino …continuò l’onorevole, con mentuccia e gamberetti oltre che il basilico naturalmente - squisiti, davvero squisiti Si stava cercando il modo per riprendere il nocciolo della discussione. - i due amici che le ho presentato questa sera le assicuro che sono tra le figure più importanti dell’imprenditoria nazionale, è gente seria, con le idee chiare, con la giusta mentalità, di grande spessore… - Non ho alcun dubbio, replicò Loiero, e poi credo che il Cavaliere Pisano nel corso della sua carriera abbia saputo dimostrare il valore delle proprie scelte imprenditoriali. - Troppo buono, anche io ho commesso i miei errori e spesso pagandoli di tasca mia, sapesse….. - Caro cavaliere, chi non commette errori nella vita? - C’è anche chi dagli errori sa trarre i giusti vantaggi… La frase del cavaliere lasciava presagire un timido doppio senso che senza alcun apparente e giustificato motivo fecero sì che l’onorevole pensasse alla sua Panda. - Vede caro Onorevole, la società è cambiata, sono cambiate le dinamiche, i movimenti, la comunicazione come si sul dire oggi.

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Oggi è tutto comunicazione, la forma ha preso sopravvento sulla sostanza, non siamo più ciò che in effetti siamo ma ciò che dicono di noi, ciò che riusciamo a fare vedere, anche con artificiali illusioni. Il tono della discussione sembrava prendere una piega tra il filosofico e il sociologico, ma l’onorevole sapeva bene che il cavaliere non era certo avvezzo a lezioni di questa natura e che la discussione avrebbe comunque avuto una sua evoluzione. - Mi trova d’accordo, oggi tutto è delegato alla televisione, ai giornali, alla forza dell’apparire. - Che ne pensa di un caffè? Chiese il cavaliere con il palese intendo di tirare fino a tardi - Volentieri, una conversazione così interessante non può certo essere interrotta per una botta di sonno… Disse l’onorevole cogliendo l’invito. Il cavaliere alzò il citofono, chiamò la cucina e chiese che gli portassero due caffè. - Quello che è accaduto a Fossalumera, mi riferisco all’uccisione di quel malandrino e del suo tirapiedi apre uno scenario come dire…. diverso, più…tranquillo. Disse il cavaliere rigirando il cucchiaino dentro la tazzina.

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- Certo in paese l’aria era diventata pesante, irrespirabile, a quanto pare questo…… Mimì come si chiama… sembra volesse fare il salto di qualità… Continuò l’onorevole facendo la coda a quanto detto dal cavaliere. - Dio vede e provvede… certa gente va fermata prima che sia troppo tardi - In questo caso non credo che chi l’abbia fermato sia tanto meglio dell’ucciso. Aggiunse Loiero - Non sempre è così, la Sicilia sta cambiando, ma sta cambiando dal di dentro, nelle sue interiora. Sono oramai tanti anni che nell’immaginario collettivo l’immagine della Sicilia è rappresentata da malandrini che si “annacano” e da politici grassoni che con essi fanno gli affari. Oggi non è più così, abbiamo imparato anche noi l’arte della comunicazione. Oggi vanno di moda le antimafie, gli uomini denuncia, i cortei di solidarietà. Oggi è necessario vestirsi da buoni per potere fare i cattivi. Loiero seguiva con non poca difficoltà il ragionamento del cavaliere che sembrava cinico all’inverosimile, ma allo stesso tempo verosimile, ed egli lo sapeva bene. - Certo il nascere dei fenomeni antimafia sta, di fatto,

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facendo cambiare la Sicilia e i siciliani… Disse Loiero in un timido tentativo di smontare il ragionamento del cavaliere. - Ah, Ah, ah, Il cavaliere scoppiò in una grassa risata, poi continuò davanti allo sguardo quasi sbigottito dell’onorevole. Non vorrà farmi credere che queste come si chiamano…… iniziative antimafia hanno davvero cambiato la Sicilia, hanno solo cambiato ciò a cui credono i Siciliani. Nulla di più. E’ vero anche che lo sviluppo della nostra terra non poteva essere ancora oggi delegato agli umori di qualche malandrinello di provincia con la terza media presa durante qualche anno di carcere. Caro il mio onorevole…. Oggi la mafia non esiste più… o meglio non è più quella che abbiamo immaginato essere fino a qualche anno fa. La comunicazione!!! Oggi la mafia si rigenera da se stessa, raffinandosi, studiando, imparando a comunicare, cercando di essere meno invasiva e plateale, promuovendo cortei contro se stessa, istituendo commissioni per metterci dentro i suoi uomini, partecipando a trasmissioni televisive con la faccia pulita dell’onorevole di turno. Loiero balzò dalla sedia, fece un giro attorno al tavolo come chi è tentato di andarsene poi disse: - Cavaliere, questo non glielo consento, mi sembra fin troppo surreale il suo ragionamento… la prego di non continuare dinnanzi un rappresentate dello stato qual

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son io, questo tipo di illazioni Il cavaliere non fece una piega, seduto era e seduto rimase. - Vedo che ho urtato la sua sensibilità… - Sì Cavaliere Pisano, le assicuro che non condivido affatto il suo ragionamento, c’è gente come me che combatte quotidianamente in prima linea e cammina scortato dalla mattina alla sera mettendo a repentaglio la propria incolumità. Il tono della conversazione stava prendendo tutta un’altra piega, la cordialità che aveva caratterizzato l’intera serate aveva lasciato il posto a toni più forti, al limite dello scontro verbale. - La sua incolumità…..Uh, davvero ammirevole. Certo che se le Fiat fossero costruite con più attenzione la carriera politica di chissà quanta gente andrebbe a rotoli…..o magari, continuerebbe ad aggiustare transistor in qualche scantinato del paese… - adesso credo che lei stia esagerando… - Lei vuole far parte di un gioco di cui sconosce le regole, ma dentro al quale è entrato applicandole. Eh no mio caro onorevole Loiero, non funziona esattamente così. E’ troppo facile far passare il Livasulli per il vecchio politico corrotto in odor di

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mafia ed entrare a far parte dell’olimpo dei giusti con un ridicolo quanto fortuito corto circuito. Lo abbiamo “impupato” noi a lei, lo chieda al suo riferimento politico. L’onorevole Pumara venne da me per “impupare” la sua elezione e sapevamo bene come erano andate le cose. Pensa ancora che certe cose si debbano fare con la coppola e la lupara? Loiero era annichilito, si sedette sulla sedia attorno alla quale prima aveva iniziato a girare innervosito, si passò la mano tra i capelli e non proferì parola. - Panzachiatta, Mimì e tutto il resto sono oramai folklore, sono come i carrettini siciliani, servono solo ai turisti per fare foto ricordo, non servono più come mezzi di locomozione. E’ tutta merce per giornalisti e scrittori che costruiscono sulla pelle di questi poveri derelitti vere e proprie fortune. Servono a fare commissioni dove chi vi sta dentro prende stipendi da favola e prebende varie. Proprio come lei… Quei tre poveri disgraziati che lo aspettano da diverse ore qui fuori prendono mille e duecento euro al mese e credono di proteggere qualcuno, ma non sanno che la debbono proteggere da se stesso. Ogni tanto prendono un vecchio rincoglionito, delinquenti del cazzo che non sanno neanche leggere e gli fanno il vestito del boss. Lo riprendono in

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televisione durante le fasi dell’arresto e promettono all’opinione pubblica nomi di colletti bianchi con i quali questo povero rincoglionito ha gestito cose di cui lui non conosce neanche l’esistenza. Mi dica il nome di un solo colletto bianco che a seguito di questi arresti sia stato fatto. Me ne dica uno, solo uno, mi dica un cazzo di nome di chi, e lei li conosce tanto quanto me, gestisce le fila di questa terra contorta. Il tono incalzante del cavaliere aveva finito per prendere il sopravvento sul Loiero a cui le fettuccine al pesto tunisino iniziavano a salirgli su in una sorta di acido rigurgito. - Adesso le racconto una storia, mia personale. Lei conosce bene le mie imprese, e quanti padri di famiglia ci lavorino. Da una vita ho sempre cercato di portarle avanti, con dedizione, sacrificio, senso del dovere. Ho pagato per anni, tanti anni il pizzo a questo o quel malandrino di turno. Gente che negli anni si era succeduta nella gestione del territorio. Partecipavo alle gare con la certezza di vincerle perché l’interessamento del boss di turno non lasciava alcuna alternativa. Circa dieci anni fa agli inizi degli anni Novanta con la comparsa dei primi pentiti e con l’arresto dei boss, pensai che tutto sarebbe ritornato alla normalità. Da un lato la cosa mi preoccupava, la mancata certezza di un interlocutore che mi assicurasse gli appalti,

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dall’altro mi sentivo tranquillo. Le mie imprese erano oramai una realtà consolidata e non avrei certo avuto competitori all’altezza a preoccuparmi. Il suo On Pumara fu il primo presidente della allora neonata commissione antimafia. Lui che certo non aveva origini anglosassoni. Il papà del Pumara era un vecchio boss di Vigoreggio un piccolo paesino delle madonie. Comandava lui da quelle parti. Uomo senza scuola ma di grande intelligenza. Fece studiare il figlio e con grande soddisfazione lo fece prima consigliere provinciale e poi deputato. Morì qualche anno dopo. Pumara si ricostruì immediatamente una sua verginità. Conosceva bene i meccanismi in cui era cresciuto e li sfruttò a suo favore. Presidente della più importante commissione, la commissione antimafia. Mi volle incontrare nel suo ufficio un mercoledì mattina, nel suo ufficio. Mi disse che la situazione era cambiata, che nulla era più come prima. All’inizio stentai a capire cosa volesse dire. Poi fu più esplicito. -Deve denunciare i suoi estorsori, dobbiamo sbatterli in galera, toglierceli dai coglioni all’epoca era un concetto così lontano dalla realtà quasi quanto il concetto di perdono prima della venuta di Cristo. Mi spiegò con grande capacità di sintesi che le imprese che non avrebbero denunciato i propri estorsori non

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avrebbero avuto alcuna possibilità di lavorare e che da quel momento in avanti l’antimafia sarebbe stata garante di equilibri acquisiti. -Cosa significa “garante di equilibri acquisiti”? chiese Loiero che aveva nel frattempo tentato di recuperare un postura di sufficiente dignità. - Mio caro Loiero mi chiede cosa significhi “garante di equilibri acquisiti”? Diciamo per parafrasare un autore a noi molto caro, Tomasi di Lampedusa, “cambiare tutto per non cambiare nulla”. Ecco mi piace buttarla sulla letteratura, forse le renderà la pilloletta meno amara. Ho mandato in galera anche gente che non avevo mai visto in vita mia e con la quale non avevo mai avuto a che fare, su commissione, su ordinazione… - E cosa è accaduto dopo? Chiese Loiero adesso tanto incuriosito quanto spaventato dell’evoluzione del racconto. - Continuai a partecipare alle gare e a vincerle. Ad impastirle erano sempre gli stessi funzionari, erano cambiati solo i mandanti. Adesso avevano facce più rassicuranti, giacche più sartoriali e nel dare indicazioni non sbagliavano nè i congiuntivi nè i condizionali. Tutto qua.

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Loiero per la prima volta dalla sua elezione intuiva l’enorme meccanismo all’interno del quale era andato a finire. Certo stupido non era, ma era stato solo un misero consigliere comunale. Ciò non significava che non conoscesse l’arte della manipolazione politica, ma solo per piccole cose, qualche licenza edilizia, qualche delibera di qualche amico, cosucce in confronto a quanto si prospettava adesso. Il metodo era uguale solo che su larga scala e con numeri molto, molto più grossi. Si era fatto molto tardi. - Credo si sia fatto tardi, disse il cavaliere, i suoi uomini hanno famiglia e anche lei, non vorrei prendermi le maledizioni di sua moglie per averlo trattenuto fino a quest’ora. Ci rivediamo molto presto Onorevole. Spero perdonerà l’impeto del mio sproloquiare. Credo che a volte la chiarezza sia alla base delle lunghe intese… - Si è davvero molto tardi. Grazie per la cena cavaliere. Non si preoccupi. Spero che anche lei perdonerà la mia innocente disattenzione ai fatti, alle cose così come in effetti stanno. Loiero sembrava quasi grato, dal tono della sua voce, al cavaliere per quanto gli avesse detto. Era come se all’improvviso qualcuno gli avesse tolto le cataratte davanti gli occhi.

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CAPITOLO SESTO Hotel San Domenico,Taormina ore 9.30 del mattino, la Mercedes dell’onorevole Livasulli (panzachiatta) arriva dinnanzi il portone dell’Hotel. Sull’auto lui e il suo autista. Il portiere dell’hotel si precipita ad aprire lo sportello dell’auto dalla quale scende l’onorevole. -Bene arrivato onorevole, le faccio portare i bagagli in camera. L’onorevole Pumara la sta aspettando nella sala Zeus, venga l’accompagno - Onorè io parcheggio la macchina, se ha bisogno ho il cellulare appresso . Disse l’autista porgendo la borsa da lavoro all’onorevole. - Fatti un giro a Taormina, se ho bisogno ti chiamo. - Grazie onorè a più tardi. Livasullu si mise la giacca aiutato dall’autista e si incamminò sopra il tappeto rosso che portava alla hall. Il direttore dell’hotel gli venne incontro. - E’ sempre un onore averla nostro ospite. - Caro direttore, lei lo sa che vi preferisco a tutti gli hotel del mondo, voi mi avete drogato mi sa….. La battuta suscitò il sorriso anche del facchino che seguiva a ruota con in mano i bagagli dell’onorevole.

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-Venga l’accompagno nella sala Zeus. Disse il direttore che anticipava di qualche passo l’onorevole per fargli strada. Si salutarono sull’uscio della porta della sala. Lo stesso direttore chiudendo la porta disse: - per qualsiasi cosa non esiti a chiamarci. Pumara era seduto nel salottino antistante e trafficava con delle carte, stava dando alcune disposizioni al suo segretario. Alla vista di Livasulli, passò il malloppo di carte al segretario e lo congedò frettolosamente. - Ne parliamo dopo che adesso è arrivato il mio miglior nemico. La frase fu seguita da una grassa risata del Livasulli. - Ah… se tutti i nemici fossero come me… I due si abbracciarono e si baciarono come due vecchi compagni di scuola che non si vedono da tanto tempo. - ma è mai possibile che ci dobbiamo vedere clandestinamente come due amanti? Disse Livasulli continuando con il tono scherzoso. - Caro Giovanni, speriamo che le nostre mogli non ci scoprano… Rispose con lo stesso tono Pumara. Pumara era in camicia e cravatta, aveva tolto la giacca. L’aria condizionata al massimo refrigerava l’intera stanza ma ciò nonostante Livasulli si tolse la giacca per mettersi comodo - Dalla a me che te la poso io. Disse Pumara che nel prenderla sbirciò l’etichetta interna. - Sempre bene ti tratti, vedo che vai dal mio amico Joè

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a farti vestire. Joè era un sarto famoso nell’ambiente, vestiva da sempre tutti gli inquilini del transatlantico. - Ma come te l’ho presentato io e adesso è tuo amico? Erano soliti cugliunarisi a vicenda quando i due si incontravano. Nel frattempo vennero serviti i caffè. - Caro Alberto, andiamo alle cose serie Esordì Livasulli, sono tante le questioni che dobbiamo affrontare e abbiamo solo due giorni a disposizione. - Credo ci basteranno, io ho preparato un po’ di materiale, ci dovremmo un attimo organizzare. Disse Pumara - La stanza è pulita? Chiese Livasulli - Ci ha pensato il mio segretario, in fatto di bonifiche ne sa più di un investigatore privato. -Megliu dire chi sacciu ca chi sapiva…replicò Livasulli - A proposito ma questo Mimì mi era sembrato di capire che volesse naschiare sul progetto di Fossalumera…. Avevo sentito dire che iniziava a fare pressioni su di te.. chiese Pumara all’improvviso - Infatti come vedi ha pressato troppo. Un carusazzu. Si era messo in testa di essere un boss. Camminava come se lo fosse. Nessuno gli aveva spiegato che oggi non si usano più certi atteggiamenti. Era venuto da me qualche giorno prima che lo astutassero. “ Onorè, lei u sapi ca cu mia problemi un ci ni sunnu….” Aveva cominciato a schifiarisi tuttu. Lo concedai con la scusa

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di un appuntamento al quale non potevo mancare. Mi aveva detto che sarebbe tornato a trovarmi la settimana successiva per parlare con calma. Da quello che mi era sembrato di capire voleva ‘mpilari u so calcestruzzo nei lavori che partiranno a Fossalumera. - Ma chi pensi possa avere avuto interesse a toglierselo dai coglioni? Livasulli accennò un sorriso sarcastico, guardò Pumara - Ada Albè di chi stamu parlannu?? Gli amici tuoi dell’associazione , Peppe Napoli chi misteri fa? - Calcestruzzi, ma ha denunciato i suoi estortori due o tre mesi fa - Sì e avete mandato in galera un operaio che gli aveva chiesto i soldi per la disperazione di essere stato licenziato, vistissivu u pupu insieme ad altri tre ruba galline. Peppe Napoli non è cristiano che paga protezione, non ne ha bisogno. Adesso lo avete vestito di pupu pulito ed entra ed esce dalla stanza del prefetto, spunta in televisione e sappi che quando partecipa alle gare il certificato antimafia glielo spediscono fino a casa. - Però con noi è sempre preciso…. Puntualizzò Pumara, non ha mai sgarrato e tu lo sai. A dire il vero sono stato personalmente io a dargli questo consiglio…

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si stava facendo una brutta nomina - Tu u misteri u canusci. Però non è che mi piace tanto questo fatto che io debbo fare sempre il “tinto” della situazione…. Devi dire a Loiero che la particina la deve recitare fino a un certo punto. Mi sa che ultimamente ci ha preso gusto. - Giovanni, lo sai bene che è la gente che vuole queste cose, l’opinione pubblica da sempre fa un’ unica distinzione: buoni e cattivi. In questo momento tocca a te la parte del cattivo. Del resto in un modo o nell’altro riesci sempre a essere eletto o no? - L’ultima volta se non fosse stato per quel malloppo di voti che mi hai riversato, ho rischiato di non farcela. - La Sicilia, i siciliani hanno bisogno di qualcosa che faccia credere loro che le cose sono cambiate. Quello che tu rappresenti continua ad andare bene per il tuo elettorato, per la gente che in cambio di un posto ti ha comunque promesso fedeltà a vita, ma le nuove generazioni, quelle credimi, hanno davvero bisogno che li si prenda per il culo. Sono loro che fanno i moralisti, gli alternativi, che è una parola che non vuol dire un cazzo, e poi vivono con i soldi di papà che ha l’impresa a cui tu fai avere gli appalti. Finita la fase dei capelli lunghi anche loro vanno a fare segreteria all’onorevole di turno per farsi impiegare da qualche parte.

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Livasulli replicò - questa è terra di pupi e pupara. Devi solo scegliere quale dei due devi essere. A volte è la vita a farlo per te, a volte ci si riesce se ci metti impegno. - Pupi e pupara, hai detto bene. Tu mi insegni che i bravi pupara sono quelli che fanno parlare i pupi senza mai farsi vedere dal pubblico…. - Esatto, a volte più idiota è il pupo e più la gente lo acclama e meglio il puparo lo gestisce. - A proposito, l’argomento introduce un tema che dobbiamo affrontare: il sindaco di Fossalumera! Questa volta non ci possiamo permettere di scherzarci sopra. Qui con la valanga di denaro che ci arriverà sopra il pupo deve essere di razza. Tu capisci cosa intendo… - Ce l’ hai già…. Fa parte della tua squadra. - Non mi dire che lo hai già individuato? Tu non ci dormi sopra, ti conosco bene. Dimmi chi hai pensato… - Tanino Spoto, l’infermiere, il tuo consigliere comunale. Tanino Spoto era un ‘infermiere dell’ospedale San

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Nicola. Finito il suo turno di lavoro, faceva assistenza domiciliare a nero. Punture, cateteri, clisteri e qualche medicazione. Un idiota con la “I” maiuscola, ma conosciuto da tutti e da tutti voluto bene. Era famoso per il suo parlare sgrammaticato. Aveva preso la terza media serale per potere fare il concorso da infermiere. Era stato Pumara a sistemarlo. Aveva già tre legislature alle spalle. La sua ignoranza era proverbiale, alcuni si divertivano a creare veri e propri frasari con le minchiate che uscivano dalla bocca dell’infermiere. Aveva da poco compiuto cinquant’anni, sposato con un figlio maschio ventenne, per il momento disoccupato, ma che sperava ben presto grazie alla politica di sistemare. Pumara rimase sbigottito - Nooo, dai Tanito u ‘nfirmeri,? Ma chi dici? E’ troppo, troppo ignorante. - Ignorante al punto giusto. Per te farebbe qualsiasi cosa e da un pò di tempo a questa parte anche per Loiero che lo cugliunìa con la storia dell’impiego del figlio. Sarebbe l’uomo giusto al momento giusto. -Ma pensi che la gente…. lo possa..? Luvasulli scoppiò in una grassa risata, e aggiunse: - La gente? Alberto, ma proprio tu mi fai questa osservazione. Ma dai… la gente voterebbe anche nenè

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u foddri ( un pazzo del paese) se a proporlo siamo noi. Ma hai mai visto che la gente vota il candidato di qualità, l’intellettuale, come si suol dire..? Sono come le pecore. Dove va uno vanno tutti. Tanto è vero che fa il consigliere comunale da tre legislature. Un motivo ci sarà? E poi credimi che con quello che si prospetta a Fossalumera, ho l’impressione che lo stesso Tanito sia fin troppo “intellettuale”. Fu Pumara questa volta a scoppiare in una sentita risata. - Sei incorreggibile, ma chi ti può dare torto… - Io ho già un’idea. Esclamò Livasulli Mancano pochi mesi alle elezioni. Dobbiamo iniziare a impuparlo. - Che pensi di fare? - Semplice, dobbiamo dargli visibilità. Tu lo sai che questo non me lo deve insegnare nessuno. In consiglio comunale si sta discutendo il piano regolatore. - Lo si discute oramai da dieci anni.. disse Pumara - In discussione ci sono diverse licenze edilizie. Tra queste c’è quella di Totò Rasca per quella palazzina di sette piani in contrada Giumella. Sappiamo tutti che Rasca non è certo un professore universitario. Se Tanino che è in commissione si mette di traverso il

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gioco è fatto. Pumara fece una strana faccia come chi non riesce a cogliere il ragionamento - Non ti seguo… - Facciamo trovare la testa di un coniglio e due proiettili dietro la porta di Tanino e nel frattempo sguinzagliamo la stampa, tu con i tuoi canali e io con i miei. Nell’arco di ventiquattrore Tanino u ‘nfirmeri ce lo ritroviamo il Tanino nazionale. Attestati di solidarietà a chili e iniziamo a vestire il pupo. - Ma lui deve sapere…? - Lui non deve sapere una minchia, il primo a crederci deve essere proprio lui. Tu lo chiami e gli dai disposizioni su come votare in commissione e il resto verrà da sè. Alla sceneggiata ci penso io. - Giovanni sei un pericolo, meno male che sei mio amico altrimenti….Ma tu a chi pensi di candidare? - Io candido il dottore Fasula, che è una persona preparata ma antipatico pure alla moglie. Mi chiede da tempo che gli piacerebbe avere un ruolo… importante e noi glielo diamo. Tanto lo sappiamo che non ha dove andare… Parla troppo difficile… ma almeno si passa il piacere. - E con il professore Taverna a cui avevo promesso la

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candidatura….? - Gli dici che le condizioni non ci sono e che stai studiando per lui un sottogoverno di prestigio, sempre se si impegna in questa campagna per Tanito come se fosse lui il candidato. Taverna tira per i soldi, lo conosci bene… ha due figli all’università e con lo stipendio che prende… Mi sta bene, la prossima settimana chiamo Tanino, anzi, lo faccio chiamare da Loiero e li convoco per dargli disposizioni a proposito del voto in commissione. Tu ti occupi del resto… - E’ pensiero mio. - A proposito di Loiero,replicò Pumara, l’altra sera è andato a cena da Pisano, sono stato io a consigliargli di chiamarlo. Il cavaliere è stato particolarmente forte con il nostro Loiero. Ho preferito che certi discorsi glieli facesse lui piuttosto che io. L’indomani Pisano mi ha chiamato per dirmi che Loiero è uscito dalla sua casa sconvolto, come se gli avessero detto che aveva un tumore. Ma io lo conosco, è solo paura quella di Loiero è sempre stato uno scantulino. Ma d’altronde ha voluto la bicicletta? Adesso deve pedalare. - Quindi lo sa cosa lo aspetta? Qui il gioco si fa serio non possiamo certo permetterci di giocare.

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- A proposito disse Pumara ha incontrato i milanesi che domani ci raggiungeranno. Ho voluto in qualche modo introdurlo nella faccenda. Non credo ci siano problemi. - A che ora è l’appuntamento domani? - Saranno qui per ora di pranzo. - Bene, ho il tempo di fare una capatina a Catania. - Hai il tempo sì. Vai a trovare la nostra amica? Ti fai spupazzare un poco così torni bello rilassato. Eh vecchio mandrillone… - Questi vizi li ho presi camminando con te ..

La discussione riprese il tono scherzoso, era quasi ora di pranzo e quello era il momento giusto per raccontare avventure galanti e conquiste che i due tiravano fuori come farebbero due ragazzini con le figurine panini. L’indomani i due compagni di merende si incontrarono di buon’ ora. Avrebbero dovuto mettere a punto alcuni passaggi prima dell’incontro con i Milanesi. Il dott. Briguglia e l’ing. Sanzio arrivarono nella tarda mattinata con un’auto presa a noleggio in aeroporto. Vennero fatti accomodare nella sala Zeus, accuratamente bonificata dal segretario del Pumara. Nulla era lasciato al caso.

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Non fu necessaria alcuna presentazione. I quattro si conoscevano già e quello era l’ennesimo incontro. Forse quello decisivo. Molto probabilmente l’esito dell’incontro era contenuto nella valigetta che il Briguglia teneva con sè. I quattro, superati i saluti di rito, affrontarono immediatamente l’oggetto dell’incontro. - Noi ci stiamo muovendo nella giusta direzione. Esordì Briguglia. Abbiamo già ottemperato alla richiesta di tutte le autorizzazioni. Sappiamo però che in paese vi è un po’ di agitazione da parte di qualche pseudo ambientalista. Non vorremmo avere problemi. Ci è giunta voce che sta animando sparuti gruppetti che si oppongo alla realizzazione dell’impianto. - Dottore Briguglia,rispose Livasulli, dalle nostre parti la mamma dei rompi coglioni è sempre incinta. Non si ponga il problema. Ci siamo qui noi. Conosciamo bene i nostri polli. - Sappiamo chi sono gli artefici di queste iniziative. Replicò Pumara. Ci stiamo adoperando per isolarli. Telelumera è di fatto di proprietà dell’onorevole Livasulli. In ho sul mio libro paga la maggior parte dei giornalisti che si occupano dei fatti che accadono nel nostro territorio. Questi salvatori della patria potranno

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dire la loro solo al citofono. La battuta suscitò una corale risata. - Noi per quanto ci riguarda andiamo avanti. Ognuno svolga il proprio ruolo. Disse Sanzio - Certo è che non stiamo certo andando a realizzare un campo di calcetto, stiamo parlando di petrolchimico. Lo sappiamo tutti che fine ha fatto lo stesso progetto proposto in altri posti…. E’ naturale che i problemi ci sono. Poi col fatto che da una vita raccontiamo la storiella dello sviluppo turistico e invece che la terrazza di un hotel oggi proponiamo canne fumarie alte settanta metri… mi consentirete che per noi che facciamo politica sul territorio, non è certo una passeggiata di salute. Livasulli sembrava volere alzare il prezzo o forse stimolare i due a svelare il contenuto della valigetta rimasta fino a quel momento quasi attaccata alla gamba destra del dott. Briguglia. - Conosciamo le difficoltà che state incontrando e noi siamo qui per aiutarvi in qualche modo, a superale. Contemporaneamente alla fine della frase Briguglia prese la valigetta, la pose sul tavolino posto davanti ai divani facendosi spazio tra i bicchieri dell’aperitivo. Il

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rumore, lo scatto dell’ apertura sembrava annunciare ricchi premi e cotillon. Girò la valigetta in direzione dei suoi interlocutori. - Sono settecentomila euro in pezzi da 100 e 500 euro. Questa è la prima trance come avevamo pattuito. Le altre due ad autorizzazioni ottenute. Per volere essere chiari, l’altra trance da trecentomila euro vi sarà consegnata una volta superato il problema che voi ben conoscete e che si chiama ministero dell’ambiente. I rimanenti cinquecentomila euro vi saranno consegnati con l’inizio dei lavori. I due onorevoli si guardarono scambiandosi un impercettibile gesto di assenso. Pumara, richiuse la valigetta. - Considerate la faccenda risolta. I due guardarono Livasulli come a cercare conferma di quanto appena affermato da Pumara. Livasulli rispose con una mimica più eloquente di qualsiasi dire. Poi Pumara, presa la valigetta, chiese il permesso di allontanarsi. - Metto questa al sicuro e vi raggiungo. L’incontro continuò a pranzo. Non tornarono più sull’argomento, si parlò di tutt’altro.

