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1 Camminare il paesaggio della poesia Cento anni dalla nascita di Mario Luzi A cura di Roberto Mosi

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Camminare il paesaggio della poesia

Cento anni dalla nascita di Mario Luzi

A cura di Roberto Mosi

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La strada tortuosa che da Siena conduce all’Orcia traverso il mare mosso di crete dilavate che mettono di marzo una peluria verde …

Da “Su fondamenti invisibili”

Presentazione Sono molti i modi per ricordare la figura di un grande poeta come Mario Luzi, conferenze, convegni, ecc. Nell’occasione del programma riportato in questo fascicolo, intendiamo farlo senza rimanere nel chiuso di una sala, percorrendo luoghi legati al suo ricordo, a pagine della sua poesia. Nello zaino possiamo portare i libri più amati di Mario Luzi, per leggere i versi più suggestivi ad alta voce insieme ai compagni dell’escursione. Sarà come la scoperta di nuove corrispondenze fra il suono delle parole, le emozioni suscitate, i paesaggi incontrati nel nostro camminare. Il programma delle escursioni proposte si divide in due parti. Le camminate della prima parte saranno effettuate nel prossimo autunno, ogni due settimane, il sabato mattina. Quelle della seconda parte, di un’intera giornata, saranno realizzate nella primavera del prossimo anno. Ogni uscita avrà un tema legato alla vita e alla produzione poetica di Mario Luzi. I testi riportati nel presente fascicolo rappresentano una prima scelta che sarà arricchita, speriamo, dalle ulteriori scelte dei partecipanti. Il programma di escursioni dedicato al poeta fiorentino fa parte di un filone di esperienze portate avanti da alcuni anni riguardo alla scoperta dei paesaggi “cantati” da celebri poeti. Queste esperienze sono messe a disposizione, anche nella forma del laboratorio partecipato, delle scuole e delle associazioni interessate. Roberto Mosi

TrekkingItalia, ha sede, a Firenze, in via dell'Oriuolo 17. Tel. 055 2341040 , 055 2268207. Email: [email protected]. L’orario di apertura: martedì, giovedì

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e venerdì 10,00 - 13,00 / 16,00 - 19,00 mercoledì 10,00 - 13,00

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Prima parte del programma

I escursione. Sabato 4 ottobre 2014 A Castello, il paese delle origini e del ritorno. Escursione: facile; 3 ore; km 7. Andremo a porre un fiore sulla tomba del poeta, nel cimitero di Castello, presso la Chiesa di San Michele, alla periferia nord di Firenze. La tomba è vicino a quelle della madre e del padre. Il cimitero di campagna è nei pressi dei parchi di due ville medicee, la Villa di Castello e la Villa della Petraia. Più in alto, il paesaggio variegato delle colline e, poco dopo, il verde dei boschi che si innalzano fino alla cima di Monte Morello; in basso le case e le fabbriche della pianura divise, nella prima parte, dalla ferrovia per Bologna; in lontananza il centro di Firenze dominato dalla Cupola del Brunelleschi. La scuola che Luzi frequentò era nelle scuderie della villa medicea di Castello, trasformate in aule. In questi luoghi incontrò i segni della guerra: vide arrivare alla stazione di Castello i soldati che giungevano dal fronte con le ferite ancora vive, diretti alle due ville medicee, trasformate in ospedali militari. Percorso: piazza di Careggi, via della Quiete, via di Boldrone, Villa della Petraia (giardino), Chiesa di San Miche e Cimitero, Villa Reale di Castello (giardino), viale della Villa. Ritrovo: piazza Stazione S.M.N., fermata linea 14, ore 8.30. Rientro con il bus n. 28.

