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1 Silvia Calore C’era una volta… e forse c’è ancora Fiabe ad arte “Tu una volta eri bambina come me. Lo so perché mi capisci. Ma adesso io sto diventando grande. Come te. E anche questo lo so perché mi capisci.” Dedicato a Valentina

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Silvia Calore

C’era una volta… e forse c’è

ancora Fiabe ad arte

“Tu una volta eri bambina come me. Lo so perché mi capisci. Ma adesso io sto diventando grande. Come te. E anche

questo lo so perché mi capisci.” Dedicato a Valentina

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Progetto grafico e disegni del testo F. Lucianetti Impaginazione Comitato Editoriale Ass. E-Sfaira Stampa Litocenter Copyright E-Sfaira Editrice Tutti i diritti riservati Riproduzione vietata

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Anche mamma e papà sanno raccontare

__________________________ Speciale genitori Per narrare ai propri figli non serve ☺ essere esperti… ☺ sapere tante storie ☺ essere abituali lettori ☺ avere tanto tempo ☺ avere un bambino che sta fermo

Narrare ai propri figli è: ☺ una coccola speciale ☺ un contenitore affettivo ☺ un rito magico ☺ un modo per dire, per ascoltare… e per

rispondere a domande difficili ☺ una possibilità per farci conoscere ☺ un esercizio di fantasia ☺ un modello linguistico ☺ un allenamento emotivo

Chi non ha mai ricevuto dal proprio/a figlio/a la domanda: “Mamma, papà, mi racconti una storia?” e chi, magari con una certa fatica, non ha risposto, andando a cercare velocemente nella propria memoria quella fiaba messa a riposare tanti anni prima e ora pronta a riproporsi, con una rispolveratina, come nuova? Da sempre le mamme, i papà, i nonni, le nonne, hanno regalato ai loro piccoli attimi magici fatti di racconti di realtà e di fantasia, ma soprattutto di presenza e di attenzione.

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Questo inserto, ospitato in un testo così originale che propone un intreccio di linguaggi attraverso i quali accostarsi alla narrazione, vuole incontrare i genitori di oggi, per incoraggiarli a raccontare, a non rinunciare a sperimentare il piacere di entrare con il proprio bambino in una dimensione un po’ magica che accompagna morbidamente la relazione. Inoltre cerca di offrire loro, accanto alla motivazione, alcune semplici idee per rendere i momenti del raccontare dei momenti piacevoli e di crescita per genitori e figli. Naturalmente l’invito è a leggere e a far tesoro di tutto il libro poiché la scelta delle fiabe è delle migliori e la proposta del come rimanere nelle storie attraverso la messa in gioco di diverse modalità espressive, rappresenta una straordinaria forma per dare continuità all’esperienza.

Per narrare ai propri figli non serve…

☺ Essere esperti Sin dall’antichità l’uomo si è nutrito di storie che si sono tramandate attraverso l’oralità molto prima che attraverso la scrittura. Conosciamo il valore dei miti che hanno caratterizzato lo sviluppo di intere civiltà ma sappiamo anche che ogni comunità dalle più grandi alle più piccole si regge su miti e su storie, alcune vere, altre che sconfinano nella leggenda, ma che comunque rappresentano solide basi per la crescita dei nuovi membri della comunità. Anche le famiglie si

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tramandano le loro storie che di generazione in generazione si arricchiscono, si trasformano creando l’ordito al quale si intreccia la trama della vita quotidiana. Dunque alle spalle di ogni mamma e papà ci sono dei narratori che hanno permesso loro, attraverso i racconti, di sentirsi parte di una storia più grande che continua. Chi può dire di non saper raccontare se almeno una volta ha potuto fare l’esperienza dell’aver ricevuto una storia: vera o leggendaria che fosse? E se a qualcuno proprio non è capitato, non è mai troppo tardi, potrà scoprire ora questo piacere stando accanto al proprio bambino che gioirà per il dono ricevuto e, magari lo restituirà attraverso il suo raccontare. E allora coraggio, proviamo a chiudere gli occhi e andiamo a recuperare nella nostra memoria la voce di una persona cara che ci ha fatto compagnia con una storia e, guidati dalle emozioni che il ricordo provocherà, ci verrà la voglia di restituire ciò che abbiamo ricevuto ai nostri figli e la storia continuerà. ☺ Sapere tante storie A volte capita che qualche genitore sia frenato nel suo desiderio di raccontare dall’impressione di non riuscire a ricordare le fiabe che da piccolo ha sentito narrare o di avere il timore di non essere “abbastanza bravo” nello svolgere le trame delle fiabe che gli tornano alla mente magari in modo un po’ confuso. Ma ciò che lo può rassicurare è che ogni storia è a disposizione di chi la racconta anche per farsi

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manipolare, trasformare ed arricchire per nutrire bambini diversi, in tempi diversi. La stessa fiaba dunque può svelare nuove sorprese, può proporsi in rinnovate rivisitazioni che enfatizzano alcuni passaggi e magari ne trascurano altri. Ricordo che il soffio del lupo dei tre porcellini era la parte che, in un certo periodo dell’infanzia della mia bambina, rappresentava la vera attrazione per questa fiaba, perciò il lupo della mia fiaba soffiava molto di più degli altri lupi. Il mio fiato sul suo viso era la vera magia dunque… E poi chi l’ha detto che le fiabe non si possano inventare prendendo spunto magari da un’esperienza vissuta a casa o a scuola e che ci ispira un intreccio narrativo che può essere creato insieme? Una nonna ha inventato una storia con la sua nipotina con protagonista un calzino alla ricerca del suo gemello perduto facendosi ispirare dalla temporanea separazione di un paio di calzini che all’uscita dalla lavatrice erano finiti casualmente in due stendini diversi. Saranno queste le storie più amate, quelle che verranno ricordate per avere sottolineato momenti particolari e unici. ☺ Essere abituali lettori I libri sono una grande risorsa ma vanno considerati come degli amici e non come degli oggetti che incutono timore. Per chi dopo la fine della sua esperienza scolastica, ha smesso di maneggiarli, la nascita di un figlio può diventare una bella occasione per scoprirne potenzialità nascoste, come quella di divertire, appassionare, rilassare… perché non provarci?

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Anche la lettura ad alta voce può sembrarci troppo difficile e impegnativa da affrontare, ma una volta superato il ricordo del terrore di vecchia memoria di perdere il segno, probabilmente ne ritroveremo il piacere mostrando ai nostri bambini che il libro può farci davvero una piacevole compagnia. Scegliamolo magari insieme a loro, facendoci accompagnare dal loro e dal nostro intuito. Librerie e biblioteche sono luoghi da frequentare insieme. ☺ Avere tanto tempo I ritmi quotidiani a volte ci travolgono impedendoci di creare dei tempi da dedicare unicamente alla relazione con i nostri figli. Solo un’attenta analisi di ciò che veramente fa bene a noi e a loro, ci permetterà di ritagliarci questi tempi, anche se non dilatati, che ci restituiranno il piacere dello stare insieme inserendosi armonicamente nelle nostre attività di ogni giorno alle quali daranno un sapore diverso. Basterà poco tempo, ma dovrà essere esclusivo, sarà il tempo dell’incontro e, forse una fiaba o il racconto delle nostre esperienze quotidiane, ci aiuterà a renderlo prezioso. Sarà un tempo in cui rallentare fino al punto di fermarsi e non sarà, apparentemente, produttivo. Gli effetti infatti si vedranno nel tempo, ma saranno di grande valore. ☺ Avere un bambino che sta fermo Chi l’ha detto che solo i bambini tranquilli e sedentari amano sentire raccontare? E chi ha detto che per raccontare e ascoltare bisogna per forza essere seduti o distesi? Conosco bambini che

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ascoltano con grande attenzione anche mentre si muovono e genitori che raccontano camminando, passeggiando, dipingendo, costruendo, cucinando… La narrazione inoltre trova nella gestualità, nella danza, nel movimento, nella manualità, uno straordinario canale di espressione e le parole vanno a braccetto con le azioni. Provare per credere! Non a caso il testo che ospita questo inserto ci offre degli interessanti spunti per creare armonia tra il linguaggio verbale e gli altri linguaggi.

Narrare ai propri figli è…

☺ Una coccola speciale Narrare è senza dubbio un modo originale per coccolare i nostri figli. La coccola è data dalla vicinanza che provoca un benefico contatto e ci permette di riavvicinarci magari al termine di una giornata in cui ognuno ha vissuto esperienze diverse. Anche le carezze sonore della voce regalano variazioni modulate secondo le fasi e i toni emotivi della narrazione. Lo stare dentro lo stesso mondo magico lasciando fuori tutto il resto, il godere insieme delle stesse illustrazioni se è un libro a farci compagnia, il condividere immagini mentali che la storia ci evoca… tutto questo rappresenta senza dubbio un dono che ci facciamo e facciamo ai nostri figli che in questi momenti, attraverso i loro sensi prima ancora che attraverso la loro mente, hanno la

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possibilità di percepire la nostra presenza di qualità, non di superficie. Saranno momenti che riempiranno altri inevitabili vuoti e che contribuiranno a farli sentire dentro una relazione importante e stabile. ☺ Un contenitore affettivo Il tempo del racconto fa entrare i due protagonisti: chi narra e chi ascolta in uno spazio-tempo speciale e unico, uno spazio-tempo del “noi”. La fiaba diventa uno sfondo fantastico in cui si integrano le differenze, in cui bisogni diversi di adulti e bambini trovano per un attimo un equilibrio dentro una realtà nuova e potente che in quel momento contiene entrambi, con i propri desideri e i propri sogni. Ma questa parentesi va coltivata e nutrita. Le va dato tempo. ☺ Un piacevole e rassicurante rito I bambini amano e hanno bisogno di riti che rappresentano la possibilità di creare continuità nello scorrere delle spesso frammentate esperienze quotidiane e di percepire una rassicurante e ordinatrice regolarità data dalla ripetitività del ritrovarsi ogni giorno alla stessa ora e nello stesso posto a fare la stessa cosa con le stesse persone. Questo sostiene il bambino che si trova, nel corso della sua infanzia, ad affrontare esperienze faticose quali la separazione dalle figure primarie per l’inserimento in nuovi contesti educativi, la graduale scoperta della propria identità, il superamento di alcune paure. La condivisione di un rito inoltre consolida e dà garanzia ad un legame. Il rito della fiaba della buona notte ad esempio è un’abitudine che regala ai bambini una

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modalità per passare dolcemente dalla veglia al sonno e per affrontare la paura dell’ignoto che la notte porta con sé. ☺ Un modo per dire, per ascoltare e… per

rispondere a domande difficili A volte le fiabe rappresentano un veicolo magico per dire ai bambini delle cose che gli adulti faticano a dire. Si tratta di realtà difficili da affrontare perché possono provocare preoccupazione, paura, dolore. Pensiamo alla malattia, alle separazioni, anche quelle definitive come la morte, o anche a vicende meno tragiche ma che possono essere vissute comunque come pericolose anche se rappresentano dei passaggi di vita naturali. Anche perdere un dentino o cambiare casa può sembrare insostenibile ad un bambino, come affrontare un breve ricovero pur se dovuto ad una non grave situazione di salute. Ebbene le fiabe ci possono venire in aiuto, i loro protagonisti vivono esperienze pericolose e spesso affrontano delle transizioni importanti. Oltre alle fiabe tradizionali, possiamo ricorrere ad un ricco mondo di simboli e metafore che ci permetteranno di affrontare temi che ci sembravano inarrivabili. E sarà importante rimanere in attento ascolto perché la reazione del nostro piccolo interlocutore ci guiderà meglio di qualsiasi manuale a trovare nuove vie per continuare a parlare di cose difficili e la modalità migliore per accompagnarlo a superare i momenti più faticosi. C’è una produzione interessante di libri per bambini che ci può sostenere in questo difficile compito.

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☺ Una possibilità per farci conoscere… e per conoscere

Ai nostri figli piace molto scoprire segreti su di noi, la nostra vita, il nostro lavoro, la nostra storia. Manifestano un grande interesse per come siamo stati da bambini, per come giocavamo, per quello che ci piaceva. E man mano che crescono anche a noi capita di ripensare a come eravamo in quella fase della nostra crescita. Non abbiamo paura di svelarci, di condividere con loro esperienze ed emozioni quotidiane o ricordi del passato. Li aiuterà a scoprirci e li invoglierà a restituirci parti di loro e della loro vita. Si creerà così un magico scambio narrativo di frammenti di vita che consolideranno il legame permettendoci di conoscerci meglio gli uni gli altri. ☺ Un esercizio di fantasia Un bambino che viene accompagnato ad incontrare mondi fantastici è un bambino che ha la possibilità di allenare l’immaginazione, di rappresentare cioè nella sua mente realtà non sempre percepibili attraverso i sensi. E questa funzione è complementare alla razionalità, non è una sua antagonista: non sarà l’immagine della zucca che si trasforma in carrozza ad impedire ad una bambina di conoscere i reali mezzi di trasporto che la modernità le mette a disposizione. Grazie alla produzione fantastica il bambino imparerà a muoversi flessibilmente tra il piano della magia e della realtà impadronendosi con leggerezza di quest’ultima. L’immaginazione permette inoltre di non fermarsi ad un’unica soluzione ad un problema, ma di

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cercarne di nuove attraverso nuove combinazioni di elementi e un esercizio di ricerca mentale di possibili risposte e degli effetti che queste possono provocare. Ancora, l’immaginazione ha uno straordinario potere sul tempo: permette di recuperare eventi passati e anticipare eventi futuri. ☺ Un modello linguistico Le storie vivono grazie al linguaggio verbale e chi le incontra attraverso la lettura o il racconto vive una preziosa esperienza linguistica che gli permette di evolvere nello sviluppo della produzione e della comprensione del linguaggio in maniera ludica e piacevole. In questo modo si imparano nuove parole, nuove forme verbali, si fissano nella mente espressioni originali che il bambino presto proverà a ripetere trasferendole in nuove occasioni comunicative. ☺ Un allenamento emotivo Anche lo sviluppo affettivo ed emotivo è favorito dall’accostarsi dei nostri bambini alle fiabe. Un grande psicoanalista Bruno Bettelheim in un libro che si intitola “Il mondo incantato” ci ha spiegato che le emozioni che essi provano attraverso le fiabe e quindi nel piano dell’immaginario e con un adulto vicino, li aiuteranno ad affrontare quelle che proveranno in futuro nella realtà. Il riferimento principale è all’emozione della paura che spesso provano i protagonisti delle fiabe. Chi le ascolta vive la paura in modo mediato ma “si prepara” per affrontare in futuro situazioni reali percepite come pericolose e per fare i conti con quelle paure di cui spesso i bambini non sono

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consapevoli come la paura di crescere, di separasi, della morte o dell’abbandono. Il confronto con gli eroi delle fiabe che riescono a superare le prove e a conquistare il lieto fine attraverso il loro impegno, la loro astuzia, il loro coraggio, permette di confrontarsi con modalità efficaci con le quali affrontare le difficoltà.

