cem dossier aprile 2004

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dossier Pace e riconciliazione LDC La politica dell’agape, del perdono e della riconciliazione non è vincere il male con la rival- sa, ma vincere il male con il bene. Mai nella storia dell’umanità è stata data enfasi alla ri- cerca del colpevole come nella moderna società occidentale. Il bisogno di impersonificare il male nel colpevole, di enucleare la causa del male, è sintomo dell’incapacità di accettar- ne la corresponsabilità. Alla pena retributiva è affidato il compito di ristabilire l’ordine della giustizia controbilanciando il male che è stato commesso. Si è coltivata così l’illusione di po- ter cancellare definitivamente il male. La ri- conciliazione si muove nella direzione oppo- sta: si sforza di risarcire i danni e di ricostruire un rapporto pur senza dimenticarsi del male commesso. FABIO BALLABIO Agosto-Settembre 2003 ROSSO - GUERRA E PACE Ottobre 2003 ARANCIONE - SULLA VIA DEI SAGGI Novembre 2003 GIALLO - DISARMARE MENTI E CULTURE Gennaio 2004 VERDE - ALFABETIZZAZIONE ECOLOGICA Febbraio 2004 AZZURRO - PACE NEL PLURIVERSO Marzo 2004 INDACO - RELIGIONI E PACE Aprile 2004 VIOLETTO PACE E RICONCILIAZIONE Maggio 2004 BIANCO - PEDAGOGIA DI PACE I dossier dell’annata Il perdono è la risposta al sogno del bambino: un miracolo grazie al quale l’oggetto in frantumi è ancora intatto. (Dag Hammarskjöld)

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dossier

Pace e riconciliazione

LDC

La politica dell’agape, del perdono e della riconciliazione non è vincere il male con la rival-

sa, ma vincere il male con il bene. Mai nella storia dell’umanità è stata data enfasi alla ri-

cerca del colpevole come nella moderna società occidentale. Il bisogno di impersonificare

il male nel colpevole, di enucleare la causa del male, è sintomo dell’incapacità di accettar-

ne la corresponsabilità. Alla pena retributiva è

affidato il compito di ristabilire l’ordine della

giustizia controbilanciando il male che è stato

commesso. Si è coltivata così l’illusione di po-

ter cancellare definitivamente il male. La ri-

conciliazione si muove nella direzione oppo-

sta: si sforza di risarcire i danni e di ricostruire

un rapporto pur senza dimenticarsi del male

commesso. FABIO BALLABIO

AAggoossttoo--SSeetttteemmbbrree 22000033ROSSO - GUERRA E PACE

OOttttoobbrree 22000033ARANCIONE - SULLA VIA DEI SAGGI

NNoovveemmbbrree 22000033GIALLO - DISARMARE MENTI E CULTURE

GGeennnnaaiioo 22000044VERDE - ALFABETIZZAZIONE ECOLOGICA

FFeebbbbrraaiioo 22000044AZZURRO - PACE NEL PLURIVERSO

Marzo 2004INDACO - RELIGIONI E PACE

AApprriillee 22000044VVIIOOLLEETTTTOO PPAACCEE EE RRIICCOONNCCIILLIIAAZZIIOONNEE

MMaaggggiioo 22000044BIANCO - PEDAGOGIA DI PACE

I dossier dell’annata

Il perdono è la risposta al sognodel bambino: un miracolo grazieal quale l’oggetto in frantumi è ancora intatto. (Dag Hammarskjöld)

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dossierPACE E RICONCILIAZIONE

Domande

A coloro che esitano

Tu dici: la nostra causa va male.

Aumenta il buio. Le forze diminuiscono.

Adesso, dopo tanto tempo che lavoriamo,

siamo arrivati ad una situazione peggiore che all’inizio.

Mentre il nemico è lì, più forte che mai.

Pare anzi che la sua forza sia aumentata.

Ha l’apparenza d’essere invincibile.

Ma, dobbiamo ammetterlo, abbiamo commesso degli errori.

Noi siamo diminuiti di numero.

Le nostre parole d’ordine sono in disordine.

Il nemico ha distorto molte nostre parole, fino a renderle irriconoscibili.

Di quello che abbiamo detto, cos’è adesso falso: tutto o qualcosa?

Con chi possiamo ancora contare? Siamo il resto,

buttato fuori dalla corrente viva? Resteremo indietro,

incompresi da tutti e incapaci di comprendere?

Abbiamo bisogno di miglior sorte? Tutto questo tu chiedi.

Non aspettarti nessuna risposta eccetto la tua.

Bertolt Brecht

Atanti interrogativi posti da Brecht, c’è la possibilità di tentare un cammino differente: il perdono. Giànel 1970 il cancelliere Willy Brand, in visita alla Polonia, inginocchiandosi davanti al monumento del-la memoria alle vittime del ghetto di Varsavia, chiede ufficialmente perdono. Il 26 dicembre 1983 il

papa Giovanni Paolo II visita in prigione il suo attentatore Ali Agca e gli concede il perdono; ma lui stessochiede ripetutamente perdono per le colpe commesse dai cristiani. Ultimamente si sono moltiplicati i ge-sti di richiesta di perdono: dal primo ministro del Giappo-ne a Boris Ieltsin, da Kofi Annan al kmer rosso KaingKhiev Iev (torturatore) e ad altre personalità. Il perdono diventa materia di sondaggio, per esempio inFrancia. I francesi per il 72% ritengono che sia possibileperdonare; e 55% che è necessario. Per la maggior partedi loro (74%) perdonare non è necessariamente una pro-va dell’amore al prossimo (forse pensano anche allapratica della “grazia” prevista dal codice di diritto pena-le e a forme di perdono o condono che s’incontrano unpo’ in tutte le civiltà). Ma, sempre secondo il sondaggio,i francesi non ritengono che si debba perdonare tutto. Cisarebbero crimini senza remissione: per esempio, l’as-sassinio di bambini (91%), il massacro di civili - comequelli del Ruanda e Kossovo – (87%), il traffico di stupe-facenti (81%). �

ECCO ALLORA UNA SERIE DI DOMANDE:

�� Cosa significa la parola “perdono” (e quella che le è prossima, “ricon-ciliazione”)?

�� Il perdono è una nozione universale?�� Ma il perdono risolve i problemi?�� Ci sono delle condizioni per il perdono – un risarcimento alle vittime,

la benignità dell’offeso, il pentimento dell’aggressore, un “cammino”da percorrere –?

�� Possiamo distinguere tra crimini perdonabili e imperdonabili o “impre-scrittibili”?

�� Il perdono è frutto dell’uomo o dono di Dio?�� Riguarda il singolo o anche la società (Stato, istituzioni pubbliche, po-

poli?)

Non si può chiedere a un dossier di rispondere a tante domande. Ma i pe-

dagoghi ci dicono che formulare le domande è più importante che ot-

tenere la risposta. O, come dice Bertolt Brecht, non aspettare al-

tra risposta eccetto la tua. Ma, nelle pagine che seguono, for-

niremo alcune precisazioni e accenneremo a delle risposte.

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dossierPACE E RICONCILIAZIONE

Se non perdoneretedi cuore...

Pace agli uomini di cattiva volontà e fine di ogni vendetta e a tutti i discorsi sul castigo e sulla punizione.Per descrivere le atrocità non ci sono parole,esse vanno al di là di ogni comprensione,e numerosi sono i martiri.Perciò, o Dio, non pesare le loro sofferenzesulla bilancia della tua giustizia,non chiedere il contraccambio crudele,ma d’esse tieni conto diversamente:a favore di tutti i boia,dei traditori e delle spie,di tutte le persone malvage, e perdona loroper il coraggio e la forza d’animo degli altri...Conta solo il bene, non il male!E nel ricordo dei nostri nemici non vogliamo sopravvivere come vittime,né come incubi e terribili fantasmi,ma venire in loro aiuto

affinché possano rinunciare alla loro follia.Questo soltanto sarà loro comandato!E noi, quando tutto finirà,possiamo vivere da uomini in mezzo ad uomini.E possa esserci pace su questa povera terra per gli uomini di buona volontà,e questa pace possa raggiungere anche gli altri.

Anonimo, dal lager di Ravensbruk

Purtroppo, dopo gli orrori della II Guerra mon-diale, non si è scelto il percorso suggerito dal-l’Anonimo di Ravensbruk (vedi trafiletto a fian-

co), ma l’iter della giustizia retributiva. Lo stesso Si-mon Wiesental, davanti al caso di un giovane nazista,“Karl”, disse di non poter concedere il perdono, per-ché lo farebbe in nome di qualcuno che non glieneaveva dato l’autorizzazione. Abbandonò in silenziola camera di Karl, morente e supplicante. Chi s’è proposto di rispondere col perdono alla tra-gedia dell’eccidio è stato il governo di Mandela inSudafrica dopo l’apartheid. Giacché “non c’è futurosenza perdono”, viene istituita la Commissio-ne Verità e Riconciliazione e non un tribunalesul tipo di quello di Norimberga. La “commis-sione” passa di città in città per mettersi adisposizione di coloro che hanno il cuore fe-rito. Sia bianchi che neri, i sudafricani pos-sono presentarsi, “confessare la colpa per-sonale” e ricevere il perdono. La Com-

missione rimane il punto di riferi-

mento, l’esempio per il perdono a

livello anche socio-politico.