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Da Il silenzio, la voce (1984) “Il posto dove sono nato, presso Firenze, ha in sé un contrasto molto pronunziato. In alto, sulle colline, la forma armoniosa e conclusa che gli architetti delle ville e dei giardini hanno dato alla natura del Rinascimento e nel Sei Settecento, in basso la polverosa animazione di una borgata industriale. Inoltre un contrasto anche più lacerante assimilato, anch’esso nella prima infanzia: quelle sobrie ma monumentali dimore del potere e del privilegio ho imparato a conoscerle quando trasformate in ospedali militari ingoiavano dentro i loro cancelli colonne di autoambulanze con a bordo i feriti che i treni provenienti dai fronti della prima guerra mondiale scaricavano sulle banchine dei binari morti nella piccola stazione di Castello di cui mio padre era il capo: qualcuno di quegli uomini deposti sulle barelle con le bende insanguinate mi resta anche oggi stampato in mente. Lo stesso luogo mi fece conoscere i disordini sociali del dopoguerra e le violenze fasciste. Più tardi spostandomi per alcuni anni in uno scenario più antico e quasi araldico, a Siena e dintorni, tutto questo, unito alla consapevolezza

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muta e profonda delle figure di quell’arte mi scese addentro come dramma e come enigma. Credo che l’alternanza e la mescolanza di questi due sentimenti abbiano avuto un seguito ininterrotto e siano rimasti costanti nei riguardi delle vicende della nostra epoca: il fascismo, la guerra, l’irrequietezza piena di incubi del dopoguerra e dell’oggi.” Dal fondo delle campagne (1965) Mia madre Mia madre, mia eterna margherita che piangi e mi sorridi viva ora più di prima, lo so, lo so quel che dovrei, pazienza di forte non è questa ostinazione d’uomo che teme la sua resa. Forza è pace. Il sopore che s’insinua nell’ora giusta fra due giuste veglie è forza anch’esso, non viltà. Ma ormai che i tuoi occhi mi s’aprono solamente nell’anima, due punti tenaci al fondo del braciere con cui guardare tutto il resto, o santa, non è il taglio a fil di lama che partisce ombra e sole in queste vie puntate contro il fuoco del mare all’orizzonte, è un altro il segno a cui dovrò tener fronte, segno che ferisce, passa da parte a parte.

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“Dal fondo delle campagne” (1965) Il duro filamento “Passa sotto la nostra casa qualche volta, volgi un pensiero al tempo ch’eravamo ancora tutti. Ma non ti soffermare troppo a lungo”. La voce di colei che come serva fedele chiamata si dispose alla partenza, pianse ma preparò l’ultima cena poi ascoltò la sentenza nuda e cruda così come fu detta, quella voce con un tremito appena più profondo, appena più toccante ora che viene di là dalla frontiera d’ombra e lacera come può la cortina d’anni e fora la coltre di fatica ed’abiezione, cerca il filo del vento, vi s’affida finchè il vento la lascia a sé, s’aggira ospite dove fu di casa, timida e spersa in queste prime albe dell’anno. …. “Passa sotto la nostra casa qualche volta, volgi un pensiero al tempo ch’eravamo ancora tutti. Ma non ti soffermare troppo a lungo”

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II Escursione. Sabato 18 ottobre L’incontro con il fiume Escursione: facile, ore 4, km 8 La passeggiata è dedicata al paesaggio dell’Arno, nella parte sud della città, visto con lo sguardo di Mario Luzi. Una sosta al Giardino delle Rose, da Porta San Niccolò, ci darà una visione d’insieme della valle del fiume, che poi percorreremo in riva destra fino al Girone. Passiamo nei pressi di via della Bellariva, dove il poeta visse gli ultimi quarant’anni della sua vita. Percorso: Ponte alle Grazie, Giardino delle Rose, via dei Bastioni, Lungarno Francesco Ferrucci, Ponte da Verrazzano, riva destra dell’Arno, sosta all’altezza di via della Bellariva, Pescaia di S. Andrea a Rovezzano, Girone. Ritrovo: piazza del Duomo n. 10 (palazzo della Regione), ore 9. Rientro con il bus n. 14.