Mi leggi una storia? Giovanna, 11 anni

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C’era una volta… e forse c’è ancora

___________________ La storia comincia così ’era una volta e forse c’è ancora, là in cima ad una collina ridente, dall’erba verde color zaffiro dalla quale si dominavano cento e un prati fioriti, oltrepassate le mura che

cingono il piccolo borgo brulicante di fattori, artigiani e contadini, là in cima a tutto ecco un castello da fiaba, tutto di pietra grigia, con torri alte fino al cielo e il ponte levatoio di tronchi di pino. Abitava in questo castello una potentissima regina; figuratevi un po’, era la regina delle Storie. Questa regina era così brava a scriver storie che la fama dei suoi racconti giungeva lontano lontano, ai capi del mondo, e principi e imperatori giungevano a corte per farsi scrivere e leggere storie in tutti i versi. Erano storie scritte su pergamene sottili come fili di ragnatela sulle quali la regina ricamava lettere e capoversi solo con inchiostro d’oro lucente. Ma una notte senza luna, mentre tutti nel palazzo dormivano, la strega dell’Invidia riuscì a giungere nello scrittoio della regina e fare un maleficio. Infatti il mattino seguente la regina, scesa nel salone al cospetto di re e imperatori arrivati da ogni non so dove per sentire la storia del giorno, impugnato il pennino dalla piuma di pavone e intinto nell’inchiostro d’oro lucente, non riuscì a proferir né scrivere parola. Tutti gli invitati

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sbalordirono, le guardie sbalordirono, la regina stessa sbalordì. Tutto il giorno tentò di raccontare una storia, cambiando posizione, allontanando tutti i presenti, cambiando pennino e inchiostro. Ma nulla: dalla sua bocca e dalle sue mani non usciva più nulla. Intanto il tramonto si appressava e la tristezza e lo sconforto ricolmavano a tal punto il cuore della regina che dai suoi occhi semispenti incominciarono a scender lacrime, e lacrime e lacrime, fino a che gli occhi si spensero e le lacrime non scesero più. C’è chi dice che trascorsero giorni, chi mesi, chi anni in questo stato di tristezza e torpore per la regina, fino a quando il Gran Consigliere di Corte decise di porre fine a tutta questa sofferenza e invitò a castello chiunque pensasse di aver una soluzione. Non vi dico il via vai che ci fu nei giorni subito successivi di principi dai sacchi colmi di pietre preziose, fate dalle polveri magiche, vecchi saggi dai rimedi con unguenti e decotti alle erbe, ma nulla valse a far sciogliere il maleficio. Persa ogni speranza il Gran Consigliere allora dichiarò irrisolvibile la situazione e con un bando proclamato dalle guardie per tutto il villaggio, informò i villani, fattori e sudditi tutti che se lo avessero desiderato potevano giungere a corte per dare l’ultimo saluto alla loro amata Regina. Fu allora che ripensando alle sue storie, a quelle armoniose parole ricamate in rima l’una accanto all’altra che tante volte avevano sentito uscir dalla sua bocca di fragola rossa, il panettiere nella notte limpida impastò una focaccia dal sapor di poesia e dalla fragranza delle avventure, soffice come le storie più accorate e calda come lacrime d’amore. E non molto lontano nella bottega dell’artigiano

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alle prime luci dell’alba il tornio iniziò a girare l’impasto informe di argilla e ad ogni rotazione iniziò a prender la forma di avventure sempre nuove, ravvivandosi dei colori del coraggio, della sfida, dell’impudenza e di tutti i sentimenti che via via ogni storia evocava. Il latte munto dai fattori quel giorno fu la crema delle migliori storie narrate, le coperte di lana imbastite dalle vecchie al tepore del focolare parlarono del caldo abbraccio di giovani innamorati e le macchie di colore versate sulla tavolozza del pittore nel suo atelier furono vividi ricordi di giornate trascorse in spiaggia al calar del sole. E il sole il mattino successivo li accolse tutti quei villani alla corte affinchè raccontassero ognuno a proprio modo la propria storia e forse per magia, forse per poesia, la Regina vide le storie racchiuse nei colori dei dipinti, assaporò le avventure fragranti delle focacce, si fece scaldare dalle storie d’amore delle coperte e si deliziò del fluire cremoso dei racconti inconsistenti come il burro. Ora, la storia non lascia saper cosa alla Regina in fine sia successo: c’è chi dice che guarì e tornò a raccontar e scrivere storie con inchiostro d’oro e c’è chi dice che invece dopo quel giorno il suo sonno divenne per l’eterno. A noi piace immaginarla ancora lì, a Corte, a raccontar favelle, ma non più solo con voce e penna, ma anche con i colori della pittura, con le melodie dei flauti e dei violoncelli, con la fragranza del pane e i profumi dei fiori. Ciò che è certo è che i sudditi, cullati dalle loro poesie, vissero felici e contenti per tutta la vita. E così anche questa storia è finita.

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La Regina delle Fiabe Chiara, 6 anni

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Fiabe ad arte: i mille linguaggi della narrazione fantastica

I pensieri educativi ________ che stanno dietro all’esperienza

L’ipotesi di percorso che qui di seguito vengo proponendo prende avvio dalla convinzione che l’atto di “narrare” storie e racconti fantastici ai bambini sia, anzitutto, un profondo momento di incontro con loro, un’occasione di condivisione di tempo e cura, in vista della costruzione di complicità tra noi adulti con i bambini, e i bambini tra loro, in un gioco sempre nuovo e multiforme, che sa creare suggestioni e offre modi altri, a ciascun bambino, per raccontare e raccontarsi. Questo incontro con le storie è pensato per dare la possibilità al bambino di ritrovare le prime esperienze che sta compiendo nel mondo e con gli altri, arricchite anche con tecniche di espressione artistica, per storie che aprono a giochi di esplorazione, di scoperta e di dialogo. Anche i bambini più piccoli sono infatti aperti e recettivi e proprio per questo il ruoto di chi racconta loro una storia ha una funzione estremamente delicata che si costruisce quotidianamente: attraverso semplici gesti, giochi e parole si possono trasmettere atteggiamenti, valori, emozioni. L’obiettivo trainante diviene quello di cercare di coinvolgere, pur nella specificità dei contenuti evocati e dei linguaggi coinvolti in ogni incontro di lettura, tutta la personalità del bambino in ragione dell’aspetto centrale e unificante che

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assumono il piacere di un ascolto attivo e partecipato, la motivazione, l’identificazione, la condivisione, all’interno quindi di un percorso “pensato” e volto a far emergere di volta in volta le infinite possibilità evocative delle vicende narrate. Una storia narrata è anzitutto il luogo “sicuro” dell’immaginario, della fantasia e della riflessione. E’ “sicuro” proprio perché, consapevoli di questo suo essere fantastico, ci permette con più facilità di provare la realtà delle cose, trasformarla. E’ quindi il luogo dove si può fare in modo protetto dell’esperienza degli altri la propria esperienza. Le storie narrate possono così venire incontro al naturale bisogno dei bambini di essere sorpresi, divertiti, meravigliati e feedback positivi si colgono facilmente in questo senso proprio dagli atteggiamenti di piacere senso-motorio che i bambini ricavano dal sentirsi narrare una storia avvincente (pensiamo alle risate fragorose, o alle espressioni mimico-facciali che assumono in momenti di tensione, o all’irrequietezza nello stare seduti, ma ancora a volte si cullano o dondolano sul posto, o indietreggiano con la schiena…). Ma le storie narrate sono anche terreno fruttuoso per aprirsi a giochi di costruzione fantastica, di comunicazione, di espressione personale e condivisa, purchè sappiano arricchirsi degli innumerevoli linguaggi che arricchiscono e completano ognuno di noi. Storie quindi come oggetto da ascoltare, ma anche da guardare, da scoprire, dalle quali ricavare contenuti ma anche modalità nuove di riflessione e atteggiamento (penso a tutti i percorsi di metacognizione che si possono intrecciare al

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racconto come atto in sè). Storie da raccontare insieme, diventando tramite di cura, vicinanza, affetto. Nella scelta di una storia da offrire ai bambini centrale in noi adulti deve essere l’attenzione a tener viva la curiosità offrendo racconti con messaggi diversi, tratti da libri realizzati con tecniche e linguaggi diversi che possano essere finestre aperte sul mondo di esperienze reali e immaginarie e sulle infinite potenzialità e sfaccettature che ogni bambino possiede. Si leggono le storie, le immagini, e si chiede ai bambini di partecipare non solo ascoltando, ma proponendo loro di trovare il modo per andare oltre la fiaba scoprendo i giochi che sono nascosti tra le righe, che ognuno può ricercare e ricreare e a cui può dare vita secondo infinite dimensioni e servendosi dei linguaggi che più ritiene propri. L’animazione della lettura prevede quindi una lettura creativa, arricchita dei diversi linguaggi, dal disegno alla pittura, dalla sonorizzazione alla musica, dalla lettura espressiva alla dram-matizzazione, dal gioco con la voce al canto, dalla manipolazione al gioco con la sabbia, dal-l’osservazione della natura alle sperimentazioni, affinché ogni bambino, attraverso la narrazione, possa trovare tanti modi diversi di espressione personale. Il racconto a voce alta è la prima forma di “animazione” del racconto: leggere o narrare enfatizzando le potenzialità espressive della voce, modulando il tono, valorizzando le pause; sono tutti facili accorgimenti che permettono di rendere ancor più suggestivo un testo.

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Se il nostro obiettivo principale è poi quello di permettere al bambino di scoprire nella storia modi e forme diverse per comunicare e comunicarsi, allora ancor più importante sarà aprire la storia ad una narrazione condivisa e compartecipata, anzitutto attraverso la drammatizzazione. Essa rappresenta infatti un contesto fantastico mediante il quale il bambino esprime se stesso, identificandosi in alcuni ruoli e utilizzando diversi strumenti. Narrazioni giocate su questo piano aprono a loro volta al gioco del “far finta” che, oltre a contribuire allo sviluppo dell’attività cognitiva del bambino, concorrono anche all’evoluzione dell’affettività, in quanto permettono di esprimere sentimenti, emozioni, di scaricare le tensioni, di superare le paure. Per questo nel percorso che propongo di seguito suggerisco di prevedere una narrazione drammatica che utilizzi sempre molteplici linguaggi, da quello verbale, a quello corporeo, visivo e sonoro, soffermandosi sempre sul loro aspetto comunicativo affinché ai bambini si passi soprattutto il concetto che si può comunicare con le parole, ma anche con le immagini, le forme, i colori, il corpo e i suoni, e permettendo loro di far concreta esperienza di ciò in un percorso che li porti alla scoperta dei linguaggi a loro più consoni. Per questo l’adulto che racconta una storia ai bambini ricopre sempre due ruoli: quello di narratore e quello di ascoltatore, perché non si racconta al bambino, ma si racconta con il bambino. Quest’ultimo non si identifica solo nella storia, ma anche con chi narra: è un’operazione aperta allo stupore, all’imprevisto, alla sorpresa della fantasia in un contesto mutabile e quindi con

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le forme e le regole che cambiano. Mentre l’adulto si atteggia con la voce, il corpo e la mimica facciale, ecco si instaura un rapporto speciale, empatico, con gli ascoltatori, che saranno progressivamente liberi di immedesimarsi nei personaggi e/o situazioni, fare inferenze, cogliere significati e attribuirne di nuovi, evocare immagini, somiglianze e associazioni a partire dal proprio vissuto personale, usando le immagini, il corpo e la voce come linguaggi primi. Le narrazioni, per poter svolgere tale funzione educativa (proprio nel senso letterale di Ex-duco, conduco fuori) devono essere sempre adeguate al livello di comprensione dei bambini e devono essere cariche di significatività per i loro vissuti. Se permettono di identificarsi con i personaggi, allora i bambini attraverso il dipanarsi della vicenda e nella drammatizzazione riusciranno a sciogliere tensioni, superare conflitti e titubanze. Storie ricche di suggestioni e immagini mentali particolarmente interpretabili per i bambini, offrono messaggi codificabili e trasferibili sul piano grafico, pittorico, come su quello motorio o associabili a suoni e sfondi musicali, fornendo così un continuo rimando di stimoli che dal pensiero vanno al movimento, dal gesto all’ascolto, dal suono all’emozione e viceversa. Una stessa storia può essere poi narrata più volte, così “si arriverà sempre a scoprire che non esiste un solo modo di conoscere, vedere ed intendere la realtà che ci circonda e che è sempre possibile ricostruirla, trasformarla, modificarla attraverso l’invenzione del pensiero del corpo” (Zagatti F., 2002), del segno o della voce.