Riprendiamo qualche domanda (della pagina 18)

Il senso etimologico del perdono (dal latinoper donare) significa donare totalmente. Ma c’è l’idea diricostruire. È stato rotto un ordine nel mondo e lo si puòristabilire: o con l’offerta di un sacrificio (perdono-transazione) o con il condono da parte dell’offeso al tra-sgressore (perdono-rinuncia). I buddhisti direbbero che sitratta di “spezzare il cerchio dell’odio o abbandonare lasete di vendetta” (Matthieu Ricard). Oppure il perdono è“una guarigione in profondità della memoria” (Paul Rico-eur). Per Jacques Derrida si tratta di un linguaggio che hale radici nell’ebraismo, o linguaggio “abramitico”, ma cheè diventato universale. In realtà, nella Bibbia (e poi nel Co-rano) molto si parla di perdono. Dio è certezza di perdono,la misericordia è un suo attributo. Dio fa piovere sui giusti

e sugli ingiusti; fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi evuole il ravvedimento del peccatore per poterlo perdonaree perché viva. È il Dio che dice: Nessuno tocchi Caino. Lostesso “occhio per occhio”, pare significare: “colui che ac-ceca il suo prossimo, deve poi guidarlo: i suoi occhi devo-no diventare gli occhi del cieco (che lo perdonerà). Dioperdona sempre e chiede di perdonare settanta volte set-te (Mt 18,22). Chiede di amare anche i nemici (Lc 6,27). Luistesso, in Cristo, perdona i suoi uccisori.

a c u r a d e l l a R E D A Z I O N E

S. B

OS

ELLI

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Parole chiave

Perdono. Il perdono consiste, per l’offeso, rimettere le col-pe commesse dall’offensore, con gratuità. Perdonare nonequivale a dimenticare o negare la colpa, ma trasfigurare ilricordo del male. Perdonare con magnanimità vuol dire an-che ammettere la fragilità comune. Perciò chi perdona nonsi ritiene superiore al colpevole, non lo umilia. Seppurescelta personale, il perdono è piuttosto un dono divino.

Riconciliazione. Fine del disaccordo che separa gli uo-mini (o l’universo) tra di loro e (più ancora) con Dio. Ri-composizione dell’unità profonda che deve regnare nell’u-manità, nell’universo e con Dio. Nel caso di una persona, èla sua ri-amissione in seno alla comunità.

Il rito del perdono presso le religioni

Cristianesimo.

Cattolici. All’inizio v’erala confessione pubblica.Dal IV Concilio Latera-nense (1215) la confes-sione individuale auri-colare davanti al sa-cerdote. Dopo il Vati-cano II si è reintrodot-ta la celebrazione dellaConfessione comunita-ria (senza valore sacra-mentale per l’assoluzione). Ortodossi. Sono tenuti adaccostarsi al sacramento dellaConfessione. Lo fanno i più devotipreferibilmente con un sacerdote-monaco che diventa unmedico spirituale o direttore di coscienza. Protestanti. La confessione individuale, della quale Lu-tero ha rigettato il carattere obbligatorio, è pressochéscomparsa. Nel perdono, parte della celebrazione liturgi-ca, l’assoluzione è indirizzata a tutti senza distinzione.Anglicani. Gli anglicani (della Chiesa Alta) praticano laconfessione per utilità spirituale, senza considerarla “sa-cramento”. Protestanti evangelici. Gli evangelici, p.e. i penteco-stali, praticano volentieri la confessione pubblica e dannotestimonianza della conversione narrando i peccati dellavita pregressa.

Ebrei. Gli ebrei hanno una festa o giorno del Gran Perdo-no, il Yom Kippur, preceduto da sei giorni di penitenza. Lafinalità è di chiedere perdono a Dio e agli uomini dei pec-cati commessi. L’ufficio conclusivo proclama l’unità di Dio,quale è rivelata dal suo Perdono.

Islam. Non ci sono riti di perdono nell’islam. Il Coranochiede il “ritorno a Dio” (tawba), ma nel segreto del cuoresenza confessori intermediari. Ci sono riti di purificazionee lo stesso pellegrinaggio alla Mecca è considerato tale.

Buddhismo. Non riferendosi a nessun Dio creatore eprovvidente, il buddhismo non ha la nozione di peccato equindi di richiesta di perdono. Il devoto deve procederedall’egoismo e dall’imperfezione (illusoria) dell’umana na-tura, alla progressiva ascesi, fino all’illuminazione/realiz-zazione. Nel buddhismo teravada i monaci a volte confes-sano le colpe che hanno portata sociale più che spirituale.

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dossierPACE E RICONCILIAZIONE

SANTUARI DEL PERDONO

Troviamo comunità/testimonianze di perdono proprio nei luoghi di maggiorviolenza e odio razziale.

SUDAFRICA. Si tratta della già citata Commissione Verità e Riconciliazio-

ne. La Commissione ha avuto nel Rev. Desmond Tutu (premio nobel per la

pace) un sensibilissimo presidente: “Mi domandavo se ero fatto per pre-

siedere questa Commissione: io ero così fragile e così vulnerabile”.

ALGERIA. Invitati a lasciare il Paese perché in pericolo di vita, i mo-

naci cristiani rimangono in Algeria per una testimonianza silenziosa,

di pace. Sette di essi sono assassinati a Tibhirine, non lontano da Al-

geri, per mano della GIA. Christian de Clergé aveva scritto che de-

siderava chiedere perdono ai fratelli e “perdonare con tutto il cuo-

re all’aggressore”.

IRLANDA DEL NORD. A Ballycastle c’è una piccola comunità: la

“Community of Corrimeela”. Qui Cattolici e protestanti vivono un’e-

sperienza di riconciliazione in un paese lacerato da cinque secoli di

conflitti. “La preghiera ci aiuta a restare vigili e radicati nella pazien-

za” (vedi foto). A Belfast il collegio Hazelwood è scuola di pace, con alun-

ni cattolici e protestanti.

ISRAELE. C’è un villaggio chiamato Nevé Shalom/Waahat as Salaam che in

lingua italiana significa “Oasi/Villaggio della Pace”. Sorge al centro di

Israele, tra Gerusalemme e Tel Aviv. Là, famiglie di differenti etnie e re-

ligioni hanno scelto di costruire una comunità affrontando i problemi del-

la coesistenza nella vita quotidiana.

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Senza la pace, la pace vera, stabile, nonsiamo quel che dobbiamo essere.Siamo, in certo modo, tutti assassini!(Giuliano Agresti)

Oggi c’è una grande discussione sul tema della pacee della guerra. Il movimento della pace il 15 feb-braio dell’anno scorso ha attraversato le strade

delle capitali di tutto il mondo, ponendo la pace come do-manda assoluta alla politica. È emerso un no alla guerrasenza se e senza ma, fondato non tanto e non solamentesu motivazioni religiose o ideologiche, ma su una puntua-le consapevolezza della natura della guerra moderna.

Guerra moderna: infinita e contro i civili

È ormai chiaro a molti che l’obiettivo primo della guerramoderna è l’uccisione dei civili. I dati lo confermano inmaniera imponente: negli ultimi dieci anni su cento uccisi

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dossierPACE E RICONCILIAZIONE