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Da “Su fondamenti invisibili” (1971) «Prega», dice, «per la città sommersa» venendomi incontro dal passato o dal futuro un’anima nascosta dietro un lume di pila che mi cerca nel liquame della strada deserta. «Taci» imploro, dubbioso sia la mia di ritorno al suo corpo perduto nel fango. «Tu che hai visto fino al tramonto la morte di una città, i suoi ultimi furiosi annaspamenti d’annegata, ascoltane il silenzio ora. E risvegliati» continua quell’anima randagia che non sono ben certo sia un’altra dalla mia alla cerca di me nella palude sinistra. «Risvegliati, non è questo silenzio il silenzio mentale di una profonda metafora come tu pensi la storia. Ma bruta cessazione del suono. Morte. Morte e basta.» «Non c’è morte che non sia anche nascita. Soltanto per questo pregherò» le dico sciaguattando ferito nella melma mentre il suo lume lampeggia e si eclissa in un vicolo. E la continuità manda un riflesso duro, ambiguo, visibile alla talpa e alla lince. Da “Poesie sparse” Fiume da fiume Si pasce di sè il fiume, bruca serpeggiando le sue quasi essiccate sgorature,

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visita le sue quasi aride pozzanghere, si trascina ai suoi gi… putridi ristagni finch‚ poco più oltre un poco lo confortano misteriosi trasudamenti, lo irrorano frescure, umori, vene dal più profondo del suo cuore sotterraneo ed eccolo rinasce esso dalle secche, ora, si lascia dietro la sassaia della sua quasi estinzione per il suo nuovo cammino - si muove verso se stesso il fiume, si sposta dentro il suo cangiante bruco ed entra, fiume nuovo uscito dalle sue ceneri nei luoghi dove opera la primavera e non c'è fiore né gemma, non c'è ancora ma c'è quella radiosa incandescenza di luce e opacità nel bianco dell'aria, c'è, ed ecco si diffonde, quella trepidante animula e quel chiaro sopra la linea degli alberi, quel già più festoso scintillamento delle acque. C'è tutto "quello". E c'è lui fiume, ne vibra intimamente il senso. C'è questo, c'è prodigiosamente.

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III Escursione – Sabato 1° novembre La Cupola del Brunelleschi, fiore nostro fiorisci ancora Escursione: facile, 3 ore, km Percorso dedicato alle pagine che Luzi scrisse per la Cupola del Duomo, l’opera del Brunelleschi, monumento al centro del paesaggio fiorentino. La partenza è dalla piazza del Duomo per salire poi al belvedere sulla città rappresentato dalla parte alta del Giardino di Villa Bardini, da dove sembra di toccare con mano la Cupola. Il ritorno verso il Centro passando dal Ponte Vecchio, dal Palagio di Parte Guelfa (ricordo di Eugenio Montale); infine al Caffè delle Giubbe Rosse in piazza della Repubblica, per un aperitivo in ricordo dei tempi passati. Percorso: Ponte alle Grazie, Giardino di Villa Bardini, Costa di San Giorgio, Ponte Vecchio, Piazza del Palagio di Parte Guelfa, Piazza della Repubblica. Ritrovo: piazza del Duomo n. 10 (palazzo della Regione), ore 9. Nota: l’accesso al Giardino di Villa Bardini è gratuito per i fiorentini, con documento d’identità.

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Da “Fiore nostro fiorisci ancora” ( 1996) Primo operaio L’Estate è piena, il meriggio leva il cervello. Non bastano neppure questi ponti e queste travature e rimuovere l’afa e l’oppressione. Sarà meglio