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Il bambino rielabora continuamente le esperienze in modo più completo, ricco di interazioni costanti tra i vari linguaggi che lo animano, quelli del corpo, quelli della mente e quelli dello spirito. Le esperienze di narrazione, di manipolazione, psico-motorie e ritmico-sonore investono molteplici ambiti ed implicano capacità di tipo percettivo e cognitivo: pensiamo ad esempio come la narrazione di una sequenza paurosa in una storia (il pesce Guizzino scorge lo squalo dietro uno scoglio), possa essere collegata ad un ascolto sonoro-musicale e all’uso della china nera per caratterizzare l’ambientazione paurosa ed essere mimato con espressioni mimico-gestuali che possono divenire occasioni di approfondimento non solo del sentimento di irrequietudine suscitato, ma della percezione spaziale, o degli schemi dinamici di base, delle posture o della percezione del proprio se’ corporeo, abituando al contempo all’ascolto ed alla comprensione di indicazioni date. Ecco che un percorso di narrazione ad esempio così impostato risulta uno strumento di “notevole interesse sia per migliorare l’assetto psico-motorio del bambino, sia per orientare la strutturazione del suo pensiero” (Cazzago P., 1984). E’ a partire da queste riflessioni che i percorsi che vengo proponendo si attivano sullo sfondo di narrazioni o temi-contenitore a cui si intrecciano esperienze legate al “fare” concreto con l’utilizzo di vari materiali (dagli acquerelli al rame, dalla china ai materiali poveri e di recupero) e attività psico-motorie e ritmico-sonore. L’obiettivo più alto rimane quello di offrire occasioni stimolanti e piacevoli all’interno delle

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quali maturare via via la consapevolezza che pure i linguaggi artistico, motorio, musicale possono essere forme di comunicazione ricche di significato, ed anzi a volte possono rappresentare la forma più immediata e significativa per farlo. Le narrazioni, per l’interesse innato che i bambini nutrono nei loro confronti, sono “un’occasione per sollecitare motivazione, per affinare competenze in cui aspetti emozionali e cognitivi sono strettamente legati fra loro” (Pento G., 2003). Se già l’espressione corporea costituisce per il bambino il modo più immediato per porsi in sintonia ad esempio con la musica, la trama narrativa non solo arricchirà tale aspetto anche sul piano linguistico, ma sarà anche un primo strumento per guardarsi “dentro” ed interrogarsi su quello che percepisce e vive emotivamente. Nel momento in cui poi si permette al bambino di dare forma, colore e suono ai propri vissuti emotivi e sentimenti, lo si aiuta a divenire più forte, libero e capace di usare le proprie energie per apprendere. Proprio poiché le emozioni vivono nel corpo, è necessario consentire al corpo stesso di sentirle, dar loro una forma, un colore, un suono, per prenderne coscienza: ecco perché diventano importanti l’esperienza artistica, la musica, la danza, il gioco ed altre attività specifiche in grado di dar sfogo all’emozione anche per mezzo delle immagini, della voce dell’espressione corporea e della gestualità. Diventa importante cioè guardare al bambino e offrire a lui occasioni per esprimersi nella sua globalità e interezza, come una sfera che può essere osservata e ascoltata secondo infinite dimensioni: fisica, mentale, emozionale e

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spirituale, tra di loro interconnesse e interdipendenti, seppure ognuna con un proprio linguaggio preferenziale. In questo senso il percorso di narrazione che vengo proponendo si arricchisce dell’espressione artistica quale attività ulteriore che può aiutare il bambino ad esprimere i propri vissuti grazie anche alla tecnica proposta in un contesto motivante, come appunto quello dello sfondo integratore di una fiaba, e che accompagna e facilita i gesti e diventa canale preferenziale per liberare emozioni, sentimenti, sostenendo uno sviluppo affettivo armonico. Sono attività che offrono al bambino continue occasioni per relazionarsi con gli altri, di condividere esperienze forti, ludiche, divertenti. La finalità di questo percorso infatti non è quella di produrre immagini che corredano semplicemente il testo e non suggerisce di produrle al fine di inserirle nella storia come episodio a margine di essa o solo come modalità per assegnare connotati e caratteristiche visive ai personaggi o alle ambientazioni. Ai bambini non viene chiesto di disegnare il pesciolino protagonista o il principe o lo sfondo marino, ma anzi sono suggerite semmai ambientazioni e immagini evocative, che lasciano a loro volta spazio all’interpretazione personale, spostando così l’attenzione dalla illustrazione in sé, all’uso di una specifica tecnica artistica (l’uso degli acquerelli, della china, dello sbalzo, della natura morta…) non come fine a cui tendere ma come strumento utilizzabile del bambino per dar voce con un linguaggio altro a quanto esperito ed all’interno di un contesto motivante aperto a giochi creativi. Così, anche se la valenza positiva

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delle attività proposte magari in modo approssimato in relazione alla tecnica usata (non si tratta di percorsi di educazione artistica infatti) può non essere così evidente in quanto spesso si dà maggior valore ad esperienze più pregnanti sul piano cognitivo, certamente sul piano relazionale è incontrovertibile la grande forza socializzante. Infatti, specie per i bambini, è proprio all’interno delle relazioni sociali che si sviluppano le prime fondamentali competenze e sono proprio le prime relazioni sociali a contribuire fortemente all’elaborazione di una prima concezione ad esempio dell’immagine di sè e allo sviluppo delle prime forme di autonomia e stima personale, trovando quindi proprio forti implicazioni anche sul piano cognitivo e psicologico. Esperienze giocate in questo modo, che coinvolgono vari linguaggi, che offrono al bambino proposte variate, che attingono all’esperienza concreta e vissuta da ciascuno, che si aprono al gioco simbolico e dai contenuti narrativi ricchi di immaginazione ed imitazione, promuovono e sviluppano contesti relazionali e di socializzazione in cui il bambino avverte il piacere di stare assieme, parlare, fare, condividere emozioni, dar loro forma, espressione, colore. Così, in un cammino circolare, dalla funzione socializzante di attività come queste giocate tra narrazione e pittura, si passa alla sua funzione conoscitiva e formativa in generale. Il bambino trova nel dialogo muto (non verbale) del proprio gesto, del colore scelto, della forma modellata, una delle prime forme di contatto con i propri pensieri ed emozioni, e così con quelle degli altri bambini e con quelle dell’adulto stesso che gli è accanto.

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Quindi l’interconnessione reciproca sostenibile tra narrazione, arte ed altre attività può determinare molte sinergie possibili sia sul piano del contenuto che del metodo, come possibilità di approcci diversi ad uno stesso tema. E’ compito proprio di noi educatori far integrare di volta in volta tra di loro i diversi linguaggi espressivi in modo da promuovere la maturazione di strutture complete di conoscenza e competenze sfruttando al massimo la funzione globalizzante della mente agevolata da una impostazione metodologica attiva ed orientata all’ “imparare facendo”.

Punti fermi nel percorso Pur se con modalità diverse, che variavano in base ai ritmi, tempi, grado di coinvolgimento/interesse dei bambini, propongo di aprire sempre ogni percorso partendo da un’esperienza ludica che gratifichi i bambini e attivi in loro anzitutto il piacere senso-motorio, per far seguire quindi una fase per interiorizzare quanto vissuto (ascoltato, letto, condiviso…) e un’attività che permetta di esprimere tutto ciò liberamente e creativamente (dar sfogo all’espressività personale). Per questo ho ipotizzato che ogni incontro sia suddiviso nella nostra pianificazione mentale in tre momenti: ☺ accoglienza e attivazione della motivazione,

per creare l’atmosfera necessaria ed attivare aspettative. Proporre un gioco motorio in questa fase raccordandosi con la tematica

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scelta può essere il modo migliore per attivare un primo accostamento all’esperienza motoria e ritmico-sonora anche con i bambini più piccoli;

☺ parte centrale dell’incontro con attività di

narrazione a cui fanno seguito attività espressive di tipo grafico-pittorico o di manipolazione sulla trama del tema scelto e con l’utilizzo di materiali specifici, strutturati e di recupero;

☺ momento conclusivo di rilassamento con la

proposta di ulteriori esperienze concrete ma giocate su altri codici (un’attività in cucina, o in uno spazio sufficientemente amplio da permettere una scarica motoria…) che permetta di controllare le emozioni e di sciogliere le tensioni. E’ inoltre il momento importante della ripresa delle attività svolte, con una conversazione guidata per far raccontare ai bambini quanto esperito, quali siano state le attività che più li hanno coinvolti o che ritengono di aver meglio o peggio realizzato ed il perchè.

Conversare con i bambini mentre si fa qualcosa di apparentemente “altro” li aiuta a sviluppare maggior consapevolezza sull’intera attività svolta, favorendo quindi una funzione metacognitiva, ed il passaggio dalla spontaneità alla creatività di cui si arricchisce il vero apprendimento, capace di interrelarsi proficuamente con anche gli altri ambiti di crescita propri di ciascun bambino.

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Rituali di apertura e chiusura “I giochi o le musiche di inizio servono perché capisci che è l’inizio di una nuova attività, che c’è l’educatrice che la sa fare e che te la spiega e che tutto il resto lo fai dopo (tipo i compiti o giocare in salotto o andare in giardino) e non ti conviene uscire dall’ateleir [inteso come percorso o attività che si sta svolgendo] perché poi non sai se rientri se ti riagganci.”

Lorenzo, 12 anni Nelle mie attività cerco sempre di favorire la scansione del “tempo di lavoro” attraverso brevi rituali (che “aprono” e possono “chiudere” i singoli incontri) perché consentono ai bambini di “dominare” i vari momenti e il passaggio dall’uno all’altro (quando si fa il cerchio significa che…). Inoltre, oltre a dare sicurezza (tempo come contenitore, di cui si può prevedere il contenuto), aiutavano a costruire l’identità del gruppo se ci si relaziona a più bambini, o a favorire maggiore intimità se ci si rapporta in una situazione a due. Personalmente trovo molto utili alcuni rituali di apertura in quanto mi permettono di entrare subito in sintonia con i bambini attraverso la dimensione ludica che suscita in loro anzitutto un piacere senso-motorio, e che permette di entrare nelle nuove attività anche come “spazio mentale”, favorendo il centrarsi dell’attenzione sulle attività da svolgere, stimolando l’attenzione e contribuendo a promuovere la socializzazione del bambino.

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“A me sì piace quel gioco che dicono loro che si fa all’inizio [rituale di apertura], che fai le cose e salti o balli o corri o fai i fuochi d’artificio con la voce, ma mi piace di più la musica che metti, più di tutto. Io starei lì ad ascoltarla. E’ che poi c’è la storia allora va bene smettere.”

Giovanni, 9 anni

Cerco sempre di creare fin da questi riti uno sfondo integratore che si raccordi con quanto verrà svolto in seguito, ma alcuni esempi si prestano felicemente a svariate attività.

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Il cerchio dell’incontro ♦ A terra stendo in cerchio dei fogli di giornale

rappresentanti gli scogli presenti nel fondo del mare (ma possono essere isole in mezzo ad un mare o nuvole in un cielo percorso da uccellini, tende indiane nella prateria e via dicendo). Al suono di una musica evocativa le sonorità tipiche delle onde nuotiamo proni a terra evitando di schiantarci addosso agli scogli, fino a quando, al termine della danza, ognuno di noi si accomoda in quello a lui più vicino.

♦ Per questa tipologia di giochi motori trovo utile usare come musiche per creare l’atmosfera brani di tipo new-age che evocano le diverse ambientazioni che di volta in volta si vogliono richiamare, proponendo suoni e rumori di sottofondo della natura.

“Quando iniziamo si capisce perché fai sempre quel gioco bello del salto degli scogli. Allora la Raffy [l’educatrice di riferimento con cui ho collaborato nella realizzazione di questo percorso] non è più lei da ascoltare, cioè non più tanto, eh! Ma sei tu che diventi la prima e ci fai giocare e sei tu che dobbiamo seguire e starti attenti.”

Andrea, 7 anni

“Il gioco delle isole da saltare e poi corri a prenderti la tua lo facciamo sempre ed è bello perché sai che poi fai la storia con pesci o con mostri di acqua o con il mare, o con qualcosa che c’entra. Serve da inizio e da fine e il gioco serve per capire un pochino di cosa parlerà la storia, cioè senza dirlo proprio chiaramente ci suggerisci il tema, o i personaggi, o le scene che poi ci saranno nel racconto. Quando invece facciamo quello della porta [“Chiamiamo i personaggi”] allora so che la storia è diversa, con i personaggi della fantasia, cioè non avrà un’ambientazione realistica nel mare o nei boschi o nelle città o comunque ci saranno personaggi magici e inventati.”

Elia, 12 anni

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La danza per mano ♦ In ordine sparso faccio accoccolare i bambini per terra, in

modo che seduti si tengano le gambe flesse racchiuse con le braccia e la testa china sopra ad occhi chiusi. Accompagnati da una musica dolce, o ritmata o incalzante a seconda delle intenzioni specifiche, inizio a girare tra di loro e uno per volta li sfioro sulla nuca. A questo segno si “risvegliano” e si uniscono per mano a me ed ai compagni venendo a formare una lunga catena che si muove a tempo di musica improvvisando incontri, girotondi, cambi di senso e così via. Verso la fine, sempre per mano, ci posizioniamo in cerchio, liberiamo le mani e facendole vibrare le alziamo verso l’alto e contemporaneamente ci avviciniamo verso il centro del cerchio; poi ci riallontaniamo, balliamo spontaneamente a seconda degli imput che la musica ci suggerisce, quindi ci riprendiamo per mano e ci sediamo a terra pronti per la fiaba.

♦ I bambini si abbandonano facilmente alla danza ed accolgono con entusiasmo proposte musicali anche di vario genere perché attraverso queste esperienze hanno modo di percepire il loro corpo come qualcosa di intero, armonico, vivo; queste esperienze possono così favorire il contatto con la propria unicità in “luoghi” che si chiamano respiro, movimento, espressione, ritmo, spazio, tempo. Consentendo ai bambini di sperimentare il più possibile nella danza e con la danza la loro dimensione corporea ed emozionale, si offre loro un linguaggio “altro”, ma per loro più accessibile e facile da gestire per rappresentare con il movimento la storia e le emozioni che andranno a vivere e così di riflesso aprirci alla loro storia, o per comunicare disagi, timori, speranze, sogni, fantasie…

♦ Da qui la necessità che l’educatore sappia osservare i bambini secondo una pluralità di variabili, nel movimento naturale, nei movimenti in rapporto allo spazio, in rapporto ai compagni, a se stessi, ponendo attenzione alle caratteristiche dei gesti ed

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il tipo di sensazioni che di volta in volta trasmettono. “Alcuni si muoveranno in modo fluido, con un movimento ampio proiettato verso l’esterno, altri in maniera più contratta, con gesti chiusi, piccoli, limitati alla propria sfera personale, alcuni usando tutto il corpo, altri soltanto una parte di esso… Per prima cosa, quindi, osserveremo e faremo da cassa di risonanza, nella quale ogni espressione viene accolta nella forma più pura, senza l’uso di filtri mentali” (Tagliabue A., 2004).

♦ Propongo di adottare coi bambini forme di apertura e chiusura giocate su questi codici e linguaggi soprattutto con quelle storie che volutamente aprono a contenuti emotivamente forti (penso ad esempio a “Pezzettino” e il concetto di identità o ancora a “Cordelio” o “Arcobaleno” e la tematica dell’accettazione e senso di appartenenza al gruppo). Così attraverso una danza delle emozioni, accompagnata da indicazioni e domande semplici ma precise da parte dell’adulto, si aiutano i bambini a porre attenzione e a familiarizzare con il “linguaggio specifico delle emozioni” ( Tagliabue A.). Un percorso di tipo “corpo-emozione” è centrale e fondamentale nella strutturazione dell’intera personalità del bambino e sicuramente narrazioni fantastiche agganciate a forme di espressione anche corporea contribuiscono in questo senso a sviluppare il sentimento di sicurezza nel bambino e la sua capacità di relazionarsi.

“A me piace il serpente [“La danza per mano”]. Ma io ci gioco anche con la Sofia e la Giulia piccola dopo in salotto. E’ bello lo stesso perché devi essere veloce quando ti chiama e non ti devi staccare, ma quando lo faccio con te è più bello che c’è la musica quella che sai tu. E poi sai che fai la storia e che pennelli o altro dopo!”

Chiara, 4 anni e mezzo

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“Più di tutto mi piace il serpente perché a me piace la danza e lì ti muovi e ti senti leggera, proprio come una danza e quando siamo tanti e ci arrotoliamo e srotoliamo sembriamo un vortice ma in armonia se non c’è qualche stupido che rompe tutto e si stacca.”