M A S S I M O T O S C H I

Pace, perdono, riconciliazione

in guerra il 10% sono militari e il 90% sono civili, di cui il34% sono bambini. Questa è una linea di tendenza, che èiniziata con la guerra di Spagna e i primi bombardamentiaerei sulle città, si è sviluppata nella seconda guerra mon-diale, fino ad arrivare ai numeri di oggi. Tutto questo èrappresentato simbolicamente dalla bomba atomica suHiroshima e Nagasaki. Essa non punta a colpire un obiet-tivo militare ma a distruggere una città e un intero popolo.È singolare come la guerra atomica non si sia mai prodot-ta, ma la logica che la sottende è diventata dominante nel-le guerre degli ultimi decenni. Oggi assistiamo ad unaguerra che non è di militari contro militari, ma di militaricontro civili. Questo contiene in sé un germe di odio, cheproduce effetti devastanti. L’odio alimenta la guerra chetende a produrre inevitabilmente se stessa. E dunque fal-lisce l’antico detto se vuoi la pace prepara la guerra, oggiassistiamo semplicemente alla guerra dopo la guerra, inun percorso drammatico di guerra infinita.Al tempo stesso assistiamo anche a un paradosso: neltempo della guerra si sperimenta il fallimento della guer-ra come strumento per fare la pace. Le esperienze di que-sti anni dal Kossovo all’Afganistan fino all’Iraq sono unapuntuale conferma di questo. Se guardiamo alla tragica vi-cenda israelo/palestinese, è di tutta evidenza che non esi-ste una soluzione militare al problema. Anzi coloro chepercorrono questa prospettiva dai due versanti ottengonol’unico risultato di peggiorare drammaticamente le condi-zioni di vita dei due popoli, senza produrre nessuna solu-zione. L’occupazione militare israeliana da una parte e lalotta armata e il terrorismo palestinese dall’altra non rea-lizzano né pace né sicurezza per ognuna delle due parti,ma fanno crescere a dismisura il muro di inimicizia, di dif-fidenza e di paura che divide di fatto i due popoli.Il fallimento della guerra rinvia alla ricerca di nuove stra-de, che siano capaci di realizzare la pace e di prevenire laguerra. Quando l’anno scorso fu presa Baghdad, si discus-se molto su chi aveva vinto e su chi aveva perso. La tesimolto semplice era che avevano vinto gli americani e chi lisosteneva; e che aveva perso il movimento per la pace.Discutendo con un monaco buddista, egli mi ha dato unaacuta risposta: il nostro compito non è vincere, ma ricon-ciliare. Egli voleva dire che solo riconciliando si vince dav-vero. Giovanni Paolo II nel messaggio per la giornata dellapace del 2002 lancia queste parole: non c’è pace senzagiustizia, non c’è giustizia senza perdono. In questo modoil perdono diventa il fondamento di nuovi rapporti interna-zionali, la cui giustizia produce la pace.Perdono e riconciliazione, da parole che appartengono alforo della coscienza divengono parole capaci di fondare eispirare una politica che ricostruisca i rapporti tra i popo-li. Parole apparentemente deboli e inattuali, sono in realtàle uniche che possono preservare i popoli dall’abisso del-la violenza e della vendetta.

M. C

ELLI

Perdono ericonciliazione, daparole cheappartengono alforo della coscienzadivengono parolecapaci di fondare eispirare una politicache ricostruisca irapporti tra i popoli.

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Perdono e riconciliazione nella Bibbia (Nuovo Testamento)

Nel nuovo testamento noi troviamo la parola del perdonoin bocca e Gesù. Egli perdona la pubblica peccatrice e sul-la croce, rivolto a coloro che lo uccidono, dice: “Padre per-dona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34).La croce diventa il luogo e il segno del perdono. Dice Pao-lo che Gesù “fa la pace per mezzo del sangue della croce”(Col 1,20). Ecco, sulla croce la pace e il perdono racconta-no il mistero stesso del Dio di Gesù Cristo e lo fanno in unluogo pubblico, là dove il potere esercita la sua violenza elà dove è visibile la morte dell’innocente.Due vie si pongono: la via della pace e del perdono che si-gnifica il dare la vita per i nemici, spezzando alla radiceogni giustificazione della violenza del potere, e la via delpotere, che si basa sulla forza delle armi e si esprime nel-l’omicidio dell’innocente e nel salvataggio dell’omicida.Oggi appare chiaro che la via del potere che usa la forza ele armi, non porta da nessuna parte ma avvicina l’abisso eproduce l’impero della guerra. Al contrario la parola delperdono, del riconoscimento dell’altro, dei suoi dolori edei suoi diritti appare come l’unica realistica, in grado diprodurre un futuro, nel quale non il conflitto, ma la convi-venza sia possibile.C’è un altro passaggio dell’apostolo Paolo, che ci aiuta nel-la nostra riflessione. Si legge: “Tutto questo però viene daDio, che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e hadato a noi l’incarico di portare altri alla riconciliazione conlui. Così Dio ha riconciliato il mondo con sé per mezzo diCristo: perdona agli uomini i loro peccati e ha affidato anoi l’annunzio della riconciliazione. Quindi noi siamo am-basciatori inviati da Cristo, ed è come se Dio stesso esor-tasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo da parte di Cri-sto: lasciatevi riconciliare con Dio” (2 Cor. 5,18-20).Nel testo paolino il termine “riconciliazione” assume unsignificato ampio, non legato solamente al cuore delle per-sone, ma riguardante la storia in tutta la sua complessità.Esprime la stessa salvezza, operata da Cristo. Dunquetocca tutti gli aspetti della vita dei singoli e dei popoli, finoa toccare la totalità del creato. Nella forza di Cristo la ri-conciliazione è entrata nelle fibre profonde della storia ene rappresenta la sua vocazione e il suo destino. Il compi-to dei credenti e di tutte le persone di buona volontà è didiventare ambasciatori e operatori di questo disegno di ri-unificazione pacifica dell’intero genere umano, nel mo-mento in cui rifiuta la sudditanza a “colui che è stato l’o-micida fin dal principio, … menzognero e padre dellamenzogna” (Gv 8,44).

Il futuro dei popoli

Quello che è vero nel Nuovo Testamento, è vero anche peril futuro dei popoli. Proprio i paesi, che abbiamo indicatosopra e a cui si potrebbero aggiungere i paesi del centro

Africa e altri ancora, mostrano che senza riconciliazionenon c’è futuro. Sorprende invece che in nome della giusti-zia ancora oggi si giustifica la guerra e dunque anche lamorte dell’innocente. Si è frainteso il versetto di Isaia, incui si dice che “opera della giustizia è la pace” (Is 32,17).Da questo se ne trae la conseguenza di un primato dellagiustizia sulla pace e dunque in nome della piena realiz-zazione della giustizia si giustificano anche le armi per fa-re la pace. Così si sono legittimate le guerre umanitarie, l’uso dellaforza, la pace giusta: tutte formule che si collocano all’in-terno della cultura della guerra. Questo è il modesto ar-mamentario ideologico con cui si accreditano le guerredegli ultimi anni, dal Kossovo al-l’Afghanistan e all’Iraq. Si coprecon l’ipocrisia di queste formulela durezza della guerra, che uc-cide i civili e devasta la possibili-tà della riconciliazione tra i po-poli e all’interno dei popoli.È venuto il tempo di comprende-re che la giustizia non può dive-nire un idolo, sul cui altare si sa-crifica la pace e al tempo stessoche, come ha scritto Gustavo Za-grebelsky, “la giustizia viene pri-ma della politica, la politica èfunzione della giustizia e non lagiustizia della politica. O, se cosìsi vuol dire, l’ingiustizia non puòessere il mezzo di nessuna poli-tica, per quanto alto e nobile sial’ideale che questo persegue. E ciò si-gnifica che - per riportarci ancora allaquestione del dolore inferto all’innocente comeprezzo dell’armonia universale - nessuna politi-ca è conforme a giustizia, se il perseguimentodel suo fine comporta il prezzo dell’ingiusti-zia, del male causato all’innocente” (C.M.Martini - G. Zagrebelsky, La domanda digiustizia, Einaudi, Torino 2003, p.17).

C’è dunque una alterità radicale tragiustizia e ingiustizia, comeuccisione dell’innocente, e perquesto le guerre moderne sonotutte ingiuste. Il criterio su cuimisurare la giustizia delle guerre non è più la giusta cau-sa o la giusta autorità che le convoca. Il criterio è il doloree la morte dell’innocente. È su questo punto che si spez-za definitivamente l’equazione guerra/giustizia. La giusti-zia non la si definisce più a partire da astratte dottrine odai palazzi del potere, ma ha la sua cruna d’ago nelle vit-time, che giudicano la guerra che le uccide.

22 cem/mondialità - aprile 2004

dossierPACE E RICONCILIAZIONE

Nella forza di Cristo lariconciliazione è entratanelle fibre profondedella storia e nerappresenta la suavocazione e il suodestino.

M. CELLI

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Il Sud Africa: una possibilità

C’è una esperienza che rappresenta uno straordinariopunto di riferimento culturale e politico: quella del SudAfrica. Dieci anni fa Mandela vinceva le elezioni, finiva l’a-partheid, iniziava la democrazia. Per superare la tragicastagione della guerra civile, in cui l’unica parola è stata laviolenza, si è intuito che non si potevano percorrere vec-chie strade, che avrebbero spezzato il paese e allargato ledivisioni nel paese. Si è allora deciso di costituire la Com-missione Verità e Riconciliazione”, presieduta da De-smond Tutu. Questa commissione è stata la sede di riela-borazione del lutto, che il paese ha vissuto nella lunghissi-ma stagione dell’apartheid e della lotta che ne è consegui-

ta, con l’obiettivo as-solutamente vincentenon di punire, ma diriconciliare. SempreZagrebelsky ne parlanel libro sopra citato.Egli fa riferimento allospirito africano dell’u-buntu, che egli cosìdescrive: “Sempre se-condo le parole di De-smond Tutu, l’ubuntudistingue l’idea dellagiustizia europea,orientata piuttosto al-la retribuzione se nonalla “giustizia del vin-citore”, dallo spirito

della giustizia africana, orientata invece alla riconcilia-zione, alla reciproca accettazione, al riconoscimento del-l’umanità delle persone, per farla riemergere quando que-sta è umiliata dal crimine non solo patito, ma anche com-messo. A noi l’ubuntu fa pensare a uno spirito comunita-rio, inteso in senso benevolo, comprensivo, pacificatore…Il fare giustizia diventa allora un processo salvifico tantodi chi ha subito il torto quanto di chi lo ha commesso. La giustizia richiede di risanare le ferite, correggere glisquilibri, ricomporre le fratture e riabilitare tanto le vitti-me quanto i criminali, anch’essi degradati nella loro uma-nità”. In questo orizzonte il pieno riconoscimento delle re-sponsabilità e delle colpe dei criminali ha portato all’ap-plicazione dell’amnistia, accompagnata da misure a favo-re delle vittime. La confessione pubblica davanti alla com-missione riabilitava la coscienza del colpevole e curava ildolore della vittime. Non veniva dimenticato né rimosso ilpassato, al contrario c’era una rielaborazione della memo-ria e del male commesso che liberava la vittima e il carne-fice. In questo modo avviene una “catarsi” dell’intera co-munità sociale nel pieno riconoscimento delle proprie re-sponsabilità e del dolore dell’altro, in una logica di perdo-no e di riconciliazione.