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dopo, quando la cupola sarà tutta voltata fino all’ovo e chiusa sopra di noi. Allora ci sarà anche fresco in ogni parte della basilica, si spera. Intanto di questa stagione siamo richiesti di accrescere il lavoro, di allungare la giornata. Quando gli altri per tutta Firenze sonnecchiano nella lunga siesta dei giorni di canicola, noi siamo più che mai all’opera. Le fiasche vanno e vengono tra le mani dei garzoni e dei maestri e presto sono asciutte. Le ore sono lunghe. Ser Filippo non conosce pausa, sparisce e ricompare di continuo. Gli frullano per il capo mille idee ma una, fissa, le sovrasta tutte: questa cupola. Se va avanti, se regge per geometria, se il calcolo era giusto. Sì, lui a suo dire n’è sempre stato certo, era spavaldo con gli altri uomini dell’arte; ma, guardarlo, è tranquillo fino a un certo punto. Domanda i capimastri, i tagliapietre, i legnaioli, se stimano possibile per la loro parte dargli conferma che l’impresa è giusta e ragionevole. E, lo sai bene anche tu,, chi è preso dalla sua mania e chi scuote la testa ma continua con parecchia incredulità il suo lavoro nel cantiere. Secondo operaio Tu con chi stai, io con chi mi metto? Non so proprio rispondere neppure per me stesso. Primo operaio No, non è facile... però io sono parte di questa fabbrica che cresce; e questo mi basta. Non soltanto mi basta ma anche mi convince. La città edifica lei stessa la sua chiesa, si alza verso il cielo e usa la nostra fatica e la nostra arte per farlo. Mi ha preso e trascinato nel febbrile formicaio della sua officina. …………

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“Fiore della fede” E’ la mia voce ora che ascoltate, sono Santa Maria del Fiore. Mi volle la città fervente alta sopra di sé, sopra qualsiasi altra delle sue grandi basiliche e le sue umili parrocchie e Santa Reparata che custodisco in me. Grande mi concepirono i mercanti e il popolo minuto. Ebbero di me una visione grande Arnolfo, Giotto, ser Filippo, assistettero alla mia nascita, essi, propiziarono la mia crescita, un popolo di artefici si adoperò per me nei secoli, l’Opificio è ancora aperto; non sarò mai compiuta. Si tenevano fra le mie mura nascenti i dialoghi che avete ora ascoltato, non erano neanch’essi profani, mi alzavo sopra la città per opera della pietà comune e di spicciola pazienza. e rivissuta, vivente architettura.

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IV Escursione - Sabato 15 novembre “Il viaggio di Simone Martini” e le origini senesi Escursione: facile, 3 ore, 8 km La camminata è dedicata al ricordo delle origini senesi del poeta, origini rivendicate con orgoglio. Il percorso si allontana dal centro cittadino per salire sulla collina di Settignano e fermarsi alla piazza Desiderio da Settignano, davanti al panorama di Firenze. Avremo con noi il libro di Luzi Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini per leggere i versi che esprimono la diffidenza dell’artista senese che osserva Firenze dall’alto, durante il viaggio di ritorno da Avignone a Siena: “E’là, lei, la Gran Villa/ che brulica e formicola/ di là dal fiume. Lo tenta/ e lo respinge,/ ostica …”. La strada per arrivare a Settignano ci avvicina a ricordi dell’universo della poesia: Parco di San Salvi e la reclusione di Dino Campana nel manicomio(ricordo nel centenario della pubblicazione dei Canti Orfici); Ponte a Mensola e il ricordo delle opere di Giovanni Boccaccio, Il Decamerone e Il Ninfale Fiesolano; via della Capponcina, dove abitarono D’Annunzio e la Duse. Percorso: viale interno del Parco di Salvi, via del Guarlone, Ponte a Mensola, via della Capponcina, Piazza Desiderio da Settignano. Ritrovo: piazza San Marco, fermata del bus n. 6; ore 8.30. Rientro da Settignano con il bus n. 10.

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Da “Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini” (1994) Si approssima Firenze. Si aggrega la città. S’addensano i suoi prima rari sparpagliati borghi. S’infittiscono gli orti e i monasteri. Lo attrae nel suo gomitolo, ma è incerto se sfidarne il labirinto o tenersi alla proda, non varcare il ponte.