Giorgia, 11 anni

Andrea, 10 anni

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L’esplosione delle voci ♦ Seduti a terra in cerchio, facciamo un bel respiro

profondo per raccogliere tutta la voce che abbiamo e che a secondi esploderà in aria con tutta la sua forza come un fuoco d’artificio. Con un gesto del braccio propongo di imitare le evoluzioni che compie in aria il fuoco d’artificio e con la voce inizio a preparare l’esplosione, per cui con varie tonalità e modulando gli effetti, più volte ripetiamo insieme “Eh-Eh-Eh-Eh…” come a voler caricare di energia il botto finale, fino a quando appunto faccio partire lo scoppio e con forza grido “Eh-pa pa cia cia cia cia cia cia- ciao!!” battendo le mani. Una volta capito come funziona la carica del fuoco d’artificio e la sua esplosione, propongo ai bambini di essere loro, a turno, i conduttori del gioco. A questo punto le voci si sono “scaricate” e prende avvio la narrazione che non può essere interrotta fino alla fine.

♦ Trovo utile questo rituale specie con bambini che fanno fatica a trattenere domande, incisi e divergenze durante le narrazioni, per cui insieme si concorda che dopo l’esplosione di sfogo finale della voce, la storia non potrà essere interrotta fino alla sua conclusione o solo con il mio permesso. A volte porre freno alle interruzioni dei bambini, non per ignorare del tutto le loro idee e racconti, ma per dedicare a ciò un tempo dedito e successivo, si rende necessario, specie se i bambini sono piccoli e quindi tendono a monopolizzare l’attenzione su di sé e soprattutto se il gruppo è grande per cui accontentare tutti senza perdere la tensione narrativa sarebbe impossibile.

“Quando faccio il fuoco d’artificio che esplode la voce sono tanto contenta perché grido tanto e nessuno si arrabbia. Sono proprio felice e ti diverti con le tue amiche. A me piace anche fare con le mani il fuoco che esplode e sembra che è tutto impazzito, che ti agiti tutto con le mani. Quando fai che esplode ti fai un salto e gridi e sei sulle punte dei piedi e le braccia stanno su così [mi mostra il disegno] e allora senti

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che sei forte anche nelle braccia perché è faticoso sai stare su così e poi ti molli giù e senti che pesano anche le braccia. Però poi ascolti la storia e allora ti riposi e riposi anche la voce che non si parla ma si ascolta.”

Elena, 5 anni

“Siamo noi che facciamo esplodere le voci e gridiamo forte e anche con le mani si capisce che abbiamo fatto scoppiare il fuoco d’artificio. E poi ci sediamo perchè inizia la storia e tu non ti fermi e noi non abbiamo più la voce per parlare così tutti sentono la storia senza disturbare e senza interrompere per fare domande o dire le loro cose.”

Elena, 5 anni

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Chiamiamo i personaggi ♦ Invito i bambini a sedersi in semicerchio ed io mi pongo

nel lato aperto, in piedi e con gesti un po’ plateali fingo di non riuscire ad aprire le pagine del libro che voglio legger loro. Allora chiedo il loro aiuto per aprire la “porta della fantasia” e far arrivare i personaggi della fiaba. Mimo il gesto di inserire una chiave nella toppa della serratura della porta e con i bambini ripeto una formula magica. Io propongo la prima strofa, un semplice “cri-cri” a cui loro rispondono “cra-cra” modulando di volta in volta tono, intensità della voce, lunghezza o brevità delle sillabe (ad esempio sottovoce, molto lento, molto veloce, con voce stridula, con voce profonda, etc.). Dopo vari tentativi e quando l’attenzione dei bambini è quindi tutta centrata sull’attività, mimo l’apertura della porta e inizia la storia.

♦ E’ un rituale di apertura molto suggestivo per i bambini più piccoli, che facilmente si lasciano trasportare nel gioco magico di finzione di echi e voci fantastiche.

“Quando fai la magia che devi aprire la porta della fantasia ho sempre paura che qualcuno non ti ascolta e fa sbagliata la voce del richiamo. Perché se sbagli mica che vengono quelli lì fantastici che vivono nel paese della fantasia e allora è un peccato che ti perdi la storia. Ma per fortuna a me non è mai capitato, che perdevo la storia.”

Emmanuele, 4 anni

“La voce del “cra-cra” e del “cri-cri” mica è la voce dei personaggi fantastici sai?! Te lo dico perché io pensavo così ma poi il mio amico Giovanni (sai quale vero?!), mi ha spiegato che è la formula magica. Te lo dico perché magari ti sbagli anche tu. Sai, tutti possono sbagliare, eh!”

Massimiliano, 4 anni

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Con una fiaba si può… ___________________ Ed ecco l’esperienza

Propongo alcuni percorsi da approfondire in base a questi presupposti e tenendo sempre presente che sono degli spunti pratici che possono essere ampliati, ribaltati, adattati a seconda delle età, del numero e delle competenze dei bambini a cui ci si rivolge e che possono essere modificati a seconda del tempo, del materiale e degli spazi a disposizione. Tutte le narrazioni proposte si raccordano ad una tecnica artistica che si suggerisce di far sperimentare non tanto, o non solo, per illustrare le ambientazioni o i personaggi incontrati nella fiaba, ma proprio perché tali tecniche rimandano alle suggestioni ed alle immagini fantastiche che essa ha in noi suscitato. In alcuni percorsi sono inoltre suggerite più storie da poter scegliere e narrare, o tecniche artistiche diversificate perché la tematica è talmente ampia da permetterlo e per venire incontro alle diverse età, competenze ed interessi dei bambini o ragazzini. Infine ogni percorso si arricchisce di alcuni flash su attività giocabili su altri piani mettendo quindi in atto competenze ancora nuove, ma sempre ancorabili alla storia quale sfondo integratore.

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Storie d’acquerelli

Cresceva intorno a lui il luccichio nell’acqua mentre cresceva la felicità di stare in mezzo agli altri pesci.

Arcobaleno

Ho scelto due storie a seconda delle età dei bambini a cui ci si rivolge, la prima per i più piccoli, la seconda se ragazzini. Si accomunano entrambe non solo per il messaggio sottinteso di generosità e condivisione con il prossimo, ma proprio perché le immagini proposte sono molto suggestive e l’ambientazione suggerita si presta alla tecnica artistica che viene in seguito utilizzata.

Arcobaleno, di Pfister M., ed. Nord-Sud Questo libro è il primo di una fortunata serie di racconti che l’autore ha poi raccolto in una collana. Cola Pesce, in Il Principe Granchio, di Calvino I., ed. Einaudi

Gli acquerelli Sono composti da pigmenti, che possono essere di origine animale, vegetale o minerale, agglutinati con acqua, glicerina e gomma arabica. In commercio questi colori sono disponibili in tubetto oppure in godet, vaschette di colore. Per utilizzare questi colori è necessario diluirli con acqua. Specie se si lavora con bambini conviene predisporre due recipienti: il primo servirà a sciacquare in continuazione i pennelli per non

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“sporcare” i colori che si vogliono ottenere, il secondo verrà usato per bagnare il pigmento. Con gli acquerelli si può usare qualunque carta che però sia abbastanza spessa, quindi anche i normali fogli A4 di grammatura 100; esistono comunque in commercio album e fogli sciolti appositi che però costano di più rispetto ai fogli usati comunemente. La caratteristica principale di questo materiale è l’assoluta trasparenza delle tinte che sul foglio si compenetrano una con l’altra, donando al disegno una suggestiva immagine di luminosità e vaporosità.

E con i più piccoli? Altre attività possono facilmente essere correlate alla tecnica degli acquerelli e possono incuriosire e facilmente essere proposte anche a bambini piccoli. Sono giochi di acqua e colore che si agganciano facilmente a narrazioni fantastiche sul tema marino e che possono essere organizzate secondo diverse modalità proprio in base all’età ed alle competenze di manipolazione grosso-motoria e fine proprie di ciascun bambino. ♦ Carte veline “scoloranti”: predisponiamo delle

bacinelle con dell’acqua e con i bambini immergiamo della carta velina appallottolata per scoprire cosa succede. Giochiamo a travasare l’acqua che col tempo si colora secondo gradazioni sempre più intense ed infine utilizziamola per preparare un cartellone. Al termine potremmo lasciare un ultimo contenitore con immersa la carta velina a macerare fino al giorno successivo: sarà interessante scoprire quale intensità di colore

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avrà ottenuto l’acqua e cosa sarà rimasto della carta immersa.

♦ Rigoli e spruzzi di acqua colorata: fissiamo al pavimento dei grandi fogli di carta da pacchi e prepariamo a disposizione dei bambini degli spruzzini, cannucce, siringhe e dei contenitori. In questi ultimi versiamo un po’ di tempera e poi diluiamola con una discreta quantità d’acqua. Quindi incoraggiamo i bambini a travasare il liquido ottenuto a piacere negli strumenti a disposizione e a scoprire quali tracce lasciano sul foglio.

Attività correlate Al termine della pittura si può proporre ai bambini di continuare a “giocare” con la storia e con l’acqua, elemento che fino ad ora è stato quindi ambiente fantastico e mezzo artistico, anche in ulteriori ambienti. ♦ In uno spazio aperto potremmo proporre

giochi di movimento come “La lotta dei granchi” da usare quale scarica motoria: a coppie i bambini si trasformano in “granchi” e possono muoversi in avanti solo poggiando sulle mani e sui piedi: braccia, gambe e ventre non possono in nessun caso toccare terra. Ciascun bambino solleva il piede destro e cerca di far perdere l’equilibrio all’altro “granchio” in modo da fargli toccare terra con tutto il corpo. E’ consentito tirare, spingere, o altri movimenti simili con le mani e con il corpo, ma l’altro non può essere colpito (Portmann R, 1997).

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♦ Oppure potremmo sciogliere eventuali tensioni con delle simpatiche scariche motorie e giochi di movimento quali percorsi con uso di spugne, tappi bucati, cucchiai, o altri oggetti ancora da usare come contenitori di modeste quantità d’acqua da trasportare da una parte all’altra del percorso.

♦ Infine, potendo proseguire il percorso in cucina, potremmo preparare un assaggino d’alghe.

Alghe Wakamè1 e prugne

Origine: Giappone Tempo di Cottura: 15 min. Ingredienti per 4 persone: - 40 gr di alghe wakamè (si trovano in erboristeria) - 8 prugne secche - ½ cipolla • Si lavano bene le alghe sotto il getto dell'acqua corrente, poi si lasciano a bagno in poca acqua per una decina di minuti. • Si filtra l'acqua attraverso una garza, in modo da eliminare la sabbia e la si porta ad ebollizione. Si unisce la cipolla sbucciata e affettata finemente, si mescola, si uniscono le alghe scolate e tagliuzzate, e si cuociono per 5 minuti. Quindi si uniscono le prugne ridotte in listarelle, si mescola e cuoce per altri 5 min. Il gusto delle prugne dona al piatto un sapore agro-dolce che facilmente lo rende appetitoso anche per i bambini.

1 E’ uno dei tipi di alghe più versatili in cucina, si contraddistingue per il gusto delicato e l’aspetto frondoso, per cui dopo l’ammollo si devono eliminare a volte le nervature della foglia. Dal punto di vista nutritivo è particolarmente ricca di calcio e ha la proprietà di ammorbidire le fibre degli altri alimenti con cui viene cotta.

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E se… fossimo a scuola? Perché non iniziare proprio in questo modo, con una bella storia e la tecnica degli acquerelli, ad affrontare la tematica del ciclo dell’acqua? A cosa è servito questo percorso? Tutte queste attività si raccordano tra loro nel tema dell’acqua, che ci ha permesso di dar forma e colore alla storia, ma che ci ha permesso anche di sperimentare e sperimentarci in diversi campi, esercitando diverse competenze. Pensiamo alle capacità attentiva e di ascolto richieste dalla storia, all’immaginazione per evocare ambienti e personaggi, alle competenze di coordinazione motoria, manualità fine e calcolo e quantificazione messe in atto ad esempio per dosare acqua e colore in giuste proporzioni nella tecnica degli acquerelli o per preparare lo spuntino in cucina. I giochi motori sicuramente possono essere occasione per sciogliere e scaricare tensioni ma permettono anche di muoversi seguendo diversi schemi motori di base e direzioni, mantenendo l’equilibrio.

Acquerello di Giovanni, 9 anni

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Storie di china In un angolo lontano del mare viveva una famiglia di pesciolini rossi. Solo uno era nero come una cozza.

Guizzino Anche questa volta propongo più di una storia ed in particolare l’ultima scelta è un vero e proprio invito alla lettura in quanto si tratta di un libro (più di 100 pagine) il cui personaggio principale è poi protagonista di altre svariate avventure raccolte nella stessa collana. Questa volta i personaggi delle storie e l’attività di espressione artistica scelta si accomunano per il colore da tutti evocato e l’importanza che tale dettaglio ricopre nello svolgimento della trama: il nero.

Guizzino, Lionni L., ed. Babalibri Macchietta, Munforti L.e Peg G., ed. EL Inkiostrik: il mostro dell'inchiostro, Scheffler U., ed. Piemme

La china La china esiste in vari colori e produce un effetto simile all’acquerello diluito, ma penetra nella carta più degli altri inchiostri e quando è asciutta ha superficie opaca. Inoltre il pigmento dell’inchiostro tende a depositarsi sul fondo, è quindi consigliabile agitare il flacone prima di farne uso. Alcune varietà di inchiostro sono

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comode perché si diluiscono facilmente con l’acqua e permettono di ottenere toni che possono essere ulteriormente alleggeriti se si ripassa con un pennello imbevuto d’acqua. Oggi vi sono in commercio molti tipi di penne da usare con questo tipo di inchiostro: penne da intingere, con una grande varietà di pennini; penne stilografiche; penne a serbatoio, oltre a quelle più tradizionali di canna, di bambù e alle penne d’oca. Lavorando con bambini consiglio di scegliere le penne da intingere che possono essere usate con una grande varietà di pennini che vanno provati per individuare quelli più adatti alle proprie esigenze poiché tracciano segni di spessore diverso. I pennini possono usare qualsiasi inchiostro nella quantità necessaria per ottenere segni pesanti e segni leggeri e hanno il pregio di non incepparsi, a meno che la carta non sia troppo morbida e pelosa. Una carta molto sottile è quasi sempre povera di appretto così che l’inchiostro la imbeve e si spande in modo irregolare. Per disegnare a inchiostro è meglio usare quindi carta da disegno pesante, da 200-250 g/m², che permette di stendere mani di colore e di correggere senza danni. La carta per calligrafia, che costa quanto una buona carta da disegno pesante, è l’ideale se si vogliono sperimentare linee nette e precise. Nel disegno a china la tecnica di base utilizza la linea e il punto: questi segni possono creare infinite strutture, ma bisogna sperimentare come sia importante non premere troppo per ottenere un flusso regolare dal pennino alla carta, intingere sempre la stessa quantità di inchiostro e imparare a prevedere il momento in cui l’inchiostro finisce

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in modo da non dover interrompere nel mezzo di una lunga linea.