Così conclude Zagrebelsky: “È chiaro che questo tipo digiustizia comporta una generale disponibilità al perdono,in nome di qualcosa di più elevato del sentimento di ven-detta, cioè in nome della concordia. Altrimenti le vittime,private della condanna dei loro carnefici, si sarebbero po-tute ritenere vittime di una seconda ingiustizia. Il miraco-lo sudafricano - per altro incompiuto, dato gli enormi pro-blemi di giustizia sociale che permangono - è qui: quelladisponibilità che si è manifestata, ha reso possibile la pa-cificazione ed ha evitato il bagno di sangue; ha impeditoche l’ingiustizia producesse nuova ingiustizia; ha pacifi-cato gli animi, una volta che le colpe sono state ricono-sciute. A differenza di altri tentativi falliti di superare lefratture sociali attraverso strumenti analoghi, in Sud Afri-ca verità, giustizia e pace - le tre cose che reggono il mon-do - sono state rese possibili dallo spirito del perdono e inuna misura che ha almeno evitato ulteriori e più gravi in-giustizie”.

La via del futuro

Certo i modelli non sono mai riproponibili meccanicamen-te. Troppo diverse sono le storie e le situazioni, per poterrealizzare in tutte lo stesso modello. È però ragionevolepensare che, con tutte le specificità del caso, questo per-corso può funzionare nei Balcani e in medio oriente, conparticolare riferimento alla tragedia israelo-palestinese.In fondo, nei Balcani una lunga convivenza comune sotto ilregime di Tito si è frantumata nei paesi dell’area attraver-so guerre che hanno fatto crescere nel cuore di tutti gli at-tori inimicizia e paura dell’altro fino forse all’odio etnico.Oggi politicamente sembra tutto risolto, i confini tra i varipaesi definiti, la presenza di forze ONU nell’area evita ul-teriori riprese dei conflitti. Ciò che ancora oggi si percepi-sce fortissima è la paura dell’altro e dunque l’urto control’altro.Il modello “verità e riconciliazione” qui forse potrebbepermettere, se assunto da tutti con grande coraggio e lun-gimiranza, di superare ferite profonde nel cuore e nella vi-ta, ed aprire ad un riconoscimento lungimirante gli uni de-gli altri, senza il quale l’area dei Balcani non decolleràmai. Per rimettere insieme i popoli, sono necessari ma nonsufficienti gli accordi politici: ci vuole di più, bisogna im-parare di nuovo l’arte di diventare amici, attraverso la me-moria del dolore prodotto gli uni degli altri.La stessa cosa vale per il medio Oriente. La pace verrà nonsolo quando si firmerà un trattato (noi speriamo il più pre-sto possibile), ma quando i due popoli insieme riconosce-ranno gli uni le vittime, le sofferenze e i diritti degli altri. Eci vorrà una sede perché questo avvenga in modo sereno econdiviso. Questa è la grande sfida della politica: fare lapace nella riconciliazione e nel perdono, altrimenti saràsempre una pace fragile e minacciata. �

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dossierPACE E RICONCILIAZIONE

M. C

ELLI

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Aldo CapitiniUna volta c’è stato un pacifismo moltoblando, tanto è vero che davanti alla pri-ma guerra mondiale e alla seconda vacil-lò. Esso credeva di arrivare alla pacemolto facilmente attraverso la cultura, lascienza, l’interesse al benessere, il co-smopolitismo delle classi dirigenti. Si èvisto poi che non bastavano, e si capisceperché. Non era stato affrontato il lato religioso del rifiutodella violenza, che cioè la violenza si rifiuta in nome del-l’amore (e non dello star bene), di una realtà liberata dagliattuali limiti (e non dalla continuità di una realtà insuffi-ciente) e con una disposizione al sacrificio, ad essere co-me il seme del Vangelo che muore per far sorgere la nuovapianta. (...) Come strumento di conservazione del mondo,la nonviolenza è discutibile, come strumento di trasforma-zione in meglio, essa ha un valore inesauribile, appuntoperché non fa modificazioni e spostamenti di superficie,ma va nel profondo, al punto centrale. (...)Quando è sera, quando tutti vanno per altre cose, GesùCristo, la sua energia, la sua chiarezza, la sua virile bontà,quella serietà piena di rettitudine e di sofferenza tra leombre del mondo, è un sicuro conforto. Gli facciamo postoaccanto.

Da: La nonviolenza oggi e Religione aperta.

Carlo CassolaUn mondo diviso in Stati sovrani armati;governanti che possono dar fuoco allamiccia anche in seguito a calcoli sbaglia-ti; militari che soffiano sul fuoco giacchésolo la guerra potrebbe dare un senso alloro insensato mestiere: ecco il quadro,niente affatto rassicurante, dell’attualesituazione. Dice Dostoevskij che il con-dannato a morte preferirebbe la vita più disagiata e piùumiliante al nulla che l’aspetta. Ma bisogna appunto che

sia consapevole di non avere scam-po. Finché s’illude di potersisalvare, l’uomo non èdisposto a rinunciare aniente. Fino all’ultimoegli spererà di salvarsi,mentre il condannato amorte sa con assolutacertezza che gli saràtolta la vita. L’umanità èoggi nelle condizioni dell’in-dividuo in estremo pericolo chespera ugualmente di salvarsi. Bisogna che in lei subentrila mentalità del condannato a morte. Essa deve sapereche la sua fine è assolutamente sicura. Solo questa cer-tezza le darà il coraggio della disperazione, le darà cioè ilcoraggio di imboccare una strada completamente nuova:la strada del disarmo e dell’internazionale.

Da: Contro le armi, Ciminiera, Marmirolo – RE 1980

Enrico PeyrettiL’amore fino ai nemici, il perdono delle offese, il male ri-cambiato col bene, può essere considerato il maggior “mi-racolo morale”, per i credenti il segno più grande che Diopuò dare di sé all’umanità, per i non credenti il grado piùalto di elevazione dello spirito pratico umano. Oggi l’amorefino ai nemici (effettivo, non necessariamente affettivo) siattua nella nonviolenza attiva e politica, nella cultura dellagestione costruttiva e nonviolenta dei conflitti: si attua, inogni persona e in ogni gruppo umano, nell’abbandonare l’i-dolatria del proprio diritto duro e impositivo, in favore del-l’incontro e dell’accordo con l’altro, rispettato nella sua di-versità. Forse in ciò sta la verità che ci salva dal male e daldolore, verità che tutte le spiritualità religiose e le spiritua-lità non religiose cercano a pezzi e a bocconi.

Da: AA.VV., Convertirsi alla nonviolenza, Gabrielli Editori, S.Pie-tro in Cariano – VR 2003

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dossierPACE E RICONCILIAZIONE

AAnnttoollooggiiaa ddeellllaa rriiccoonncciilliiaazziioonnee

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Bernhard HaringSento ogni tanto l’obbiezione: “L’innocente ha il diritto di di-fendersi”, e s’intende con violenza. Chiedo in primo luogo“chi è l’innocente?”. (…) In tutte le guerre nazionalistiche,gli uni e gli altri hanno demonizzato l’avversario per mette-re in rilievo la propria innocenza, sempre pseudo-innocen-za. Dietro le guerre, giustificate anche dai teologi-cortigiani,c’erano sempre motivi di prestigio stupido, di cupidigia. (...)Anche la Germania e l’Italia non si dicano “innocenti”, per-ché hanno guadagnato e stanno guadagnando ancora gros-se somme con la vendita di armi omicide alle nazioni allequali poi danno per lo “sviluppo”, una parte del guadagnoche proviene dal commercio delle armi, ben sapendo che,largamente, aiutano soprattutto lo sviluppo militare. [Vo-glio] fare una proposta realizzabile: (...) lasciare ai giovanila libera scelta per il servizio di difesa non violenta. Se lamia proposta fosse accolta dal legislatore italiano, si verifi-cherebbe una svolta culturale e politica meravigliosa confrutti abbondanti in tutti i campi di pace, giustizia e conser-vazione del mondo creato, e affidato all’umanità.

