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MOVIMENTO STUDENTI DI AZIONE CATTOLICA Cerca la sapienza e seguine le orme Elementi per una spiritualità dello studio DOMENICO AMATO EDITRICE AVE

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MOVIMENTO STUDENTI DI AZIONE CATTOLICA

Cerca la sapienza e seguine le orme

Elementi per una spiritualità

dello studio

DOMENICO AMATO

EDITRICE AVE

Proprietà letteraria riservata Stampato a Homa, novenibre 1996 ISBN 88-8065-134-X

QUESTO OPUSCOLO

Lo studio è momento importante posto al rertice della 11ita e della giornata dello studente. Oggi, inrece, si parla tanto di scuola (problemi scolastici, strutturali, studenteschi), ma il grande assente in

tutto questo dibattito è pròprio lo studio. È necessario allora riposizionarlo, dandogli senso. La cosa non è né semplice, né facile; il tentati110 che come Mo1,imento Studenti di Azione Cattolica l'ogliamo fare è quello di guardare allo studio attrarerso la prospettim della spiri­tualità.

Le cose che in questo opuscolo l'engono dette non sono delle tecniche per studiare meglio. Non 1•engono suggeriti metodi per l'apprendimento, né l'ie per migliorare il pro­.fi'tto.

Qui si ragliano tracciare con semplicità e senza alcuna pretesa alcuni ele111enti di spiritualità dello studio.

Il cristiano è se111pre una persona alla ricerca della Verità che è Cristo. Questa rerità non si presenta a lui ùnmediatamente nella sua interezza, egli piuttosto del'e ricercarla nel .fiwnmento della realtà che l'i11e giorno dopo {!/omo.

Lo studio, inteso co111e stile di l'ita che ricerca il senso delle cose oltre le apparenze, aiuta lo studente in questa impresa. Per l'adolescente e il giol'Clne questa attil'ità si fa ancor più impegnatil'O, perché in questa età ci si comincia a porre domande sulla prospettira della propria

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l'ito e od esprimere un giudizio sulle cose che accadono.

Questo opuscolo l'llole dare alcuni input anche rispet­to alle opportunità e alle ~fide che agli studenti pro1•engo­no dalle nuol'e tecnologie che il mondo contemporaneo mette a disposizione della 1•ita degli uomù1.i.

Se o/l'interno dello scuola esiste una l'arietà di stu­denti con opinioni direrse, c'è un quid che li accomuno tutti e che sempre e comunque e dol'llnque continuerà od accomunarli: lo studio. In quanto studenti cristiani di AC tocca a noi focalizzare una finestra particolare da cui guardare ad esso per dargli un senso nuol'o, e questo per il bene di tutti gli studenti.

Siamo com•inti che lo spiritualità dello studio è una ~fido che ci sto damnti.

Come studenti di AC 1•orremmo che queste r(flessioni circolassero tra tutti gli studenti cattolici, in primo luogo ,Fa quelli del Jlfsac.

Coltii•io1110 il sogno di esportare questo nuoro modo di intendere lo studio tra tutti gli altri studenti, in modo che si possa ritornare a dargli un 'anima, a.ff'inché torni od essere l'era ricerca dello Verità.

La Segreteria Msac

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Quarta ora, matematica!

A ncora una volta il prof. grida che bisogna sgobbare sui libri. Lo studio è importante: «Dovete studia-re». ·

È il ritornello che ripete come un disco rotto da diver­so tempo.

Carlo: seduto al suo banco: ha staccato la spina. Tanto la ramanzina la conosce già. Intanto si chiede perché bisogna studiare. Ha un senso? E cosa c'entrano con la sua vita: i suoi affetti: i suoi

progetti quelle ore passate in classe con gli amici e le altre passate a casa sui libri?

Intanto si rammenta di una frase che ha letto da qual­che parte. Diceva così: «I libri si moltiplicano senza fine ma il molto studio affatica il corpo» . Gli era tanto piaciu­ta che se l'era scritta sul diario.

Ora aveva preso il diario dallo zaino e stava consolan­dosi con quella frase.