E con i più piccoli? Riconosciuto l’innegabile fascino che il pennino in sé può esercitare anche sui bambini più piccoli, il suo utilizzo è però indubbiamente non dei più facili e un uso improprio porta a spuntare con facilità lo strumento. Si può quindi raggirare il problema se i bambini sono troppo piccoli per riuscire ad esercitare una corretta pressione ed impugnatura, facendo loro usare la china con i pennelli, oppure si può lavorare su percorsi altrettanto interessanti spostando l’attenzione sulle texture. Si creano utilizzando spugne, pezzi di stoffa (lana e pizzo), i polpastrelli o il legno; si possono soffiare macchie di inchiostro, o lasciarle gocciolare. Ai bambini piacerà sicuramente sperimentare e confrontare i diversi risultati.

Attività correlate Anche in relazione a questo tema le attività correlate spendibili su altri piani possono essere numerosissime e lasciano ampio spazio alla fantasia. ♦ Perché non prenderci gioco di tutto questo nero

magari azzardando un breve percorso sulle emozioni così impostato: 1) Prepariamo insieme il cartellone “Io divento

proprio di umore nero come Guizzino (o Macchietta o Inkiostrik) quando…” e lasciamo spazio al racconto ed alla drammatizzazione con le espressioni più

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cupi e arrabbiate che riusciamo a fare. Ci fotografiamo, stampiamo le immagini dei nostri volti e le incolliamo nel cartellone.

2) “Ma quando sono di umore nero faccio scappare tutti”. Gioco di gruppo “Chi ha paura di Giovanni di umore nero?” “Io no, io no, io no” e tutti scappano per non farsi prendere.

3) “Ma alla fine l’umore nero passa grazie alle risate con gli amici”. Sdrammatizzare a volte aiuta a ritrovare la serenità ed il buon umore e allora cantiamo insieme la canzone dell’uomo nero che pur essendo tutto nero (dalla maglia ai baffoni, dalla cacca ai pantaloni) non può essere credibile e far paura a nessuno perché si scopre che ha le mutande bianche2.

Uomo nero. Nicola, 8 anni

2 Faccio qui riferimento ad una canzone presente nell’audiocassetta Cinguetti N., Padovani M., Avete paura dell’uomo nero, Mela Music, Verona, 2000.

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♦ Oppure niente di meglio in cucina che prepararci per cena un buon risotto al nero di seppia.

Risotto al nero di seppia

Tempo di cottura: 30 min. Ingredienti per 4 persone: - 400 gr di seppie - 320 gr di riso - una cipolla - uno spicchio d'aglio - olio extravergine d'oliva - sale • Puliamo le seppie spellandole e tagliandole a pezzetti ed eliminando osso, occhi, bocca e intestino, conservando però almeno una vescichetta di inchiostro. • Soffriggiamo nell'olio la cipolla e l'aglio tritati: appena cominciano ad imbiondire aggiungiamo le seppie e cuciniamo a fuoco basso per circa 10 minuti. • Aggiungiamo poi il riso e lo portiamo a cottura versando, man mano che occorre, acqua bollente salata. Poco prima che sia pronto uniamo una o due vescichette d'inchiostro, mescoliamo bene e... Buon appetito!

A cosa è servito questo percorso? Le storie e la tecnica artistica proposta diventano, in questo percorso, occasioni per elaborare, sperimentare ed interiorizzare immagini, idee, movimenti, gesti, dotati di intenzionalità espressiva. L’aggancio con il percorso sulle emozioni nel suo aspetto ludico (pensiamo al gioco delle espressioni con il viso o alla canzone finale) concorre poi a dar anche voce ed etichette (sono di umore nero quando…, sono triste

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quando…) alle emozioni ed ai vissuti personali comunque evocati dallo sfondo integratore del colore nero-china. Infine la tecnica a china richiede espressamente dal punto di vista della manualità grosso-motoria, gesti e movimenti ampi di tutto l’avambraccio e non della sola mano, mentre con l’uso del pennino si può lavorare con i bambini in modo indiretto sul concetto di pressione e lateralità.

“Ho colorato con la china una lumachina, ma all’inizio non è stato facile infatti vedi come ho sbavato nel

contorno del corpo? Perché usavo male il pennino schiacciando, invece poi le righette le ho fatte bene. Per fare la casetta ho usato le impronte del mio dito infatti

si vedono le impronte digitali.” Giorgia, 10 anni

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Storie di cera Camminare dentro la nebbia è come curiosare nel sogno della natura.

Nella nebbia di Milano

Propongo due libri di un autore, Bruno Munari, che ha caratterizzato negli anni la sua scrittura e le sue creazioni personali in campo artistico guardando costantemente ad una ricerca poliedrica ed innovativa sul tema del gioco, dell'infanzia e della creatività, divenendo uno dei massimi protagonisti del design e della grafica del XX secolo e dando contributi fondamentali in diversi campi dell'espressione visiva (pittura, scultura, cinematografia, design industriale, grafica) e non visiva (scrittura, poesia, didattica). I due libri proposti sono qui scelti proprio per il messaggio innovativo ed aperto all’espressività personale che sottende alle pagine, scarne di testo, ma dalle illustrazioni e dalle scelte grafiche appunto allusive, che inducono all’immaginazione ed all’interpretazione. Tutto si gioca sul tema del “vedo-non vedo”, “questo appare altro da ciò che è”, per cui ho trovato consono e stimolante abbinare a tale lettura-scoperta una rielaborazione artistica attraverso la tecnica della cera a graffio, dove appunto il gioco della tecnica sta nel ricercare, attraverso il graffio, dettagli, illusioni, tracce del disegno che prima c’era, ora non c’è più e forse riapparirà.

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Nella nebbia di Milano, Munari B., ed. Corraini Nella notte buia, Munari B., ed. Corraini

Pastelli a cera graffiati Ricopriamo un foglio di carta comune con tre strati di colore dati con mani diverse uno sopra l’altro: giallo, rosso ed infine il nero badando bene di coprire tutti gli spazi. Quindi con uno strumento appuntito (va bene anche una matita spuntata o uno stuzzicadenti) si iniziano ad incidere segni e graffi che permettono di far riaffiorare il colore sottostante. Il gioco si apre allora alla fantasia e all’immaginario, mentre ai bambini più grandi si può fin dall’inizio proporre di dar forma e colore ad un soggetto a loro piacimento con l’utilizzo delle cere e poi ricoprirlo tutto di nero. Allora i graffi successivi contribuiranno, oltre a far emergere un po’ per volta il soggetto nascosto, a dare al tutto un’aria di mistero e di vago, offuscato, come appunto appaiono le nostre immagini quando sono immerse nella nebbia o nel buio della notte.

Siamo noi che ascoltiamo una storia. Massimiliano, 10 anni

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Attività correlate Una volta acquisita la tecnica, il gioco con i ragazzini più grandi si può ampliare. ♦ Proponiamo una gara a chi riesce ad indovinare,

con minor graffi e quindi indizi possibili, il soggetto sottostante la cera nera. Sarà divertente annotarsi gli errori, creando a fine gioco una specie di dizionario dei “falsi sinonimi”, dove appunto restano raccolte le immagini che pensavamo fossero nascoste a partire da un dettaglio e che la fantasia e l’intuizione di volta in volta erroneamente ci avevano portato a far credere fossero tali.

♦ A questo punto i giochi connessi alla tematica del “sembra che” sono numerosi e spendibili su vari piani. Divertente ed interessante perché permette sempre di esercitare ed affinare la capacità attentava e di compiere generalizzazioni giustificate (da una parte scopro il tutto) è il gioco del “Pittore allo specchio”: dividiamo il gruppo in due squadre che si posizioneranno a breve distanza l’una dall’altra e ad ognuna consegniamo un cavalletto da pittura, fogli e colori e 10 gettoni o buoni gioco. A turno la prima squadra si accorda su un soggetto semplice da disegnare (una casa, o un albero, o un cane, etc.), lo riporta nel proprio cavalletto e lo fa vedere a solo un componente della squadra avversaria (il pittore). A questo punto il pittore deve far indovinare ai propri compagni quale sia il soggetto disegnato dagli avversari, ma può disegnare nel proprio cavalletto solo un tratto per volta e al costo di un gettone. La squadra

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vince se riesce ad indovinare il disegno prima che sia completato e al minor costo di gettoni possibili, che saranno poi incassati dalla squadra avversaria. Il disegno inoltre dovrà riprodurre il quadro originario il più fedelmente possibile, pena un gettone di multa aggiuntivo.

E se… fossimo a scuola? Perché non lavorare sull’uso della lingua proprio partendo da giochi di immagini associabili per similitudini, per poi magari arrivare a scrivere in rima dei racconti? Ad esempio un tratto mi può ricordare una PORTA, ma può essere anche una …

e cerchiamo tutte le parole che terminano per “orta” e la cui immagine sia assimilabile al tratto disegnato (TORTA, SCORTA, CORTA…), disegniamo le parole trovate e poi cerchiamo di inventarci una storiella in rima:

“Da quella strana porta ecco entra una torta,

due gelati le fan da scorta ma la mia lingua è troppo corta: al gelato non ci sono arrivato, povero me resto affamato!!”

Elia, 12 anni

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A cosa è servito questo percorso? L’intero percorso è volto ad incuriosire ed attirare l’attenzione dei bambini verso l’utilizzo diverso, non banalizzato e scontato di immagini, tratti ed infine parole, per aprire invece la fantasia e la personale creatività ad un gioco innovativo e fantastico. Sicuramente nel far ciò vengono esercitate alcune competenze e prime tra tutte le capacità senso-percettive legate alla discriminazione visiva ed il pensiero divergente in relazione alla sua fluidità nell'abbondanza di idee prodotte, flessibilità ed elasticità nel passare da una convinzione (è una porta) ad un’altra che richiede un diverso approccio (no, ora è solo la parte centrale di una torta) ed originalità quale capacità di formulare soluzioni uniche e personali che si discostano dalla maggioranza. Nell’utilizzo della tecnica a graffio dal punto di vista motorio è richiesta una buona padronanza della capacità di dosare la pressione, ma nel gioco di “scoperta” del disegno sottostante è soprattutto posta in atto la capacità di far previsioni e scelte (graffio qui in alto a destra per far comparire un po’ di sole e qui in basso in centro per far apparire la porta della casa…) e sullo stesso piano si pone anche il gioco del pittore. Inoltre, impostando le attività come momento di arricchimento condiviso in gruppo, tale percorso favorisce sicuramente lo sviluppo di abilità sociali e relazionali quali la capacità di condivisione e permette ai bambini di esercitare in modo altro le competenze necessarie per esprimere le proprie idee e pensieri rispettando tempi, regole e le altrui opinioni. Permette quindi di apprezzare il valore dello scambio comunicativo e dell’ascolto reciproco.

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Storie di natura morta C'era una volta una piccola città. Questa città non aveva nessun monumento particolare: né un castello con torrioni, né una piazza con in mezzo una bella statua e nemmeno una stazione ferroviaria. Era però tutta ricoperta di fiori.

La città dei fiori Più che di “natura morta” il percorso si anima invece di “natura viva” ed ai suoi colori, profumi, odori vuole avvicinare e guardare. Le storie scelte, tre filoni tra gli innumerevoli che si possono trovare sul tema della natura e delle piante, ci aprono ad un percorso sull’arte che vuole essere anche di tipo sensoriale e per questo si lavora con elementi tangibili come fiori e frutti per stimolare appunto l'olfatto ed il gusto oltre alla vista.

Il giardino, in Diciassette storie col nocciolo, Ferrero B., Ed. Ellenici La città dei fiori, Hasler E., ed. Arka Minipin, Dahl R., ed. Salani

Nature morte La natura morta non è solo una registrazione del visibile, ma piuttosto il tentativo di cogliere negli oggetti, al di là della loro apparenza, una sorta di necessità plastica, un ordine interno. Un soggetto di natura morta ha struttura statica, consentendo lunghi tempi di posa, ed è costituito di cose piccole e quotidiane, la cui mobilità è disponibile ad ogni

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variazione nella distribuzione o collocazione. L'effetto complessivo di solida calma che in genere si percepisce osservando un quadro di natura morta deriva probabilmente dalla lettura di ogni elemento rappresentato come massa cromatica autonoma e indipendente. Il primo impatto con dipinti di questo genere avviene ovviamente a livello visivo, per un bambino poi, è il canale sensoriale più usato in questo contesto, perciò è dalla visione di quadri di natura morta che prende avvio questo percorso volto però a coinvolgere anche altri sensi. Possono essere mostrati (con uso di libri, riviste tematiche, videoproiezioni a muro) quadri che mostrano fiori e frutti, che vengono realmente fatti annusare ai bambini ed assaggiare, per creare un tutt'uno sensoriale con ciò che viene mostrato: Arcimboldi, "Estate", "Autunno", "Inverno"; Magritte, "La stanza della mela"; Botero, "Arance", "Cesto di frutta"; Descoli, "Natura morta con peperoni"; Frappi, "Anguria", "Melograno", "Arance", "Natura morta"; Van Gogh, "Iris", "I girasoli"; Gaugain, "Vaso di fiori". L’obiettivo principale è quello di offrire e risvegliare strumenti altri che aiutino la vista nella conoscenza e percezione dell'opera d'arte. Quindi il percorso può prevedere l'attivazione di un laboratorio artistico-creativo in cui i bambini lavorano attivamente sulla riproduzione delle opere che maggiormente li hanno colpiti e la scelta della riproduzione verrà incontro al gusto personale del bambino.

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Il percorso può allora dilatarsi e arricchirsi di ulteriori spunti creativi, per cui lasciando a disposizione dei bambini supporti di carta, o cartone o compensato sufficientemente rigidi, si può con loro cercare di riprodurre e inventare nature morte anche tridimensionale e attraverso la tecnica del collage creare quadri tattili e profumati da appunto guardare, toccare, annusare e perché no, gustare…

Natura morta con materiale di recupero.

Petra, 8 anni

Attività correlate Le attività che si possono agganciare ad un tale percorso sono numerose e numerosi possono essere i linguaggi da mettere in gioco. ♦ Si possono proporre scariche motorie come

“Lupo mangia frutta” (a turno il lupo bussa ad

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una porta immaginaria ed i bambini, che interpretano il ruolo di un frutto, gli chiedono quale frutto voglia mangiare e quindi quello scelto deve scappare per non esserepresoci si rincorre e prende) o giochi con la palla quali “La patata che scotta” (ci si passa la palla il più velocemente possibile senza farla cadere).