Da: Pax Christi, Una proposta per costruire la pace, Mestre-Venezia.

Martin Luther KingCome la maggior parte delle persone, avevo sentito parlaredi Gandhi, ma non lo avevo mai studiato seriamente. Comeprocedetti nella lettura, fui profondamente affascinato dal-le sue campagne di resistenza nonviolenta. Fui particolar-mente commosso dalla “marcia del sale” verso il mare edai suoi numerosi digiuni. Tutto il concetto di Satyagraha(Satya è verità che equivale ad amore e agraha è forza; Sat-yagraha, perciò, significa forza della verità o forza dell’a-more) era profondamente significativo per me. Via via chestudiavo più profondamente la filosofia di Gandhi, il mioscetticismo riguardo la potenza dell’amore gradualmentediminuì e giunsi, per la prima volta, a capire la sua effica-cia nel campo della riforma sociale. Prima di leggere Gand-hi, avevo quasi concluso che l’etica di Gesù fosse efficacesoltanto nei rapporti individuali. La filosofia del porgi l’al-tra guancia e dell’amate i vostri nemici sentivo che era va-lida solo quando gli individui erano in conflitto con altri in-dividui; quando invece erano in conflitto gruppi razziali enazioni, sembrava necessario un comportamento più reali-stico. Ma dopo aver letto Gandhi, vidi che ero completa-mente in errore. Gandhi fu probabilmente la prima perso-na della storia ad elevare l’etica dell’amore di Gesù al disopra dei rapporti individuali e a trasformarla in una forzasociale su larga scala, potente ed efficace. (…) La soddisfa-zione intellettuale e morale che non avevo saputo ricavaredall’utilitarismo di Bentham e Mill, dai metodi rivoluziona-ri di Marx e Lenin, dalla teoria del contratto sociale di Hob-bes, dall’ottimismo del “ritorno alla natura” di Rousseau edalla filosofia del superuomo di Nietzsche, la trovai nella fi-losofia della resistenza nonviolenta di Gandhi. L’unico me-todo, moralmente e praticamente valido, a disposizionedelle persone oppresse nella loro lotta per la libertà.

Paolo Ricca[Gesù disse:] "Io vi lascio la mia pace"(Gv 14,23). Bisogna capire bene qual èquesta pace. Non è soltanto la capacitàdi convivere tra gruppi umani, seppuresia questa già una grandissima sapienzache ancora non abbiamo imparato. Gesùparla qui di una pace triplice: pace con Dio, pace con séstessi e pace con il prossimo. E al centro di questo trittico,di questo piccolo crocevia fondamentale, costitutivo dellanostra esistenza, c'è lui, Gesù: ecco perché dice la "mia"pace. E quindi, nella prospettiva evangelica, è frequentan-do Gesù che si scopre il modo di comprendere e viverequesto trittico di pace. Intercorre poi tra questi tre rap-porti il più grande mistero che ci sia sulla terra: il perdo-no. Di fatti, quando Gesù ha cominciato a perdonare sonosuccessi i pasticci, grandi scandali, la gente diceva: "Machi è questo? Come si permette di perdonare?", cioè diprendere il posto di Dio; perché soltanto Dio può perdona-re, ma non io. Questa è stata in fondo una delle grandi rea-lizzazioni di Gesù, cioè far capire che il perdono può ac-cadere sulla terra e non soltanto in cielo. Questa è una co-sa inaudita, inedita, è veramente l'Evangelo, cioè la buonanotizia: questa terra può essere la casa del perdono.

Dall'Agenzia NEV: Gaëlle Courtens, Intervista a Paolo Ricca.

Enzo BianchiGesù con autorità contraddice false tra-dizioni e interessate interpretazioni del-la legge: "Udiste che fu detto… ma io vidico…". Ed esorta: "Porgi l'altra guanciaa chi ti percuote… lascia anche il man-tello a chi ti toglie la tunica… amate i vo-stri nemici, fate del bene a quelli che viodiano… pregate per i vostri persecutori" (Mt 5,45-47 e Lc6,27-28). Questo comandamento è impossibile alle forzeumane, è innaturale, ma i cristiani credono che diventipossibile al seguito di Gesù, grazie a un dono, alle energieche vengono da Dio. In questo senso il comando dell'amo-re dato da Gesù - amore verso l'altro fino all'amore per ilnemico - è comandamento "nuovo", definitivo, come Gesùstesso l'ha chiamato, ed è comandamento che Gesù stessoha vissuto fino all'estremo, fino alla morte, chiamando"amico" chi lo stava tradendo con bacio e chiedendo a Diodi perdonare - "perché non sanno quello che fanno" - colo-ro che l'avevano messo in croce. Gesù ha subìto su di sé l'i-nimicizia, ma così facendo l'ha distrutta e il nemico è di-ventato anch'egli fratello amato, il lontano è diventato vici-no. Certo, non sempre nella storia i cristiani hanno segui-to fedelmente questo "specifico" della legge di Gesù.

da: “La Stampa” - 1.11.02

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dossierPACE E RICONCILIAZIONE

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Tutu ha sempre ricordato ai cristiani che predicava-no la rassegnazione di fronte alle ingiustizie delmondo che la Buona Novella di Gesù comporta an-

che la ricerca della pienezza di vita su questa terra, cioè lacura dell’affamato e del malato, la ricerca della giustiziaper l’oppresso e la ricerca della pace e della riconciliazio-ne tra gli uomini. Perciò il cristiano non può restare indif-ferente di fronte alle ingiustizie, limitandosi a predicare lavisione consolatoria dell’altra vita.Tutu ha dapprima operato nella città-ghetto dei neri di So-weto, dove ha cercato di stimolare i fratelli neri ad esserefieri di essere tali (black consciousness) e a credere in Dio

come liberatore del popolo nero. La teologia nera (BlackTheology), nata per dare ai neri la coscienza “di non doverpiù chiedere scusa per il solo fatto di esistere”, è stataostacolata dalle autorità bianche, in un contesto generaledi crescente repressione che ha portato al massacro deineri di Soweto nel 1976 e a violenze sempre più efferate.In un contesto sempre più difficile, la teologia nera si è oc-cupata della sofferenza dell’uomo nero, causata dal razzi-smo bianco, e ha messo in discussione la pretesa tipicadella cultura bianca per cui i suoi valori assumono un ca-rattere universale. L’opera di Tutu è stata fondamentaleperché inizialmente la politica razzista del governo suda-

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dossierPACE E RICONCILIAZIONE

S T E F A N O C U R C I

Maestri di un nuovo pensiero

Desmond Tutu.Non c’è pace senza perdono

Desmond Tutu nasce nel1931 a Klerkdorp, nella re-gione sudafricana del Trans-vaal. Studia nelle scuole ri-servate ai Bantu, una delleetnie nere più numerose nelsuo paese, ma non ha i soldiper studiare medicina e tro-va un impiego come mae-stro. Conosce il reverendoHuddleston che lo avvicinaalle problematiche dell’a-partheid: nel frattempo Tutudecide di diventare pastoredella Chiesa anglicana, e ri-ceve l’ordinazione nel 1961.Dopo alcuni anni di studio in Inghilterra, si dedica all’insegnamento uni-versitario e nel 1975 è il primo nero nominato decano della cattedraleanglicana di Johannesburg. Successivamente, Tutu viene eletto Segreta-rio generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese Sudafricane, e la sua

opera lo porta a subire calunnie e intimidazioni da parte del governosudafricano. Nel 1984 riceve il Nobel per la pace per la sua lotta con-

tro l’apartheid. Fino al 1996 è stato arcivescovo di Città del Capo.Dal 1995 al 1998 ha presieduto la Commissione per la Verità e la

Riconciliazione sudafricana fortemente voluta dallo stessoneopresidente Mandela al termine dell’apartheid. È attual-

mente visiting professor presso l’Università di Atlanta.

L’oppressore si disumanizza nellamisura in cui disumanizza le suevittime, e ritrova la sua dimensione diumanità nella misura in cui le suevittime ritrovano la loro. Ma, piùancora, egli ha un urgente bisogno delloro perdono. (D. Tutu, Anch’io ho il diritto di esistere)

PR

IER

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cem/mondialità - aprile 2004

dossierPACE E RICONCILIAZIONE

OPERE DI TUTU

Anch’io ho

il diritto

di esistere,

Queriniana,

Brescia 1985.

Non c’è futuro

senza perdono,

Feltrinelli,

Milano 2001.