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CAPITOLO SETTIMO Tre giorni dopo Pumara chiama Loiero e lo convoca nel suo ufficio insieme al consigliere comunale Tanino u ‘nfirmeri. I due arrivarono di buon’ ora. Erano da poco passate le nove. - Caro Alfonso, come stai? Esordì Pumara, poi rivolgendosi a Tanino - Il nostro grande Tanino… sempre i culi della gente spurtusi? Riferendosi alla sua professione di infermiere. Tanino era impacciato davanti all’onorevole. - Onorè chistu è u me travagliu… - Caro Tanino l’importante è lavorare.. e poi nella vita non si sa mai… a volte è la vita che ci riserva sorprese inaspettate. Tanino non intuì affatto il tono sibillino dell’onorevole Pumara, annuì con l’espressione di chi non ha nulla da aggiungere. - Vi ho convocati per un motivo importante. I due seguirono con molta attenzione il labiale dell’onorevole Pumara. - Credo che tra qualche giorno si riunirà la commissione edilizia. Me lo confermate? - Si onorè, venerdì, infatti ho chiesto in ospedale di

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spostami il turno. Alle undici mi dissiro. - Va bene… andiamo al punto. Vi sarà sottoposta una licenza edilizia da parte dell’impresa di Totò Rasca, mi pare che si riferisca a una palazzina … indossò gli occhiali prendendo un foglietto di carta giallo, un post it - di sette piani in contrada Giumello. Bene questa licenza non deve passar, .quindi sapete cosa fare. - Alberto, ma …non capisco,replicò l’onorevole Loiero mi pare che abbia tutti i permessi.. e tra l’altro ci doveva fare lavorare un manovale che gli avevo segnalato. - Onorè propriu chista di Totu Rasca, chiddru sa segna, non lo so se lei lo conosce, chiddru è un malutrispu…disse Tanino con un tono molto preoccupato - Forse non mi sono spiegato.. incalzò con tono sicuramente meno cordiale di quello iniziale. Non ci sono discussioni. Ve l’ha ordinato il dottore a te di fare il consigliere comunale e a te di fare l’onorevole? Allora fatemi il cazzo di favore di non discutere. So quello che faccio e voi non dovete temere nulla. Per favore eh.. non ho tempo da perdere. Si alzò girò attorno alla scrivania, diede una pacchetta sulla guancia di Tanino e disse: - Ma di chi ti scanti? Tranquillo che non ti farei fare

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nulla che ti possa creare problemi. E’ una cosa mia. Lo sa casomai che sono stato io . Non ti dare pensiero. Poi rivolgendosi al Loiero - I tuoi manovali falli parlare con Sergio ( il segretario) li mandiamo a lavorare da un’altra impresa. Ora fatemi lavorare che ho un bordello stamattina… Li mise alla porta come si farebbe con due testimoni di geova . I due uscirono senza avere il tempo di replicare. In auto non si dissero neanche una parola. Era inutile commentare. Tanino era visibilmente turbato. Prima di scendere dall’auto Loiero tentò di confortarlo: -Tanì non ti prendere pensiero, hai sentito che ha detto? Rasca u sapi di unni veni u dannu. Tanì ambasciator non porta pene.

- Mah, speriamo ca un m’a pigliari colari. Il venerdì mattina Tanino si presentò in commissione ed eseguì sotto lo sguardo sbigottito degli altri partecipanti, quanto ordinato dal Pumara. Nel corridoio del palazzo comunale alla fine della commissione, gli si avvicinò il responsabile dell’ufficio tecnico: - Io non lo so chi ti passa pa testa, ma vidi ca Rasca avi tutti i carti a posto. Un ci cugliunari. Tu u canusci cu

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è.. Tanino non rispose e si dileguò per evitare che anche altri lo invitassero alla riflessione. Dopo neanche cinque giorni, sull’uscio della porta di Tanito, proprio sul pianerottolo della palazzina di cooperativa dove egli abitava, venne recapitata una testa di coniglio e due proiettili in una busta. Livasulli non aveva perso tempo. Neanche lo stesso Rasca che ne avrebbe avuto motivo pensò di essere così celere. Quello poteva comunque essere anche un modo per proteggerlo da eventuali ritorsioni da parte del Rasca che poverino venne comunque convocato in questura e tartassato di domande. Tanino alla vista della testa del coniglio e dei due proiettili ebbe quasi un mancamento. Fu la sua dirimpettaia a chiamare la Polizia. Egli non ne avrebbe avuto le forze. La macchina mediatica di mise immediatamente in moto. Orde di giornalisti assediarono quella anonima palazzina di cooperativa, mentre a Tanino venne immediatamente “suggerito” dal Pumara di non rilasciare alcuna dichiarazione se non prima di averne parlato con lui. Gli attestati di solidarietà fioccavano da tutte le parti, una vera maratona by partisan da parte di esponenti

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politici di qualsiasi estrazione. Tanino era entrato a gran voce nel meraviglioso mondo dei giusti, dei coraggiosi, di quelli che sacrificano la propria incolumità per il bene dell’intera collettività. Pumara lo fece prelevare e portare dal suo autista a casa sua. Una volta entrato Tanino ricevette parole di solidarietà da parte dell’onorevole. - Come vedi caro Tanino io sono qua con te, non ti lasciato da solo. - Onorè io glielo dicevo, cu sti cristiani non si può cugliunari. - Bocciare una licenza per una palazzina di sette piani non è “cugliunari” caro Tanino. Però tu ora mi devi promettere di tranquillizzarti. E’ tutto sotto controllo. Anzi ti dirò che ti aspettano grandi novità. Cose importanti Tanino beddru. - Onorè Lei mi fa scantare quando parla. Ma chi cosa m’aspetta ora? - Calma Tanì, calma. Goditi questo momento di visibilità. Ti intervisteranno da tutte le parti adesso. Tu non ti devi mai sbilanciare. Devi essere sereno e determinato. Devi dire che tu hai sempre svolto il tuo ruolo di consigliere comunale con dedizione e

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determinazione, che continuerai a farlo in nome e per conto di tutti quegli elettori che da ben tre legislature ripongono fiducia in te e poi, ma questo non lo devi assolutamente scordare, che riponi fiducia nelle forze dell’ordine e nella magistratura che sapranno sicuramente individuare e punire i protagonisti di un gesto così infame come quello che è stato consumato nei tuoi confronti. - Maria onorè.. io mi scantu che mi cumpunno davanti a la telecamera. - Tanì inizia ad abituarti… e poi chi c’è di cumpunnisi sono quattro parole. Tanino venne congedato con la solita pacchetta sulla guancia. I giorni avvenire furono un susseguirsi di interviste e fotografie. Non vi era notiziario in cui non veniva intervistato Tanino. - Signor Spoto cosa ci dice a proposito di quanto è accaduto? Teme adesso per la sua incolumità? - Sinceramente all’inizio mi sono preoccupato, ma per risolvere i pobremi di questo paese abbisogna avere mano ferma. Io che sono consigliere comunale da tanto tempo ho a cuore i pobremi di questo paese, spero di continuare a fare il mio dovere. I carrabinieri, la

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polizia insieme alla magistratura troveranno i colpevoli. Io ho fiducia nella magistratura. Pumara aveva appena finito di guardare l’intervista in televisione che gli squilla il telefono.Era l’onorevole Livasulli. - Hai visto che è stato bravo? se la cava il nostro Tanino. - Certo uno che lo sente parlare si scorda l’italiano, ma tutto sommato può andare. - Va, va, non ti preoccupare che Tanino il tempo che ci prende confidenza rischi di ritrovartelo in parlamento. Risata. - Per favore ci basta Loiero….. Replicò Pumara -Iniziamo a impuparlo, i tempi si fanno stretti, facciamo passare le ferie di agosto e chiudiamo l’operazione. - Mi sta bene, l’importante è che in questo lasso di tempo i nomi di papabili candidature siano altri. Non voglio togliere il gusto della sorpresa ai nostri concittadini. - Stai tranquillo …… Quell’agosto fu particolarmente torrido, il paese strabordava di gente, emigrati tornati per trascorrere le ferie, turisti e avventori la sera si confondevano sulla piazza principale insieme ai disoccupati di sempre.

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D’estate Fossalumera sembrava essere apparentemente un paese felice, sorrideva come sorriderebbe uno colto da paresi. Le spiagge erano sporche e affollate e i turni per la distribuzione dell’acqua avevano tempi da terzo mondo. La paura che aveva colto gli abitanti a seguito dell’uccisione di Mimì e del suo tirapiedi si era dissolta come la nebbia allo spuntar del sole. Le tracce di sangue rimaste sul selciato avevano preso strani contorni e disegnato strane figure. La gente ci passava sopra senza più curarsene. L’anonimo scrittore di lettere anonime non si era fatto più vivo. Si vociferava che fosse stato in qualche modo individuato e affrancato nelle sue richieste. In molti dicevano che si trattasse di un impiegato comunale punito e adesso reintegrato nella sua vecchia mansione. Qualche altro diceva che si trattava di una vecchia fiamma dell’onorevole Livasulli che dopo essere stata scaricata aveva deciso di minacciare l’onorevole per ottenere un lauto risarcimento per la delusione d’amore. Il mistero rimaneva e con esso anche la speranza che l’anonimo ritornasse ad allietare con le sue missive la noia di Fossalumera.

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CAPITOLO OTTAVO L’estate volgeva al termine, gli emigrati avevano iniziato a caricare le loro lussuose auto per fare ritorno nei freddi paesi che avevano offerto loro la possibilità di un lavoro e di una vita dignitosa. Le spiagge iniziavano a spopolarsi e gli ombrelloni degli stabilimenti balneari si ritiravano come truppe di soldati dal fronte dopo una sconfitta. Il vento caldo di scirocco cedeva il posto al meno tiepido maestrale e sporadiche nuvole piene di pioggia sostavano sul cielo di Fossalumera come preludio all’arrivo dell’autunno. I pontili sul molo si svuotavano dei tanti natanti che durante l’estate stavano lì come petali di tante margherite. I ragazzi, il pomeriggio, avevano smesso di vedersi sul lungomare e ritornavano ad incontrarsi nella piazza del paese, mostrando squamate abbronzature di un’ estate che stava per andare via. I pochi negozi del paese avevano già riempito le vetrine di capi invernali, anche se la temperatura, specialmente durante il giorno, faceva desiderare tutt’altro. Il bar Trinacria tornava a riempirsi di politici locali e disoccupati che si cimentavano in concitate discussioni

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sugli acquisti che aveva fatto la squadra del cuore. A volte le discussioni sfociavano in vere e proprie liti. I politici, invece, avevano ben altro per cui litigare. Le imminenti elezioni comunali aprivano scenari inimmaginabili. Il numero dei candidati al consiglio comunale questa volta sembrava batter tutti i record storici. Granitiche famiglie che avevano da sempre confluito su un unico parente, venivano speronate e sgretolate da subdole operazioni di caporalato politico. I capi corrente erano alla disperata ricerca di candidati per potere avere il maggior numero di liste tali da assicurare loro l’elezione del candidato sindaco a cui queste facevano riferimento. Il piano Pumera/Livasulli avrebbe da lì a poco preso forma e sostanza. L’on. Pumara appena rientrato dalle vacanze, convocò Tanino a casa sua insieme ad un gruppo di fidati tra cui l’on.Loiero. Li ricevette nello splendido giardino della sua villa, sotto la tettoia adiacente la casa circondata da palme, alberi di ulivo e prato inglese con al centro una meravigliosa piscina illuminata. In tutto cinque persone, compresi tre consiglieri comunali che facevano capo alla sua corrente. Pumara esordì dicendo: - Cari amici vi ho voluto qui con me oggi per potere

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affrontare l’argomento del momento nella città di Fossalumera: l’elezione del sindaco. Credo che questa volta non possiamo certo prendere sottogamba una elezione così importante in un momento così delicato per Fossalumera. I suoi ospiti erano in religioso silenzio e sembravano pendere dalle labbra dell’on. Pumara. Il numero ristretto di partecipanti alla riunione li faceva sentire dei prescelti. - … Ed è per questo che io ho molto lavorato ultimamente per individuare una persona che possa rappresentare la nostra coalizione, che funga da collante in maniera trasversale per le varie anime che la compongono. Mi verrebbe da indicare ognuno dei presenti per potere ricoprire la carica di primo cittadino, conosco le vostre storie personali e so con certezza che ognuno di voi ne sarebbe degno. Gli ospiti nel sentirsi lusingati accennarono qualche sorriso e qualche timida battuta che non interruppe certo lo slancio del discorso che stava facendo l’on Pumara. -……… Ma questo non mi è possibile, continuò l’onorevole, mi è possibile invece farmi garante con ognuno di voi del nome che sto per farvi e qualora voi doveste essere concordi potrà rappresentarci tutti.

Il taglio della frase sembrava studiato apposta per

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creare la suspance necessaria degna di un gioco a quiz, quando prima di decretare il vincitore si manda in onda la pubblicità. E’così fece l’onorevole Pumara che ben conosceva l’arte della comunicazione. - Vorrei però a prescindere dalla decisione che uscirà fuori da questo nostro incontro brindare al nostro prossimo sindaco. Le decisioni di Pumara non erano mai state messe in discussione e figuriamoci se poteva accadere proprio adesso. Nel suo discorrere il Pumara riempì i bicchieri posti sul tavolo attorno al quale si discuteva e aperta una bottiglia di moet & chandon riempì i bicchieri dei suoi ospiti. Un gesto di umiltà che lo avrebbe reso ancora più forte agli occhi dei presenti. I suoi ospiti, alzati i calici, quasi in una sorta di trance perché non avevano ancora ben capito cosa stesse accadendo, aspettavano con impazienza che l’on. Pumara scoprisse l’arcano. Egli,infatti,qualche istante dopo, si girò verso Tanino che sedeva alla sua destra e guardandolo fisso negli occhi disse: -Brindiamo alla candidatura a Sindaco di Fossalumera di Tanino Spoto, uomo di grande coraggio, da sempre apprezzato da tutti e che saprà certamente darci grandi soddisfazioni.

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Tanino aveva appena buttato giù il primo sorso, non aveva ancora ben capito cosa stesse dicendo l’on Pumara, quando gli andò di traverso. Iniziò a tossire, il viso paonazzo e gli occhi pieni di lacrime per l’incidente. - Tanì ma chi fa t’affucasti? Chiese prontamente l’onorevole Pumara. Scoppiò un applauso all’unisono. Tutti gli altri partirono a complimentarsi con Tanino, mentre egli cercava disperatamente di darsi un tono, ma lo champagne andatogli di traverso continuava ad impedirglielo. - Io mi sono permesso di fare questa esternazione, ma vorrei sottolineare che tutto ciò ha validità solo se vede il vostro consenso. Disse Pumara rivolgendosi a tutti gli altri, sicuro che nessuno si sarebbe comunque opposto ad una decisione così diciamo “democraticamente discussa”. - Onorè la sua scelta è la nostra scelta. Replicò uno dei tre consiglieri presenti. Poi il Pumara guardò Loiero come a dire” e tu che ne pensi ?” Loiero diede l’ennesimo sorso al suo champagne quasi a prepararsi la bocca prima di esordire nel suo discorso: - Voi tutti sapete la stima e l’amicizia che mi lega all’onorevole Pumara che nel corso di questi anni ho

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avuto il piacere di conoscere come politico ma soprattutto come uomo. La sua preparazione e le sue intuizioni politiche credo non sia necessario raccontarle. Se a questo aggiungo il fatto che Tanino è persona seria, coraggiosa, di partito, mi pare che ho detto la mia. E giù un altro applauso. Tanino si era ripreso dall’affucatina e la sua espressione era tra l’incredulo e lo stordito. Adesso toccava a lui esprimersi. Avrebbe dovuto fare il suo primo discorso da candidato a Sindaco. Certo non si poteva dire che Tanino fosse Vittorio Sgarbi, nè che maneggiasse la lingua italiana meglio di un clistere, ma si dovette cimentare. Prese il coraggio a quattro mani, si schiarì la voce con due colpi di tosse e alzatosi in piedi disse: -Caro Onorevole Pumara, caro Onorevole Loiero, amici, colleghi, questa annuncio, questa notizia, non me l’aspettavo, tutte cose mi potevo aspettare, ma no questa cosa. Se il mio cuore potrebbe esprimere la gioia con le palore, sono sicuro che direbbe un caloroso grazie all’onorevole Pumara, all’onorevole Loiero e a tutti voi.

Certo Tanino avrebbe un attimo dovuto rivedere qualche congiuntivo, qualche condizionale, ma poco importava. Il discorso venne applaudito da tutti. La gente vota l’uomo e non la grammatica, era solito dire l’onorevole

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Livasulli. Le pacche sulle spalle di Tanino si sprecarono e per ogni singolo discorso che ognuno di loro pronunciò a turno, partirono baci e abbracci. Quella sera se ne contarono a decine. L’onorevole Pumara congedò i suoi ospiti, e chiese a Tanino di farsi rivedere l’indomani per iniziare a stilare tutto ciò che era necessario fare. Rimasto solo l’on. Pumara prese il telefono: - Caro onorevole Livasulli, abbiamo il sindaco. - Alberto, ma che mi dici? Come l’ha presa? -Come l’ha presa non lo so, ma dove lo posso immaginare . Livasulli scoppiò in una risata che fece fatica a fermare. Dall’altra parte gli faceva eco il Pumara che dopo essersi ripreso disse: - A parte lo scherzo, tutto bene. Certo quando parla uno rischia di scordarsi l’italiano, ma poi per il resto tutto bene. - Sono contento. Questa è una buona notizia. Loiero ha fatto qualche obiezione? - E che doveva dire, si doveva solo permettere e lo facevo uscire da casa mia con un televisore da riparare. Anche stavolta Livasulli scoppiò a ridere.

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- Alberto domani sarò a Palermo se ti trovi in zona fisso l’appuntamento con Pisano. - Sì domani sono a Palermo, venite da me in ufficio. Lo preferisco, tu mi capisci… - Assolutamente. D’accordo. Facciamo alle cinque del pomeriggio se a te va bene. - Benissimo. A domani.

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CAPITOLO NONO Il giorno seguente il cavaliere Pisano arrivò alle 17,00 in punto nell’ufficio dell’on. Pumara. I due dovettero aspettare una buona mezz’ora prima che arrivasse Livasulli. - Chiedo scusa ma mi hanno trattenuto a questo cazzo di convegno sull’agroalimentare. Non finivano più. Eccomi qua. I tre non avevano bisogno di presentazioni, anche il rapporto tra il cavaliere Pisano e i due onorevoli era alquanto informale, si chiamavano per nome. Erano tanti anni che il trio orchestrava operazioni di una certa portata. Si accomodarono attorno al tavolo riunioni poco distante dalla scrivania. L’ufficio era particolarmente elegante, pezzi antichi di pregiata fattura si alternavano a preziosità più moderne. Le sedie in cuoio cucito chester. Dietro la scrivania l’annuario dell’arma dei carabinieri, poco distante due aste in ottone lucido reggevano la bandiera italiana e quella europea. Su un pezzo accanto alla scrivania una serie di foto con

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personaggi illustri. Una mentre il Pumara bacia la mano al Papa. E poi ministri, senatori e personaggi di alto spessore. Sulla scrivania la foto della moglie e dei suoi due figli. L’onorevole Pumara aprì la discussione introducendo futili temi per rompere il ghiaccio: -E allora Vincenzo, rivolgendosi al cavaliere Pisano, me la devi vendere questa barca?. Cosa se ne fa uno come te che lavora dalla mattina alla sera di un 15 metri ormeggiata a Porto Rosa? Mi sa che questa volta ti convinco.

- E tu che hai bisogno di comprarla la mia barca, non lo sai che la tengo per te? Sai dove si trova e quando vuoi la puoi prendere. Tu lo sai che le mie cose sono a disposizione dei miei amici. Poi rivolgendosi al Livasulli : - a te questo non lo dico, so quanto soffri il mare. - Per carità io sto male solo a guardarle le barche. La discussione si protrasse per altri dieci minuti prima di affrontare gli argomenti motivo dell’incontro. - Dovevate vedere la faccia del Loiero l’altra sera. Esclamò ad un tratto il Cav. Pisano. Sembrava uno sceso dalle nuvole. Come se lui si fosse ritrovato dov’ è per meriti personali. Ma io sono stato chiaro: sveglia che qui non stiamo giocando. Credo che abbia afferrato il concetto.

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- Lo credo anch’io, l’ho trovato cambiato, ha un atteggiamento, come dire…, più massone. Replicò Pumara. Anche Livasulli disse la sua. - Ai miei tempi la politica era diversa. Si era più diretti. Oggi con tutta questa storia della comunicazione, dell’opinione pubblica, dei mass media, siamo costretti a mandare in avanscoperta certi imbecilli… - Eh caro Giovanni oggi va di moda denunciare. Ai miei tempi le bottiglie di benzina dietro la porta di casa servivano per farti cacare addosso. Oggi servono per farti diventare deputato, personaggio. Pumara tagliò corto il discorso. - Andiamo a noi. Il candidato, come tu saprai, ce lo abbiamo. Rivolgendosi al cav. Pisano - Sì ho saputo, questo Tanino come si chiama…? Spoto . Non lo conosco, l’ho visto qualche volta su Telelumera, mi pare sufficientemente imbecille per fare il sindaco. Credo faccia al caso nostro. Poi siete voi lì… che conoscete i vostri polli. Io faccio altro. - Io credo che come candidato vada bene. E’gestibile. Vero è che è ignorante, che quando parla …lasciamo perdere, ma è anche vero che non possiamo metterci in questa fase uno che pensa con la sua testa. A noi basta

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la sua firma. Tagliò corto Livasulli. - E tu chi candidi, o meglio chi mandi al patibolo? Gli chiese il Cav. Pisano. - Fasula, il medico. Minchia è da tre anni che mi rompe i coglioni. L’abbrusciamo e buonanotte. - Questo è sempre stato una testa di minchia, fin da quando eravamo ragazzi. Sempre il tic nell’occhio ha? - Magari in tutti e due ora ce l’ha . - Abbiamo incontrato i milanesi . Esclamò Pumara rivolgendosi al cav. Pisano. Ci hanno dato i dettagli dell’operazione. Noi abbiamo chiesto garanzie per quanto riguarda tutte le infrastrutture che intendono realizzare. Tu sai a cosa mi riferisco….. - A quanto ammonta il totale del lavori? - A circa 500 milioni di euro. - Che garanzie vi hanno dato? - Vincè le garanzie gliele abbiamo dovute dare noi. Nostra è la patata bollente. Quelli o i lavori li fai tu o li fa un altro non gliene fotte una minchia. Non lo sai come sono i polentoni. Business, solo business. Infatti oggi ti abbiamo voluto incontrare per questo motivo. - Cioè? Chiese curioso il Cav. Pisano. Pumara rivolgendo lo sguardo a Livasulli: - Giovanni spiegaccillu tu . Livasulli diede un colpetto di tosse per schiarirsi la voce e scarabocchiando il foglio che aveva davanti con degli strani geroglifici, volse lo sguardo verso il cavaliere per poi tornare a guardare il suo foglio. Ostentava una sorta di indifferenza…sembrava che

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quello che stava per dire lo riguardasse poco. - Questa volta il rischio è alto, le pressioni sono tante, e gli ingranaggi da ungere sono molteplici Il Cav. Pisano intuì dall’alto della sua navigata esperienza dove stessero andando a parare i due compagni di merende. - Vincenzo questa volta se vogliamo che tutto vada liscio ci vuole il sei per cento. Scrisse il numero tra i suoi scarabocchi e lo fece diventare subito dopo un altro geroglifico. - Ma che mi dite? Il sei? Ma stiamo parlando…. Pumara lo interruppe. - Stiamo parlando che se ti va in porto questa tu hai fatto tredici. Lo sai meglio di me. Poi parliamoci chiaro… se può essere. Tu lo sai che non abbiamo problemi. Cav. Pisano - Eccolo, dopo una vita di …. Ora che mi rispondi.. “noi non abbiamo problemi” dai Alberto… - Il sei è il minimo, buona parte si perderà scrivanie, scrivanie, tu lo sai bene. Ministero dell’ambiente, ambientalisti, funzionari, qualche magistratino che vuole ficcarci il naso. Eh.. le cose si debbono guardare nella loro totalità. I tempi sono cambiati. I rischi sono aumentati. Aggiunse Livasulli. -Va bene siete due contro uno.. quindi non ho scampo. Auguriamoci che non nascano problemi strada

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facendo. Concluse il Cav. Pisano - Siamo qui per risolverli. I milanesi sono determinati a realizzare l’impianto. Soffierebbero l’opportunità al colosso concorrente. In tutte le altre città chi ha proposto il progetto è dovuto scappare a gambe elevate. A fossalumera, invece, sono disperati e rassegnati. Anche se gli proponessero la costruzione di una discarica nel centro del paese direbbero di sì. Quando lasci per così tanto tempo un uomo senza cibo è disposto anche a mangiare la merda per la fame. Pumara fu l’unico ad avanzare qualche perplessità: -Certo è che, detto tra noi, questo impianto è devastante. Giorni fa parlavo con un mio amico professore universitario che conosce a fondo la materia e mi diceva che le conseguenze che ne potrebbero avere gli abitanti e il territorio sono inenarrabili. -Il solito catastrofista. Meno male che ha deciso di fare il professore questo amico tuo…Rispose risoluto Livasulli deciso a non farsi condizionare da niente e da nessuno. -Giovanni credimi che si tratta di un luminare. Se non fosse che noi abbiamo mille canne di motivi per far sì che si realizzi… credimi che… -Alberto d’accordo, ma che minchia ci vorresti fare a

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Fossalumera ? Il turismo? Ci dobbiamo prendere in giro anche tra di noi? Quel territorio è stato oramai devastato dalla industrializzazione degli anni Settanta. Nessuno sarebbe disposto ad investire su un territorio come quello, anche se ci sono belle spiagge e via discorrendo. Il turismo è roba da ricchi. Noi siamo fatti per essere colonizzati. Lo siamo da secoli. - All’inizio della mia carriera da imprenditore ci provai anche io affinché si prendesse una direzione diversa. I gruppi di potere di allora mi minacciarono di tagliarmi fuori dai giochi. All’epoca le multinazionali scesero con le valige piene di soldi e acquistarono tutto, ma proprio tutto. A trent’ anni di distanza non contiamo più i morti per tumore. Tutto è passato in maniera silente. Questi hanno fatto il business e non si sono degnati neanche di portare via la merda che avevano fatto. Come vedete sta ancora tutta lì. A distanza di anni sono tornati. Gli è andata bene la prima volta e gli andrà bene anche questa volta. Noi ci stiamo nel mezzo. Che facciamo? Gli diciamo “no grazie non ci interessano 500 milioni di euro? Non ci interessano un pò di posti di lavoro? Non ce lo possiamo permettere. Aggiunse il Cav. Pisano ormai anche lui deciso ad andare avanti, costi quel che costi. – E’ proprio così ! Oggi dobbiamo rispondere alle necessità del territorio in maniera immediata. Questa è l’unica opportunità che abbiamo. Sul discorso

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riguardante i posti di lavoro è chiaro che stiamo bleffando. L’impianto ha una bassissima risposta occupazionale. Superata la fase di avvio credo che basteranno non più di trenta, quaranta unità per farlo funzionare. - Il paese si aspetta 700 posti di lavoro. I tecnici della società stanno giocando molto sull’equivoco. Credo che anche i quaranta posti a cui ti riferisci tu siano in parte profili specializzati che porteranno loro da altre parti d’Italia. -In verità questo sta creando aspettative che diciamocelo pure tra di noi andranno deluse. Aggiunse Pumara a cui fece eco Livasulli:

- I cittadini di Fossalumera sono abituati alle delusioni, anzi se ogni tanto non gliene fai provare qualcuna rischiano di perdere l’abitudine. Il suo cinismo era inenarrabile. Pisano si alzò si diresse verso l’ampia vetrata che si affacciava su una lussuosa via di Palermo e dando le spalle ai suoi interlocutori disse: - Cari amici miei questa terra è stregata, questo popolo è strano. Pieno di orgoglio all’inverosimile ha in sé una forma di strano masochismo. La speranza, il posto di lavoro, la raccomandazione…. Non è mai riuscito a

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sganciarsi da questa mentalità. E’ come se avesse paura di osare. Poi giratosi di scatto guardò i suoi due interlocutori -I polentoni lo sanno bene che l’impianto lo possono fare solo qui. Nelle altre città li hanno buttati fuori subito dopo la presentazione del progetto.

- Lo sanno, lo sanno. Li dovresti vedere come tengono le ali abbassate quando vengono a trovarci. Livasulli guardò l’orologio: - Porca puttana è tardissimo, devo scappare ho un appuntamento a Fossalumera. Spero di non trovare traffico. Saluti, baci e abbracci.

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CAPITOLO DECIMO Le elezioni a Fossalumera erano state fissare per il 29 ottobre. Da lì a poco sarebbe partito il grande carrozzone elettorale. In paese c’era un fermento mai visto. Le diverse fazioni politiche avevano cominciato a tirare a lucido le proprie segreterie. I caporali di ogni partito avevano iniziato a girare casa per casa, condominio per condominio. I candidati al consiglio comunale giorno dopo giorno si moltiplicavano come i pani e i pesci. Non vi era nucleo familiare che al suo interno non avesse un candidato. Fratelli candidati in due partiti diversi e opposti, cugini, cognati, addirittura padre e figlio l’uno contro l’altro. La battaglia era aperta e senza esclusione di colpi. I candidati alla poltrona di Sindaco erano quattro: Tanino che faceva capo alla compagine Pumara/Loiero, il dott. Fusaro in forza a Livasulli, un certo Pietro Bartolomeo famoso per i suoi trascorsi da aspirante terrorista, in forza all’ala della sinistra più radicale, un disoccupato sognatore con velleità da artista ma di fatto precario disoccupato. Dalla parte opposta un nostalgico fascista di settant’anni Adolfo Murrina che era riuscito, senza non poca fatica, a mettere su una lista con lo scopo di candidarsi.