♦ Varianti sul tema con giochi a squadre possono essere la “Cipolla” con domande inerenti appunto la tematica della natura, frutta e fiori (si crea una palla con dei fogli di giornale e tra un foglio e l’altro si inseriscono delle domande. Divisi in due squadre si gioca a lanciarsi la palla e la squadra che fa punto all’avversario ha diritto a “sbucciare” un foglio della palla-cipolla e rispondere alla domanda vincendo punti aggiuntivi) oppure giochi di espressione corporea dove si imitano alberi che crescono, fiori mossi dal vento, etc.

♦ Sullo sfondo fantastico della natura si agganciano anche possibili percorsi inerenti il tema del riciclo e riutilizzo dei materiali di recupero, per cui si può dar spazio alla fantasia e creatività creando plastici tridimensionali di giardini incantati, casette per gli uccelli con scatole di latta, spaventapasseri in miniatura per piante e vasi. La tematica è talmente vasta da permettere agganci proficui e motivanti, purchè sempre saldamente giustificati e predisposti nel singolo dettaglio.

♦ Propongo infine un aggancio al tema anche attraverso il linguaggio audio-visivo, con la visione e discussione critica di un bellissimo film, tratto da un’altra storia che può essere

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piacevolmente letta e proposta come sfondo integratore, “Il giardino segreto”3 di F. Burnett.

E se… fosse un week-end di primavera? Organizziamo un’uscita all’

Orto Botanico di Padova via Orto Botanico, 15; 35123 Padova tel. 049 8272119; fax 049 8272120 http://www.ortobotanico.unipd.it e-mail [email protected] Orario di visita Aprile - Ottobre: 9.00-13.00 e 15.00-19.00 (tutti i giorni) Novembre - Marzo: 9.00-13.00 (chiuso i giorni festivi) A cosa è servito questo percorso? Il percorso proposto si pone come obiettivo principale di stimolare la percezione delle emozioni per arrivare a "vedere" l'arte attraverso tutti i sensi, tramite l'utilizzo di opere pittoriche scelte appunto in base alla affinità con i cinque sensi, per portare così i bambini a lavorare sul cosa sentono e come si sentono dentro questa esperienza, avvicinandoli al processo creativo tramite l'utilizzo di tecniche artistiche- espressive diverse. La finalità insita all’andare "dietro" il quadro per vedere cosa c'è, "dentro", per sentirlo interamente è quella di fornire, attraverso questi nuovi linguaggi, modalità nuove anche di interrogare e guardare al proprio mondo interiore e di sperimentare codici e strumenti diversi per esprimersi. 3Faccio qui riferimento al film Il giardino segreto, regia di A. Holland, USA, 1993.

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Il percorso punta quindi non alla "produzione" di qualcosa secondo una data tecnica (tant’è che si lascia totalmente liberi i bambini di scegliere come riprodurre e inventare a propria volta una natura morta), ma all'avvicinarsi in maniera giocosa al fenomeno "rivelatorio" di quel qualcosa, permettendo di avvicinarsi all'arte in modo del tutto personale, seguendo un processo creativo plurisensoriale e che permette di assecondare la fantasia. Così anche i giochi motori proposti, le attività di espressione corporea e la visione del film, si inseriscono nel progetto di fondo proprio come occasioni altre di parlare della natura mettendo in gioco tutti i linguaggi possibili e provando a definire quelli che maggiormente sentiamo come nostri.

Decorazione con materiale di recupero (paglia, stoffa e cartoncino) per abbellire una pianta in vaso.

Valentina, 9 anni

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Storie di mosaici «Sono senza dubbio un pezzettino di qualcosa». «Ma di che cosa?» Si chiedeva. Finchè un giorno si decise di scoprirlo. Cadde e… si ruppe in mille pezzi. Colui che medita e vive in una grotta aveva ragione: ora Pezzettino sapeva che anche lui era formato da tanti pezzettini. Come tutti gli altri. «Io sono io!» gridò Pezzettino fuori di sé dalla gioia.

Pezzettino Propongo due storie, molto diverse tra loro come trama e immagini che suscitano, ma che concorrono a dar voce e forma al bisogno di riconoscimento ed accettazione di sé e degli altri, pur con i propri limiti e debolezze, come singole individualità irripetibili e portatrici ciascuna di valori, qualità, caratteristiche indispensabili per un’armoniosa riuscita corale (vuoi di un ponte, o di un mosaico, o di un “pezzo”).

Pezzettino, Lionni L., ed. Einaudi Il ponte dei bambini, Bolliger M., ed. Arka

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Il mosaico Il mosaico è una composizione pittorica ottenuta mediante l’utilizzo di frammenti di materiali (tessere) di diversa natura e colore (pietre, vetro, conchiglie, etc.), a seconda dell’effetto desiderato. Il supporto più diffuso è il calcestruzzo (sabbia e cemento) dato il suo basso costo e la sua adattabilità a vari contesti. Si pone sulla parete (se si lavora in verticale), o su di un ripiano (se si lavora in orizzontale) una rete, quindi si ricopre con uno strato di calcestruzzo almeno di 13 mm di spessore, così da proteggere il mosaico dalla fessurazione. Si possono anche utilizzare altri supporti, come il legno od il compensato, che fungeranno da supporto alle tessere e sui quali queste verranno solo applicate e non “immerse” come può avvenire invece nel calcestruzzo. Per attaccare le tessere si usano colle particolari e la più utilizzata in campo artistico è la malta, applicabile su tutte le superfici e molto economica. Si utilizzano anche più generiche colle bianche (normali e solubili in acqua) o adesivi siliconici. Ciò che più è importante nella scelta del supporto e del materiale per applicarvi le tessere è valutare quali tipi di tessere appunto verranno utilizzate, la loro consistenza, pesantezza e durezza. Un utilizzo semplificato di questa tecnica, alla portata di bambino, non vieta quindi di scegliere tranquillamente un supporto di compensato e l’utilizzo della colla a caldo trasparente per il fissaggio delle tessere. Ciò che propongo concretamente di fare con i bambini è di focalizzare la loro attenzione sulla scelta dei materiali da utilizzare come tessere,

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soffermando l’interesse appunto sulle qualità da queste possedute per poi spostare l’attenzione sugli effetti cromatici ed armonici desiderati.

Una variante sul tema: il Collage Il termine Collage (dal francese) indica la tecnica utilizzata per la realizzazione di immagini di opere di ogni livello (scolastico, ludico, artigianale, arte povera, etc.) la cui realizzazione si ottiene a partire da ritagli di carta apposita, leggera e patinata (carta collage appunto), o più in genere carta di diversa grammatura o cartoncino, incollati su un supporto piano che può essere di vario tipo ma essenzialmente rigido.

Attività correlate ♦ Una volta animata la storia con le tessere del

mosaico o del collage, si può allargare il percorso ad altre attività manuali, che con altri linguaggi ancora, concorrono a rafforzare ulteriormente il concetto di identità, autostima e cooperazione. Si può costruire allora un personalissimo ed originale puzzle: con la macchinetta fotografica digitale scattiamo una foto di gruppo e attraverso l’uso del computer, la riproduciamo e stampiamo per poi scomporla in tante tessere da ricomporre tra loro. Oppure sempre con l’uso della macchina fotografica elaboriamo e creiamo un domino dove le tessere da unire tra loro sono quelle che ritraggono volti di bambini diversi ma con la stessa espressione (ogni tessera si divide in due parti per cui posso avere Giovanni triste e Giovanni arrabbiato. A quest’ultimo lato unisco

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quindi la tessera Luca arrabbiato-Luca assonnato che a sua volta si unisce a Stefania assonnata-Stefania piangente e via proseguendo).

♦ Giochi di gruppo che richiamano il tema e che funzionano solo se tutti sono rispettati e collaborano al risultato finale possono essere dal più comune “Telefono senza fili” dove il gioco ha effetto se ognuno rispetta fedelmente quello che il compagno gli sussurra all’orecchio; o “Scossa” nella quale ogni giocatore deve passare la stessa sequenza di pulsazioni e strette di mano suggerite dal compagno precedente.

♦ Possono essere proposte staffette o giochi motori combinati come uno pseudo “pentatlon” dove, conoscendo bene il gruppo e le attività in cui ciascun bambino può riuscir meglio, ogni membro della squadra è tenuto a esercitarsi in varie prove, per individuare così il capo-attività e sfidarsi poi tra squadre.

♦ In correlazione con la storia del ponte costruito dai bambini, si può infine proporre di costruire un proprio ponte utilizzando l’argilla. Questo materiale più di altri è semplice, povero, duttile, si presta ad un facile modellamento anche da parte dei più piccoli e favorisce la scoperta di un proprio percorso di espressione. I migliori strumenti infatti per lavorare l’argilla sono le mani poichè modellano con facilità e comprendono la plasticità della materia meglio di qualsiasi utensile. Con le mani nella terra si tratta di giocare, guardare, pensare, plasmare, immaginare, agire. La terra all’inizio va battuta con forza e questa fase, indispensabile e

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preparatoria a quella successiva che richiede invece pazienza e cura nel dettaglio e nel plasmare la forma, permette di scaricare tensioni ed emozioni. Si tratta di creare in libertà oggetti, forme, volumi, immagini, cose per esprimere il proprio mondo.

E se… fossimo a scuola? Perché non introdurre in questo modo l’argomento della scomposizione in sillabe? Ogni parola può essere tagliata in tanti pezzi, che apparentemente non hanno significato ma che lo acquistano se ricongiunti tra loro. Con una variante aggiuntiva si possono invitare i bambini a scegliere solo un pezzo della parola per ricombinarla con altri (prefissi: PREdire; infissi: amAVo; suffissi: bicchierINO). Altre attività possono essere ricondotte all’area matematica, proponendo schede ad esempio sulla successione numerica del tipo “Unisci i puntini e scoprirai il disegno” o sull’annerimento di spazi in base a consegne date che inducono a risolvere somme, divisioni, moltiplicazioni, etc… (due esempi di questo tipo vengono allegati nell’inserto staccabile). A cosa è servito questo percorso? La tematica suggerita dalle storie e metaforicamente richiamata dalle tessere del mosaico permette di lavorare con i bambini in modo indiretto sciogliendo tematiche individuali legate all’introversione e alla difficoltà di comunicazione in genere e fornisce un contesto

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controllato e stimolante al cui interno lavorare per cercare di riequilibrare eventuali piccoli disagi emotivi legati alla stima e alla propria personale percezione di competenze e capacità. Permette ai bambini di far emergere eventuali disagi comunicativi e fornisce linguaggi alternativi per l’espressione spontanea, facendoli sentire accettati comunque, parte di un gruppo, tessera indispensabile per la riuscita armonica del mosaico. E’ quindi essenzialmente un’occasione per esprimersi creativamente e liberamente anche attraverso il linguaggio pittorico ma al contempo fornisce ai bambini un contesto al cui interno sperimentare, rinforzare e avviare un’indagine autobiografica utile a rinforzare la propria autostima. Aiuta a sviluppare e rinforzare le capacità di riconoscimento e di condivisione delle caratteristiche individuali favorendo occasioni per prendere coscienza delle uguaglianze, differenze, dei propri punti di forza e debolezza, fornendo uno sfondo integratore al cui interno poter provare ad accogliere consapevolmente i propri processi di cambiamento e le proprie caratteristiche personali per armonizzarsi con esse e rafforzare così la propria immagine e percezione di identità. “Fra i bisogni fondamentali del bambino ci sono il bisogno di valere qualcosa, di potere qualcosa, di essere accettato dalla società e il senso di appartenenza”(Portmann R., 1997). Il percorso offre quindi una modalità altra e giocata in modo creativo e artistico per offrire ai bambini l’occasione di soddisfare i propri legittimi bisogni di accettazione e di affermazione della propria individualità.

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Storie di rame

Il terzo giorno il giovane schiacciò la terza testa del serpente e trovò una chiave d’oro. Mise la chiave nella toppa ed entrò in un palazzo tutto d’oro, e i servitori ai suoi comandi erano d’oro anch’essi dalla parrucca agli stivali.

I tre castelli Il percorso prende avvio da un genere preciso di racconti fantastici, ovvero quelli ambientati “a corte”, tra principi e regine, castelli e cavalieri. Il castello e la vita cavalleresca sono dunque il motore ed il contenitore delle esperienze che verranno proposte ai bambini e che permetteranno loro di entrare ed uscire dalla storia e dalla vita di quest’epoca attraverso i personaggi, le attività ed i materiali che animano e caratterizzano questo mondo. Su questo piano si pone appunto la proposta dello sbalzo su rame, quale tecnica artistica dal grande fascino e che evoca per il tipo di materiale adoperato scudi, corone e armature lontane.

Il mostro dalle sette teste, in Fiabe lombarde, di Gandini L. e Piumini R., ed. Einaudi I tre castelli, in Il Principe Granchio, di Calvino I., ed. Einaudi

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ℵ Incisione su rame Innanzitutto servono una lastra di rame, un panno morbido (feltro, lana…) e attrezzi da sbalzo. Su di un foglio di carta si disegna il soggetto scelto quindi il disegno viene sovrapposto alla parte anteriore del foglio di rame. Specie se si lavora con bambini conviene cercare di fermare i due fogli tra loro (con dello scotch carta o delle mollettine o fermacarte) in modo da non rischiare poi di rendere poco nitido lo sbalzo qualora il foglio con la matrice del disegno si spostasse. A questo punto si ricalcano i contorni del disegno, così che possa risultare leggermente incisa la facciata posteriore del foglio di rame. Proprio su questo lato avverrà lo sbalzo: con uno strumento appuntito si ripassano i contorni (va bene anche una matita spuntata) e con un attrezzo più arrotondato (ad esempio una cera spuntata od il retro della matita stessa se arrotondato) si sbalza l’interno del disegno. Si può usare la picchiettatura per riempire l’interno delle immagini, usando lo strumento a punta fine per tracciare tanti punti vicini appunto picchiettando la superficie.

Attività correlate Un percorso di questo tipo si presta facilmente ad ulteriori attività che permettono di immergersi nel periodo medievale chiamando in causa una pluralità di linguaggi, rivivendo gli aspetti più caratteristici dell’epoca con ad esempio allestimenti scenici, la preparazione di specialità culinarie o giochi educativi.