«Eh sì: è proprio vero - pensava - con tante materie da studiare come si fa a ricordare tutto? Sono proprio stres­sato».

«Sai chi l'ha scritta quella frase?» La domanda gli era giunta improvvisa alle spalle

tagliando l'umore depressivo che l'aveva estraniato. Non si era accorto del cambio dell 'ora. E quella voce

l'aveva fatto sussultare. No, non c'era da spaventarsi, era solo il prof di religione.

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«Quella frase l'ha scritta Qoelet. un sapiente di Israele - aveva ripreso il prof - e sta a significare che lo studio non è un semplice accumulo cli nozioni. Non si tratta cli riempire la testa. Tu non sei un bicchiere da riempire» .

«~che cosa è lo studio?», aveva ribattuto Carlo. «E ricerca che sgorga dalla vita stessa delle persone;

dalla constatazione che tutte le cose sono in travaglio. C'è un altro pensiero di Qoelet che dice: "Tutte le cose sono in travaglio e nessuno potrebbe spiegarne il motivo". In questo travaglio ci sei anche tu, lo vedi e lo vivi. E come per Qoelet anche per te "non si sazia l'occhio di auardare

, 1 o ne mai 'orecchio è sazio di udire ". Per questo l 'uomo sente il bisogno di ricercare il motivo e la spiegazione delle cose, con la consapevolezza che non c'è mai un punto in cui uno possa dire di aver compreso ogni cosa».

Intanto si era formato un piccolo capannello e A1wela . o

era mtervenuta per chiedere che senso avesse studiare tutte quelle cose del passato.

«Lo studio è una ricerca che ci precede. Ci sono per­corsi culturali che già l'umanità ha compiuto e continua a compiere. In questo cammino dell'umanità noi siamo chiamati ad inserirci: abbiamo un patrimonio da eredita­re'. un patrimonio da tramandare. Occorre perciò attrez­zarsi e ricercare la verità per leggere la realtà con lenti di ingrandimento al fine di penetrarne i segreti. Nello studio noi approfondiamo, ricerchiamo, impariamo. Ogni pezzo cli verità compreso non fa che rimandare ad una verità più grande., più assoluta».

«Adesso vuoi vedere che· tira fuori Dio?» Era Giampiero, l'ateo dichiarato, che era intervenuto.

«Certo. Gesù Cristo è la verità ultima, la verità com­piuta. Non però come un vaso a cui attinaere le verità che o

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di volta in volta ci servono. Gesù Cristo è il codice inter­pretativo che ci permette di leggere e decifrare tutta la realtà. Un po' come la chiave di accesso ai programmi di questo immenso computer che è il mondo. Per questo lo studio ha una dimensione spirituale, perché in gioco non è solo l'intelligenza .. ma tutta la persona, col suo corpo e col suo spirito».

«Sì. ma lo studio ci stressa , come dice Qoelet» aveva ribattuto Carlo puntando il dito sul suo diario.

«Solo l'accumulo cli nozioni ci stressa. Lo studio è un'altra cosa. In quanto desiderio cli verità penultime e avvicinamento alla Verità ultima, lo studio si fa attenzio­ne alla vita reale e alle singole persone. Si fa fatica e autodisciplina. Non si studia come mi viene. Occorre darsi un metodo. ''·Occorre farsi divorare dalla curiosità. Lo studio aiuta a superare la tentazione di dire "io basto a me stesso". E poi la fatica, l'impegno, il sudore, la ricerca. «aprono il cuore e la mente allo stupore, alla meraviglia e al ringraziamento» .

Lucia intanto aveva alzato il dito per intervenire. «Professore, si vede che a voi ogni tanto piace studia­

re» . «Veramente non ho mai smesso» fu la risposta.

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1. La ricerca e il progetto

L a domanda che attraversa l'esistenza di oani aiovane o o fin dalla su~ adolescenza è quella relativa a cosa sarà

della sua vita. E come un fiume sotterraneo che scava e si mischia a utopie, aspirazioni e sconfitte. L'euforia prevale talvolta sull'incertezza, altre volte è lo scoraggiamento a inabissare ogni prospettiva futura .