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Il seguito è sfinito. Il sono e il caldo ne annientano il respiro. E’ là, lei, la Gran Villa che brulica e formicola. Di là dal fiume. Lo tenta e lo respinge, ostica, non sa bene in che cosa, ma ostica eppure seducente, vivida. In molti lo conoscono, alcuni tra i Maestri pregiano la sua arte, ma lui teme la loro, evita il paragone, non desidera il confronto. …… Ah Firenze, Firenze. Sonnecchiano intontiti i viaggiatori nella sosta. Meglio rimettersi in cammino, prendere la via di Siena, immantinente.

Seconda parte del programma

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I Escursione – Domenica (da stabilire) marzo 2015 L’incontro con i compagni della giovinezza nel sentiero lungo gli argini del Bisenzio Escursione: facile, 5 ore, km 12 Percorso di una giornata dedicato a rievocare il paesaggio della poesia “Presso il Bisenzio” , il fiume che attraversa la città di Prato, la pianura industriale pratese e fiorentina e si getta nell’Arno all’altezza di Signa, circondato da capannoni delle lavorazioni tessili, dalle quali si dipartono gore con i residui delle conce. Sugli argini del fiume il poeta incontra i compagni della prima gioventù, che hanno avuto un destino ben diverso rispetto al suo. Percorso: stazione di Calenzano, Capalle, Campi Bisenzio, San Mauro, Signa Ritrovo: Stazione di SMN, ore 8.30 (biglietto per Calenzano); rientro dalla stazione di Signa.

Da Magma (1965)

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Presso il Bisenzio La nebbia ghiacciata affumica la gora della concia e il viottolo che segue la proda. Ne escono quattro non so se visti o non mai visti prima, pigri nell'andatura, pigri anche nel fermarsi fronte a fronte. Uno, il più lavorato da smanie e il più indolente, mi si fa incontro, mi dice: «Tu? Non sei dei nostri. Non ti sei bruciato come noi al fuoco della lotta quando divampava e ardevano nel rogo bene e male». Lo fisso senza dar risposta nei suoi occhi vizzi, deboli, e colgo mentre guizza lungo il labbro di sotto [un'inquietudine. «Ci fu solo un tempo per redimersi» qui il tremito si torce in tic convulso «o perdersi, e fu quello.» Gli altri costretti a una sosta impreveduta dànno segni di fastidio, ma non fiatano, muovono i piedi in cadenza contro il freddo e masticano gomma guardando me o nessuno. «Dunque sei muto?» imprecano le labbra tormentate mentre lui si fa sotto e retrocede frenetico, più volte, finché‚ è là fermo, addossato a un palo, che mi guarda tra ironico e furente. E aspetta. Il luogo, quel poco ch'è visibile, è deserto; la nebbia stringe dappresso le persone e non lascia apparire che la terra fradicia dell'argine e il cigaro, la pianta grassa dei fossati che stilla muco. E io: «E' difficile spiegarti. Ma sappi che il cammino per me era più lungo che per voi e passava da altre parti». «Quali parti?» Come io non vado avanti,

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mi fissa a lungo ed aspetta. «Quali parti?» I compagni, uno si dondola, uno molleggia il corpo sui [garetti e tutti masticano gomma e mi guardano, me oppure il [vuoto. «E' difficile, difficile spiegarti.» C'è silenzio a lungo, mentre tutto è fermo, mentre l'acqua della gora fruscia. Poi mi lasciano lì e io li seguo a distanza. Ma uno d'essi, il più giovane, mi pare, e il più malcerto, si fa da un lato, s'attarda sul ciglio erboso ad aspettarmi mentre seguo lento loro inghiottiti dalla nebbia. A un [passo ormai, ma senza ch'io mi fermi, ci guardiamo, poi abbassando gli occhi lui ha un sorriso da infermo. «O Mario» dice e mi si mette al fianco per quella strada che non è una strada ma una traccia tortuosa che si perde nel fango «guardati, guardati d'attorno. Mentre pensi e accordi le sfere d'orologio della mente sul moto dei pianeti per un presente eterno che non è il nostro, che non è qui né ora, volgiti e guarda il mondo come è divenuto, poni mente a che cosa questo tempo ti richiede, non la profondità, né l'ardimento, ma la ripetizione di parole, la mimesi senza perché né come dei gesti in cui si sfrena la nostra moltitudine morsa dalla tarantola della vita, e basta. Tu dici di puntare alto, di là dalle apparenze, e non senti che è troppo. Troppo, intendo, per noi che siamo dopo tutto i tuoi compagni, giovani ma logorati dalla lotta e più che dalla lotta, dalla