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♦ Utilizzando materiale di recupero si può proporre di costruire il plastico di un feudo, con appezzamenti di terra, villaggi ed il castello o ci si può concentrare su quest’ultimo utilizzando scatoloni di cartone e coinvolgendo i bambini nel misurare, tagliare, incollare ed assemblare più cartoni; segare i merli, creare le mura e le torri e quant’altro caratterizzi maggiormente tali strutture. Si possono così facilmente invogliare i bambini a documentarsi e cercare articoli descrittivi o riviste illustrative sull’argomento al fine di essere più aderenti possibili alla realtà storica. Con l’utilizzo di canne di bambù, ritagli di stoffa bianca e colori acrilici si possono preparare stendardi e stemmi e poi con musiche appropriate di sottofondo i bambini si possono esercitare a divenire sbandieratori ed allestire una vera e propria coreografia. Le bambine possono provare ad imbastire con ago e filo delle tuniche e con dello spago intrecciare copricapo per le acconciature.

♦ In cucina una semplice ricetta di focaccine al rosmarino solletica i palati e coinvolge i bambini in ulteriori e motivanti esercizi di calcolo, misurazione e quantificazione.

♦ Infine come scarica motoria si può proporre una vera e propria battaglia medievale con palline di carta (Portmann R., 1997): diviso il gruppo in due squadre, ogni parte riceve una rivista che a tempo di musica incalzante verrà fatta a pezzetti; questi verranno appallottolati e lanciati nel campo avversario. Non è permesso mirare direttamente ad un rivale, mentre è possibile parare le bombe e rilanciarle nel

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campo nemico. Vince chi al termine della musica avrà sul proprio territorio meno bombe di carta. Quindi con una musica ora rilassante, insieme le due squadre raccolgono le armi, le ridistendono a foglio e cercano di ricomporre le riviste. Tale carta, a questo punto tutta stropicciata, può venir usata per preparare della carta pesta da utilizzare ad esempio nel plastico o per scudi e stemmi.

E se… fossimo a scuola? Un percorso così organizzato, che permette al bambino di ricreare alcuni aspetti caratteristici di quest’epoca attraverso l'immedesimazione nella situazione storica che si sta considerando, motiva ad un approfondimento anche didattico della tematica, proprio al fine di ricreare una situazione sufficientemente dettagliata attraverso appunto sussidiari, documenti, immagini, descrizioni. In tale percorso sono inoltre coinvolte: - la componente linguistica, in connessione con le operazioni di confronto con il passato, di accesso a documenti (e ad esperienze e idee diverse da quelle normalmente esperite dai bambini), di immedesimazione, di argomentazione (su idee e valori diversi dai propri...); - la componente matematico-quantitativa, essenziale per gli aspetti cronologici (connessi con le durate e la collocazione degli avvenimenti sulla linea del tempo) e per i confronti quantitativi con il passato (pensiamo al plastico ed alla misurazione dei terreni, o l’altezza delle torri, o la lunghezza del ponte levatoio) e non ultime le operazioni richieste in cucina per preparare gli ingredienti, mescolare, quantificare le porzioni;

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- la componente relativa all'educazione all'immagine, per una buona utilizzazione dei documenti visivi e per “dare forma” a situazioni ed avvenimenti conosciuti attraverso il canale delle immagini per esempio per costruire il castello, scegliere le incisioni, trovare i simboli da riprodurre in stemmi e stendardi. - la componente geografica, per collocare fatti ed eventi in precisi contesti geografici (fisici, politici, economici); - la componente degli studi sociali, per quanto riguarda gli aspetti inerenti il cambiamento (e gli elementi di continuità) nell'organizzazione sociale (distribuzione delle classi sociali, riti, danze, feste, guerre).

Assedio al castello. Andrea 7 anni

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E se… volessimo visitare un vero castello medievale? ♦ Castello Cini

Via del Santuario n. 11 - 35043 Monselice (Pd) Tel. & fax 0429/72468 www.castellodimonselice.it Aperto al pubblico da marzo a novembre, dal martedì alla domenica (giorno di chiusura il lunedì). Le visite sono solo guidate.

♦ Castello di S. Pelagio Via San Pelagio, 34 – 35020 Due Carrare (Pd); tel. 049-9125008, fax. 049-9125929 www.museodellaria.it Chiuso lunedì.

♦ Castello del Catajo Via Catajo, 1- 35041 Battaglia Terme (Pd) tel: 049/ 9100411 www.castellodelcatajo.it Visite su prenotazione telefonando o tramite sito internet.

♦ Cittadella: mura e torre di malta Cittadella (Pd) Tel. 049-9404485 Orario invernale (dal 1 nov al 31 marzo): sabato 14.30-16.30 ;domenica 14.00-1700 Orario estivo (dal 1 aprile al 31 ottobre): sabato e domenica dalle 15-18.

A cosa è servito questo percorso? Il progetto mira quindi a proporre attività che concorrano ad accrescere le capacità di comunicazione e di lettura di un periodo storico e del mondo tramite una pluralità di linguaggi, dalla parola, all'espressione corporea e artistica fino a coinvolgere tutti i sensi. Attività di laboratorio così impostate consentono di comunicare con i ragazzi tramite l'esperienza ludica, mantenendo alta la motivazione e

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l’interesse grazie ai momenti di narrazione fantastica quali fasi introduttive alle tematiche scelte e che fondano esperienze pratiche volte a consolidare le informazioni acquisite o da acquisire, sviluppando le capacità espressive ed accrescendo le esperienze di lavoro cooperativo. Il lavoro con la tecnica dello sbalzo su rame ha come finalità ultima il dar modo ai bambini di sperimentare direttamente come un’opera d’arte possa essere decodificata, ossia scomposta in vari aspetti e significati, in modo da trasformarsi in un prezioso strumento per osservare, riflettere, immaginare e creare. Il percorso vuole quindi offrire ai bambini l’opportunità di ricostruire, in maniera ludica e creativa, sulla base delle suggestioni offerte da alcune attività, un aspetto dell’epoca medievale ma nel modo più realistico possibile, implicando quindi un impegno anche in relazione alla documentazione ed alla ricerca.

Sono diventato uno sbandieratore come i medievali. Guido, 5 anni

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Storie di cartamodelli

Nel fiume più grande, più torbido e più limaccioso di tutta l’Africa due coccodrilli se ne stavano con la testa a pelo dell’acqua. Uno dei due coccodrilli era enorme. L’altro era così così.

Il coccodrillo enorme

Quest’ultima proposta prende forma a partire dalla constatazione di quanto sia importante per il bambino, anche in età più matura, il gioco di finzione e immedesimazione. Offrire ai bambini la possibilità di “trasformarsi” nei loro eroi, vuol dire permettere ad ogni bambino, mentre finge di essere qualcun altro o qualcos’altro, di esporsi senza il timore di essere rifiutato o non ascoltato dagli altri, in quanto sa che le azioni e gli strumenti utilizzati per esprimersi sono condivisi, perchè fanno parte di un gioco comune. Aggancio il percorso a storie di animali perché è uno dei mondi incantati che più affascina i bambini, anche molto piccoli e perché nella elaborazione creativa di maschere e travestimenti lasciano molto spazio alla fantasia personale. Propongo quindi alcune fiabe che nella mia esperienza personale, per quanto note, divertono sempre e alcuni libri di uno dei miei autori preferiti per l’infanzia.

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I musicanti di Brema, Grimm J. e W., ed. Fabbri Il lupo e i sette capretti, Grimm J. e W., ed. Fabbri Il coccodrillo enorme; Agura Tra; Io, la giraffa e il pellicano; Furbo, il signor Volpe, tutti di Dahl R., ed. Salani

Maschere e cartamodelli Per dar vita a delle maschere si possono usare svariate tecniche, a seconda del materiale che si ha a disposizione e del risultato desiderato. Si possono facilmente ottenere delle maschere anche di grandi dimensioni usando cartoni e scatoloni: disegnata la maschera su carta da pacco bianca per usarla come cartamodello e sagoma, la si colora a piacere con la tecnica desiderata, quindi si applica la sagoma al cartone di scatoloni e la si ritaglia. Si può quindi completare la decorazione con materiale vario, come carta crespa, raffia, conchiglie, ecc. Quindi, per poter appendere la maschera al viso, si applica dietro una fascia di cartoncino della lunghezza pari alla circonferenza della testa. Esistono molti libretti operativi e siti simpatici per bambini che forniscono cartamodelli utilizzabili facilmente per questa tipologia di maschere. Altrimenti si possono creare maschere con l’uso di carta pesta o das: appallottoliamo più fogli interi di giornale in modo da ottenere una sagoma tondeggiante simile al nostro viso per dimensioni e applichiamoci sopra un velo di cellophane per staccare facilmente, una volta asciutto, l’impasto che useremo (das o carta pesta) Stendiamo quindi l’impasto scelto e modelliamo il viso secondo le forme desiderate, quindi attendiamo che asciughi

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(almeno 24 ore) e decoriamo con la tempera e al termine passiamo la vernice trasparente. Ricetta per kg 1 di cartapesta fatta ad opera d’arte • Strappiamo 5-6 fogli di un quotidiano a strisce secondo il senso delle fibre, e riduciamoli a pezzetti. • Dopo aver messo a macerare i frammenti di carta in una pentola piena d'acqua per un paio di giorni o, se l'acqua è calda, solo per qualche ora, continuiamo manualmente la frammentazione, direttamente nell'acqua. • A questo punto possiamo sottoporre la carta ad una bollitura di diversi minuti. Se vogliamo ottenere una pasta più fina e di consistenza omogenea, usiamo un frullatore a immersione per sminuzzare ancora di più la carta e ridurla in poltiglia. • Aggiungiamo un po’ alla volta 3 cucchiai di colla vinilica, 3 di gesso, 2 di colla in polvere per parati e 2 di olio di lino (o 1 se l’impasto è già sufficientemente morbido), avendo cura di continuare a lavorare la pasta, energicamente, con due mani, ad ogni aggiunta degli ingredienti. • La cartapesta così ottenuta può essere conservata per diversi giorni all'interno di sacchetti di plastica ben sigillati.

E con i più piccoli? A volte con i bambini più piccoli, fino ai 3 o 4 anni, l’uso delle maschere che coprono il viso può creare più paura e senso della perdita di identità che divertimento. Perché allora piuttosto non giocare con loro a truccarsi il viso?

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I colori più adatti sono le tempere per il viso a base d’acqua, ipoallergeniche e facili da detergere. Facili da trovare e di grande effetto sono anche i colori in bastoncino ed i brillantini in crema. Ricordiamo sempre di idratare la pelle con una buona crema prima di truccarci e il latte detergente per la pulizia.

Attività correlate ♦ Un percorso come questo giocato tra storie di

animali e travestimenti lascia ampio a molteplici collegamenti, dai giochi motori più noti quali, solo per citarne alcuni, “Lupo mangia frutta” (molto simile all’ “Uomo nero” e già spiegato nel percorso sulle nature morte), “Zanzarone pungiglione” (Bucci M., Gambacurta F., 2002) dove lo scopo è rincorrersi e segnare l’avversario su di una spalla con un pennarello-pungiglione, o ancora “La guerra dei galli” nel quale, una volta accovacciati sui piedi, si deve cercare di far perdere l’equilibrio all’avversario a suon di “beccate” date con le spalle.

♦ Giochi di espressione corporea possono essere di volta in volta proposti a partire dalle ambientazioni o dagli eroi presentati nelle fiabe, per cui i bambini possono muoversi con le varie andature degli animali, magari giocando a “Regina Reginella, quanti passi devo fare per arrivare al tuo castello…”, o fingere battute di caccia.

♦ Si può giocare a pensare un animale ed attraverso domande su caratteristiche e abitudini di vita, arrivare a indovinarlo,

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esercitando così il pensiero riflessivo e deduttivo.

♦ Infine, giocando sempre sul tema degli animali e la loro riproduzione con la carta, con i bambini più grandi si possono anche proporre alcuni tra gli origami più tradizionali, come appunto il pinguino, o l’uccello o il cigno.

A cosa è servito questo percorso? Drammatizzare vuol dire “agire con l’immaginazione sulla realtà dei protagonisti usando i più vari strumenti espressivi a disposizione”(Casalegno D., Montanan C., 1977). Questi ultimi possono essere oggetti, immagini, suoni che nella narrazione vengono adoperati come simboli per rappresentare Ia realtà immaginata. La drammatizzazione di una storia favorisce l’uso del pensiero simbolico, in quanto permette la rappresentazione mentalmente delle azioni, assegnando ad esse un determinato significato. “Gli elementi della realtà (azioni, oggetti, situazioni, identità) vengono utilizzati nel gioco simbolico per esprimere elementi assenti ma rappresentati mentalmente, dove diventano significanti reali di significati mentali che il bambino ha interesse a manifestare” (Bondioli A, Savio D., 1994). Inoltre nell’attività di drammatizzazione i processi d’identificazione e di rappresentazione tipici del gioco simbolico sono costruiti socialmente, in quanto i bambini, coinvolti e guidati da un contesto immaginario, costruiscono insieme i significati delle loro azioni ludiche, ed ognuno si sperimenta in funzione dell’altro e di un progetto comune. Sebbene i ruoli e i mediatori siano

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concordati socialmente, ognuno ha la possibilità di interpretarli a modo proprio. Ad esempio un medesimo gesto può avere delle sfumature diverse a seconda del bambino che lo rappresenta. Questo permette ai bambini sia di esprimersi, che di rendersi conto delle proprie potenzialità comunicative. “Nel gioco drammatico essi si relazionano e cooperano completandosi, a tal punto che chi sta recitando accetta i suggerimenti dello spettatore, mentre quest’ultimo, osservando la rappresentazione dell’attore, può cogliere un modo di rappresentare diverso dal suo, imparando qualcosa di nuovo e accettando l’altro” (Oliva G., 1999). In questo gioco non esiste una distinzione tra attori e spettatori, ma un gruppo che si diverte a dar forma a parole, a conoscersi, ad esprimersi, a comunicare, integrandosi ed evolvendo reciprocamente. La narrazione drammatica offre così la possibilità di comunicare utilizzando diversi linguaggi. Quello verbale nel dipanarsi del racconto, nelle conversazioni e nei dialoghi; quello visivo per arricchire la trama di maschere, costumi, sfondi evocativi, accessori; quello sonoro per accentuare l’espressione di un movimento o per mettere in risalto un oggetto o l’evoluzione emotiva di un evento; quello corporeo con il quale ci si esprime in tutta la propria persona. Tali forme di comunicazione intrecciandosi nella narrazione permettono sia di comunicare in vari modi, sia di completare il messaggio che si vuole trasmettere. Così la narrazione giocata su tutti questi piani favorisce la valorizzazione del singolo bambino, divenendo importante occasione per gestire le

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proprie conoscenze ed emozioni, per rendersi conto delle proprie capacità e qualità, per esprimersi nella sua globalità assieme agli altri e attraverso di essi. Insieme si giunge a definire un contesto condivisibile, in cui le parole, o azioni, o espressioni del singolo acquistano un significato importante per il gruppo ed è proprio questo sfondo comune che permette ad ogni persona di scoprirsi e comunicare. Tutto ciò concorre a favorire in ogni bambino il sentirsi parte di un gruppo nel quale può esprimersi, non solo immedesimandosi in un ruolo ma anche facendo proposte ad esempio nell’invenzione dei finali delle storie, o nel modo più efficace ed espressivo per dar forma o colore ad uno sfondo, nel mimare e comunicare espressioni e gesti, etc... In questo modo i bambini sono congiuntamente aiutati a far esperienza di collaborazione, comunicazione, condivisione, ma ancora, misurazione, selezione, quantificazione, verbalizzazione, e divengono tutte occasioni in cui ciascuno impara ad accettare i punti di vista altrui e ad esporre i propri con meno timore di giudizio e trovando i linguaggi più personali, per poter giungere ad una conclusione coevolutiva.