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Il numero delle liste era senz’altro determinante per l’elezione del sindaco. Risultava palese che lo scontro almeno in apparenza dovesse essere tra il candidato di Livasulli,il dott. Fusaro e Tanino. Anche in questo caso Tanino sembrava palesemente favorito da un corposo numero di liste a lui affiancate. L’atto intimidatorio che aveva subito e la visibilità mediatica che era riuscito a ritagliarsi lo avevano fortemente aiutato. Pumara di suo, aveva fatto il resto. Livasulli aveva completato il lavoro. In paese tutti aspettavano con ansia che iniziassero i primi faccia a faccia, i primi comizi. La gente sembrava avere dimenticato tutti i problemi e l’atmosfera era quasi da palio. Nella piazza principale avevano già montato il palco dal quale avrebbero comiziato i candidati. Le date erano già state stabilite. La vera differenza l’avrebbe fatta la tv locale. Infatti non vi era cittadino che non seguisse le trasmissioni politiche che Telelumera aveva messo in palinsesto. La campagna elettorale era appena iniziata. I big della politica regionale e nazionale da lì a poco avrebbero fatto le loro apparizioni. Pumara si era messo subito in azione. Qualche ministro, due sottosegretari, qualche assessore regionale. Lui

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poteva, aveva i contatti giusti. Livasulli non si impegnò più di tanto. Qualche suo collega deputato e nulla più. La campagna elettorale era ufficialmente aperta, le liste erano state presentate e i candidati erano stati ufficializzati. Telelumera aveva annunciato il primo faccia a faccia tra i candidati. Un giornalista moderatore, quattro poltroncine e dietro una scenografia degna di tele kabul. Un quadro raffigurante un tramonto, di quelli comprati al centro commerciale. Un tappeto finto persiano, una colonna di gesso bianco con sopra un vaso con dei fiori finti. I quattro candidati arrivarono quasi contemporaneamente, ognuno con il proprio codazzo. Quello più nutrito era quello di Tanino. Era stato organizzato un gran movimento intorno a lui. Gli studi di Telelumera non avrebbero certo potuto ospitare tutta quella gente, per cui rimasero fuori a gruppetti separati tra loro. I sostenitori di Bartolomeo erano per lo più ragazzi con i capelli lunghi e la maglietta del Che i quali si appostarono dietro il giardino dello stabile e iniziarono a passarsi le canne uno dopo l’altra. Gli altri,invece, erano goffamente incravattati, come chi sta per andare ad un matrimonio.

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I quattro candidati si accomodarono. Tanino sfoggiava un abito blu, con le maniche della giacca che gli arrivavano fin sopra la mano. Bartolomeo si presentò con una consunta camicia fuori dai pantaloni, la barba lunga e i capelli arruffati e l’aria di chi si è appena svegliato. Forse anche lui si era prima soffermato con i suoi sostenitori. Il Dott. Fusara aveva un classico spezzato con giacca blu e pantalone grigio ed era evidente che fosse quello più abituato ad indossare la cravatta. Mentre l’inviperito Adolfo Murrina sembrava avere spolverato uno di quei vestiti che non indossava da tanto tempo. Gli altri candidati ebbero modo di chiedersi cosa fosse quell’acre odore che si sentiva in studio. Nessuno ebbe il coraggio di svelare che era naftalina e proveniva dal vestito di Adolfo Murrina. Il giornalista aveva avuto chiare disposizioni da parte del suo editore. Domande dirette e lo stesso tempo a disposizione per ogni singolo candidato. Un sorteggio decise chi dei quattro dovesse iniziare. - Biagio Bartolomeo, 42 anni da sempre militante nel partito comunista oggi candidato Sindaco per il comune di Fossalumera. Da cosa nasce la sua candidatura?

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- Nasce dalla necessità di fare un’ azione di forte pulizia nei confronti di una classe politica che ha ridotto il paese nelle condizioni che noi tutti conosciamo. Voglio dare risposte che vanno al di là della politica fetida, fatta di compromessi e ingiustizie. Una politica per il popolo, per i meno abbienti, per i giovani. - Tanino Spoto, lei oramai è un veterano della politica a Fossalumera, tre legislature da consigliere comunale, anche a lei chiedo: da cosa nasce la sua candidatura? Tanino si schiarì la voce con un colpo di tosse che rimbombò al microfono e prese a parlare: - Io ho messo la mia persona a disposizione del partito che mi ha chiesto di dare un contributo al mio paese, di cui voglio risolvere i tanti poblemi che ha. Il lavoro per i giovani che manca e che se ne vanno in Germania. La pulizia… Il giornalista lo interruppe -Sig.Spoto il programma sarà oggetto delle prossime domande. Tanino non capì bene a cosa si riferisse il giornalista. - Ho capito dei poblemi ne parliamo dopo. Quindi io sono candidato a sindaco e dico ai miei concittadini di contare sul mio impegno e che sono a disposizione di tutti.

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Non c’era un solo televisore di Fossalumera che in quel momento non fosse sintonizzato su Telelumera. I commenti erano molteplici. I più smaliziati, quelli che avevano motivo di sorridere sull’italiano maccheronico di Tanino si contrapponevano a quelli delle case popolari che vedevano Tanino, uno di loro “Sindaco”. Fu la volta del dott.Fusaro. - Credo che questa cittadina abbia bisogno di una classe politica di alto spessore che sappia come affrontare sia la questione politica che quella morale. Una sensibilizzazione delle coscienze in tema di assistenza, di servizi, di sviluppo. Creare le condizioni affinché l’amministrazione in carica diventi volano per lo sviluppo del territorio. Fusaro era di certo uno che al contrario di Tanino sapeva bene dove mettere i verbi e i sostantivi. Ma era noioso, non aveva l’arte di ammaliare, i suoi discorsi grammaticalmente ineccepibili erano intrisi di contorta retorica. - Rag. Adolfo Murrina a settant’ anni decide di scendere in campo con un’ unica lista diciamolo di… nostalgici. - Con questo fatto della nostalgia diciamo che ci avete stufato. La fiamma tricolore arde di idee e non di

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nostalgia. Noi vogliamo evitare che il paese vada a finire nelle mani dei soliti quattro cialtroni e di tipi con i capelli lunghi. (con chiaro riferimento al Bartolomeo). -Che è questa cosa dei capelli lunghi? Ma se ne vada ai giardinetti a dare da mangiare ai colombi Replicò immediatamente Bartolomeo. - Ai giardinetti ci mando a chiddri comu a tia vagabunnu che non sei altro. Il toni si erano esasperati Tanino e Fusaro erano rimasti fuori dalla diatriba tra i due candidati estremisti. Il giornalista nel disperato tentativo di riportare l’ordine in studio invitò gli ospiti a moderare i toni. Ma l’invito servì a ben poco. Gli venne tolta la parola e chiusi i microfoni. Tanino colse la palla al balzo per differenziarsi dai due e dare di sè un’ immagine di moderato. - Credo che il paese di Fossalumara ha di bisogno calma e serenità. Questi discussioni non fanno certo bene al paese. Io infatti dico e invito i miei colleghi a pallare con tranquillità. La sciarra non ha mai fatto bene a nessuno. Fusaro - Io essendo un cattolico impegnato in politica, credo che il dialogo e il confronto sia alla base della felice convivenza tra i popoli. Credo nella politica della proposizione, delle iniziative, nella politica dei

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programmi. Bartolomeo - Voi credete alla politica dei padroni che oggi qui rappresentate….. Il giornalista richiamò per l’ennesima volta all’ordine il sinistroide. Il vispo Adolfo replicò quasi concordando la versione del suo più diretto avversario. - Questi due con queste belle parole vogliono continuare ad imbrogliare la gente e mi dispiace essere d’accordo questa volta con Bartolomeo quando dice “che sono qui in rappresentanza dei loro padroni”. Tanino iniziava ad innervosirsi e questo gli avrebbe procurato una leggera balbuzie che lo avrebbe certamente messo in difficoltà. Capì che l’unica strategia era non cadere nella polemica e continuare a mandare il loop che aveva imparato. - I poblemi, siamo qui per pallare dei poblemi, non per sciarriarci tra di noi. La gente vuole sentirci per sapere chi deve votare. Pogrammi, ecco di cosa bisogna pallare. Tanino aveva imparato presto. Minuto dopo minuto acquisiva una disinvoltura che sembrava quasi dire cose di senso compiuto. Un’ora e mezza di trasmissione durante la quale “il nulla” venne trattato in maniera assolutamente completa.

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Nessuno dei quattro aveva la più lontana idea di cosa stesse facendo e perché. Il nulla e nulla più. Alla fine della trasmissione l’onorevole Pumara chiamò Tanino: - Pronto Tanino? Complimenti, te la sei cavata egregiamente. Hai fatto benissimo a non cadere nelle provocazioni e nella polemica. Sempre così, mi raccomando. - Grazie onorè, certo mi devo ancora abituare, però l’importante è che ho pallato bene. - Sei stato grande. Domani penso di scendere in paese, casomai ti faccio chiamare per vederci. - Ai vostri ordini onorè . Intanto Bartolomeo aveva fiutato che la prossima realizzazione dell’impianto petrolchimico di Fossalumera potesse in qualche moto essere il light-motive della sua campagna elettorale. Ebbe così l’idea di fomentare un gruppo di ragazzi capeggiati da lui per una manifestazione contro la realizzazione dell’impianto. Per richiamare l’attenzione e fare accendere i riflettori su di sè, pensò bene di incatenarsi davanti la casa comunale. Manifesti che descrivevano la pericolosità

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dell’impianto e l’impatto che avrebbe avuto sull’ambiente. Quella mattina diversi network locali e provinciali inviarono i loro giornalisti, compresa Telelumera. - Bartolomeo, una protesta forte la sua contro la più che paventata possibilità della realizzazione dell’impianto petrolchimico di Fossalumera. Cosa pensa di ottenere con questa protesta? Alcuni lo accusano di speculare su questa faccenda per avere visibilità, cosa dice a questi signori? Chiese uno dei tanti giornalisti presenti. - Dico chiaramente che la realizzazione dell’impianto è l’ennesimo tentativo di colonizzazione da parte di gruppi industriali che in passato hanno già mortificato la nostra terra, capitalisti che ci trattano come se avessimo l’anello al naso e la sveglia al collo. Ai signori a cui fa riferimento, dico di smetterla di svendere la pelle della gente di Fossalumera, al fine di arricchirsi o per potere personale. - Sono parole forti queste sue, sta insinuando che ci possano essere coinvolgimenti politici in questa faccenda? - La mia non è una insinuazione, chiederemo alla magistratura di aprire un fascicolo sulla facilità con

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cui questo impianto ha avuto rilasciate tutte le autorizzazioni. Livasulli stava guardando l’intervista in tv, quando squilla il telefono. - Giovanni sono Alberto, stai guardando anche tu…? - Si la sto guardando, il solito comunista di merda che ci sta provando…. Vediamo cosa costa. Ci penso io a risolvere la faccenda. Tu stanne fuori. - Tu se puoi evita di fare andare le telecamere alle iniziative di questo stronzo. Io darò disposizione ai miei amici giornalisti. Il problema doveva essere risolto nel più breve tempo possibile. Questo focolaio sarebbe potuto diventare un incendio indomabile. Livasulli decise di incontrare Bartolomeo. Conosceva bene quella tipologia di gente. Sapeva come parlare loro e di cosa. Chiamò il suo autista che conosceva bene Bartolomeo, da bambini erano stati vicini di casa e gli chiese di fissare un appuntamento per il giorno seguente con il comunista. - Digli che ho bisogno di parlargli e lo porti a casa mia domani sera. Tranquillizzalo, digli anche che di questo incontro non ne sarà a conoscenza nessuno e che

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l’oggetto della discussione è prettamente politico. Sai.. stronzo a com’è potrebbe volersi fare pregare. Non fu esattamente così. Bartolomeo sembrava che stesse aspettando quell’invito come un parente al matrimonio del cugino. Lo prelevò lo stesso autista del Livasulli alle dieci della sera, per evitare che qualcuno lo potesse vedere. Fu l’unica condizione che dettò Bartolomeo. Arrivati, l’autista lo fece accomodare direttamente nello studio dell’onorevole. Dopo qualche minuto arrivò Livasulli. - Caro Bartolomeo, come sta? E’ un piacere conoscerla. Stia, stia… Bartolomeo tentò di alzarsi, ma la grassoccia mano dell’onorevole lo rimise gentilmente a sedere. Livasulli evitò di sedere dietro la scrivania e si sedette nella sedia accanto a Bartolomeo, voleva essere un chiaro gesto di avvicinamento. - Bene, bene. Vedo che è molto impegnato in questa campagna elettorale. Come la vede? Che si dice in giro? Bartolomeo sembrava non avere portato con sè la sua disinvoltura, la sua irriverenza. Era impacciato da quella stanza, dall’onorevole e soprattutto dall’ignoto motivo di quella convocazione. - Tutto a posto. Ci stiamo provando Onorè. Certo è

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dura combattere con pezzi da novanta come voi. Ma ci stiamo provando. - In queste cose caro Bartolomeo provarci non basta. Qui non basta partecipare. In questi casi è necessario vincere. Ma mi faccia capire… lei normalmente di cosa si occupa, insomma che lavoro fa? - Io per il momento lavoro in una cooperativa, mi occupo di assistenza sociale, con contratti a termine. Lo faccio per potere vivere perché io mi occupo di pittura, di musica, ho insomma tante passioni. Purtroppo fino a quando rimangono passioni… non ci porti niente a casa. - Capisco.. eh l’arte… sono pochi eletti che riescono a farla diventare un lavoro. Ma come sta facendo per questa campagna elettorale? Per fare queste cose ci vogliono i soldini. - Lo so , mi stanno aiutando un po’ i partiti che mi appoggiano e qualche contributo dei simpatizzanti. Cosa da poco, stiamo cercando di fare tutto in economia. - Capisco. Bene, bene… Il Livasulli continuava a tenerlo sulle spine. Più graffi gli avrebbe procurato, più vulnerabile lo avrebbero reso. -Bene, io l’ho voluta incontrare per conoscerla, non avendone mai avuto il piacere. In fondo a me piace la

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gente passionaria, lei mi ricorda me da ragazzo quando iniziai a fare politica. I primi movimenti, le assemblee, gli scontri… eh .. bei tempi. Il tempo poi ti fa da maestro. Capisci che non puoi cambiare il mondo, ma puoi solo provare a migliorarlo per te e per la gente che ti sta vicino. Finisci col capire e ragionare prima di agire. Ma comunque… Bartolomeo continuava a fremere. Le sue mani grondavano di sudore. Aveva la bocca secca. Livasulli se ne accorse. - Cosa le faccio portare, un succo, un’acqua tonica, un caffè? - Un succo, grazie Lo bevve quasi tutto d’un fiato. Provò a prendere l’iniziativa. - Onorevole Livasulli continuo a non capire il motivo del nostro incontro. - Vede caro Bartolomeo a volte si fanno cose, credo in buonafede, di cui non ci si chiede le conseguenze. Ci si butta a testa in giù sperando che non ci si rompa la testa. - Non la seguo… - Vengo e mi spiego. La sua performance dell’altra mattina, con catene al seguito è stata ammirevole, se la analizziamo da un punto di vista……… diciamo sociologico. Come impegno personale, come un punto di vista che in qualche modo vuole che gli altri conoscano. Fin qui nulla da dire. L’argomento che lei

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ha affrontato in maniera diciamo plateale è un argomento molto, molto, molto delicato e le spiego il perché: quell’impianto è l’unica speranza e se e quando si farà,è l’unica certezza per Fossalumera. Ci sono in ballo centinaia di posti di lavoro. Tra diretto e indotto lavoreranno un mare di gente. Operai, piccole imprese, trasportatori. Pensi per un attimo cosa significherebbe per un popolo che da anni annaspa nella disoccupazione. Bartolomeo tentò di introdursi nel ragionamento che stava portando avanti Livasulli, ma egli lo invitò a seguirlo fino in fondo con attenzione. - La prego, mi lasci finire. Vero è che anche io come lei avrei preferito fosse arrivato il Cavaliere Hilton per realizzare in quella stessa zona una catena di Hotel cinque stelle, ma è anche vero che in tutti questi anni, nonostante tanti tentativi, mai nessun gruppo che si occupi di investimenti turistici è mai stato interessato. Personalmente io con le mie modeste conoscenze qualche anno fa portai un noto imprenditore che ha realizzato grossi investimenti a livello turistico in diverse parti del mondo e quando è arrivato qui, mi ha congedato con un sorriso. Adesso dico, lei si rende conto della responsabilità che si sta prendendo? Ha un’ alternativa da proporre? Fossalumera oggi non può dire di “no” a questa opportunità, non se lo può permettere. A Bartolomeo si era riasciugata la bocca. Ma avrebbe comunque dovuto replicare al ragionamento

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dell’onorevole. - Il suo ragionamento non fa una grinza, ma concorderà con me che significa definitivamente condannare questo territorio, che l’impatto ambientale sarà devastante e…… - La prego Bartolomeo, la prego. Questo territorio lo si condannerebbe se non si realizzasse l’impianto. Siamo alla frutta. L’ambientalismo a cui fa riferimento lei ha permesso di realizzare cose senz’altro più dannose per questa terra, la prego… - Per quando mi riguarda io continuerò a fare la mia battaglia. Voglio fare accendere i riflettori su tutta la faccenda. Non sarà certo lei a convincermi con questo ragionamento che conoscevo già e ho sentito fare da altri. A quel punto Bartolomeo si alzò di scatto e tendendo la mano all’onorevole: - La ringrazio per la chiacchierata, mi dispiace di non condividere la sua tesi a proposito dell’impianto. Mi auguro di rincontrarla. Livasulli strinse la mano del suo ospita e disse: - Caro Bartolomeo, l’uomo l’unica cosa di cui si deve innamorare è della propria donna, guai a farlo delle proprie idee. Ci vediamo. L’indomani Livasulli incontrò Pumara. - Questo coglione di Bartolomeo vuole fare il protagonista, ieri sera l’ho incontrato è mi ha detto che vuole continuare a rompere i coglioni.

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- E’ un morto di fame, se dovesse insistere sull’argomento vediamo cosa costa. Rispose Pumara - Io avrei voluto fare qualche accenno ieri sera stessa, ma ho preferito aspettare l’evolversi della situazione. Di sicuro è necessario fargli il vuoto attorno. Niente telecamere, niente comunicati stampa, niente giornalisti. - Mi pare una buona strategia, vediamo se capisce con chi ha a che fare. La campagna elettorale era in pieno fervore. Ogni sera vi era un proliferare di riunioni. Non vi era un solo angolo di muro di Fossalumera che non fosse tappezzato di manifesti elettorali. Facce da idioti incravattati, slogan di tutti i tipi e in tutte le salse, spot televisivi mandati in onda su Telelumera, spazi autogestiti. La faccia di Tanino te la ritrovavi in ogni dove, mentre gli altri candidati avevano dovuto contenere un po’ le spese. Tanino aveva gli “sponsor”. Tutti in paese lo davano vincente. La gente sapeva che aveva dietro quel caterpillar di Pumara pur ignorando che insieme al Pumara gli avrebbe dato un fattivo contributo anche Livasulli. Il bar Trinacria continuava ad essere il centro di smistamento di tutte le notizie, le indiscrezioni, voci di corridoio. I tavoli erano sempre occupati dagli opinionisti del paese, disoccupati, pensionati o impiegati abusivamente

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fuori dal posto di lavoro. Mille voci, candidati in ogni dove. Al bancone del bar un candidato al consiglio comunale stava cercando di convincere un compaesano a dargli il voto. - Tu mi conosci.. lo sai che persona sono. Comu si dici, meglio ad un amico che… - Sì, lo so, ma non ti dovevi candidare con la coalizione di Tanino. Dai.. Tanino u ‘nfirmeri, ma chi minchia ava a fari. Un ignorantone di seria A. Ma chi è, un ci nerranu chiù. U circastivu ca cannileddra? L’interlocutore evidentemente non condivideva la candidatura di Tanino, quando questi arrivò al bar Trinacria con un folto codazzo dietro. L’interlocutore fece in tempo ad accorgersi dell’arrivo del candidato sindaco fino a quel momento duramente criticato, che giratosi di scatto e lasciato solo l’aspirante consigliere in cerca di consenso disse ad alta voce aprendo le braccia -Eccolo qua il nostro sindaco, Tanì finalmente stu paisi savissi a vidiri un poco di lustro.

Tanino ignaro dell’antefatto, lo abbracciò e lo baciò. L’aspirante consigliere rimase a bocca aperta, ma la richiuse quasi subito dopo. A Fossalumera tutto era consentito. Mai nessuno si sarebbe inimicato il più papabile dei candidati. E si dumani haiu bisognu? Si

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era soliti dire. Tanino nel frattempo ci aveva preso gusto. Sembrava essere un’altra persona, la sciatteria del suo solito modo di abbigliarsi aveva lasciato il posto ad eleganti vestiti che cambiava quasi quotidianamente. Lui che non aveva mai indossato una cravatta, si ritrovò sfoggiarle di tutte le tonalità. Insomma era entrato nel ruolo. L’onorevole Pumara gli aveva messo alle costole l’on Loiero e una sfilza di galoppini che lo scarrozzavano da un posto all’altro del paese. Poster, manifesti, fac- simili, spot televisivi e interviste avevano in poco tempo fatto di Tanino u ‘nfirmeri l’unico uomo capace di risollevare le sorti di Fossalumera. L’aspetto più interessante di tutta la vicenda era il fatto che l’intera collettività sembrava vederlo realmente diverso da quello che fino a poco tempo fa egli era. Tanino era stato da sempre oggetto di battute per il suo modo sgrammaticato di parlare, spesso deriso, e anche se veniva di volta in volta eletto come consigliere comunale più per questioni legate alla sua attività di infermiere che per riconosciute capacità politiche, ora sembrava avere cambiato pelle. Non che questo fosse realmente accaduto. Ma era una sorta di stregoneria mediatica. Uno strano tam tam che rimbalzava da un angolo all’altro del paese che giorno dopo giorno si era abituato all’idea di avere Tanino u ‘nfirmeri “Sindaco”.

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Bartolomeo intanto, cercando di farsi spazio, continuava a sostenere e portare avanti la sua battaglia contro la realizzazione dell’impianto petrolchimico. Egli contava di potere in qualche modo pescare consensi in quella sparuta fetta di opinione pubblica sganciata dalle logiche che muovevano le dinamiche politiche del paese. Allora tentò il tutto per tutto anche e forse solo con la speranza che Livasulli lo invitasse nuovamente, magari per discutere oltre che i punti di vista qualche altra cosa. Pensò bene di organizzare un’altra manifestazione. Fiaccole e striscioni per annunciare il suo personale sciopero della fame. Sapeva che era l’unico modo per far sì che i media si interessassero al caso. La vita di un uomo messa a repentaglio è comunque una notizia che non si può ignorare. Un gruppo di ragazzi ignari dei meccanismi della politica lo aiutarono ad organizzare la manifestazione. L’iniziativa ebbe eco e solo dopo due giorni di presunto digiuno, sembrava che la cosa stesse avendo eco. Questo avrebbe comunque creato disturbo alle operazioni del Pumara e di Livasulli. E così Pumara incontrò Livasulli per discutere la faccenda. - E’ mai possibile che questo testa di minchia sta

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attirando così tanto l’attenzione sulla faccenda. I miei amici giornalisti mi hanno aperto le braccia. Non possono ignorare una protesta così …forte, e per di più di un candidato alla poltrona di sindaco. - Credo che sia il caso di intervenire. Provo a ricontattarlo, questa volta per risolvere definitivamente la faccenda. Non intendo rischiare che un coglione di un comunista ci mandi in fumo tutto quanto. Non ce lo possiamo permettere. Concluse Livasulli L’autista di Livasulli creò le condizioni per fare incontrare di nuovo l’onorevole con Bartolomeo. Stesso posto, stessa ora. Bartolomeo arrivò insieme all’autista, scarno in volto per i tre giorni diciamo di dieta. - Onorè se continuiamo a incontrarci finirà col far credere alla gente che vuole passare con il mio partito. Bartolomeo tentò una battuta di spirito. - Non mi avrà convocato perché ha cambiato opinione sull’impianto. D’altronde me lo ha detto lei stesso che bisogna innamorarsi solo della propria donna e mai delle proprie idee. Bartolomeo sembrava più sciolto, quasi irriverente rispetto alla volta scorsa. - Bravo Bartolomeo, vedo che il digiuno ha fatto uscire il lato spiritoso del suo carattere. Bravo, bravo.

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A dire il vero non ho cambiato opinione sull’impianto se non fosse che, le ribadisco, abbiamo la grande possibilità di far vivere diverse centinaia di famiglie di Fossalumera, ma ho voluto convocarla per affrontare la questione personalmente con lei. Lei lo sa bene che se io volessi in qualche modo zittirla ho i mezzi per farlo. Il suo passato e mi risulta anche il suo presente non mi pare si possa definire ecumenico… ecco per usare un termine cristiano. Certo affidare la guida del paese ad un signore che non disdegna fare uso di sostanze stupefacenti…. lei mi insegna che… - Bene onorè vedo che siamo passati alla minaccia. - Quale minaccia Bartolomeo non usi questi paroloni, non sono un puritano io, ma la gente a volte lo è. In amore e in guerra non c’è pregiudizio. Lei sta usando le sue armi, io la volevo mettere a conoscenza che anche io ne ho a disposizione. - Il fatto di farsi qualche spinello lei lo chiama “arma a disposizione?” - Detto così con questa leggiadra dicitura no. Ma sostanze stupefacenti potrebbe suonare, come dire, più penetrante dal punto di vista della comunicazione. Ma se lei mi consente di finire questo ragionamento capirà che l’ho invitata qui per sotterrare l’ascia di guerra. Le guerre non hanno mai fatto bene a nessuno nè ai vinti nè ai vincitori. Si faccia pregare da me che ho i capelli bianchi.

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Lei per il nostro paese è una risorsa, come l’acqua. Ma una cosa è che l’acqua si disperda per strada diventando fanghiglia e un’altra è che possa servire a innaffiare i campi, a dissetare la gente. Arrivo e mi spiego. Lei sa meglio di me che non ha nessuna benché lontana possibilità di essere eletto sindaco di Fossalumera. La politica ha la necessità che i numeri corrispondano. Non ha un numero di liste sufficienti che le possano garantire l’elezione. Se poi spera nel voto di opinione mi dà la certezza che oltre a non conoscere la politica, non conosce neanche il suo paese. Bartolomeo continuava a seguire il discorso di Livasulli accarezzandosi la barba, in silenzio, con curiosità. - Alla luce di quanto fin qui detto, credo che questa preziosa risorsa sia bene farla confluire nella direzione giusta. In caso di un eventuale ballottaggio tra il mio candidato e Tanino Spoto lei certamente dovrà fare una scelta, credo concorderà come me? Chiese Livasulli senza neanche aspettare la risposta - in questo caso si dovrà schierare con uno dei due candidati. Do per scontato che il Rag. Murrina torni ai giardinetti. Le vorrei ricordare che tutti e due i candidati hanno presentato nel programma elettorale la realizzazione dell’impianto. Anzi l’impianto è al centro del programma elettorale. A quel punto lei avrà fatto l’utile idiota. Io, forse lei non crederà alla mia buona fede, vorrei evitarle tutto questo.

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Bartolomeo fu messo per la prima volta dinnanzi la cruda realtà che egli distrattamente aveva in qualche modo ignorato. Livasulli aveva ragione. Era in gabbia e con quel discorso gli aveva fatto sentire il tintinnio delle chiavi che la chiudevano. - Riconosco una certa validità nel suo ragionamento. Poi per non darsi completamente per sconfitto aggiunse - comunque la politica può riservare sorprese inaspettate. Sembrava un baro che con due sette tentava di far credere di avere full. Ma stava giocando con un vecchio e navigato giocatore che non prestò alcuna attenzione al disperato tentativo di Bartolomeo. - Ok la tolgo dall’imbarazzo e vado al dunque. Lei smette di trattare l’argomento e continua la sua bella campagna elettorale. Parli che so, dello sviluppo economico, dell’assistenza agli anziani, dei giovani, ecco dei giovani che vedo la seguono abbastanza. Arrivato al ballottaggio lei si schiererà con uno dei due candidati. Questo lo decideremo insieme. Per questa sua, come dire, presa di coscienza, per questa chiamiamola saggia decisione lei si ritroverebbe a fare l’assessore nella giunta del sindaco eletto, punto uno, punto due, verrà nominato membro del consiglio di amministrazione di una società, diciamo un bel

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sottogoverno di quelli comodi. Un paio di presenze al mese nel consiglio di amministrazione, due minchiate, qualche delibera e 2500 euro al mese. Lei avrà il tempo di potere, come dire, coltivare le sue inclinazioni artistiche. E infine, questo lo consideri un regalo personale, affinché le sue finanze che mi risultano essere particolarmente traballanti, 25.000 euro per potere ottemperare a qualche creditore che va in giro a dire che lei le deve dei soldi. Bartolomeo venne preso da vampate di caldo e poi di freddo. Un rigagnolo di sudore gli scendeva lungo la fronte fino a pendergli sul sopraciglio. - Se ha caldo accendo il condizionatore? Poi chiamò col citofono qualcuno dall’altra parte e dopo pochi minuti venne recapitata nella sua stanza una guantiera di pezzi di tavola calda mignon, dall’aspetto irresistibile, ancora caldi. La fece porre sul tavolino antistante e prendendone uno egli stesso disse: - Avanti Bartolomeo…., assaggi, sono squisitissimi.

Quelle leccornie sarebbero state irresistibili anche per uno che aveva appena finito di partecipare al pranzo di natale, figuriamoci per uno che non mangiava da tre giorni. Livasulli sapeva bene che quel gesto avrebbe detto molto più di mille volte “sì”. Mentre si portava alla bocca una di quelle

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prelibatezze, Livasulli guardò la faccia di Bartolomeo. La mozzarella calda fuoriusciva da un lato del manicaretto. Poi con la bocca piena disse: - Come fa queste cose Rinallo ( una rinomata tavola calda del paese) nessuno. Provi, assaggi, sono irresistibili. Bartolomeo guardò la guantiera piena di ogni ben di Dio in cerca dello stesso manicaretto che aveva preso l’onorevole e lo ingoiò tutto in un boccone. Si bruciò anche il palato per far fronte a quella irresistibile tentazione. La mattina seguente Livasulli chiamò Pumara - Il nostro amico è tornato a mangiare. Tutto a posto - Conoscendoti non avevo dubbi che tu riuscissi addirittura ad imboccarlo. - Io i comunisti li conosco bene. Ne ho visti in vita mia partiti col mongomery e poi indossare gli abiti di Armani… Sono maestri nel vendere piccole fette di povertà con fette più o meno grandi di potere. Toccava adesso a Bartolomeo cambiare strategia per la sua campagna elettorale, convincere i più estremisti che era necessario essere più prudenti, aspettare i tempi giusti. Anche in questo caso non fu particolarmente difficile, bastava poco anche a quel gruppo di facinorosi per farsi convincere. Aveva detto che aveva avuto notizia che le autorizzazioni erano ferme al ministero e aveva

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sostenuto la tesi che iniziative di qualsiasi genere avrebbero in qualche modo rafforzato l’iter autorizzativo piuttosto che ostacolarlo.