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[sua mancanza umiliante.» Ascolto insieme i passi nella nebbia dei compagni che si [eclissano e questa voce venire a strappi rotta da un ansito. Rispondo: «Lavoro anche per voi, per amor vostro». Lui tace per un po' quasi a ricever questa pietra in cambio del sacco doloroso vuotato ai miei piedi e spanto. E come io non dico altro, lui di nuovo: «O Mario, com'è triste essere ostili, dirti che rifiutiamo la salvezza, né mangiamo del cibo che ci porgi, dirti che ci offende». Lascio placarsi a poco a poco il suo respiro mozzato [dall'affanno mentre i passi dei compagni si spengono e solo l'acqua della gora fruscia di quando in quando. «E' triste, ma è il nostro destino: convivere in uno stesso [tempo e luogo e farci guerra per amore. Intendo la tua angoscia, ma sono io che pago tutto il debito. E ho accettato questa [sorte.» E lui, ora smarrito ed indignato: «Tu" tu solamente"». Ma poi desiste dallo sfogo, mi stringe la mano con le sue [convulse e agita il capo: «O Mario, ma è terribile, è terribile tu non [sia dei nostri». E piange, e anche io piangerei se non fosse che devo mostrarmi uomo a lui che pochi ne [ha veduti. Poi corre via succhiato dalla nebbia del viottolo. Rimango a misurare il poco detto, il molto udito, mentre l'acqua della gora fruscia, mentre ronzano fili alti nella nebbia sopra pali e antenne. «Non potrai giudicare di questi anni vissuti a cuore duro, mi dico, potranno altri in un tempo diverso. Prega che la loro anima sia spoglia e la loro pietà sia più perfetta.» II Escursione - Domenica (da stabilire) aprile 1915

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La salita al Monte Senario , la fuga dei monti fino all’Amiata, il silenzio del bosco e la voce della poesia Escursione: media-facile, km 14, 6 ore La meta è Monte Senario, da dove lo sguardo, in una giornata serena, spazia, da una parte, sui monti dell’Appennino, dall’altra, a sud sulle colline del Chianti, con il profilo dell’Amiata sullo sfondo. E’ l’occasione per ricordare pagine di Mario Luzi dedicate alla terra di Siena e alla Val d’Orcia. Scendendo dal Monte Senario, percorriamo il “Sentiero di Andrea”, un percorso ad anello realizzato in ricordo di un giovane operaio forestale morto in un incidente, che ci porta nel profondo del bosco, in luoghi pieni di silenzio. Percorso: Stazione di Vaglia, Signano, Sommavilla, Sorbo, Poggio agli Uccellini, Bivigliano, Montesenario, Piazzale della Croce, Sentiero di Andrea, Bivigliano, Stazione di Vaglia Ritrovo: Stazione SMN ore 8.30; rientro dalla Stazione di Vaglia

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Da “Sotto specie umana” (1999)