Progettare la propria vita è impresa ardua, ancor cli più oggi che ci si sente soli e sperduti in questo mondo dove gli adulti hanno da pensare a mille cose dimentican­dosi dei giovani e quando si occupano di essi non riescono a decifrarne linguaggi e domande. Eppure, in questo momento della vita si devono tracciare le linee portanti di un progetto che ancora r)er certi versi viaaaia sull 'onda 00

della coltivazione cli un sogno. Altrimenti si rimane invi-schiati in un sistema che oscilla tra una vita vissuta alla giornata e la paura del domani.

Per intravvedere il proprio futuro è necessario mettersi in ricerca, dove ricercare significa avere coscienza di tutti gli elementi in gioco e cli come questi si combinano insie­me. Solo così si avrà la capacità cli tracciare coordinate precise di tipo valoriale, culturale e tecnico che permette­ranno al giovane di fare delle scelte consapevoli.

Porsi in ricerca significa conoscere, apprendere, capire, indagare: con una parola potremmo dire che lo studio è il giusto alveo della ricerca. Visto in quest'ottica lo studio assume una valenza che va ben al di là del semplice accrescimento di conoscenze. Esso, piuttosto, con le sue modalità e il suo dinamismo determina lo stile con cui approcciare le problematiche:, uno stile che richiede rigo-

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re., approfondimento e confronto. Questo stile, verificato sui banchi di scuola, diventa metodo applicato alla pro­pria esistenza. Sicché metodo e conoscenze non possono che aiutare a diradare quelle nebbie cli incertezza che gravano sul proprio progetto di vita.

Bisogna tener sempre presente che la libertà con cui ogni persona progetta il proprio futuro si coniuga sempre con il progetto di Dio, il quale vuole ogni uomo e ogni donna pienamente realizzati in Cristo Gesù. Al giovane connmque rimane la fatica e la bellezza della ricerca della propria forma di realizzazione. Tale realizzazione, se è perseguita nella verità., trova la sua compiutezza nella maturità della persona.

Questo significa che il progetto influenzerà le scelte presenti. E ciò che si fa oggi avrà peso sul proprio futuro.

Così se è vero che lo studio aiuta il giovane a crescere dobbiamo anche concludere che veramente lo studio sen1e per la vita.

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2. Il testo e l'ipertesto

L o studio non si attua mai nella condizione del 11 fai da te". Per studiare si ha bisogno cli mezzL per questo

bisogna lasciarsi accompagnare eia quei veri e propri amici che sono i testi scolastici.

Certo il rapporto dello studente col libro è sia di curio­sità che cli conflitto.

Ad ogni pagina sfogliata: letta: appresa e approfondita il libro fa acquisire conoscenze che rendono la persona più libera. Chi non sa, infatti. rimane nella condizione cli dipendenza. Il libro fa camminare su vie che altri hanno aperto: suscita sentimenti che altri hanno provato, inse­gna leggi che altri hanno scoperto. dà interpretazioni che altri hanno elaborato. :\fa il libro può anche rimanere muto.

Ogni qualvolta non si riesce a decodificarlo e a inter­pretarlo il libro diventa muto e questo costa allo studente delusione. scarso rendimento, col rischio cli rimanere fuori dal percorso della classe. Quando questo succede, il libro diventa un nemico da tenere alla larga, un peso da sopportare.

In questi momenti bisogna chiedersi se è proprio il libro ad essere afono o se piuttosto siamo noi ad essere sordi.

Il libro è da porsi nella categoria degli amici e come tale va rispettato, non deturpato nella sua bellezza con scarabocchi, invettive poste a margine, fogli strappati.

Il libro, infatti, è tm discorso che permane anche dopo che è stato prommciato e ciò che è scritto è. per così dire. memoria oggettiva. È a mia disposizione. e posso servir-

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mene in ogni istante. Allora comincia a parlare. e ciò che fu un tempo. diviene presente.