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CAPITOLO UNDICESIMO Tanino nel mentre andava avanti con la sua campagna elettorale veloce come un treno in corsa. Una macchina con il megafono sopra il tetto scorazzava per tutte le vie cittadine: “ questa sera alle ore 20.00 in Piazza Roma Comizio della Lista “ Rinascita di Fossalumera” parleranno alla cittadinanza: L’onorevole Alberto Pumara, l’on. Loiero, il candidato Sindaco Tanino Spoto, chiuderà il comizio il sottosegretario ai lavori pubblici Cosimiro Pirrotta”. La voce dell’altoparlante non diede tregua all’intera città per tutta la giornata, l’auto girò per tutto il paese per decine e decine di volte. Furono mobilitati tutti, bisognava dare una evidente prova di forza. La piazza non avrebbe dovuto poter contenere la massa di gente che con la sua presenza avrebbe testimoniato la propria adesione alla elezione di Tanino. Quando la piazza si riempì all’inverosimile, l’autista di Pumara venne avvisato. I big e il loro candidato potevano arrivare accolti da un’ovazione. Arrivarono una serie di auto blu a sirene spiegate, facendosi largo a fatica tra la folla. Le auto arrivarono quasi fin sotto il

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palco dal quale i quattro avrebbero dovuto comiziare. Il sottosegretario scese dalla stessa auto di Pumara, mentre Loiero e Tanino li seguivano a ruota. La calca era difficilmente contenibile. Poliziotti e carabinieri fecero non poca fatica per creare una sorta di corridoio che consentisse ai quattro di raggiungere il palco. In questo breve tratto di strada, strette di mani, baci, abbracci. L’atmosfera era quasi da concerto rock. Un capo clark fece partire un coro da stadio che inneggiava a Tanino. “Uno di noi, Tanino uno di noi , Tanino uno di noi”. I quattro salirono a turno la stretta scaletta che li avrebbe portati sul palco, dove ad aspettarli c’era un improvvisato quanto tirapiedi presentatore che li annunciò man mano che i quattro si affacciavano dal palchetto. Uno striscione alla base del palco invitava a votare Tanino Sindaco e accanto il logo di “Rinascita di Fossalumera” , un gabbiano con un sole dietro. Il primo a prendere la parola fu Loiero. Infatti in questi casi si parla per grado di importanza. Il più importante parla per ultimo, anche se stavolta la chiusura del comizio sarebbe stata affidata al protagonista della serata: Tanino. - Amici, sono fortemente emozionato a vedere una così folta folla di gente che si mobilitata per sostenere la nostra iniziativa politica e il nostro candidato Tanino Spoto.

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Al pronunciamento di quel nome scoppiò un fragoroso applauso e il ritornello scandito dal capo ultrà: “Uno di noi, Tanino uno di noi , Tanino uno di noi”. Loiero ebbe difficoltà a riprendere la parola, la folla sembrava impazzita. Taninu u ‘nfirmeri sembrava essere il Messia incaricato di salvare il popolo di Fossalumera. Era come se all’improvviso Tanino avesse ricevuto dei poteri straordinari, come se l’abito che indossava adesso gli desse gli stessi super poteri che il costume di Superman dava a Parker trasformandolo da imbranato giornalista sfigato a super eroe. Vi era qualcosa di fumettistico in tutto questo. Loiero continuò a parlare per circa 15 minuti, poi cedette la parola all’onorevole Pumara. - Ciò che questa sera vedono i miei occhi mi convince ancor di più, qualora ve ne fosse bisogno, che abbiamo riposto la nostra fiducia sull’uomo giusto. Tanino Spoto, dice bene lo slogan che voi, amici miei, questa sera continuate a scandire, è uno di noi, Tanino Spoto è tutti noi. Pumara era maestro nell’arte di comunicare, di affabulare, di mandare in visibilio le folle. - Sono davvero tanti i temi che Tanino Spoto dovrà affrontare durante il suo mandato di sindaco, perché, e voi lo sapete bene, Tanino Spoto sarà il prossimo sindaco di Fossalumera. Questa volta l’applauso fu così fragoroso che le colombe appollaiate nelle nicchie della chiesa accanto scapparono come se mille cacciatori avessero iniziato a

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sparare contemporaneamente. Pumara prese per il polso Tanino e gli alzò il braccio in segno di vittoria. Pumara continuò a parlare per abbondanti trenta minuti prima di cedere la parola al sottosegretario il quale fece uno di quegli interveti standar, preconfezionati per ogni paese dove egli arrivasse. Alla fine del suo intervento introdusse la star della serata: Tanino Spoto. - Amici miei, scusate ma per l’emozione mi fa male la voce. Io sono emozionato e non mi aspettavo tutta questa gente. Sono contento che tutti voi credete in Tanino Spoto, perché Tanino Spoto è uno di voi. E giù gli applausi. Qualunque minchiata uscisse dalla bocca di quell’uomo illuminato, veniva sottolineata da cori e applausi. - Certo i poblemi di Fossalumera li conosciamo tutti, primo di tutti la disoccupazione che preoccupa tutti noi. Tanino Spoto si impegnerà con tutta la forza possibile a risolvere questo problema. Il sottosegretario che era di provenienza nordica, stentava a capire cosa Tanino volesse dire e perché parlasse di se stesso in terza persona, ma vedendo che la gente era letteralmente impazzita, non si preoccupò più di tanto e tenne per sè le considerazione che fece in quel momento. - Con Tanino Spoto sindaco sapete che la porta del mio ufficio sarà sempre aperta per tutti voi, perché Tanino Spoto è uno che sta in mezzo alla gente, sempre a

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disposizione di notte e di giorno. Tanino sembrava essere in una sorta di trance, considerava la sua persona uno e trino, parlava di se stesso come se stesse parlando di un altro. Aveva esaurito tutte le frasi di senso compiuto, aveva maltrattato una serie di congiuntivi e aveva fatto anche peggio con i condizionali, quando si avviò alla fine del suo discorso. - Se io potrei abbracciarvi tutti oggi lo farei, ma non potendolo fare vi mando un grande saluto e vi ricordo che Tanino Spoto è uno di voi. Sembrava avere molto apprezzato lo slogan e lo aveva fatto immediatamente suo. Ci mancava poco e si sarebbe presentato: “piacere, Tanino Spoto, uno di voi” I quattro alla fine del comizio furono letteralmente presi d’assalto. Tanino baciò migliaia di persone al punto che la sua faccia era diventata cosi rossa che sembrava avere preso una dermatite. Le due auto blu si rifecero spazio tra la folla e si dileguarono tra gli applausi e i cori dei sostenitori. Livasulli dal canto suo stava portando avanti una campagna elettorale particolarmente sottotono. Il fatto era evidente. Lo stesso dott. Fusaro rimproverava all’onorevole lo scarso coinvolgimento emotivo che mostrava in maniera evidente, defilato e poco presente. Livasulli,infatti, aveva ben altro a cui pensare, ma un giovedì mattina tra le cose a cui doveva pensare dovette

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aggiungere anche Pietro Li vecchi, capo mandamento della cosca reggente della provincia, riferimento di Mimì.

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CAPITOLO DODICESIMO Quel giovedì mattina se lo vide spuntare in segreteria. Nella saletta d’attesa piena di persone, ci fu un attimo di panico. Il chiacchiericcio che è solito esserci in questi casi, divenne silenzio. Tutti in paese conoscevano u Zu Pitrinu Li Vecchi. Cinquantenne, anche se ne dimostrava dieci di più. La faccia da lavoratore, l’abbigliamento dimesso. Uno all’antica, di quelli a cui non interessava apparire , ma contare. E u zu Pietru Li Vecchi contava, altro se contava. Il segretario era appena uscito fuori dalla stanza dell’onorevole che vi rientrò subito. Si avvicinò all’orecchio dell’onorevole che aveva dinnanzi a sè un poveru criaturi . - Onorè c’è u zu Pitrinu Li Vecchi, chi fazzu? Tirò indietro la testa come se quel nome gli avesse suscitato dolore dentro il timpano, guardò il segretario - Dovè? - In saletta. - Fallo entrare, un attimo solo però Si rivolse al suo interlocutore che aveva fatto una buona ora di anticamera

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- Carmelo tutto a posto. Ti faccio chiamare do segretariu. Lo congedò in un battibaleno. Poi fece un cenno con la testa al segretario. - Zi Pitrì s’accomodassi ci ho tenuto il posto stamattina. - Se i signori che aspettano lo permettono, si intende Il gruppo di gente che aspettava lì da diverse ore rispose un quasi corale “sì non c’è problema”. Pietro Li vecchi tutto sembrava fuorché quello che era veramente. Un mafioso di serie A. Un uomo di rispetto. Uno di quelli che pesava. Vucca duci e cuteddru no cori, dicevano di lui. Sempre dall’atteggiamento garbato, quasi sottomesso, si diceva di lui essere uno dei più spietati capofamiglia. Sulla carta era titolare di una piccola impresa di movimento terra, ma di fatto erano tantissime le attività riconducibili allo Zi Pietro. Di Mimì era solito dire: - stu carusu sannaca assà, haiu l’ impressione ca no letto un ci mori La sua profezia in effetti si avverò. Don Pietro carissimo, come sta? Ma che mi fa la sorpresa? Me lo poteva dire che doveva venire, non le avrei fatto trovare tutta questa fuddra davanti la porta. - Sapi comu si dice onorè? A genti va unni vidi fuddra. Dopo uno scambio di battute, i due si accomodarono. Livasulli lo fece sedere in una delle due poltroncine del salottino ed egli di rimpetto.

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- Chi successi, come mai lei che è sempri a travagliu oggi è ca? - E caro Onorevole, a volte le cose della vita non vanno mai per il verso che uno vuole. Sapi, da quando in paese è successa quella brutta faccenda…. di Mimì ‘u carusazzu, che hanno sparato in mezzo a lu paisi, i cosi si stanno mettendo malamenti. Lei lo sa che io sono omo di paci, e che alle volte mi metto di mezzo per evitare ca sti carusazzi fannu minchiati. - Don Pitrì conosco la vostra persona e la stima che la gente ripone in voi… - Grazie onorè lei è troppo buono.. - Ma qual è il problema, in cosa posso essere utile? - Sacciu di certo che Mimì qualche tempo prima di astutallo era venuto da Lei a proposito dell’impianto che si spera si realizzerà a Fossalumera. - E’ vero aviva vinuto per chiedere se era possibile fare lavorare l’impresa di calcestruzzo che lui aveva, io gli avevo detto che avrei dovuto vedere che possibilità c’erano, non ho fatto in tempo a darici la risposta. -Paci all’anima sua …ma comunque io mi sono permesso di venirla a disturbare per farci sapere che la

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‘mpresa di Mimì ora sa pigliò un nostro carissimo amico. Ma più che altro per non mannari a casa i patri di famiglia che ci lavorano. Fussi importanti che questi amici nostri putissiru travagliari con questi lavori che debbono partire a Fossalumera. Livasulli aveva capito tutto ancora prima che il suo ospite finisse il ragionamento. - Don Pitrì per quanto mi riguarda vedrò di agevolare la vostra richiesta. Lei capisce che non è cosa facile con i tempi che corrono… - Capiscio, capiscio ma so che lei è persona che unni si metti sona e sono sicuro che farà l’impossibile. Le parole di Zi Pietro erano pesanti come macigni. - A proposito mi dicissi chi amu a fari per questo sindaco, lei lo sa che io voto in base alle sue indicazioni, io e quei quattro amici a cui lo posso chiedere. Zi pitrino in realtà, muoveva un numero di voti che lo avrebbero fatto eleggere Presidente della Repubblica. La modestia era il suo stile, il suo modo così dimesso era spiazzante per chi ne conosceva la sua nomea. - A questo proposito, mi dassi un poco di tempo. Dobbiamo capire che cosa c’è da fare, se la cosa non gli comporta problema qualche simana prima delle elezioni ci sentiamo.

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- Onorè non c’è problema. I due si congedarono con la prospettiva di rivedersi presto.U zu Pitrino, uscendo salutò e ringraziò tutti i presenti nella saletta d’aspetto. Il fatto che Pitrino Li Vecchi fosse andato in segreteria da Livasulli non sarebbe certo passato inosservato in paese , e lui lo sapeva, voleva essere un chiaro segnale che la scomparsa di Mimì non significava certo che il posto sarebbe rimasto vacante . Quella visita inaspettata impensierì non poco Livasulli a tal punto che, per il resto della mattinata, sembrò non pensare altro. Continuò a ricevere persone, ma con la chiara espressione di chi sta pensando ad altro. Nel primo pomeriggio, decise di chiamare Pumara per informarlo della visita che aveva ricevuto. - Alberto vediamoci che ho bisogno di parlati. - Giovanni rientro questa sera credo tardi. - A qualsiasi ora, è urgente. - Che succede mi stai mettendo in pensiero. - No, niente, nulla di particolarmente preoccupante, ma ho bisogno di incontrarti. - Ti chiamo appena arrivo, ci vediamo a casa mia. - D’accordo. Pumara alla fine di quella telefonata si impensierì

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moltissimo, Livasulli, infatti, non era solito allarmarsi e dal tono della voce gli sembrò particolarmente preoccupato. Quando fu alle porte del paese lo chiamò per avvertirlo che lo stava raggiungendo a casa. La domestica lo accolse e lo fece accomodare. - Buonasera onorevole, l’onorevole Pumara la arriverà subito, si accomodi. - Non ho neanche cenato questa sera. Mi hai messo in pensiero. Disse Pumara trafelato e togliendosi la giacca. - Non era mia intenzione metterti in pensiero, ma credo sia giusto che certe cose si affrontino subito e soprattutto insieme. - Andiamo al dunque.. - Oggi in segreteria è venuto a trovarmi Pietro Li Vecchi. -Eccolo… me lo aspettavo. - E’ stato molto esplicito. Sai col suo modo dimesso di parlare, tagliente come un rasoio che sembra potere essere utilizzato solo per farti la barba, ma all’improvviso può anche tagliarti la gola. - Conosco Li Vecchi,.. .. quello è uno vecchio stampo. Non si annaca… - Non te lo devo certo presentare io. Mi ha detto che era a conoscenza della visita che Mimì mi aveva fatto qualche settimana prima di essere ucciso. Conosceva

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anche il motivo della visita. Ha aggiunto che amici suoi hanno prelevato l’impresa di calcestruzzo di Mimì e se era possibile aiutare questi “amici suoi” a essere coinvolti nei lavori riguardanti l’impianto. - Mi pare che sia stato particolarmente esplicito Don Pitrino?.. - Sì lo è stato, anche se con tono rispettoso, dimesso, come è nel suo stile. - Chi glielo dice ora a Pisano…quello non vorrà sentire ragioni. I ragionamenti che si erano fin qui fatti erano altri. Nessun problema e strada spianata. - Alberto con Pitrino Li Vecchi non si può cugliuniari . - Lo so, lo so. Ma neanche lui può cugliuniare con noi. Questo sia chiaro. Ho fatto attaccare gente al suo livello e magari più in alto. Quindi sarebbe bene che stia attento anche lui. - Albè ma che stai dicendo, quello fa santari all’aria prima a me e poi a te. - Uh…. che parole grosse, è solo un tinto viddrano delinquente. - E’ il reggente della cosca de Testipuntuti, sono spietati, sono emergenti, organizzati. Sono convinto che sia stato lui a togliersi dai coglioni Mimì. Era troppo plateale, si annacava troppo. Questa gente, Li Vecchi, non l’ha mai sopportata. - E allora sai che ti dico? Che io un’idea ce l’ho. - Sentiamo… - Informiamo della faccenda Pisano, tu parla con Li Vecchi e ci dici che tu vorresti poterlo aiutare, ma ci

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sono pressioni da parte di Pisano, se lui può risolvere la faccenda con Pisano, il problema è risolto. - Ma rischiamo di giocarci l’accordo con Pisano. - E no, io nel frattempo parlo con Pisano che essendo imprenditore che ha denunciato i suoi estortori in passato, non deve fare altro che ripetere il copione. Noi facciamo attaccare Li Vecchi e ce lo togliamo dai coglioni. - E’ un suicidio, l’organizzazione di Li Vecchi metterà su una mattanza. - Li facciamo attaccare tutti prima che si possano organizzare. Giovanni non possiamo permettere che quattro trogloditi mandino tutto all’aria. - Certo, certo, su questo sono d’accordo, è il metodo che mi lascia un poco perplesso. Ci potrebbero essere conseguenze che in questo momento non è possibile prevedere. - Facciamo una cosa, domani stesso io salgo a Roma, vado a trovare Avarelli . - Il magistrato? - Sì, è un mio caro amico, uno a disposizione, se pensi che deve fondamentalmente a me la carriera che ha fatto. Gli chiedo di muovere un pò di carte su Li Vecchi, di farlo incimiciare lui e i suoi amici. Se si creano le condizioni, gli tagliamo le gambe prima che inizi a correre. - Pensi che Avarelli si adopererà in questo senso? - Eh caro Giovanni, si vede che tu sei un politico di altri tempi. Per te era più naturale avere a che fare con

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quelli come Li Vecchi, parlavate, consentimelo, un linguaggio simile. Oggi le cose sono diverse. E’ più importante avere un amico magistrato. Oggi contano più dei mafiosi. La mafia oggi è roba per ricchi, per gente colta, per gente che ha viaggiato e ha visto il mondo. Questi quattro viddrana che hanno vissuto in un catoio del proprio paese, anche se hanno costruito delle fortune con i loro traffici, non hanno più motivo di esistere. - Credo che tu abbia ragione, oggi mi fa più paura un avviso di garanzia che una busta con due proiettili. - Bravo, vedi che hai afferrato il concetto. E’ cambiata la forma e non la sostanza. Con questo voglio dirti che il caro Li Vecchi deve stare attento a dove mette i piedi perché potrebbe scivolare. Come vedi anche noi siamo attrezzati. Livasulli sembrava tranquillizzato dal ragionamento e dalle rassicurazioni di Pumara. - Allora parti per Roma domani? - Voglio prima assicurami che Avarelli sia in sede. Domani lo chiamo e se è possibile incontrarlo parto domani stesso. Tu per il momento stai tranquillo rimandiamo di qualche settimana la chiacchierata con Pisano. Non lo vorrei allarmare senza che sia necessario. Giovanni il sei per cento, ricordatelo. Uno che ti deve dare tutto questo malloppo la notte deve dormire tranquillo. -Sì, deve dormire tranquillo. Ripetè pedissequamente Livasulli.

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CAPITOLO TREDICESIMO Intanto il carrozzone elettorale a Fossalumera proseguiva la sua marcia. I quattro candidati avevano alzato i toni, anzi i tre candidati, perché Bartolomeo aveva rispettato i patti, le direttive del Livasulli. Aveva, a poco a poco, iniziato ad ammorbidire la sua posizione. I suoi stessi sostenitori avevano notato questo cambiamento di strategia e avevano iniziato a contestarlo in seno alle riunioni di partito. Bartolomeo di canto suo non intendeva neanche lontanamente mettere a rischio quanto offerto da Livasulli, e continuò a inventarsi i motivi più disparati per giustificare la sua nuova strategia. Fusaro, il dottore candidato da Livasulli, aveva iniziato a percepire che stava svolgendo il ruolo dell’utile idiota, la scarsa presenza del Livasulli e una quantomeno approssimativa organizzazione elettorale gli avevano fatto pensare che fosse stato candidato senza alcuna intenzione di farlo diventare sindaco. Ma oramai era troppo tardi per tirarsi indietro e l’unica cosa che gli rimaneva da fare era tartassare di telefonate l’on Livasulli che latitava regolarmente le richieste di Fusaro. Adolfo Murrina aveva puntato tutto sui pensionati e i

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nostalgici di un tempo che non c’è più. Egli era l’unico a non avere la percezione di quanto stesse accadendo, troppo preso da quello che gli sembrava essere l’ultimo tentativo di cambiare “l’Italia”. Tanino era in pole position, si era così fortemente convinto di essere il candidato ideale per l’intera collettività che aveva preso a parlare di prospettive di lavoro, di fanta progetti e di cambiamenti così radicali al punto che lo stesso Pumara lo aveva per un attimo richiamato. Una sera lo convocò a casa sua e invitandolo sulla terrazza che si affacciava su quasi tutta Fossalumera, gli indico le luci di ogni singola finestra delle case del paese: - Vedi caro Tanino ogni singola luce che tu vedi innanzi a te è una famiglia, ogni famiglia è un problema, a volte più di uno di cui tu dovrai farti carico. Attenzione alle cose che si dicono e come si dicono. Devi sempre lasciarti il giusto margine. Tanino sembrava avere fatto ammenda del consiglio di Pumara, ma spesso si faceva prendere la mano e iniziava a parlare a ruota libera. Fermarlo non era facile. - Buongiorno, desideravo parlare con il dott. Avarelli, sono l’onorevole Pumara. - Un attimo in linea onorevole. - Carissimo Alberto avrei chiamato io se non l’ avessi

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fatto tu. Come stai? - Bene Giacomo, tu? La famiglia, tutto bene? - Diciamo di sì, se non fosse che questo trasferimento ci ha un pò tutti disorientati. -Quale trasferimento, che novità è questa. - Ti avrei chiamato proprio per dirtelo. Mi mandano dalle tue parti, diciamo che ho tra le mani un caso particolarmente delicato. Se non fosse per il disagio diciamo che potrei considerarlo un premio alla carriera. Questa volta mi hanno affidato un caso particolarmente delicato. Roba grossa. - Sarai il nuovo procuratore? Non pensavo che l’attuale procuratore durasse così poco, saranno passati circa due anni dal suo insediamento. - Mi sono meravigliato anch’ io, ma l’evolversi degli eventi ha fatto sì che ci fosse questo cambio della guardia . Sarò giù la prossima settimana. Dovrò organizzare il trasloco. - Bene, considerami a tua disposizione. - Ma tu perché mi avevi chiamato, c’è qualche problema? - Niente di importante, magari te ne parlo appena ci vediamo. La notizia non fece certo piacere a Pumara. Il suo amico Avarelli sarebbe diventato procuratore della provincia dove egli operava. Non sarebbe stata una situazione comoda per lui. Sapeva bene che con gli

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sbirri e con i mafiosi si può essere amici fino ad un certo punto. Quale fosse il “certo punto” non poteva certo chiederglielo. Avarelli era stato mandato in Sicilia a seguito di una indagine incrociata su un traffico di rifiuti tossici provenienti dal nord e smaltiti in maniera, diciamo forfettaria, proprio nella provincia di cui faceva parte Fossalumera. Il traffico di rifiuti coinvolgeva importanti società del nord e imprenditori meridionali che stoccavano il pericoloso carico in siti abusivi. Un giro di centinaia di milioni di euro. Sembrava che vi fosse anche il coinvolgimento di importanti colletti bianchi. Il caso era stato affidato ad Avarelli oltre che per la sua professionalità, soprattutto per la straordinaria conoscenza di quel territorio e delle sue dinamiche. L’inchiesta era top secret ed erano molti i soggetti sottoposti ad intercettazioni. Tra questi il dott.Briguglia che oltre ad essere l’amministratore delegato della Energy power era titolare di alcune società coinvolte nel traffico sul quale indagava il Procuratore Avarelli. Pumara ignorava tutto questo, ma ignorava anche tanto altro. Avarelli chiamò Pumara due giorni dopo il suo arrivo presso la sua nuova sede di lavoro.

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- Alberto, come stai? sono Giacomo. - Giacomo sono felice di sentirti, pensavo ci avessi ripensato a trasferirti qui. - Tu lo sai bene che con la professione che faccio posso solo obbedire. - Dove ti trovi? Dimmi che questa sera sei libero, mi hanno appena portato una cernia di tre chili, dimmi di sì e questa sera te la faccio mangiare in crosta di sale. - Tu sai come prendermi. Come faccio a dire di no alla cernia in crosta di sale? Lo sai che io per il pesce vado matto.. - Lo so, lo so. Se me lo consenti allora metto in frigo una insolia di Pantelleria che ti assicuro è “la morte” della Cernia. - Mi hai convinto, non andare oltre, mi hai convinto. Alle nove sono da te. A proposito io sono solo, la famiglia mi raggiungerà tra qualche settimana, come ai vecchi tempi. - Come ai vecchi tempi. A stasera. Il neo procuratore arrivò puntuale come era sua abitudine. La scorta rimase fuori ad aspettarlo. Ad accoglierlo Pumara in persona. Anch’ egli solo in casa per l’occasione. La famiglia era rimasta dai suoceri a Palermo e alla governante aveva dato appositamente una giornata di riposo. Pumara adorava cucinare e la cernia in crosta di sale era una delle specialità che gli riuscivano meglio. L’accoglienza fu davvero calorosa. I due si

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abbracciarono come due vecchi compagni di liceo che non si vedevano da vent’anni. In realtà non è che non si vedessero da così tanto tempo ma la gioia di rivedersi fu reciproca. Il procuratore seguì Pumara che si affrettò a ritornare in cucina per non rischiare di sbagliare la cottura alla sua cernia. Invitò il suo amico a mettersi comodo. Il procuratore non se lo fece dire due volte. Si tolse la giacca e si allentò il nodo della cravatta. - A patto che ti do una mano. - Eh no caro mio tu vuoi scoprire i segreti della mia cucina. Erano tornati indietro nel tempo. Il procuratore stappò la bottiglia di insolia, ne odorò il tappo e riempì i due calici posti nella credenza. Pumara si pulì le mani sul grembiule da cucina che indossava come farebbe un vecchio oste, prese il bicchiere, lo sollevò: - Al tuo arrivo in questa terrà che ha arsura di uomini come te - A questa terra, e agli uomini di buona volontà Dopo il primo sorso il brindisi venne interrotto dal trillo del forno che annunciava l’avvenuta e definitiva cottura della cernia. Pumara la diliscò come un vero professionista, mentre Avarelli lo scrutava per coglierne ogni singolo movimento. - Come pulisci il pesce tu, non lo fa nessuno….

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- E’ una delle poche cose che mi riescono bene…. - Che modesto….. Si sedettero a tavola. La cernia era troppo buona per essere condita da qualsiasi discussione. - Dimmi e Carla come sta? Lavora sempre per quella casa editrice ? chiese Pumara riferendosi alla moglie di Avarelli. - Sì, è anche questo il motivo per cui lei non è scesa con me. Deve risolvere alcune cose, forse deciderà di cambiare lavoro. - E’ inutile che ti dica che per qualsiasi cosa io ci sono. Carla qui avrebbe l’imbarazzo della scelta. Deve solo decidere. - Grazie non posso dubitare Finita la cena i complimenti si sprecarono. I due si accomodarono in terrazza a sorseggiare un passito anch’esso proveniente dalla perla nera. Poi Pumara tirò fuori una scatola di preziosi sigari che teneva custoditi in un apposito contenitore a temperatura consigliata. - Questi sono per le grandi occasioni. Questa lo è. Avarelli si accese il sigaro e affacciandosi dal parapetto della terrazza che dava sull’intero paese illuminato come un presepe, tirò un sospiro… - Questa sì che è aria, a Roma queste cose te le sogni. - E’ questo il motivo per cui io non mi sono mai spostato definitivamente, qui mi ci ritrovo, riesco a

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rilassarmi. Disse Pumara mentre tentava di accendere il suo sigaro. -A proposito l’altro giorno quando mi hai chiamato, ho avuto l’impressione che dovessi dirmi qualche cosa. - Niente, ho risolto, mi serviva una consulenza giuridica, ma ho risolto. Pumara si era ben guardato dal chiedere al suo amico ciò per cui lo aveva chiamato. Adesso era il procuratore e oltre a metterlo in difficoltà, pur conoscendolo bene, non poteva immaginare che tipo di reazione avrebbe avuto. - Tu invece mi dicevi di “cose grosse” ma che ti hanno mandato a fare qui? Non è che mi devi fare stare in pensiero? Disse Pumara sfoderando tutto il suo senso di protezione verso il suo amico. -Non ne potrei parlare, ma si tratta di una indagine partita da lontano e la cui scia arriva dritta dritta a Fossalumera. - Mafia? - Di quella che indossa cravatte griffate. Temo che questa volta ci stia dentro anche qualche tuo collega. - Ma dai… -Proprio così. Abbiamo faldoni pieni pieni di intercettazioni. - Mi stai mettendo addosso una curiosità… - Te la puoi tenere… non posso proprio, anzi questo passito mi ha in qualche modo imbrogliato… ho anche detto troppo. - Ma che fai non ti fidi di me?

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- Alberto, ma cosa dici? Lo leggerai presto sui giornali. Tra l’altro ho tanto di quel lavoro arretrato, credo che dovrò darci sotto in questi giorni. Ma dimmi qui che novità ci sono? Il procuratore tentava in realtà di cambiare discorso. Pumara lo intuì. - Qui è la solita vita, si cambia tutto per non cambiare nulla - Questa frase credo di averla già sentita. Scoppiarono tutti e due a ridere. - Sai probabilmente si sbloccherà una situazione interessante per Fossalumera. - Di che si tratta? - La Energy Power ha pronto il progetto per la realizzazione di un impianto petrolchimico. Si parla di grossi investimenti e centinaia di posti di lavoro. Avarelli che stava sorseggiando il suo passito, al pronunciare da parte di Pumara il nome di quella società, gli andò di traverso. Iniziò a tossire, cercando di dire qualcosa. Pumara intuì. Aspettò che si riprendesse. - Mi auguro che tu non abbia a che fare con questi signori. Disse Avarelli cambiando tono insieme all’espressione che fino ad allora era stata particolarmente rilassata. - Perché che cosa hanno fatto? Conosco l’amministratore delegato della società.. Non fece in tempo a pronunciarne il nome - Il dottore Briguglia?