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Vanno ai monti i monti da soli o con le nubi sulla cresta o ai fianchi, si uniscono, si salgono sulla groppa, si celano l’un l’altro, si confondono terra in cielo, cielo in rupi d’aria e nuvole, cammini non sappiamo se per uomini o per numi ne varcano le mutevole frontiera a scendere e discendere è il loro moto tra roccia e terra di pianoro aperto, senza riparo dalle origini alle origini. Ne recano il segno le tue musiche chiunque tu sia che mi tormenti con le tue lamentazioni dal perduto grembo di anima e materia, di umano, divino, subumano, uniti in un’orchestra, tu, io, la secolare festa. da “Su fondamenti invisibili”, 1971 La strada tortuosa che da Siena conduce all’Orcia, traverso il mare mosso di crete dilavate che mettono di marzo una peluria verde è una strada fuori del tempo, una strada aperta

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e punta con le sue giravolte al cuore dell’enigma. Reale o irreale, solare o notturna – assorti ne seguivano il lungo saliscendi di padre in figlio i miei vecchi con un presagio di tormento. Reale o irreale, solare o notturna – interroga negli anni la mente – e l’idea di vita le si screzia d’un volto doppio imprevedibile – interroga il pianeta duro della landa, i poggi bruciati, le sparse rocche. E il vento, non so se dal tempo o dallo spazio che frusta il sangue. Pensieri tirati sulla corda d’un interrogazione senza fine non lasciano vivere, non hanno risposta. Lo intende bene lei passata da quelle dune. Da “Il silenzio, la voce” (1984) “Il cosmo umano ha anch’esso la sua lingua silenziosa, così come la parola è carica di tutti i passaggi della sofferenza che vi si sono impressi, e la voce sempre un po’ trafelata dal mare ininterrotto del mutamento, del divenire, della storia. Il silenzio è gremito di parole taciute o tacitate o represse o obliterate. … E poi c’è la voce umile o sperduta di coloro che l’hanno usata pre provocare la tua, che hanno interrogato perché tu rispondessi. La voce del poeta si coniuga con quelle voci, s’inserisce o stride in quel concento. In tutte le sue forme implicite ed esplicite il linguaggio della poesia diventa dialogo.”

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Biografia di Mario Luzi - Cenni Mario Luzi è nato a Firenze, nel quartiere di Castello, nel 1914 ed è morto nel 2005 nella sua casa di Firenze. Luzi ha curaro in settant’anni di lavoro un’ampia produzione poetica, drammaturgica, critica. Tra le sue raccolte poetiche, ricordiamo: La barca (1935, Avvento notturno (1940), Onore del vero (1957), Nel magma (1963), Dal fondo delle campagne (1965), Su fondamenti invisibili (1971), Per il battesimo dei nostri frammenti (1985), Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini (1994), Sotto specie umana, La passione, Via Crucis al Colosseo (1999, Dottrina dell’estremo principiante (2004). Ha insegnato dalle scuole medie all’Università. Più volte candidato al Premio Nobel per la Letteratura, nel 2004 fu nominato senatore a vita della Repubblica italiana.

Comunicazioni

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Informazioni aggiornate sui trekking previsti dal programma saranno riportate dal sito www.trekkingitalia.org e dal notiziario periodico della sede fiorentina. Per comunicazioni con l’accompagnatore dei trek, Roberto Mosi: e-mail: mosi.firenze @gmail.com; cell. 3403878503. Nell’ambito dell’“Estate Eclettica” organizzata da Lando Santoni a Bivigliano, il 13 settembre si parlerà, alle ore 17.30: “Camminare il paesaggio poetico di Mario Luzi, nel centenario della sua nascita”. La sede dell’incontro: Circolo Arci di Bivigliano, via della Vecchia Scuola. Il Trekking Italia di Firenze organizzerà nella settimana che precede la prima escursione, un apposito incontro per illustrare le caratteristiche dei trek, la cui data sarà comunicata tempestivamente. Alla Libreria Salvemini, piazza Salvemini, martedì 22 ottobre alle ore 18, Roberto Mosi illustrerà il tema “Camminare il paesaggio cantato dai poeti. Esperienze e progetti”, insieme a rappresentanti del Settore scuola di Trekking Italia, di scuole fiorentine, della Scuola di Scrittura Creativa della Rivista “Semicerchio”.

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