Opere su Tutu

Winner D.,

Desmond Tutu,

Ldc, Torino,

Leumann 1989.

si dava la libertà ai colpevoli in cambio della verità. Oppo-nendosi all’idea di una giustizia punitiva, Tutu ha rilancia-to l’idea della “giustizia restituiva”, a cui era improntata latradizionale giurisprudenza africana. Il nucleo di quellaconcezione non è la giustizia o il castigo, ma la convinzio-ne che fare giustizia significa innanzitutto risanare le feri-te, correggere gli squilibri, ricucire le fratture dei rappor-ti, cercare di riabilitare le vittime quanto i criminali, aiquali va data la possibilità di reintegrarsi nella comunitàche il loro crimine ha offeso. “Una nazione che non sa ri-conoscere e ammettere la verità del proprio passato, perquanto brutale sia, è condannata a ripetere questi errorinel futuro”, ha dichiarato Tutu a quanti tentavano di ral-lentare i lavori della Commissione.Perdonare non significa far finta che le cose sono diverseda quelle che sono, chiudere gli occhi di fronte a quelloche non va: una vera riconciliazione può avvenire soltantomettendo allo scoperto i sentimenti, meschinità, violenzadolore, degradazione, verità. Come ha notato Luigi Bona-nate, docente di Relazioni internazionali a Torino: “erava-mo abituati a pensare che quando gli oppressi si liberanodalla catene si vendicano, e invece questo rituale colletti-vo, questa confessione e purificazione generalizzata, hasvuotato la transizione di tutti i suoi aspetti violenti. Ha“proceduralizzato” il conflitto e ha aperto la via alla demo-crazia”. L’esperienza della Commissione sudafricana èstata seguita da altri paesi dilaniati da conflitti interni –dal Guatemala al Sudafrica, da Timor Est allo Sri Lanka,dal Perù alla Sierra Leone – che l’hanno affiancata o sosti-tuita alle normali corti giudiziarie. Negli ultimi anni l’attenzione di Tutu si è progressivamen-te allargata ad altre situazioni assimilabili a quella suda-fricana, come la condizione dei Palestinesi in Israele ol’impegno per sostenere le iniziative volte a lottare controla devastante povertà che affligge milioni di persone chenon hanno accesso all’acqua e all’elettricità.

fricano era approvata dalla Chiesa riformata, e Tutu, nellasua qualità di vescovo anglicano, ha testimoniato con for-za che il razzismo era assolutamente contrario al Vangeloe incompatibile con esso. L’elezione di Tutu come Segreta-rio generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese Suda-fricane, un organismo che rappresentava milioni di prote-stanti di tutto il mondo, gli ha dato la visibilità per mobili-tare maggiormente l’opinione pubblica mondiale: comepresidente di questo Consiglio ha proposto una campagnaper la disobbedienza civile dei neri in Sudafrica, e il go-verno gli ha ritirato il passaporto per aver incoraggiato laDanimarca a boicottare il carbone sudafricano. La posi-zione di Tutu è stata forte e chiara: di fronte alla legge chepropone e copre le ingiustizie è lecito disobbedire. Una volta rimossa la vergogna dell’apartheid, dopo che nel1996 la nuova Costituzione ha eliminato gli ultimi residuidel regime razzista, l’opera di Tutu non ha conosciuto so-sta: egli si è impegnato nel tentativo di transizione pacifi-ca dal regime alla democrazia. L’impegno era difficile: sitrattava di trovare il coraggio da parte della gente di af-frontare i massacri e le violenze del passato senza desi-derio di vendette, ma anche senza voler passare un colpodi spugna radicale, come se nulla fosse accaduto. Grazie al lavoro della Commissione per la Verità e la Ri-conciliazione, presieduta da Tutu, le vittime o i loro paren-ti potevano per la prima volta raccontare le violenze sub-ite e ricevere ascolto, mentre gli oppressori potevano rice-vere l’amnistia in cambio dell’intera verità. Grazie al pen-timento degli assassini e al perdono concesso dai familia-ri delle vittime, nasceva la possibilità di ripartire nella vi-ta quotidiana nel segno della pace. Frutto di un compro-messo tra chi chiedeva un’amnistia generalizzata e chi in-vocava una nuova Norimberga, la Commissione ha avuto ilcompito di ascoltare tutte le persone che si dichiaravanovittime di gravi reati contro i diritti umani e tutti coloroche, accusandosi di tali crimini, chiedevano l’amnistia.Più di 20mila persone si sono presentate davanti allaCommissione. Alcune erano vittime venute a piangerepubblicamente, ad aprire il loro cuore e a liberare l’ango-scia che per tanto tempo era stata ignorata o forse negata.Altre erano autori di crimini, bianchi e neri, che cercavanouno spazio dove sfogare la loro colpa e riconoscere il loroerrore, per ottenere amnistia e riconciliazione. L’obbiettivo della Commissione non era quello di accerta-re la colpa. Infatti, non veniva emessa una sentenza di in-nocenza o di colpevolezza. L’obiettivo era invece quello distabilire la verità. Tra il modello di Norimberga dove i col-pevoli sono puniti e l’amnistia generale “copritutto”,il Sudafrica optò per una “terza via” che si è rivela-ta un modello da esportare. L’amnistia veniva con-cessa a chi ne faceva domanda e accettava di com-parire davanti alla Commissione facendo una confes-sione piena e dettagliata dei propri crimini, commessidal 1961 al 1994, negli anni dell’apartheid. Insomma,

Una nazione che non sa riconoscere eammettere la verità del proprio passato,per quanto brutale sia, è condannata aripetere questi errori nel futuro

M. C

ELLI

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Che cosa significa, in concreto, perdonare? E perché perdonare?

Il perdono è innanzitutto una scelta personale, una op-zione del cuore che va contro l’istinto spontaneo di ri-pagare il male col male. Tale opzione ha il suo termine

di confronto nell’amore di Dio, che ci accoglie nonostanteil nostro peccato. La persona, tuttavia, ha un’essenzialedimensione sociale, in virtù della quale intreccia una retedi rapporti in cui esprime se stessa: non solo nel bene,purtroppo, ma anche nel male. Conseguenza di ciò è che ilperdono si rende necessario anche a livello sociale. Le fa-miglie, i gruppi, gli Stati, la stessa Comunità internaziona-le, hanno bisogno di aprirsi al perdono per ritessere lega-mi interrotti, per superare situazioni di sterile condannamutua, per vincere la tentazione di escludere gli altri nonconcedendo loro possibilità di appello. La capacità di per-dono sta alla base di ogni progetto di una società futurapiù giusta e solidale. Il perdono mancato, al contrario,specialmente quando alimenta la continuazione di conflit-ti, ha costi enormi per lo sviluppo dei popoli. Le risorsevengono impiegate per sostenere la corsa agli armamenti,le spese delle guerre, le conseguenze delle ritorsioni eco-nomiche. Vengono così a mancare le disponibilità finan-ziarie necessarie per produrre sviluppo, pace, giustizia.Quanti dolori soffre l’umanità per non sapersi riconciliare,quali ritardi subisce per non saper perdonare!

Il perdono, strada maestra

La proposta del perdono non è di immediata comprensio-ne né di facile accettazione; è un messaggio per certi ver-si paradossale. Il perdono infatti comporta sempre un’ap-parente perdita a breve termine, mentre assicura un gua-dagno reale a lungo termine. La violenza è l’esatto oppo-sto: opta per un guadagno a scadenza ravvicinata, ma pre-

para a distanza una perdita reale e permanente. Il perdo-no potrebbe sembrare una debolezza; in realtà, sia per es-sere concesso che per essere accettato, suppone unagrande forza spirituale e un coraggio morale a tutta prova.Lungi dallo sminuire la persona, il perdono la conduce aduna umanità più piena e più ricca, capace di riflettere in séun raggio dello splendore del Creatore.

Comprensione e cooperazione interreligiosa

In questo grande sforzo, i leader religiosi hanno una lorospecifica responsabilità. Le confessioni cristiane e legrandi religioni dell’umanità devono collaborare tra loroper eliminare le cause sociali e culturali del terrorismo,insegnando la grandezza e la dignità della persona e dif-fondendo una maggiore consapevolezza dell’unità del ge-nere umano. Si tratta di un preciso campo del dialogoe della collaborazione ecumenica ed interreligiosa,per un urgente servizio delle religioni alla pace trai popoli. (…) Il servizio che le religioni possonodare per la pace e contro il terrorismo consisteproprio nella pedagogia del perdono, perchél’uomo che perdona o chiede perdono capisce che c’èuna Verità più grande di lui, accogliendo la quale eglipuò trascendere se stesso. Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senzaperdono: ecco ciò che voglio annunciare a credenti enon credenti, agli uomini e alle donne di buona volon-tà, che hanno a cuore il bene della famiglia umana e ilsuo futuro. Non c’è pace senza giustizia, non c’è giusti-zia senza perdono: questo voglio ricordare a quanti de-tengono le sorti delle comunità umane, affinchési lascino sempre guidare, nelle loro sceltegravi e difficili, dalla luce del vero bene del-l’uomo, nella prospettiva del bene comu-ne. Non c’è pace senza giustizia, non c’ègiustizia senza perdono: questo monitonon mi stancherò di ripetere a quanti,per una ragione o per l’altra, coltivanodentro di sé odio, desiderio di vendetta,bramosia di distruzione (…) sia loro con-cesso di rientrare in se stessi e di ren-dersi conto del male che compiono, cosìche siano spinti ad abbandonare ogniproposito di violenza e a cercare ilperdono. In questi tempi burrascosi,possa l’umana famiglia trovare pacevera e duratura, quella pace chesolo può nascere dall’incontrodella giustizia con la misericor-dia! �

Da: Messaggio per la giornatamondiale della pace1° Gennaio 2002

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dossierPACE E RICONCILIAZIONE

G I O V A N N I P A O L O I I

Non c’è pace senza giustizia,non c’è giustiziasenza perdono

Giovanni Paolo II ha fatto emergere nel nostro tempo la coscienza della necessità del perdono per la pace fra i popoli

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Che cos’è il MIR

Nato nel 1914 come impegno di cristiani inglesi e te-deschi di lottare contro tutte le guerre, dal 1919 ilMIR (Movimento Internazionale della riconcilia-

zione) è diventato un movimento internazionale.Esso si configura come un movimento internazionale ba-sato sulla spiritualità, composto da uomini e donne impe-

gnati nella nonviolenza attiva comestile di vita e come mezzo di cam-biamento personale, sociale e poli-tico. In Italia il MIR è presente dal1952 per iniziativa di cristiani val-desi, quaccheri e cattolici.Tra le principali attività vanno ri-cordati i campi e i seminari di for-mazione alla nonviolenza attiva; lacampagna di obiezione di coscien-za alle spese militari di cui è uno deipromotori; la promozione di un di-verso modello di difesa (Difesa Po-polare Nonviolenta). Notizie delleattività nazionali sono pubblicate suQualevita, bimestrale di riflessione

e informazione nonviolenta, via Buonconsiglio, 2 – 67030Torre dei Nolfi (AQ). La Segreteria Internazionale MIR hasede in Olanda: IFOR, Spoirstaat 38, 1815 BK Alkmaar, TheNetherlands. La Segreteria Nazionale MIR ha sede a Grot-taglie (TA): Via S. Francesco de G. 3 – Cas. Post 8 – 74023Grottaglie (TA) – tel e fax 099/5662252

I due principali “messaggeri” del MIR

Jean Goss e sua moglie, Hildegard Mayr, sono i più famosimembri del MIR. Sono messaggeri di un cammino di libera-zione che rompe la spirale della violenza e dell’inimicizia,al di là di tutti i confini linguistici, culturali, religiosi e poli-tici. La loro peregrinazione è registrata in un libro Come inemici diventano amici, che offre anche una testimonianzacoinvolgente delle esperienze di riconciliazione vissute damolti popoli in Europa e Asia, in America Latina e Africa.

Hildegard Goss-Mayr. Hildegard Goss-Mayr, nata nel1930 a Vienna, laureata in filosofia, così si racconta: “Le

cem/mondialità - aprile 2004

dossierPACE E RICONCILIAZIONE

a c u r a d e l l a R E D A Z I O N E

MIR - Movimento internazionaledi riconciliazione

In Italia il MIR è presente

dal 1952 per iniziativa di

cristiani valdesi,

quaccheri e cattolici.

opere di Léon Bloy e di Georges Bernanos, l’Idiota di Do-stoievski e l’esistenzialismo cristiano di Gabriel Marcelmi aiutarono a riscoprire, dietro gli orrori di un tempo dis-umano, la presenza di Dio”. Poi fu Teilhard de Chardin che“aprì orizzonti sull’operare dello Spirito di Dio nell’interacreazione a un’intera generazione nella quale l’olocaustodell’epoca hitleriana aveva distrutto ogni speranza e fidu-cia”. Entrata nel MIR, da cinquant’anni Hildegard percor-re il mondo per far conoscere e praticare la resistenzanonviolenta per la giustizia e la pace.

Jean Goss. In un’intervista, così descrive la sua vita: “Hocominciato a lavorare ancora molto giovane e nel lavoro hoscoperto che quando eravamo soli avevamo paura; erava-mo facilmente sfruttabili, quindi sfruttati. Ma quando era-vamo in molti, allora ci temevano, cioè la paura cambiavaparte. Ed è così che ho scoperto la forza sindacale che erail primo organismo che aveva lottato contro l’ingiustizia econtro lo sfruttamento in modo diverso che con i fucili e lemitragliatrici.Ma arrivò Hitler. Avevo ventotto anni. Che fare? Seguo, co-me tutti, i mezzi di informazione. I mezzi di informazioneci presentano Hitler come un mostro: ci credo e parto peruccidere Hitler. Certo non uccido Hitler, uccido degli ope-rai come me, dei lavoratori come me, dei contadini comeme… il popolo insomma. Nel sindacalismo avevo scopertoun primo livello del rispetto per la persona umana. Nonscoprivo ancora il rispetto per il nemico, per l’avversario,per l’altro. Ma ecco che con la guerra io tradisco questoideale. D’accordo, vengo decorato, sono un eroe, ma sonodistrutto, ed è in questa disperazione che un bel giornouna forza mi invade e, dopo qualche tempo, scopro che è ilCristo. Scopro che è l’uomo. Scopro come Egli lo ha ri-spettato, come Egli lo ha amato. L’altro sono io. L’altro,cioè il nazista, l’SS, il nostro carceriere. Ed è così che tut-to è cominciato per me”.

* Da: Hildegard Goss-Mayr, Come i nemici diventano amici, EMI,Bologna 1997.

M. C

ELLI

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Noi Popolo del Sudafrica.dichiariamo al paese e a tutto ilmondo: che il Sudafrica appartienea coloro che ci vivono, neri ebianchi,(…) che solo uno statodemocratico, basato sulla volontàdi tutto il popolo, può garantire aciascuno quanto gli spetta dallanascita, senza distinzione di coloredella pelle, di razza. di sesso o difede; e pertanto noi, popolo Africa,neri e bianchi insieme - eguali,fratelli - adottiamo questa Cartadella Libertà. Introduzione alla Carta della Libertà 1995

Dal sito di Oxfam (www.oxfam.org.uk/cool-planet/teachers/devrights/lesson6.htm),traiamo questa attività che ha comeobiettivo la comprensione del sentimentodi essere oggetto di discriminazione, at-traverso un’attività di simulazione. Que-sta attività è basata sulla diseguaglianzanell’accesso all’educazione nel sistemadi apharteid del Sudafrica, fatto che hanegato il diritto all’educazione alla mag-gioranza dei bambini sudafricani.

Materiali e preparazione

Un foglio di carta e una penna per cia-scun partecipante.

Con questi fogli fate due pile di carta:una contenente un ottavo dei fogli,

l’altra sette ottavi.Fate la stessa cosa con i grup-

pi di penne.Con dei pennarelli o del

nastro adesivo colo-

rato, tracciatesul pavimentoun’area cherappresent iun ottavo del-l’area dellaclasse (per uncalcolo veloce,dividete l’area to-tale in due parti, euna metà in quat-tro parti uguali).I n d i v i d u a t ecinque ogget-ti e un telosufficiente acoprirli tutti.

Svolgimento

� Chiedete agli alunni diraccogliere un ottavo del totaledelle sedie e dei tavoli nella piccola areaperimetrata e lasciare le altre nell’areapiù grande. Scegliete un piccolo gruppo(corrispondente ad un ottavo del totale) echiedetegli di spostarsi nell’area grande,mentre il resto della classe si riunirà nel-l’area minore. Lasciate ai ragazzi la scel-ta su come disporsi nello spazio a dispo-sizione.� Adesso, informate gli alunni che saran-no sottoposti ad un test di memoria. L’in-segnante scoprirà i cinque oggetti nasco-sti sotto il telo per dieci secondi. Per su-perare il test è necessario disegnare oscrivere il nome dei cinque oggetti sulproprio foglio di carta.� Distribuite gli insiemi più numerosi dicarta e di pennarelli al gruppo più picco-lo e il resto al gruppo più grande. Mettete

in chiaro che a nessuno è permesso usci-re dall’area assegnata né usare altracarta o penne all’infuori del materialeconsegnato.� Chiedete ai ragazzi di scrivere il loronome sui propri fogli e scoprite gli ogget-ti per 5 secondi.Lasciate due minuti per disegnare o scri-vere. Raccogliete le schede e verificatequanti hanno passato il test. È probabileche molti nel piccolo gruppo lo avranno

superato, mentre pochi lo avranno su-perato nel grande gruppo.

Dite i nomi di chi ha superato iltest ed elogiateli per l’ottimo la-

voro svolto.

Dopogioco

È importante che questa attivitàsia completata con un adeguato de-briefing. È probabile che i ragazzi

abbiamo forti sentimenti daesprimere. Spiegate che l’atti-

vità appena conclusa è unasimulazione basata sul si-stema educativo in Africaprima del 1994. A quel tem-po la popolazione biancarappresentava appena unottavo del totale, ma perl’educazione dei bambinibianchi venivano spese unaquantità di risorse e di de-

naro otto volte superiori aquelli impiegate per l’educazione dei bam-bini neri. Discriminazioni simili continua-no ad accadere in molte parti del mondo.