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- Esatto, mi è sembrato una persona così a modo. - Ti è sembrato quello che non è.. E’ solo un trafficate di rifiuti tossici che adesso è entrato nel business delle energie. E’ un delinquente della peggior specie. Mi dispiace parlarne così, ma non trovo altre definizioni per chi come lui è accusato di colpe così gravi…. - Giacomo, ma io ti assicuro che…. - Alberto tu non puoi assicurarmi niente se parliamo della stessa persona. Io lo conosco come le mie tasche, ho letto migliaia di pagine di intercettazioni di questo signore. Se lo conosci stacci lontano. E’ monitorato anche quando va in bagno. Mi manca l’ultimo mese della sua vita per essere aggiornato su quello che ha fatto negli ultimi trenta giorni. Ho i verbali delle trascrizioni pronti da leggere sulla mia scrivania. So che ultimamente si è fatto vedere spesso in Sicilia. Mi auguro di non trovarci anche la tua di voce. Pumara, iniziò a sudar freddo, non avrebbe mai immaginato una situazione di questo tipo. Non sapeva che pesci prendere e a proposito di pesci, la sua cernia in crosta di sale iniziava a venire su con acidi conati di rigurgito. - Sai, io l’ho incontrato un paio di volte, ripeto, mi era sembrata una persona anche particolarmente preparata in materia, ma fammi capire di cosa è accusato? - Ancora ufficialmente di nulla, ma gli pioveranno addosso una serie di capi di imputazione che farebbero impallidire il bandito Giuliano.

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-La cosa mi inquieta a dire il vero. In verità il progetto che ha intenzione di realizzare a Fossalumera darà, sempre che ne avrà la possibilità, una seria boccata di ossigeno al paese. Pensa un investimenti di oltre 500 milioni di euro. - Starà pensando bene di pulire tutto il danaro sporco che ha guadagnato nel corso di questi anni. - Sarà ma il solo pensiero che questa indagine possa mandare in fumo questa possibilità, unica per Fossalumera…. Mi … -Alberto, stiamo parlando di una banda di criminali! - Certo, certo. Io vedo la faccenda da politico, tu da magistrato. Sono due punti di vista diversi.

Il confronto si stava facendo serrato e sembrava che nessuno dei due fosse disposto a fare un passo indietro. L’incalzare di Pumara aveva messo il procuratore sulla difensiva, aveva intuito che il suo amico fosse coinvolto un po’ più che emotivamente. - Alberto cosa c’è sotto. Era questa la cosa di cui volevi parlarmi l’altro giorno? - No, assolutamente. Era chiaro che Pumara stesse mentendo. - Io ho sponsorizzato politicamente il progetto. Stiamo portando avanti una campagna elettorale per l’elezione del sindaco del paese, puntando fortemente sulle potenzialità occupazionali del progetto. Se dovesse essere diciamo fermato, il fatto comporterebbe una serie di conseguenze.

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- Quali? chiese di getto Avarelli. - Tu manchi da parecchio tempo da questa terra. Siamo alla frutta. La fame di lavoro ha raggiunto livelli mai visti e questo fa sì che prolifichi la delinquenza. Qui si spara per spartirsi il territorio. La discussione durò tutta la serata, ma non se ne cavò un ragno dal buco. Avarelli era un uomo tutto d’un pezzo e anche se doveva molto della sua carriera a Pumara non era certo disposto a tradire il suo mandato. Pumara l’indomani si precipitò ad avvisare Livasulli su quanto era venuto a conoscenza. Lo incontrò nel suo ufficio. - Vincenzo qui la cosa sta prendendo una brutta piega. Giacomo lo conosco bene, quello è un trattore, non si ferma davanti a nulla. - Questo è un imprevisto che non potevamo certo calcolare. Io sapevo che tra le attività di Briguglia ci fosse anche lo smaltimento dei rifiuti, ma non potevo immaginare che svolgesse questa attività in questo modo. - Bisogna fare qualcosa.Mi è sembrato di capire che Giacomo lavorerà sulle intercettazioni dell’ultimo mese. Credo che dentro ci saremo anche noi. Io ho sentito Briguglia almeno 5 o sei volte al telefono. Poi lo abbiamo incontrato e Dio solo sa se non aveva anche l’ambientale addosso. - Pensa allora che io mi sarò sentito con lui un giorno

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sì e uno no. Replicò Livasulli seriamente preoccupato. Poi continuò - Ma tu gli hai parlato di Li Vecchi? - Sei pazzo? Ero quasi lì lì per farlo quando la discussione prese un’altra piega. Se lo avessi fatto, avrei fatto una grande minchiata. - Io un’idea per risolvere la questione ce l’avrei, ma preparati al peggio. - Non ti seguo. - Tu stavi per chiedere ad Avarelli di risolverti il problema di Li vecchi. Ti sei fermato in tempo e mi pare chiaro che alla luce dei fatti il vero problema adesso non è tanto Li Vecchi, ma Avarelli. - Non capisco dove vuoi andare a parare. Rispose Pumara. - Semplice, chiederemo a Li vecchi di risolverci il problema…. Capisci? - Vincenzo ma che stai dicendo? Ti rendi conto di cosa stai dicendo? - Certo che mi rendo conto. Qui rischiamo che uno sbirro di merda mandi all’aria un affare di diversi milioni di euro. - Tu sei impazzito, mi stai chiedendo… - Non ti sto chiedendo niente, ti sto solo prospettando una soluzione. Se tu ne hai altre, ti ascolto. Pumara sembrava sconvolto dalle esternazioni del Livasulli. Si passò le mani tra i capelli, poi si accarezzò le palpebre come chi non dorme da giorni. - No, non mi trovi d’accordo. Posso provare a parlare

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con Giacomo. Riconoscerà che se oggi si trova lì lo deve a me, glielo ricorderò… dovrà comunque mettermi nelle condizioni, quanto meno, di trovare una soluzione al problema. Ha tutta una vita davanti per giocare a fare lo sceriffo. - Eh caro Alberto, quello è uno sbirro nel Dna, non ti sarà facile trattare con lui certi argomenti. - E’ un tentativo che devo fare. Sicuramente è una eventualità consentimi, più come dire…. “Logica” di quella proposta da te. - Sarà, io ho forti dubbi. Pumara si adoperò il giorno dopo. Chiamò Avarelli per fissare un appuntamento. Il procuratore, fece accenno ad una serie di impegni improrogabili. Pumara insistette per poterlo incontrare. Alla fine ebbe la meglio. L’appuntamento venne fissato la sera stessa a casa Pumara. Il Procuratore arrivò con 40 minuti di ritardo. Si scusò con lui che, però, lo mise subito a sua agio: - Non preoccuparti, capisco i tuoi impegni e ti sono grato per aver trovato il tempo di incontrarmi. Si accomodarono nello studio di Pumara. - Ti prego di scusarmi per l’insistenza, ma ciò che sto per dirti è di enorme importanza e sinceramente non vorrei che il tempo e alcune decisioni possano creare situazioni irreparabili. - A cosa ti riferisci?

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Chiese Avarelli intuendo già a cosa si riferisse. - Alla discussione dell’altra sera Giacomo. La faccenda Briguglia. - Capisco. C’è qualcosa che devo sapere? - Nulla che non sei nelle condizioni di sapere indipendentemente da me. Sei tu l’investigatore. Però vorrei metterti al corrente di una serie di cose che forse potranno essere per te e le tue indagini motivo di riflessione. Prima però, voglio che tu riconfermi esplicitamente la stima e l’amicizia che ci lega da sempre. - Alberto non capisco, che bisogno c’è, lo sai quanto ti sono amico e quanto ti stimo. - Vorrei che tu questo me lo ricordassi. - Mi stai facendo preoccupare… dimmi qual è il problema. - Il problema è la tua indagine su Briguglia. Ci giochiamo tutto sotto una carta se Briguglia dovesse essere coinvolto in qualche indagine giudiziaria. Sarò chiaro con te. La realizzazione dell’impianto a Fossalumera muove interessi così enormi che chiunque si metta di traverso rischia di suo. Capisci che io non posso ignorare che la tua incolumità venga messa in pericolo. - Ma io col pericolo ci convivo dalla mattina alla sera. Rispose Avarelli ricordandogli che egli svolgeva una professione che prevedeva questo tipo di rischio. - Io ti ho sempre protetto, caro Giacomo, a volte anche a tua insaputa. Questa volta non posso, questa volta

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devi aiutarmi anche tu. - Alberto stai dentro questa situazione? dimmelo chiaramente, ti prego… - Giacomo, tu sai cosa ho fatto per te, affinché tu potessi raggiungere i risultati che hai raggiunto oggi. Lo sai meglio di me che nel tuo ambiente a dettare gli equilibri, le posizioni è la politica. E’ la stessa politica che oggi ti chiede di fermarti. Non potrei più garantirti. -Alberto ti rendi conto di cosa mi stai chiedendo? - Sì me ne rendo conto, ma tu conosci i meccanismi come li conosco io, se non ancora meglio. Ti sto chiedendo di soprassedere sulla faccenda. Ci stanno troppi interessi, troppi soldi, troppe carriere. - Compresa la tua? Chiese con tono quasi polemico Avarelli. - Si, compresa la mia, così come era la tua carriera quando ho dovuto barattare il mio incarico di sottosegretario con la tua nomina. Tu lo sai quanto mi è costata. Avarelli non trovò il coraggio di replicare, ma si sentì per un attimo in imbarazzo per ciò che Pumara gli aveva ricordato.. - E’ vero e di questo io ti sarò grato a vita. - Mi basta che la tua gratitudine me la dimostri in questa situazione. - Lo sai che cosa mi stai chiedendo? Te ne rendi conto? Rischio di essere trombato e andare a fare il passa carte in qualche procura di periferia. - Io ti garantirò! Tu non hai nulla da temere. Io ti

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garantirò, ti do la mia parola d’onore. Pumara tese la mano ad Avarelli che dopo un attimo di tentennamento gliela strinse. - Alberto non ho ben capito che cosa mi stai facendo fare, ma ti assicuro che non sarà semplice… Briguglia è un gran delinquente. - Giacomo sai meglio di me come funziona la giustizia. Uno come Briguglia che muove così tanti soldi non è certo uno che va a finire in galera. Qualche mesetto di arresti domiciliari e il malloppo in qualche paradiso fiscale. E noi ci illudiamo di avere salvato l’Italia. - Io non dovrei dirlo, ma è così. La giustizia in Italia è come una barca che affonda, e non sarà rattoppare un buco che la farà galleggiare. - E’ la vera verità. I due sembravano giustificarsi a vicenda, in una sorta di “ma chi se ne frega” collettivo. Certo per Avarelli non sarebbe stato affatto facile districare la matassa. Le intercettazioni, prove schiaccianti e una missione che gli era stata affidata. Lo fece presente a Pumara, che gli assicurò una copertura totale presso gli ambienti giusti. Sarebbe bastato oleare i meccanismi, primo tra tutti un capitano della Guardia di Finanza che aveva condotto le indagini. Pumara sapeva le porte a cui doveva andare a bussare, le sue conoscenze gli consentivano di arrivare in ogni dove. Adesso bisognava fare passare Briguglia dalla parte dei buoni e monetizzare il favore che Pumara gli stava

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facendo a sua insaputa. Lo invitò presso il suo studio palermitano. - Dottore Briguglia,sono l’onorevole Pumara, è necessario che lei venga giù a trovarmi. Ci sono delle cose particolarmente delicate di cui le vorrei parlare. Briguglia non fece passare più di un paio di giorni e prese il primo aereo per Palermo. - Dottore Briguglia, mi sono permesso di insistere per questo incontro perché ci sono novità importanti di cui voglio metterla a conoscenza. - Eccomi, come vede il tempo necessario per organizzarmi e mi sono precipitato. - Salterò i preamboli e andrò dritto al nocciolo della discussione, quindi la prego di perdonare il mio modo di essere diretto. Disse Pumara con piglio molto autorevole. - Ma la prego, naturalmente. Replicò Briguglia - Lei è sicuramente a conoscenza che vi sono indagini in corso sulla sua persona… - Sì, è una vecchia storia che si riferisce ad alcune delle mie società… Pumara non gli diede il tempo di finire la frase. - Rifiuti tossici, stoccaggio di rifiuti tossici. Io non l’ho convocata per entrare in merito all’argomento, bensì per prevenire una serie di incombenze che la vedrebbero in forte difficoltà. - Non la seguo. - Le pende sulla testa un macigno che io sono riuscito

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a trattenere a forza prima che le possa fare male, molto male. - La prego onorevole, sia più preciso. A cosa si riferisce? - La procura sta indagando su di lei ed è pronto un avviso di garanzia nei suoi confronti. Questo comporterebbe un effetto domino su tutte le sue attività. Penso converrà con me…. Briguglia si allentò il nodo della cravatta come chi è in forte difficoltà e per un attimo la sua espressione si fece cupa, preoccupata. - Capisco, ma non vedo cosa possa fare io per evitare che ciò accada. - Lei nulla, io molto, moltissimo. A dire il vero mi sono già adoperato, ma lei capirà che ho bisogno della sua collaborazione. - Sono a sua disposizione. - Abbiamo bisogno di liquidità da destinare a questa operazione. Contemporaneamente lei dovrà in qualche modo passare dalla parte dei buoni… - Non capisco… dalla parte dei buoni? - Dobbiamo costruire la sua immagine di imprenditore antimafia, sa, dalle nostre parti è un requisito indispensabile. - La seguo , ma fino ad un certo punto. Mi faccia capire meglio. - La cultura antimafia dalle nostre parti sta in qualche modo diventando uno status di cui chi fa impresa non può fare a meno. E’ un modo per allontanare

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preventivamente eventuali avvicinamenti di certi figuri e soprattutto serve ad aprire porte che altrimenti rimarrebbero chiuse. - Ho afferrato il concetto,però continua a sfuggirmi il metodo.Non capisco come si possa diventare imprenditore antimafia. - Questo glielo spiegherò più avanti. Una cosa per volta. - Per quanto riguarda il primo argomento: la liquidità. Mi faccia capire in che termini posso esserle utile. - Cinquecentomila euro dovrebbero bastare. Dobbiamo in qualche modo rendere più piacevole la vita a chi invece di godersela, passa le giornate ascoltando le sue conversazioni. - Capisco. Mi dia una settimana di tempo. Le farò avere l’intera cifra in pezzi di piccolo taglio. Per quanto riguarda, il resto rimango in attesa di disposizioni. - Bene, sarà mia premura informarlo passo passo. L’antimafia è un prodotto che si vende come il pane, è come entrare a far parte di uno di quei service di gente che conta. Paghi la quota è anche tu puoi indossare il distintivo che ti apre tutte le porte. Pumara conosceva bene le dinamiche di questo tipo di operazioni. Era un vero maestro. Briguglia fu di parola, la settimana avvenire portò egli stesso il danaro richiesto da Pumara,il quale, dal canto suo, iniziò un giro di consultazioni con alcuni suoi

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riferimenti, uomini neri delegati a fare operazioni di questo tipo. Distribuì buona parte di quel denaro tra funzionari, ufficiali della guardia di Finanza e investigatori vari. Sollevò Avarelli da tutta una serie di incombenze. Presto il caso sarebbe stato declassato a reato fiscale, con ammende per qualche centinaia di migliaia di euro. Bazzecole per uno come Briguglia. Nel frattempo Briguglia aveva ottenuto tutte le autorizzazioni per l’impianto di Fossalumera. Tutti i meccanismi sembravano incrociarsi tra loro con una precisione svizzera. Gli attori principali sembravano tenere bene la scena circondandosi delle giuste comparse, foraggiandole come pecore al pascolo. L’affare era fin troppo grosso perché qualcosa o qualcuno potesse metterne a repentaglio la realizzazione.

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CAPITOLO QUATTORDICESIMO La campagna elettorale sembrava delinearsi chiaramente. Tanino era dato vincitore alla prima tornata. L’ignaro candidato sentiva crescere attorno a sè un consenso ingiustificabile, egli stesso in qualche e raro momento di lucidità sembrava chiedersi: “ma perché io?”. Questa domanda in lui non trovava neanche il tempo della risposta che un viscerale convincimento quasi tantrico lo ricatapultava in uno stato di ipnosi autosuggestiva. Avete mai visto un pupo domandarsi chi muove i fili che lo fanno agire. Il pupo ha movenze naturali, ostenta una sicurezza tutta sua, agita le braccia a prova della sua esistenza. Il pupo parla e la sua bocca lo fa in nome e per conto di altri, egli è eroe ed incosciente, vittima e carnefice. I pupara invece sono ombre, sagome che si muovono nella penombra,agiscono dietro le quinte e scrutano dietro la spessa tenda di velluto chi apprezza le gesta dei loro pupi, chi ride, chi annuisce, chi dissente. E loro con i loro trasparenti ma resistenti fili, muovono di qua e di là i pupi dando loro voce, materia e la falsa illusione di essere vivi.

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Le urne si erano chiuse da qualche ora, le strade di Fossalumera erano affollate da gruppetti di persone che facevano da spola tra una segreteria ed un comitato elettorale. Dai primi seggi scrutinati sembrava chiaro l’andamento della elezione. Non vi era seggio nel quale Tanino non uscisse con il maggior numero di voti. L’enorme macchina elettorale messa in moto per l’occasione sembrava avere girato alla perfezione. La scientificità del metodo era inequivocabile. A dispetto delle effettive qualità del candidato, la massa, la popolazione tutta, sembrava riconoscere in Tanino il loro primo cittadino. Una sorta di esperimento memetico applicato alla politica. Un virus contagioso che sembrava attaccare l’obiettività di un’ intera popolazione. Dopo alcune ore, file di auto scorrazzavano per le vie del paese suonando i clacson e sbandierando bandiere con su la faccia di Tanino. Tanino era il nuovo sindaco di Fossalumera. Il neo sindaco era a casa di Pumara con alcuni fidati. Tutti lo cercavano dappertutto. Pochi sapevano dove si trovasse. - Tanino, sei una vera star e come le star ti devi fare aspettare. Gli disse l’onorevole Pumara - Onorè non mi sembra vero questo che mi sta succedendo. Ci pensa “io sindaco del mio paese? Ah si

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fussi vivo la bonarmuzza di mio padre. - Da lì sopra tutto vedono e se oggi sei sindaco probabilmente lo ha voluto tuo padre. Era convincente la versione mistica data da Pumara. Era stato il papà di Tanino a farlo eleggere sindaco. Pumara chiamò l’autista: - Accompagna Tanino in piazza e fagli fare questo bagno di folla. D’altronde sono stati loro ad eleggerlo. L’elezione a sindaco di Tanino rendeva tutto più facile. Il personaggio era facilmente gestibile ignaro di quanto gli accadesse intorno. Livasulli telefonò a Pumara. - Prosit, Alberto, prosit. Habemus sindacum…. - Caro Giovanni, questa campagna elettorale non l’ho neanche sentita… credimi. - Ti credo, ti credo. So che sei impegnato sul fronte della nostra faccenda. Facendo riferimento alla realizzazione dell’impianto. - A dire il vero negli ultimi giorni la faccenda aveva preso una brutta piega, ma sono riuscito a risolvere la cosa….A proposito ho la necessità di incontrarti. - Ci sono problemi? - Nulla che tu non possa risolvere. - Tu mi sopravvaluti, comunque ci vediamo domani a casa tua. Penso di essere lì nel tardo pomeriggio, diciamo intorno alle sette, sette e mezzo. Adesso goditi la vittoria del tuo sindaco. - Giovanni…. del nostro sindaco..

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- Hai ragione.. del nostro sindaco. Nel frattempo Tanino era stato inghiottito da una folla impazzita. Continuavano a issarlo in aria e a inneggiare cori per il neo sindaco eletto. Tanino era sconvolto, stropicciato come un fazzoletto in tasca ad uno raffreddato. Finalmente fu posato per terra e circondato da microfoni di svariate emittenti e radio locali. - Signor Sindaco un commento a caldo su questa ampia vittoria che lo ha visto vincitore senza la necessità di un ballottaggio.. Chiese uno dei tanti giornalisti presenti. Tanino cercò di ricomporsi aggiustando ciò che rimaneva della sua cravatta e non fece in tempo a iniziare a parlare che partì un coro da parte dei sostenitori così forte che copriva la sua voce. Egli come un capo popolo che si rispetti li invitò a fare silenzio al fine di potere rilasciare la sua prima intervista da sindaco. - Debbo innanzitutto ringraziare tutta la popolazione di Fossalumera che ha creduto in me, al mio programma, alla mia coalizione. Voglio dire che sarò il sindaco di tutti. Da domani stesso inizierò a occuparmi dei pobremi del nostro paese, insieme alla mia giunta. - Sindaco, quale sarà la sua posizione nei riguardi della realizzazione dell’impianto a Fossalumera? Chiese un altro giornalista. - Ho pallato chiaro in campagna elettorale. Discuteremo in modo tale da creare le condizioni per potere portare lavoro e sviluppo nel nostro paese.

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Tanino oramai riusciva a districarsi egregiamente tra le domande e le interviste. Rispondeva come da ciclostile. Pumara aveva fatto un buon lavoro su di lui.

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CAPITOLO QUINDICESIMO Il paese tornò alla normalità dopo qualche giorno. I vincitori avevano iniziato a prendere possesso delle varie stanze del Palazzo di città, mentre i vinti tornarono, delusi e amareggiati, alla loro vita normale. Bartolomeo aveva ottenuto una parte delle promesse fatte da Livasulli e aveva anche iniziato un camaleontico cambiamento di look. Tutto come da manuale. Livasulli si stava occupando su incarico del Pumara di organizzare una bella sceneggiata. Venne incendiata una vecchia ruspa nel cantiere dell’impianto dove erano in corso i primi rilevamenti per l’azione esecutiva del progetto. Il valore della ruspa era di qualche migliaio di euro, ma fruttò a Briguglia e ai suoi compari di merende una visibilità mediatica di gran lunga superiore alla cifra investita. Lo stesso Dott. Briguglia iniziò le sue apparizioni presso le tv locali. Era lui adesso l’imprenditore del momento, taglieggiato, che lotta contro i poteri mafiosi e a cui le istituzioni devono assicurare protezione e porte aperte.

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Ma spesso, quando i meccanismi sembrano funzionare alla perfezione, capita che qualche ingranaggio possa trovare attrito. Potremmo dire che quando il cielo è sereno può capitare che vi sia in arrivo uno tsunami. Si sa anche che gli tsunami partono da lontano per poi arrivare in luoghi lontani e fare danni inimmaginabili. Questa volta lo tsunami aveva un nome ed un cognome: Alessandro Nardi, giornalista, 43 anni, testa rasata e pizzetto, dimostrava qualche anno in meno della sua età, il suo era un curriculum di tutto rispetto. Collaborava con un importante quotidiano nazionale. Era un giornalista di frontiera. Aveva maturato una importante esperienza nel campo del malaffare, degli appalti, della politica. Aveva seguito inchieste particolarmente delicate e questo gli aveva procurato non pochi problemi. Minacce, un paio di azioni intimidatorie, diverse perquisizioni da parte degli organi inquirenti. Proprio così. Nardi si doveva guardare da tutte e due le parti. Negli anni si era occupato di malaffare politico e a qualcuno della stanza dei bottoni non era certo andata giù la cosa. Alessandro era un vero giornalista, uno di quelli che se ne strafotteva del colore politico. La sua era una missione, una fede. Raccontare le cose così come erano andate. Aveva cambiato diverse redazioni prima di approdare alla testata per la quale lavorava. Lui era e continuava a stare in trincea. L’ultimo caso al quale stava lavorando era proprio

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l’inchiesta che riguardava Briguglia. Quando apprese che tutta la faccenda si era sciolta come neve al sole, rimase di stucco. Non poteva credere ai suoi occhi leggendo lo sviluppo e l’esito delle indagini. Non avrebbe mai immaginato che tutti i traffici, i contatti con ambienti mafiosi e camorristi che Briguglia aveva avuto fossero adesso ridotti a un mero reato di natura civile e qualche ammenda. Voleva vederci chiaro, voleva scoprire cosa si celasse dietro questo perentorio cambiamento di rotta da parte degli inquirenti. Presto ne ebbe contezza. Ad insospettirlo, fu l’articolo di un collega siciliano che riportava la notizia dell’attentato in un cantiere di Briguglia, che lo dipingeva puro come la Vergine Santa. Nardi non conosceva personalmente il suo collega. Decise di chiamarlo per avere chiarimenti sull’articolo. I due fissarono un incontro la settimana successiva. Alessandro nel frattempo incontrò il suo direttore al fine di partecipargli l’intenzione di recarsi in Sicilia a continuare il lavoro che aveva iniziato sul caso Briguglia. Il suo direttore non fu certo entusiasta dell’iniziativa: - Alessandro, non credo sia una buona idea. Il caso Briguglia è chiuso. Hai visto anche tu che tutto si è sgonfiato con un nulla di fatto. - E’ per questo motivo che voglio vedere cosa sta accadendo laggiù. Sono sicuro che l’esito della

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faccenda sia legata a doppio filo con la realizzazione dell’impianto di Fossalumera. E’ Briguglia che lo dovrà realizzare e credo che abbia provveduto qualche sartoria siciliana a procurargli l’abito nuovo. D’altronde, se qualcuno ti viene a casa a proporti un affare da 500 milioni di euro, dovrai certamente preoccuparti di risolvergli qualche problemino… o no? - Ale, stai calmo. Stai parlando della Sicilia. Attento, che lì le cose non te le mandano a dire. E’ anche vero che tu hai grande esperienza, sei stato più volte da quelle parti e ti sei anche occupato di faccende anche più delicate, ma non vorrei che ti cacciassi nei guai. Lo sai che se pesti i piedi a qualcuno i guai mi arrivano dritti dritti su questa scrivania. - Lo so, non preoccuparti. Mi muoverò con attenzione. Voglio solo capire un po’ di più, se lo riterremo lo faremo sapere ai nostri lettori, altrimenti vorrà dire che mi hai pagato un soggiorno in Sicilia. - Io il soggiorno te lo pago volentieri, ma ti chiedo di essere molto prudente. Ti conosce bene. So di che pasta sei fatto. Mi servi tutto intero. Nardi non perse un attimo di tempo. Prenotò il primo volo disponibile per Palermo e la sera stessa arrivò nel capoluogo siciliano. Avrebbe dovuto incontrare il suo collega. Prese a noleggio una Fiat punto all’aeroporto di Puntaraisi e si diresse verso l’hotel dove avrebbe alloggiato per qualche giorno in attesa di spostarsi a Fossalumera.

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L’indomani i due si incontrarono nella hall dell’hotel. Il suo collega era molto giovane. Dimostrava ad occhio e croce una trentina di anni. Si vedeva palesemente che era ben felice di incontrare Alessandro. Un collega che lavora per una testata importante fa curriculum. Infatti si presentò puntuale all’appuntamento. - Alessandro Nardi, piacere di conoscerti. - Il piacere è mio, ho letto tantissimi tuoi articoli. Sono Luigi Di Franco. I due si accomodarono in un angolo appartato della hall. Erano le nove e trenta del mattino. - Cosa ti faccio portare? Chiese Nardi. Chiamò il cameriere e ordinò due caffè. Alessandro sapeva bene di esercitare un certo ascendente sul collega che lavorava per una testata sicuramente meno importante della sua e come si fa in questi casi tentò di coinvolgerlo emotivamente. - E allora che aria tira in questa isola meravigliosa? Vedo che avete l’attenzione di grossi imprenditori. - Tu lo sai bene che qui la vita non è facile per quelli che fanno il nostro mestiere. Replicò Di Franco con una certa rassegnazione. - Lo so, lo so. Conosco l’ambiente. Ho lavorato a diverse inchieste in Sicilia, conosco le difficoltà. - Come mai ti stai interessando a Briguglia? Qui è quasi un messia. A Fossalumera è considerato uno dei tre re magi. Capirai… con la fame di lavoro che c’è anche se gli vieni a proporre una fabbrica di eternit la popolazione sarebbe ben contenta di accettare.

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- Tu hai fatto un articolo sull’attentato che hanno fatto al cantiere di Briguglia. Cosa è accaduto realmente? - Hanno bruciato una vecchia pala meccanica, di poco valore. - C’erano altri mezzi accanto alla pala? - Si c’erano molti mezzi nuovi e sicuramente di valore. - Capisco…hai idea di chi e perché abbia potuto fare ciò ? Chiese Nardi nella speranza di avere qualche appiglio dal quale partire. - Io non ho un’idea ben precisa ma tira una strana aria a Fossalumera. - Cioè? - Si sono appena concluse le elezioni amministrativa. Il sindaco è un perfetto imbecille che a sentirlo parlare ci si dimentica la lingua italiana, non è stato necessario neanche il ballottaggio. E pensare che il suo antagonista era sostenuto dall’onorevole Livasulli. A dire il vero non l’ho visto particolarmente coinvolto in campagna elettorale, anzi mi è sembrato alquanto defilato. - Stai forse dicendo che Livasulli non si è dispiaciuto della vittoria di questo sindaco? - Credo non più di tanto. In questo momento è l’on Pumara ad avere il vento dalla sua parte. Lo conosci? - Sì, per sentito dire. So che è uno antimafia per così dire. - Esatto, ha tutte le porte aperte, a tutti i livelli. - Come si pone il Pumara nei confronti della realizzazione dell’impianto?

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- Come vuoi che si ponga uno a cui sta arrivando un affare del genere nel paese dove ha il monopolio e da oggi anche il sindaco? E’ d’accordo, anzi credo ne sia l’artefice. Di Franco sembrava essere un ottimo osservatore di quella realtà. Alessandro iniziava a considerarlo un buon punto di partenza. - Te la sentiresti di darmi una mano in questa inchiesta? Voglio precisare che per te potrebbe essere una buona possibilità per farti conoscere dal mio giornale. Intendiamoci … è un percorso ma potrebbe.. Alessandro non riuscì a finire la frase che.. - Sono a tua disposizione, per me è una grande occasione potere collaborare con te. - Attenzione – replicò Alessandro – guarda che non è una passeggiata di salute. Stiamo parlando di cose grosse, potenzialmente pericolose. Io non conosco la tua esperienza, ma stiamo parlando di prima linea. Ti arriveranno colpi da tutte le parti, credo ad iniziare dal tuo direttore. Se ci sei dentro devi essere consapevole di tutto ciò. - Sposo la causa, ritienimi a tua disposizione. Sono disposto a correre il rischio. - Benvenuto a bordo, allora… - Quando e da dove si parte. Di Franco sembrava volersi affidare all’esperienza del collega. Lui avrebbe messo a disposizione la sua conoscenza del territorio.