Il libro. però. va anche interpretato: esso non è la verità intangibile e in questo senso va anche integrato, diligentemente discusso e all 'occorrenza anche contrad­detto. Insomma il rapporto col libro dev 'essere un rap ­porto vivo e attivo e non certamente passivo.

Oggi la tecnica ha posto a nostra disposizione nuovi strumenti .. si pensi al computer, ai cd-rom., a internet. Tutto questo pennette un rapporto interattivo col testo . Le infinite informazioni che sono e saranno sempre più a disposizione degli studenti a livello planetario., da una parte semplificheranno la ricerca, dall 'altra permetteran­no cli costruire un ipertesto secondo le necessità e l'occor­renza. Un ipertesto da arricchire continuamente.

In tal senso lo studio diviene sempre più atto creativo dell'uomo. Espressione del suo spirito tendente verso quell'approfondimento della verità che lo permea.

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3. L'inchiostro e il computer

Nella 1~1enta.lità. che ha accompagnato i nost1:i nonni e i nostn gemton, al centro del lavoro scolastico c'era il

famoso trinomio "penna, quaderno., libro ". Per certi versi la scuola ancor oggi continua a veicolare il sapere con c1uesti strumenti. Anzi. molti sentono il bisoano di esal-, o tarli come mezzi imprescindibili per uno studio serio. Intanto i giovani'. fuori delle mura scolastiche\ ricevono molte altre informazioni attraverso strumenti quali televi­sione, computer\ internet. Questi strumenti devono essere utilizzati non contro la scuola \ ma con la scuola senza demonizzarli dichiarandoli inadatti per uno studio profi­cuo.

Nei passaggi strutturali della storia i c'è sempre stata una parte di umanità che si è chiusa in se stessa difen­dendo l'ordine costituito e una parte di umanità che ha voluto aprirsi alla realtà nuova . Così è avvenuto nella Grecia antica col passaggio dalla parola orale alla parola scritta. Basta riascoltare le posizioni di Socrate, riportate da Platone, volte a denigrare la parola scritta. Ma la parola scritta era il futuro , non la parola orale. La stessa cosa è successo nell'età moderna con l'invenzione della stampa. Quanta paura nei confronti dei caratteri mobili. Oggi è in atto una nuova rivoluzione: dalla comunicazio­ne scritta alla parola interattiva'. ai microchips, al compu­ter, alla realtà virtuale.

Indubbiamente in questi spazi viaggiano anche realtà di peccato. si pensi ai vari siti su internet che veicolano messaggi scabrosi. Ma l'uso perverso di questi mezzi da parte di alcuni non deve portarci a denigrare e ad aver

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paura dei mezzi stessi. In questo i giovani devono essere più lungimiranti degli adulti giacché hanno un bagaglio di conoscenze che molti adulti non hanno.

Tocca ai giovani, allora, orientare questi mezzi verso lll1 uso buono e virtuoso, con la consapevolezza che sem­pre in agguato è la tentazione di servirsi cli questi stru­menti per fini egoistici che denigrano l 'uomo.

Accanto ai libri perciò, impariamo ad usare anche il computer, per uno studio sempre più creativo.

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3. L'inchiostro e il computer

Nella 1~1enta.lità. che ha accompagnato i nostri nonni e i nostn gemton\ al centro del lavoro scolastico c'era il

famoso trinomio "penna, quaderno., libro". Per certi versi la scuola ancor oggi continua a veicolare il sapere con c1uesti strumenti. Anzi. molti sentono il bisoano di esal-, o tarli come mezzi imprescindibili per uno studio serio. Intanto i giovani'. fuori delle mura scolastiche\ ricevono molte altre informazioni attraverso strumenti quali televi­sione'. computer) internet. Questi strumenti devono essere utilizzati non contro la scuola) ma con la scuola senza demonizzarli dichiarandoli inadatti per lll10 studio profi­cuo.