Si possono discutere i seguenti aspetti:

� Come vi siete sentiti nel vostro gruppoe perché?

� Nel grande gruppo, avete sentito di do-vere fare qualcosa per ovviare a questaingiustizia. Che cosa vorreste fare ades-so. Quali diritti vi sono stati negati?

� In che modo è stato avvantaggiato il pic-colo gruppo? Quali conseguenze a lungotermine di questa situazione potete im-maginare? Cosa pensate della vostra si-tuazione di vantaggio? Vi sentite in col-pa per essere riusciti meglio nel test?

30 cem/mondialità - aprile 2004

dossierPACE E RICONCILIAZIONE

a c u r a d i C A R L O B A R O N C E L L I

M. C

ELLI

Attività didattica

L’esperienza del Sudafrica

Page 15: cem dossier aprile 2004

� In che modo la distribuzione delle ri-sorse influenza l’educazione?

� Potete pensare ad altre situazioni simi-li a quella vissuta nella simulazione?

Attività di approfondimento dellarealtà sudafricana

Presentazione. L’insegnante forniscealcuni lineamenti storici essenziali dellastoria del Sudafrica e della figura di De-smond Tutu. I luoghi dove si sono verifi-cati gli eventi principali vengono indivi-duati ed evidenziati sulla mappa del Su-dafrica. Gli alunni costruiscono una lineadel tempo che servirà come riferimentoper l’approfondimento di varie temati-che: ingiustizia, segregazione, discrimi-nazione.Role Play. Assegnate ad un alunno ilruolo di un nero sudafricano, ad un altroquello di un bianco sudafricano e ad unterzo quello di D. Tutu. Il resto della clas-se farà delle domande ai tre. Le domandepossono essere discusse preventiva-mente in classe, selezionando le più ap-propriate. Gli alunni devono farsi porta-tori di domande alle quali vorrebberoaver risposta, rivolgendosi ai tre come sefossero realmente le persone rappresen-tate. Esempi di possibili domande: Cometi trovi a vivere in Sudafrica? Cosa pensia proposito della discriminazione? Checosa fai per sopravvivere?…

Lavoro a coppie. Dividete la classe incoppie. All’interno di ciascuna coppia sidiscute sui problemi di ingiustizia, dis-eguaglianza o discrimanzione nella no-stra società. Questi vengono poi compara-ti con quelli presenti in Sudafrica. Le ideeche emergono vengono scritte per poi es-sere presentate e discusse in plenaria.Brainstorming. Formate gruppi di cin-que studenti. Ogni gruppo riceverà unoscenario con il quale confrontarsi.Esempi di possibili scenari: Vivi in Suda-frica. Sei un bianco che si batte per l’u-guaglianza di tutte le persone. Che cosafaresti affinché ciò si realizzi? Sei un ra-gazzo di colore…Dopo un brainstorming di 10 minuti, ri-unite la classe e discutete che cosa èemerso nei vari gruppi. �

(fonte:http://teacherlink.ed.usu.edu/tlresources/units/Byrnes-famous/DESMOND.HTM)

IN RETE PER APPROFONDIRE

http://www.comune.modena.it/scuole/smscarlo/WarNotOver/repubblica_suda-fricana.htmTre brevi schede sul Sudafrica, le sue es-senziali tappe storiche e le sue cittàprincipali.

Per un maggiore approfondimento vede-re: http://it.wikipedia.org/wiki/Sudafricae anche http://www.feltrinelli.it/FattiLi-briInterna?id_fatto=235Il testo di un’intervista a Desmond Tutu(Non è mai tardi per perdonare) tratto da“la Repubblica” dell’8 luglio 2002.All’indirizzo http://www.sudafrica.it/in-troduzione%20italiano.htm si possonoleggere i testi di tre discorsi fatti dal Pre-sidenteThabo Mbeki.

Per la figura di Steven Biko si puòfar riferimento a www.associazioni.pra-to.it/orsaminore/documenti/sudnord/htm/stevbiko.htm

Sulla Commisione per la Verità e

la Riconciliazione vedere i brani ri-portati agli indirizzi: www.presentepas-sato.it/Dossier/Diritti_98/14commissio-ne_verita.htm, www.saveriani.bs.it/mis-sioneoggi/arretrati/2004_01/colasuon-no.htm, www.ilmanifesto.it/MondeDi-plo/LeMonde-archiv io/Dicembre-1998/9812lm16.02.html e il contributo

www.comopace.org/lilliput/doc/UnPas-satoDiGuerre-Vitale-Servettini.rtf

Per approfondire e integrare il percorsocon riferimenti letterari e filmici, un’utilefonte di ispirazione sono i siti ://xoo-mer.virgilio.it/sucadedd/letteratura/N_gordimer.htm, http://www.click.vi.it/siste-mieculture/bessieindex.html e www.fe-stivalcinemaafricano.org/index.php?pag=sez_retrospettiva&sot=sez_sot

Su razzismo e xenofobia in Italia

vedere l’utile rassegna stampa www.ce-stim.it/09razzismo_rassegna-it.htm

31

dossierPACE E RICONCILIAZIONE

Altre attività e temi possibili di discussione e approfondimento:

�� Ricostruire la storia dell’apartheid inSudafrica: com’è nato, come è statopossibile?

�� Come è stato possibile uscire dall’apar-theid senza un bagno di sangue?

�� Prova a ricostruire le tappe di questa“rivoluzione pacifica”.

Steven Biko sosteneva che “la forza del-l’oppressore sta nella mente dell’oppres-so”. Cosa significa secondo te?L’azione non violenta come via per la li-berazione.

(da http://www.associazioni.prato.it/orsami-nore/documenti/sudnord/htm/stevbiko.htm)

U. G

AM

BA

Page 16: cem dossier aprile 2004

32 cem/mondialità - aprile 2004

dossierPACE E RICONCILIAZIONE

Il filo di Ariannaper ilLabirinternet

C A R L O B A R O N C E L L I

In italiano

http://ospiti.peacelink.it/mir/ (Sito della sezione ita-liana del M.I.R.). Vedi anche http://www.riconciliazio-

ne.it/

http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/in-

dex.cfm?fuseaction=news.view2&NewsID=1955

Dossier contenente i materiali del Convegno nazionale or-ganizzato dall’Osservatorio sui Balcani “Abitare il conflit-to: c’è pace senza riconciliazione?”

www.quaker.org/italia/chi/ricon.html. Una paginasulla riconciliazione dalla Pagina Quacchera Italiana.

www.ilmanifesto.it/MondeDiplo/LeMonde-archi-

vio/Dicembre-1998/9812lm16.02.html

Un articolo da Le Monde Diplomatique su Verità e riconci-liazione. Le voci del Sudafrica

Sulla Commisione per la Verità e la Riconciliazione si puòanche vedere i siti seguenti: www.presentepassato.it/Dossier/Diritti_98/14commissione_verita.htm www2.co-mune.bologna.it/bologna/amicabr/navigaretruth.html;www.filosofiapolitica.it/Attivit%C3%A0%202003/Commis-sione_verit%C3%A0_e_giustizia_in_Sudafrica.htm;

www.saveriani.bs.it/missioneoggi/arretrati/2004_01/cola-suonno.htm; www.click.vi.it/sistemieculture/bessiein-dex.html; www.sudafrica.it/introduzione%20italiano.htm

In inglese

www.doj.gov.za/trc/index.html - Sito ufficiale dellaCommissione per la verità e la riconciliazione.

www.tutu.org/ - Sito del Desmond Tutu Peace Center.

www.anc.org.za/ - Sito dell’African National Congress.Nella pagina dei documenti si trovano una serie di contri-buti e ulteriori links relativi alla lotta contro l’apartheid.

www.csvr.org.za - Sito del Centre for the Study of Vio-lence and Reconciliation, ong sudafricana che dal 1989 sioccupa di promuovere e diffondere pratiche di trasforma-zione pacifica in tutta l’Africa del sud.

www.derechos.org/nizkor/doc/verdad.html (inspagnolo). Un articolo sulla Commisione per la verità inAmerica latina.

www.hydra.umn.edu/derrida/siecle.html (in fran-cese). Un’intervista a Jacques Derrida sul tema del perdo-no. Vedi anche http://membres.lycos.fr/farabi/Par-

don.html e www.cpge-cpa.ac.ma/cpge/francais/

ARCHIVES/2002-2003/travux02-03/paix%20et%

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Vedi anche il bimestrale: Psicologia contempo-

ranea. Carnefici e vittime. Percorsi di riconci-

liazione, Giunti. Gen.-Feb. 2004, N. 181.

Tutti i materiali segnalati possono essere ri-chiesti alla nostra Libreria dei Popoli che pos-siede 6.000 titoli di libri e mille di video.Sconti del 10% per i nostri abbonati e paga-mento in CCP a materiale già ricevuto. Poteteanche chiedere il catalogo delle opere a dis-posizione, quindi di rapida consegna, o richie-dere altre opere che non sono in catalogo.