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- Si parte subito. Mi serve avere un quadro completo degli ultimi avvenimenti accaduti a Fossalumera. Mi serve anche avere informazioni dettagliate sui candidati alla poltrona di sindaco che non sono stati eletti e le loro posizioni a proposito dell’impianto. - A questo proposito posso fin da subito dirti che l’unico che sembrava accanirsi contro l’impianto era il candidato della sinistra un certo Bartolomeo. Era partito a mille, si era incatenato e cose del genere. Poi all’improvviso, iniziò a defilarsi come se qualcuno lo avesse convinto che era meglio mettersi da parte. - E adesso che fine ha fatto? - Credo che abbia trovato sistemazione, un incarico come consigliere di amministrazione in un ente, di quelli che ti porti a casa lo stipendio con un paio di presenze al mese. - Bravo il comunista! Dobbiamo sapere a chi faceva capo l’incarico che ha ottenuto. Chi lo ha sistemato lì… - Perché vuoi partire da lì? - Capire da chi sono stati messi alla porta i contrari all’impianto ci aiuterà a scoprire alleanze che in apparenza sarebbero impensabili. - E’ vero, ci aiuterà a fare luce su eventuali accordi sottobanco. Ma posso chiederti cosa speri di scoprire da questa inchiesta? Cosa stai cercando insomma.. - Stavo lavorando da parecchio tempo ad una inchiesta su un giro di stoccaggio di rifiuti tossici. Briguglia era il principale attore di tutta la vicenda. Appena arrivato

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in Sicilia a proporre questo impianto, le indagini che lo avrebbero portato ad una sicura e pesante condanna hanno all’improvviso subìto una sterzata. Tutto è stato occultato come polvere sotto il tappeto. Voglio sollevare quel tappeto e scoprire chi ci ha messo sotto la polvere. - Questo sì che è giornalismo. Replicò Di Franco entusiasta, eccitato per il suo coinvolgimento. - Hai voglia di fare i soliti articoletti sulla inaugurazione della villa comunale? Anch’ io sono partito da lì, poi il nostro mestiere diventa come la droga per i drogati e sembra non bastarti più l’ipocrita realtà che i direttori dei giornali locali, foraggiati dai politici, ti impongono. Non pensare che questo non accada anche a livelli più alti. In verità quando ti sei costruito una tua credibilità nei confronti dei lettori, i direttori debbono fare i conti anche con te che gli tieni i lettori sulla corda. - Mi piacerebbe molto poter dire la mia su tante situazioni di cui ho dovuto scrivere cazzate che non rispondevano affatto alla verità. - Beh, un primo passo lo hai fatto oggi. Si inizia così. Trovi un incosciente come me che ti trascina nel vortice … e il gioco è fatto. Alessandro cercava quasi volere spaventare Di Franco quasi a volerlo fare desistere dall’invito di partecipare al servizio. Di Franco sembrò non essere scalfito dalla battuta.

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- Non vedo l’ora di poterti dare un effettivo contributo. Ritienimi a tua disposizione. - Inizia col chiedere un’intervista a Bartolomeo. Digli che stai facendo una serie di interviste ai candidati non eletti al fine di sapere quale sarà il loro prossimo impegno nel quadro politico di Fossalumera. Non dimenticare che quando te lo troverai davanti lo devi incalzare a proposito dell’impianto e dei motivi che lo hanno fatto desistere dalle sue precedenti posizioni. Contemporaneamente sarebbe bene accertarsi a chi fa capo dal punto di vista politico il posto che ha ottenuto in quel consiglio di amministrazione. - Chiaro; mi servono un paio di giorni. Chiederò un paio di giorni di ferie al giornale. D’altronde ne ho talmente di arretrate….Non vorrei che il mio direttore si opponesse ancora prima di iniziare l’inchiesta. - Io,invece -disse Nardi- parto oggi stesso per Fossalumera, cercherò di partire dal territorio. - Fai attenzione che una faccia nuova in un posto come Fossalumera non passa certo inosservata. Qualche ora dopo, di te, si saprà tutto, compreso il motivo per cui ti trovi lì. - Gli eviterò di fare indagini dettagliate. Andrò a chiedere una intervista a Pumara. Lui conosce la mia testata, sono sicuro che non gli dispiacerà affatto. -Allora ci vediamo lì, io alloggio a Villamonte, si trova a 5 chilometri da Fossalumera. C’è un

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alberghetto per lo più frequentato da commessi viaggiatori e camionisti. - Ottimo, prenoterò anch’ io una camera. Ci si vede a Villamonte. I due si congedarono con i compiti da svolgere già assegnati. Nardi chiamò la redazione del suo giornale per chiedere di fissare un appuntamento con Pumara. Dopo qualche ora l’appuntamento era fissato per la sera stessa, alle ore 19 presso lo studio di Pumara. Lungo il tragitto Nardi cercava di focalizzare i punti importanti dell’intervista, quelle domande che senza suscitare alcun malumore da parte di Pumara, gli potessero comunque dare nuovi elementi per la sua inchiesta. L’operazione non era affatto facile. All’improvviso squillò il cellulare. Diede uno sguardo al display. Era il suo direttore. - Vedo che non puoi fare a meno di me…esordì Nardi - Alessandro come stai? Ho una notizia che credo ti possa tornare utile. Ricordi la tua inchiesta su Briguglia? - Ci sto ancora lavorando. - Cosa ti dice Avarello? - E’ il procuratore che se ne stava occupando. - Ale,Tieniti forte, è stato trasferito proprio da quelle parti, dove ti trovi tu in questo momento. Nardi inchiodò l’auto e si mise da parte

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- Cosa? Non posso crederci. Mi stai dicendo che Avarello è il nuovo procuratore della provincia… -Esatto, si occuperà anche di Fossalumera. - E’ una coincidenza incredibile. E’ un pezzo di puzzle che tirerà tanti tasselli a sè come la calamita il ferro. - Non credo che ci sia bisogno di aggiungere altro. Credo che le raccomandazioni alla prudenza che ti ho fatto prima di partire debbano essere risottolineate. Alessandro, prudenza, molta prudenza. - D’accordo direttore, non preoccuparti. Ti faccio sapere. Io sto andando a Fossalumera ad intervistare l’on Pumara. - A questo proposito debbo aggiungere una indiscrezione: Pumara e Avarello sono legati a doppio filo. E’ stato lo stesso Pumara che ha diciamo agevolato la carriera di Avarello. - Direttore se tu non ci fossi bisognerebbe inventarti. Ci sentiamo. Il direttore chiuse la conversazione raccomandandogli per l’ennesima volta “PRUDENZA”. Nardi riprese la sua marcia in direzione di Fossalumera. Nella sua testa mille pensieri, mille domande, mille supposizioni. Aveva intuito che in qualche modo ci fossero delle correlazioni tra quanto appena appreso dal suo direttore e l’insabbiamento dell’affare dei rifiuti tossici che aveva come protagonista Briguglia. Nardi arrivò a Villamonte intorno alle 14. Sistemò i

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suoi bagagli e scese nella hall dell’alberghetto dove vi era annessa una piccola trattoria. Una piccola saletta con una cinquantina di posti a sedere. Data l’ora la saletta era quasi vuota. Su alcuni tavoli rimanevano gli avanzi di alcuni avventori che lo avevano preceduto. Il cameriere gli disse che data l’ora poteva portargli solo una bistecca ai ferri che egli stesso avrebbe preparato. Il cuoco era già andato via. Nardi nell’attesa tirò fuori un piccolo block notes e mise giù una serie di appunti. Mangiò la sua bistecca non distogliendo l’attenzione dal suo taccuino che nel frattempo era quasi coperto da molliche di pane. Ritornò in camera per riposarsi qualche oretta e mettere in ordine gli appunti. Stilò una ventina di domande che avrebbe posto a Pumara. Si presentò puntuale all’appuntamento. Pumara conoscendo di fama il giornalista e la testata per la quale scriveva, lo ricevette personalmente. Lo fece accomodare nel suo studio dando disposizioni alla sua segretaria di non essere disturbato. Si accomodarono sul salotto di fronte la scrivania. Lo studio era particolarmente lussuoso con una grande libreria in legno massiccio piena di libri. Alle pareti quadri importanti e foto con personaggi illustri. Alle spalle della scrivania su un pezzo antico, la foto con il

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Santo Padre e con alcuni politici di alto livello. - Bene arrivato, sono felice di conoscerla personalmente. - Sono felice anch’io ,On. Pumara, di conoscerla. I due si accomodarono. - Le faccio portare qualcosa, un caffè?.. - La ringrazio, sono a posto. Nel frattempo Nardi aveva iniziato a tirare fuori gli attrezzi del mestiere. Un piccolo registratore digitale, il suo inseparabile block notes e un foglio con alcune cose scritte su. - Mi auguro che sia qui per dare visibilità al nostro paese. Sa, in questo momento un pò di riflettori su Fossalumera sarebbero utili anche per far vedere che la classe politica di questo paese ha progetti ambiziosi. - Posso accendere il registratore, vedo che stiamo entrando da subito in argomento. - Prego, faccia pure. - Intanto complimenti per l’elezione a sindaco del suo candidato.. - Abbiamo voluto uno del popolo alla guida della città. Tanino Spoto è un consigliere comunale di lunga esperienza e ha saputo portare avanti una campagna di contenuti, senza mai cadere nelle provocazioni dei suoi antagonisti. - Il programma elettorale di Spoto prevede la realizzazione dell’impianto petrolchimico. Non ritenete che un impianto così impattante costituisca un serio pericolo per la popolazione che da quello che mi risulta

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ha già pagato un prezzo altissimo in termini di sfruttamento del territorio? - Mi dispiace contraddirla, ma credo che l’impianto in questione rappresenti per tutta la collettività un serio momento di riscatto. Centinaia di posti di lavoro che andranno a colmare la fame di lavoro di cui purtroppo soffre atavicamente Fossalumera Nardi fino a quel punto si era contenuto. Era sua intenzione entrare in argomento poco per volta. - Lei conosce i promotori di questa iniziativa imprenditoriale? - Ho avuto il piacere di conoscere l’amministratore delegato della società e alcuni ingegneri del team dei progettisti. - Si riferisce al dott. Briguglia? - Esatto, il dott. Briguglia. Ho avuto il piace di confrontarmi più volte con lui. In diverse occasioni anch’ io ho fatto presente alcune mie perplessità, ma le assicuro che il suo staff fatto dei migliori ingegneri in questo campo mi ha dato rassicurazioni sia sulla sicurezza che sull’impatto a cui si riferiva lei. - Beh, se lo dice Briguglia c’è da fidarsi. Il tono utilizzato da Nardi lasciava aperte diverse interpretazioni, sembrava palesemente ironico, ma non troppo. - Briguglia è un imprenditore di lungo corso.. - Lei sa che Briguglia è il principale inquisito in un traffico di rifiuti tossici che coinvolgono oltre che Briguglia anche alcune cosche mafiose e camorriste?

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Il tono era improvvisamente cambiato. Anche l’espressione di Pumara fino a quel momento ben predisposta si incupì. - Se è così informato dovrebbe anche sapere che il dott. Briguglia è stato scagionato da quella accusa e che tutto il castello accusatorio si è dissolto nel nulla - Replicò Pumara con tono di sfida. - Sì lo so. So anche che il procuratore che stava curando le indagini all’improvviso sembra essersi, come dire…. Ravveduto, ravveduto e trasferito. Credo da queste parti… o no? - Non capisco che tipo che tipo di allusione lei intenda fare. Il Dott. Avarello è uno dei procuratori più stimati con una carriera di tutto rispetto. - Non lo metto in dubbio. Ma lei non troverebbe strano che un’indagine con centinaia di ore di intercettazioni è una miriade di prove, all’improvviso si dissolva come neve al sole e contemporaneamente il procuratore che sta portando avanti le indagini venga trasferito, così di botto, proprio nella provincia dove lo stesso Briguglia sta per realizzare un impianto come quello in questione? - Non lo trovo affatto strano ma le dirò di più, mi meraviglia non poco che un giornalista di rango quale è lei lo trovi strano. - Onorevole, lei sa di cosa stiamo parlando… la prego. - Ma sono io che la prego di smetterla con insinuazioni che non hanno alcun fondamento. - Ha ragione onorevole, ma sa, noi giornalisti a volte

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abbiamo le traveggole e vediamo anche cose che non ci sono. Pensi che io ho immaginato che la sua antica amicizia con il dott Avarello, la cui splendida carriera in qualche modo la deve anche alla sua persona, potesse in qualche modo avere influito a stoppare le indagini su Briguglia Pumara sorrise in maniera sarcastica e senza scomporsi per le gravi affermazione di Nardi disse: - Caro Nardi, mi lusinga pensare che lei mi immagini un uomo così potente da potere cambiare le sorti di una indagine così delicata come quella che vedeva protagonista il dott. Briguglia, ma devo deluderla. Il dott. Avarello è mio amico da sempre e la sua fulgida carriera le assicuro è frutto della sua preparazione e professionalità. Mi creda, il dott Avarello, per come lo conosco io, non guarderebbe neanche sua madre se fosse imputata in un processo che lo riguarda. - Apprezzo quello che sto apprendendo, dovrò un attimo rivedere le mie congetture sul dott. Avarello. Sa, tra l’altro mi ero appassionato alle indagini che stava portando avanti sul caso Briguglia. Il mio è una sorta di risentimento nei confronti di un uomo dello stato che sembra essere stato distolto dal compiere fino in fondo il suo dovere. - La prego Nardi usciamo da questa antipatica discussione. Se vuole torniamo a parlare dello sviluppo di Fossalumera. Nardi allentò la corda, si era fatto un’idea un pò più precisa sui rapporti del Pumara con il resto della

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compagnia. L’intervista continuò su toni più tranquilli, anche se ambedue sapevano che si trattava solo di una parvenza. La provocazione oramai era stata lanciata. Tutti e due sapevano che la cosa avrebbe avuto strascichi.. Pumara avrebbe certamente aspettato l’uscita dell’intervista per farsi un’idea ancora più chiara sulle intenzioni di Nardi. - Quando avrò il piacere di leggere il contenuto della nostra conversazione? domandò Pumara per accertarsi di non perdere l’articolo. - Non saprei, conto di completare un giro di interviste per stilare un corposo reportage. La parola reportage non ebbe un suono amico per Pumara. - Reportage? Credevo si trattasse di una singola intervista. – Poi aggiunse con tono ironico – per un attimo avevo creduto che fosse interessato alla mia attività politica. - Anche a quello, ma sa, ciò che sta accadendo in questo posto è degno di attenzione… - Ma perché che cosa sta accadendo? - Uno strano vento di fittizio cambiamento. Il mio intuito di giornalista mi fa pensare che le cose non sono come appaiono. La discussione stava prendendo un taglio un po’ sibillino, di quelle discussioni in cui si dice e non si dice. Poi Nardi si avviò verso la porta quasi a volere interrompere quella discussione.

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Pumara aggiunse: - Voi giornalisti vedete la notizia dappertutto, ma d’altronde è il vostro mestiere. - Una categoria di visionari ….la nostra. - Assolutamente no, non volevo dire questo. Nardi tese la mano e con un sorriso ciclostilato replicò: - Onorevole lo ha detto. Non mi dirà che oltre a vedere cose che non esistono, sentiamo cose che non si dicono?... Adesso si è fatto tardi. La ringrazio per la sua pazienza. - Ringrazio lei per la sua disponibilità. Pumara aveva intuito dove voleva andare a parare il giornalista, e sapeva bene che avrebbe potuto creare qualche problema. Non fece in tempo a chiudere la porta che chiamò il suo amico Avarello. Pumara chiese ad Avarello se conoscesse Nardi. - Certo che lo conosco. Nell’ambiente lo chiamano “il segugio” è uno di quei giornalisti che quando è impegnato in una inchiesta non ti lascia più in pace. Stava seguendo il caso dei rifiuti tossici. Ma perché, cosa è successo? Pumara raccontò la conversazione avuta col giornalista per filo e per segno. La voce di Avarello cambiò tono e il procuratore non potè nascondere una certa preoccupazione. Pumara cercò di tranquillizzarlo.

- Non preoccuparti, è pensiero mio. Egli era sicuro di trovare il tramite per mettere a tacere

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il giornalista. - Ti prego di tenermi aggiornato. Concluse il procuratore Avarello Nardi era ritornato in albergo. Il portiere lo informò che era stato cercato da un certo Di Franco il quale alloggiava nello stesso albergo ma al momento era fuori. Il portiere non fece in tempo a finire la frase che alle spalle di Nardi si materializzò Di Franco. Il portiere - Eccolo è appena rientrato. - Luigi, come stai? Mi stavano appunto dicendo che mi avevi cercato. - Ci sono buone nuove. Ho appena finito l’intervista con Bartolomeo. Ma accomodiamoci in saletta che ti racconto per filo e per segno. Nardi rivolgendosi al portiere - Ci porti un paio di birre. Credo che avremo tante cose da dirci che ci si prosciugherà la gola- continuò rivolgendosi a Di Franco. La saletta era vuota, la tv accesa con il volume basso stava trasmettendo un gioco a quiz. I due si accomodarono nell’angolo più discreto della sala, defilati. Non fecero in tempo ad iniziare la conversazione che il portiere gli portò le due birre. - Dimmi tutto. Com’è che il nostro comunista adesso siede al tavolo del c.d.a. di questa società?

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- In verità non me lo ha detto, l’ho dovuto scoprire io attraverso altri canali. Ma quando gli chiesi come mai la sua battaglia contro la realizzazione dell’impianto era scemata quasi all’improvviso durante la campagna elettorale, dopo una partenza eclatante con l’incatenamento e altre menate varie, lui ha cambiato colore. Mi ha detto che tutto sommato per potere contestare l’impianto, data la fame di lavoro, sarebbe stato necessario proporre un progetto alternativo che lui non aveva nè poteva proporre. Gli è sembrato più corretto nei confronti della popolazione non forzare i toni. - Gran paraculo. Ma dimmi chi lo ha sistemato lì? Chiese Nardi -Di quel sottogoverno, chiamiamolo così.. aveva la paternità Livasulli, l’onorevole. E’ stato lui a collocarlo lì. Ma da indiscrezioni so che ha fatto ben altro. - Ben altro cosa? - Il candidato di Livasulli era perdente in partenza. Voci attendibili dicono che Pumara e Livasulli hanno chiuso un accordo: un imbecille a sindaco che facesse comodo a tutti e due. Sul candidato non vi sono state perplessità: Tanino Spoto - L’imbecille - E’ un buontempone, ignorante come una capra e gestibile come un cane di caccia.. - Il quadro si fa chiaro. - E l’intervista a Pumara? Come è andata? Domandò

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Di Franco - Ha subito intuito il motivo della mia presenza, anche perché io non gliel’ho mandato a dire. Credo abbia iniziato a telefonare ancor prima che io finissi l’ultima rampa di scale. L’ho fatto di proposito. Se arrivano segnali di un certo tipo… allora significa che siamo sulla strada giusta. - Che tipo di segnali? - Se conosco bene i miei polli domani il mio direttore mi chiamerà per dirmi che c’è qualche problema. - E tu che farai? - Quello che c’è da fare. Continuerò la mia inchiesta. A proposito, sarebbe interessante conoscere la composizione della commissione edilizia di Fossalumera, sono loro che debbono dare una delle ultime autorizzazioni mancanti. - So che la commissione si insedierà la prossima settimana,-aggiunse Di Franco- ma i giochi sono già fatti. Sono tutti uomini di Pumara e Livasulli, non ci sono alternative. - Fammi capire.. Livasulli con Pumara che tipo di relazione c’è tra i due? - Livasulli è l’onorevole vecchio stile, con le mani in pasta dappertutto,dall’immagine oramai compromessa. E’ uscito da mille inchieste sempre per il rotto della cuffia. Ha anche come referenti alcuni malavitosi della provincia. Ha avuto l’intelligenza di capire che la sua faccia non è più spendibile. A lui interessa essere deputato e basta, non vuole visibilità, non gli serve.

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Anzi più buio c’è intorno a lui e meno si vedono le marachelle che combina. Pumara invece è la faccia dell’antimafia, il giusto, il pulito, quello spendibile. Ha capito che gli accordi con Livasulli avrebbero monetizzato la sua faccia da bravo cristiano.Sono i pupari di Fossalumera. Si divertono a fare e sfare quello che vogliono. Infine c’è l’onorevole Loiero, quello che cammina scortato. Quello è un pupo in mano ai pupara. Lo gestiscono come vogliono. Gli fanno fare manovalanza politica. Non conta un cazzo, ma fa comodo ai due compagni di merende. Infine, e con ciò ti completo il quadretto, ci sono alcuni imprenditori, uno in particolare il Cavaliere Pisano, te lo raccomando. Lui ci sta sempre. Si è riciclato denunciando quattro babbi e ora è imprenditore antimafia. Questa cosa qui gli ha concesso di entrare in tutti gli appalti dalla porta principale. - Mi stai dicendo che ha fatto arrestare persone per potersi costruire questa immagine? Chiese incredulo Nardi - Hai capito bene. Io sono nato da queste parti e ti assicuro che la mafia, quella vera, non ti dà nessuna possibilità. Sono loro stessi che organizzano le scenografie, che realizzano la stesura delle sceneggiature. Ti dirò di più; poco tempo fa a Fossalumera c’era un certo Mimì che stava prendendo piede, alla vecchia maniera, quella dei delinquentazzi. I signori non hanno gradito che le loro preziose camicie bianche si sporcassero di sangue. Mimì è stato fatto

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fuori. Evviva la legalità. - Luigi, stai cercando di dirmi che questi che fanno “gli antimafia” mettono su questo circolo mediatico per fare i loro affari indisturbati? - Non provare a farmelo ridire, lo negherei. La cosa più grave è che se provi a dire una cosa del genere o ti prendono per pazzo o ti fanno un bel letto di cemento. Io non ne ho mai parlato con nessuno. Se dicessi una cosa del genere al mio direttore, mi manderebbe a fan culo con tutte le scarpe. Il mio giornale ad esempio campa grazie ai Livasulli, ai Pumara. Siamo tutti nei loro libri paga. - Ma questa è una situazione impossibile da scardinare. La mafia che attacca se stessa, almeno in apparenza per rafforzarsi… è incredibile. - Ma cosa ti aspettavi coppole, lupare e cannoli?, caro Alessandro, anche la mafia ha capito l’importanza della comunicazione. A fare scruscio sono rimasti quattro delinquenti da strapazzo che tornano parecchio utili in certi momenti. Adesso sai come stanno le cose. Cosa pensi di fare? Ti diverte ancora il gioco? Nardi prese a sorseggiare la sua birra, poi si accese una sigaretta. Trattene per un po’ il fumo in bocca e iniziò a tirarlo fuori quasi a giocarci. Poi disse: - Non lo so, ma credo che la questione possa essere molto interessante.. - Non ti seguo.. che vuoi dire? Chiese curioso Di Franco - Sai, la Sicilia vista da lontano è come una bella

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donna, affascinante, sinuosa, intrigante. Quando ti avvicini scopri che gli puzza l’alito. Questa è la Sicilia… una brutta regione in un bel posto. Non so cosa ci sia da fare, so che devo fare il giornalista. So solo questo. La devo raccontare, così come me l’hai raccontata tu questa sera. - Ale, qui guarda che non scherzano. Questi ti vengono a trovare fino in culo al mondo e nella migliore delle ipotesi ti fanno stare seduto per il resto della tua vita. Nardi lo guardò dritto negli occhi e gli chiese: - Ti stai tirando indietro? Mi vuoi mettere paura? - No, voglio solo dirti con chi hai a che fare. - E tu non hai paura, non credi che possano comprare due sedie sulle quali farci passare il resto della nostra vita? - Io ci sono già su una sedia di quelle, ho fatto quel passo il momento in cui ti ho incontrato. Come pensi che si possa sentire uno che crede nel proprio lavoro di giornalista e gli viene impedito di farlo? Uno che vorrebbe gridare a tutto il mondo che pezzi di merda gestiscono la nostra terra e invece li devi riverire e scrivere di loro il contrario di quello che in effetti sono? Luigi aveva gli occhi pieni di rabbia. Alessandro rimase colpito da quel risentimento. Luigi tremava e gli occhi si erano riempiti di lacrime. Poi continuò: - Mio padre è morto quando io avevo quindici anni, è venuto giù da un ponteggio. Lavorava in uno dei cantieri di Pisano. Tutti qui lavorano in uno dei

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cantieri di Pisano. L’impalcatura era fatiscente, non un solo bullone era a norma. Altri tempi. Fu un incidente, si concluse lì la faccenda. A mia madre diedero un posto di bidella e mi fece continuare gli studi. Ho studiato per scrivere delle falsità su uomini come Pisano, Pumara, Livasulli. La vedi adesso la sedia sulla quale mi hanno seduto? - Scusami Luigi, scusami se non lo avevo capito. Tu non hai paura. Io non ho paura. Andiamo avanti. Me li voglio inculare tutti. Hanno trovato pane per i loro denti. Dormiamoci sopra. Domani affronteremo la questione con più lucidità.

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CAPITOLO SEDICESIMO L’indomani il telefono di Livasulli squillò di buon mattino. - Giovanni sono Alfonso, che fa dormivi? - E tu mi fai uno che a quest’ora dorme? Ma che è successo, come mai questa telefonata alle 8 del mattino? -Non è successo niente, almeno fino ad ora. Che ti dice il nome Alessandro Nardi? - Che minchia mi deve dire? Non lo conosco, o meglio l’ho sentito da qualche parte, ma non ricordo in che occasione… ma parla chiaro, smettila con gli indovinelli di prima mattina. - E’ un giornalista, scrive per una testata nazionale importante. E’ venuto giù in Sicilia per venire a scassare la minchia. Mi ha chiesto un’intervista tramite la sua redazione. Ieri sera l’ho ricevuto e ha iniziato a fare domande strane, strane allusioni. Poi ho scoperto che stava indagando su Briguglia, l’indagine quella dei rifiuti tossici… insomma sento puzza di bruciato. - Aspetta, aspetta, ieri sera mi ha chiamato Bartolomeo, il comunista, tutto cacato che un certo Di Franco, se non ricordo male quel giornalista di mezza botta che scrive su Fossalumera, lo ha tempestato di

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domande. Bartolomeo mi ha chiamato subito preoccupato che potesse esserci qualche problema… - Ma questo testa di cazzo di Di Franco non lavora per la Gazzetta locale? Lo sa che lo campiamo noi? Che minchia si sono messi in testa. Chiudo che voglio telefonare al suo direttore. Ci sentiamo più tardi. Urlò dall’altro capo della cornetta l’on. Pumara. - Alberto non ti agitare, sono cani di mannira sguinzagliati in cerca di notorietà. Stai tranquillo. Pumara chiuse la conversazione e chiamò il direttore di Di Franco. - Carissimo onorevole a cosa debbo l’onore di questa telefonata? Pumara saltò i convenevoli e venne immediatamente al dunque. - Dimmi una cosa quel Di Franco che lavora da te, di cosa si sta occupando in questo momento? - Credo di come occupare il tempo, dato che si è messo in ferie, ne aveva un bel pò arretrate… - In ferie una minchia. Credo che faccia comunella con un certo Nardi. - Alessandro Nardi?, ma scherzi .. quello è un giornalista importante, vuoi che si affianchi Di Franco..ma che dici? - Senti non ho tempo da perdere fammi sapere che cazzo sta succedendo. - Dammi qualche ora e ti richiamo. Pumara mise giù il telefono senza neanche salutare.

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I due colleghi giornalisti stavano prendendo posto nella saletta dell’albergo per fare colazione che Di Franco sente il telefonino in tasca vibrare. Sul dispay “direttore”. Lo mostra ad Alessandro ancor prima di rispondere. Alessandro accenna una smorfia - Tranquillo ci può stare. - Pronto direttore, vedo che non potete fare a meno di me.. disse col tono di chi ha voglia di scherzare aggiungendo una timida risata. - Luigi, che cazzo stai combinando? Le urla del direttore si sentivano a metri di distanza, a tal punto che Di Franco allontanò il cellulare dall’orecchio e anche Nardi potè sentire l’ira del direttore. - Non capisco direttore, che si è svegliato col piede sbagliato stamattina? Che ho fatto? - Chi ti ha autorizzato a fare l’intervista a Bartolomeo, chi minchia ti ha autorizzato? - Ma perché, serviva un’autorizzazione? rispose in modo ironico Di Franco. - Fai pure lo spiritoso, bravo, bravo Di Franco, vedo che con lo sbalzo di temperatura anche i puci hannu a tussi (anche le pulci hanno la tosse). Era un modo alquanto dispregiativo per dire che uno che non contava niente tentava di alzare la testa e dire la sua. - Bravo, che fai il freelance ora, o il tuo amico del continente ( riferendosi a Nardi) ti ha fatto acquistare punti.