Nei passaggi strutturali della storia , c'è sempre stata una parte di umanità che si è chiusa in se stessa difen­dendo l'ordine costituito e una parte di umanità che ha voluto aprirsi alla realtà nuova. Così è avvenuto nella Grecia antica col passaggio dalla parola orale alla parola scritta . Basta riascoltare le posizioni cli Socrate\ riportate da Platone '. volte a denigrare la parola scritta. Ma la parola scritta era il futuro \ non la parola orale. La stessa cosa è successo nell 'età moderna con l'invenzione della stampa. Quanta paura nei confronti dei caratteri mobili. Oggi è in atto una nuova rivoluzione: dalla comunicazio­ne scritta alla parola interattiva'. ai microchips\ al compu­ter'. alla realtà virtuale.

Indubbiamente in questi spazi viaggiano anche realtà cli peccato. si pensi ai vari siti su internet che veicolano messaggi scabrosi. Ma l'uso perverso di questi mezzi da parte cli alcuni non deve portarci a denigrare e ad aver

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paura dei mezzi stessi. In questo i giovani devono essere più lungimiranti degli adulti giacché hanno un bagaglio di conoscenze che molti adulti non hanno.

Tocca ai giovani, allora 1 orientare questi mezzi verso un uso buono e virtuoso1 con la consapevolezza che sem­pre in agguato è la tentazione cli servirsi cli questi stru­menti per fini egoistici che denigrano l'uomo.

Accanto ai libri perciò1 impariamo ad usare anche il computer, per uno studio sempre più creativo.

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4. L'oracolo e il nocchiere

L o studio, vissuto come attività dello spirito prima ancora che come attività della mente, non può chiu­

dersi nell'autosufficienza. Esso infatti fa parte di un pro­cesso educativo in cui il giovane non è solo. Egli è di fron­te ad mm serie di persone con cui è chiamato ad internai-

. o re, fra questi ci sono i professori. Questi tante volte sono considerati e 1)er certi versi assumono l'atteaaiamento di 00

«oracoli»: possessori cli verità a cui tutti devono inchinarsi. Nessuno però può dirsi possessore della verità tutta

intera. Vale qui la parola di Gesù quando dice che nessu­no deve arrogarsi il diritto di farsi chiamare maestro, per­ché "uno solo è il maestro" e tutti siamo discepoli. Nel cammino della vita però, c'è chi ci precede per sapienza ed esperienza. Sono queste le qualità da riconoscere nei professori e da richiedere loro.

Questi allora più che oracoli devono essere «nocchie­ri»., capaci cioè cli tracciare la rotta , di indicare la via.

Il professore è un compagno di viaggio a cui riconosce­re quel ruolo educativo che lo pone contemporaneamente di fronte e accanto agli studenti.

Pertanto il professore non è né la persona a cui asser­vire la propria intelligenza per qualche voto in più, né la persona a cui darla ad intendere per evitare l'interroga­zione o il brutto voto.

Tutti e due questi atteggiamenti fanno dei professori oracoli a cui piegarsi o da cui fuggire. Invece a loro si deve dare il riconoscimento di quella sapienza ed espe­rienza che devono accompagnarci fino a farci capire il perché delle cose.

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E quando il professore non è all'altezza del compito, o ha una posizione ideologizzata della cultura e del sapere: proprio allora è necessario un supplemento di impegno; affinché quell'insegnamento non rimanga nell'insignifi­canza, né tantomeno si rimanga plagiati da quelle ideolo­gie., ma sempre si verifichino le posizioni confrontandole con altri percorsi che a noi vengono offerti tramite l'intel­ligenza della fede.

Il giovane studente deve sempre attivarsi perché. ciò che gli viene insegnato a scuola abbia la possibilità di essere verificato alla luce della propria fede in Cristo Gesù, il quale rimane sempre l'orizzonte che invera la realtà umana.

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5. La scrivania e la classe

L o studio non è mai per se stesso) ha sempre una dimensione comunitaria. È il servizio che come cri­

stiani siamo chiamati a svolgere nei confronti dei nostri amici; la capacità di avere un senso da trasmettere agli altri.

L'essere studenti non può e non deve ridursi al solo legame con la scrivania, ma deve aprirsi alla vita , alle tensioni'. al dialogo con la classe.