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Un finale per la storia o una storia per finale?

______________________ La storia finisce così Alla luce di ciò che sono venuta riassumendo e sulla base del mio vissuto personale in questa esperienza di narrazione, vorrei concludere con un ulteriore finale alla fiaba che mi è piaciuto raccontarvi in apertura e che metaforicamente richiama alcune riflessioni per sintetizzare gli aspetti che si sono rivelati fondamentali per me sia sul piano conoscitivo che formativo: la metafora di una valigia che contiene alcuni “abiti-habitus” che non dovrebbero mai mancare a chi accompagna di volta in volta un bambino in questo o altri simili itinerari.

‘è anche chi racconta che dopo quel giorno la Regina abbia riacquistato tutte le sue forze e da allora la si vede girare instancabile per villaggi e paesi. Sempre pronta ad infilarsi dentro

botteghe, stalle, cucine e sempre con in mano la sua valigia. Dicono che la custodisca con gelosia, perché essa contiene quanto di più prezioso per lei ora ci sia, ovvero i suoi abiti che di volta in volta si cambia e ripone a seconda della strada che deve percorrere per giungere ad una nuova storia. L’abito per osservare: da ob-servo = custodire. Ha un valore fondamentale sia in riferimento a se stessi e alla propria programmazione, sia in

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riferimento all’altro. In ogni caso ci permette di cogliere l’unicità di chi abbiamo di fronte; l’abito per offrire: da ob-fero = mostrare, indicare e non fornire, imporre conoscenze e occasioni ma soprattutto uno stile di vita attraverso l’esempio che aiuti ad affrontare le difficoltà e a gestire positivamente il rapporto con gli altri trasformando la competizione in collaborazione; l’abito per ascoltare: da ausculto = sto allerta. Non solo sentire ciò che il bambino ci dice, ma interpretare tutte le sue manifestazioni, soprattutto il linguaggio corporeo, codice privilegiato con cui il bambino manifesta sentimenti di cui a sua volta può non essere consapevole o che percepisce in modo confuso. L’adulto deve stare allerta per prevedere ciò che è in procinto di manifestarsi e per favorire tale manifestazione di tutti i vissuti del bambino; l’abito per tardare: da tardo = rallentare. L’adulto non deve avere fretta ma la pazienza di adattarsi ai ritmi evolutivi del bambino, sopportare le fatiche che caratterizzano i percorsi lenti ed il loro ripetersi nel tempo se necessario; l’abito per percorrere: da percurro = passo in rassegna. E’ importante percorrere tutte le strade possibili della fantasia, della creatività, del gioco, del linguaggio corporeo, per individuare via via il percorso più adatto al singolo bambino e alle singole situazioni. Saranno vie note o sconosciute, ma sempre previste, pensate e predisposte di volta in volta, con flessibilità e mai intraprese con superficiale improvvisazione.

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Un inserto tutto da ritagliare ___________________________ Spunti di colore Ecco dei lavori esemplificativi realizzati dai bambini durante questo percorso ed alcuni modellini utilizzabili come traccia.

Acquerello di Riccardo, 9 anni

Acquerello di Lorenzo, 11 anni

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Possibili effetti nella tecnica a china

Questo effetto è dato da un fazzoletto di carta piegato a fisarmonica e macchiato.

Questo effetto si ottiene usando i polpastrelli con

la china.

Questo effetto si ottiene tracciando le linee attraverso un fazzoletto di carta.

Questo effetto si ottiene soffiando con una cannuccia su una goccia di china.

Questo effetto si ottiene spruzzando l'inchiostro con uno spazzolino.

Questo effetto si ottiene usando prima una stesura di inchiostro diluito, poi una volta asciutto disegnando le linee.

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Natura morta realizzata con foglie e tempera. Giorgia, 10 anni

Plastico con l’utilizzo di materiali di recupero, pongo, foglie e fiori. Lavoro di gruppo

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Mandala realizzati con la tecnica del collage

Carlo, 9 anni

Giovanni, 8 anni

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Crucipuzzle matematico per il percorso “Storie di mosaici”

0= bianco 1= marrone 2= verde 3= giallo 4= arancione 5= blu 6= rosso 7= grigio 8= nero 9= viola

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Dipinti realizzati con la tecnica dei puntini durante il percorso “Storie di mosaici”

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Due bandiere realizzate durante il percorso “Storie di rame”

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Scudo con sbalzo in rame. Giovanni, 8 anni

Castello medievale con guardia in terracotta. Massimo, 9 anni

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Plastico tridimensionale con castello medievale sullo sfondo, bosco e principesse. Lavoro di gruppo

Principe e principessa al castello. Chiara, 5 anni e mezzo

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Cartamodello per maschera di volpe

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Riferimenti bibliografici

Per le narrazioni: Bolliger M., Il ponte dei bambini, ed. Arka, 1986

Calvino I., Il Principe Granchio, ed. Einaudi, 1997

Dahl R., Agura Tra, ed. Salani, 2003

Dahl R., Furbo, il signor Volpe, ed. Salani, 2003

Dahl R., Il coccodrillo enorme, ed. Salani, 1998

Dahl R., Io, la giraffa e il pellicano, ed. Salani, 1999

Dahl R., Minipin, ed. Salani, 2004

Ferrero B., Diciassette storie col nocciolo, Ed. Ellenici, 1990

Gandini L. e Piumini R., Fiabe lombarde, ed. Einaudi, 1995

Grimm J. e W., Il lupo e i sette capretti, ed. Fabbri, 2006

Grimm J. e W., I musicanti di Brema, ed. Fabbri, 2006

Hasler E., La città dei fiori, ed. Arka, 1995

Linoni L., Guizzino, ed. Babalibri, 2006

Lionni L., Pezzettino, ed. Einaudi, 1995

Munari B., Nella nebbia di Milano, ed. Corraini, 2004

Munari B., Nella notte buia, ed. Corraini, 2005

Munforti L. e Peg G., Macchietta, ed. EL, 1991

Pfister M., Arcobaleno, ed. Nord-Sud, 1997

Scheffler U., Inkiostrik il mostro dell'inchiostro, ed. Piemme, 1993

Testi di approfondimento: Aliprandi C., Ti racconto… i colori, Giunti Marzocco, 1984.

Ambrosini De Pamfiles, Psicomotricità. Corporeità e azione nella costruzione dell’identità, Milano, 1999.

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INDICE Anche mamma e papà sanno raccontare __________ Speciale genitori B. Pastò……………...……3

Per narrare ai propri figli non serve…………...…....4 Narrare ai propri figli è………………………………..8

C’era una volta… e forse c’è ancora __________ La storia comincia così……………………15 Fiabe ad arte: i mille linguaggi della narrazione fantastica19

Punti fermi nel percorso……………………………..28 Con una fiaba si può…39

Storie d’acquerelli…………………………………….40 Storie di china…………………………………………45 Storie di cera…………………………………………..51 Storie di natura morta………………………………..56 Storie di mosaici………………………………………62 Storie di rame…………………………………………68 Storie di cartamodelli………………………………...75

Un finale per la storia o una storia per finale? __________ La storia finisce così……………………….83 Un inserto tutto da ritagliare __________ Spunti di colore……………………………85 Riferimenti bibliografici………………………………..97

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Collana

Mani con le ali Piccoli libri per grandi progetti

A cura di ???

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I nostri bambini ricevono molti stimoli e frequenti sollecitazioni dai media e dagli strumenti multimediali, che utilizzano molto frequentemente, ma hanno minori occasioni di giocare in modo concreto e attivo, interagendo con i coetanei in spazi e momenti spontanei; forse ormai è rimasta solo la scuola come una delle poche aree di aggregazione, con il gioco durante l’intervallo e i laboratori espressivi o di ricerca e sperimentazione attiva organizzati dagli insegnanti. Per molti fanciulli la curiosità, l’esplorazione, la socializzazione spontanea e la creatività non trovano, nelle loro impegnate giornate, il terreno dove potersi sviluppare spontaneamente e caricarsi di quei valori emotivi ed affettivi necessari ad una equilibrata formazione della personalità, attraverso una attività nello stesso tempo spensierata e cognitivamente stimolante. I genitori, che in passato sapevano di poter far conto su un ambiente più facilmente fruibile dai loro figli, sulla custodia e supervisione dei fratelli maggiori, sulla forte coesione dei gruppi di bambini che “garrivano” nei cortili o nei campetti vicino a casa, non sentivano il bisogno di intervenire molto nell'organizzazione dei giochi o nel dirimere i piccoli conflitti dei bimbi (che in realtà sono potenzialmente molto capaci d’autoregolare i loro conflitti e l'aggressività all’interno dei loro gruppi spontanei dandosi limiti e regole sociali). Ora il quadro è molto diverso, gli spazi interni ed esterni sono spesso venuti a mancare, il frenetico ritmo della quotidianità lascia poche occasioni di “perdere tempo” in giochi manuali, di costruzione, d’esplorazione, di fantasia, di fiaba, d’espressione di attività personalizzate. Inoltre, come la cultura tradizionale rischia di andare perduta per mancanza di trasmissione dei suoi contenuti da una generazione all’altra, così molte attività di gioco tendono ad andare dimenticate per mancanza di fratelli o amici maggiori che insegnino, in una preziosa “scuola di gioco e di vita”, le diverse attività ludiche. I genitori si affannano a regalare ai figli giochi costosi e complicati o alla moda, lasciando quasi sempre l’iniziativa della scelta al bambino, che come sanno bene le agenzie pubblicitarie, è facilmente influenzabile e rappresenta un sicuro target commerciale. Credo che non possa mai venire a

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mancare, nel progetto educativo di ciascun genitore, l’attenzione ragionata sulle scelte anche delle proposte e occasioni ludiche dei propri bambini, poiché anche nel tempo libero e nel gioco si coltivano e si esprimono i valori che ogni famiglia desidera trasmettere ai propri figli. Sono fortemente convinto che il dono più bello che si può fare ad un bimbo sia il tempo, il proprio tempo di mamma e di papà, da donare con piacere, spensieratamente, ma attentamente, nel quale “perdere tempo” nel fare assieme, giocare e giocarsi con il bambino. La valenza di ciò non risiede nell'originalità del gioco o nella sua complessità ma piuttosto nella relazione profonda che s'instaura nell’attività ludica condivisa, è un momento magico in cui il bambino può entrare in contatto con il genitore in una dimensione educativa diversa, scoprire che anche i grandi sono stati bambini e non hanno dimenticato la loro infanzia: in questo il piccolo si sente più vicino e compreso dall’adulto, da quello stesso adulto che rimane autorevole, depositario delle regole e rassicurante ma capace di avvicinarsi al bambino in sintonia con i suoi interessi. Qual è allora il senso di questa collana? Da una parte vuole sottolineare come il gioco sia per i bambini un “lavoro” importante nella loro formazione di futuri adulti e di come questo lavoro si svolga in un clima sereno, gioioso e spensierato carico di forti contenuti maturanti, sia sul piano cognitivo sia su quello affettivo, emotivo e sociale. Ricordiamo, ad esempio, che il bambino si presenta alla scuola dell’obbligo con un bagaglio di conoscenze ed esperienze fondamentali acquisite in cinque preziosi anni di gioco che gli permettono di affrontare gli apprendimenti scolastici con una solida base di partenza: un maestro preparato sa che un bambino che sa giocare bene, saprà altrettanto bene imparare e che è importante che continui la sua formazione dividendo il tempo tra un sano e impegnato giocare e un altrettanto impegnato studiare (che può essere proposto in modo altrettanto piacevole e appassionante). Dall’altra propone una serie di stimoli guida sia per i genitori e gli educatori sia per i bambini, con percorsi graduali che invitano dapprima alla condivisione con l’adulto e in seguito alla scoperta autonoma di giochi ed

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esperienze da fare con i coetanei con materiali semplici, facilmente reperibili ma di gran soddisfazione personale. Ogni libretto è preceduto da una parte di riflessione psico-pedagogica dedicata ai genitori che indirizza l’attenzione verso i processi formativi principali connessi con le diverse attività di gioco proposte. Nella parte operativa vi sono schede pratiche costruite in progressione a seconda delle diverse età e a seconda dell'opportunità di condivisione/ partecipazione dell’adulto, tutto proposto in modo stimolante, lasciando largo spazio alle variazioni e invenzioni personali, per questo ciascuno può diventare protagonista e autore del suo gioco. Non è la nostalgia* dei giochi del passato che ci ha spinto a “scrivere”, fermando sulla carta le attività ludiche, ma la difficoltà attuale di trasmettere praticamente e oralmente i giochi e soprattutto la consapevolezza che nel giocare siano contenute preziose occasioni di crescita sana ed equilibrata che non possono e non devono andare perdute nell’impegnativo confronto con le nuove attività ricreative proposte dall’informatica, è opportuno, infatti, che convivano assieme, in un percorso parallelo che permetta i bambini di essere domani persone attive, pensanti, aggiornate e adeguate al loro tempo. *Riprendendo il parallelo con la trasmissione della cultura tradizionale di cui sopra “Quando un autore decide di togliere il racconto (gioco) dalla labile sopravvivenza della tradizione orale, dandogli forma di scrittura, si espone al rischio di essere considerato un infedele. Tradisce infatti i narratori (giocatori) orali e vanifica la loro ragion d’essere, poiché nel momento in cui una storia (gioco) è scritta, essa trova un riparo sicuro e si estinguono le motivazioni sociali che legittimavano l’esistenza stessa del narratore (giocatore)”4, abbiamo scelto consapevolmente di correre tale rischio sicuri che “il GIOCO valeva la candela”.

Claudio Cagol

4Nota di edizione di Rosetta Infelisi Fronza al libro di leggende di Carlo Felice Wolf “Rododendri Bianchi delle Dolomiti” -Cappelli Editore- .

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Nella stessa collana

Peraro F., Posso creare? Educare alla creatività attraverso l’incontro con l’Arte contemporanea. Per bambini dai 5 ai 99 anni, ed. Associazione E-Sfaira, 2008. Vallese A., Fratelli di farina. Cucina ed altro, ed. Associazione E-Sfaira, 2008.

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