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Di Franco mise la mano davanti la cornetta e rivolgendosi a Nardi gli chiese: - Che minchia devo fare con questo? - Digli che gli volevi fare una sorpresa e che non hai fatto in tempo a portagli l’intervista stamattina, ma se la cosa non la gradisce non se ne fa nulla e torni a goderti le ferie. Di Franco colse al balzo il suggerimento dell’amico: - Direttore, se si calma le posso spiegare. Volevo farle una sorpresa, un articolo sui trompati alle elezioni, credevo potesse essere interessante. Ma se la cosa la fa incazzare non se ne fa niente, anzi torno a godermi le ferie. - Di Franco la pigliata per il culo l’ho inventata io. Di franco fece una smorfia come a dire “ non se l’è bevuta” - Ma spiegami che è questa storia di Nardi, cosa c’entri tu con Nardi? - Nardi? E chi è? - Di Franco guarda che mi stai facendo incazzare adesso. Se non vuoi che ti mandi a fare gli articoli sul circolo degli anziani di Fossalumera, dimmi che cosa stai facendo? A quel punto Nardi tolse repentinamente il telefono dalle mani di Di Franco - Direttore, buon giorno sono Alessandro Nardi. Il direttore rimase basito, non potè fare a meno di balbettare. Nardi era un giornalista importante e non poteva certo tenere certi toni con lui anche se il

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mandante era Pumara. - Dott Nardi, che piacere conoscerla. Io seguo con grande attenzione i suoi articoli. Non mi aspettavo.. sa…mi coglie di sorpresa. Ma a cosa dobbiamo l’onore di averla dalle nostre parti. - Direttore, la smetta. Di Franco sta collaborando con me. Avevo bisogno di un supporto locale e avendo avuto delle ottime referenze sul suo reporter ho ritenuto opportuno coinvolgerlo. D’altronde si è messo anche in ferie per continuare a lavorare. La prego di cambiare tono. Non ho potuto fare a meno di ascoltare le sue urla. Capisco che avrà ricevuto delle pressioni. Io conosco le dinamiche di questo lavoro, ma le chiedo di mantenere un pizzico di deontologia professionale. Dica ai suoi padroni che non stiamo facendo nulla di cui possono temere e che ci lascino fare in pace il nostro lavoro, perché lei forse lo sa che quello del giornalista è un lavoro.. mi auguro. Il direttore rimase in silenzio, intimorito, pietrificato, poi prese il coraggio a quattro mani e tentò un piccolo accenno di difesa. - Dott. Nardi, ma che dice? La prego non sia così duro. Capisco che con i miei ragazzi sono particolarmente esigente, ma certe sue affermazioni… - Lei sa meglio di me che le mie affermazioni hanno fondamento, quindi la prego di troncare qui questa conversazione. Qualora decidesse di non fare collaborare più Di Franco con la sua testata le

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assicuro che a rimetterci sarà lei e i suoi lettori. Di Franco non sapeva se gioire o disperarsi. Continuava a mettersi le mani in testa e a ridere, in una sorta di risata tra l’isterico e il felice. - Direttore adesso la saluto, abbiamo un sacco di lavoro da fare io e il giornalista Di Franco, perché forse lei non se ne sarà mai accorto, ma Di Franco è un giornalista. Ah dimenticavo, l’articolo sul circolo dei pensionati di Fossalumera lo scriva lei personalmente, chissà che non ne venga fuori qualcosa di interessante.. E mise giù. Era nato un sodalizio, i due non commentarono l’accaduto. Nardi diede una pacca sulla spalla a Luigi e disse: - Per diventare giornalista devi correre il rischio di diventarlo. - Che si fa adesso? Chiese Luigi un po’ confuso per quanto era da poco accaduto. - Continuiamo la nostra inchiesta, iniziamo col vedere le carte, tutte le autorizzazioni. Sono sicuro che tra quelle carte troveremo cose interessanti Nardi conosceva bene il suo mestiere. I due decisero di recarsi presso i vari assessorati regionali delegati a fornire le autorizzazioni necessarie. La ricerca durò parecchi giorni, senza non poche difficoltà e ostruzionismo da parte dei funzionari. La

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richiesta da parte dei due giornalisti di tutta una serie di carte fece il giro di tutti gli ambienti politici e imprenditoriali. Adesso erano tutti in attesa che Nardi scrivesse qualcosa a proposito dell’argomento. Quel silenzio era l’aspetto più preoccupante della vicenda. Era passata poco più di una settimana, quando il Direttore di Nardi chiamò il suo giornalista. - Alessandro, come stai? I tuoi silenzi mi preoccupano e non solo me.. che mi dici? - Caro il mio direttore, non immagini neanche lontanamente cosa sta succedendo qui. Noi dovremmo smettere di raccontare la Sicilia come è oramai disegnata nell’immaginario collettivo. Quell’aria di cambiamento a cui tutti fanno riferimento, è solo un putrido olezzo di menzogna. - Non capisco .. che vuoi dire? - Sai le associazioni antimafia, gli imprenditori che si ribellano, i politici che combattono i mafiosi? Ti sarai fatto un’idea di tutto questo, o no? - Certamente credo la svolta in una terra come quella sia davvero epocale, tu che mi dici? Mi pare di capire che hai delle cose da dirmi. - Altro che, qui conoscono le tecniche di comunicazione meglio di Oliviero Toscani. Sono capaci di raccontarti l’isola che non c’è. Briguglia qui ha trovato il suo habitat naturale. Politica, magistratura e imprenditori collusi fanno parte della stessa sceneggiatura. In questo momento sono sommerso dalle carte. Le

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autorizzazioni che il Briguglia è riuscito ad ottenere sono un trattato di illegalità. - Vuoi dire che non hanno rispettato i criteri previsti dalla legge? - Hanno fatto molto di più. Andranno a realizzare un impianto petrolchimico a poche centinaia dal centro abitato, hanno ignorato una serie di dispositivi che prevedono misure di sicurezza e tanto altro. Ma la cosa più grave è che hanno ignorato il dispositivo europeo che impone comunque il referendum popolare. Qui i tecnici dell’impianto tengono conferenze nelle scuole raccontando a ragazzi che non hanno i mezzi conoscitivi per giudicare che l’impianto porterà lavoro e benessere. Una vergogna. I politici sono tutti coperti e allineati. La spartizione è già avvenuta. - E la mafia, insomma le organizzazioni mafiose in che modo entrano nell’affare? - La mafia? Forse allora non mi sono spiegato. Qui la mafia organizza i cortei antimafia, si mimetizza tra ignari cittadini ben lontani da capire certi meccanismi. Qui gli imprenditori prendono gli appalti mettendosi loro stessi le bottiglie incendiarie dietro i cancelli delle loro imprese e i politici si bruciano qualcosa per fare carriera. Eh caro direttore, non trovi nè una coppola nè una lupara neanche a pagarla. -Alessandro se non ti conoscessi bene direi che sei un visionario. Ma cosa pensi di fare? A proposito, qui io ho ricevuto qualche telefonata che non ti sto a dire. Sono molto preoccupati della tua presenza da quelle

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parti. A questo punto lo sono anch’ io, per altri motivi si intende. - Ero sicuro che ti avrebbero chiamato. Domani avrai pronto il mio articolo. Ti avverto, sarà al vetriolo. Metti il telefono fuori posto se non vuoi essere bombardato di telefonate -Alessandro, spero ne valga la pena… rimango in attesa. Puntuale arrivò l’articolo sul tavolo del direttore. “L’ARTE DI RICICLARE” “Cambiare tutto per non cambiare nulla” mai nessuna frase è stata così attuale come quella che tanto tempo fa scriveva Tomasi di Lampedusa. In Sicilia quello di cambiare le cose lasciando tutto al proprio posto è un’arte. In questo contesto sedicenti imprenditori dall’accento settentrionale trovano terreno fertile per raccontare di loro ciò che non sono mai stati e tentare, riuscendoci a colonizzare un popolo che ha già pagato un prezzo altissimo in termini di sfruttamento del territorio. Qui infatti il termine “sfruttamento” viene sostituito dal termine “valorizzazione”, il termine “impatto” con “contestualizzazione”, insomma un’altra lingua, ma la cosa più grave che il termine “mafia” ha solo

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messo un’appendice “antimafia”. Il mafioso adesso si indigna dinnanzi a chi commette attentati e intimidazioni, protesta, denuncia, partecipa a conferenze per la legalità col vestito buono della domenica. I delinquentazzi di una volta, i loschi figuri, i “Don” e i “Ziu” adesso sono un lontano ricordo, li riconosci come riconosceresti un carretto siciliano, fanno parte del folklore tipico di questa terra. Adesso qui vi è una nuova imprenditoria che denuncia, una nuova classe politica che sostiene gli imprenditori che denunciano e con i quali fanno affari e carriere. Chi dovrebbe vigilare è condizionato, controllato, manipolato dalla politica che fa fare loro carriera. Un circolo a tenuta stagna, dove è difficile entrare ma dove una volta entrati fai parte dell’olimpo dei ricchi ma buoni, dei giusti che tutto ciò che chiedono è giusto che gli si dia perché loro sono “ antimafia”. L’impianto petrolchimico di Fossalumera nasce con la benedizione di costoro, personaggi perbene che dispensano speranze e mazzette mettendo a repentaglio la propria vita.

Alessandro Nardi Nardi sottopose la lettura dell’articolo a Di Franco - Che ne pensi?

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- Penso che più che un giornalista sei un fotografo. Sai quanta gente ci rivedrà la propria faccia leggendolo. Pensi che il tuo direttore lo pubblicherà? - Dovresti conoscerlo il mio direttore è un pazzo più incosciente di quanto lo sia io. Credo gli piacerà molto. Qualche ora dopo Alessandro Nardi ricevette la telefonata del suo direttore. - Alessandro ho appena letto il tuo articolo, lo ritengo nitroglicerina. Lo metteremo in prima pagina domani stesso. Aspettiamoci il peggio. - Qui le danze sono appena cominciate, sto spulciando la vita di tutti i protagonisti, mi sta dando una mano un giornalista locale, si chiama Luigi Di Franco, te lo vorrei fare conoscere è uno di quelli cresciuti giornalisticamente sulla strada. -Quando vuoi ne parliamo. Adesso goditi le facce che faranno domani i tuoi amici di Fossalumera. La pubblicazione dell’articolo fece il giro del paese ancor prima che il giornale uscisse. Nelle edicole di Fossalumera non si trovava una copia neanche a strapagarla. Pumara convocò immediatamente Tanino neo sindaco e Loiero. - Voglio che tutti e due andiate subito a Telelumera a smentire l’articolo di questo terrorista di Nardi. Niente mezze misure, sputtanatelo, dite che le sue dichiarazioni sono frutto di fantasia e la sua smania di protagonismo lo porta a gettare fango su un paese che

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sta cercando di risollevare la testa. Siate chiari e diretti, senza mezze parole. Lo ripagheremo con la stessa moneta. Io dal canto mio contatterò alcune testate nazionali. Vedremo se un giornalista del cazzo arriva qui e vuole dettare legge… Pumara era infuriato, Nardi sembrava avergli toccato un nervo scoperto. L’onorevole temeva si potessero accendere i riflettori sul petrolchimico di Fossalumera. E così fu. - Pronto, il dott. Nardi? - Sono io , chi parla? - Buongiorno sono la dottoressa Laura Marino, sono il sostituto procuratore di Brescia. - Dottoressa buongiorno, a cosa debbo l’onore di questa sua telefonata? - Ho letto il suo articolo apparso oggi, lo ritengo particolarmente interessante. Io sto seguendo un caso che in qualche modo ha attinenza con quanto lei sta egregiamente raccontando. Mi sono permessa di chiedere il suo numero al suo di direttore, abbiamo degli amici in comune e sa com’è… un giro di telefonate e l’ho trovata. - E’ un vero piacere conoscerla. A dire il vero credo di avere incontrato il suo nome in qualche mia inchiesta precedente, aspetti… - L’aiuto io “Briguglia” credo che ci siamo incontrati su questo nome. - Esatto. Come avrà capito dall’articolo non ho mollato l’osso.

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- Oserei dire che siamo della stessa razza canina. La battuta suscitò una risata da parte di Nardi - Credo che sia la prima volta che mi capiti di sentirmi orgoglioso di essere definito un cane… di giornalista si intende.. Questa volta fu la Marino a sorridere per la battuta di Nardi. - Ho la necessità di incontrarla, al più presto. Credo che ci siano dei pezzi del suo puzzle che potrebbero combaciare col mio. - Sono a sua disposizione mi dica quando e dove e la raggiungerò. - Ho un convegno di magistrati tra due giorni proprio in Sicilia, a Palermo, ci possiamo vedere per l’occasione. Il convegno durerà due giorni, solo la mattina. Facciamo che non appena arrivo la richiamo. - Va benissimo dottoressa. Aspetto una sua chiamata. A presto e grazie per la telefonata. - Arrivederla Nardi. - Caro Luigi buone nuove... incontro il sostituto procuratore di Brescia, la dott.ssa Marino. Ha letto il mio articolo e sembra avere informazioni interessanti che possono combaciare col caso che stiamo trattando. - Minchia una dottoressa, e magari sarà pure bona.. - Dai Luigi..smettila voi siciliani avete in testa sempre una cosa. - Ma perché voi del nord no?

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I due volevano esorcizzare il momento, la tensione accumulata. La simpatica conversazione venne interrotta dal trillo del cellulare di Luigi. Di Franco guardò il display, non conosceva affatto il numero che appariva, dopo un attimo di riflessione rispose. - Luigi Di Franco? - Sono io chi parla? - Luigi sono l’onorevole Livasullu, che fa disturbo? - L’onorevole chi? Chiese Di Franco incredulo su chi lo cercasse dall’altro lato del telefono. - Sono l’onorevole Livasulli, ma che fa non mi conosci? - Onorevole mi scusi, ma non l’avevo riconosciuta. disse facendo dei gesti incomprensibili a Nardi. Nardi non capì subito. Di franco mise la mano sulla cornetta e bisbigliò – E’ Livasulli… roba da pazzi - Mi dica onorevole a cosa debbo l’onore.. - Niente Luigi, avrei bisogno di parlarti, che ne dici di venirmi a trovare oggi stesso in segreteria? Nardi ascoltava la telefonata con l’orecchio vicino al cellulare. Di franco lo guardò quasi a volergli chiedere il permesso di incontrarlo. Nardì fece dei cenni come a dire “ vai, vai tranquillo” - Onorevole se per lei va bene io sarò lì intorno alle 17. - Va bene Luigi, ti aspetto. - Ma come te la spieghi questa telefonata? chiese Luigi a Nardi, aspettando una risposta dal suo interlocutore. - Me la spiegherai tu dopo averlo incontrato. Mi

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raccomando, stai sulle tue. Qualsiasi sia l’argomento, anche se non penso ci voglia grande fantasia per immaginarlo, prendi tempo. Non ti sbilanciare, nè a favore, nè contro. Se ti fanno qualche riferimento a me, se devi, prendi le distanze. Di Franco aspettò con impazienza che si facessero le 17.00, l’idea che l’onorevole Livasulli per la prima volta si accorgesse della sua esistenza lo faceva sentire importante. In realtà l’on. Livasulli conosceva Luigi da quando era un ragazzino, aveva seguito la tragedia della sua famiglia, la morte di suo padre. Solitamente interloquiva con il suo direttore che pendeva dalle sue labbra grazie ai finanziamenti che riusciva a procurargli per il giornale. Nardi gli diede il suo inseparabile registratore digitale. - Questo anche se lo tieni in tasca registra che è una bellezza. Gli spiegò come funzionasse e partì per l’appuntamento. Arrivò in segreteria puntuale come un innamorato al primo appuntamento. La saletta d’aspetto era vuota, insolitamente vuota. Il segretario di Livasulli uscì dalla stanza dell’onorevole. Di solito a quell’ora la segreteria era chiusa. Il segretario fece accomodare Di Franco. Livasulli si alzò da dietro la scrivania e gli venne incontro. Di Franco non credeva ai suoi occhi. In quel momento gli venne in mente la frase che gli aveva detto Nardi precedentemente “ se vuoi diventare un giornalista devi

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correre il rischio di diventarlo” Aveva acceso il registratore ancora prima di salire le scale e lo aveva messo nella tasca della giacca normalmente destinata agli occhiali. Era talmente piccolo che era impossibile vederlo. - Luviciuzzo bello, come stai? Luigi andò per stringergli la mano, ma Livasulli lo tirò a sè per baciarlo. - Io ti seguo sai, ti leggo, ma sai che sei bravo per davvero? Sei proprio bravo. Luigi ancora non aveva aperto bocca. - Vieni accomodati, mettiamoci comodi. Poi diede disposizioni al segretario di non esser disturbato. Luigi si accomodò nel salotto di fronte la scrivania, Livasulli nella poltrona accanto. - Ma che fai per ora, di cosa ti stai occupando? Vedi che se il tuo direttore ti fa pigliari colari ci tiro i ricchi… me lo devi dire. - Grazie onorè, ma non ho problemi col direttore. - Non è detto che non ne possano nascere. Io te lo sto dicendo… Luigi aspettava che Livasulli facesse la prima mossa. L’onorevole faceva melina. Le sue battute, le sue frasi, le sue allusioni erano corte e misurate come i passaggi di una squadra in vantaggio per un gol a tre minuti dalla fine. Aspettava che fosse Di Franco a spingersi avanti. Nulla, Luigi non si spostò di un passo. Tratteneva la voglia di chiedergli il motivo di quell’incontro come

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uno starnuto alla prima della Scala. - La mamma come sta? Ah che fimmina to matri. Grande fimminuni. Vedo che ti ha cresciuto da sola come meglio non si poteva fare. Me la devi salutare. Mi raccomando, non te lo dimenticare. Luigi continuava a stare in difesa. -Veniamo a noi. Caro Luigi io ti ho mandato a chiamare per i motivi che tu penso immaginerai. Attimo di silenzio, nella speranza che Di Franco si sbilanciasse di qualche millimetro. - O no? Chiese Livasulli leggermente infastidito dall’atteggiamento del giovane reporter. - Non lo so Onorè. Io scrivo su tante cose, non vorrei che una di queste potesse essere oggetto di questa discussione. - Bravo, ma il problema non lo hai creato tu, ma uno che mi dicono essere tuo amico. - Non capisco onorè vuole essere più chiaro per favore. - Alessandro Nardi non è tuo amico? Insomma vi conoscete o me lo sto inventando io? - Ci conosciamo. - Hai letto l’articolo di questa mattina? Non credo che tu sia allo scuro di una cosa di cui parla tutto il paese. Livasulli si stava visibilmente indisponendo. Luigi intuì il cambio di umore. - Si l’ho letto, ne parlano tutti. E’ l’argomento del momento. - So anche che sei andato a intervistare Bartolomeo, o

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sbaglio? - Non sbaglia, l’ho intervistato l’altro giorno. Ma Onorè qual è il problema? Non capisco? Che sta succedendo? - Te lo spiego io che sta succedendo. Tu conosci bene le condizioni economiche di Fossalumera. Scrivi spesso sulla disperazione e fame di lavoro che c’è in paese o no? - Si, infatti. - Allora ti dico che l’amico tuo con l’articolo di questa mattina sta alzando un polverone che può finire negli occhi di qualcuno. E allora ho pensato bene che tu potevi essere la persona giusta per farlo ragionare. D’altronde gli amici servono a questo. Fagli sapere che qui non è persona gradita. Iddru avi a panza china e non può capire che vuol dire essere senza lavoro. Sei d’accordo come me? - In parte onorè, in parte. Vedo che la disperazione della gente può creare le attenuanti per realizzare un impianto che Voi sapete meglio di quanto lo sappia io, pericoloso, impattante, una vergogna solo pensare di realizzarlo a due passi dal centro abitato. Impianti di quel genere realizzati in luoghi sicuramente a distanze più ragguardevoli hanno già provocato incidenti e morti. - Bene, bene. Così sappiamo come la pensa il nostro Luviciuzzu. Ambientalista ah? - No onorè perché proprio gli ambientalisti, e credo che

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a lei risulti, si sono girati dall’altra parte, ho studiato, mi sono documentato. L’impianto è pericoloso, dannoso e non si realizzerà quello scambio occupazionale che tanto si millanta in giro. - Siamo quindi millantatori? Luigi, Luigi, parli senza sapere quello che dici. Il polentone ti ha fatto il lavaggio del cervello vedo.. A quel punto Luigi si alzò di scatto - Onorè con tutto il rispetto, non sono venuto qui per farmi offendere. Se non ha nient’altro da dirmi io toglierei il disturbo. Livasulli sorrise, lo prese per il braccio e lo invitò a risedersi. - Assettati, chiedo venia se ho turbato la tua sensibilità. Ricominciamo. Prima abbiamo parlato di aria fritta, ora parlamu d’arrustu. Luigi aveva intuito che la conversazione stava per toccare argomenti scottanti. - Cercano un bravo giornalista nella redazione della gazzetta regionale. Punto uno, punto due ti metto a disposizione cinquantamila euro, ma aspetta, non sono tutti per te, devi lavorarti questo Nardi. Quello che ti sto dicendo in questa stanza ava a moriri cu tia. Questo sia chiaro. Mi spiego Luvì? Luigi era in chiara difficoltà il solo pensiero che quella conversazione era già un file mp3 gli faceva venire su una strana sudorella fredda. Nelle sue orecchie una frase “ prendi tempo”. - Onorè la sua proposta è interessante, ma siccome non

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voglio prendere decisioni affrettate, le chiedo qualche giorno di tempo per rifletterci. - Bravo, bravo Luigi, vedo che sei giudizioso. Mi piace la tua prudenza. E io ti aspetto, ma ti aspetto solo perché sono sicuro che questa operazione la chiudiamo… intendiamoci. - Certo, certo Onorè però è giusto che ci pensi un attimo. Poi si alzò, diede la mano all’onorevole che nuovamente lo tirò a sè e lo baciò sussurrandogli: - Caro Luigi quannu u trenu passa, ricordati ca si piglia a volu, picchì un si sapi si ni passa navutru. Luigi uscì dalla segreteria come se fosse uscito dalla giostra degli orrori. Si allentò il nodo della cravatta e man mano che si allontanava dalla segreteria allungava il passo. Salì in macchina, poggiò la testa sul poggiatesta come se fosse scappato a dei cani feroci. In quel momento si ricordò del registratore. Lo tirò fuori dal taschino guardandosi bene di tenerlo in mezzo le gambe affinché nessuno lo potesse vedere e lo stoppò. Tirò indietro la registrazione e la riascoltò. Lo fece ripetutamente due o tre volte quasi in uno stato di trance. Non credeva alle sue orecchie. Aveva in mano dinamite. Quella registrazione avrebbe potuto mandare in aria in un solo colpo l’intero petrolchimico. Egli se ne rendeva conto, a questo era dovuto uno strano tremolio, un’agitazione mai provata. Si chiese se era il caso di farla ascoltare a Nardi. Quella

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sarebbe stata una strada senza ritorno. Gli ritornò in mente la frase dello stesso Nardi “ se vuoi essere un vero giornalista devi correre il rischio di esserlo per davvero”. Mise in moto l’auto e iniziò a camminare, senza una meta. Verso tarda sera tornò in albergo. Andò per chiedere la chiave della stanza, quando si sentì chiamare dall’angolo più discreto della saletta. Era Nardi seduto ad un tavolo pieno di carte con una birra a fargli compagnia. - Pensavo fossi già in camera. Ti avrei chiamato domattina. - Sto rivedendo alcune carte. E poi non sarei potuto andare a letto senza prima sapere come è andata la conversazione con Livasulli. Luigi si lasciò cadere sulla sedia accanto con l’aria spossata, come quella di chi ha passato una lunga e faticosa giornata. - E’ andata.. bene, o meglio non saprei. Adesso me lo dirai tu. - Cosa ti ha detto, perché ha voluto incontrarti? - Lo vuoi sentire dalla sua viva voce? - Non sarebbe male.. - Ale, ti avverto, è una strada senza ritorno. Quella è gente che non scherza. Dopo avere ascoltato questa conversazione nulla sarà come prima. - Luigi nella mia carriera di giornalista ne ho viste e ne ho sentite…stai calmo. Decideremo insieme sul da farsi.

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Luigi tirò fuori il registratore, si guardò dietro e intorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno, lo mise sul tavolo e spinse “play”, poi ne regolò il volume affinché non fosse troppo forte. Nardi chiuse un fascicolo sul quale stava lavorando e iniziò ad ascoltare la registrazione. Di tanto in tanto avvicinava il registratore all’orecchio per non perdere neanche una parola. La prima parte della conversazione sembrò non sortire particolare interesse, fino a quando Livasulli non si dichiarò palesemente. Nardi drizzò le orecchie come un cane da caccia, sgranò gli occhi e all’improvviso nel suo volto si dipinse una strana espressione. Luigi, continuava ad abbassare la testa in una sorta di gesto di assenso come quei cagnolini di plastica che una volta si mettevano nel lunotto posteriore dell’auto. I due sembravano non riuscire a proferire parola. La penombra dell’angolo di quella piccola saletta sembrava creare un clima surreale. Finita la conversazione Nardi spinse lo stop. Posò il registratore sul tavolo delicatamente e si passò tutte e due le mani tra i capelli. Poi col pollice e l’indice si strofinò gli occhi come chi non dorme da tempo, tirò fuori uno sbuffo. - E adesso? chiese Luigi resosi conto che quella registrazione sconvolgeva Nardi tanto quanto aveva sconvolto lui. - E adesso calma. Dobbiamo ben comprendere una

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serie di passaggi. Quando tireremo la rete voglio che ci stiano tutti dentro. Non è facile gestire una situazione come questa, ma ci dobbiamo almeno provare. - Tu lo sai che Livasulli aspetta una risposta. E sai anche che non posso certo dirgli di no. Che si fa? Come usciamo da questa storia? - Noi ci siamo appena entrati in questa storia e non mi pare sia il momento di uscirne. Usa me per prendere tempo. Puoi dire che non hai avuto l’occasione per parlarmi e che ti serve qualche settimana. Ma chiamalo tu, domani stesso. Devi tenerlo in caldo. Non deve sospettare nulla. Voglio incontrare la Marino, voglio sapere il motivo per cui mi vuole incontrare. Questo potrebbe dare una svolta alla vicenda. Luigi sembrava essere convinto del piano di Nardi. - D’accordo, prenderò tempo. - L’onorevole Pumara? - Si chi parla? - Sono la segretaria del dott Briguglia. Il dottore vorrebbe parlarle. - Me lo passi. - Onorevole buongiorno, come sta? - Potrei stare meglio, qui la situazione si sta incasinando, credo avrà letto anche lei l’articolo di quel Nardi? - Si l’ho letto, il bastardo ha avuto l’accortezza di non fare nomi e quindi non posso nemmeno querelarlo. Quello è uno che la sa lunga.

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- L’ho capito ma cosa c’è da fare a questo punto. Io non posso continuare a risolvere tutti i problemi che ogni volta si presentano. - Onorevole, lei è stato eletto per questo, non so se mi spiego… - Briguglia non usi questi toni con me, non glielo consento. - Onorevole, io non ho bisogno che lei me lo consenta. Lei e i suoi amici avete ricevuto mezzi a sufficienza per risolvere i problemi. Non mi faccia dire altro. - Vedo che la conversazione sta prendendo un tono particolarmente antipatico. Credo sia il caso di parlarne di presenza. - Ci vediamo la prossima settimana. Sarò da quelle parti per incontrare il cavaliere Pisano. Magari ci incontriamo tutti insieme. Lo avverta lei il suo amico Livasulli. - D’accordo ci si vede la prossima settimana.

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CAPITOLO DICIASSETTESIMO -Salve dott. Nardi sono La dottoressa Marino. Sono arrivata a Palermo da qualche ora. Volevo sapere quando le farebbe comodo incontrarci. - Anche questa sera stessa se per lei va bene. Posso permettermi di invitarla a cena? - Volentieri, l’aspetto intorno alle 21 io alloggio presso l’Hotel delle Palme, conosce? - Certo, sarò lì per quell’ora. A stasera dunque. Nardi era impaziente di dare un volto a quella voce, di conoscere la dottoressa Marino, ma era ancora più impaziente di conoscere il motivo dell’incontro. Durante il pomeriggio riordinò le carte in suo possesso e tirò fuori un elegante gessato grigio. Gli abbinò una cravatta blu, si tirò a lucido come per le grandi occasioni e partì alla volta di Palermo. Arrivò con dieci minuti di anticipò. Chiese al portiere dell’hotel della Dottoressa Marino. - Credo la stia aspettando nella hall. Vede è quella signora col tailleur blu seduta di spalle a quel tavolo giù in fondo. - Bene la raggiungo, grazie. I metri che lo separavano dal tavolo della Marino gli

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consentivano di vedere solo la capigliatura. Era mora, i capelli ben curati gli si posavano sulle spalle. Nardi si avvicinò con garbo e girando intorno al tavolo disse - La dottoressa Marino? - Dott Nardi è un piacere conoscerla. - Il piacere è mio dottoressa. I bei capelli facevano da contorno ad uno straordinario viso, due occhi neri come la notte e il naso piccolo aquilino che sembrava essere disegnato per quel viso. Quarant’ anni circa, ben portati. Quando la dottoressa si alzò potè notare che era oltre che bella anche alta, affascinante. La sua voce era calda, aggraziata da un sottile accento continentale. Nardi si accomodò di fronte a lei non prima di avere accennato un timido baciamano. - Mi auguro abbia fatto buon viaggio. Disse Nardi per rompere il ghiaccio. - Tranne il momento dell’atterraggio tutto bene. Un forte vento lo ha reso particolarmente emozionante, diciamo. Cosa le faccio portare? Quello che sta bevendo lei mi pare abbia un ottimo aspetto. - E’ un martini con una punta di vodka, se per lei va bene.. Fece un cenno al cameriere che si avvicinò velocemente. - Avevo pensato ad un locale che conosco a qualche chilometro da qui. Ci vado a mangiare il pesce tutte le volte che il lavoro mi porta da queste parti.