La scrivania e la classe diventano così due momenti importanti e complementari.

La scrivania indica la fatica , l'impegno) il sudore dello studio) il tempo passato ad apprendere e approfondire per capire fino in fondo quello che si sta facendo . Uno studio che sa permearsi di atteggiamenti di stupore\ di meravi ­glia e cli ringraziamento. Uno studio che fa prendere coscienza anche del proprio limite.

La classe invece dice il confronto con gli amici di banco'. e il sapersi mettere a loro disposizione. Non sol­tanto per aiutare chi è più debole a fare i compiti, ma anche per aiutare gli altri nel discernimento della verità.

Oggi questa dimensione si fa più urgente di fronte a culture giovanili, o faremmo meglio a dire non-culture o contro culture, che vanno dal trashismo al nichilismo. Il non senso, l'evasione, l'annientamento'. sotto le forme più svariate, sono sempre in agguato.

Occorre allora capire e far capire dove si annidano le insidie di certi atteggiamenti sbagliati, dove portano certi miraggi, quali sono le conseguenze di certe mode. Occorre capire e far capire che prima della moda viene la persona

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e che la vita vale molto di più di una sigaretta\ di un blue-jeans) del concerto a tutti i costi, della linea da top­model... Ma per fare questo è necessario operare un discernimento serio e non improvvisato.

L'educazione ai valori passa attraverso le parole cli un amico\ attraverso un dialogo franco e aperto\ molto più che attraverso mille ramanzine.

Il servizio che come cristiani si è chiamati a dare nella scuola passa anche attraverso una partecipazione attiva e responsabile ai momenti di confronto dialettico della vita della scuola . Proprio oggi, dove sembra che chi più grida più ha ragione) chi più alza la voce con parole magiche come autogestione e occupazione detta legge.

Qoelet afferma che «le parole calme dei saggi si ascol­tano più delle grida di chi domina fra i pazzi» . Come cri­stiani siamo chiamati attraverso uno studio serio a saper dire e a dire sempre una parola saggia con calma e fran­chezza anche fra gli slogan che durano lo spazio di una manifestazione\ di uno sciopero o di un 'autogestione.

Una parola calma di saggezza che sia capace di farsi ascoltare e rimanere come punto di riferimento e di orien­tamento. Ma per fare ciò è necessario indagare e capire) solo così lo studio non sarà un vuoto rapportarsi di chiac­chiere.

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6. Il banco e il mondo

L a vera cultur.a non è ~Iu~lla che ~nira a l~n qualch.e (( scopo, ma , come ogm ncerca eh perfez10ne., ha il si unificato in se stessa. La ricerca della "cultura" , cioè di o perfezionamento intellettuale e spirituale, non è un cam-mino faticoso ' 'erso un qualche fine limitato, ma un forti­ficante e benefico allargamento della nostra coscienza, un arricchirsi delle nostre potenzialità cli vita e cli gioia. Per questo la vera cultura è insieme stimolo e appagamento, tocca sempre il traguardo ma non si ferma in nessun luogo, è un viaggio nell'infinito., un vibrare all'unisono con l'universo. un vivere con esso fuori del tempo. Il suo scopo non è lo sviluppo cli singole facoltà o rendimenti., ma essa ci aiuta a dare un senso alla nostra vita, a inter­pretare il passato, ad aprirci al futuro con coraggiosa prontezza».

Sono parole cli Hermann Hesse che ci aiutano a porci in sintonia col respiro dell'umanità. C'è da considerare però che «il sapere è sempre un rischio» come ci ricorda ancora Qoelet. Chi è ignorante non sa, e chi non sa non si rende conto, e chi non si rende conto non riesce ad inter­pretare la realtà. Vivrà così in limiti angusti., molto angu­sti. Vivrà una felicità appiattita sul mattone che calpesta. Perciò è necessario saper coniugare insieme il banco e il mondo. Il banco, luogo in cui si apprende: il mondo. inte­so come libro squadernato sotto i nostri occhi a cui conti­nuamente attingere.