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- Bene il tempo dell’aperitivo e andiamo. In quel breve frattempo si chiacchierò del più e del meno. Di quanto fosse bella la Sicilia, dei posti che ognuno di loro aveva visitato, nulla che lasciasse presagire gli argomenti che da lì a poco avrebbero trattato. I due si accomodarono in macchina. Nardi nell’aprire lo sportello della sua ospite si scusò per la macchina a nolo che non era certo all’altezza della situazione. Vi fu uno scambio di simpatiche battute. L’abitacolo dell’auto prese a profumare del delicatissimo profumo della donna. - Vedo che conosce bene questa città. Si muove con la disinvoltura di chi ci vive. - Vengo spesso a Palermo. Una volta ci sono rimasto tre mesi. Mi piace molto come città, è ricca di contrasti e di contraddizioni. Non smette mai di stupirti. - Io la conosco appena, è stata la meta di una vacanza qualche anno fa. - L’avverto il posto dove stiamo andando non è il massimo del lusso, anzi è una trattoria, ma si mangia divinamente. - A dire il vero se così non fosse le direi di cercarne una. Adoro mangiare nei posti dove ha più importanza ciò che si mangia che i quadri appesi alle pareti. - Ci ritroviamo in questo. Il viaggio sembrò più breve di quanto in realtà fosse stato. La trattoria era a pochi metri dalla spiaggia, la brezza

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marina inondò le loro narici di un piacevole odore di mare che lasciò il posto ad appetitosi profumi una volta entrati in trattoria. L’ambiente era sobrio e accogliente. Per fortuna Nardi aveva prenotato un tavolo per due. La saletta principale era piena di gente, più in là un’altra piccola saletta più dicreta. - Dott. Nardi è da tempo che non la si vede da queste parti. Come sta? Era Calogero titolare della trattoria, un grosso omone con dei grossi baffi. - Le ho riservato il suo solito tavolo, so che lei odia la confusione. - La confusione è la tua fortuna caro Calogero. Rispose Nardi mentre si incamminavano verso il loro tavolo. I due si accomodarono. Le pareti erano piene di fotografie di personaggi famosi che erano passati di lì e si alternavano a foto di battute di pesca. Ai tavoli coloratissime tovaglie a quadri rossi e bianchi. - Se non avete precise richieste da farmi, ci penserei io a consigliarvi. Nardi guardò la dottoressa Marino cercando un gesto di assenso che arrivò puntuale. - Io mangio tutto ciò che ha a che fare col mare…alghe comprese.. La battuta suscitò una grassa risata da parte di Calogero. - Signora quelle cose le lasciamo cucinare ai cinesi, io

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mi permetto di consigliare la nostra pasta coi ricci la cui bontà è stata spesso apprezzata dal dott. Nardi. - Le assicuro che non la si può descrivere… Disse Nardi ad avvalorare quanto detto da Calogero. - Come antipasto, consiglierei gamberetti freschi, crudi marinati, fiori di zucca con ripieno di scampi e una frittura di calamairicchi. - Io mi sono già saziata a solo sentirla parlare. Disse la Marino - Per quanto riguarda il secondo ho una cernia di giusta pezzatura la cui morte assicurata è in crosta di sale. - Calogero non ci lasci scampo. Annaffiamo tutto quanto con la mia insolia preferita. Spero ne avrai qualche bottiglia. - Quella può mancare mai ? Con permesso. I due rimasero da soli. Dopo alcuni simpatici commenti sul senso di ospitalità dell’oste, la dott. Marino prese l’argomento che li aveva portati a farli incontrare. L’insolia nel mentre brillava dentro i loro bicchieri, fresca e profumata. - Quella a cui lei sta lavorando è una storia abbastanza complicata. Io ho intuito dal suo articolo che quanto ho per ora tra le mani ha un preciso nesso con quanto sta accadendo a Fossalumera. - Mi scusi dottoressa, ma come fa ad esserne così sicura? D’altronde il mio articolo era volutamente vago anche se alcuni riferimenti sembrano abbiano suscitato delle reazioni forti nell’ambiente.

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- Nardi, lei conosce Briguglia tanto quanto lo conosco io, anche se per motivi diversi. Io mi sto occupando di smaltimento di rifiuti tossici e anche se l’inchiesta che stava seguendo il dottore Avarello si è dissolta nel nulla, quella a cui sto lavorando io continua. Briguglia ha svolto quelle operazioni di smaltimento per diverse aziende. Una di queste è stata oggetto di indagini di cui mi sto occupando io. Ma lei conosce bene le dinamiche di una indagine. Parti seguendo un tizio e strada facendo scopri mille magagne con mille coinvolti. - La seguo vada avanti. - Tra le intercettazioni che hanno come protagonista Briguglia, ce n’è una molto interessante. Briguglia parla al telefono con un certo Pisano. - Il cavalier Pisano! - Lo conosce? - Certo, è un imprenditore prima in odor di mafia, poi quando le strategie comunicative della mafia sono cambiate e rischiava di essere tagliato fuori, si è redento e ha denunciato presunti estortori. Oggi fa parte della squadra. Partecipa agli appalti vincendoli tutti, apre la porta del prefetto senza bussare, riveste la carica di presidente dell’associazione degli imprenditori. E’ lui che decide chi deve lavorare e chi deve chiudere l’azienda. - Non mi sbagliavo. Noi due abbiamo pezzi di puzzle che se uniti tra di loro ci danno un quadro completo della situazione. - Mi scusi io l’ho interrotta, stava dicendo che…

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- Briguglia parla al telefono con Pisano, gli dice di avere incontrato a Taormina Pumara e Livasulli e che aveva dato loro quanto concordato. La conversazione è abbastanza colorita. Pisano fa commenti di un certo tipo su Pumara. - Cioè? - Del tipo “ alla faccia dell’antimafia, il nostro Pumara appena vede soldi non capisce più nulla…, anche se i termini che usa non mi è gradito ripeterli. Poi continua dicendo che l’accoppiata Pumara e Livasulli è comunque una garanzia e cose del genere. - Tutto questo è parecchio interessante . - Non siamo arrivati ancora al dunque. Abbiamo messo sotto controllo i telefoni di Pumara e Livasulli. A Pumara abbiamo messo anche delle cimici nel suo studio. Sappiamo come e dove intendono portare il danaro che hanno preso da Briguglia. - Quindi le mazzette sono già state date? - Abbondantemente, stiamo parlando di cifre da capogiro. Sarà il cognato di Pumara che traghetterà il danaro in una banca svizzera. E’ un consulente, è fidato e sa come fare. La conversazione venne interrotta dall’arrivo degli antipasti. - Hanno un aspetto straordinario. - Mi dica dopo che li avrà assaggiati se hanno solo l’aspetto straordinario. Disse Nardi consapevole che la conversazione sarebbe ripresa da lì a poco.

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- E’ un peccato parlare di certi tipi dinnanzi a un piatto come questo. Aggiunse Nardi. - Concordo. Replicò la Marino I due interruppero momentaneamente la conversazione in corso e decisero di assaporare bene quanto proposto da Calogero. Solo dopo avere consumato la cernia pasteggiando un moscato di Pantelleria ripresero l’argomento. - Io come le dicevo stavo indagando su una cosa che pur importante diventa marginale. Perché tra quello che oramai è accaduto e che comunque va perseguito come reato e quello che sta per accadere a Fossalumera, credo sia giusto provvedere a fermare questo scempio. - Io avevo intuito in parte le dinamiche della faccenda. Avevo capito che Pumara e Livasulli sono compagni di merende, mi sfuggivano le nuove tecniche di comunicazione che bande criminali come nessuno immagina potessero mettere su una associazione di questo tipo. Ma la cosa che più mi ha impressionato è che,a noi che viviamo lontano dalla Sicilia, ci hanno dato a bere la questione morale, il cambiamento, l’antimafia. Io avevo creduto nella rinascita della Sicilia, nella possibilità che il vento stesse cambiando. Sono stato un ingenuo. E senza volere darmi delle arie, se sono riusciti ad imbrogliare uno come me con il lavoro che fa, imbrogliare la gente normale, comune, è un gioco da ragazzi. - Vorrei aggiungere una cosa a quanto fin qui detto.

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continuò la Marino - nelle discussioni che i due personaggi conducono, si fa riferimento al neo Sindaco di Fossalumera, non le sto a dire come lo descrivono.. -Lo immagino, ma in questo caso non hanno torto. Infatti hanno preso un pover’uomo, ignorante come una capra e lo hanno messo lì Livasulli e Pumara. Gli servirà per firmare alcune carte. Per loro era fondamentale avere un sindaco facilmente gestibile. - A volte mi chiedo cosa avremmo fatto nella nostra vita se non ci fosse gente come questa. Non mi crederà ma mi prendono dei sensi di colpa al solo pensare che il mio lavoro ha motivo di esistere per il solo fatto che esiste gente come questa. - Probabilmente si sarebbe occupata di una delle loro associazioni benefiche se fosse stata brava gente, e io possibilmente mi sarei occupato di commercio internazionale o di calciomercato. La dottoressa accennò un sorriso accompagnato da una smorfia di rassegnazione. - Credevo che in Sicilia qualche cosa stesse cambiando. Mi piaceva pensare di imprenditori che ad un tratto si ribellavano alle regole della mafia e a politici che favorissero questo cambiamento, a magistrati dediti al rispetto delle leggi e non ad aiutare questi delinquenti ad eluderle. - Questi sono i nuovi professionisti. Sono i professionisti dell’antimafia. Questa volta sarà più difficile smascherarli. Bisognerà agire col bisturi. Questi sono capaci di fare apparire me un visionario

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e lei una in cerca di notorietà. Ne hanno i mezzi. Hanno tanti soldi e tante amicizie. - Mi rendo conto.. - Posso chiederle per quale motivo, le chiedo scusa a priori per la domanda, non si è girata dall’altra parte piuttosto che cercare me. Sono sicuro saprà che qui non stanno di certo a scherzare. Perché? Chi glielo fa fare? Nardi sembrava volere pesare la determinazione della donna. - Perché anch’ io mi sono occupata di processi a personaggi come Briguglia, come Pumara, come Livasulli e sono stanca di vederli uscire dalle aule di tribunale con le loro camicie con le iniziali e le cravatte di Marinella, con quell’aria arrogante di chi sa di essere intoccabile. Perché io ho passato notti intere tra faldoni di carte che raccontavano ben altro che la verità che poi esce dai processi. Perché mi fa schifo pensare che la gente possa credere ad una rinascita quando invece siamo in presenza di un aborto. Mio padre era un avvocato, un bravo avvocato e mi ripeteva sempre: “ io difendo i clienti di cui credo l’innocenza, ci devo credere io per primo, altrimenti preferisco fare altro”. Mi ha insegnato lui a fare le cose in cui credo. Piuttosto lei, come mai non si è occupato di calciomercato? -Io ho iniziato a fare il giornalista fin dai tempi del liceo. Finito il liceo iniziai a collaborare con una

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testata locale. Lì non ebbi vita facile. Il direttore non faceva altro che cestinare i miei articoli, mi continuava a ripetere che ero un poliziotto piuttosto che un giornalista e che la notizia va raccontata quando è di dominio pubblico. Continuava a ripetermi: “ Nardi i tuoi non sono articoli, sono sentenze passate in giudicato”. Rimasi poco a lavorare lì. Iniziai a fare il freelance per testate un po’ più importatati. Mi pagavano ad articolo, la cosa mi consentiva di pagarmi gli studi e al contempo di farmi le ossa. Venni notato da un capo redattore di una testata nazionale che mi segnalò al suo giornale. Lavorai per loro un bel po’ di anni fino a quando il mio attuale direttore mi chiamò al telefono. All’inizio pensai ad uno scherzo tiratomi da qualcuno dei miei amici, poi capii che era la svolta. Adesso mi fanno scrivere liberamente. Ho i miei lettori, sono quelli la mia forza. Nel corso della mia carriera ho subito minacce, intimidazioni, una volta mi hanno addirittura bruciato l’auto. Ma non mi sono fermato mai davanti a nulla. Chi fa il mio lavoro, così come lo intendo io, mette in conto anche queste cose, altrimenti decidi di fare il cronista sportivo. La Marino ascoltava il suo interlocutore attenta e affascinata. - Sa cosa penso? Che i nostri mestieri in qualche modo

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si assomigliano. Lei cerca la verità per raccontarla alla gente che comunque assolverà o condannerà il protagonista del suo articolo, io la cerco per raccontarla alla legge, alla giustizia. - E’ vero trovo anch’io questa attinenza, questa responsabilità . - Nardi, noi questa volta dobbiamo fare in modo che i nostri percorsi portino alla stessa meta. Io non posso occuparmi di questo caso. Non è di mia competenza purtroppo, ma farò in modo che comunque la procura di competenza se ne occupi. Ha in mente qualcosa? - Sì, ma dobbiamo scoprire prima chi è rimasto fuori dall’affare pur potendoci stare dentro. - Non la seguo.. cosa vuol dire? - In casi come questo, quando i cosiddetti “furbetti del quartierino” hanno chiuso le operazioni tra di loro, è normale che qualcuno ne rimanga fuori, il sindaco per esempio. Lei mi diceva che sta lì a fare l’utile idiota, potrebbe essere lui il nostro cavallo di troia. - Loiero, l’onorevole Loiero, quello sì che, se lo hanno tenuto fuori, reagirà come un pazzo. - Chi è Loiero? - E’ un deputato, il classico portatore d’acqua. E’ la protesi di Pumara. Si racconta che diventò deputato a seguito dell’incendio della sua auto, lui era un consigliere comunale. L’incendio in realtà fu dovuto ad un corto circuito, ma ne diedero una versione dolosa e candidarono Loiero alle elezioni che erano prossime.

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Gli cucirono addosso un bel vestitino antimafia. Oggi si accontenta di fare il tirapiedi a Pumara. Ha un ruolo marginale. Credo che lui possa essere la persona giusta. - Ha qualcosa in mente? - Sì me lo lavorerò ai fianchi. Mi inventerò qualcosa. - Io nel frattempo farò in modo di farle avere la trascrizione delle intercettazioni. Mi sto fidando di lei come mai di nessuno in vita mia. - Le assicuro che non la farò pentire. Capisco cosa sta facendo e la stimo molto per questo. - Un magistrato non dovrebbe agire così, non è deontologicamente corretto, ma i meccanismi a volte ti costringono. La serata finì davanti il portone dell’Hotel. I due si salutarono e si ripromisero di rivedersi presto. Nardi sulla strada di ritorno pensò a mille cose, approntò mille strategie. Sapeva che scardinare quel meccanismo apparentemente perfetto non era affatto facile. L’indomani parlò a Di Franco della sua intenzione di fare sbottare Loiero, facendogli in qualche modo sapere che era rimasto fuori dall’operazione. - Da quello che mi pare di capire - Riferì Nardi a Di Franco- stanno lasciando fuori Loiero. Pumara e Livasulli stanno conducendo le danze mentre Tanino il sindaco e Loiero gli servono per mettere i dischi. - Io un’idea ce l’avrei . Lo interruppe Di Franco

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- E cosa aspetti a dirmela? - Io lo sento spesso. Lo conosco abbastanza bene. Pensa che mi chiama di frequente per fargli uscire dei pezzi sul giornale. Stavolta lo chiamerò io con la scusa di un’intervista. Tra il serio e il faceto gli farò sapere che l’operazione “petrolchimico” sta riempiendo le tasche del suo amico Pumara e Livasulli e che è stato personalmente coinvolto il nuovo sindaco il quale sembra candidato alla scalata politica a discapito di qualcuno che non è difficile intuire. Credo che questo basterà per farlo saltare in aria. Ma questa volta per davvero… Nardi scoppiò in una risata. Poi si riprese e disse : - Niente male come idea, ma ricordati che tu devi dare ancora una risposta a Livasulli, se accetti o no la sua proposta di corruzione. - Ci ho pensato a lungo. Credo che sia il caso di rifiutare dicendo che prima voglio vedere come va a finire l’affare, se in effetti si chiude l’operazione e partono i lavori. Per quanto riguarda la proposta rivolta a te, dirò che non mi è sembrato neanche il caso di tentare avendo capito che tipo sei. - Che tipo sarei? - Di quelli che non si lasciano scalfire, a cui è meglio non fare questo genere di proposte per evitare di mettersi nei guai. Che te ne pare? - Si può fare, mi pare una strategia che forse ci porterà da qualche parte. Spero tanto sull’effetto “Loiero” - Lasciamelo lavorare. Conosco bene il tipo. Non farò

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in tempo a uscire dalla porta che si precipiterà da Pumara a chiederne conto.

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CAPITOLO DICIOTTESIMO Di Franco incontrò Loiero l’indomani dopo aver fissato con lui un appuntamento. Loiero - Su che cosa me la devi fare questa intervista? Che cosa ti stai inventando questa volta? Chiese l’on. Loiero a Di Franco qualche minuto prima di iniziare l’intervista - Onorè lei sa la stima che ho per lei, quanto le sono vicino sia personalmente che come giornalista. - Sì lo so, ma dimmi dove vuoi arrivare. - Mi fa rabbia sapere che un politico come lei, che ha sempre lavorato bene per la nostra terra, rimanga fuori dai giochi a proposito del petrolchimico. - Fuori dai giochi? Ma a quali giochi ti riferisci? Non ti seguo.. - Onorè quello che sto per dirle me lo negherei anche davanti “o Bambinu Gesù”. Affido queste confidenze a lei sicuro che me ne sarà grato. - Luigi, tu lo sai che ti stimo e che di me ti puoi fidare. Loiero sembrava alquanto interessato alle rivelazioni a cui alludeva Di Franco, cercava di tranquillizzarlo, lo invitava a fidarsi totalmente. Di contro Di Franco sembrava avere fatto abboccare

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Loiero nella sua trappola. - Come lei saprà in questo momento sto collaborando con il giornalista Nardi. Mi ha voluto accanto per l’inchiesta che sta portando avanti a proposito del Petrolchimico. Diciamo che mi ha coinvolto più di quanto io stesso immaginassi. - Avevo avuto sentore che tu stessi collaborando con Nardi. - Bene la questione si è fatta parecchio complessa e io so che lei ha appoggiato fin dall’inizio la realizzazione dell’impianto, ma so anche per certo che lei è rimasto fuori dai giochi a vantaggio del suo amico Pumara e del suo nemico Livasulli. - Ma che vuoi dire? - Voglio dire che Pumara e Livasulli stanno facendo la cresta a Briguglia, ben contento di farsela fare. Parliamo di cifre importanti, molto importanti. Ma la cosa più interessante è che lei rimarrà fuori dalle loro logiche politiche nei prossimi appuntamenti elettorali. Tanino è candidato a prendere il suo posto. Certo dovrà meritarselo, ma lei sa bene che avrà occasioni per dimostrare di meritarselo. - Quello che mi stai dicendo è un vero complotto alle mie spalle. - Più che un complotto, direi una strategia per tagliarla fuori. La sua posizione per loro è scomoda in questo caso. Non sanno se possono fidarsi fino in fondo e non vogliono correre il rischio. Questa è la mia opinione.

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- Cosa pensi accadrà adesso? Credi abbiano chiuso tutte le operazioni? - Non tutte, ci sono i margini per metterli in difficoltà. - Cioè? - Una bella interrogazione da parte dell’Onorevole Loiero che mostra qualche perplessità sulla facilità con cui si è data qualche autorizzazione e poi aggiungerei la prospettiva di un referendum che coinvolga le popolazioni interessate dall’impianto. Questa mossa li disorienterebbe, o meglio creerebbe loro non pochi problemi. - Luigi io mi ricorderò di te e di quello che stai facendo per me. - Onorè il mio nome non deve uscire fuori per nessun motivo, noi due non ci siamo mai visti e parlati . - Stai tranquillo, sarei un ingrato se facessi questo. - Un ultimo consiglio se me lo consente. - Per carità… - Si tenga fuori da questa operazione anche se dovessero portarle argomenti allettanti… lei mi capisce vero…? - Perfettamente. - Si metta di traverso e si salverà dalla deflagrazione che avrà tutta la vicenda. Il tono di Di Franco era sibillino e sembrava preludere risvolti inimmaginabili. Loiero fu dapprima tentato di andare da Pumara a vomitargli addosso tutto quanto, poi, dopo una attenta riflessione sulle parole di Di

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Franco, decise di muoversi autonomamente. Preparò un comunicato stampa dove annunciava la sua interrogazione e le sue perplessità a proposito della realizzazione dell’impianto invitando i suoi colleghi a firmare una mozione per il referendum popolare. Alla lettura di quel comunicato stampa Pumara andò su tutte le furie e convocò senza troppi convenevoli Loiero nel suo studio. La trappola sembrava aver funzionato. Adesso non rimaneva che buttare benzina sulla scintilla. Loiero arrivò nello studio di Pumara con lo stesso stato d’animo di un condannato a morte che arriva sul patibolo. L’accoglienza non fu delle migliori. Pumara lo accolse sbattendogli il giornale quasi in faccia. - Che minchia è questa storia? Chi cazzo ti ha autorizzato a fare questa uscita? Chi minchia sei tu? Loiero venne letteralmente investito dall’ira di Pumara che sembrava incapace di contenersi. Tentò una timida difesa che non ebbe nessun effetto su Pumara. - Io continuo a chiederti chi minchia ti ha autorizzato a fare una cosa del genere? Ma tu lo sai che sei lì grazie al sottoscritto? Lo sai che staresti ancora ad aggiustare televisioni se il sottoscritto non avesse deciso di farti fare il deputato? Lo sai o credi che sia stato il corto circuito della tua macchina? Loiero sei una testa di

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cazzo. -Credo che adesso stai superando ogni limite, non rimarrò qui per farmi offendere da te. Tentò di dirigersi verso la porta ma Pumara lo prese con forza dal braccio. - Dove minchia vai? Ma che ti pare che qui stiamo giocando? Qual’è il problema? Credi di essere rimasto fuori dall’operazione? Per questo ti stai agitando tutto? - Alberto, non credo nulla, voglio solo andarmene, non ho intenzione di continuare questa conversazione. -E invece io ne ho voglia. E conta quello di cui ho voglia io. Chiaro? Il tono di Pumara era minaccioso, quasi intimidatorio. Loiero provò a sfidarlo : - Ma perché che vorresti fare? Stai provando a minacciarmi? - Ullalà che parole grosse, ma d’altronde tu sei un deputato antimafia, con te bisogna pesare le parole. Ti vorrei ricordare che a me bastano un paio di telefonate per dare fine a questa pagliacciata di cui ti fregi. La scorta, l’antimafia e cazzate del genere. Tu dimentichi che queste cose le ho inventate io. Non vorrei che tu fossi entrato talmente nella parte da crederci? - Vorrei che questa discussione portasse da qualche parte. - Questa discussione ci porta dritti dritti alla

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bocciatura dell’impianto. Lo capisci o no? Pumara aveva cambiato leggermente tono, quasi a volere recuperare il recuperabile. - Per quanto mi riguarda farò l’interrogazione e chiederò di indire un referendum come previsto dalla legge. - Ma quale minchia di referendum, interrogazione .. ma che cazzo ti sei messo in testa? Ti avverto che se farai una cosa del genere te ne pentirai per il resto della tua vita. - Questa credo sia una minaccia. - Lo è! Poi aggiunse - Non mi sarei aspettato un tradimento da uno che reputavo amico e per il quale ho fatto moltissimo. Sei un ingrato. - Credo che mi rimpiazzerai velocemente se non lo hai già fatto. - Che vorresti insinuare? - Avanti il prossimo utile idiota. Adesso io non servo più. Loiero sembrava non potere trattenere la voglia di spiattellargli la verità di cui era venuto a conoscenza. - Non ti capisco, non vorrei che tutta questa storia fosse stata messa in piedi da qualcuno che ti ha riempito la testa di falsità. - Ti risulta falsità avermi tagliato fuori dall’operazione petrolchimico? Ti risulta falsità le voci che dicono che mi rimpiazzerai con Tanino Spoto alle prossime elezioni? Dimmi sono falsità queste? Continuò ad incalzare Loiero.

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- Certo che sono falsità. Chi ti ha riempito la testa? La discussione stava prendendo una piega diversa. I due sembravano cercare un punto di incontro, senza spostarsi dalle loro posizioni. Era come fare avvicinare due oggetti senza muoverli. - E’ chiaro che l’operazione “Briguglia “ ve la state portando avanti tu e il tuo amico Livasulli, è lampante, lo sanno anche i sassi. Pumara continuò a negare fino allo sfinimento. La discussione non andò a parare da nessuna parte. Loiero andò via sbraitando. - Vai, vai pure, tanto lo sai che non hai dove andare. E non tornare mai più a bussare a questa porta . Pumara aveva dato fondo a tutta la sua pazienza e sembrava non avere alcuna intenzione di coinvolgere Loiero nelle faccende che lo riguardavano. La situazione stava precipitando. Nardi da un lato, Loiero dall’altro. Decise di incontrare Livasulli, Briguglia e Pisano al fine di fare il punto della situazione e accelerare i tempi. Fece un giro di telefonate. I quattro si incontrarono nello studio palermitano di Pumara. Saranno state le otto della sera. Fuori pioveva a dirotto. Nello studio erano andati tutti via, segretaria compresa. Pumara personalmente aprì la porta ai suoi ospiti che arrivarono quasi contemporaneamente. Si accomodarono in ordine sparso nella stanza di Pumara. Fu Pumara stesso ad aprire la discussione.

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- Si stanno presentando una serie di inconvenienti che non era facile prevedere. Si stanno accendendo troppe luci sulla faccenda del petrolchimico. Questo Nardi sta facendo troppo rumore, ora ci si mette anche Loiero sul quale ho perso qualsiasi controllo. Insomma vi ho voluto riunire qui oggi affinché si possano accelerare i tempi e chiudere la faccenda nel giro di poco tempo - Te lo dicevo io che questo Loiero è “ cani ca nun canusci patruni”. Ho letto il suo comunicato stampa. Bel rompimento di coglioni. Ma tu hai provato a parlargli? Chiese Livasulli - Certo che ho provato. Sembra che qualcuno gli abbia fatto il lavaggio del cervello. Era pieno di risentimento, diceva di sapere con certezza che il partito se lo sta giocando e poi lamentava il fatto di essere rimasto fuori dai giochi a proposito della vicenda petrolchimico. Briguglia e Pisano continuavano a partecipare passivamente alla discussione. Ascoltavano. Poi fu la volta di Pisano. - Credo che sia il caso di fare in fretta. Manca solo la licenza edilizia e poi possiamo iniziare i lavori. Una volta iniziati i lavori se siamo furbi facciamo un’operazione di blindatura e così nessuno ci romperà più i ciglioni. - Cioè? Che tipo di operazione. Domandò curioso Pumara. - La mia idea è semplice. Subito dopo l’inizio dei lavori

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realizziamo un attentato al nostro cantiere, di quelli eclatanti. Una gru per esempio. Chiediamo di intensificare la presenza delle forze dell’ordine, aggiungiamo di avere ricevuto una serie di minacce e intimidazioni. Facciamo quadrato tra di noi e facciamo passare il messaggio che quelli che si oppongo alla realizzazione dell’impianto sono strumenti di coloro i quali fanno questo tipo di intimidazioni. Zittiamo tutti e il primo stronzo che parla dovrà stare attento a quello che dice. L’idea trovò d’accordo Livasulli. - Non mi pare malvagia come idea, finora ha funzionato. - Credo non vi siamo altre strade. Dobbiamo sollecitare la commissione edilizia a chiudere la faccenda. La firma del sindaco e poi si passa ai fatti. - Da parte mia non ci sono problemi. Io aspetto solo il via. Concluse Briguglia. Ci fu un altro giro di consultazioni ma la sostanza non cambiò più di tanto. Prima di congedarsi Pumara chiese a Livasulli di trattenersi. - Ho incaricato mio cognato di portare i fondi in svizzera,dovrebbe partire la prossima settimana. - Va bene. Raccomandagli di essere prudente. Come vedi tira vento da tutte le parti. - Lui sa come muoversi, lo sai che non è la prima volta. Fu però l’ultima. Il cognato di Pumara venne fermato poco prima di raggiungere il confine. Una pattuglia

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della guardia di finanza ad un posto di blocco gli trovò le intercapedini della sua Audi A6 piena zeppa di milioni di euro.

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CAPITOLO DICIANNOVESIMO - Dottoressa Marino, come sta?Sono Nardi. - Adesso meglio. Come vede al topo è stato tolto il formaggio. Il cognato di Pumara ha iniziato a collaborare con un mio amico procuratore. Hanno già pronti gli avvisi di garanzia per tutti i furbetti della banda. Adesso può scrivere liberamente in attesa del botto. - Cosa si aspetta? Domandò Nardi. - La chiusura del cerchio, bisogna mettere nel calderone il sindaco e i membri della commissione edilizia. Dalle intercettazioni emergono le pressioni di Pumara e Livasulli sia sui membri della commissione che sul sindaco. - Il petrolchimico salta ancora prima di essere realizzato… ma la deflagrazione coinvolgerà solo i suoi esecutori.. - Proprio così. Briguglia ha tanti di quei capi di imputazione che c’è da riempire una enciclopedia. Nardi lavorò su una serie di articoli al vetriolo che erano il preludio di ciò che sarebbe accaduto da lì a poco. La commissione edilizia votò all’unanimità la richiesta

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di concessione edilizia e il sindaco firmò una serie di atti in favore dell’impianto. La procura emise una serie di avvisi di garanzia nei confronti dell’intera commissione, del sindaco, di Pumara, Livasulli e Briguglia. Pisano fu appena sfiorato dall’inchiesta. L’inchiesta durò circa due anni e l’impianto era stato appena iniziato a costruire commissariato dalla regione, quando vennero emesse le condanne, un vero trattato di impunità. Pumara e Livasulli patteggiarono la pena e furono condannati a qualche anno con la condizionale, Briguglia difeso da avvocati di altissimo livello venne condannato per concussione e anch’egli patteggiò la pena. Il Sindaco pagò per tutti con la pena più pesante che lo costrinse a scontare qualche anno nelle patrie galere. D’ altronde serviva a questo. Pisano continuò a fare l’imprenditore con i nuovi riferimenti politici della zona. Loiero finita la legislatura tornò a fare il consigliere comunale con la magra consolazione di continuare a essere chiamato “onorè”. Di Franco venne assunto da una testata nazionale, si trasferì a Roma e continuò la sua attività di cronista occupandosi di cronaca. Nardi mantenne la sua promessa, infatti fu egli stesso a segnalarlo. Mentre lui decise di uscire fuori i confini dello Stato italiano e quasi per una sorta di rigetto, iniziò a

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occuparsi di politica estera e precisamente di zone ove erano presenti focolai di guerra. - meglio scrivere di cose dove il bianco è bianco e il nero è nero, piuttosto che scrivere di loschi figuri che la spuntano sempre - Era solito dire a chi gli chiedeva il perché di questa scelta. Fossalumera rimase Fossalumera e i suoi abitanti rimasero tali e quali aspettando il messia in grado di moltiplicare come qualcuno fece con i pani e i pesci, i posti di lavoro. Il paesaggio già fortemente offeso dalle precedenti colonizzazioni era stato definitivamente compromesso. Alti pennacchi di ciminiere fuoriuscivano da terra ergendosi verso il cielo con fierezza, sputando fumi neri e fiamme a tutte le ore del giorno. Il bucato che le massaie erano solite stendere sui loro balconi ne subiva pedissequamente il grigiore. I manifesti per le imminenti elezioni alle europee riempiva i muri e ogni angolo del paese di facce più o meno note. Tra queste quelle di Pumara e Livasulli con frasi del tipo “ il coraggio di cambiare” o epiteti simili. La saracinesca di Giannu u’ varberi ritornò a sollevarsi con il suo stridolìo echeggiando nel quartiere tutti i lunedì mattina, mentre una folla antistante la sala da barba aspettava l’arrivo dell’onorevole Livasulli.