L'atteggiamento è quello cli pensare globalmente e agire locahnente: avere la capacità di llllO sguardo globale sulle cose e questo incarnarlo nell' li ic et n u nc che si sta

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vivendo. Con la consapevolezza che ogni azione non ha conseauenze solo 1)er il luoao e il tem1)0 in cui si vive, ma o o a causa delle connessioni con gli altri luoghi e le altre per-sone, ha ripercussioni su altri luoghi e sui tempi futuri.

L'esercizio dello spirito critico nel momento dello stu­dio permette al giovane cli comprendere la complessità della società e agire in essa in maniera propositiva.

Per questo con Qoelet possiamo affermare che «chi accresce il sapere., aumenta il dolore». Infatti chi più sa , vivendo la dimensione dello studio come ricerca e cono­scenza , scopre le interconnessioni, vive la globalità, e snida le strutture di morte e di peccato. E per questo sof­fre. Soffre di questa verità, perché essa non è da tutti riconosciuta. Perciò lo studente cristiano sente l'imperati­vo di dover spiegare agli altri questa verità., affinché sia compresa e condivisa .

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7. Il silenzio e la parola

S iamo nella civiltà dei messaggi. Bombardati continua­mente da mille richiami., programmiamo le nostre

giornate in modo che mai si crei un vuoto . Riempita di sport., cli musica, tv, amici ., palestra ., qualche riunione., la vita è un susseguirsi di cose da fare. Alcune le scegliamo e ci piacciono, altre ci sembrano imposte e pertanto ci pesano cli più. Lo studio quasi sempre rientra in questa seconda categoria. Risulta così una cosa da fare tra le

tante. Eppure c'è una dimensione della persona che diventa

necessaria per penetrare il mistero delle cose. È il silenzio. Quando il silenzio è solo assenza di parole è vuoto . È

cli questo silenzio che tutti abbiamo paura , è 11 horror 1•ocui. Per questo tendiamo a riempire continuamente la nostra esistenza cli cose da fare , per tenere continuamente occupata la nostra mente. E quando proprio non ci si rie­sce., la noia mortale riempie questo vuoto creato dal silen­zio cli parole.

Quando invece il silenzio è dimensione dello spirito, si innesta in noi la coscienza cli essere pienamente responsa­bili del nostro essere. È in questa condizione che siamo capaci cli produrre idee e cli vagliarle ., cli fare memoria del passato e cli progettare il futuro. È il silenzio che parte dal nostro intimo che ci fa essere fecondi , perché ci fa scopri­re il senso delle cose.

Uno studio condotto in una situazione cli silenzio-noia è solo lo sforzo cli apprendere alcune nozioni o meccani­smi finalizzati all'esercitazione scolastica .

Uno studio invece fatto in una situazione cli silenzio-

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riflessione., dà la capacità di intuire e capire i processi e le connessioni che sottendono lo sviluppo delle varie materie scolastiche.

Il silenzio fa sempre da contrappeso alla parola. E in Dio queste due dimensioni., che a noi sembrano inconci­liabili, si coniugano in modo sinergico . Tant'è che nel silenzio Dio crea attraverso la parola.

Per questo abbiamo bisogno cli silenzio tanto quanto abbiamo bisogno di parole. E Qoelet che ci ricorda come «c'è un tempo per tacere e un tempo per parlare» . Se questa civiltà ci sta insegnando a parlare, è altrettanto necessario che noi impariamo a tacere. Ecco, lo studio si pone al punto cli congiunzione e cli convergenza tra il tacere e il parlare. Solo se sapremo tacere coglieremo il senso delle cose. E solo se avremo capito il senso delle cose potremo parlare, e non a vanvera .

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8. Le parole e la Parola

I ntorno a noi le parole si mischiano al rumore al punto che facciamo sempre più fatica a decifrare la Verità

attraverso i milioni di informazioni che ci vengono date. Attorno a noi si configurano una serie di culture che si

intrecciano e che come fiumi in piena ci trasportano. Eppure da questa realtà noi non possiamo né astrarci né estraniarci. Dobbiamo invece capire.

Capire significa avere la capacità di prendere in mano la propria vita e giocarsela bene facendo in modo che le nostre piccole scelte quotidiane diventino tasselli del grande mosaico della nostra esistenza. Lo studio allora deve essere mezzo per acquisire dati che servono per un discernimento della realtà. Senza mai svendere il proprio cervello all'idea di turno che ci abbaglia .. solo perché ci piace. Mai seguire supinamente ciò che i professori spie­gano quasi consegnando loro una volta per sempre il timone dell'intelligenza .. ma accogliere quanto essi dicono di buono.

Lo studio infatti quando è ricerca spassionata diventa un buon metodo di discernimento per capire il senso della realtà in cui siamo immersi.

Da solo però lo studio non basta. per il semplice fatto che l'uomo è un mistero e il suo cuore un abisso come ci ricorda un salmo. Perciò difficilmente l'uomo riuscirà a comprendere a pieno se stesso in solitudine. Solo in Cristo il mistero dell'uomo è pienamente svelato. È Lui, Parola eterna ciel Padre, che assumendo la nostra carne è entrato nel tempo. dando nuovi punti cli riferimento alla storia degli uomini.

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Per questo motivo allo studio deve accompagnarsi la preghiera quale momento fondante per fare delle distin­zioni tra ciò che si fa e ciò che ci spersonalizza. In questa prospettiva lo studio stesso (nel suo senso ultimo di ricer­ca della Verità) deve coniugarsi con quella dimensione orante che dà capacità all 'uomo cli essere una persona aperta alla novità della storia. Di qui il parallelo tra stu­dio e preghiera. Ad uno studio serio si perviene solo attra­verso le doti dell 'attenzione .. dell'umiltà, della perseveran­za, che sono anche le caratteristiche della preghiera fatta nell 'umiltà dell'ascolto e nell'accoglienza della Parola.

È quindi possibile .. riscoprendo il silenzio della lettura, la curiosità della ricerca e la concentrazione della mente, non solo potenziare e dare senso al nostro studio, ma anche migliorare la nostra preghiera.

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OLTRE LE COSE

e ercare la sapienza deve essere il compito di ogni stu­dente. Egli deve avere coscienza che il vero sapiente è

colui che sa istruire se stesso e non quello che ha la prete­sa di istruire tutti.

La sapienza dell'intelligenza, però, non basta a mettere al riparo da una aridità che sa solo guardare con cupidi­gia le cose per servirsene.

Bisogna andare oltre e saper giungere alla sapienza del cuore.

Il sapere deve condurre alla meraviglia e allo stupore per il sole che ancora sorge e per il mandorlo fiorito. E nella bellezza arcana e sempre nuova delle cose scorgere. oltre la scorza delle apparenzei la presenza di Dio.

La sua multiforme sapienza continua infatti a lasciare le tracce del suo amore nella storia degli uomini. Di essa,

come studenti, siamo chiamati a seguire le orme.

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i

I

Il

I

Preghiera dello studente

Spirito Santo datore di sapienza accompagnami anche oggi nei labirinti del sapere. Donami, ti prego, il tempo della conoscenza cdfinchéforte di essa io possa camminare più spedito e libero.

Maria sede della sapienza che nel silenzio hai meditato i misteri delle realtà pilÌ essenziali e /'ere. Donami il tempo della gioia

1 per ogni scoperta che oggifarò. I Efa 1 che non mi scoraggi

I se, a rriT•a to a sera,

b

i, mi accorgerò di al'erperso tempo. Amen.

Il i l

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Indice

QUESTO OPUSCOLO p. 3

- Quarta ora matematica~ p. 5

- 1. La ricerca e il progetto P· 8

- 2. Il testo e l'ipertesto p. 10

- 3. L'inchiostro e il computer p. 12

- 4. L 'oracolo e il nocchiere P· 14

- 5. La scrivania e la classe p. 16

- 6. Il banco e il mondo p. 18

- 7. Il silenzio e la parola p.20

- 8. Le parole e la Parola p. 22

- Oltre le cose p. 24

Preghiera dello studente p. 25

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